una specie di taccuino fotografico, senza l’idea poi di farne mostre o libri, ma quasi un poema infinito come il vivere e che spesso ricorda versi dell’Urlo di Allen Ginsberg, ma nel tono intimo e di meraviglia quotidiana della vita di un uomo che è poi anche fotografo. «Non penso mai a un libro o a mostre, questo non vuol dire che non mi farebbe ©Vittorio Catti piacere, come mi ha fatto piacere pubblicare il libro di foto mie degli anni tra l’85 e il ’90 intitolato Torino Cattiva. Le fotografie maleducate di Vittorio Catti. Quest’ultimo, però, è nato più per la spinta degli amici di sempre, come Alberto Campo – noto critico musicale, oltre che una delle voci radiofoniche più importanti di quegli anni – perché, per me, la fotografia alla fine occupa uno spazio che va al di fuori di mostre e libri: è il mio parlare con il mondo». Muove le mani quasi a voler dire che non sa parlare di queste cose ma puó fartele vedere con il disegnare l’aria. Mi guarda con il suo sguardo profondo e quel suo sorriso un po’ sornione e un po’ beffardo: «Perché mi chiedi delle foto forse che non parlano abbastanza?». È uno scambio di sguardi e un cenno della mano a far sparire l’immagine dallo schermo. ©Vittorio Catti FUOR ASSE 170 Sguardi
©Vittorio Catti Vittorio Catti Nasce a Livrea il 10 maggio 1963 e cresce a Corio, piccolo paesino nelle valli di Lanzo. Da ragazzo legge tutto quello che riesce a trovare (gialli Mondadori, I peccati di Peyton Place, Diabolick, Jacula, Le Ore) e si appassiona alle femmine e al motocross. Si iscrive ad Architettura e comincia a frequentare l’underground torinese, animato da fermenti artistici, nebbie visionarie, canne, alcool, fighette rock, puttane, travesti e tossici. Nel 1986 incontra e fotografa i CCCP Fedeli alla Linea: è una folgorazione. Mostra i risultati a Givanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni, che lo invitano a seguire il gruppo: un impegno che dura dal 1987 al 1989. Collabora in seguito coi Negazione e pubblica su «Rockerilla», «Mucchio Selvaggio», «Fare Musica», «Rockstar» e «L’illustrazione Italiana». Sperimenta poi altre forme di espressione artistica nel progetto multiculturale Black Market. Con gli anni Novanta arriva anche il cinema: è attore e aiuto macchinista/elettricista nel film Il caso Martello di Guido Chiesa. Partecipa a vario titolo nei cortometraggi dei registi: Claudio Paletto, Enzo Mercuri e Luca Busso. Nel 1992 Giovanni Saulini e Vera Castrovilli lo coinvolgono in un bizzarro esperimento: è protagonista, accanto al guru della psichedelica californiana Timothy Leary (!), di un film cyberpunk mai completato. Dopo di che soffia il vento dell’Est: pratica con passione la thai boxe nel 1994 parte alla volta del Vietnam per girare un documentario di viaggio con Enrico Verra e Marco Mathieu, progetto che abbandona quasi subito. Là realizza interviste con politici e dissidenti, accumulando molto materiale video e fotografico. Ma con nessuna di queste attività sbarca il lunario, allora inizia a lavorare come imbianchino e idraulico e nel 1996 decide di rompere con tutto e andare lontano: si trasferisce in Romania, un paese desolato e culturalmente lontano dal suo mondo. Impara la lingua, fa gavetta, coltiva contatti e alla fine ce la fa: diventa imprenditore. E adesso, messa la vita in quadro, ha ricominciato a fotografare, ovviamente a modo suo, ancora convinto che – come diceva Helmut Newton «in fotografia ci sono due parole volgari: la prima è arte, e la seconda è buon gusto». Biografia tratta dal Libro TORINO CATTIva FUOR ASSE 171 Sguardi
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