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Circo Massimo

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<strong>Circo</strong> <strong>Massimo</strong><br />

(Roma)


Il <strong>Circo</strong> <strong>Massimo</strong> è un antico circo<br />

romano, dedicato alle corse di cavalli,<br />

costruito a Roma. Situato nella valle tra<br />

il Palatino e l'Aventino, è ricordato come<br />

sede di giochi sin dagli inizi della storia<br />

della città: nella valle sarebbe avvenuto<br />

il mitico episodio del ratto delle Sabine,<br />

in occasione dei giochi indetti da<br />

Romolo in onore del dio Consus. Di certo<br />

l'ampio spazio pianeggiante e la sua<br />

prossimità all'approdo del Tevere dove<br />

dall'antichità più remota si svolgevano<br />

gli scambi commerciali, fecero sì che il<br />

luogo costituisse fin dalla fondazione<br />

della città lo spazio elettivo in cui<br />

condurre attività di mercato e di scambi<br />

con altre popolazioni, e anche le<br />

connesse attività rituali e di<br />

socializzazione, come giochi e gare.


Struttura e Utilizzi antichi:<br />

Con i suoi 600 metri di lunghezza e 140 di<br />

larghezza, è considerata la più grande<br />

struttura per spettacoli costruita dall'uomo,<br />

poteva ospitare circa 250.000 spettatori sulle<br />

gradinate. La facciata esterna aveva tre ordini:<br />

solo quello inferiore, di altezza doppia, era ad<br />

arcate. La cavea poggiava su strutture in<br />

muratura, che ospitavano i passaggi e le scale<br />

per raggiungere i diversi settori dei sedili,<br />

ambienti di servizio interni e botteghe aperte<br />

verso l'esterno. L'arena era in origine<br />

circondata da un euripo (canale) largo quasi 3<br />

m, più tardi eliminato per aggiungere altri<br />

posti a sedere.<br />

Sul lato sud si trova attualmente una torretta<br />

medioevale detta "della Moletta" appartenuta<br />

ai Frangipane. Nell'arena, si svolgevano le<br />

corse dei carri, che compivano sette giri<br />

intorno alla spina centrale tra le due mete. La<br />

spina era riccamente decorata da statue,<br />

edicole e tempietti e vi si trovavano sette uova<br />

e sette delfini da cui sgorgava l'acqua, utilizzati<br />

per contare i giri della corsa.


Agli inizi del XX secolo l'area era in gran parte agricola e<br />

occupata da diverse costruzioni "di utilità" (nel 1645 vi<br />

si era installato il cimitero israelitico e nel 1852 il<br />

gazometro), sopra un considerevole rialzamento di<br />

circa 8 metri del terreno rispetto alla quota romana.<br />

L'assetto antico è oggi riconoscibile soltanto dalla<br />

persistenza di alcune botteghe artigiane (un fabbro,<br />

una bottega di tende da plein air, un'osteria diventata<br />

ristorante) alla fine di via dei Cerchi, sotto il Palatino. I<br />

lavori di liberazione si svolsero tra il 1911 e i successivi<br />

anni trenta. Nel 1959 dovevano svolgersi qui le riprese<br />

in esterno della corsa delle bighe del film Ben Hur, ma<br />

alla fine la Sovrintendenza rifiutò l'autorizzazione al<br />

set, che fu costretto a spostarsi al <strong>Circo</strong> di Massenzio,<br />

sull'Appia Antica. Per la grande disponibilità di spazio<br />

aperto "non rovinabile" nel centro storico della città (il<br />

<strong>Circo</strong> <strong>Massimo</strong> è ancora dentro le Mura Aureliane ma<br />

al centro di una enorme area verde e archeologica<br />

attraversata da numerosi mezzi di trasporto pubblico),<br />

il <strong>Circo</strong> <strong>Massimo</strong> è scelto sempre più spesso come sede<br />

per grandi eventi di massa: concerti, spettacoli, giubilei<br />

e manifestazioni.<br />

Utilizzo moderno:


Teatro di Marcello


Il teatro di Marcello costituisce uno dei più antichi edifici<br />

per spettacolo romani giunti fino a noi, nel quale<br />

l'articolazione del teatro romano appare già del tutto<br />

delineata, con la "cavea" a pianta semicircolare sorretta da<br />

articolate sostruzioni. Muri a raggiera, collegati da volte a<br />

botte inclinate sotto i gradini della cavea, vengono interrotti<br />

da due ambulacri concentrici, uno esterno, che si apre con<br />

arcate e uno più interno ("Ambulacro dei Cavalieri").<br />

La struttura dei fornici si ripete a gruppi di sei: uno con<br />

rampa in leggera salita conduce all'ambulacro più interno,<br />

due affiancati ospitano le rampe per salire e scendere dai<br />

piani superiori, mentre altri tre comunicano tra loro. Oltre<br />

l'ambulacro interno i fornici proseguono con vani lunghi e<br />

stretti e di altezza minore. Gli ambienti più esterni, suddivisi<br />

da tramezzi in muratura probabilmente in epoca giulioclaudia,<br />

furono probabilmente utilizzati come botteghe sin<br />

dagli inizi. Un ambiente centrale presenta sulla volta una<br />

decorazione in stucco bianco articolata in tondi e ottagoni<br />

con figure di repertorio, che fu realizzata probabilmente<br />

nella seconda metà del II secolo.<br />

Il teatro poteva ospitare circa 15.000 spettatori e fino a<br />

20.000


Presenta una facciata in travertino con tre ordini, i due inferiori<br />

con le arcate inquadrate da un ordine di semicolonne doriche<br />

al piano terreno e ioniche superiormente. Originariamente le<br />

arcate erano 41 e le semicolonne 42. I due ordini sono separati<br />

da una fascia con risalti in corrispondenza delle semicolonne,<br />

che funge da marcapiano. L'attico al terzo piano, del quale<br />

restano poche tracce, si presentava invece a parete continua<br />

ed era decorato con paraste corinzie. Le chiavi d'arco erano<br />

decorate da grandi mascheroni teatrali in marmo bianco, alcuni<br />

dei quali furono recuperati durante gli scavi. L'altezza originaria<br />

doveva così raggiungere i 32,60 metri circa. L'uso dei vari ordini<br />

architettonici prendeva ispirazione dall'architettura di<br />

epoca sillana<br />

A causa della natura paludosa del terreno, vicino al fiume, le<br />

fondazioni furono rafforzate con l'inserimento di pali<br />

di rovere sopra i quali venne gettata un'estesa piattaforma<br />

in calcestruzzo, dove poggiano i primi due filari di fondazione<br />

delle murature. Anche l'alternanza dei materiali per i blocchi di<br />

cui si compongono i pilastri risponde alle necessità statiche: le<br />

arcate interne del deambulatorio, i muri radiali dei cunei e il<br />

primo tratto dei fornici erano in blocchi di tufo per i primi dieci<br />

metri di lunghezza, poi in opera cementizia con paramento<br />

in reticolato, con inserti in travertino per le imposte e le chiavi<br />

d'arco; le pareti degli ambulacri interni sono invece in<br />

muratura; le volte tutte in calcestruzzo. La stanza in fondo<br />

all'ingresso centrale ha conservato un tratto degli stucchi<br />

decorativi sulla volta.


La cavea (del diametro di 129,80 metri) era divisa in<br />

una parte inferiore, accessibile dall'"Ambulacro dei<br />

Cavalieri", una parte intermedia accessibile dal<br />

secondo piano, e una parte superiore accessibile<br />

tramite scale dall'ultimo livello. In corrispondenza<br />

dell'orchestra sono stati visti i bassi gradini di<br />

marmo che ospitavano i seggi dei posti riservati.<br />

La scena, celebrata per la sua sontuosità e più volte<br />

restaurata, è completamente perduta, ma è<br />

riportata in un frammento della Forma Urbis<br />

Severiana, la pianta marmorea di Roma antica<br />

risalente agli inizi del III secolo: si presentava<br />

rettilinea e con un portico di sei colonne verso<br />

l'esterno. Ai lati della scena erano due "Aule regie",<br />

ambienti absidati coperti con volte a crociera: in<br />

quella di sinistra restano ancora in piedi un pilastro<br />

e una colonna. Dietro la scena si trovava una grande<br />

esedra, dove avevano trovato posto i due tempietti<br />

ricostruiti della Pietas e di DianaIl teatro di Marcello<br />

è un interessante documento del periodo di<br />

transizione verso il classicismo della tarda età<br />

augustea, fuso con una certa ricchezza nella<br />

decorazione. La sobrietà nella struttura della<br />

facciata ne fece un modello di riferimento per ogni<br />

teatro e anfiteatro romano futuro.<br />

Tuttavia in questa opera non mancarono le<br />

incertezze, come dimostra la diversa ampiezza degli<br />

archi delle aperture.

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