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Università degli Studi di Napoli Federico II Facoltà di Scienze ... - Infn

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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Napoli</strong> <strong>Federico</strong> <strong>II</strong><br />

<strong>Facoltà</strong> <strong>di</strong> <strong>Scienze</strong> MM. FF. NN.<br />

MASTER UNIVERSITARIO DI <strong>II</strong> LIVELLO<br />

Didattica delle <strong>Scienze</strong> per insegnanti della<br />

scuola elementare e me<strong>di</strong>a<br />

TESI DI DIPLOMA<br />

“UN PERCORSO DIDATTICO SPERIMENTALE SUL PIANO<br />

CARTESIANO”<br />

Relatori Can<strong>di</strong>dato<br />

Prof.ssa Donatella Iannece Adele Masi<br />

Ins. Pasqualina Nazzaro<br />

Anno accademico 2008 – 2009


INDICE 1<br />

INTRODUZIONE 2<br />

CAPITOLO 1<br />

1. Il ruolo formativo della matematica nell’attuale contesto sociale 6<br />

2. Le basi teoriche <strong>di</strong> riferimento 8<br />

CAPITOLO 2<br />

1. Analisi del contesto 18<br />

2. La sperimentazione in classe: le lumachine 24<br />

2.1 Le lumachine: 1° incontro 26<br />

2.2 Le lumachine: 2° incontro 29<br />

2.3 Le lumachine: 3° incontro 32<br />

2.4 I meto<strong>di</strong> 37<br />

2.5 Analisi e valutazione dei risultati 45<br />

CONCLUSIONI 48<br />

BIBLIOGRAFIA 51<br />

Allegato 1 - Registrazione au<strong>di</strong>o integrale del 3° incontro 52<br />

1


INTRODUZIONE<br />

Questa tesi descrive e riporta un intervento <strong>di</strong> ricerca-azione realizzato in una quinta elementare<br />

nel mese <strong>di</strong> febbraio dell’anno scolastico 2008/2009. Tale intervento costituisce la fase finale <strong>di</strong><br />

un percorso sperimentale iniziato nella classe, fin dalla prima, dall’insegnante <strong>di</strong> matematica<br />

Pasqualina Nazzaro, finalizzato allo sviluppo del pensiero proporzionale e all’uso del piano<br />

cartesiano come modello linguistico.<br />

L’obiettivo principale <strong>di</strong> questa ricerca-azione è stato quello <strong>di</strong> verificare se, bambini abituati ad<br />

utilizzare il piano cartesiano come strumento linguistico per raccontare, rappresentare e<br />

formalizzare esperienze vissute, siano capaci anche <strong>di</strong> interpretare i grafici in esso riportati.<br />

Quest’attività <strong>di</strong> ricerca-azione ha costituito per me un’importante occasione <strong>di</strong> formazione e <strong>di</strong><br />

crescita professionale. Ho avuto, infatti, la possibilità <strong>di</strong> sperimentare un nuovo approccio<br />

metodologico - <strong>di</strong>dattico, <strong>di</strong> mettere in pratica le conoscenze acquisite durante il master e <strong>di</strong><br />

confrontarmi con l’insegnante <strong>di</strong> classe, esperta in <strong>di</strong>dattica della matematica, e con i professori<br />

del master, durante tutte le fasi della ricerca-azione, dalla progettazione all’analisi e valutazione<br />

finale. L’esperienza, inoltre, mi ha fatto “toccare con mano” la necessità <strong>di</strong> una formazione che<br />

accompagni l’intera vita professionale, formazione intesa come messa in <strong>di</strong>scussione e come<br />

riflessione sulle modalità <strong>di</strong> gestire il processo <strong>di</strong> insegnamento/appren<strong>di</strong>mento, sui propri<br />

strumenti e percorsi conoscitivi per cercare <strong>di</strong> andare a fondo attraverso un’attività<br />

metacognitiva, per scoprirne la vera essenza e per intravedere eventuali <strong>di</strong>fficoltà nel processo <strong>di</strong><br />

appren<strong>di</strong>mento <strong>degli</strong> alunni.<br />

Alla luce dell’attività condotta, posso affermare che lo stesso percorso euristico svolto con i<br />

bambini ha obbligato noi adulti a riflettere sui processi cognitivi che aiutano a “mettere in<br />

or<strong>di</strong>ne” il mondo che ci circonda. Ci siamo resi conto, infatti, dell’impreve<strong>di</strong>bilità delle risposte<br />

dei bambini, nonostante avessimo progettato tutto nei minimi dettagli. La realtà è, infatti, più<br />

2


complessa e più ricca <strong>di</strong> quello che può sembrare e, proprio a partire dal riconoscimento della<br />

ricchezza della realtà che ci circonda, si possono elaborare strategie efficaci per comprendere il<br />

funzionamento e le potenzialità delle strutture matematiche, in modo che ciascuno realmente<br />

possa utilizzare in modo consapevole e critico tali strumenti, per interpretare il mondo, gestirne<br />

la complessità sempre crescente e perseguire i propri fini nella maniera più efficace e libera da<br />

con<strong>di</strong>zionamenti. Oggi, infatti, l’ideale formativo espresso da Montaigne “meglio una testa ben<br />

fatta che una ben piena” 1 è <strong>di</strong>venuto il fine ultimo <strong>di</strong> un processo continuo <strong>di</strong> educazione e<br />

formazione <strong>di</strong> uomini dalla mentalità critica, sintesi armonica tra cultura e conoscenza della<br />

realtà. Il compito della scuola non deve limitarsi, dunque, alla trasmissione della cultura, ma<br />

anche alla produzione <strong>di</strong> nuova cultura. Ciò implica che i soggetti in formazione non devono<br />

ricevere passivamente il bagaglio culturale preconfezionato dalla generazione precedente, ma<br />

devono essere costruttori della propria cultura, come intreccio sinergico e in<strong>di</strong>ssolubile tra<br />

sapere, saper fare e saper essere. In questo processo l’insegnante dovrebbe fare da me<strong>di</strong>atore tra<br />

la cultura ed i soggetti in formazione, in modo da stimolare ed accrescere continuamente il<br />

proprio desiderio <strong>di</strong> conoscenza, mostrandone il vero significato e valore. Durante la<br />

realizzazione <strong>di</strong> questa ricerca-azione, ho potuto sperimentare proprio il ruolo <strong>di</strong> “me<strong>di</strong>atore”,<br />

che è consistito nell’organizzazione <strong>di</strong> un’esperienza con<strong>di</strong>visa, pensata in modo da far nascere<br />

situazioni problematiche ed aperte, che sono state risolte in un continuo alternarsi <strong>di</strong> momenti in<br />

cui si agiva, momenti in cui i bambini rappresentavano le proprie azioni, momenti in cui si<br />

<strong>di</strong>scuteva <strong>di</strong> ciò che si era fatto, si facevano congetture e si argomentava.<br />

Questa scelta metodologica è giustificata dalla convinzione che il percorso conoscitivo inizia<br />

sempre dall’esperienza ed è soggettivo, perché ogni soggetto ha un proprio modello <strong>di</strong><br />

rappresentazione del mondo che con<strong>di</strong>ziona il suo processo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento. Ognuno, infatti,<br />

1 Montaigne de M., Saggi, Cap XXVI Libro I: Dell’istruzione dei fanciulli (A Madama Diana de Foix, Contessa De Gurson)<br />

1580, (trad. it.) Virginio E. (a cura <strong>di</strong>), 1986, Milano, Oscar Mondadori, p. 172.<br />

3


esperisce <strong>di</strong>versamente a parità <strong>di</strong> contesto, cogliendo alcuni aspetti piuttosto che altri, in virtù<br />

del personale modello rappresentativo/interpretativo della realtà. Successivamente, per<br />

avvicinarsi ad una conoscenza più oggettiva e far sì che quell’esperienza soggettiva <strong>di</strong>venti<br />

conoscenza, è importante mettere a confronto le varie interpretazioni.<br />

“Nell’intersoggettività la propria rappresentazione del mondo trova la necessità <strong>di</strong> ripensare a se<br />

stessa e si arricchisce in un gioco <strong>di</strong> richiami e <strong>di</strong> risonanze <strong>di</strong> nuove interpretazioni,<br />

ridefinendosi come più ampia e complessa. Quando cerchiamo <strong>di</strong> spiegare ad altri il nostro<br />

pensiero, infatti, lo capiamo meglio, ne cogliamo incongruenze e punti deboli; e dal confronto<br />

scaturisce la consapevolezza che 'io' e 'mondo' sono realtà <strong>di</strong>stinte ma non separabili; che<br />

esistono tanti 'mon<strong>di</strong> per me' quanti siamo noi, che la propria cultura è frutto <strong>di</strong> un confronto tra<br />

questi mon<strong>di</strong>. La rappresentazione del mondo <strong>di</strong> ciascuno è resa esplicita attraverso la lingua, il<br />

<strong>di</strong>segno, le azioni” 2 .<br />

Pertanto, è nella con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> queste azioni, nel confronto tra le rappresentazioni, nelle<br />

<strong>di</strong>scussioni che ne scaturiscono che si struttura la conoscenza.<br />

Nella ricerca-azione realizzata, abbiamo dato ampio spazio al confronto tra pari e tra bambini e<br />

adulti. Le ragioni <strong>di</strong> questa scelta metodologico - <strong>di</strong>dattica sono riconducibili anche<br />

all’importanza che viene data all’interazione sociale nello sviluppo cognitivo del bambino,<br />

soprattutto da Vygotskij. Durante il lavoro in classe, si è posto l’accento sulla <strong>di</strong>scussione tra<br />

pari, sull’argomentazione e, soprattutto, sulla produttività legata alla mutua collaborazione tra i<br />

bambini.<br />

Un altro aspetto fondamentale che influenza il processo <strong>di</strong> insegnamento/appren<strong>di</strong>mento è, senza<br />

dubbio, quello emotivo che conferisce valore e significato, anche quando “si fa matematica”, ad<br />

un percorso che altrimenti sarebbe sterile e meccanicistico, privo <strong>di</strong> intenzionalità e<br />

partecipazione affettivo - motivazionale. Non c’è appren<strong>di</strong>mento efficace senza la motivazione e<br />

2 Nazzaro P., Rappresentare lo spazio e il tempo: storie <strong>di</strong> principi e cavalieri, in Capire si può, 2005, a cura <strong>di</strong> Mazzoli P.,<br />

Firenze, Carocci Faber.<br />

4


la motivazione ha sempre un humus affettivo. Le espressioni dei bambini, estrapolate dalla<br />

<strong>di</strong>scussione in classe e testualmente riportate <strong>di</strong> seguito, il tono della loro voce, l’incalzare <strong>degli</strong><br />

interventi via via sempre più frequenti e non semplici da gestire, il loro modo <strong>di</strong> “fare gruppo”<br />

anche con i corpi accostati a formare una cupola intorno alla rappresentazione in <strong>di</strong>scussione, le<br />

esclamazioni <strong>di</strong> sorpresa e <strong>di</strong> gioia al momento della scoperta o della risoluzione <strong>di</strong> un problema,<br />

evidenziano il ruolo chiave delle emozioni.<br />

Infine, la sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> partecipare ad una ricerca comune in un contesto accogliente crea la<br />

percezione <strong>di</strong> appartenenza ad un gruppo rispettoso e bisognoso delle specifiche peculiarità, un<br />

gruppo che si regge sulla collaborazione e non sulla sopraffazione, sulla subor<strong>di</strong>nazione e sul<br />

soffocamento vicendevole.<br />

Questo rappresenta un momento significativo <strong>di</strong> crescita sia sul piano conoscitivo che su quello<br />

socio-emotivo.<br />

Oltre al ruolo delle emozioni, anche il corpo influisce profondamente nel processo conoscitivo.<br />

Tuttavia, l’esperienza proposta non è partita dal suo coinvolgimento, perché i bambini avevano<br />

già sperimentato in precedenza queste attività; tuttavia, laddove è stato necessario, si è fatto<br />

ricorso all’esperienza corporea.<br />

5


CAPITOLO I<br />

1. IL RUOLO FORMATIVO DELLA MATEMATEMATICA NELL’ATTUALE CONTESTO SOCIALE<br />

Prima <strong>di</strong> presentare l’attività oggetto della mia ricerca, vorrei soffermarmi su quelle che noi<br />

docenti usiamo chiamare le “finalità generali”, cioè il senso che attribuiamo al nostro lavoro<br />

nella scuola, il genere <strong>di</strong> processi <strong>di</strong> cambiamento, nella società e negli in<strong>di</strong>vidui, a cui<br />

vorremmo partecipare, il tipo <strong>di</strong> relazioni umane che ci sembrano più desiderabili e che ci<br />

interessa creare nella scuola, i bisogni dei bambini alla cui sod<strong>di</strong>sfazione pensiamo <strong>di</strong> poter<br />

contribuire con il nostro lavoro. Sono idee che <strong>di</strong>rigono il nostro operato e rendono possibile la<br />

valutazione dei risultati delle azioni che mettiamo in campo.<br />

Parto citando un breve passo tratto dalle “In<strong>di</strong>cazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e per<br />

il primo ciclo <strong>di</strong> istruzione del 2007” e un pensiero <strong>di</strong> Tolstoj. Da queste due citazioni emerge<br />

un’idea <strong>di</strong> formazione che sento <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre pienamente. Nelle “In<strong>di</strong>cazioni nazionali” si<br />

legge che “la scuola deve far sì che gli studenti acquisiscano gli strumenti <strong>di</strong> pensiero necessari<br />

per apprendere a selezionare le informazioni; deve promuovere negli studenti la capacità <strong>di</strong><br />

elaborare meto<strong>di</strong> e categorie che siano in grado <strong>di</strong> fare da bussola negli itinerari personali; deve<br />

favorire l’autonomia del pensiero <strong>degli</strong> studenti, orientando la propria <strong>di</strong>dattica alla costruzione<br />

<strong>di</strong> saperi a partire dai concreti bisogni formativi”.<br />

Tolstoj, altresì, afferma che “la scuola dovrebbe trasformarsi in un luogo <strong>di</strong> cultura e non <strong>di</strong><br />

educazione”, dove per educazione si intende il tentativo <strong>di</strong> “rendere una persona simile a se<br />

stessi”, o meglio ad un qualsivoglia modello prestabilito, e per cultura la trasmissione <strong>di</strong> quelle<br />

“conoscenze e capacità” che rispondono alle esigenze esplicite, ma anche alle potenzialità<br />

implicite, <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui 3 .<br />

Se la nostra finalità formativa è quella <strong>di</strong> fornire gli strumenti che rispondono alle esigenze<br />

esplicite ed implicite <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui, strumenti che gui<strong>di</strong>no questi ultimi negli itinerari personali,<br />

3 Spring J.,1981, L’educazione libertaria, Milano, Antistato, p.63.<br />

6


un buon processo <strong>di</strong> acquisizione del linguaggio matematico si rivela essenziale in quanto educa<br />

a non subire passivamente le novità, a vivere le esperienze da protagonista, attivo e responsabile,<br />

capace <strong>di</strong> fronteggiare le transizioni con senso critico, costruttivo ed operativo. Dobbiamo,<br />

quin<strong>di</strong>, perseguire l’obiettivo del lifelong learner, cioè consentire ai bambini <strong>di</strong> essere liberi “ <strong>di</strong><br />

perseguire la propria crescita in un’infinita varietà <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>” e vivi “per affrontare ogni giorno<br />

un’avventura”, perché ogni giorno sono spinti ad arricchire le proprie esperienze e le proprie<br />

conoscenze. Si tratta, dunque, dell’ideale della self-renewing person, della persona che sa<br />

rinnovarsi continuamente, come afferma R. Gross 4 , fonte che rispecchia l’ideale della psicologia<br />

umanistica descritto dallo stesso J. Gardner 5 : una continua esplorazione delle proprie<br />

potenzialità, portata avanti sistematicamente, per tutta la vita. “La scuola dovrà, quin<strong>di</strong>,<br />

sod<strong>di</strong>sfare la doppia esigenza <strong>di</strong> intenzionalità e spontaneità formativa, o, per <strong>di</strong>rla con Bateson 6 ,<br />

con la duplice modalità umana <strong>di</strong> stare nelle relazioni come finalità cosciente e come azione che<br />

accade da sé e senza esitazioni, puntando proprio all’autonomia e alla creatività dei soggetti ”.<br />

Per far sì che il linguaggio matematico contribuisca in tal senso, i bambini non devono essere<br />

schiacciati dal bagaglio culturale delle generazioni precedenti, ma devono piuttosto entrare in<br />

relazione con esso attraverso un confronto alla pari, che amplia il loro desiderio <strong>di</strong> conoscenza,<br />

mostrandone il vero valore. Affinché gli artefatti culturali possano effettivamente essere usati in<br />

modo personale, ognuno deve appropriarsene, attivando un processo <strong>di</strong> reciproca trasformazione.<br />

L’artefatto culturale cambia nel momento in cui l’essere umano lo fa suo, lo acquisisce, e<br />

contemporaneamente cambia anche l’essere umano che ristruttura i propri mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> percepire e <strong>di</strong><br />

agire in relazione alla presenza dentro <strong>di</strong> sé del nuovo strumento. Ovviamente tali cambiamenti<br />

non si operano in un momento, la conoscenza non è un cibo che, come si legge nel libro“ I<br />

viaggi <strong>di</strong> Gulliver” <strong>di</strong> J. Swift, viene inghiottito e <strong>di</strong>gerito in un paio d’ore. Il processo <strong>di</strong><br />

4 Gross R., 1977, The lifelong learner, New York, Simon and Shuter, cit. in Lichtner,(1990), Soggetti, percorsi, complessità<br />

sociale - Per una teoria dell’educazione permanente, Firenze,La Nuova Italia, p.86.<br />

5 Gardner J.,1963, Self-Renewal, New York, Harper and Row, cit. in Lichtner, op. cit., p.88.<br />

6 Bateson G.,1989, Dove gli angeli esitano.Verso un’epistemologia del sacro, (trad. it.),Milano, Adelphi.<br />

7


conoscenza richiede tempi lunghi nel corso dei quali gli strumenti acquisiti interagiscono con il<br />

mondo e con altri strumenti, <strong>di</strong>mostrandosi più o meno efficaci a descrivere contesti <strong>di</strong> volta in<br />

volta <strong>di</strong>versi.<br />

Questa visione delle cose implica la scelta <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> attivi, che coinvolgano la persona nella sua<br />

totalità; è, infatti, improbabile che bambini a cui non si è dato modo <strong>di</strong> sperimentare l’utilità <strong>di</strong><br />

conoscenze, a cui non si dà la possibilità <strong>di</strong> agire, <strong>di</strong> mettere in atto strategie, <strong>di</strong> usare<br />

autonomamente strumenti facciano proprie tali modalità ed usino autonomamente tali strumenti.<br />

E’ così che il linguaggio matematico contribuisce all’acquisizione della capacità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio e<br />

allo sviluppo del pensiero nella sua complessità ed interezza, strumento fondamentale per poter<br />

vivere e gestire la complessità sempre crescente del mondo in cui viviamo.<br />

L’acquisizione <strong>di</strong> modalità cognitive <strong>di</strong> deco<strong>di</strong>fica, interpretazione e produzione <strong>di</strong> messaggi<br />

costituisce, dunque, il leitmotiv della formazione scolastica.<br />

Negare un tale percorso formativo, significa limitare le possibilità culturali, lavorative e sociali<br />

dei futuri citta<strong>di</strong>ni.<br />

2. LE BASI TEORICHE DI RIFERIMENTO<br />

In questo paragrafo vorrei rendere espliciti, anche se in modo sintetico, gli assunti teorici che<br />

guidano la scelta dell’approccio metodologico-<strong>di</strong>dattico utilizzato. Si tratta <strong>di</strong> alcune idee<br />

fondamentali e generali a proposito della conoscenza e della sua trasmissione e costruzione, della<br />

funzione e del funzionamento dei modelli matematici.<br />

Innanzitutto penso che il pensiero sia “un processo ed un prodotto esperienziale, […] una realtà<br />

complessa, in cui si intersecano componenti biologiche, psicologiche, socio-culturali, che può<br />

essere indagato da una molteplicità <strong>di</strong> angolazioni” 7 . Il pensiero ha la funzione <strong>di</strong> organizzare ed<br />

interpretare l’esperienza, conferendole significato e creando delle relazioni significative tra i<br />

vissuti, gli oggetti e le persone. In questo senso, rappresenta un elemento imprescin<strong>di</strong>bile della<br />

7 Striano M.,2000, Educare al pensare. Percorsi e prospettive, Lecce, Pensa Multime<strong>di</strong>a, p.32.<br />

8


formazione del soggetto e, <strong>di</strong> conseguenza, <strong>degli</strong> interventi educativi, come “confronto coi<br />

<strong>di</strong>versi ‘significati’ che si attribuiscono alle esperienze <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> formazione e con le <strong>di</strong>verse<br />

modalità <strong>di</strong> interpretazione e gestione <strong>di</strong> tale esperienza, per stimolare e sollecitare l’emergenza<br />

<strong>di</strong> nuove modalità d’interpretazione, <strong>di</strong> significazione, <strong>di</strong> conoscenza del mondo, dei problemi<br />

della vita, dei rapporti con gli altri” 8 .<br />

Lo sviluppo del pensiero si struttura, dunque, come vera e propria negoziazione <strong>di</strong> significati. Il<br />

“pensare” in quanto processo mentale, pur implicando una successione <strong>di</strong> cose pensate, come<br />

sostiene J. Dewey 9 , se ne <strong>di</strong>fferenzia perché “questo casuale succedersi <strong>di</strong> un casuale qualcosa o<br />

qualcos’altro in un’irregolare sequenza” implica la possibilità <strong>di</strong> intessere relazioni e significati<br />

tra dati ed esperienze e comporta una “consequenzialità” <strong>di</strong> idee, tale che ciascun risultato si<br />

appoggia o si riferisce alle idee che lo hanno preceduto e allo stesso tempo determina le idee<br />

successive.<br />

A tale riguardo D. Hawkins, altresì, afferma: “Ci sono molte vie per comprendere la meta <strong>di</strong> una<br />

comprensione, e lungo ciascuna <strong>di</strong> queste vie si trovano mete molto importanti. Considerati<br />

secondo logica, i rapporti tra le varie idee che danno un or<strong>di</strong>ne alla nostra esperienza<br />

costruiscono un intreccio molto complesso; le idee non sono tante stazioni lungo una sola strada<br />

[…] 10 .<br />

La lettura della registrazione au<strong>di</strong>o allegata rende evidente queste convinzioni. Gli interventi <strong>di</strong><br />

alcuni bambini centrano subito l’argomento, altri, pur essendo sequenziali, portano su altre strade<br />

apparentemente lontane; si ha l’impressione che i bambini “girino intorno all’argomento”<br />

attraverso percorsi apparentemente tortuosi, poi però basta un’affermazione <strong>di</strong> qualche bambino,<br />

una domanda dell’insegnante che fa scattare un’intuizione e <strong>di</strong> conseguenza la riorganizzazione<br />

8 Striano M., op. cit., p. 35.<br />

9 Dewey J., 1961, Come pensiamo. Una riformulazione del rapporto tra il pensiero riflessivo e l’educazione (trad. it.),Firenze,<br />

La Nuova Italia.<br />

10 Hawkins D., 1979, Imparare a vedere, Torino, Loescher E<strong>di</strong>tore, p.28.<br />

9


<strong>di</strong> tutto quanto è stato detto e fatto. Come in un puzzle tutti i pezzi vanno al loro posto, tutto<br />

torna e tutto contribuisce a ridefinire sempre meglio il loro pensiero e l’argomento in<br />

<strong>di</strong>scussione.<br />

Un'altra convinzione che ha orientato le nostre azioni è quella <strong>di</strong> non poter prescindere da quella<br />

che D. Hawkins definisce fase del “pasticciamento”, che è de<strong>di</strong>cata ad un lavoro esplorativo,<br />

libero e non strutturato, in cui i bambini possono costruire, provare, sondare e sperimentare.<br />

Questa fase è importante, perché dà la possibilità ai bambini <strong>di</strong> portare a scuola quello che già<br />

sanno, le ra<strong>di</strong>ci del loro sviluppo intellettuale, morale ed estetico.<br />

Nella ricerca-azione realizzata, abbiamo previsto questa fase dando ai bambini la possibilità <strong>di</strong><br />

mimare gli eventuali percorsi che il grafico poteva rappresentare, <strong>di</strong> confrontarsi in piccoli<br />

gruppi prima della stesura in<strong>di</strong>viduale della storia. Il mimo, vissuto come gioco, libera dall’ansia<br />

della prestazione e crea la possibilità per ogni bambino <strong>di</strong> portare a scuola i suoi mo<strong>di</strong> personali<br />

<strong>di</strong> interpretare il mondo, le esperienze pregresse utili a ricostruire attivamente e consapevolmente<br />

le conoscenze. L’acquisizione <strong>di</strong> nuove conoscenze e competenze, dunque, non è il prodotto<br />

<strong>di</strong>retto ed automatico dei processi <strong>di</strong> insegnamento, ma è l’esito <strong>di</strong> un complesso processo <strong>di</strong><br />

integrazione tra le nuove conoscenze e quelle preesistenti, elaborate dal bambino tramite il<br />

contatto <strong>di</strong>retto con la realtà quoti<strong>di</strong>ana.<br />

Durante la sperimentazione, abbiamo notato come le nuove acquisizioni non solo entrano in<br />

risonanza con appren<strong>di</strong>menti passati, ma si strutturano proprio in riferimento a queste. Come si<br />

evince anche dalla <strong>di</strong>scussione, alcuni bambini hanno fatto riferimento alle attività pregresse in<br />

cui avevano utilizzato lo stesso strumento matematico, cioè il piano cartesiano; altri invece<br />

hanno richiamato alla memoria concetti matematici acquisiti in precedenza (la moltiplicazione e<br />

la <strong>di</strong>visione sono operazioni inverse).<br />

Alla fase del pasticciamento segue la fase della sistemazione delle esplorazioni <strong>di</strong> ogni bambino.<br />

Un ruolo fondamentale nella strutturazione delle nuove conoscenze è svolto dal <strong>di</strong>battito,<br />

10


dall’argomentazione fra i bambini, sotto la guida dell’insegnante. L’insegnante, infatti, me<strong>di</strong>a e<br />

modera gli interventi dei bambini, favorendo la <strong>di</strong>scussione, chiedendo ulteriori spiegazioni e<br />

facendo riflettere sull’uso <strong>di</strong> termini poco chiari senza, però, <strong>di</strong>ventare un libro <strong>di</strong> esercizi<br />

animato né il primo della classe.<br />

Ecco un esempio <strong>di</strong> conduzione tratto dalla registrazione au<strong>di</strong>o allegata, che evidenzia<br />

l’intervento adulto finalizzato a sostenere i bambini nel loro sforzo <strong>di</strong> superare un chiaro<br />

“inciampo” linguistico – concettuale.<br />

Ho stralciato alcuni interventi per rendere più agevole la lettura.<br />

Lorenzo:“Allora hai detto la stessa cosa <strong>di</strong> Francesco, spazio “unnn” tempo fanno velocità”.<br />

Ins.: “Perché hai detto spazio unnn tempo fanno velocità, che cosa significa unnn?Che cosa ti<br />

sei mangiato?”<br />

Lorenzo: “ Il più”.<br />

Ins.:“Spazio più tempo... però ci sembra strano. Perché?”<br />

Novella: “ Per me può essere anche spazio più tempo, però come si fa a sommare spazio più tempo, cioè<br />

un centimetro più un minuto, quanto fa?”<br />

Bianca: “ Secondo me, Lorenzo vuole <strong>di</strong>re che un certo tempo si <strong>di</strong>vide in un certo numero e la<br />

lumachina percorre uno spazio nel tempo che ha <strong>di</strong>viso”.<br />

La <strong>di</strong>scussione va avanti ma la cosa che voglio sottolineare è il forte legame tra pensiero e<br />

linguaggio evidenziato da questi interventi.<br />

L’intervento dell’adulto non risolve il problema, anzi le sue domande sollecitano una riflessione<br />

che coinvolge anche la sfera concettuale.<br />

L’appren<strong>di</strong>mento è, dunque, un processo, non un prodotto, <strong>di</strong> partecipazione in<strong>di</strong>viduale alle<br />

pratiche strutturate socialmente; tale assunto è con<strong>di</strong>viso, anche, dalla recente prospettiva teorica<br />

del “ costruttivismo sociale”, che considera “i processi <strong>di</strong> pensiero e <strong>di</strong> crescita concettuale [...] il<br />

risultato delle interazioni personali in contesti sociali (piano interpsicologico) e<br />

11


dell’appropriazione (piano intrapsicologico) della conoscenza costruita socialmente” 11 . A tale<br />

proposito Vygotskij sottolinea l’importanza del contesto storico-sociale nell’orientare lo sviluppo<br />

dei processi intellettivi. Ogni funzione dello sviluppo culturale del bambino avviene due volte o<br />

su due piani. Prima sul piano sociale e successivamente sul piano psicologico. Prima appare tra<br />

persone come categoria interpsicolgica e poi nel bambino come categoria intrapsicologica.<br />

L’interazione trasforma il processo stesso e ne cambia struttura e funzioni 12 . Ciò determina una<br />

nuova immagine della cognizione non più astratta ed unifattoriale, ma contestualizzata e<br />

socialmente determinante, che sottolinea l’importanza del contesto in cui si struttura il processo<br />

<strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento-insegnamento come con<strong>di</strong>visione e co-costruzione <strong>di</strong> significati. Anche Bruner<br />

sostiene che “la cultura plasma la mente, ci fornisce l’insieme <strong>degli</strong> attrezzi me<strong>di</strong>ante i quali<br />

costruiamo non solo il nostro mondo, ma la nostra concezione <strong>di</strong> noi stessi e delle nostre<br />

capacità” 13 .<br />

L’approccio metodologico-<strong>di</strong>dattico cui ci riferiamo ha come modello <strong>di</strong> riferimento un albero<br />

piuttosto che una scala, per <strong>di</strong>rla con Hawkins. Il modello della scala è, infatti, troppo lineare e<br />

limitativo, poiché in<strong>di</strong>ca soltanto una <strong>di</strong>rezione, senza la possibilità <strong>di</strong> fare scelte significative,<br />

tranne scendere. Preparare un albero, ricco e folto, in modo che i bambini possano <strong>di</strong>vertirsi ad<br />

esplorarlo senza ricorrere a semplificazioni, rispettando le modalità <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

ciascuno, coltivando <strong>di</strong> ognuno l’intraprendenza, la voglia <strong>di</strong> “toccare con mano” e sporcarsi le<br />

mani, l’esserci completamente nelle cose, lo spirito scientifico, il protagonismo.<br />

Certo un simile modo <strong>di</strong> fare scuola richiede una preparazione adeguata, una cosa, infatti, è<br />

prepararsi una lezione da sciorinare ad alunni che ascoltano passivamente, un’altra è cogliere e<br />

sostenere i vari percorsi mentali, interpretare gli “errori” come un errare tra le conoscenze che si<br />

posseggono per dare senso a quanto si sta facendo; è inoltre faticoso inventarsi momento per<br />

11 Mason L., Costruire conoscenze: contesti <strong>di</strong> insegnamento –appren<strong>di</strong>mento e processi formativi a scuola, in Orefice P. (a<br />

cura <strong>di</strong>),1997, Formazione e processo formativo. Ipotesi interpretative, Milano, Franco Angeli, p.74.<br />

12 Vygotskij L. S.,1990, Pensiero e linguaggio, (trad. it.) Bari, Laterza.<br />

13 Bruner J. ,1977, La cultura dell’educazione, (trad. it.) Milano, Feltrinelli, p.8.<br />

12


momento stimoli, domande, attività che aiutino a superare gli ostacoli nei quali <strong>di</strong> volta in volta<br />

si inciampa, leggere il “non detto” nei gesti e negli sguar<strong>di</strong> dei bambini. Infine, non ultima, c’è la<br />

paura dell’inadeguatezza, dell’incapacità <strong>di</strong> cogliere no<strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplinari negli interventi dei<br />

bambini, oppure <strong>di</strong> coglierli, ma non saper orientare le loro azioni e le loro riflessioni perché è a<br />

noi che manca il nesso tra formule algebriche e quello che vogliono esprimere. A noi è stato<br />

insegnato quello che definirei “un trucchetto” che recita: “ x sta a y come x primo sta a y primo<br />

(x: y = x’: y’) ” o anche la legge oraria che è v = s/t , ma i legami che intercorrono tra questo<br />

sapere, la struttura moltiplicativa e i giochi <strong>di</strong> movimento, <strong>di</strong> miscugli e soluzioni, nessuno ci ha<br />

dato la possibilità <strong>di</strong> scoprirli. Riuscire a cogliere negli interventi dei bambini le ra<strong>di</strong>ci del<br />

pensiero proporzionale non è facile. Io lo sto imparando in una situazione protetta, affiancata da<br />

insegnanti esperti e da professori che ci aiutano a sciogliere i no<strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplinari, proponendoci<br />

delle attività a livello adulto su cui riflettere. Questo è il problema che Hawkins coglie nella<br />

tra<strong>di</strong>zione dell’insegnamento/appren<strong>di</strong>mento della matematica <strong>di</strong> cui sono vittime molti<br />

insegnanti <strong>di</strong> matematica che non tiene assolutamente conto delle origini spontanee della<br />

matematica all’interno dell’esperienza, e perfino non le comprende.<br />

Una cosa è, infatti, la Matematica, un’altra cosa è la tra<strong>di</strong>zione pedagogica, tra le quali non<br />

sussiste necessariamente un nesso. La Matematica ha quel tipo <strong>di</strong> struttura e <strong>di</strong> complessità per<br />

cui non si può ridurre ad una sequenza <strong>di</strong> parole in un libro. Non si può pensare che aver svolto<br />

tutto il programma previsto dal curricolo scolastico, significa aver reso i bambini competenti in<br />

quella materia. L’aver svolto il programma non garantisce l’aver compreso, se questo “aver<br />

svolto” significa solo aver spiegato, senza aver pre<strong>di</strong>sposto esperienze, vivendo le quali i<br />

bambini affrontano e pasticciano gli argomenti proposti. E’ necessario, dunque, interrogarsi su<br />

come è fatto e come funziona questo sapere e, soprattutto, essere consapevoli <strong>di</strong> tutto il lavoro <strong>di</strong><br />

ricerca e <strong>di</strong> scoperta che sta <strong>di</strong>etro ogni enunciato e far sì che i bambini facciano quelle<br />

esperienze atte a ricostruire le idee <strong>di</strong> fondo della <strong>di</strong>sciplina.<br />

13


Il valore formativo del sapere matematico, infatti, non risiede solo nelle conoscenze in sé, quanto<br />

piuttosto nel lavoro fatto per conquistare queste conoscenze. “Se le matematiche vengono così<br />

spesso riguardate come inutile peso dagli allievi, <strong>di</strong>pende in parte almeno dal carattere troppo<br />

formale che tende a prendere quell’insegnamento […], si <strong>di</strong>menticano in tal modo i problemi<br />

concreti che conferiscono interesse alle teorie, e sotto la formula o lo sviluppo del ragionamento<br />

non si vedono più i fatti ormai da lungo tempo acquisiti, ma soltanto la concatenazione in cui noi<br />

artificialmente li abbiamo stretti” 14 . E’ noto, ma purtroppo non ancora a tutti, che non basta<br />

enunciare un teorema o una definizione, illustrati con dovizia <strong>di</strong> esempi e con l’utilizzo <strong>di</strong><br />

strategie metodologiche innovative, perché gli alunni li comprendano e li apprendano. Per capire<br />

perché, è in<strong>di</strong>spensabile guardare alla Matematica, al suo statuto e alle sue caratteristiche,<br />

occorre capire che cos’è e come funziona questo sapere che vogliamo far scoprire o co-costruire<br />

o far re-inventare.<br />

Allora che cos’è la Matematica?<br />

La matematica, certamente, non è l’insieme <strong>degli</strong> enunciati <strong>di</strong>mostrati o congetturati nel corso<br />

dei secoli, come viene raccolta in alcuni libri <strong>di</strong> testo, secondo una sistemazione logico-<br />

deduttiva. Questo modello espositivo, che da oltre due millenni rappresenta il para<strong>di</strong>gma della<br />

trattazione del sapere matematico, può essere funzionale all’organizzazione della materia, ma<br />

risulta meno efficace dal punto <strong>di</strong> vista metodologico-<strong>di</strong>dattico; soprattutto per quanto riguarda i<br />

bambini che stanno iniziando a scoprire la Matematica, questo approccio nasconde il lavoro <strong>di</strong><br />

ricerca e <strong>di</strong> scoperta che sta <strong>di</strong>etro a qualsiasi concetto matematico e la stessa Matematica viene<br />

vista come un prodotto finito. La sistemazione logico-deduttiva dovrebbe essere il punto <strong>di</strong><br />

arrivo, non il punto <strong>di</strong> partenza <strong>di</strong> ogni lavoro matematico. Il valore formativo della Matematica<br />

sta proprio nello sviluppo <strong>di</strong> quelle procedure che l’alunno mette in atto quando fa Matematica.<br />

In sintesi è meglio una formula, un proce<strong>di</strong>mento o qualunque altro concetto matematico<br />

14 Enriques F.,1906, Sulla preparazione <strong>degli</strong> insegnanti <strong>di</strong> scienze, relazione tenuta al V Congresso <strong>degli</strong> insegnanti <strong>di</strong> scuole<br />

me<strong>di</strong>e.<br />

14


scoperto dagli stessi alunni dopo un percorso <strong>di</strong> sperimentazione, che una <strong>di</strong>mostrazione<br />

esaustiva del docente, appresa passivamente dagli alunni. Molti stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica della<br />

Matematica partono proprio da questa necessità fondamentale. Hans Freudenthal, ad esempio, ha<br />

affermato da sempre la necessità <strong>di</strong> un insegnamento della Matematica che si basasse sul lavoro<br />

<strong>di</strong> scoperta e <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong> chi apprende. A tale riguardo afferma: “Le conoscenze e le abilità,<br />

quando sono acquisite con l’attività personale, si <strong>di</strong>menticano meno facilmente e vengono<br />

utilizzate con maggiore facilità e prontezza <strong>di</strong> quelle che sono state imposte dagli altri. In<br />

secondo luogo, la scoperta può dare sod<strong>di</strong>sfazione, e quin<strong>di</strong> l’imparare con la reinvenzione può<br />

essere fondato sulle motivazioni personali. In terzo luogo questo atteggiamento incoraggia<br />

l’attività <strong>di</strong> esperimentare la Matematica come una attività umana.[...]. Guidare la reinvenzione<br />

significa trovare un delicato equilibrio tra libertà dell’inventare e la forza del guidare, tra il<br />

permettere al <strong>di</strong>scente <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertirsi e il chiedere <strong>di</strong> compiacere il docente. Inoltre la libertà <strong>di</strong><br />

scelta del <strong>di</strong>scente è sempre limitata dal 're' <strong>di</strong> 'reinvenzione'. Il <strong>di</strong>scente deve inventare qualcosa<br />

che per lui è nuovo, ma che è ben conosciuto da chi guida” 15 . “In questa prospettiva, il lavoro<br />

in<strong>di</strong>viduale, il lavoro a piccoli gruppi, il lavoro in grande gruppo, <strong>di</strong>ventano altrettante possibilità<br />

sulla tavolozza dell’insegnante. I giochi matematici, i laboratori, le osservazioni scientifiche, le<br />

curiosità dei bambini sono tutte opportunità per il lavoro matematico” 16 . A tale proposito si legge<br />

nelle “In<strong>di</strong>cazioni nazionali” che “la costruzione del pensiero matematico è un processo lungo e<br />

progressivo nel quale concetti, abilità, competenze e atteggiamenti vengono ritrovati, intrecciati,<br />

consolidati e sviluppati a più riprese; è un processo che comporta anche <strong>di</strong>fficoltà linguistiche e<br />

che richiede un’acquisizione graduale del linguaggio matematico”.<br />

I bambini, infatti, riescono a dare significato a un’informazione simbolicamente co<strong>di</strong>ficata, a<br />

deco<strong>di</strong>ficarla e trasformarla, solo se hanno costruito da soli, attraverso le loro schematizzazioni<br />

dell’esperienza, i significati impiegati in quel <strong>di</strong>scorso. Lo scambio comunicativo tra pari serve<br />

15 Freudenthal H., 1994, Ripensando l’educazione matematica. Lezioni tenute in Cina, Brescia, E<strong>di</strong>trice La Scuola.<br />

16 Bolon<strong>di</strong> G. ,2007, Apprendere facendo, in La vita scolastica n° 4, Firenze, Giunti Scuola.<br />

15


proprio a superare il problema dell’incomprensione della <strong>di</strong>fferenza tra oggetto matematico e sue<br />

rappresentazioni possibili. Ogni bambino per comunicare la propria matematica, dovrà scegliere<br />

delle rappresentazioni, rendendosi conto che non solo l’oggetto, ma anche la rappresentazione è<br />

necessaria per comunicare la Matematica. La Matematica, infatti, è legata ai simboli scritti che,<br />

in qualche modo, fanno parte della sua essenza, ma è anche vero che i simboli non sono nulla in<br />

assenza delle intuizioni percettive e manipolatorie che danno loro vita e significato. “Il<br />

linguaggio matematico, come tutti i linguaggi, è metaforico. Esso narra, attraverso un processo <strong>di</strong><br />

astrazione, la realtà. Tuttavia, sviluppatosi per la necessità <strong>di</strong> risultare sempre più efficace e<br />

preciso, ai non addetti ai lavori (bambini e i loro insegnanti) sembra lontano o ad<strong>di</strong>rittura avulso<br />

dalla realtà” 17 . Per i bambini che hanno la possibilità <strong>di</strong> sviluppare questa base intuitiva, la<br />

matematica <strong>di</strong>venta un territorio familiare e facile da percorrere, gli altri che sperimentano uno<br />

stile d’istruzione prevalentemente trasmissivo e formale, manifestano a breve o a me<strong>di</strong>o termine<br />

un rigetto <strong>degli</strong> schemi e <strong>degli</strong> strumenti matematici appresi. E’ fondamentale, dunque, che si<br />

crei un circolo virtuoso che dallo schema acquisito conduca al concetto e dal concetto a sua volta<br />

riporti al mondo sensibile e dell’immaginazione e vada anche oltre, verso l’invenzione <strong>di</strong> nuovi<br />

schemi. La comunicazione, dunque, rappresenta sia un obiettivo da raggiungere, in quanto<br />

componente fondamentale dell’appren<strong>di</strong>mento matematico, sia uno strumento efficace per<br />

superare la <strong>di</strong>cotomia tra concetto matematico e sue rappresentazioni, tra piano empirico e piano<br />

astratto e formale, tra realtà concreta e sistemi formalizzati <strong>di</strong> segni.<br />

I bambini devono, dunque, acquisire una padronanza orale e scritta del linguaggio matematico,<br />

così come conoscono l’italiano o un’altra lingua.<br />

Come promuovere l’acquisizione <strong>di</strong> questo linguaggio senza che scada in sterile terminologia?<br />

Questo interrogativo rappresenta la motivazione che mi ha spinto ad indagare sull’uso che i<br />

bambini fanno <strong>di</strong> uno strumento linguistico particolarmente fecondo nella promozione del<br />

17 Nazzaro P., Rappresentare lo spazio e il tempo: storie <strong>di</strong> principi e cavalieri, in Capire si può, 2005, a cura <strong>di</strong> Mazzoli P.,<br />

Firenze, Carocci Faber.<br />

16


pensiero astratto: il piano cartesiano. Nella <strong>di</strong>dattica tra<strong>di</strong>zionale il piano cartesiano compare per<br />

la prima volta nella scuola primaria in quarta/quinta, come strumento finale <strong>di</strong> rappresentazione<br />

<strong>di</strong> una qualche fenomenologia fisica, e così viene poi ripreso nella scuola secondaria <strong>di</strong> primo<br />

grado. Un tale approccio conduce ad una serie <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>tà che gli studenti si trascinano fino<br />

all’università sulle componenti pragmatiche e sintattiche <strong>di</strong> tale linguaggio iconico, come ad<br />

esempio il posizionamento dell’origine o la scelta dell’unità <strong>di</strong> misura, impedendo l’utilizzo<br />

dello stesso come strumento <strong>di</strong> pensiero. L’approccio che presento è del tutto alternativo e<br />

prevede un lungo percorso <strong>di</strong> acquisizione del piano cartesiano che ricalca il processo evolutivo<br />

<strong>di</strong> qualunque competenza linguistica. L’avvio è, infatti, molto precoce, già in seconda, ed in<br />

continuità con il <strong>di</strong>segno spontaneo dei bambini; prosegue poi in tutte le classi del ciclo,<br />

usandolo in <strong>di</strong>versi contesti e situazioni, con <strong>di</strong>verse attività e curando <strong>di</strong> volta in volta le <strong>di</strong>verse<br />

abilità incorporate in una competenza linguistica: produzione, lettura, interpretazione,<br />

correlazione con l’esperienza ed altre forme <strong>di</strong> rappresentazione e così via.<br />

17


1. ANALISI DEL CONTESTO<br />

CAPITOLO <strong>II</strong><br />

Dall’anno scolastico 2005/2006, al 6° I.C. “Fava- Gioia”, opera un gruppo <strong>di</strong> ricerca sulla<br />

<strong>di</strong>dattica della matematica, <strong>di</strong> cui faccio parte insieme all’insegnante Pasqualina Nazzaro.<br />

La classe in cui ho realizzato la sperimentazione è una quinta, composta da 20 bambini,<br />

eterogenea sia per estrazione sociale sia per capacità e livelli <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento. La loro<br />

insegnante <strong>di</strong> matematica, Pasqualina Nazzaro, nonché mia tutor in questo percorso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o,<br />

sperimentazione e ricerca, dal primo anno scolastico, ha iniziato con loro un percorso<br />

sperimentale sul pensiero proporzionale e sull’utilizzo del piano cartesiano, come strumento<br />

linguistico per rendere percettiva la relazione tra due variabili.<br />

Avverto l’esigenza <strong>di</strong> narrare, sebbene molto schematicamente, lo sfondo nel quale si colloca<br />

l’attività che è più specificamente oggetto <strong>di</strong> questa ricerca, perché penso che l’appren<strong>di</strong>mento si<br />

costruisca attraverso processi a lungo termine, determinati dalle interazioni complesse che si<br />

stabiliscono tra i molteplici percorsi ed esperienze vissute da ciascuno. Non è possibile<br />

considerare le attività che si propongono a scuola secondo una logica sequenziale che vede le<br />

attività separate una dall’altra, e consente <strong>di</strong> passare all’una dopo aver chiuso definitivamente<br />

con l’altra. La descrizione delle esperienze che hanno preceduto quella che io ho proposto ai<br />

bambini, mi serve a contestualizzare questo intervento. Ad esse, come vedremo <strong>di</strong> seguito, i<br />

bambini hanno fatto riferimento per capire la mia proposta.<br />

I primi approcci alla riflessione sulle relazioni tra variabili, sulla proporzionalità <strong>di</strong>retta e<br />

sull’utilizzo del piano cartesiano sono stati strutturati nelle attività sull’appetito, sulle candele e<br />

sulle piantine, ideate e proposte dal prof. Paolo Guidoni.<br />

Durante il primo anno scolastico, i bambini hanno realizzato l’esperienza delle candele che<br />

consisteva nel <strong>di</strong>segnare la storia del tempo e delle candele; più la candela si consumava, più<br />

18


tempo la maestra trascorreva con i suoi alunni. I bambini hanno osservato e sperimentato la<br />

relazione tra altezza della candela e durata della lezione della maestra Lina. “Quando la candela<br />

accesa si è consumata tutta, è passato molto tempo”. “ Più tempo la maestra è stata con noi, più<br />

la candela si è consumata”. “ Più la candela si consuma, meno cera c’è nella candela”.<br />

L’attività sull’appetito, invece, consisteva nel <strong>di</strong>segnare il proprio appetito dall’arrivo a scuola<br />

fino al suono della campanella; l’appetito aumentava in relazione al tempo trascorso. I bambini<br />

hanno scelto il <strong>di</strong>segno allegato qui sotto, tra tutti quelli realizzati, perché era quello più<br />

funzionale e schematico, e quin<strong>di</strong> rispettava maggiormente una delle caratteristiche del<br />

linguaggio matematico.<br />

Disegna il tuo appetito dal tuo arrivo a scuola al suono della campanella.<br />

Fig. 1. Il <strong>di</strong>segno rappresenta l’aumento dell’appetito in relazione al trascorrere del tempo (dalla mattina “mat” fino<br />

al suono della campanella “drin” ).<br />

Durante il secondo anno scolastico, i bambini hanno piantato dei semi e ne hanno seguito la<br />

crescita, registrandola attraverso <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> settimana in settimana. L’insegnante ha proposto tale<br />

attività perché i bambini cogliessero la relazione tra l’altezza delle piantine (crescita) e il<br />

trascorrere del tempo. Alcuni bambini nei loro <strong>di</strong>segni avevano tracciato una linea sotto le<br />

19


piantine per rappresentare il tavolo su cui era poggiata la propria piantina. L’insegnante ha<br />

utilizzato questa linea, raccontando ai bambini che le faceva venire in mente una modalità che<br />

usano i matematici per rappresentare delle esperienze, in cui delle cose si mo<strong>di</strong>ficano in<br />

relazione allo scorrere del tempo. L’insegnante ha quin<strong>di</strong> chiesto ai bambini se ritenevano valido<br />

questo strumento per rappresentare la loro esperienza e dopo una breve <strong>di</strong>scussione hanno dato il<br />

loro assenso. E’ stata quella la prima volta che i bambini hanno usato il piano cartesiano. Fino ad<br />

allora per raccontare e formalizzare la relazione tra due variabili, i bambini avevano utilizzato<br />

soltanto il <strong>di</strong>segno spontaneo, che rappresentava, comunque, oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione per<br />

verificarne oltre che l’efficacia ai fini comunicativi, anche l’adesione a quello che definirono<br />

“matematichese”.<br />

Questo approccio metodologico, infatti, considera il <strong>di</strong>segno una tappa significativa per poi<br />

giungere a rappresentazioni e schematizzazioni più formali, proprie del linguaggio matematico.<br />

L’insegnante inizia il confronto e la <strong>di</strong>scussione tra i bambini partendo proprio dall’analisi dei<br />

loro <strong>di</strong>segni e delle loro rappresentazioni.<br />

In terza, l’insegnante ha proposto la preparazione del pane. Ogni bambino ha preparato la sua<br />

pagnotta. All’esperienza è seguita la registrazione della stessa; l’insegnante ha chiesto ai bambini<br />

se era possibile, secondo loro, utilizzare il piano cartesiano per rappresentare la quantità <strong>di</strong> ogni<br />

ingre<strong>di</strong>ente in relazione al numero <strong>di</strong> pagnotte da preparare. I bambini hanno ritenuto fattibile la<br />

proposta dell’insegnante ed hanno realizzato <strong>di</strong>fferenti piani cartesiani per rappresentare la<br />

relazione tra i vari ingre<strong>di</strong>enti ed il numero delle pagnotte da preparare, ad esempio farina e<br />

numero <strong>di</strong> pagnotte. I bambini hanno riportato sui luci<strong>di</strong> le rappresentazioni legate ai <strong>di</strong>fferenti<br />

ingre<strong>di</strong>enti e l’insegnante ha sovrapposto i luci<strong>di</strong> per far intuire ai bambini che su un unico piano<br />

cartesiano potevano essere rappresentate <strong>di</strong>verse variabili; in questo caso tutte in relazione col<br />

numero <strong>di</strong> pagnotte da produrre. L’obiettivo era proprio quello <strong>di</strong> mostrare la possibilità <strong>di</strong><br />

pensare a forme rappresentative sempre più economiche ed efficaci per raccontare un’esperienza.<br />

20


Il che è stato generativo <strong>di</strong> altri interrogativi e <strong>di</strong> nuovi percorsi conoscitivi da intraprendere<br />

(cosa raccontano le <strong>di</strong>verse inclinazioni delle rette, l’utilizzo <strong>di</strong> unità <strong>di</strong> misura omogenee ed<br />

eterogenee, ma viene fuori sempre una retta?…).<br />

Un’altra attività, realizzata durante questo anno scolastico, che consisteva nell’utilizzo <strong>degli</strong><br />

schieramenti come rappresentazione della moltiplicazione, è quella del bambino “robottino” che<br />

eseguiva coman<strong>di</strong> finalizzati ad esperire la struttura moltiplicativa. Durante la <strong>di</strong>scussione<br />

seguita al confronto tra i vari schieramenti realizzati con l’utilizzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi materiali<br />

(stuzzicadenti, fagioli, bottoni, ecc.), una bambina ha notato l’analogia tra questa struttura<br />

bi<strong>di</strong>mensionale e il piano cartesiano. Di seguito ho riportato alcuni interventi significativi,<br />

estrapolati dalla <strong>di</strong>scussione avvenuta tra i bambini, sotto la guida dell’insegnante, al termine<br />

dell’attività <strong>di</strong> costruzione <strong>degli</strong> schieramenti. In essa è evidente che i bambini provano ad usare<br />

il nuovo oggetto <strong>di</strong> conoscenza (il piano cartesiano) in varie situazioni, per vedere se funziona e,<br />

man mano che ne fanno uso, ne scoprono, come in questo caso, la potenza.<br />

I bambini, dopo aver realizzato il proprio schieramento con vari oggetti e “marcato” con<br />

stuzzicadenti righe e colonne, hanno tolto dai fogli gli oggetti usati e hanno <strong>di</strong>scusso sulla<br />

<strong>di</strong>fferenza tra i <strong>di</strong>segni che riportano gli schieramenti con tutti gli oggetti e quelli in cui si vedono<br />

solo gli stuzzicadenti.<br />

Fig. 2. Schieramento realizzato con gli stuzzicadenti.<br />

21


Fig. 3. Disegno dello schieramento realizzato con gli stuzzicadenti.<br />

Bianca afferma: “Quelle stecche rappresentano un piano cartesiano. Come nel <strong>di</strong>segno <strong>di</strong><br />

Federica, tu puoi pensare <strong>di</strong> continuare con i pallini mettendo due pallini all’infinito, è proprio<br />

come il piano cartesiano che con le frecce continua all’infinito e il piano cartesiano è come una<br />

moltiplicazione”.<br />

Francesco aggiunge: “E’ come se…tu conti gli stuzzicadenti in orizzontale e poi quelli in<br />

verticale. Poi fai la somma <strong>di</strong> quei quadratini che dovrebbero stare in mezzo. Il primo<br />

(stuzzicadenti) in orizzontale e il primo in verticale, insieme, equivalgono a 1. Il secondo in<br />

orizzontale con il primo in verticale equivale a 2, il terzo orizzontale con l’1 verticale vale un<br />

altro, il quarto vale ancora un altro e così il quinto. Dopo passi al secondo in verticale, cioè alla<br />

seconda riga e si fa la stessa cosa”.<br />

L’insegnante <strong>di</strong>ce: “Francesco ha detto: “Poi conti quello che dovrebbe stare al centro. Nel<br />

suo caso sono regoli bianchi, nel caso <strong>di</strong> Federica sono fagioli, nel caso <strong>di</strong> Lorenzo sono chicchi<br />

22


<strong>di</strong> mais…nel <strong>di</strong>segno dove spariscono le cose al centro, le stecche hanno ancora un<br />

significato?”<br />

Gaetano risponde: “Potrebbe essere qualsiasi materiale al centro”.<br />

Marcello aggiunge: “ Non importa quello che usi, ma <strong>di</strong> quante volte usi quel certo tot <strong>di</strong> cose<br />

alla volta. Però deve essere sempre la stessa quantità”.<br />

Anita afferma: “Quando vedo una cosa come questa, posso pensare che ho sistemato qualsiasi<br />

cosa. Questo mi fa vedere la quantità e le volte mi fa pensare una moltiplicazione”.<br />

Lorenza commenta: “ Non vedo però che c’entra il piano cartesiano. Noi lo abbiamo usato per<br />

la farina e l’acqua per fare l’impasto!”<br />

Lorenzo: “ E’ come un modello. Tu vuoi fare un mobile e <strong>di</strong>segni la struttura e poi lo fai<br />

veramente”.<br />

Anita: “ E puoi utilizzare la struttura per costruirne tanti e <strong>di</strong>versi”.<br />

Lorenza: “ Io voglio capire perché Bianca ha parlato <strong>di</strong> piano cartesiano e ha detto che è come<br />

la moltiplicazione”.<br />

Novella: “ Perché se tu fai<br />

1 bicchiere <strong>di</strong> acqua 5 cucchiai <strong>di</strong> farina<br />

2 bicchieri d’acqua 10 cucchiai <strong>di</strong> farina<br />

3 bicchieri d’acqua 15 cucchiai <strong>di</strong> farina<br />

non è come una tabellina?”<br />

Lorenza scrive:<br />

X 5<br />

1 5<br />

2 10<br />

3 15<br />

4 20<br />

E poi <strong>di</strong>ce: “Allora sul piano cartesiano si possono mettere le tabelline”.<br />

23


Al termine delle attività, i bambini hanno concluso che sul piano cartesiano non sono<br />

rappresentate sempre le stesse variabili, ma possono essere rappresentate <strong>di</strong>fferenti variabili in<br />

relazione all’esperienza che vogliamo raccontare e rappresentare.<br />

In quarta, i bambini hanno fatto esperienza <strong>di</strong> soluzioni d’acqua e zucchero, chiedendosi come<br />

fare per rendere ugualmente dolce delle soluzioni formate con <strong>di</strong>verse quantità sia <strong>di</strong> acqua che<br />

<strong>di</strong> zucchero. Hanno realizzato, inoltre, dei giochi <strong>di</strong> movimento che in seguito hanno<br />

rappresentato sul piano cartesiano.<br />

Ciò che caratterizza queste attività, dalla prima alla quinta elementare, è l’importanza che si dà<br />

alla produzione e rappresentazione in<strong>di</strong>viduale e alla <strong>di</strong>scussione che scaturisce dal confronto tra<br />

queste <strong>di</strong>fferenti rappresentazioni, le quali assumono la valenza <strong>di</strong> comunicare nella maniera più<br />

efficace possibile il fenomeno che si sta osservando, tanto che questi bambini hanno<br />

incominciato a parlare e ad esprimersi, fin dalla seconda, in “matematichese”.<br />

2. LA SPERIMENTAZIONE IN CLASSE: LE LUMACHINE<br />

Le attività appena descritte, rappresentano contesti <strong>di</strong>versi tra loro, nei quali ricorre l’uso <strong>di</strong> un<br />

unico oggetto matematico per rappresentare esperienze <strong>di</strong>verse. Collegando e confrontando le<br />

<strong>di</strong>verse esperienze, i bambini hanno avuto modo <strong>di</strong> sperimentare un aspetto fondamentale dei<br />

modelli matematici: la loro adattabilità a descrivere una molteplicità <strong>di</strong> situazioni concrete. E’<br />

proprio in questa caratteristica che risiede la potenza <strong>di</strong> questi strumenti ed è questa che coglie<br />

Anita quando, riferendosi alla struttura bi<strong>di</strong>mensionale costruita con gli stuzzicadenti, <strong>di</strong>ce:<br />

“Quando vedo una cosa come questa, posso pensare che ho sistemato qualsiasi cosa. Questo<br />

non mi fa vedere i ceci, il mais, ma la quantità <strong>di</strong> cose alla volta e le volte, mi fa pensare alla<br />

moltiplicazione”.<br />

Bell’esempio <strong>di</strong> riflessione riguardo al passaggio dall’esperienza concreta all’astrazione.<br />

24


Alla luce delle attività realizzate in questa classe, ho pensato <strong>di</strong> progettare la mia<br />

sperimentazione sull’interpretazione <strong>di</strong> un grafico che rappresenta la relazione tra le variabili<br />

spazio e tempo.<br />

L’obiettivo è quello <strong>di</strong> capire se, bambini abituati a riflettere sulle esperienze e a formalizzarle<br />

con l’utilizzo del piano cartesiano, sappiano anche leggerlo e tradurre i grafici in esso riportati.<br />

Infatti, se il piano cartesiano è uno strumento linguistico, <strong>di</strong>verse sono le competenze da<br />

sviluppare, tra cui produrre e interpretare.<br />

La consegna è stata la seguente:<br />

Le protagoniste <strong>di</strong> questa storia sono due lumachine<br />

che si muovono su un muro verticale.<br />

1) Inventa la storia raccontata nel grafico.<br />

2) Rappresentala in tabella.<br />

Spazio<br />

11<br />

10<br />

9<br />

8<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

Fig. 4. Consegna.<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1112<br />

Tempo<br />

25


Nel proporre l’invenzione <strong>di</strong> storie, ho ritenuto già acquisite alcune conoscenze e competenze<br />

maturate negli anni precedenti, come ad esempio la necessità <strong>di</strong> riferirsi ad unità <strong>di</strong> misura per lo<br />

spazio e per il tempo. Ho potuto, infatti, constatare che i bambini hanno dato valori <strong>di</strong>versi<br />

all’unità <strong>di</strong> misura riportata sul piano, ma la cosa non ha sortito <strong>di</strong>fficoltà. Quando ho sollevato il<br />

problema mi hanno risposto così:<br />

Salvatore: “Io ho messo 1 minuto con 4 cm perché le lumache sono lente”.<br />

Bianca: “Certo, bisognava fare attenzione, perché i personaggi sono delle lumache, non<br />

potevano spostarsi alla velocità <strong>di</strong> un gatto per esempio”.<br />

Lorenza: “Ma la cosa che ci importa è che le due lumache hanno velocità <strong>di</strong>verse e perciò<br />

stanno facendo una gara”.<br />

Anita: “Oppure una è vecchia e l’altra è giovane”.<br />

Ins.: “E’ importante che l’unità <strong>di</strong> misura sia uguale per tutte e due le lumache”.<br />

Lorenza: “Sì, ma il grafico già ci <strong>di</strong>ce che è così perché (la relazione tra) i loro spostamenti e il<br />

tempo che impiegano è sullo stesso piano. Il piano mette le tacche per tutte e due”.<br />

Bianca: “Lorenza vuole <strong>di</strong>re che le unità <strong>di</strong> misura dello spazio e quelle del tempo sono le stesse<br />

per le due lumache. Forse ci saremmo dovuti mettere d’accordo prima su quanto doveva valere<br />

ogni tacca”.<br />

L’insegnante <strong>di</strong> classe mi ha poi detto che lo scorso anno i bambini hanno più volte affrontato il<br />

problema dell’unità <strong>di</strong> misura, perciò lo gestiscono bene.<br />

2.1 Le lumachine: 1° incontro<br />

Il primo incontro si è svolto in aula. L’aula è ampia e a terra ha delle mattonelle che si prestano<br />

ad eventuali sperimentazioni <strong>di</strong> spostamenti <strong>di</strong> cui i bambini potrebbero sentire l’esigenza.<br />

Ai bambini è stata data la possibilità <strong>di</strong> mimare i percorsi che il grafico poteva rappresentare,<br />

utilizzando gesso <strong>di</strong> vario colore, scotch colorato, gettoni per segnare le tappe, ma tutti hanno<br />

preferito produrre storie.<br />

26


Penso che, avendo giocato molto lo scorso anno su andature e percorsi <strong>di</strong>versi a varie velocità,<br />

abbiano trovato più stimolante impegnarsi nella produzione <strong>di</strong> storie, percepita come la reale<br />

novità e quin<strong>di</strong> come una nuova sfida in cui cimentarsi.<br />

Ogni bambino ha svolto la consegna in<strong>di</strong>vidualmente.<br />

Qui <strong>di</strong> seguito sono allegate la storia, il <strong>di</strong>segno e la rappresentazione in tabella <strong>di</strong> una bambina<br />

che ha dato una interpretazione molto interessante del grafico.<br />

Fig. 5. Storia e <strong>di</strong>segno.<br />

Fig. 6. Rappresentazione tabellare.<br />

27


Dopo quest’attività ho avuto un incontro con la mia tutor per esaminare i lavori svolti dai<br />

bambini.<br />

Durante l’analisi <strong>degli</strong> elaborati, ci siamo accorte che per alcuni bambini non era chiaro cosa<br />

in<strong>di</strong>cassero le rette: confondevano la velocità con il percorso. Una delle storie parla, infatti, <strong>di</strong><br />

due lumache <strong>di</strong> cui una più spericolata che “va più su sul muro”.<br />

Il problema incontrato da questi bambini è lo stesso che abbiamo affrontato noi durante la<br />

formazione. Molte insegnanti confondevano traiettoria e legge oraria. D’altra parte la<br />

formalizzazione non viene incontro a quanto si percepisce. Con il corpo vado in avanti, ma la<br />

linea del grafico non è verticale. Questo, però, aiuta a capire che la registrazione sul grafico tratta<br />

cose <strong>di</strong>verse dal semplice spostarsi in avanti, in<strong>di</strong>cando piuttosto quello che, vedremo in seguito,<br />

i bambini definiscono come “nuova unità <strong>di</strong> misura”, cioè un rapporto che tiene insieme due<br />

variabili: lo spazio e il tempo. L’esperienza vissuta a livello adulto con altre colleghe mi ha<br />

aiutato a capire la <strong>di</strong>fficoltà in cui si sono imbattuti questi bambini, però nonostante avessi<br />

affrontato l’argomento durante la formazione, e nonostante insieme alla tutor avessi previsto le<br />

linee guida del secondo incontro, ero un po’ spaventata. Non so a cosa attribuire il mio <strong>di</strong>sagio,<br />

se alla scarsa confidenza con questi bambini che mi rendeva <strong>di</strong>fficile prevederne le reazioni, o<br />

alla consapevolezza che per la prima volta affrontavo con dei bambini questioni relative alla<br />

formalizzazione della proporzionalità <strong>di</strong>retta. Alla fine sono stati i bambini stessi a togliermi<br />

dall’impaccio.<br />

Avevo pensato insieme alla tutor <strong>di</strong> proporre un’attività lu<strong>di</strong>ca affinché nascessero nuove<br />

riflessioni e confronti tali da promuovere sia una <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> concetti quali traiettoria e legge<br />

oraria, problema ben noto alla ricerca, sia la consapevolezza della <strong>di</strong>fferenza tra le<br />

rappresentazioni <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>versi concetti.<br />

28


2.2 Le lumachine: 2° incontro<br />

Si è svolto in aula. Banchi accostati al muro, bambini seduti in un grande cerchio. L’esigenza <strong>di</strong><br />

risolvere una <strong>di</strong>fficoltà incontrata da alcuni è stata, per <strong>di</strong>rla con Dewey, il fattore guida del<br />

processo <strong>di</strong> riflessione. “La natura del problema fissa il fine del pensiero e il fine controlla il<br />

processo del pensiero” 18 . Il gruppo-classe è <strong>di</strong>ventato un contesto operativo. L’agire e il pensare<br />

insieme ha trasformato “una situazione in cui si è fatta esperienza <strong>di</strong> un’oscurità, un dubbio, un<br />

conflitto, in una situazione chiara, coerente, risolta, armoniosa” 19 .<br />

Alla lavagna ho <strong>di</strong>segnato un piano con una retta passante per l’origine. L’ascissa in<strong>di</strong>ca il<br />

tempo, l’or<strong>di</strong>nata lo spazio. Dopo aver stabilito come unità <strong>di</strong> misura spaziale le mattonelle<br />

dell’aula e come unità <strong>di</strong> misura temporale un ritmo battuto con le mani, ho chiamato uno dei<br />

bambini che nel primo incontro aveva scritto una storia che interpretava correttamente il grafico<br />

e lo ho invitato ad eseguire un percorso che teneva conto delle in<strong>di</strong>cazioni del grafico <strong>di</strong>segnato<br />

alla lavagna. Il bambino ha fatto una passeggiata in avanti attento a non variare la velocità. Ho<br />

chiesto agli altri bambini se pensavano che il compagno avesse fatto bene ed una bambina ha<br />

detto: “No, perché è andato in avanti, là invece si va in <strong>di</strong>agonale”.<br />

A questo punto è iniziata una <strong>di</strong>scussione, su cui è utile riflettere.<br />

Anita: “Pia si è imbrogliata perché non ha letto che là c’è spazio e tempo”.<br />

Anita pensa che la <strong>di</strong>fficoltà della compagna stia in una <strong>di</strong>strazione.<br />

Pia: “Là…ma dove?”<br />

Anita: “Sul piano, ve<strong>di</strong>? Alla lavagna”.<br />

La perplessità <strong>di</strong> Pia rende chiaro a tutti i bambini che l’errore non è <strong>di</strong> cattiva lettura, cercano <strong>di</strong><br />

aiutarla con i ricor<strong>di</strong>.<br />

Lorenza: “Pia ti ricor<strong>di</strong> quando facevamo i giri e sul piano c’era sempre la linea retta?”<br />

18 Dewey J.,(1961), Come pensiamo. Una riformulazione del rapporto tra pensiero riflessivo e l’educazione, (trad. it.) La Nuova<br />

Italia, Firenze, p. 175.<br />

19 Ibidem, p.175.<br />

29


Pia torna alla mattonella punto <strong>di</strong> partenza ma si blocca e ha lo sguardo perplesso <strong>di</strong> chi non sa<br />

dove posizionarsi, manifestando una <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> tipo cognitivo. Un’altra bambina Bianca<br />

suggerisce: “Maestra possiamo fare un gioco?”<br />

Ins.: “Quale?”<br />

Bianca si alza, si avvicina a Pia e le <strong>di</strong>ce: “Ora noi passeggiamo, mentre gli altri battono le<br />

mani”.<br />

Sembra che Bianca percepisca chiaramente come il blocco fisico e la confusione <strong>di</strong> Pia possono<br />

essere superati con il coinvolgimento del corpo ed ha ragione. La sua richiesta risveglia in Pia<br />

dei ricor<strong>di</strong> e la bambina, questa volta, più sicura esclama: “Ah sì, ho capito, loro battono le mani<br />

e noi ci muoviamo sentendo un tempo”.<br />

Bianca: “…e la maestra segna quello che facciamo”.<br />

Cominciano, ma Pia per guardare i pie<strong>di</strong> e ascoltare il battito delle mani non guarda il grafico<br />

alla lavagna. Interviene Lorenza: “Guarda Pia avete fatto un passo con una battuta <strong>di</strong> mano,<br />

ve<strong>di</strong> dove è stato segnato?”<br />

Ins.: “Dove è stato segnato cosa?”<br />

Lorenza: “Il punto che in<strong>di</strong>ca insieme la mattonella percorsa e la battuta <strong>di</strong> mano”.<br />

Per aiutare Pia e altri a superare le loro <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> interpretazione e per <strong>di</strong>vertirsi, i bambini si<br />

sono avvicendati nei giochi <strong>di</strong> movimento, passando da questi alla registrazione e viceversa.<br />

Vincenzino: “Se fai due passi avanti e li registri così<br />

Fig. 7. Rappresentazione sul piano cartesiano delle due coor<strong>di</strong>nate spaziali (ad ogni freccia corrisponde un<br />

passo).<br />

30


… è come se stessi <strong>di</strong>segnando il pavimento, ma non lo puoi fare se sugli assi hai spazio e<br />

tempo, lo fai solo se c’è spazio e spazio”.<br />

Pia rivolta all’insegnante <strong>di</strong>ce: “Vincenzino mi ha fatto capire. Tu segni quello che faccio mentre<br />

loro battono il tempo. Allora fai incontrare con i puntini la mattonella dove metto il piede e il<br />

tempo delle battute delle mani”.<br />

Ho chiesto: “Ma si incontrano mattonelle e battute <strong>di</strong> mano?” Pia mi ha risposto: “No, è il<br />

segno, il pallino che sta sulla linea che significa due cose insieme, la mattonella e la battuta <strong>di</strong><br />

mano”.<br />

Nei loro interventi i bambini riconoscono al corpo la sua saggezza. Questo mi ha fatto riflettere:<br />

spesso noi insegnanti richie<strong>di</strong>amo ai bambini <strong>di</strong> limitare la propria espressione allo spazio del<br />

banco e del quaderno. Di fronte agli “errori” li correggiamo e spieghiamo perché si fa in un<br />

modo piuttosto che in un altro. Ma pensiamo veramente così <strong>di</strong> aver risolto un problema<br />

concettuale o semplicemente impe<strong>di</strong>amo ai blocchi fisici <strong>di</strong> manifestarsi e <strong>di</strong> in<strong>di</strong>carci con<br />

chiarezza le <strong>di</strong>fficoltà concettuali ad essi connessi?<br />

Quel giorno abbiamo variato l’unità <strong>di</strong> misura temporale, abbiamo effettuato percorsi circolari e<br />

su linee spezzate. Alla fine i bambini hanno recuperato saperi legati ad esperienze passate e, non<br />

solo si sono convinti che il piano non è il muro, che il percorso non coincide con la retta del<br />

piano cartesiano, ma anche che la retta rappresenta la relazione tra lo spazio percorso ed il tempo<br />

impiegato a percorrerlo. Ins.: “Allora, se io <strong>di</strong>cessi che queste due lumachine si stanno<br />

muovendo lungo un muro verticale...” Lorenzo: “No, perché altrimenti dovrebbe esserci spazio<br />

e spazio”.<br />

31


2.3 Le lumachine: 3° incontro<br />

La nostra intenzione era quella <strong>di</strong> proseguire l’attività avviando una riflessione e una <strong>di</strong>scussione,<br />

come avevamo progettato, sulla relazione tra la legge oraria (ovvero lo spazio percorso in<br />

funzione del tempo impiegato a percorrerlo) e la traiettoria percorsa da ogni lumachina. I bambini<br />

però hanno cambiato <strong>di</strong>rezione al percorso. Innanzitutto, a partire dalla lettura del grafico, hanno<br />

avviato <strong>di</strong>scussioni sulle operazioni aritmetiche più appropriate per descrivere questa relazione;<br />

inoltre hanno dato maggiore rilievo alla relazione tra le due rette e al significato della loro<br />

“compresenza” , come a <strong>di</strong>re “ se sono insieme, qualche cosa deve pur significare”.<br />

Lorenza:“ … in questo grafico si vede la velocità <strong>di</strong> una lumachina rispetto all’altra. Non solo<br />

il percorso in quanto tempo (vuole intendere <strong>di</strong> ciascuna lumaca), io sto mettendo in relazione<br />

spazio e tempo e sto vedendo anche la velocità <strong>di</strong> una lumaca rispetto all’altra”.<br />

E ancora Lorenza più avanti riba<strong>di</strong>sce: “La moltiplicazione c’entra perché la lumachina rossa<br />

fa in un’ora un metro, allora se non ci fosse l’altra retta, ci potremmo porre la domanda…in due<br />

ore quanti metri fa?In tre ore? Quin<strong>di</strong> un poco moltiplico”.<br />

E Francesco:“La lumaca che va più veloce impiega la metà del tempo per questo <strong>di</strong>viso due, 2<br />

centimetri in 1 minuto, invece, l’altra fa 2 centimetri in 2 minuti”.<br />

Antonio: “La lumaca percorre 1 centimetro, mentre l’altra lumaca in 1 minuto percorre 1<br />

centimetro”.<br />

E’ interessante notare come sia io che l’insegnante, prese dall’argomento “operazione adatta<br />

a…”, ci siamo lasciate sfuggire questi importanti interventi che andavano nel verso della nostra<br />

ricerca. Questo ci fa riflettere sul valore delle registrazioni au<strong>di</strong>o, strumento fondamentale in<br />

questo tipo <strong>di</strong> approccio. Esse sono utilissime per valutare l’attività e i percorsi in<strong>di</strong>viduali e<br />

della classe e si rivelano un valido aiuto per la ricerca e per orientare la <strong>di</strong>dattica. Piaget riferiva<br />

solo a bambini piccoli l’incapacità <strong>di</strong> prestare attenzione alle cose che si <strong>di</strong>cono, a quanto pare<br />

non è così. Anche negli adulti, il filo del proprio pensiero fa da filtro e seleziona solo alcuni<br />

32


interventi, quelli che vanno nel verso delle proprie aspettative. L’insegnante che registra e<br />

ascolta gli interventi <strong>di</strong> incontri che le sembrano cruciali può accorgersi <strong>di</strong> interventi importanti<br />

cui ha dato poco o nessun peso e tornarci su insieme ai bambini, leggendoli, commentandoli e<br />

chiedendo ulteriori informazioni.<br />

Gli interventi <strong>di</strong> Lorenza, <strong>di</strong> Francesco e <strong>di</strong> Antonio avvalorano la nostra tesi, i bambini posti <strong>di</strong><br />

fronte al grafico e, dando per scontato che le due rette in<strong>di</strong>cavano la velocità, hanno rivolto la<br />

loro attenzione proprio sulle due velocità <strong>di</strong>verse. Inoltre hanno usato il piano come oggetto utile<br />

a confrontarsi sulla logica delle operazioni. A partire dalla lettura del grafico hanno avviato,<br />

infatti, <strong>di</strong>scussioni riguardo alle operazioni aritmetiche più appropriate per parlare <strong>di</strong> questa<br />

relazione, come si può evincere anche dagli stralci della registrazione au<strong>di</strong>o qui <strong>di</strong> seguito<br />

allegati, intervallati da interventi che approfon<strong>di</strong>scono altri aspetti, ma che per altre vie<br />

riconducono allo stesso <strong>di</strong>scorso.<br />

Ins.: Perché hai detto spazio 'unnn' tempo fanno velocità, che cosa significa unnn?Che cosa ti<br />

sei mangiato?”<br />

Lorenzo: “ Il più”.<br />

Ins.: “Spazio più tempo. Però ci sembra strano. Perché?”<br />

Novella: “Per me può essere anche spazio più tempo, però come si fa a sommare spazio più<br />

tempo, cioè un centimetro più un minuto, quanto fa?”<br />

Bianca: “Secondo me, un certo tempo si <strong>di</strong>vide in un certo numero e la lumachina percorre uno<br />

spazio nel tempo che ha <strong>di</strong>viso”.<br />

Lorenzo: “Secondo me, tu <strong>di</strong>vi<strong>di</strong> lo spazio che percorre la lumachina e poi guar<strong>di</strong> il tempo che<br />

ci ha impiegato per fare quello spazio e così <strong>di</strong>vi<strong>di</strong> pure il tempo per avere anche lo spazio”.<br />

Ins.: “Se considero un’ora e <strong>di</strong>co che una macchina in un’ora fa 60 chilometri, in mezz’ora farà<br />

30 chilometri. Che cosa sto facendo?<br />

Lorenza: “Sta salendo a galla anche la moltiplicazione”.<br />

33


Salvatore: “Secondo me, è la moltiplicazione, perché moltiplichiamo lo spazio nel tempo”.<br />

Lorenza:“La moltiplicazione c’entra perché la lumachina rossa fa in un’ora un metro, allora<br />

se non ci fosse l’altra retta, ci potremmo porre la domanda…in due ore quanti metri fa?In tre<br />

ore? Quin<strong>di</strong> un poco moltiplico. Però <strong>di</strong>co che anche la <strong>di</strong>visione è giusta perché questo spazio<br />

si <strong>di</strong>vide in questo tempo…”<br />

Marcello: “Se io <strong>di</strong>co, ad esempio, che in 7 minuti questa lumachina ha percorso 7 centimetri,<br />

posso sapere in un minuto quanti centimetri ha percorso?”<br />

Lorenzo: “1”.<br />

Ins.: “Quale operazione faccio?”<br />

Pia: “ La tabellina dell’1 al contrario”.<br />

Antonio: “ Cioè il <strong>di</strong>viso”.<br />

Francesco: “La lumaca che va più veloce impiega la metà del tempo per questo <strong>di</strong>viso due, 2<br />

centimetri in 1 minuto, invece, l’altra fa 2 centimetri in 2 minuti”.<br />

Ins.: “Che cosa è <strong>di</strong>viso per 2?”<br />

Francesco: “Il tempo, perché lo spazio non cambia. Il tempo è <strong>di</strong>viso perché una ci impiega la<br />

metà del tempo, l’altra il doppio”.<br />

Ins.: “Una ci impiega rispetto all’altra la metà del tempo. Quanti secon<strong>di</strong> sono 5 minuti?”<br />

Anita: “300 secon<strong>di</strong>”.<br />

Ins. : “Scriviamo 300 secon<strong>di</strong> invece <strong>di</strong> 5 minuti. Guar<strong>di</strong>amo cosa ci <strong>di</strong>ce il grafico: in 300<br />

secon<strong>di</strong> quanto spazio percorre? Come vogliamo chiamarla questa…?”<br />

Tutti: “Relazione”.<br />

Ins.: “Guar<strong>di</strong>amo questa relazione, qua è 30 secon<strong>di</strong> e qua…?”<br />

Anita: “E’ un centimetro”.<br />

Ins.: “Qua sono 300 secon<strong>di</strong>, e qua…?”<br />

Lorenza: “10 centimetri”.<br />

34


Ins.: “Allora che cosa vedete? Che cosa possiamo ricavare da queste informazioni? Se faccio<br />

3000 secon<strong>di</strong>…”<br />

Marcello: “Stai facendo la moltiplicazione, stai aggiungendo gli zeri. Mettere in relazione<br />

<strong>di</strong>videre e moltiplicare in questo caso sono la stessa cosa”.<br />

Ins.: “In questo caso sono la stessa cosa e cioè…”.<br />

Lorenza: “Sono la stessa cosa, il rapporto deve essere uguale all’unità <strong>di</strong> misura”.<br />

Ins.: “Che significa rapporto uguale all’unità <strong>di</strong> misura?”<br />

Vincenzo: “Il rapporto <strong>di</strong> uno del tempo è uguale al rapporto <strong>di</strong> uno dello spazio”.<br />

Maria: “La relazione non deve essere per forza tra spazio e tempo, anche negli anni scorsi<br />

abbiamo fatto con acqua e zucchero o anche per fare i panini, mettevamo 3 pizzichi <strong>di</strong> sale e un<br />

bicchiere d’acqua”.<br />

Ins.: “Che cosa significa?”<br />

Bianca: “Per ogni bicchiere tre pizzichi <strong>di</strong> sale, perciò serve la moltiplicazione”.<br />

Ins.: “Scrivo quello che ha detto Bianca,<br />

Poi, a rimarcare quanto <strong>di</strong>ce, l’insegnante alza la voce e molto lentamente <strong>di</strong>ce<br />

: “per ogni… 1 bicchiere 3 pizzichi <strong>di</strong> sale, 2 bicchieri 6 pizzichi <strong>di</strong> sale, 3 bicchieri…”.<br />

Lorenza: “Per questo <strong>di</strong>cevo l’unità <strong>di</strong> misura, in questo caso è il 3”.<br />

Ins.: “Il rapporto posso scriverlo così 1/3 oppure 1:3, è la stessa cosa?”<br />

Tutti: “Sì”.<br />

Ins: “Se io qua ci metto 12, quale sarà l’altro numero?”<br />

Salvatore: “4”.<br />

Ins.: “Come hai fatto ad ottenere questo 4?”<br />

Salvatore: “Ho fatto 12 <strong>di</strong>viso 3”.<br />

Ins.: “Non riesco a capire perché <strong>di</strong>ci unità <strong>di</strong> misura”.<br />

Lorenza: “L’unità <strong>di</strong> misura è un campione, è uguale per tutti”.<br />

35


Ins.: “Qual è in questo caso il campione?”<br />

Lorenza: “il 3, 1 a 3. Per 3 o <strong>di</strong>viso 3. Se consideriamo il tempo dobbiamo fare per 10, se<br />

consideriamo lo spazio dobbiamo fare <strong>di</strong>viso 10”.<br />

Maria: “Mi viene in mente quel <strong>di</strong>segno che abbiamo fatto in terza, la <strong>di</strong>visione è l’operazione<br />

inversa della moltiplicazione”.<br />

Salvatore: “Io ho detto 4 perché ho fatto la moltiplicazione, 4 per 3 fa 12”.<br />

Lorenza: “Ogni numero deve essere <strong>di</strong>viso sempre per 3; 12 <strong>di</strong>viso 3 è 4; 9 <strong>di</strong>viso 3 è 3;<br />

15 <strong>di</strong>viso 3 è 5 e così via”.<br />

Ins.: “Per spiegarci se c’entra la <strong>di</strong>visione o la moltiplicazione, ci sono stati vari interventi; uno<br />

che mi sembra fondamentale è quello <strong>di</strong> Maria e <strong>di</strong> Bianca. Loro <strong>di</strong>cono che la <strong>di</strong>visione è<br />

l’inverso della moltiplicazione, Lorenza poi ha detto che in alcuni casi dobbiamo moltiplicare, in<br />

altri dobbiamo <strong>di</strong>videre. Se io <strong>di</strong>co che per ogni bicchiere d’acqua, metto tre pizzichi <strong>di</strong> sale, è<br />

chiaro che se <strong>di</strong>co per 2 bicchieri, dato che l’1 nel 2 ci sta 2 volte, anche <strong>di</strong> qua devo fare 2 volte<br />

il sale per mantenere la stessa relazione. Che vi pare? Infine l’intervento <strong>di</strong> Lorenza ha posto<br />

l’attenzione sull’unità <strong>di</strong> misura o campione su cui rifletteremo un’altra volta”.<br />

Mi ha sorpreso questo assecondare le vie che i bambini hanno scelto <strong>di</strong> percorrere, rinviando le<br />

attività che avevamo programmato.<br />

Di questo ho <strong>di</strong>scusso a lungo con l’insegnante. Lina ha detto che non è sempre così. Spesso,<br />

quando intravede il rischio che le strade si allontanino molto dall’obiettivo, invita i bambini a<br />

scrivere su foglietti le loro curiosità rimaste inesplorate. I foglietti vengono affissi su un<br />

cartellone ad una parete dell’aula come “cose su cui riflettere”.<br />

Questa volta mi ha consigliato <strong>di</strong> proseguire nella <strong>di</strong>scussione, perché cogliere le operazioni<br />

aritmetiche appropriate a calcolare rapporti significa approfon<strong>di</strong>re la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> inventare<br />

variabili che siano il rapporto <strong>di</strong> quantità non omogenee e definire meglio il pensiero<br />

36


proporzionale. Quando <strong>di</strong>co ci vuole la moltiplicazione o la <strong>di</strong>visione cosa sto guardando? Se mi<br />

interessa il rapporto tra una variabile e l’altra quale / i operazione/i devo usare?<br />

I bambini si chiedono perché per confrontare spazio e tempo bisogna fare proprio una <strong>di</strong>visione<br />

se si vuole trovare la costante, quella che Lorenza definisce “campione” o “unità <strong>di</strong> misura della<br />

relazione”.<br />

A tale riguardo P. Guidoni afferma che “ posse<strong>di</strong>amo solo due mo<strong>di</strong> per confrontare tra <strong>di</strong> loro<br />

due elementi <strong>di</strong> realtà rappresentati da due opportune variabili: la <strong>di</strong>fferenza tra variabili ( rese<br />

semanticamente omogenee) e il rapporto tra queste variabili. La necessità del confronto porta a<br />

scegliere il sistema formale “adatto” alla situazione” (faccio spazio più tempo o spazio <strong>di</strong>viso<br />

tempo? Si chiedono i bambini). Proprio attraverso la <strong>di</strong>scriminazione qualitativa e quantitativa<br />

dei confronti, secondo <strong>di</strong>fferenza e secondo rapporto, si stabilizzano cognitivamente le strutture<br />

operatorie e formali “ad<strong>di</strong>tiva” e “moltiplicativa” 20 .<br />

Il mio intervento in questa classe termina qui per ragioni <strong>di</strong> tempo. Il percorso dei bambini so<br />

che continuerà con un’esperienza <strong>di</strong> moto attraverso l’uso <strong>di</strong> sensori e l’insegnante ha intenzione<br />

<strong>di</strong> proporre attività <strong>di</strong> comparazione tra variabili durante le quali mettere a fuoco la <strong>di</strong>versità tra<br />

il confronto per <strong>di</strong>fferenza e quello per rapporto.<br />

2.4 I meto<strong>di</strong><br />

Ho scelto <strong>di</strong> comunicare l’esperienza in classe raccontandola e cercando <strong>di</strong> riferirmi il più<br />

possibile alle “fonti”, citandole ampiamente.<br />

Ho scelto il racconto perché mi sembra il metodo più aderente all’intento della sperimentazione,<br />

cioè quello <strong>di</strong> osservare se i bambini utilizzano determinate modalità cognitive per affrontare e<br />

20 Guidoni P., “ Ripensando il pensiero proporzionale: riflessioni per la progettazione <strong>di</strong>dattica” in Capire si può, 2005, a cura<br />

<strong>di</strong> Mazzoli P., Firenze, Carocci Faber.<br />

37


isolvere i problemi, quali conoscenze i bambini hanno fatto proprie e quale uso fanno delle<br />

conoscenze acquisite.<br />

Narrare come sostiene Feyerabend è la cosa più sincera che si possa fare 21 . Inoltre, per quanto le<br />

esperienze siano irripetibili, il loro racconto può suggerire vie che altrimenti non riusciremmo a<br />

vedere, porta alla luce alcuni no<strong>di</strong> problematici fondamentali, rende evidente come si possono<br />

presentare tali no<strong>di</strong> e come si possono affrontare. L’idea è quella <strong>di</strong> permettere al lettore <strong>di</strong> farsi<br />

un’idea abbastanza precisa dell’esperienza, per valutare se le nostre deduzioni o le nostre scelte<br />

convincono oppure no.<br />

Nella realizzazione della sperimentazione in classe ho dato molto rilievo alla creazione <strong>di</strong> un<br />

proficuo setting educativo, inteso come contesto in cui avviene il processo <strong>di</strong> co-costruzione dei<br />

significati attraverso il confronto e la <strong>di</strong>scussione tra bambini, e all’utilizzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse tecniche<br />

metodologiche quali il mimare, la rappresentazione grafica che <strong>di</strong>venta oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione tra<br />

adulti e bambini, l’uso <strong>di</strong> “oggetti culturali” che i bambini hanno fatto propri nel corso delle<br />

proprie esperienze.<br />

Per la progettazione <strong>di</strong> una efficace azione educativa, sono convinta, come ho espresso anche nel<br />

capitolo precedente, che è necessario partire dal sistema <strong>di</strong> saperi cognitivi e non cognitivi, che il<br />

soggetto possiede e attraverso cui interpreta la realtà. I saperi non cognitivi sono identificabili in<br />

quelli percettivi, emotivi, fantastici, che rappresentano il tramite <strong>di</strong>retto ed imme<strong>di</strong>ato con la<br />

realtà.<br />

Alla luce delle teorie <strong>di</strong> riferimento esposte nei precedenti paragrafi, ho cercato <strong>di</strong> creare un<br />

contesto <strong>di</strong> partecipazione e costruzione <strong>di</strong> significati con<strong>di</strong>visi per la realizzazione delle attività<br />

progettate, seguendo l’approccio vygotskijano.<br />

21 Feyerabend P.K.,1993, Dialogo sul metodo, Bari, Laterza, pp.128-130.<br />

38


Con Doise, Mugny e Perret-Clermont 22 considero il ‘conflitto socio-cognitivo’, cioè il confronto<br />

<strong>di</strong> centrazioni opposte, come elemento che favorisce lo sviluppo cognitivo, stimola un forte<br />

interesse alla ricerca, alla comprensione e all’affinamento dei meccanismi che supportano i<br />

progressi constatati nel caso <strong>di</strong> interazioni sociali” 23 . Come ho potuto “toccare con mano”<br />

durante la ricerca-azione realizzata, in particolare durante la <strong>di</strong>scussione, i conflitti socio-<br />

cognitivi risultano positivi, in quanto designano una <strong>di</strong>namica interattiva che richiede ai soggetti<br />

un impegno attivo in un confronto cognitivo, generatore <strong>di</strong> opposti e <strong>di</strong>vergenti punti <strong>di</strong> vista. E’<br />

una fonte sociale e cognitiva <strong>di</strong> <strong>di</strong>sequilibrio che si traduce in due mo<strong>di</strong>:<br />

- interin<strong>di</strong>viduale, attraverso le <strong>di</strong>vergenze <strong>di</strong> risposta tra soggetti:<br />

Bianca: “ Secondo me, si vede il percorso perché una lumachina fa un metro in un minuto,<br />

mentre l’altra fa 2 metri in 1 minuto, quin<strong>di</strong> è un percorso”.<br />

Lorenzo: “Secondo me, quella in<strong>di</strong>ca lo spazio che percorre e quanto tempo impiega a<br />

percorrerlo, quin<strong>di</strong> è il tempo. Il tempo è quanto ci impiega a percorrere lo spazio, però lo<br />

spazio non ci fa vedere il percorso, ci fa vedere solo lo spazio che percorre”.<br />

- intrain<strong>di</strong>viduale, quando il soggetto è portato a dubitare della sua risposta per l’esistenza <strong>di</strong> una<br />

risposta concorrente:<br />

Anita: “Secondo me, anche quante volte si fermano, perché il tempo passa ma lo spazio si<br />

ferma”.<br />

Lorenzo: “Non sono d’accordo con la fermata, perché altrimenti il grafico dovrebbe presentare<br />

una linea orizzontale all’ascissa”.<br />

Anita: “Io detto così perché ogni tanto sono segnati dei punti sul grafico”.<br />

In altri termini, ha luogo un “ pensare insieme” che non corrisponde esattamente al pensare <strong>di</strong><br />

qualcuno e che ancora non si ritrova in quello: il fenomeno della co-costruzione del<br />

22 Doise W., Mugny G., Perret-Clermont A. N.,1975, Social interaction and the development of cognitive operations, in<br />

European journal of social psychology, n° 5, pp.367-383.<br />

23 Monteil J. M.,1989, Educare e formare – Prospettive psico-sociali, Bologna, Il Mulino, p.147.<br />

39


agionamento 24 . Ciò implica una forte con<strong>di</strong>visione dell’oggetto del <strong>di</strong>scorso da parte <strong>degli</strong><br />

interlocutori. Per poter realizzare questa con<strong>di</strong>visione, pur avendo dato ai bambini la possibilità<br />

<strong>di</strong> confrontarsi, abbiamo previsto un compito in<strong>di</strong>viduale. Durante la <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> gruppo ogni<br />

bambino cerca <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere la propria produzione e quin<strong>di</strong> il proprio percorso mentale. La<br />

con<strong>di</strong>visione si evidenzia anche nel modo in cui i soggetti si <strong>di</strong>spongono intorno al compito<br />

(come si evince dalle Figure 8 e 9).<br />

Fig. 8. Sperimentazione in classe: all’inizio della <strong>di</strong>scussione tutti i bambini sono seduti al loro posto in cerchio.<br />

24 Pontecorvo C., Ajello A. M., Zucchermaglio C., 1993, Discutendo s’impara. Interazione sociale e conoscenza a scuola,<br />

Firenze, La Nuova Italia,p.79.<br />

40


Fig. 9. Alla fine della <strong>di</strong>scussione i bambini si avvicinano al foglio su cui si <strong>di</strong>scute, formando una cupola.<br />

Il loro modo <strong>di</strong> “fare gruppo” evidenzia la crescita dell’interesse e della con<strong>di</strong>visione.<br />

Queste due foto rendono l’idea della crescita dell’interesse e della con<strong>di</strong>visione. All’inizio della<br />

<strong>di</strong>scussione tutti i bambini erano seduti al loro posto in cerchio, verso la fine tutti i bambini si<br />

sono avvicinati al foglio su cui si <strong>di</strong>scuteva. La foto non mostra i bambini in pie<strong>di</strong> <strong>di</strong>etro ai<br />

bambini accovacciati; chi era presente poteva avvertire una forte tensione del gruppo impegnato<br />

a capire.<br />

L’interesse comune per la ricerca della soluzione alla situazione problematica o della risposta<br />

agli interrogati posti dall’insegnante, è il collante che tiene insieme e guida i bambini nel<br />

percorso euristico e <strong>di</strong> riflessione. L’interazione con gli altri fornisce l’energia a questo processo<br />

e il confronto con il gruppo apre nuove prospettive <strong>di</strong> interpretazione, nuovi orizzonti <strong>di</strong> senso,<br />

che superano le modalità <strong>di</strong> pensiero in<strong>di</strong>viduali ed anche le eventuali i<strong>di</strong>osincrasie per un sapere<br />

preconfezionato.<br />

I principali strumenti adoperati durante la sperimentazione sono stati il confronto e il <strong>di</strong>alogo tra<br />

i bambini del gruppo-classe, strutturato come una “comunità <strong>di</strong> ricerca”, <strong>di</strong> sperimentazione e<br />

41


acquisizione <strong>di</strong> una pluralità <strong>di</strong> strategie cognitive, sia a livello collettivo che in<strong>di</strong>viduale. Proprio<br />

per favorire la <strong>di</strong>scussione ed il confronto, ho <strong>di</strong>sposto i bambini in cerchio, come<br />

precedentemente accennato, ed ho messo a terra la scheda con la consegna, oggetto della<br />

<strong>di</strong>scussione (Figura 10).<br />

Ho dato inizio alla <strong>di</strong>scussione, ponendo alcuni interrogativi ai bambini. A turno ogni bambino<br />

ha chiesto la parola ed ha espresso liberamente le proprie idee, ascoltando attentamente anche gli<br />

interventi fatti in precedenza dai propri compagni. Ogni bambino ha avuto la possibilità <strong>di</strong><br />

raccontare il lavoro realizzato, argomentare e giustificare il proprio punto <strong>di</strong> vista e riflettere<br />

sulle proprie modalità <strong>di</strong> pensiero nel confronto costruttivo con gli altri.<br />

Fig. 10. Foglio con la consegna, oggetto della <strong>di</strong>scussione.<br />

I miei interventi sono stati finalizzati a mantenere la <strong>di</strong>rezionalità del processo in rapporto<br />

all’evolversi del percorso euristico collettivo che scaturiva naturalmente dal confronto <strong>di</strong>alettico<br />

tra i bambini.<br />

Ins.: Innanzitutto è chiaro a tutti <strong>di</strong> che cosa stiamo parlando?Delle due lumachine che<br />

compiono un percorso; Vincenzino, su questo grafico si vede il percorso che le lumachine fanno<br />

o si vede altro?<br />

Mi sono trasformata, dunque, in un “ facilitatore” del processo, una presenza <strong>di</strong>screta e non<br />

autoritaria ed il gruppo-classe è <strong>di</strong>ventato una vera e propria comunità <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso e <strong>di</strong> parlanti<br />

attraverso attività <strong>di</strong> ragionamento collaborativo. Si è superato lo schema tra<strong>di</strong>zionale lezione-<br />

42


interrogazione - verifica per lasciare spazio allo scambio-confronto attraverso cui si è realizzato<br />

il potenziale per l’appren<strong>di</strong>mento. La <strong>di</strong>scussione, infatti, è lo strumento più votato alla<br />

costruzione <strong>di</strong> una conoscenza critica e in una classe, strutturata come una comunità <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso,<br />

il sapere è generato e giustificato nella pratica argomentativa. “Insegnare ed imparare in un<br />

forum non significa solo cambiare posto, ma rivedere completamente tutto il progetto<br />

educativo 25 .<br />

Fig. 11. Durante la <strong>di</strong>scussione a turno ogni bambino ha la possibilità <strong>di</strong> raccontare il lavoro realizzato, argomentare<br />

e giustificare il proprio punto <strong>di</strong> vista.<br />

Il gruppo è il luogo in cui ci si scontra con la <strong>di</strong>fficoltà ad entrare nel pensiero <strong>degli</strong> altri bambini<br />

attraverso il linguaggio, ma nello stesso tempo si è accolti e aiutati a tirar fuori i propri pensieri,<br />

perché è anche un contesto accogliente, affettivo e protettivo. Proprio durante la fase della<br />

<strong>di</strong>scussione, ho potuto osservare queste <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> mutuo aiuto e <strong>di</strong> collaborazione reciproca.<br />

Alcuni bambini hanno aiutato e sostenuto una compagna che non riusciva ad esprimere il suo<br />

pensiero. Attraverso il confronto e lo scambio comunicativo con i compagni, alla fine è riuscita a<br />

comunicare chiaramente il suo punto <strong>di</strong> vista.<br />

25 Santi M., La pratica sociale del sapere: l’argomentazione come strumento e contesto <strong>di</strong> critica e crescita della conoscenza, in<br />

Orefice P. ( a cura <strong>di</strong>),1997, Formazione e processo formativo. Ipotesi interpretative, Milano, Franco Angeli, p.101.<br />

43


Un’altra bambina, come si vede nella Figura 12, ha annotato quello che il suo compagno stava<br />

<strong>di</strong>cendo ed ha inserito i dati in una tabella per illustrare meglio il punto <strong>di</strong> vista del compagno, un<br />

vero e proprio processo <strong>di</strong> co-costruzione della conoscenza.<br />

Fig. 12. Durante la <strong>di</strong>scussione una bambina inserisce i dati in una tabella per illustrare meglio il punto <strong>di</strong> vista<br />

del compagno, un vero e proprio processo <strong>di</strong> co-costruzione della conoscenza.<br />

Al termine della <strong>di</strong>scussione, i bambini si sono avvicinati a me e alla mia tutor, formando una<br />

cupola attorno alla consegna, ed insieme abbiamo riflettuto sui contenuti emersi durante il<br />

<strong>di</strong>battito.<br />

L’insegnante, dunque, non sparisce, ma sparisce la sua ossessione cognitiva <strong>di</strong>retta, la sua<br />

pretesa <strong>di</strong> insegnare, cioè <strong>di</strong> imprimere nella mente dei bambini le strutture ed i concetti<br />

matematici. L’insegnante è il garante della sospensione del giu<strong>di</strong>zio che può liberare le energie,<br />

il regista che fa agire; la sua attitu<strong>di</strong>ne fondamentale è l’ascolto, come accettazione<br />

dell’imprevisto e dell’inatteso e come <strong>di</strong>sposizione a non chiudere nessuna possibilità che si<br />

presenta 26 .<br />

26 Le Bohec P.,1995, Il testo libero <strong>di</strong> matematica, Firenze, La Nuova Italia.<br />

44


2.5 Analisi e valutazione dei risultati<br />

Per l’analisi e la valutazione dei risultati ho fatto riferimento alle registrazioni au<strong>di</strong>o <strong>degli</strong><br />

incontri svolti con i bambini. La <strong>di</strong>scussione, infatti, ha avuto un ruolo primario in questa<br />

ricerca-azione proprio per l’approccio metodologico scelto e per motivi esposti nei capitoli<br />

precedenti.<br />

Le mie considerazioni sono state già riportate nei paragrafi precedenti. Un’osservazione<br />

aggiuntiva che ritengo importante sottolineare è la seguente: durante la sperimentazione è stato<br />

sorprendente scoprire che non è vero che i bambini più bravi riescono sempre, mentre quelli<br />

meno bravi non riescono quasi mai, come avviene <strong>di</strong> solito quando si seguono determinati<br />

percorsi <strong>di</strong>dattici tra<strong>di</strong>zionali, strutturati su gerarchie valutative obsolete, che tendono a<br />

standar<strong>di</strong>zzare e stereotipare determinati stili cognitivi come i migliori e a marginalizzare quelli<br />

che si <strong>di</strong>scostano dalla cosiddetta “ normalità”, sia in senso positivo che negativo. E’ accaduto,<br />

infatti, che una bambina considerata non particolarmente brava, sia riuscita a interpretare<br />

correttamente il grafico rappresentato sul piano cartesiano, mentre alcuni dei bambini considerati<br />

“bravi” hanno incontrato delle <strong>di</strong>fficoltà. Questo approccio metodologico, infatti, dà molta<br />

importanza a quello che <strong>di</strong>cono e comunicano i bambini, al loro pensiero e alla loro<br />

interpretazione. Nell’insegnamento tra<strong>di</strong>zionale le conquiste dei bambini vengono previste e<br />

progettate in maniera lineare, seguendo lo schema: spiegazione, esercitazione e verifica; se<br />

l’obiettivo è stato raggiunto dalla maggior parte dei bambini, si procede alla spiegazione <strong>di</strong> un<br />

nuovo argomento. Questa metodologia, invece, dà molta più importanza al processo piuttosto<br />

che al prodotto. Ogni bambino nel rispetto dei suoi tempi <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento raggiunge i propri<br />

traguar<strong>di</strong>. Una volta che l’esperienza si è conclusa, non è scontato pensare che i bambini abbiano<br />

fatto propria una certa competenza; si dà, invece, per scontato che i bambini si siano esercitati ed<br />

allenati a pensare e ad esplicitare il proprio pensiero, a confrontarlo con quello <strong>degli</strong> altri e a<br />

utilizzare linguaggi sempre più vicini a quelli formali. Per questo una schematizzazione, un<br />

45


grafico o qualsiasi rappresentazione formale non gli sembrerà lontana dall’esperienza vissuta,<br />

perché gli strumenti non vengono trasmessi tout court ma vengono scoperti con gradualità, nel<br />

rispetto della zona <strong>di</strong> sviluppo prossimale <strong>di</strong> ogni bambino, per <strong>di</strong>rla con Vygotskij, superando<br />

così il gap esistente tra il piano formale e l’esperienza vissuta.<br />

L’approccio metodologico – <strong>di</strong>dattico utilizzato favorisce, altresì, un appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> tipo<br />

reticolare. Il bambino <strong>di</strong>venta “costruttore” 27 delle sue conoscenze, come lo definisce Loris<br />

Malaguzzi, capace <strong>di</strong> rappresentare le sue conoscenze con i suoi linguaggi; un bambino reale,<br />

con una soggettività ricca <strong>di</strong> emozioni, <strong>di</strong> vissuti, <strong>di</strong> impreve<strong>di</strong>bilità; un bambino che si impegna<br />

e che impegna l’adulto nella sua continua richiesta <strong>di</strong> attenzione per le sue idee e per i suoi<br />

percorsi conoscitivi. I concetti e le idee <strong>di</strong> ogni bambino sono interconnessi con quelle <strong>degli</strong> altri<br />

bambini, ma nel rispetto dell’in<strong>di</strong>vidualità <strong>di</strong> ogni bambino, il quale ha la possibilità <strong>di</strong> seguire il<br />

suo stile <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento. Il bambino non procede secondo una sequenza <strong>di</strong> contenuti che<br />

vanno dal più semplice al più complesso ma seguendo uno schema <strong>di</strong> esplorazione reticolare che<br />

nasce dalla sua curiosità e dal suo stile cognitivo. Durante il <strong>di</strong>battito ogni bambino ha seguito il<br />

suo percorso mentale, che rivedeva e metteva in <strong>di</strong>scussione alla luce del confronto con gli altri.<br />

Purtroppo non sono riuscita a cogliere le intuizioni <strong>di</strong> tutti i bambini, a seguirli e a supportarli nei<br />

loro percorsi mentali, a causa della mia inesperienza metodologica e della scarsa padronanza<br />

<strong>di</strong>sciplinare.<br />

Un tale approccio offre la possibilità <strong>di</strong> riflettere sui propri processi <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, cioè <strong>di</strong><br />

imparare ad apprendere, ad indagare, a porre domande, non solo a contenere informazioni e<br />

conoscenze trasmesse dall’insegnante. Un appren<strong>di</strong>mento orientato alla ricerca, che valorizza<br />

l’errore, il dubbio e l’ipotesi <strong>di</strong> tutti i bambini, le modalità processuali del pensiero più che i suoi<br />

prodotti, come afferma J. Dewey.<br />

27 Edwards C., Gan<strong>di</strong>ni L., Forman G., 1995, I cento linguaggi dei bambini, E<strong>di</strong>zioni Junior.<br />

46


Anche la valutazione è attenta al processo non al prodotto, alla qualità <strong>degli</strong> interventi dei<br />

bambini durante la <strong>di</strong>scussione, alla loro capacità <strong>di</strong> far ricorso alle esperienze passate per dare<br />

senso e significato a quelle che stanno vivendo. Non è una valutazione basata sulla verifica dei<br />

livelli <strong>di</strong> competenza acquisiti o sul raggiungimento <strong>di</strong> obiettivi predefiniti ma sulla rivisitazione<br />

dell’esperienza, volta a esaminare quanto realmente i bambini sono stati protagonisti del<br />

percorso euristico collettivo e quanto sono riusciti a farlo proprio.<br />

Accogliere tale intenzionalità pedagogica, sottintende da parte dell’insegnante, la capacità <strong>di</strong><br />

ascoltare ciò che la circonda, <strong>di</strong> tollerare la frustrazione dell’insicurezza, <strong>di</strong> mettersi in<br />

<strong>di</strong>scussione abbandonando la certezza <strong>di</strong> percorsi “confezionati a priori”.<br />

47


CONCLUSIONI<br />

La ricerca - azione condotta è stata un’esperienza significativa per tutti, adulti e bambini.<br />

I bambini hanno sperimentato il gusto e la passione per l’esplorazione, per la <strong>di</strong>scussione, per la<br />

scoperta e si sono confrontati con le esigenze <strong>di</strong> coerenza interna del sapere matematico,<br />

“toccando con mano” l’utilità <strong>di</strong> tale coerenza nel momento in cui si cercano <strong>di</strong> interpretare delle<br />

situazioni problematiche. Il valore formativo del sapere matematico, infatti, non risiede solo<br />

nelle conoscenze in sé, quanto piuttosto nel lavoro fatto per conquistare queste conoscenze.<br />

Per quanto riguarda noi adulti, insieme abbiamo costruito delle ipotesi <strong>di</strong> partenza e scelto alcuni<br />

obiettivi da sperimentare, dando una <strong>di</strong>rezione iniziale alla ricerca- azione, che è stata mo<strong>di</strong>ficata<br />

in itinere per andare incontro alle esigenze <strong>di</strong> conoscenza e <strong>di</strong> comprensione dei bambini. La<br />

realizzazione <strong>di</strong> questa ricerca-azione mi ha dato la possibilità <strong>di</strong> sperimentare un approccio<br />

<strong>di</strong>dattico - metodologico alternativo a quello che <strong>di</strong> solito utilizzo con i miei alunni, <strong>di</strong> mettere in<br />

pratica le conoscenze <strong>di</strong>sciplinari acquisite durante il master, <strong>di</strong> continuare a confrontarmi con<br />

docenti esperti e ricercatori soprattutto a livello <strong>di</strong>sciplinare per destrutturare, mettere alla prova<br />

e rafforzare le basi del mio sapere matematico. Durante questa esperienza, ho provato insieme ai<br />

bambini “il piacere della scoperta”, che vorrei tener vivo trovando sempre una modalità <strong>di</strong>versa e<br />

coinvolgente <strong>di</strong> “fare matematica”.<br />

E’ fondamentale, infatti, come è stato evidenziato anche durante il master, acquisire maggiore<br />

intenzionalità e professionalità <strong>di</strong>dattica che si esprime nello strutturare percorsi metodologici,<br />

strategie e procedure, nell’organizzazione significativa delle attività e dei contesti <strong>di</strong><br />

appren<strong>di</strong>mento/insegnamento e nella scelta dei comportamenti cognitivi e socio-affettivi idonei a<br />

progettare un curricolo integrato come guida all’azione formativa, ponendo maggiore attenzione<br />

alla promozione della capacità <strong>di</strong> “apprendere ad apprendere”, come costruzione e<br />

partecipazione critica e consapevole alla propria e altrui conoscenza e ad una riqualifica incisiva<br />

48


dell’emozionalità, elemento imprescin<strong>di</strong>bile <strong>di</strong> ciascun processo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento/insegna-<br />

mento.<br />

La realizzazione <strong>di</strong> un tale curricolo scolastico, però, non richiede soltanto una padronanza<br />

<strong>di</strong>dattico-metodologico, ma soprattutto un’ampia padronanza <strong>di</strong>sciplinare, nello specifico quella<br />

matematica. Durante la sperimentazione, infatti, mi sono messa in gioco insieme ai bambini, ho<br />

guidato il loro percorso esplorativo, assecondando l’estensione dell’interesse e la curiosità <strong>di</strong><br />

ogni bambino. Per <strong>di</strong>rla con Hawkins, ho sperimentato il ruolo dell’insegnante “<strong>di</strong>agnostico” e<br />

“provve<strong>di</strong>tore”. Il lavoro ideale <strong>di</strong> un bravo insegnante, infatti, implica due aspetti<br />

inseparabilmente combinati: “quello <strong>di</strong> fare la <strong>di</strong>agnosi e quello <strong>di</strong> provvedere conformemente<br />

alle in<strong>di</strong>cazioni della sua <strong>di</strong>agnosi. Come <strong>di</strong>agnostico, l’insegnante cerca <strong>di</strong> raffigurare nella<br />

propria mente lo stato e la traiettoria temporanei <strong>di</strong> un’altra mente; come ‘provve<strong>di</strong>tore’, cerca<br />

poi <strong>di</strong> intensificare (non <strong>di</strong> sostituire) le risorse <strong>di</strong> quella mente, attingendo alla propria scorta <strong>di</strong><br />

conoscenza e <strong>di</strong> abilità” 28 .Un insegnante-<strong>di</strong>agnostico deve riuscire ad immaginare sia la<br />

domanda sia la risposta del bambino, perché nessuna delle due da sola sarà sufficiente per<br />

definire la traiettoria del pensiero e deve essere anche capace <strong>di</strong> anticipare qualcosa <strong>di</strong> quello che<br />

il bambino potrebbe incontrate durante il percorso esplorativo.<br />

La frequenza <strong>di</strong> questo master mi ha permesso <strong>di</strong> acquisire una maggiore e migliore padronanza<br />

del sapere <strong>di</strong>sciplinare, <strong>di</strong>dattico e metacognitivo, <strong>di</strong>fferenti tra <strong>di</strong> loro ma strettamente interrelati<br />

nella prassi scolastica e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> avvicinarmi all’idea <strong>di</strong> insegnante “<strong>di</strong>agnostico” e<br />

“provve<strong>di</strong>tore” <strong>di</strong> Hawkins, ma la strada da percorrere è ancora lunga.<br />

Alla luce della ricerca-azione realizzata e del percorso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o intrapreso, sono ancora più<br />

convinta che un tale approccio metodologico-<strong>di</strong>dattico supporta lo sviluppo della creatività del<br />

bambino, come consapevolezza delle proprie possibilità e come progressiva capacità <strong>di</strong><br />

autonoma valutazione dell’uso delle conoscenze sul piano personale e sociale. Ogni bambino<br />

28 Hawkins D.,1979, Imparare a vedere, Torino, Loescher E<strong>di</strong>tore, p. 136.<br />

49


non è soltanto titolare del <strong>di</strong>ritto all’appren<strong>di</strong>mento, ma collabora in maniera significativa alla<br />

riuscita del proprio appren<strong>di</strong>mento inteso come sapere, saper fare e saper essere.<br />

La scuola <strong>di</strong>venta così un vero “laboratorio culturale”, in cui l’alunno “appren<strong>di</strong>sta” impara l’arte<br />

dell’appren<strong>di</strong>mento, come ricerca <strong>di</strong> competenze e <strong>di</strong> partecipazione al processo <strong>di</strong> auto-<br />

costruzione <strong>di</strong> conoscenze, incontro tra fondamenti culturali posseduti e capacità <strong>di</strong> tradurli in<br />

operatività.<br />

A mio avviso, questo modus operan<strong>di</strong> dovrebbe entrare a far parte in maniera istituzionale dei<br />

curricoli scolastici e della prassi educativa per giungere ad un reale e completo appren<strong>di</strong>mento<br />

della Matematica.<br />

Questa è la proposta curricolare <strong>di</strong> una scuola che è al passo con i tempi e che si pone nella<br />

prospettiva della formazione continua, come “lifelong learning”.<br />

Se si riesce ad accettare questa prospettiva, cambia completamente il modo <strong>di</strong> pensare la scuola,<br />

non solo perché si mettono in circolo le emozioni, anche le nostre (quelle dei docenti), ma anche<br />

perché iniziamo a pensare a come pensano gli alunni.<br />

50


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Vygotskij L. S.,1990, Pensiero e linguaggio, (trad. it.), Bari, Laterza.<br />

51


Registrazione au<strong>di</strong>o integrale del 3° incontro<br />

ALLEGATO 1<br />

Ho allegato la registrazione au<strong>di</strong>o integrale del 3° incontro per evidenziare il mio cambiamento<br />

metodologico-<strong>di</strong>dattico alla luce del percorso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o intrapreso e della ricerca-azione<br />

realizzata.<br />

Durante gli incontri della ricerca-azione sono intervenuta nella <strong>di</strong>scussione soltanto per<br />

mantenere la <strong>di</strong>rezionalità del processo <strong>di</strong> co-costruzione della conoscenza, che scaturiva<br />

naturalmente dal confronto <strong>di</strong>alettico tra i bambini, <strong>di</strong>versamente da quello che <strong>di</strong> solito faccio<br />

nelle mie classi, seguendo un approccio metodologico-<strong>di</strong>dattico tra<strong>di</strong>zionale basato sullo schema<br />

spiegazione, esercitazione e verifica e su un modello a scala piuttosto che ad albero per <strong>di</strong>rla con<br />

Hawkins.<br />

Mi ha sorpreso molto l’assecondare i percorsi mentali dei bambini, senza la preoccupazione e<br />

l’ansia <strong>di</strong> realizzare le attività programmate e <strong>di</strong> costringere i bambini a ritornare sul sentiero già<br />

tracciato (come <strong>di</strong> solito faccio in classe).<br />

Dunque non ho cambiato soltanto posto, ma ho rivisto completamente il mio modus operan<strong>di</strong>.<br />

1 -Ins.: “Parliamo dell’attività delle lumachine. Partiamo da<br />

questo: quasi tutti hanno detto che questo grafico<br />

rappresenta le lumachine che percorrono due velocità<br />

<strong>di</strong>verse; chi <strong>di</strong> voi mi sa <strong>di</strong>re, invece, perché questo grafico<br />

non rappresenta il percorso che le lumachine fanno?”<br />

COMMENTO<br />

Seguendo l’approccio<br />

metodologico tra<strong>di</strong>zionale,<br />

avrei iniziato la lezione con<br />

la spiegazione della legge<br />

oraria, facendo <strong>di</strong>versi<br />

esempi alla lavagna.<br />

Non avrei proposto i giochi<br />

<strong>di</strong> movimento per chiarire la<br />

<strong>di</strong>fferenza tra traiettoria e<br />

legge oraria, limitando<br />

l’espressione dei bambini<br />

allo spazio del banco e del<br />

quaderno o al massimo della<br />

lavagna.<br />

52


2 -Lorenzo: “Perché altrimenti dovrebbe essere spazio e<br />

spazio”.<br />

3 -Ins.: “Allora, se io <strong>di</strong>cessi che queste due lumachine si<br />

stanno muovendo lungo un muro verticale...”<br />

4 -Lorenzo: “Maestra, dovrebbe essere spazio e spazio,<br />

perché vanno prima a destra, poi ancora a destra…”<br />

5 -Ins.: Innanzitutto è chiaro a tutti <strong>di</strong> che cosa stiamo<br />

parlando? Delle due lumachine che compiono un percorso;<br />

Vincenzino, su questo grafico si vede il percorso che le<br />

lumachine fanno o si vede altro?<br />

6 -Vincenzo: “ Si vede pure altro, infatti, in due minuti la<br />

lumachina fa due metri”.<br />

7 -Ins.: “Vincenzino ha detto che si vede anche altro, questo<br />

altro mi fa supporre che si vede la velocità ma anche il<br />

percorso che fanno, cioè lo spazio”.<br />

8 -Lorenzo: “ Sì, lo spazio! Non da solo!”<br />

9 -Bianca: “ Secondo me, si vede il percorso perché una<br />

lumachina fa un metro in un minuto, mentre l’altra fa 2<br />

metri in 1 minuto, quin<strong>di</strong> è un percorso”.<br />

10 -Lorenzo: “Secondo me, quella in<strong>di</strong>ca lo spazio che<br />

percorre e quanto tempo impiega a percorrerlo, quin<strong>di</strong> è il<br />

L’insegnante mi ha detto che<br />

i bambini hanno già<br />

esperienza <strong>di</strong> moto e la<br />

relativa rappresentazione sul<br />

piano. Qualcuno ricorda<br />

bene, altri meno. Il mio<br />

intervento, al contrario <strong>di</strong><br />

quello che faccio <strong>di</strong> solito<br />

nelle mie classi, è finalizzato<br />

ad aggirare l’indottrinamento<br />

e portare le intelligenze a<br />

confrontarsi, non limitandosi<br />

a ricordare.<br />

Un’altra novità metodologica<br />

che ho potuto sperimentare<br />

durante questa ricerca-azione<br />

è l’utilizzo del registratore<br />

durante gli incontri. L’analisi<br />

della registrazione au<strong>di</strong>o è<br />

uno strumento prezioso per<br />

comprendere i percorsi<br />

mentali <strong>di</strong> ogni bambino e<br />

coglierne i significati<br />

impliciti.<br />

Ad esempio, Bianca usa<br />

impropriamente il termine<br />

percorso; in realtà esprime<br />

un rapporto.<br />

La confusione è colta da<br />

Lorenzo che cerca <strong>di</strong><br />

53


tempo. Il tempo è quanto ci impiega a percorrere lo spazio,<br />

però lo spazio non ci fa vedere il percorso, ci fa vedere<br />

solo lo spazio che percorre”.<br />

11 -Lorenza: “ Quin<strong>di</strong> maestra, ad<strong>di</strong>zionando in qualche<br />

modo spazio e tempo si vede anche la velocità”.<br />

12 -Francesco: “ Se ad<strong>di</strong>ziono spazio e tempo ho la<br />

velocità”?<br />

chiarire.<br />

“Ad<strong>di</strong>zionando” sta per<br />

“rapportando”, ma l’errore<br />

linguistico – concettuale<br />

risulta essere una miniera<br />

d’oro. Consente <strong>di</strong> aprire una<br />

<strong>di</strong>scussione circa la struttura<br />

ad<strong>di</strong>tiva, moltiplicativa e la<br />

proporzione.<br />

13 -Ins.: “ Cosa significa ad<strong>di</strong>zionando in qualche modo?” Con questa domanda apro la<br />

strada ad una conversazione,<br />

interpretando l’errore come<br />

errare tra le conoscenze.<br />

Seguendo l’approccio<br />

metodologico tra<strong>di</strong>zionale,<br />

avrei subito corretto Lorenza<br />

senza dare una giusta<br />

interpretazione al suo<br />

pensiero e dando la risposta<br />

esatta. Avrei corretto gli<br />

errori, credendo <strong>di</strong> aver<br />

risolto il problema<br />

concettuale<br />

spiegazione.<br />

con un’altra<br />

14 -Lorenza: “ Cioè mettendo in relazione”.<br />

15 -Ins .: “Francesco ti ha chiesto se spazio più tempo fa<br />

velocità”.<br />

16 -Lorenza: “ Non esattamente, perché in questo grafico<br />

si vede la velocità <strong>di</strong> una lumachina rispetto all’altra.<br />

Non solo il percorso in quanto tempo, io sto mettendo in<br />

relazione spazio e tempo e sto vedendo anche la velocità”.<br />

La risposta <strong>di</strong> Lorenza è<br />

ancora poco chiara, perciò<br />

riba<strong>di</strong>sco la perplessità <strong>di</strong><br />

Francesco.<br />

Lorenza vuole <strong>di</strong>re che il<br />

grafico non riporta solo la<br />

velocità <strong>di</strong> una lumachina (la<br />

relazione spazio e tempo) ma<br />

confronta anche le due<br />

<strong>di</strong>verse velocità.<br />

La cosa è molto interessante<br />

ma, in quel contesto, è<br />

sfuggita sia a me che<br />

54


17 -Bianca: “ Abbiamo fatto il piano cartesiano proprio per<br />

relazionare lo spazio al tempo”.<br />

18 -Lorenza: “Relazionando spazio e tempo ci viene, non<br />

so se è giusto, la velocità; il percorso è la prima cosa che si<br />

vede, se stai più attenta si vede anche in quanto tempo lo<br />

percorre, non solo il tempo ma anche la velocità”.<br />

19 -Lorenzo: “Allora hai detto la stessa cosa <strong>di</strong> Francesco,<br />

spazio 'unnn' tempo fanno velocità”.<br />

20 -Ins.: “Perché hai detto spazio 'unnn' tempo fanno<br />

velocità, che cosa significa unnn?Che cosa ti sei mangiato?”<br />

21 -Lorenzo: “ Il più”.<br />

22 -Ins.: “Spazio più tempo. Però ci sembra strano.<br />

Perché?”<br />

23 -Lorenzo: “ Sì, perché non sono numeri. Allora <strong>di</strong>viso.<br />

Spazio <strong>di</strong>viso tempo”.<br />

24 -Ins. : “Perché <strong>di</strong>ci <strong>di</strong>viso?<br />

25 -Lorenzo: “Mia sorella mi ha detto che si fa la<br />

<strong>di</strong>visione”.<br />

all’insegnante <strong>di</strong> classe<br />

perché eravamo concentrate<br />

sul problema<br />

dell’operazione.<br />

L’intervento testimonia la<br />

consapevolezza dell’uso del<br />

piano per evidenziare una<br />

relazione tra variabili.<br />

L’intervento <strong>di</strong> Lorenzo<br />

sembrava che avesse chiarito<br />

la <strong>di</strong>fferenza tra percorso e<br />

rapporto spazio/tempo, ma<br />

forse non è così. Voglio,<br />

inoltre, accertare il senso che<br />

si attribuisce a mettere in<br />

rapporto o relazionare che le<br />

bambine stanno usando.<br />

Lorenzo non usa ad<strong>di</strong>zionare<br />

e nemmeno rapporto o<br />

relazione, ma un’espressione<br />

che sollecita un<br />

approfon<strong>di</strong>mento. Seguendo<br />

l’approccio tra<strong>di</strong>zionale avrei<br />

suggerito a Lorenzo la parola<br />

mancante, senza indurlo a<br />

riflettere.<br />

26 -Vincenzo: “Forse ha ragione”. Avrei potuto chiedere perché<br />

Vincenzo pensa che la<br />

sorella <strong>di</strong> Lorenzo abbia<br />

ragione.<br />

55


27 -Novella: “Per me può essere anche spazio più tempo,<br />

però come si fa a sommare spazio più tempo, cioè un<br />

centimetro più un minuto, quanto fa?”<br />

28 -Lorenzo: “Mi sembra più strano con il più, che con il<br />

<strong>di</strong>viso”.<br />

29 -Bianca: “Secondo me, Lorenzo vuole <strong>di</strong>re che un<br />

certo tempo si <strong>di</strong>vide in un certo numero e la lumachina<br />

percorre uno spazio nel tempo che ha <strong>di</strong>viso”.<br />

30 -Lorenzo: “Secondo me, ho detto <strong>di</strong>viso perché tu <strong>di</strong>vi<strong>di</strong><br />

lo spazio che percorre la lumachina e poi guar<strong>di</strong> il tempo<br />

che ci ha impiegato per fare quello spazio e poi <strong>di</strong>vi<strong>di</strong><br />

pure il tempo per avere anche lo spazio”.<br />

31 -Ins.: “Lorenzo sta <strong>di</strong>cendo che per considerare lo spazio<br />

che ha percorso in un certo tempo posso <strong>di</strong>videre il tempo,<br />

ossia considerarlo a pezzetti e per ogni pezzetto ci metto una<br />

tacca. Viceversa considerando le tacche che segnano il<br />

tempo, guardando il grafico, posso sapere quanto spazio ha<br />

percorso. Ho capito bene Lorenzo? Questo stai <strong>di</strong>cendo?”<br />

32 -Lorenzo: “Sì”.<br />

33 -Francesco: “Ma come è possibile?”<br />

34 -Ins.: “Francesco, se considero un’ora e <strong>di</strong>co che una<br />

macchina in un’ora fa 60 chilometri, in mezz’ora farà 30<br />

chilometri. Che cosa sto facendo? Ad esempio, per<br />

arrivare a Salerno so che sono più o meno 60 chilometri e<br />

<strong>di</strong>co che voglio percorrere in un’ora 60 chilometri, in 2 ore<br />

120 chilometri e così via”.<br />

L’intervento <strong>di</strong> Novella può<br />

aiutare a riflettere.<br />

La struttura ad<strong>di</strong>tiva<br />

funziona con variabili rese<br />

semanticamente omogenee.<br />

Cosa non possibile con<br />

spazio e tempo.<br />

Senza l’aiuto della mia tutor,<br />

avrei sottovalutato<br />

l’intervento <strong>di</strong> Novella.<br />

Anche qua avrei potuto<br />

chiedere dove Lorenzo<br />

coglie la stranezza, ma avevo<br />

paura <strong>di</strong> essere troppo<br />

invadente. L’ins. mi aveva<br />

raccomandato <strong>di</strong> non<br />

intervenire troppo spesso e<br />

soprattutto <strong>di</strong> non dare<br />

imbeccate.<br />

In questo intervento è<br />

evidente l’uso del pensiero<br />

proporzionale.<br />

35 -Lorenza: “Sta salendo a galla anche la La metafora del “salire a<br />

galla” rende chiaro un<br />

56


moltiplicazione”. metodo d’indagine e <strong>di</strong><br />

acquisizione delle<br />

conoscenze che Lorenza ha<br />

fatto proprio: le conoscenze<br />

emergono dal confronto sulle<br />

esperienze.<br />

L’intervento <strong>di</strong> Lorenza mi<br />

ha dato la possibilità <strong>di</strong><br />

“toccare con mano” la<br />

vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> questa modalità <strong>di</strong><br />

appren<strong>di</strong>mento.<br />

36 -Salvatore: “Secondo me, è la moltiplicazione, perché<br />

moltiplichiamo lo spazio nel tempo, per esempio se<br />

percorre in mezz’ora 50 metri, negli ultimi minuti fa<br />

60”.<br />

37 -Ins.: “Cioè vuoi <strong>di</strong>re, se in mezz’ora fa 50 metri, in<br />

un’ora fa 100 metri, è questo quello che vuoi <strong>di</strong>re?”<br />

38 -Salvatore: “ Sì”.<br />

39 -Marcello: “Secondo me, quelle due rette mettono in<br />

relazione un certo spazio e un tot <strong>di</strong> tempo, cioè in quanto<br />

tempo la lumaca percorre un tot <strong>di</strong> centimetri”.<br />

40 -Lorenza: “La moltiplicazione c’entra perché la<br />

lumachina rossa fa in un’ora un metro, allora se non ci<br />

fosse l’altra retta, ci potremmo porre la domanda…in<br />

due ore quanti metri fa? In tre ore? Quin<strong>di</strong> un poco<br />

moltiplico. Però <strong>di</strong>co che anche la <strong>di</strong>visione è giusta<br />

perché questo spazio si <strong>di</strong>vide in questo tempo, no… il<br />

tempo si <strong>di</strong>vide nello spazio, no è il contrario perché i metri<br />

si <strong>di</strong>vidono in un certo tempo, in un metro fa un’ora, in due<br />

metri fa due ore”.<br />

41 -Ins.: “Se io considero per esempio lo spazio 8, quello<br />

contrassegnato con 8, posso <strong>di</strong>re che questo spazio è stato<br />

percorso in un tot <strong>di</strong> tempo e se voglio considerare il<br />

secondo minuto lei non ha percorso 8 metri, ma ne ha<br />

percorsi 4”.<br />

42 -Lorenza: “In questo caso è anche la metà, nel caso della<br />

1°- Lorenza interpreta il<br />

grafico, tentando <strong>di</strong> dare un<br />

senso alla contemporanea<br />

presenza delle due rette.<br />

Se compaiono insieme<br />

qualcosa deve pur<br />

significare, ma purtroppo<br />

non riprendo né<br />

quest’intervento né altri in<br />

cui i bambini mettono a<br />

confronto le due rette.<br />

2° Emerge il groviglio<br />

spazio-temporale e quello<br />

dell’aritmetica che tenta <strong>di</strong><br />

raccontarlo.<br />

57


lumachina blu”.<br />

43 -Ins.: “Se metti a confronto i due grafici, si vede che è la<br />

metà”.<br />

44 -Anita: “ Io volevo sapere quin<strong>di</strong> due rette ci raccontano<br />

la velocità oppure altro?”<br />

45 -Ins. : “ Secondo te, Anita?”<br />

46 -Anita: “Secondo me, anche quante volte si fermano,<br />

perché il tempo passa ma lo spazio si ferma”.<br />

47 -Lorenzo: “Non sono d’accordo con la fermata, perché<br />

altrimenti il grafico dovrebbe presentare una linea<br />

orizzontale all’ascissa perché il tempo va avanti ma la<br />

lumaca sta sempre in quello spazio”.<br />

48 -Anita: “Io detto così perché ogni tanto sono segnati dei<br />

punti sul grafico”.<br />

49 -Ins.: “Lei intende i punti sulla retta, non le fermate”.<br />

50 -Lorenzo: “Quella è la relazione”.<br />

51 -Anita: “Sì, ma non ho ancora capito la relazione <strong>di</strong> che<br />

cosa”.<br />

52 -Lorenzo: “ I punti rappresentano la relazione spazio e<br />

tempo; per esempio, qua si unisce un metro con un minuto e<br />

così via.”<br />

53 -Ins.: “Anita, è sufficiente la risposta <strong>di</strong> Lorenzo?”<br />

54 -Anita: “Ho capito quello che <strong>di</strong>ce Lorenzo, ma ancora<br />

non ho capito il senso <strong>di</strong> questi punti”.<br />

55 -Lorenzo: “I punti non esistono, ma ti fanno capire che<br />

in un minuto percorre un metro, come se non ci fossero”.<br />

56 -Anita: “ Ogni volta c’è un punto”.<br />

57 -Ins.: “Ogni volta cosa?”<br />

58 -Anita: “Ogni metro, ogni tempo e spazio messo<br />

insieme, c’ è un punto, quella sarebbe la soluzione”.<br />

59 -Ins. : “Aspetta, <strong>di</strong> cosa stiamo parlando?”<br />

E’ chiara la capacità <strong>di</strong> usare<br />

il piano come strumento per<br />

raccontare.<br />

Ogni tanto…ogni quanto e<br />

cosa succede ogni volta che<br />

si considera un nuovo punto<br />

sull’asse temporale?<br />

I punti come segni per far<br />

capire.<br />

58


60 -Anita: “Di spazio e tempo in relazione”.<br />

61 -Ins.: “Perché hai parlato <strong>di</strong> soluzione?”<br />

62 -Anita: “Perché maestra mi sono ricordata il problema<br />

dell’acqua e dello zucchero che insieme in quel punto<br />

facevamo la soluzione”.<br />

63 -Ins. : “Allora il piano cartesiano non ci racconta sempre<br />

una storia tra spazio e tempo, ma…”<br />

64 -Lorenza: “Mettere in relazione è, secondo me, la parola<br />

più giusta”.<br />

65 -Ins.: “Ma mettere in relazione che cosa?”<br />

I bambini utilizzano le<br />

esperienze già vissute e le<br />

conoscenze acquisite per<br />

affrontare nuove situazioni.<br />

Si riflette sul piano come<br />

oggetto matematico.<br />

66 -Vincenzo: “Due dati”. Capacità <strong>di</strong> astrazione e <strong>di</strong><br />

generalizzazione. Vincenzo<br />

vuole <strong>di</strong>re che posso usare il<br />

piano in contesti <strong>di</strong>versi.<br />

67 -Salvatore: “Spazio e tempo significa la velocità, cioè in<br />

un minuto fa un certo spazio, allora sto parlando <strong>di</strong> velocità,<br />

per questo c’è il puntino”.<br />

68 -Maria: “E’ come nel problema dell’acqua e dello<br />

zucchero, quel puntino era acqua zuccherata. Ora sarebbe<br />

spazio-tempo”.<br />

69 -Vincenzo: “Per me quello che ha detto Salvatore è<br />

sbagliato, non in<strong>di</strong>ca soltanto la velocità, per esempio fa un<br />

metro in un giorno, Salvatore ho capito che ha detto che<br />

quel puntino segna soltanto la velocità. In<strong>di</strong>ca anche il<br />

tempo”.<br />

70 -Francesco: “Per me hanno detto <strong>di</strong>viso perché se io<br />

<strong>di</strong>co <strong>di</strong>viso, devo <strong>di</strong>videre sia lo spazio sia il tempo; se<br />

<strong>di</strong>vi<strong>di</strong> soltanto il tempo, lo spazio non cambia”.<br />

71 -Bianca: “La <strong>di</strong>visione è l’operazione inversa della<br />

moltiplicazione, perciò c’entra anche la moltiplicazione,<br />

come ha detto Lorenza. Hanno qualcosa in comune”.<br />

Ora è chiaro il concetto <strong>di</strong><br />

velocità come rapporto tra<br />

spazio e tempo.<br />

Esperienze passate vengono<br />

in aiuto per capire,<br />

sistematizzare meglio, ma<br />

anche per ampliare l’uso<br />

dello strumento (piano<br />

cartesiano) che può<br />

rappresentare più realtà.<br />

Vincenzo non coglie la<br />

relazione tra velocità e S/T.<br />

La registrazione au<strong>di</strong>o,<br />

come ho affermato in<br />

precedenza, è sicuramente un<br />

valido strumento <strong>di</strong> verifica.<br />

Francesco parla <strong>di</strong><br />

proporzionalità?<br />

La strada si fa breve quando<br />

si sono fatti propri <strong>degli</strong><br />

strumenti che si utilizzano<br />

per capire nuove situazioni.<br />

59


72 -Marcello: “I puntini rappresentano la relazione; quanto<br />

spazio percorre la lumaca in un minuto”.<br />

73 -Lorenzo: “I puntini ti <strong>di</strong>cono soltanto quanto spazio<br />

percorre la lumachina in un determinato tempo”.<br />

74 -Marcello: “A questo grafico gli importa più il tempo<br />

che lo spazio, perché in un minuto percorre un centimetro<br />

una lumaca, mentre l’altra lumaca percorre in un minuto due<br />

centimetri”.<br />

75 -Lorenzo: “ Sì, perché quella è andata più veloce”.<br />

76 -Ins.: “Voglio farvi riflettere su quello che ha detto<br />

Marcello, cioè che in questo grafico il tempo è una delle<br />

variabili che resta la stessa, che trascorre allo stesso modo<br />

per tutte e due le lumache”.<br />

77 -Lorenzo: “E’ vero, perché il tempo è uguale per tutte e<br />

due le lumachine”.<br />

78 -Ins.: “Per questo motivo molti matematici pongono il<br />

tempo sull’asse dell’ascissa”.<br />

79 -Bianca: “Maestra l’altra volta mi hai corretto il fatto dei<br />

gra<strong>di</strong>, io avevo messo sull’ascissa la temperatura e il tempo<br />

sull’or<strong>di</strong>nata; mi hai corretto <strong>di</strong>cendo che sull’ascissa si<br />

mette il dato che tu già conosci e sull’or<strong>di</strong>nata il dato che<br />

cambia”.<br />

80 -Ins.: “Sì, il dato che cambia in funzione del dato che<br />

conosciamo si mette sull’or<strong>di</strong>nata”.<br />

Qui si legge un tentativo<br />

chiaro <strong>di</strong> interpretazione del<br />

grafico. Quest’intervento mi<br />

dà la possibilità <strong>di</strong> integrare<br />

ed ampliare le conoscenze e<br />

il vocabolario dei bambini,<br />

introducendo i concetti <strong>di</strong><br />

variabile <strong>di</strong>pendente e <strong>di</strong><br />

variabile in<strong>di</strong>pendente.<br />

Non avrei introdotto i<br />

concetti <strong>di</strong> variabile<br />

<strong>di</strong>pendente e <strong>di</strong> variabile<br />

in<strong>di</strong>pendente, partendo<br />

dall’intervento <strong>di</strong> un<br />

bambino ma utilizzando una<br />

modalità trasmissiva.<br />

Avrei dovuto riprendere<br />

l’intervento <strong>di</strong> Lorenzo, per<br />

me era chiaro che il bambino<br />

si riferisse al fatto che il<br />

tempo trascorre allo stesso<br />

modo per le due lumache.<br />

Ascoltando la registrazione<br />

au<strong>di</strong>o, però, potrebbe essere<br />

riferito anche al fatto che le<br />

rette vanno a coprire lo<br />

stesso lasso <strong>di</strong> tempo.<br />

60


81 -Marcello: “Se io <strong>di</strong>co, ad esempio, che in 7 minuti<br />

questa lumachina ha percorso 7 centimetri, posso sapere<br />

in un minuto quanti centimetri ha percorso?”<br />

82 -Lorenzo: “1”.<br />

83 -Ins.: “Quale operazione faccio?”<br />

84 -Lorenzo: “Il più”.<br />

85 -Pia: “La tabellina dell’1 al contrario”.<br />

86 -Antonio: “Cioè il <strong>di</strong>viso”.<br />

87 -Marcello: “No, devi fare la tabellina del 2”.<br />

88 -Lorenza: “Hai ragione, mi sto correggendo, 1x1, 2x2,<br />

3x3, invece qua si deve fare la metà”.<br />

89 -Ins. : “Scrivete quello che state <strong>di</strong>cendo”. Ecco un suggerimento per<br />

facilitare.<br />

Avrei interrotto la<br />

<strong>di</strong>scussione e sarei<br />

intervenuta sostituendomi ai<br />

bambini.<br />

90 -Antonio: “Ritornando al fatto <strong>di</strong> prima della<br />

moltiplicazione e della <strong>di</strong>visione, io credo che è la<br />

moltiplicazione, perché in un certo tempo la lumaca<br />

percorre un tot <strong>di</strong> metri, ad esempio in 30 secon<strong>di</strong> la lumaca<br />

percorre 1 centimetro, mentre l’altra lumaca in 1 minuto<br />

percorre 1 centimetro”.<br />

91 -Lorenza sta <strong>di</strong>segnando la tabella seguendo le<br />

in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> Antonio.<br />

92 -Antonio: “ Quin<strong>di</strong> se la lumaca dovesse fare 10<br />

centimetri, impiegherebbe 5 minuti, mentre l’altra<br />

impiegherebbe più tempo”.<br />

93 -Ins. : “ Perché hai fatto 5 minuti?”<br />

94 -Francesco: “ La lumaca che va più veloce impiega la<br />

metà del tempo per questo <strong>di</strong>viso due, 2 centimetri in 1<br />

minuto, invece, l’altra fa 2 centimetri in 2 minuti”. “Quella<br />

Anche per Antonio è molto<br />

significativo il fatto che ci<br />

siano due rette sul piano.<br />

Collaborazione finalizzata a<br />

raggiungere uno scopo<br />

comune. Un esempio<br />

significativo del processo <strong>di</strong><br />

co-costruzione della<br />

conoscenza.<br />

Anche questo intervento è<br />

molto significativo e avrebbe<br />

potuto chiarire quello <strong>di</strong><br />

Lorenzo e dell’insegnante<br />

(n° 77 e n° 78).<br />

61


2 centimetri in 1 minuto, quin<strong>di</strong> è <strong>di</strong>viso 2”.<br />

95 -Ins. : “Che cosa è <strong>di</strong>viso per 2?”<br />

96 -Francesco: “Il tempo, perché lo spazio non cambia. Il<br />

tempo è <strong>di</strong>viso perché una ci impiega la metà del tempo,<br />

l’altra il doppio”.<br />

97 -Ins.: “ Una ci impiega rispetto all’altra la metà del<br />

tempo. Quanti secon<strong>di</strong> sono 5 minuti?”<br />

98 -Anita: “300 secon<strong>di</strong>”.<br />

99 -Ins.: “Scriviamo 300 secon<strong>di</strong> invece <strong>di</strong> 5 minuti.<br />

Guar<strong>di</strong>amo cosa <strong>di</strong>ce il grafico: in 300 secon<strong>di</strong> quanto<br />

spazio percorre? Come vogliamo chiamarla?”<br />

100 -Tutti: “Relazione”.<br />

101 -Ins.: “ Guar<strong>di</strong>amo questa relazione, qua è 30 tempo e<br />

qua…?”<br />

102 -Lorenza: “ E’ un centimetro”.<br />

103 -Ins.: “ Qua sono 300 secon<strong>di</strong>, e qua…?”<br />

104 -Lorenza: “ 10 centimetri”.<br />

105 -Ins.: “Allora che cosa vedete? Che cosa possiamo<br />

ricavare da queste informazioni? Se faccio 3000 secon<strong>di</strong>…”<br />

106 -Marcello: “Stai facendo la moltiplicazione, stai<br />

aggiungendo gli zeri. Mettere in relazione <strong>di</strong>videre e<br />

moltiplicare in questo caso sono la stessa cosa”.<br />

107 -Ins.: “ In questo caso sono la stessa cosa e cioè…”.<br />

108 -Lorenza: “ Sono la stessa cosa, il rapporto deve<br />

essere uguale all’unità <strong>di</strong> misura”.<br />

109 -Ins.: “ Che significa rapporto uguale all’unità <strong>di</strong><br />

misura?”<br />

110 -Vincenzo: “Il rapporto <strong>di</strong> uno del tempo è uguale al<br />

rapporto <strong>di</strong> uno dello spazio”.<br />

Non avrei fatto la domanda,<br />

ma avrei dato la definizione<br />

esatta.<br />

Emerge la struttura<br />

moltiplicativa come quella<br />

più adatta a calcolare<br />

rapporti.<br />

La costante associata per<br />

analogia all’unità <strong>di</strong> misura.<br />

Vincenzo vuole <strong>di</strong>re che il<br />

rapporto tra le variabili è<br />

costante.<br />

In questa sede il mio<br />

intervento avrebbe potuto<br />

chiarire il linguaggio e <strong>di</strong><br />

conseguenza il pensiero.<br />

62


111 -Lorenza: “ Noi stiamo facendo una specie <strong>di</strong> unità <strong>di</strong><br />

misura, prima è 2, infatti, dobbiamo <strong>di</strong>videre per 2, poi<br />

moltiplichiamo per 10; ma quin<strong>di</strong> non ho capito <strong>di</strong>videre per<br />

2 e moltiplicare per 10 non credo che sono la stessa cosa”.<br />

112 -Ins.: “ Non è la stessa cosa”.<br />

113 -Maria: “ La relazione non deve essere per forza tra<br />

spazio e tempo, anche negli anni scorsi abbiamo fatto<br />

con acqua e zucchero o anche per fare i panini,<br />

mettevano 3 pizzichi <strong>di</strong> sale e un bicchiere d’acqua”.<br />

114 -Ins.: “Che cosa significa?”<br />

115 -Bianca: “ Per ogni bicchiere tre pizzichi <strong>di</strong> sale,<br />

perciò serve la moltiplicazione”.<br />

116 -Ins.: "Scrivo quello che ha detto Bianca, 1 bicchiere 3<br />

pizzichi <strong>di</strong> sale, 2 bicchieri 6 pizzichi <strong>di</strong> sale, 3 bicchieri…”.<br />

117 -Lorenza: “Per questo <strong>di</strong>cevo l’unità <strong>di</strong> misura, in<br />

questo caso è il 3”.<br />

118 -Ins.: “ Il rapporto posso scriverlo così 1/3 oppure<br />

1:3, è la stessa cosa?”<br />

119 -Tutti: “Sì”.<br />

120 -Ins.: “1/3 e 1: 3 significano 1 su tre”.<br />

121 -Antonio: “1 ogni 3 e 1 <strong>di</strong>viso 3”.<br />

122 -Ins: “Se io qua ci metto 12, quale sarà l’altro<br />

numero?”<br />

123 -Salvatore: “4”.<br />

124 -Ins.: “Come hai fatto ad ottenere questo 4?”<br />

125 -Salvatore: “ Ho fatto 12 <strong>di</strong>viso 3”.<br />

126 -Ins.: “ Non riesco a capire perché <strong>di</strong>ci unità <strong>di</strong><br />

misura”.<br />

127 -Lorenza: “ L’unità <strong>di</strong> misura è un campione, è<br />

uguale per tutti”.<br />

128 -Ins.: “ Qual è in questo caso il campione?”<br />

Ma Lorenza sembra cogliere<br />

questa opportunità; infatti,<br />

in<strong>di</strong>vidua la costante nel<br />

numero 2. Avrei potuto<br />

chiedere cosa intendesse <strong>di</strong>re<br />

con “prima è 2”.<br />

Il lavorio mentale che cerca<br />

nelle esperienze precedenti<br />

per dare significato a quanto<br />

si vive oggi.<br />

Faccio uso <strong>di</strong> una tabella.<br />

La costante è 3.<br />

63


129 -Lorenza: “ il 3, 1 a 3. Per 3 o <strong>di</strong>viso 3. Se<br />

consideriamo il tempo dobbiamo fare per 10, se<br />

consideriamo lo spazio dobbiamo fare <strong>di</strong>viso 10”.<br />

130 -Maria: “ Mi viene in mente quel <strong>di</strong>segno che<br />

abbiamo fatto in terza, la <strong>di</strong>visione è l’operazione<br />

inversa della moltiplicazione”.<br />

131 -Salvatore: “ Io ho detto 4 perché ho fatto la<br />

moltiplicazione, 4 per 3 fa 12”.<br />

132 -Lorenza: “ Ogni numero deve essere <strong>di</strong>viso sempre<br />

per 3, 12 <strong>di</strong>viso 3 è 4, 9 <strong>di</strong>viso 3 è 3,15 <strong>di</strong>viso 3 è 5 e così<br />

via”.<br />

133 -Ins.:“Per spiegarci se c’entra la <strong>di</strong>visione o la<br />

moltiplicazione, ci sono stati vari interventi; quelli <strong>di</strong> Maria<br />

e <strong>di</strong> Bianca mi sembrano fondamentali. Maria ha detto che<br />

la <strong>di</strong>visione è l’inverso della moltiplicazione. Lorenza ha<br />

aggiunto poi che in alcuni casi dobbiamo moltiplicare, in<br />

altri dobbiamo <strong>di</strong>videre. Se io <strong>di</strong>co che per ogni bicchiere<br />

d’acqua, metto tre pizzichi <strong>di</strong> sale, è chiaro che se <strong>di</strong>co per 2<br />

bicchieri, dato che l’1 nel 2 ci sta 2 volte, anche <strong>di</strong> qua devo<br />

fare 2 volte il sale per mantenere la stessa relazione. Che vi<br />

pare? Infine l’intervento <strong>di</strong> Lorenza ha posto l’attenzione<br />

sull’unità <strong>di</strong> misura o campione su cui rifletteremo un’altra<br />

volta”.<br />

Ringraziamenti<br />

In questo percorso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, sperimentazione e ricerca ho avuto la fortuna <strong>di</strong> ricevere il prezioso<br />

sostegno, i consigli e le correzioni della mia collega e tutor Pasqualina Nazzaro, alla quale va<br />

tutta la mia riconoscenza e gratitu<strong>di</strong>ne.<br />

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