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FuoriAsse_n_22

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CA - Alcuni temi o termini sono ricorrenti,<br />

tra questi la parola “fuga”.<br />

È come se ogni bambino della casa<br />

avvertisse il desiderio di esplorare il<br />

mondo esterno; un mondo sconosciuto<br />

che riserva sorprese, sicuramente speranze.<br />

Il tuo mestiere di psicoterapeuta<br />

dell’infanzia quanto ha inciso nella<br />

costruzione del romanzo?<br />

MC - La fuga è un tema a me caro da<br />

tempo. In Tutto sarebbe tornato a posto,<br />

la raccolta con cui ho esordito nel 2010<br />

con Elliot, c’è un racconto, quello che dà<br />

il titolo al libro, dove un bambino di otto<br />

nove anni fugge di casa e si incammina<br />

nel bosco, stanco di ascoltare i litigi dei<br />

genitori. Così come ne La cosa giusta,<br />

romanzo uscito per Effigi nel 2016, la<br />

fuga di Gabriele – il protagonista – da un<br />

evento drammatico che apre il libro e<br />

che ha a che fare col padre violento, è<br />

la rappresentazione – come per il bambino<br />

– di un movimento di separazione<br />

da qualcosa di doloroso e allo stesso<br />

tempo di ricerca di un qualcos’Altro.<br />

Perché la fuga, penso, ha sempre una<br />

doppia valenza, come per i bambini della<br />

Casa: non è soltanto un meccanismo<br />

difensivo, l’evitamento di un’esperienza<br />

spiacevole, di un luogo potenzialmente<br />

traumatico, è anche movimento evolutivo,<br />

di sviluppo, di trasgressione – nel<br />

senso di transgredi, andare al di là,<br />

andare oltre –, soprattutto nell’età della<br />

preadolescenza e dell’adolescenza<br />

quando è necessario andare alla ricerca<br />

di nuove strade, nuove realtà, nuove<br />

esperienze. Il genere umano si è evoluto<br />

così, se fosse rimasto ancorato al suo<br />

territorio, ai suoi spazi, senza andare<br />

– grazie alla curiosità e alla capacità<br />

esplorativa – alla scoperta di nuovi ambienti,<br />

si sarebbe estinto. In un certo<br />

senso, pensando ai grandi gruppi di<br />

persone, la migrazione rappresenta bene<br />

entrambi questi aspetti, la fuga da<br />

qualcosa di orribile – guerra, carestia,<br />

FUOR ASSE 103<br />

persecuzioni di varia natura, spesso<br />

esercitate dall’uomo sull’uomo –, ma anche<br />

spostamenti necessari all’evoluzione<br />

della specie umana. Gabriele, ne La<br />

cosa giusta, chiude il cerchio ritrovando<br />

il padre. Il bambino di Tutto sarebbe<br />

tornato a posto riporta a casa un nuovo<br />

amico, un cane abbandonato e ferito.<br />

Dino, il protagonista della terza parte<br />

di questo romanzo, chiude il cerchio tornando<br />

alla Casa, forte dell’esperienza<br />

di una vita, capace di dare un senso<br />

a quell’esperienza di loro bambini che<br />

apparentemente un senso non aveva.<br />

Quel senso, per me anima della storia, è<br />

la capacità di prendersi cura dell’Altro,<br />

di rispettarlo, la capacità di capire che<br />

il cuore dell’uomo non è l’Io – se non<br />

inteso come sistema operativo della<br />

mente –, ma il Sé, sempre costituito da<br />

un Me e un Te insieme. Dino comprende<br />

dunque che l’Altro fa sempre parte della<br />

nostra vita, e senza l’Altro la nostra vita<br />

non avrebbe alcun significato. Ciò che<br />

Dino impiega tutta la vita a capire, attraversando<br />

una guerra prima, vivendo<br />

all’interno di una società repressiva e<br />

controllante dopo, esercitando un mestiere<br />

di “equilibrio” per lunghi anni, è<br />

qualcosa che da bambini, lui e gli altri,<br />

già sapevano: il valore della loro amicizia,<br />

del loro rispetto reciproco, del bisogno<br />

di uno per l’altro, della loro lealtà.<br />

Ingredienti fondamentali per l’esistenza<br />

che lui deciderà, direttamente o indirettamente,<br />

di trasmettere a Caterina, la<br />

bambina che incontra nella locanda alla<br />

fine del romanzo.<br />

Il mestiere di psicoterapeuta è un mestiere<br />

in cui si narrano delle storie,<br />

soprattutto quando, come nel mio caso,<br />

si lavora coi bambini e gli adolescenti: le<br />

storie che in una forma o in un’altra ci<br />

raccontano i pazienti, e quelle che con<br />

loro costruiamo nella stanza di terapia<br />

per dare un senso alle loro esperienze e<br />

ai loro affetti. Alcune di queste storie<br />

Le recensioni di<br />

Cooperativa Letteraria

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