Kitesoul Magazine #20 Edizione Italiana

Photo Credit: WKL Courtesy
GARE DI KITESURF,
COME SCAMPAGNATE DI AMICI
Perché povero ma bello? Ma perché è ancora uno sport genuino, alimentato solo dalla
passione pura di chi lo pratica, perché non è ancora contaminato da giochi di potere
che lo schiacciano, lo umiliano e lo riducono a prodotto di mercato. Perché i soldi
sono pochi e il doping non esiste. Perché gli atleti, quelli che gareggiano si conoscono
tutti, condividono i viaggi, si allenano insieme e anche se in gara se le danno
di santa ragione, fuori dall'acqua sono amici, si supportano, si sentono parte di una
grande famiglia. Perché i campioni non se la tirano e quando li incontri si fermano
a chiacchierare, ti danno consigli, si fanno le foto. Basta frequentare una qualsiasi
competizione anche di caratura mondiale per respirare quest'atmosfera autentica,
un po' casareccia e bellissima. Immaginate di entrare nello spogliatoio del Milan o
della Juventus e stare lì a commentare la partita con i giocatori, magari fare battute
e bersi una birra.
KITER DI OGGI COME I
PILOTI DEGLI ANNI 60
Oggi il kitesurf agonistico ricorda gli albori di altri sport mitici e molto più popolari
come le corse di moto, quando i paddock dei circuiti erano aperti a tutti, i team dormivano
in camper e i piloti la sera dopo la doccia dividevano salsicce e bistecche sul
barbecue. Erano altri tempi, c'erano altri valori e oggi anche in quel mondo tutto è
diverso. Si cresce, si cambia, è la vita, va bene così.
Forse verrà un giorno che il kitesurf agonistico diventerà uno sport ricco. Speriamo,
ma per il momento godiamocelo così com'è.
David Ingiosi