BIM DAKLI - FRAMMENTI DI NOSTALGIA
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Bim Dakli<br />
Frammenti di nostalgia<br />
1
2
Bim Dakli<br />
<strong>FRAMMENTI</strong> <strong>DI</strong><br />
<strong>NOSTALGIA</strong><br />
Ricordi, storie<br />
Onufri<br />
3
Editing<br />
Giulia Dakli<br />
© Associazione ADE / EDA, 2017<br />
ISBN 978-9928-226-54-9<br />
PRINTED AND BOUND IN ALBANIA BY ONUFRI<br />
Rr. “Konferenca e Pezës”, Nr. 71, Kodi Postar 1027, Tiranë;<br />
Tel & Fax 00355 42 220 017 / 270 399<br />
www.onufri.com; E-mail: info@onufri.com<br />
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IN<strong>DI</strong>CE<br />
Parte prima: Ricordi<br />
Infanzia: Periodo della scuola elementare ................................11<br />
Adolescenza: Periodo liceale ....................................................79<br />
Ani di gioventù: Il periodo della guerra .................................119<br />
Ricordi, nostalgia e incubi ......................................................173<br />
Storia della vita professíonale ..................................................187<br />
Lettera di Giulia ....................................................................201<br />
Lettera di Bianca ....................................................................203<br />
Parte seconda: Storie<br />
Aquilotti .................................................................................207<br />
I dirimpettai ...........................................................................221<br />
Il flauto volante ......................................................................227<br />
Un batuffolo di cotone ...........................................................241<br />
Kopështari: Aiuola di fiori a più piani ....................................247<br />
Le rondini di casa ..................................................................265<br />
I Kalia ....................................................................................283<br />
All’ombra dei platani ..............................................................309<br />
Postfazione (per Frammenti di nostalgia/ Ricordi, confessioni di<br />
Bim Dakli – scritta da T. Plangarica) ....................................337<br />
5
I ricordi e i racconti di vita, generalmente sono dei viaggi verso<br />
spazi a volte stretti, altre volte larghi che l’individuo ha percorso<br />
durante la sua vita. Si tratta di viaggi in spazi da cui egli stesso ha<br />
preso spunto, ha provato emozioni e costruito ricordi che restano<br />
indelebili nella memoria e che, come tali, in un secondo momento<br />
cercano di uscire dalla memoria per entrare in possesso di altri,<br />
familiari o parenti dell’individuo, suoi contemporanei o appartenenti<br />
alle generazioni successive, sotto forma di frammenti di<br />
nostalgia. Come tali, essi possono suscitare gli stessi sentimenti<br />
anche negli altri, poiché sono messaggi che sono un po’ troppo<br />
stretti nella memoria di un solo individuo: la loro eco richiede<br />
uno spazio più ampio perché il contenuto e il valore che essi trasmettono<br />
possano essere valutati. PerciÒ, anche se nascono dall’esperienza<br />
e la memoria di un singolo individuo, in relazione ad un<br />
particolare ambiente familiare o ad un gruppo sociale più stretto,<br />
essi molto spesso finiscono per diventare propri di un gruppo più<br />
largo di contemplatori, ascoltatori e, nel migliore dei casi, di lettori.<br />
I ricordi e i racconti di Dakli, ditirambo per il suo paese di<br />
nascita, indirizzati ad un particolare ambiente familiare e ad una<br />
determinata città, dal pathos che trasmettono, dalle particolarità<br />
legate a quell’ambiente in determinati periodi in essi evidenziate,<br />
dallo stile e dall’ethos ottenuti, schizzano un modello sconfina<br />
dall’ambiente familiare e locale fino a coincidere con la più generale<br />
adorazione dell’appartenenza, valida in ogni luogo e in ogni<br />
7
tempo. In un mondo che tenta in modo naturale di andare verso<br />
il globale e la globalizzazione, questa prospettiva non impedisce,<br />
anzi è d’aiuto all’individuo o alla comunità nel percorrere la strada<br />
obbligata verso spazi globali… e questa completezza non si ottiene<br />
con trattati filosofici o sociologici che avrebbero svegliato e<br />
suscitato questa attenzione: bastano, infatti, anche dei frammenti<br />
di nostalgia come questi racconti a risvegliarci e una volta svegli,<br />
ci rendiamo di nuovo coscienti di ciÒ che siamo e di come possiamo<br />
migliorare.<br />
(Frammenti dalla Postfazione di questa pubblicazione,<br />
scritta da T. Plangarica)<br />
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Parte prima<br />
RICOR<strong>DI</strong>
INFANZIA<br />
Periodo della scuola elementare<br />
Nel 1911 il nonno Ibrahim Dakli, morendo all’età di 86 anni,<br />
aveva vicino a sé la moglie Fatush, la figlia Alemshah (per tutti<br />
Shahu) e i due figli Hysen e Ahmet. Li lasciava in condizioni<br />
economiche agiate, senza problemi nei rapporti tra loro e tra<br />
le loro famiglie. Tutti e tre erano sposati da tempo ma, mentre<br />
Shahu, che abitava in una casa vicina, e Ahmet avevano figlie e<br />
figli e godevano della presenza e dell’affetto di questi e dei consorti,<br />
mio padre Hysen, il primogenito, dieci anni prima aveva<br />
perso due figlie appena nate e, dopo poco, pure la moglie, ed era<br />
rimasto solo con una bambina. Fortunatamente, data la situazione<br />
della grande famigli non aveva avuto i problemi del vivere<br />
quotidiano né per la figlia, né per sé stesso, poiché provvedevano<br />
la madre e la moglie del fratello. Durante il lungo tempo della vedovanza<br />
non aveva voluto risposarsi nonostante le sollecitazioni<br />
dei i suoi cari. Tra i motivi doveva esserci il doloroso ricordo della<br />
perdita di quelle tre vite e specialmente della giovane e amata<br />
moglie. Ora che era morto anche suo padre si intensificarono le<br />
insistenze, con l’aggiunta del nuovo motivo, sia pur secondario,<br />
di avere un figlio a cui tramandare il nome, come si usava e si<br />
11
usa tutt’ora in varie parti del mondo. Ma non sentiva ragioni:<br />
prima che si decidesse passarono altri quattro anni. Finalmente<br />
si arrese. La sposa, scelta dai genitori (allora, come in qualche<br />
caso ancora di recente, i matrimoni li combinavano i parenti), fu<br />
mia madre, di ben 24 anni più giovane di lui. Non molto tempo<br />
dopo i festeggiamenti iniziò il periodo della prima gravidanza e<br />
nacquero le speranze che potesse nascere e vivere una bambina o,<br />
ancor meglio, un bambino, come auspicato e desiderato da tutti.<br />
Ma l’esito del felice evento non solo non fu il maschietto, ma la<br />
nascitura morì pure lei dopo pochi giorni di vita. Seguì una nuova<br />
gravidanza sfortunata, che si concluse in tutto e per tutto in<br />
modo uguale alla precedente, compresa la triste fine della povera<br />
piccola creatura.<br />
In quegli anni, e ancora di più i precedenti, il numero dei<br />
bambini che morivano dopo pochi giorni di vita era molto alto.<br />
Tuttavia ciò non diminuì il dolore, il turbamento e le preoccupazioni<br />
della madre e delle famiglie, dato anche quanto avvenuto<br />
durante il precedente matrimonio. Perciò la terza gravidanza si<br />
sviluppò in un’atmosfera di trepidazione, con la speranza che si<br />
interrompesse almeno la serie di perdite dì quelle povere neonate.<br />
E, fortunatamente, così fu. Non solo, ma nacque un maschietto:<br />
proprio io. Come salute e forze non c’ero un Ercole, tuttavia superai<br />
bene le settimane pericolose.<br />
Il mio nome era conosciuto quasi d a tutti già prima che fossi<br />
concepito e che fossi nato. Ma a pensarci, darmelo è stato un.<br />
po’ senza senso: Ma quasi nessuno dei famigliari mi ha chiamato<br />
Ibrahim e nemmeno i cugini e gli amici, sia albanesi che italiani.<br />
Per tutti sono stato Bìm, Bimi (accusativo) o Bimçe (vezzeggiativo).<br />
Quelli che mi hanno conosciuto solo per rapporti di lavoro<br />
mi hanno chiamato sempre Dakli. Quindi Ibrahim era destinato<br />
a rimanere, e così fu, praticamente solo nei registri dell’anagrafe<br />
e nei documenti ufficiali. Ora poi, i nomi turchi o arabi, come il<br />
mio, si usano sempre meno perché sono stati sostituiti dai nomi<br />
12
albanesi e, in piccola parte, anche da nomi occidentali, perciò, almeno<br />
in Albania, Ibrahim è destinato a sparire quasi del tutto.<br />
Mi raccontavano che il giorno della nascita, in famiglia e tra<br />
le persone care, ci furono confusione e agitazione. La nonna, sempre<br />
curata e attenta nel tenersi a posto nella persona e nel vestire,<br />
era spettinata, col velo sulle spalle anziché sui capelli come al<br />
solito, e i vestiti molto in disordine. Invece Xhema (Gema), la<br />
fedele domestica della mamma quando non era ancora sposata,<br />
saputo della notizia nel suo misero sobborgo lontano, era corsa<br />
per esserle vicina. Essa diceva che durante la corsa le sembrava<br />
che le pietre del selciato brillassero e sorridessero (io dico perché<br />
certamente poco prima aveva piovuto e in quel momento c’era un<br />
bel sole). Poi passarono le settimane senza che corressi pericoli.<br />
Durante i successivi mesi e anni superai bene le malattie dell’infanzia:<br />
sono riuscito a sfuggire perfino alla malaria, che, imperversava<br />
essendo assai scarsi i mezzi di difesa. Prima che comparisse<br />
il Flit ci si difendeva, solo in parte, di notte, dormendo all’interno<br />
del xhibelluk (zanzariera). I medicinali, lo sciroppo dolce, l’odiato<br />
olio di pesce (merluzzo) e l’attenta cura alimentare, della mamma,<br />
mi aiutarono a superare qualche malattia e ad arrivare all’età della<br />
scuola. Durante quel periodo, e dopo, i miei genitori ebbero tre<br />
figlie e quattro figli: nessuna perdita dopo i parti o nel corso degli<br />
anni. Papà mori nel 1945 a 72 anni senza conoscere e subire quel<br />
che fece il governo comunista alla nostra famiglia (Fig. 1)<br />
Mamma, invece, nel 1991, quando stava morendo anche il<br />
regime comunista: chiuse definitivamente gli occhi a 94 anni e<br />
qualche mese (Fig. 2). Come pregava ogni notte prima di addormentarsi,<br />
lasciò vivi tutti i componenti della sua rodiata, il più<br />
giovane dei quali aveva 54 anni.<br />
La mia nascita, avendo interrotto la sena delle morti dei neonati.,<br />
era considerata portatrice di bene. Per questo e perché primogenito,<br />
sono stato trattato con una certa indulgenza, se escludo<br />
gli sculaccioni che mia madre, alla quale sono stato legato da<br />
13
grande affetto, non mi risparmiava, come dirò più avanti. Invece<br />
mai toccati dal padre né io né le sorelle e i fratelli.<br />
Credendo un po’ che il mondo fosse a mia disposizione, cominciai<br />
ad andare a scuola poco dopo aver compiuto i cinque anni<br />
(Fig. 3). Per quel giorno la mamma mi preparò come se fosse una<br />
grande festa, ma quando venne il cugino, che mi ci doveva portare,<br />
mi trovarono nascosto dietro il granaio: evidentemente non<br />
avevo una gran voglia di andarci. Allora non capivo l’importanza<br />
di quel primo passo del lungo cammino che mi doveva portare ad<br />
affrontare la vita in condizioni adeguate. Ora non capisco perché<br />
tanta fretta a mandarmici. Sarà stato solo perché sapevo leggere<br />
e scrivere qualche parola! Me lo domando in quanto, pur non essendo<br />
mai stato rimandato in nessuna materia in tutta la mia vita<br />
scolastica, mio Padre mi fece ripetere sia la seconda che la quinta<br />
elementare, caso unico e poco credibile per chi mi conosceva e<br />
veniva a saperlo. La ragione delle ripetizioni, mi dissero, era la mia<br />
salute non molto buona. Del fatto non solo non protestai, ma fu<br />
come se non mi riguardasse. Se però penso alle successive vicende,<br />
sia del Paese che personali, quali la presa del potere da parte dei<br />
comunisti, l’interessante lavoro che trovai in Italia, la famiglia che<br />
ebbi la fortuna di formare, ecc., devo essere grato a mio Padre<br />
di aver bloccato per quei due anni il corso degli studi che avevo<br />
intrapreso.<br />
I diversi fatti insoliti mi hanno incuriosito e spinto a pensare<br />
in quale situazione si trovasse l’istruzione nel Paese per comprendere<br />
meglio il mio comportamento e i miei risultati scolastici, a<br />
volte positivi e a volte insoddisfacenti. Per fare ciò mi sono servito<br />
sia dei miei ricordi che delle pagelle, delle quali sono andate perdute<br />
solo quelle della prima elementare e della prima media.<br />
In quanto segue racconto i fatti e i risultati della mia vita scolastica<br />
e una parte di quanto vissuto durante l’infanzia, nonché dei<br />
fatti ad essa collegati.<br />
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Durante i sette anni delle elementari (cinque regolari più due<br />
ripetuti) passai per due scuole: La Plotore - la più completa e, per<br />
un certo tempo, l’unica della mia città - dove feci la prima e la seconda<br />
elementare e, dopo tre anni, due volte la quinta, e in mezzo<br />
La Ushtrimore (Fig. 4, 5). Quest’ultima venne fondata nel 1923<br />
con una sola classe e un solo maestro * , poi completata nel 1927,<br />
ma solo con quattro classi, giusto nel medesimo anno della mia<br />
iscrizione come ripetente “volontario” alla seconda. Essa serviva<br />
anche da campo di apprendimento e di insegnamento per i maturandi<br />
delle magistrali locali. Forse in vista di tutto ciò, tutti i suoi<br />
maestri erano stati scelti tra i diplomati o i laureati in Austria.<br />
Essi, infatti, contribuirono a renderla più adatta sia agli allievi che<br />
ai maturandi. Ad esempio, tra le varie attività piacevoli, nelle belle<br />
giornate, di tanto in tanto, cominciarono a portare gli allievi<br />
all’aria aperta, nei campi e nei prati, per far loro conoscere meglio<br />
e apprezzare la Natura. In seconda eliminarono ben quattro materie<br />
esistenti nella corrispondente seconda elementare della Plotore,<br />
più altre due sulla condotta. Tra le materie eliminate vi era<br />
“Religione” (Besim): una vera liberazione per gli scolari. Infatti,<br />
durante le poche settimane in cui fu mantenuta, l’insegnante, un<br />
“hoxha” - una specie di prete mussulmano - ci obbligava a leggere<br />
le lettere e le poche parole (credo fossero arabe) seguendole col<br />
nostro ditino e guai a chi sbagliava, perché lui, prontissimo come<br />
una vespa arrabbiata, lo pungeva con la penna: era un vero sadico!<br />
Una delle altre materie che eliminarono fu la “Lezione di Osservazione”’,<br />
in albanese “Mesim Shikimi”: credo che si siano resi<br />
conto che per l’età degli alunni di quella classe non avesse scopo<br />
o significato, mentre magari ne avrebbe avuto molto più avanti<br />
negli anni.<br />
Un’esagerazione considero le quattro materie riguardanti la<br />
*<br />
Sulejman Harri: internato in Italia dal 1939 al 1942 dal governo fascista italiano<br />
e condannato a molti anni di carcere dal governo comunista albanese.<br />
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scrittura, insegnate in entrambe le scuole e cioè: “Lezione di Scrittura”;<br />
“Scrittura e Ortografia”; Calligrafia”; “Forma Esteriore della<br />
Scrittura”. Vien da pensare che chi aveva ideato il programma<br />
fosse affascinato dalle culture del Medio e dell’Estremo Oriente” *<br />
Un altro insegnamento che non comprendo, specialmente<br />
nella forma semplice indicata per la seconda elementare, era<br />
‘’Morale”. Ma di che morale si trattava? In quinta (Plotore), il<br />
medesimo insegnamento diventò un po’ più chiaro: “Educazione<br />
morale e civile”, ancora impreciso per la parola “morale’’, ma lodevole<br />
per la parte “civile”, della quale, molti anni dopo, ci sarebbe<br />
stato tanto bisogno.<br />
Nella Ushtrimore i programmi della seconda e terza elementare<br />
erano più adatti ai ragazzini (le ragazze avevano una<br />
loro scuola): “Lavori manuali”, “Racconto”, “Lettura e poesia”,<br />
“Canto”, ‘’Ginnastica”, più le materie base quali “La Grammatica”<br />
“Aritmetica”, “Dettato”, ecc. In quarta, forse sulla base di direttive<br />
ministeriali, il numero delle materie subì un sensibile aumento: da<br />
nove più due (“Condotta’ e Zelo”) della terza, divennero sedici più<br />
due: vi rientrava con prepotenza (ma era un’ossessione!) la scrittura,<br />
con le solite quattro materie. Non c’era più, invece, l’insegnamento<br />
di “Educazione morale e civile”, sostituito da una nuova<br />
materia: “Lezione sullo Stato”. Le altre erano le solite: “Aritmetica”,<br />
ecc. ecc. Le materie nelle due quinte elementari della Plotore<br />
erano uguali e assai semplificate, ma anche qui c’erano due novità:<br />
tre note sul comportamento, ossia “Condotta”, “Zelo” e “Forma<br />
esteriore” (penso si trattasse sempre del comportamento). Sembra<br />
che i programmatori si fossero impegnati a trovare finezze e com-<br />
*<br />
In questa materia era bravissimo il Maestro della mia seconda elementare<br />
della Ushtrimore, Fadil Gurmani dopo quattordici anni mio buon conoscente.<br />
Il governo comunista albanese lo accusò di tradimento ed egli fu fucilato nel<br />
1948. ll governo democratico, instauratosi dopo il 1991, gli conferì Onorificenza<br />
di Il Martire della Democrazia”<br />
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plicazioni. La seconda novità era un’altra materia: ‘’Agricoltura”,<br />
forse superflua per i ragazzini di città, che contemporaneamente<br />
studiavano “Storia della natura’’ e “Conoscenza della natura’‘.<br />
Rivedendo tutte le pagelle, deduco che i risultati che avevo<br />
conseguito dovevano aver soddisfatto i genitori e naturalmente<br />
me stesso, anche se loro non me l’hanno mai dimostrato e io stesso<br />
non ne ero gran che. cosciente. C’è però un’eccezione: i risultati<br />
della quinta (della prima quinta), che sono i peggiori dei sette<br />
anni. Infatti, conclusi quell’anno con tre sufficienze, in: “Lezione<br />
di lingua albanese’”, “Aritmetica e geometria”, nonché in “Educazione<br />
morale e civile”. Nella stessa pagella la condotta è 1 (ottima).<br />
Inoltre, sia nella pagella della quarta, sia in quella della quinta<br />
ripetuta, in tutte le materie avevo meritato 1. Infine, in tutta la<br />
vita scolastica elementari e medie - in condotta ho ottenuto sempre<br />
1 oppure “esemplare”. Perciò non mi spiego come, nella prima<br />
quinta, sia sceso tanto in basso anche in “Educazione morale e<br />
civile”. Mi chiedo: il maestro non era capace di insegnare e di<br />
valutare? Era eccezionalmente severo? Oppure i risultati dipendevano<br />
dal fatto che non mi trovavo a mio agio con lui?<br />
A quell’età il giudizio era semplice: il maestro si considera<br />
buono o cattivo. Dopo tantissimi anni io non ricordo come giudicassi<br />
quel maestro, se un po’ incompetente o superficiale. Ricordo<br />
molto bene, invece, che consideravo molto buono, il più bravo di<br />
tutti gli insegnanti, Ahmet Duhanxhiu, della quarta Ushtrimore,<br />
uno di quelli che avevano compiuto gli studi in Austria... e non<br />
sbagliavo, come dirò più avanti.<br />
L’insegnamento nelle scuole elementari dì quel periodo soffriva<br />
della mancanza di libri di testo validi (solo nel 1922 venne<br />
pubblicato l’abbecedario di Aleksander Xhiuvani, tra i primi con<br />
valore scientifico certo * ), del cambiamento dei programmi e dei<br />
*<br />
Elbasan Enciklopedia p.2.<br />
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maestri (per me anche delle scuole). Ciò non giovava certamente<br />
alla formazione degli allievi.<br />
Per quanto mi riguarda, noto che mancasse anche un po’ di<br />
attenzione. Infatti, nel passare da una classe all’altra, non si sono<br />
curati di vedere la mia data di nascita, dato che sulle pagelle ne<br />
compaiono ben tre (più due al liceo): 1916, 1919, 1920. Purtroppo,<br />
il fatto non ha colpito neanche i miei famigliari: una dimostrazione<br />
che l’eredità del dominio turco resisteva ancora.<br />
Dalle ripetizioni delle classi non ho avuto alcun profitto: ho<br />
superato entrambe le seconde con la media di 1.46-1.47. Anche il<br />
miglioramento nella ripetizione della quinta, che è sostanziale, è<br />
da considerare, almeno in parte, come il risultato della differenza<br />
delle valutazioni dei due maestri.<br />
Ricordi di grande amicizie, fino alla terza elementare, non<br />
ne ho. Ricordo però alcuni aspetti relativi alla festa della mia<br />
circoncisione, che si festeggiò nei mesi di vacanza del passaggio<br />
dalla seconda della Plotore alla seconda della Ushtrimore. A<br />
pensarci bene io fui sottoposto alla circoncisione. Dico sottoposto<br />
perché non ricordo che qualcuno mi abbia chiesto se fossi<br />
d’accordo, oppure che mi abbia spiegato lo scopo. Perciò ne parlo<br />
sostanzialmente per i due motivi seguenti. Perché a quei tempi<br />
essa si praticava sui bambini di una gran parte della popolazione<br />
della Terra e perché in quell’occasione si metteva in evidenza lo<br />
stile di vita e il livello di sviluppo del mio Paese. Sia per l’aspetto<br />
generale che per quelli locali, che ho visto e vissuto, ritengo sia di<br />
certo interesse parlarne un po’ più a lungo.<br />
Sull’operazione ora so per esempio, che i mussulmani non la<br />
ritengono rigorosamente obbligatoria., ma che sia bene farla per<br />
migliorare l’igiene corporale. Obbligatoria lo è invece per gli ebrei,<br />
che la praticano sui bambini di appena otto giorni per rappresentare<br />
il sigillo della loro alleanza con Jehovah” Par e che essi l’abbiano<br />
appresa dagli egiziani e questi da altri popoli, così la catena.<br />
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delle trasmissioni si perderebbe nella notte dei tempi. Operazioni<br />
analoghe, con varianti anche crudele, e scopi diversi, vengono praticate<br />
da alcune popolazioni primitive dell’Africa, dell’Australia e<br />
dell’America. In sintesi, esse sono piccole o notevoli mutilazioni<br />
che fanno parte di riti i quali segnano il passaggio del soggetto a<br />
nuova vita, sia da individuo naturale a individuo culturale (umano)<br />
nel senso di più evoluto oppure dall’infanzia alla comunità sociale.<br />
Per concludere l’argomento, va detto che alcune popolazioni<br />
sottopongono anche le bambine ad un’operazione similare.<br />
Sempre ai miei tempi, la parte del chirurgo la svolgeva il<br />
barbiere, il quale fungeva anche da dentista: ti doleva il dente?<br />
Lui ti eliminava la causa ... togliendoti il dente ... senza anestesia:<br />
tremendo! Bisogna dire però che il loro mestiere di specializzati<br />
per quell’unico intervento doveva essere valido, poiché non si era<br />
mai sentito di emorragie, infezioni o di anomalie. Come mezzo<br />
di protezione contro queste eventualità, impiegavano una polvere<br />
- di cui non conosco la composizione - che, visti i risultati, era<br />
efficace.<br />
Nella loro professione di dentisti furono però presto sostituiti<br />
da laureati e tecnici diplomati; non so se o quando lo furono<br />
anche per la circoncisione. La mattina del giorno della festa e le<br />
prime ore del pomeriggio, le famiglie dei cugini e degli amici più<br />
abbienti inviavano ciascuna un tipo di regalo molto appariscente:<br />
un grosso montone bianco con infilate sulle corna due mele,<br />
possibilmente rosse, uno specchietto sulla fronte e sul corpo strisce<br />
ornamentali sempre rosse. Oltre a questi, per i ragazzini non<br />
c’erano regali interessanti. C’erano però i soldi che venivano dati<br />
dopo l’operazione, quando gli invitati erano già arrivati e pronti<br />
per il festeggiamento. Al momento dell’azione del barbiere si<br />
distraeva il ragazzino facendo rumore e confusione. Il taglietto,<br />
in genere, non risultava doloroso. Subito dopo lo si metteva nel<br />
letto poggiato sulla schiena. Da quel momento diventava un “sorvegliato<br />
speciale” doveva stare sempre disteso sulla schiena e con<br />
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un cuscino sotto le ginocchia per tenerle un po’ sollevate per più.<br />
di quarantotto ore. Finito l’intervento iniziava il festeggiamento.<br />
Per quell’evento le nostre mamme avevano cucito la nuova<br />
biancheria - sia del ragazzino che dei letti - lavato e stirato le tende<br />
e sistemato nei particolari la camera e i posti dove si sarebbero<br />
volte le cerimonie e i festeggiamenti. Uno o due giorni prima avevano<br />
preparato i dolci e l’antipasto, quest’ultimo costituita da pezzetti<br />
di carne arrosto, polpettine, petti di pollo, fegatini, involtino<br />
in foglie di vite, uova sode, formaggi, pane tostato, ecc. Il pasto era<br />
in genere la cena dopo che si compiva l’evento. Quel giorno, durante<br />
le varie fasi di preparazione di quattro, cinque o più portate,<br />
in casa l’atmosfera era un po’ confusa ma allegra.<br />
E gli uomini che lavoro facevano per i festeggiamenti, prima<br />
e durante quest’ultimi? Praticamente niente, erano solo pronti a<br />
festeggiare al suono piacevole della musica locale e a lanciarsi, singolarmente<br />
o mano nella mano in tre, quattro e più, in danze<br />
sempre del luogo. Per fare ciò interrompevano le bevute di<br />
abbondante raki (grappa) - che qualcuno beveva fino ad ubriacarsi<br />
- accompagnandolo con i gustosi meze.<br />
Ad una certa ora ci si preparava per la cena. Come per la fase<br />
precedente, anche per questa si seguiva ancora il modo di vivere<br />
“alla turca”. Ci si sedeva per terra, su tappeti e materassini, intorno<br />
ad un tavolo basso (sofra). Unica posata: il cucchiaio; le dita<br />
sostituivano la forchetta e il coltello. Niente piatti: si prelevava col<br />
cucchiaio direttamente dai grandi contenitori portati a tavola. In<br />
genere si iniziava con una zuppa densa e si finiva con il hashaf,<br />
una soluzione acquosa dolce con sospese dentro delle prugne secche<br />
bollite. Di quest’ultimo, per evitare il “lavaggio” dei cucchiai<br />
dentro, si prelevava solo una volta; si prendeva il caffè (turco) fumando,<br />
si lavavano le mani e si andava via, spesso qualcuno barcollando,<br />
parlottando tra sé e sé e canticchiando.<br />
Il giorno dopo facevano festa anche le donne, naturalmente in<br />
tono molto minore. Ma per loro non erano ancora finiti i lavori ex-<br />
20
tra, in quanto c’era da lavare quasi tutto ciò che si era sporcato nei<br />
giorni precedenti, riportare la casa nelle condizioni di uso normale e<br />
tenere d’occhio il bambino fino alla guarigione. Da quanto descritto,<br />
si può dire che i maschi nascevano col destino segnato di essere i<br />
privilegiati. Diventati capi delle rispettive famiglie, il loro compito<br />
principale era di difenderle e di procurare loro i mezzi di sostentamento.<br />
Per il resto riposo, conversazioni, giochi, feste, piaceri, ecc.<br />
Per le donne invece, anche le feste, fatte sia con la presenza di parenti<br />
e amici stretti che dei soli famigliari, significavano sempre lavoro<br />
dalla mattina alla sera per più giorni. Per la perdita di un famigliare<br />
poi, chiusura in casa, vesti nere e niente festeggiamenti per molti<br />
anni, mentre per gli uomini tornava piuttosto presto la vita normale.<br />
Il poeta albanese Çajup, prima del 1908, così ne compiange<br />
la sorte in una delle sue poesie, della quale riporto di seguito una<br />
parte.<br />
Burrat nënë hije<br />
lozin kuvendojnë<br />
Pika që s’u bije<br />
se nga gratë rrojnë<br />
Gratë venë ndë arë,<br />
dhe në vreshta gratë<br />
ngrihen që pa gëdhirë<br />
këthehen në natë<br />
Gli uomini stan all’ombra<br />
Giocano e conversano,<br />
Accidenti a loro<br />
Che vivono dalle donne.<br />
Le donne van nei campi<br />
Sempre loro nei vignetti;<br />
Si alzano che non è ancor l’alba<br />
E tornano che è già notte<br />
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Frammenti di nostalgia, Ricordi, storie è un viaggio in vari<br />
periodi di vita dell’autore ; viaggio nella sua infanzia degli<br />
anni 1920, quando lui faceva la scuola elementare nella sua<br />
città di nascita, Elbasan, tempo in cui nelle famiglie delle<br />
città albanesi si stimolava lo spirito dell’istruzione ; negli anni<br />
della gioventù (anni 30’ e 40’), tempo in cui il narratore è<br />
studente al liceo di Tirana e più tardi studente dell’Università<br />
di Firenze ; sono periodi pieni di eventi in cui lui vive gli<br />
sviluppi sociali, ideologici e politici del tempo, quando il suo<br />
paese sente i pericoli e l’aggressività dell’avventura fascista e<br />
si coinvolge nel movimento di liberazione; quando l’Italia<br />
stava percorrendo la curva saliente e scendente dell’avventura<br />
fascista e stava subendo un grande crollo dopo la disfatta di<br />
quell’ avventura che provocὸ la Seconda Guerra Mondiale. I<br />
ricordi coinvolgono anche il periodo dopo la guerra, quando<br />
l’autore restὸ in Italia e fece una splendida carriera come<br />
ingegnere esecutivo e ricercatore presso i centri scientifici e i<br />
laboratori dell’industria chimica. Tramite i ricordi e le storie<br />
il narratore rimane soprattutto negli spazi dei racconti delle<br />
impressioni e tracce legate a emozioni intime e personali per<br />
la famiglia, gli amici e i parenti. Di tanto in tanto il narratore<br />
si mette in veste di sociologo, storico, intenditore appassionato<br />
della fauna e flora, cose che fanno più attraenti i suoi<br />
ricordi e racconti.<br />
ISBN 978-9928-226-54-9<br />
9 789928 226549<br />
www.Onufri.com<br />
In copertina: © Zef Kolombi,<br />
Via in Elbasan, 1938<br />
20,00 €