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FuoriAsse_n_22

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questa: sono romanzi virtuali. Intendo<br />

dire che pochi, insignificanti particolari<br />

contengono in sé virtualmente delle architetture<br />

complesse, degli intrecci, dei<br />

rapporti romanzeschi. Sono dunque cellule,<br />

cellule da cui potrebbero scaturire<br />

innumerevoli romanzi possibili».<br />

Anche Calvino sottolinea in una lettera<br />

che Parise ha trovato un suo stile, evitando<br />

di cadere negli intellettualismi:<br />

Torino 9 maggio 1973<br />

Caro Parise,<br />

tenevo lì il tuo Sillabario, e ogni tanto ne leggevo<br />

un pezzo, e ora che l’ho letto tutto tengo a scriverti<br />

che questa tua poetica, questa tua precisione<br />

nel rendere facce, cibi, giornate, funziona<br />

molto bene. Finché leggevo le tue dichiarazioni<br />

nei colonnini del Corriere potevo dire: ma sì, le<br />

solite cose che ogni tanto si dicono per cercare<br />

di scrollarsi di dosso l’intellettualismo di cui<br />

non possiamo liberarci, rimpiangendo un modo<br />

di raccontare che tanto ormai non riesce più a<br />

nessuno, perché è finito con i russi dell’Ottocento.<br />

Invece in pratica sei riuscito a fare qualcosa<br />

di diverso da come si faceva ieri e da come<br />

si fa oggi, proprio nel modo di costruire il racconto,<br />

di mettere a fuoco il vissuto attraverso<br />

alcuni particolari e non altri, e a dare un taglio<br />

alla prosa che è molto tuo e serve molto bene a<br />

quello che vuoi dire, insomma uno stile. E anche<br />

quel tanto di partito preso che ci metti nell’applicare<br />

questa tua poetica, è proprio il segno<br />

del fatto che scrivi oggi, che “esegui un’operazione<br />

letteraria” (protesta pure) e il senso di<br />

quello che fai è proprio lì. Come esempio di<br />

racconto che mi piace (non tutti mi piacciono<br />

ugualmente) citerò AMICIZIA e in genere quelli<br />

del tipo più indiretto e con movimenti nel<br />

tempo.<br />

Tanti cari saluti<br />

Tuo<br />

Calvino<br />

La scrittura di Parise è elegante, rarefatta,<br />

i personaggi e i luoghi e i sentimenti<br />

sono tanto vaghi e indefiniti da<br />

sembrare che racconti tutto il contrario<br />

del sentimento che sta descrivendo.<br />

Davvero è amore quello che ha raccontato<br />

in questo racconto dove non c’è<br />

neanche un bacio tra i due, dove l’unica<br />

FUOR ASSE 20<br />

carezza è stata data alla figlia? Garboli<br />

sottolinea questo aspetto, che tutto ciò<br />

che resta in ombra e di misterioso in<br />

questi racconti, potrebbe svilupparsi in<br />

possibili romanzi.<br />

Leggiamoci adesso Centuria, cento romanzi<br />

fiume di Giorgio Manganelli. Manganelli<br />

non dà titoli ai suoi romanzi, li<br />

numera da uno a cento. Sono racconti<br />

identici per misura, come se Manganelli<br />

si fosse dato un prontuario ferreo per la<br />

stesura dei suoi romanzi in una pagina,<br />

nato da una risma di carta particolare.<br />

Questa volta non leggerei il primo racconto<br />

ma uno dei cento, e in particolar<br />

modo il numero Quarantanove. Lo leggiamo<br />

per intero e poi facciamo qualche<br />

considerazione.<br />

Quarantanove<br />

Un signore amò follemente una giovane donna<br />

per tre giorni, riamato per un periodo di tempo<br />

all’incirca corrispondente. La incontrò per caso<br />

il quarto giorno, quando per due ore aveva cessato<br />

di amarla. Inizialmente, fu un incontro<br />

lievemente imbarazzante; tuttavia, il colloquio<br />

si movimentò, quando risultò che anche la<br />

donna aveva cessato di amare il signore, esattamente<br />

un’ora e quaranta minuti prima. All’inizio,<br />

questa scoperta, che il loro folle amore era<br />

comunque cosa del passato, e che presumibilmente<br />

avrebbero cessato di torturarsi con domande<br />

sciocche, penose e inevitabili, comunicò<br />

all’uomo ed alla donna una certa euforia; e<br />

parve loro di vedersi con occhi di amici. Ma<br />

l’euforia fu effimera. Infatti, la donna rammentò<br />

di quei venti minuti di differenza; ella lo aveva<br />

amato per venti minuti ancora, quando il signore,<br />

lo aveva confessato, aveva già cessato di<br />

amarla. La donna ne trasse argomento di amarezza,<br />

di frustrazione, di rancore. Egli cercò di<br />

mostrarle come quei venti minuti rivelassero in<br />

lei una costanza affettiva che la qualificava<br />

moralmente superiore. Ella ribatté che la sua<br />

costanza era fuori questione, ma che in questo<br />

caso qualcuno ne aveva abusato, e l’aveva coperta<br />

di oltraggio, calcolato e freddo. Quei venti<br />

minuti durante i quali, amando, ella non era<br />

stata amata scavavano fra di loro un abisso che<br />

nulla avrebbe più colmato. Ella aveva amato un<br />

frivolo e un sensuale, in questa vita e nell’altra<br />

Imparare a scrivere

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