TRAKS MAGAZINE #15
Joan Thiele ci guida all'interno del nuovo numero di TRAKS MAGAZINE, la rivista dedicata alla musica emergente. In questo numero trovi: Maëlys, Carmine Tundo, RadioLondra, Alisia Jalsy, Minor Swing Quintet, Andrea Labanca, Chris Agnoletto, Ellen River, Fabio Curto, Le Hen, Giorgio Stammati, Enjoy the Void, Dutty Beagle, I Fiori di Mandy, Alèxein Mègas, Dentone & Ghezzani, Fabio Cuomo, Bluvertigo.
Joan Thiele ci guida all'interno del nuovo numero di TRAKS MAGAZINE, la rivista dedicata alla musica emergente. In questo numero trovi: Maëlys, Carmine Tundo, RadioLondra, Alisia Jalsy, Minor Swing Quintet, Andrea Labanca, Chris Agnoletto, Ellen River, Fabio Curto, Le Hen, Giorgio Stammati, Enjoy the Void, Dutty Beagle, I Fiori di Mandy, Alèxein Mègas, Dentone & Ghezzani, Fabio Cuomo, Bluvertigo.
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<strong>MAGAZINE</strong><br />
Numero 15 - luglio 2018<br />
Joan Thiele<br />
volevo essere<br />
Jimmy Page<br />
Maëlys<br />
Carmine Tundo<br />
RadioLondra<br />
Alisia Jalsy<br />
Minor Swing Quintet<br />
Andrea Labanca
sommario<br />
4<br />
Joan Thiele<br />
Dutty Beagle<br />
49<br />
8<br />
Maëlys<br />
I Fiori di Mandy<br />
50<br />
12<br />
Carmine Tundo<br />
Alèxein Mègas<br />
51<br />
16<br />
RadioLondra<br />
Dentone & Ghezzani<br />
52<br />
20<br />
Alisia Jalsy<br />
Fabio Cuomo<br />
56<br />
24<br />
Minor Swing Quintet<br />
Bluvertigo<br />
60<br />
28<br />
Andrea Labanca<br />
30<br />
Chris Agnoletto<br />
32<br />
Ellen River<br />
36<br />
Fabio Curto<br />
40<br />
Le Hen<br />
44<br />
Giorgio Stammati<br />
48<br />
Enjoy the Void<br />
Questa non è una testata giornalistica poiché viene aggiornata<br />
senza alcuna periodicità. Non può pertanto<br />
considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge<br />
n. 62/2001. Qualora l’uso di un’immagine violasse<br />
diritti d’autore, lo si comunichi a info@musictraks.com<br />
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Clicca e ascolta subito!
JOAN THIELE<br />
volevo essere Jimmy Page<br />
Scelte inaspettate e altre probabilità di canzoni in italiano per la cantautrice<br />
italo-colombiana, forte di un disco, “Tango”, scritto proprio mentre<br />
ripercorreva le proprie forti radici sudamericane<br />
Vestito arancione, sorriso e un<br />
po’ di curiosità negli occhi: Joan<br />
Thiele si muove con grazia negli<br />
uffici Universal di Milano. La ragazza<br />
italo-colombiana è qui per<br />
presentare alla stampa il suo nuovo<br />
Tango, un ballo molto pop ed<br />
estremamente colorato, ma anche<br />
con strati multipli che prendono<br />
origine dalle radici di Joan. “C’è<br />
un riferimento alle mie origini<br />
sudamericane, ma per me rappresenta<br />
il fatto di toccarsi, emozionarsi,<br />
arrivare alle persone. Tango<br />
è nato due anni fa in Colombia, ad<br />
Armenia, vicino a Bogotà, dove<br />
vive mio padre con suo fratello<br />
gemello. E’ stato un viaggio molto<br />
forte per me. Sono partita e sono<br />
andata a trovarli in un periodo<br />
difficile, in cui mio padre stava<br />
molto male. Il viaggio mi ha portato<br />
ad affrontare le mie paure e la<br />
mia vita in quel momento. E’ stato<br />
molto bello e importante, perché<br />
a un certo punto mi sono completamente<br />
liberata e sono nate<br />
le canzoni. Sono riuscita a esprimere<br />
tutto quello che avevo dentro,<br />
quindi piano piano canzoni e<br />
suoni hanno preso forma. E’ stato
molto importante avere questa<br />
duplicità nella mia vita e nel disco:<br />
la Colombia, la natura ma anche<br />
la parte più elettronica che rappresenta<br />
la mia casa, la mia parte più<br />
europea, la mia mamma. Per me<br />
si tratta di un disco importante<br />
perché mi sento molto cresciuta a<br />
livello personale di esperienza e di<br />
vita. A prescindere dalla musica,<br />
che poi il disco piaccia o meno.<br />
Scriverai mai in italiano?<br />
Probabilmente scriverò in italiano:<br />
la lingua non dev’essere limite.<br />
Non dovrei dire: “Voglio scrivere<br />
soltanto in inglese”. Ho fatto que-<br />
sto pezzo in spagnolo (Azul, ndr)<br />
proprio perché volevo far emergere<br />
di più il tango. Vorrei che fosse<br />
la comunicazione ad arrivare,<br />
piuttosto che il limite della lingua,<br />
che poi non è un limite perché<br />
la nostra è una lingua stupenda.<br />
Il giorno che scriverò in italiano<br />
sarò molto felice. Ma non la vivo<br />
come una pressione, cioè che devo<br />
iniziare a cantare in italiano per<br />
forza.<br />
E uno dei modelli potrebbe essere<br />
Calcutta...<br />
Stimo molto Calcutta, così come<br />
mi piace molto come scrive Colapesce,<br />
ci<br />
sono diversi<br />
artisti italiani<br />
che reputo<br />
molto<br />
validi nella<br />
scrittura e<br />
che hanno<br />
creato uno<br />
stile e hanno<br />
dato vita<br />
a un proprio<br />
movimento.<br />
Hai dichiarato<br />
che se potessi scegliere qualcuno<br />
con cui collaborare penseresti<br />
a Robert Plant<br />
Sì! Oppure Paul McCartney... Ho<br />
iniziato mitizzando i Led Zeppelin.<br />
Io non avevo particolari<br />
riferimenti, i miei genitori non<br />
sono mai stati appassionati di musica<br />
tanto da inculcarmi qualcosa.<br />
Però la mia vicina si casa, che<br />
era anche la mia baby sitter, che<br />
ascoltava i Led Zeppelin tutti<br />
i giorni, io avevo 11 anni e ho<br />
iniziato ad assorbirli. Poi già<br />
strimpellavo un po’ la chitarra<br />
e suonavo cose minori o anni<br />
Novanta, e volevo diventare<br />
Jimmy Page! Poi i miei ascolti<br />
sono cambiati tantissimo.<br />
Tanto che a volte mi chiedo:<br />
“Ma mi piace quello che faccio?”<br />
Ci sono cose che ti escono<br />
nonostante i tuoi ascolti<br />
siano diversi. Quindi non è<br />
più una questione di genere,<br />
ma piuttosto: sto raccontando<br />
qualcosa e a me viene fuori in<br />
questo modo qua. “Vestito” e<br />
produzione sono un’altra cosa.<br />
Ma io in definitiva non posso<br />
essere i Led Zeppelin, o qualche<br />
altro cantante che stimo e amo.<br />
Devo trovare quello che sono io.<br />
A volte combatti con i “mostri”<br />
interni, ti dici: “Questa canzone<br />
è troppo pop”, ma poi capisci che<br />
devi accettare che ci sia la canzone<br />
più pop, quella con più chitarra,<br />
con meno parole. Devi accettare<br />
te stesso e lavorare per migliorare.<br />
6<br />
7
Qual è la tua storia fin qui e come<br />
hai incontrato Claudio La Rocca?<br />
Ho sempre cantato, non ho un ricordo<br />
di me in cui io non canti.<br />
Al liceo mi sono imbattuta in due<br />
musicisti singolari, Stefano De<br />
Vivo e Vincenzo Guerra e li ho<br />
sempre seguiti nel loro percorso di<br />
MAËLYS<br />
il tempo adatto<br />
“Mélange” è il primo album ufficiale della giovane cantante pugliese,<br />
che racconta dei suoi brani e dell’incontro con il suo produttore,<br />
il beatmaker italiano Claudio La Rocca, in arte Sup Nasa<br />
musicisti, la prima fan di un loro<br />
progetto hip hop/nu soul, i Think<br />
About It. È stata alla presentazione<br />
del loro secondo disco che<br />
sono incappata in Claudio (che fa<br />
parte anche dei Think About It), o<br />
meglio, è lui a essere incappato in<br />
me! Ero in prima fila e conoscevo<br />
già tutte le parole di un disco pubblicato<br />
quel giorno. Chiese di me<br />
e i ragazzi gli fecero vedere alcuni<br />
brani di me che cantavo molto intimamente<br />
al piano di casa mia. Il<br />
giorno dopo mi scrisse per collaborare<br />
e da quel momento mi ha<br />
introdotta in un mondo, quello<br />
dell’elettronica, nuovo e affascinante.<br />
I due galeotti di cui parlavo<br />
prima sono ovviamente parte<br />
essenziale del mio progetto oggi:<br />
Stefano De Vivo è alla chitarra e<br />
ha composto con Claudio i brani,<br />
Vincenzo Guerra è il mio (paziente)<br />
produttore artistico.<br />
Come nascono le canzoni che<br />
sono finite su disco? Nel cassetto<br />
da tempo oppure accumulate in<br />
fretta prima dell’uscita del disco?<br />
Sono nate davvero per caso, non<br />
esisteva nemmeno l’idea di fare<br />
un disco. Io e Claudio passavamo<br />
giorni in studio a buttare giù idee<br />
e nel giro di tre ore avevamo già<br />
8 9
scritto due pezzi. È stato davvero<br />
un flusso di coscienza e ho trovato<br />
straordinario come alle volte sapeva<br />
realizzare qualcosa che avevo<br />
in mente senza che lo esprimessi<br />
poi cosi tanto<br />
chiaramente.<br />
Ci sono molte<br />
influenze internazionali<br />
che si<br />
avvertono nel disco:<br />
quali sono i<br />
tuoi punti di riferimento<br />
in assoluto?<br />
Ci sono dei nomi<br />
della scena internazionale che<br />
mi rapiscono totalmente. Penso<br />
a Jorja Smith, Thundercat, Sabrina<br />
Claudio, Daniel Caesar, Frank<br />
Ocean, Sampha, Solange.<br />
Perché hai scelto “Apricot Marmalade”<br />
come singolo? Che<br />
cos’ha di speciale per te?<br />
È stato il primo brano che Claudio<br />
mi fece ascoltare, prodotto da<br />
lui e cantato dalla sua voce. Me<br />
ne innamorai subito, anche se lui<br />
non ne era molto entusiasta. Me<br />
ne sono quasi impossessata, gli<br />
dicevo che se a lui non piaceva sarebbe<br />
diventato mio. Rappresenta<br />
molto la mia voglia di andar via,<br />
di visitare bei posti, anche solo<br />
con la mente.<br />
Visto che il disco è uscito<br />
da qualche tempo, avete<br />
già del materiale nuovo?<br />
Ho scritto qualche testo<br />
nelle ultime settimane,<br />
sono tutti molto embrionali<br />
e impulsivi, scritti<br />
in momenti di pieno trasporto<br />
emotivo circa alcune<br />
situazioni vissute.<br />
Ho tanto da raccontare<br />
ma sono ancora nella fase di “vortice<br />
di pensieri” che va ancora<br />
riorganizzato per far nascere un<br />
prodotto autentico e vero. Quasi<br />
ogni giorno sento il bisogno di<br />
chiudermi di nuovo in studio e<br />
dar vita a brani emozionali come<br />
è successo con quelli di Mélange,<br />
ma ancora lavoriamo molto per<br />
il tour estivo (che potete visionare<br />
sulla mia pagina artista su Facebook@maelysmusic<br />
o sul mio<br />
profilo Instagram@egomaelys).<br />
Ci sarà il tempo adatto per tutto.<br />
10 11
CARMINE TUNDO<br />
un’esigenza reale<br />
Non ha scopi precisi, non sarà seguito da un tour, fa parte di una trilogia:<br />
“Nocturnae Larvae Volume Uno” è il nuovo disco del cantautore<br />
di Galatina, ma anche una raccolta di incubi e fantasmi<br />
Prima domanda<br />
ovvia: perché<br />
hai sentito<br />
la necessità di<br />
dedicare un album,<br />
anzi una<br />
trilogia, ai tuoi<br />
fantasmi notturni?<br />
E’ stata una necessità,<br />
quella<br />
di raccontare la<br />
mia parte più<br />
oscura, che poi<br />
rispetto anche<br />
ai miei altri<br />
progetti è il<br />
mondo sonoro<br />
in cui<br />
mi sento più<br />
a mio agio.<br />
Sono tracce raccolte in tanti<br />
anni, all’inizio sembravano<br />
confuse, però poi mettendole in<br />
fila avevano un significato molto<br />
profondo per me, e quindi<br />
ho deciso di pubblicare questo<br />
lavoro senza pensarci molto, seguendo<br />
soltanto l’istinto di voler<br />
fare quello che volevo senza<br />
filtri.<br />
Il disco è potente e molto sperimentale,<br />
e sembra lungamente<br />
meditato: da quanto tempo lo<br />
stavi “preparando”, dentro di te?<br />
Parecchi anni, ogni traccia è nata<br />
da un’esigenza reale, non c’è nulla<br />
di meditato, quindi magari tra un<br />
brano e l’altro c’è anche un anno<br />
di differenza, ma ogni volta che ne<br />
sentivo la necessità, avevo quella<br />
“cartella” dove man mano ci buttavo<br />
dentro i miei fantasmi, poi<br />
arrivato a circa quaranta brani ho<br />
deciso di dividerli in capitoli.<br />
Considerando i tuoi esordi, di-<br />
12 13
Non è il momento ancora per me<br />
di affrontare un certo percorso<br />
su questo album, è una questione<br />
molto intima, magari quando avrò<br />
pubblicato tutti i volumi poi cercherò<br />
il modo di portarlo live.<br />
Anche se quest’anno farò una piccola<br />
anteprima al SEI festival, ma<br />
è più una questione di famiglia, ci<br />
ho suonato con tutti i miei progetti<br />
e ci tenevo a tenere una piccola<br />
esibizione in anteprima su quel<br />
palco.<br />
Il pezzo che mi incuriosisce forse<br />
di più è “King of Trap”: come<br />
ciamo così, “mainstream”, un<br />
album del genere era difficile da<br />
pronosticare: come giudichi ora<br />
i tuoi primi passi in campo musicale?<br />
Guardo sempre al passato con<br />
un po’ di ansia, soprattuto al periodo<br />
sanremese, per quasi dieci<br />
anni non ho riascoltato l’album<br />
di “Romeus” perchè sentivo un<br />
forte disagio. Poi dopo dieci anni<br />
credo che alcune sensazioni cati<br />
è venuta l’idea?<br />
Mi divertivo a campionare dei discorsi<br />
in tedesco per inserirli in<br />
un brano, volevo ricreare quell’atmosfera<br />
di alcuni brani dei Rammstein,<br />
band che amo molto, e<br />
mi sono imbattuto nel celebre discorso<br />
di Trapattoni quando era<br />
allenatore del Bayern Monaco. E<br />
così è nato questo titolo,un gioco<br />
di parole per prendermi un po’ in<br />
giro e per ironizzare su quello che<br />
ascolto e mi incuriosisce/diverte/<br />
lascia sgomento della scena trap<br />
italiana.<br />
dano in prescrizione :) e quindi lo<br />
considero come un tassello fondamentale<br />
per il percorso successivo,<br />
ritrovarmi in giovane età in<br />
quel contesto lì mi ha fatto capire<br />
la differenza tra il fare musica e<br />
l’industria musicale, così ho avuto<br />
modo di scegliere cosa fare, come<br />
esprimermi, e ho scelto di farlo<br />
con le mie regole.<br />
Ti va di spiegare perché l’album<br />
non sarà seguito da un tour?<br />
14 15
RADIOLONDRA<br />
è lei che ti salva<br />
Indie pop, itpop, etichette che hanno un senso fino a un certo punto per<br />
una band orgogliosa di aver fatto la gavetta e di conservare valori “antichi”<br />
come la nostalgia e il romanticismo<br />
Molta gavetta per arrivare fino a<br />
“Slurp”: vi raccontate un po’?<br />
Sì, noi siamo una band che ha fatto<br />
la cosiddetta “gavetta” e in fondo<br />
ne siamo orgogliosi... saltarla<br />
(la gavetta) e passare subito magari<br />
a un successo, magari dato da<br />
qualche talent televisivo, è una illusione.<br />
Perché le prime serate nei<br />
locali semivuoti, le prime canzoni<br />
pubblicate e ascoltate solo dagli<br />
amici e dai parenti, ti fanno crescere<br />
più di ogni altra cosa, come
musicista e anche come persona.<br />
Abbiamo fatto vari Festival, diverse<br />
date, abbiamo suonato tanto,<br />
abbiamo anche smesso di suonare<br />
per un certo periodo - perché<br />
quando senti di non avere niente<br />
da dire è meglio stare fermi e<br />
aspettare - e poi, in qualche mese,<br />
abbiamo scritto Slurp. Finalmente<br />
abbiamo trovato il suono che stavamo<br />
cercando, e tutto è venuto<br />
facile.<br />
Nome “antico”, titolo e copertina<br />
fumettosa, sotto un vestito<br />
indie-pop (anzi a volte perfino<br />
itpop) le vostre canzoni hanno<br />
testi spesso cantautorali e nostalgici.<br />
Insomma ascoltate più spesso<br />
Calcutta o Guccini?<br />
Ascoltiamo più che altro Vasco,<br />
Dalla e De Gregori. Calcutta è,<br />
come noi “figlio” di Guccini e di<br />
quella tradizione da cui non puoi<br />
prescindere, perché parte di te, è<br />
una cosa ineliminabile. Per quanto<br />
riguarda la nostalgia a cui fai<br />
riferimento, è vero, è presente<br />
nelle canzoni. Ma sai, la tristezza<br />
e la nostalgia (che oggi sono sentimenti<br />
da cui si cerca di fuggire<br />
perché ritenuti fuori moda, per<br />
essere fighi bisogna sempre sorridere<br />
a ogni costo) sono secondo<br />
noi quei sentimenti che invece ti<br />
costringono a fermarti e a guardare<br />
veramente dentro e fuori di te.<br />
La nostalgia è una cosa molto utile,<br />
non è da censurare.<br />
Come nasce “Quando sei abbronzata”,<br />
uno dei pezzi secondo<br />
me più significativi dell’album?<br />
Quando sei abbronzata è anche<br />
una delle nostre preferite, siamo<br />
felici ti piaccia. Sembra un pezzo<br />
triste ad alcuni, ma in realtà<br />
è una vera e propria canzone<br />
d’amore. E’ un inno a lei che ti<br />
salva, che ti ha preso in braccio<br />
quando stavi male, che è presente<br />
lì a dirti che i tuoi sensi di colpa<br />
devono andare a cagare, che<br />
la vita è bella e merita di essere<br />
vissuta con tutti i suoi casini.<br />
Il disco suona molto “estivo”,<br />
pur con le sue riflessioni. Che<br />
programmi avete per l’estate?<br />
Dove sarà possibile vedervi dal<br />
vivo e qual è la versione dei RadioLondra<br />
che si vede su un palco?<br />
Abbiamo fatto qualche data promozionale<br />
a Milano e ci torneremo<br />
a brevissimo, poi suoneremo a<br />
Roma, a Rimini ...per queste info<br />
siamo sempre attivissimi su instagram@radiolondraband<br />
e su facebook@radiolondraofficial.<br />
Sul palco<br />
suoniamo il disco, così com’è.<br />
Vogliamo riproporre lo spettacolo<br />
esattamente come lo abbiamo realizzato<br />
su disco, perché ci sembra<br />
ci sia un bel groove di fondo. Poi<br />
chiaramente qualche sorpresa bella<br />
la abbiamo inserita in scaletta!<br />
18<br />
19
ALISIA JALSY<br />
momenti di rabbia<br />
to di fine anno. Ricevendo complimenti<br />
e inviti a partecipare ad<br />
altri eventi decisi di intraprendere<br />
questa strada. La tappa più significativa<br />
si può dire sia stata la mia<br />
partecipazione a Italia’s got Talent<br />
dove arrivai alle semifinali. Contemporaneamente<br />
mi iscrissi al<br />
Brass, scuola jazz europea di Palermo,<br />
dove tutt’ora continuo a<br />
studiare sia canto che pianoforte.<br />
Durante il periodo di Italia’s got<br />
Talent scrissi il mio primo singolo<br />
Se solamente Tu grazie al quale<br />
ricevetti ottimi riscontri così da<br />
decidere di intraprendere la strada<br />
del cantautorato.<br />
Sei giovanissima (stai studiando<br />
per la maturità): come concili<br />
scuola e canzoni?<br />
Diciamo che al momento risulta<br />
difficile anche per me conciliare<br />
entrambe le cose, al momento la<br />
cosa più importante è il diploma e<br />
per fortuna ho un team dietro che<br />
mi sostiene soprattutto nella gestione<br />
lavorativa e social.<br />
Il tuo nuovo singolo, “Fango”,<br />
sta avendo un successo notevole<br />
su YouTube: come nasce la canzone?<br />
Il pezzo Fango nasce da un mo-<br />
Secondo singolo e un ep in arrivo l’anno prossimo per la giovanissima<br />
cantante di “Fango”, tra successo ed (esame di) maturità<br />
Qual è la tua storia fin qui?<br />
La mia storia musicale si può dire<br />
sia iniziata all’età di 16 quando<br />
partecipai con la scuola al concer-<br />
20 21
mento di rabbia, rivolto a una<br />
persona in un periodo particolare<br />
della mia vita... il termine Fango<br />
a Palermo significa ‘persona poco<br />
affidabile’ e infatti tale si è rivelata.<br />
Come nel caso di Se solamente Tu<br />
sono testi scritti di getto con totale<br />
spontaneità (apportando poi le<br />
giuste modifiche nel momento<br />
dell’elaborazione del pezzo) soprattutto<br />
come valvola di sfogo sia<br />
per me che per chi li ascolta.<br />
Hai qualcosa da raccontare a<br />
proposito del video?<br />
Stavo impazzendo per trovare un<br />
attore, ci stavo quasi rinunciando...<br />
Ricordavo di aver visto circa<br />
un mese prima delle riprese un ragazzo<br />
che usciva dal Brass (la mia<br />
scuola di musica)<br />
da allora sperai<br />
di incrociarlo<br />
ma alla fine riuscii<br />
a trovare il<br />
suo contatto negli<br />
elenchi della<br />
scuola. Decisi di<br />
contattarlo chiedendogli<br />
di partecipare<br />
al video<br />
e accettò subito,<br />
spero di aver<br />
reso felici gli occhi<br />
delle mie fans<br />
ahahah. Il video<br />
è stato girato a<br />
Palermo a Villa<br />
Giulia e al centro<br />
di Monreale.<br />
Fino a qui hai<br />
pubblicato soltanto<br />
singoli: è<br />
previsto un album? Puoi anticipare<br />
qualcosa?<br />
Al momento non do nulla per certo.<br />
L’unica cosa che posso dirvi è<br />
che probabilmente usciranno altri<br />
singoli e che a gennaio 2019 uscirà<br />
un ep.<br />
22 23
MINOR SWING QUINTET<br />
“Minor mali” è il nuovo disco del combo, sei anni dopo “Mapo salato”:<br />
un album che evidenzia la ricchezza portata dalle differenze, sia a livello<br />
interno, sia su scala globale<br />
Sei anni dopo “Mapo Salato”,<br />
ecco “Minor Mali”: che cosa<br />
è successo in questi sei anni e<br />
come sono andate le lavorazioni<br />
del disco?<br />
Come in ogni matrimonio che si<br />
rispetti, in questi anni siamo stati<br />
tanto insieme, calcato molti palchi,<br />
ma ci siamo anche presi una<br />
pausetta di riflessione, che ci ha<br />
fatto ritornare in sala più carichi<br />
che mai e comporre questo nuovo<br />
disco..insomma, è passata tanta<br />
acqua sotto i ponti ma, come direbbe<br />
Vasco...noi siamo ancora<br />
qua!<br />
Il titolo del disco è leggibile anche<br />
come “mai normali”: che<br />
messaggio volete lanciare?<br />
In un periodo dove le diversità<br />
non sono così ben accettate, abbiamo<br />
voluto rendere esplicito<br />
il nostro pensiero: le differenze<br />
sono solamente delle ricchezze!<br />
Ci sarebbero domande da fare<br />
su ogni brano, ma mi concentrerei<br />
per esempio su un paio: per<br />
“Tipitappi”, che apre il disco dite<br />
che “ammiccate ai Led Zeppelin”.<br />
Perciò… che musica stavate<br />
24 25
a Gaza nel 2011.<br />
Mi raccontate qualcosa anche a<br />
proposito delle collaborazioni<br />
del disco, con Fabrizio Bosso e<br />
Mbar Ndiaye in particolare?<br />
Con Mbar abbiamo avuto il piacere<br />
di suonare durante diverse<br />
edizioni del Mama Africa Meeting,<br />
festival di musica e danza<br />
dell’Africa dell’Ovest. Con Fabrizio<br />
invece, Alessandro e Tommy<br />
avevano collaborato nello spettacolo<br />
Mimì è una civetta. Entrambi<br />
hanno accettato entusiasticamente<br />
alla nostra proposta di un cameo<br />
nel disco e noi ne siamo molto<br />
grati e onorati.<br />
ascoltando nel periodo di composizione<br />
dei brani?<br />
In realtà nessuna musica in particolare,<br />
in Tipitappi è venuta fuori<br />
di più la nostra vena rockettara,<br />
ma gli ascolti rimangono eterogenei<br />
per tutti e cinque. Comunque<br />
essere accostati ai Led Zeppelin è<br />
un grandissimo onore!<br />
Due brani particolarmente significativi<br />
del disco mi sembrano<br />
“Le Bandit de Bambeeto” e<br />
“Vittorio”: volete raccontarne la<br />
storia?<br />
Le Bandit de Bambeto è ispirato a<br />
un quartiere di Conakry, capitale<br />
della Guinea, dove, nel settembre<br />
2009, ci sono stati molti scontri e<br />
disordini tra polizia e civili. Vittorio<br />
invece è dedicato a Vittorio<br />
Arrigoni, attivista italiano morto<br />
26 27
ANDREA LABANCA<br />
#cinqueminuticon<br />
Andrea Labanca l’ho scoperto<br />
per caso, e spesso per caso succedono<br />
gli incontri più interessanti,<br />
anche se virtuali. Per non tornare<br />
è il suo terzo album, legato alle radici<br />
della canzone italiana intelligente<br />
ma divertente, con testi mai<br />
banali e ritornelli deliziosamente<br />
pop.<br />
“È bellissimo<br />
perdersi per il<br />
gusto di non tornare”<br />
è una frase<br />
del brano che dà<br />
il titolo al disco.<br />
Da quale luogo,<br />
fisico o mentale,<br />
stai scappando?<br />
Quella canzone<br />
l’ho scritta in<br />
modo impersonale<br />
all’inizio,<br />
non pensando a<br />
me, volevo solo<br />
scrivere una storia<br />
di un certo tipo. Mi<br />
sono accorto a posteriori<br />
che c’era dentro<br />
quella canzone molto<br />
del mio vissuto di<br />
qualche anno fa. Credo<br />
che la fuga sia sempre uno spostarsi<br />
da qualcosa che non ti permette<br />
di essere quello che vorresti.<br />
Io ho sempre bisogno di stimoli<br />
nuovi e di sfide, anche a costo di<br />
sfidare l’ignoto, penso che la mia<br />
fuga sia dal già visto e dal già sentito.<br />
La prigione più grande dell’uomo<br />
è da sempre quella di cui si possiedono<br />
le chiavi. “Fare l’amore”<br />
nonostante il buonumore rende<br />
perfettamente l’idea di quanto le<br />
paranoie possano condizionarci<br />
le storie, e pure un po’ la vita...<br />
Quello che succede fuori condiziona<br />
l’interno e viceversa ovvio, ma<br />
penso che ci sia troppo pessimismo<br />
in giro, troppa prostrazione. Dalla<br />
politica alla società in generale c’è<br />
poca ricerca del bello e di emozioni<br />
positive. Guarda i social: sono<br />
diventati lo sfogo di frustrazioni<br />
e rabbia, creandole talvolta. Penso<br />
che questa atmosfera negativa<br />
serva solo a tenere gli occhi della<br />
gente sulle cose piccole a non fargli<br />
guardare il cielo che è comunque<br />
più grande di noi e rimarrà dopo di<br />
noi. Non si cambia nulla col cattivo<br />
umore. Lavorare alle cose che ami,<br />
cambiare la tua vita tutti i giorni,<br />
amare le persone che ti stanno vicino,<br />
queste sono le cose che migliorano<br />
l’umore personale e permettono<br />
di immaginare un mondo<br />
migliore.<br />
Fare le stesse cose col sorriso<br />
non costa fatica ma cambia la<br />
prospettiva. La vita se ne accorge<br />
se la stai prendendo in giro o se<br />
davvero te la stai godendo, e se<br />
te la godi magari sarà lei stessa<br />
a decidere di regalarti qualche<br />
soddisfazione in più. Un po’ di<br />
Rino, un po’ di Enzo... le influenze<br />
musicali si intuiscono, ma c’è<br />
qualcosa di imprevedibile tra i<br />
tuoi artisti del cuore, riferimenti<br />
letterari compresi?<br />
Be’ Jannacci e Gaber di sicuro<br />
sono dei grandi riferimenti per<br />
me, non solo musicalmente ma<br />
come mondo di intendere lo spettacolo,<br />
il rapporto con l’arte. Io<br />
mi sono confrontato spesso con<br />
la performance e con il teatro e<br />
credo che in questo mio rapporto<br />
abbiano influito le visioni dei due<br />
grandi milanesi. Rino Gaetano<br />
l’ho sempre amato, ma è stata una<br />
sorpresa quando in studio ho alzato<br />
di tonalità la linea vocale di<br />
“Facciamo l’amore” scoprire che là<br />
mi ero sicuramente ispirato a lui<br />
nella scrittura. Tra gli italiani citerei<br />
Piero Ciampi e Bennato ma se<br />
28 29
devo essere sincero la mia adolescenza<br />
è fatta anche di tantissimo<br />
rap vecchia scuola Run-DMC, De<br />
La Soul, Arrested Development.<br />
Ora ascolto tanto Wilco e Jack<br />
White.<br />
È un’arte anche saper scegliere la<br />
musica con cui diventare grandi.<br />
“Lago di Costanza” è la canzone<br />
del tuo album a cui ho dedicato<br />
più tempo e attenzione. Ci racconti<br />
come è nata è quello che<br />
rappresenta?<br />
Durante lo Spaghetti Couchsurfing<br />
Tour, ci annullarono una data<br />
e dovemmo fermarci due giorni<br />
a Costanza, una città tedesca<br />
che si sviluppa proprio attorno<br />
all’omonimo Lago. Costanza<br />
è una città davvero suggestiva<br />
con un’atmosfera spettrale eppure<br />
romantica, piena di leggende.<br />
Una mattina mi svegliai<br />
attorno alle cinque, un orario<br />
in cui si vedono ancora bene<br />
gli spettri, e in qualche minuto<br />
scrissi la canzone, direi di getto,<br />
quasi in trance.<br />
Gli spettri a fine notte sono<br />
quelli meno addomesticabili,<br />
che ti riconoscono e ti chiamano<br />
per nome, quelli da cui<br />
non si può fuggire e da cui non<br />
si vorrebbe tornare. Gli stessi<br />
spettri, però, sono anche quelli<br />
che permettono di scrivere canzoni,<br />
storie, di dare forma a un<br />
sentire.Che idea hai della situazione<br />
attuale della musica in Italia,<br />
ma più in generale dell’intero<br />
ambiente culturale?<br />
In generale non credo che sia un<br />
periodo di grandissima rivoluzione<br />
musicale, se ci pensi la novità<br />
della trap non è che un rap<br />
rallentato e con l’autotune, senza<br />
nulla togliere ad artisti straordinari<br />
quali Ghali, ma non vedo<br />
delle vere innovazioni di rottura.<br />
A me piacciono le sacche di resistenza,<br />
oppure le sperimentazioni<br />
pure, in generale cerco di sguazzare<br />
nei piccoli mondi sommersi.<br />
Per esempio la poetry-slam è un<br />
fenomeno che mi interessa molto,<br />
sia per l’aspetto aggregativo<br />
che per l’uso della parola. I raduni<br />
rock’n’roll mi piacciono sempre<br />
molto per l’atmosfera, credo che<br />
in Italia come anche in Europa, si<br />
stia un po’ col naso per aria cercando<br />
qualcosa di nuovo.<br />
Per chi vuole fare musica e vivere<br />
di arte che prospettive ci<br />
sono?<br />
Be’ ti risponderei come nel mio<br />
video di lancio di Carrozzeria<br />
Lacan “Intervista alla Televisione<br />
spagnola” ma è un’intervista<br />
scritta, quindi articolerò. Credo ci<br />
voglia tanto lavoro e fantasia, tanto<br />
lavoro sul territorio. Qualcuno<br />
ci ha convinti che con internet si<br />
può diventare famosi, ma io famosi<br />
da YouTube ho visto diventare<br />
soltanto dei deficienti che si rovesciano<br />
i bicchieri d’acqua in testa.<br />
Se vuoi fare musica devi suonar<br />
tutti i giorni e creare un bel rapporto<br />
con il pubblico, da lì arriva<br />
la possibilità di poter fare questo<br />
lavoro per più di sei mesi.<br />
Ci consigli qualche brano da inserire<br />
nella playlist, che magari<br />
ci aiuti anche a conoscere qualcosa<br />
in più di te?<br />
Italiani quindi? Ultimamente sto<br />
amando molto Gemitaiz e Ghali,<br />
ma penso che uno dei dischi più<br />
belli italiani sia sicuramente quello<br />
di Colapesce per linguaggio,<br />
intelligenza e scelte sonore. Non ti<br />
nascondo che l’idea di collaborare<br />
con un rapper mi entusiasmerebbe.<br />
Gemitaiz è una mia passione,<br />
forse inconfessabile su un magazine<br />
come <strong>TRAKS</strong>. Ma ormai<br />
l’ho detto. E non solo: se capitasse<br />
una collaborazione tra Andrea<br />
e Davide sarei la prima a<br />
festeggiare, con un pezzo drammaticamente<br />
e irrimediabilmente<br />
trap in sottofondo.<br />
Chiara Orsetti<br />
30
CHRIS AGNOLETTO<br />
Molte forme di amore (ma anche un po’ di indignazione) nel primo disco<br />
del cantautore foggiano, che ha anche un’attività, florida e parallela, di<br />
poeta e di scrittore<br />
Hai iniziato a lavorare a questo<br />
disco nel 2013: come sei arrivato<br />
fino all’album?<br />
Dopo un lungo periodo di distacco<br />
dalla musica, nel 2013 ho ritrovato<br />
l’ispirazione per scrivere nuove<br />
canzoni. Ho messo in piedi un<br />
paio di band ma non sono riuscito<br />
a trovare la formula magica che le<br />
facesse suonare come avrei voluto.<br />
Fino all’incontro con Alberto<br />
Nemo, musicista e produttore di<br />
Rovigo, con cui è nata un’intesa<br />
umana e artistica incredibile, che<br />
ha deciso di arrangiare una parte<br />
del mio repertorio e produrla per<br />
farci un album.<br />
Mi sembra che il disco sia permeato<br />
da una certa rabbia di<br />
fondo...<br />
Il disco è invece permeato di un<br />
intenso sentimento di amore, nelle<br />
sue varie forme: l’amor proprio,<br />
l’amore per una donna, l’amore<br />
per un amico scomparso, l’amore<br />
per un’umanità disperata, confusa<br />
e anestetizzata. Ecco, tutto questo<br />
amore si traduce in un urlo di<br />
dolore, più che di rabbia, quando<br />
l’oggetto o il soggetto a cui è rivolto<br />
lo si sente soffrire, lo si crede<br />
perduto, lo si vede morire.<br />
Come nasce “Il mondo è morto”?<br />
“Il mondo è morto” nasce da una<br />
profonda indignazione, scaturita<br />
dall’osservazione del momento<br />
storico nel quale viviamo, dove<br />
una società ipnotizzata, addomesticata<br />
e frustrata si lascia soggiogare,<br />
schiavizzare e impoverire dal<br />
potere di una minoranza occulta.<br />
Un’umanità impaurita che vede<br />
nemici ovunque, che distrugge e<br />
si autodistrugge, incapace di creare<br />
legami, guidata dalle più basse<br />
pulsioni, ormai sempre più slegata<br />
dalla propria essenza spirituale, ed<br />
è stupidamente felice. Chi è consapevole<br />
non può che essere infelice<br />
osservando questo mondo,<br />
che però, essendo morto, non può<br />
che rinascere in qualcosa di meglio.<br />
La tua attività di scrittura investe<br />
anche poesie e racconti: hai<br />
in programma prossime pubblicazioni?<br />
Prossimamente darò alle stampe<br />
una raccolta di racconti. Nel frattempo<br />
sto scrivendo un romanzo,<br />
un’avventura intrisa di esoterismo<br />
e fantasy, che continuerò compatibilmente<br />
con il mio progetto musicale.<br />
C’è un rapporto distaccato<br />
tra la le due attività: entrambe<br />
hanno dinamiche molto diverse di<br />
scrittura, ma talvolta ci possono<br />
essere delle convergenze; ad esempio,<br />
canzoni come “Parola d’ordine:<br />
uccidere!” e “L’uomo senza<br />
ombra” sono nate come racconti<br />
che poi ho avuto l’esigenza di mettere<br />
in musica.<br />
32<br />
33
ELLEN RIVER<br />
Sonorità americane e collaboratori (eccellenti) italiani: “Lost Souls” è il<br />
secondo album della cantautrice modenese e può contare su nomi di spicco<br />
come Antonio “Rigo” Righetti, Mel Previte, Robby Pellati<br />
Dove sei andata a inseguire le<br />
tue “Lost Souls”?<br />
Le mie Lost Souls sono sempre nei<br />
paraggi, per scovarle basta osservare<br />
bene chi ci circonda, a volte<br />
sono presenze che si aggirano nei<br />
miei pensieri come memorie che<br />
riemergono da vite antiche, altre<br />
volte sono incontri casuali lungo il<br />
cammino, altre invece sono sguardi<br />
che si incrociano per una frazione<br />
di secondo. Sono le persone<br />
che non hanno paura di mostrare<br />
le proprie debolezze, la propria<br />
umana imperfezione. Sono anime<br />
coraggiose che ogni giorno<br />
si fanno strada in questo mondo<br />
delirante.<br />
Veniamo all’incontro con i<br />
grandi musicisti che ti accompagnano<br />
nel disco: come è avvenuto?<br />
Qualche aneddoto?<br />
Ci si aspetta sempre aneddoti<br />
divertenti o particolari, nel mio<br />
caso è la casualità che mi ha portato<br />
a conoscerli di persona.<br />
foto di Gabriella Ascari<br />
I loro nomi li conoscevo ovviamente<br />
essendo musicisti emiliani<br />
con un percorso artistico importante<br />
a livello nazionale, ma non<br />
li avevo mai incontrati. Una sera<br />
ho partecipato da spettatrice a un<br />
evento che prevedeva l’ascolto di<br />
vinili e ho incontrato Rigo, scoprendo<br />
dopo che era tra gli organizzatori<br />
dell’evento.<br />
A giudicare dai titoli dell’album<br />
c’è un forte elemento acquatico:<br />
cosa ti affascina nell’acqua?<br />
Farei forse prima a dire cosa non<br />
mi affascina dell’acqua :-) E’ un<br />
elemento essenziale, non a caso<br />
noi stessi siamo fatti in gran parte<br />
d’acqua. La sua potenza inarrestabile<br />
e la capacità di avanzare<br />
nonostante gli ostacoli lungo il<br />
percorso sono da ammirare, Lei<br />
procede senza soste e trova sempre<br />
la strada sebbene impervia.<br />
E’ l’esempio lampante che a ogni<br />
buio segue una luce e che a ogni<br />
ostacolo può corrispondere un<br />
salto.<br />
Come ti presenterai dal vivo per<br />
promuovere il disco?<br />
Nei live sino a ora abbiamo portato<br />
la formazione al completo<br />
cercando di portare alle persone il<br />
mood dell’album. C’è stata magia<br />
in sala di registrazione ed è quella<br />
che si cerca di riprodurre nei<br />
concerti, si cerca di veicolare alle<br />
persone le emozioni che il musicista<br />
stesso prova. L’arte è emozione<br />
allo stato puro, per come la vedo<br />
io ovviamente, per cui l’intento<br />
è farsi guidare dal moto che abbiamo<br />
dentro facendolo detonare<br />
all’esterno.<br />
34<br />
35
FABIO CURTO<br />
Alle spalle una vittoria a “The Voice”e anche un periodo di silenzio. Oggi il<br />
cantautore si è rimesso a navigare con il nuovo “Rive volume 1”<br />
Dopo tre anni, ecco il tuo nuovo<br />
disco: vuoi raccontarci che tipo<br />
di esperienze hai affrontato per<br />
arrivare a “Rive volume 1”?<br />
Ho dovuto superare diverse diffi-<br />
coltà tra le quali rimanere fermo<br />
per un certo periodo di tempo,<br />
almeno a livello discografico e<br />
poi tirare le somme per lanciare<br />
un messaggio con un sound<br />
omogeneo e concreto senza troppa<br />
dispersione di energie.<br />
Come nasce il disco e perché<br />
l’ambizione racchiusa nell’attributo<br />
“volume 1”?<br />
Il disco nasce da una selezione<br />
di brani che avevano qualcosa in<br />
comune, una selezione basata su<br />
sound e tematiche, spesso di separazione<br />
e rinascita. Sono rimasti<br />
fuori tutta una serie di brani<br />
già composti e in parte arrangiati.<br />
Da qui l’ambizione di un volume<br />
due che parli anche di loro.<br />
Come nasce “Mi sento in orbita”<br />
e perché l’hai scelta come<br />
singolo?<br />
Ho presentato questo brano in<br />
Fonoprint il giorno prima che<br />
iniziassero le registrazioni ufficiali,<br />
avevo una bozza della quale<br />
mi convinceva molto il ritornello<br />
e in generale il climax, l’ho sentito<br />
molto pulp, adrenalinico e<br />
noir allo stesso tempo. Tirando<br />
36<br />
37
le somme e confrontandomi con<br />
tutto lo staff della Fonoprint abbiamo<br />
deciso di lanciarlo come<br />
primo singolo perché sembrava<br />
quello più appropriato a dare un<br />
messaggio di rottura di cui avevo<br />
bisogno. È la traccia più rock<br />
dell’album senza ombra di dubbio<br />
insieme a Un’ora fa.<br />
Hai presentato il disco con un<br />
tour australiano: come mai questa<br />
scelta?<br />
Sono stato contattato da un organizzatore<br />
di eventi australiano il<br />
quale mi ha proposto questo Italian<br />
National Ball nel quale erano<br />
presenti diverse<br />
figure<br />
diplomatiche<br />
ed esponenti<br />
di eccellenze<br />
enogastronomiche<br />
e aziendali<br />
italiane. Ho<br />
vissuto come<br />
un onore<br />
rappresentare<br />
l’Italia dal<br />
punto di vista<br />
artistico nel<br />
giorno della<br />
festa della<br />
repubblica<br />
presentando<br />
il mio nuovo<br />
album in un<br />
evento così<br />
importante.<br />
È stata una bella esperienza anche<br />
se tre concerti in dieci giorni<br />
con ventiquattro ore di viaggio<br />
alle spalle....non è stata una passeggiata<br />
diciamo :)<br />
Cosa ti ha regalato l’esperienza<br />
a “The Voice”? Ti sentiresti di<br />
consigliarla a un emergente?<br />
Mi ha fatto maturare molto dal<br />
punto di vista professionale, ho<br />
capito quali sono i pro e i contro<br />
della televisione ma ho capito<br />
soprattutto quanta determinazione<br />
e quanta struttura ci<br />
vogliano per affrontare questo<br />
mestiere con il sorriso. Dire che<br />
è dura è cosa risaputa. Non so se<br />
lo consiglierei a un artista emergente,<br />
dipende dal carattere, ci<br />
vuole molta fiducia in se stessi<br />
altrimenti ne esci spappolato e<br />
con l’immagine che “loro hanno<br />
di te”. Resta sicuramente una<br />
grande vetrina.<br />
38<br />
39
LE HEN<br />
Sono un trio che nasce a Bologna nel dicembre del<br />
2014 e che fa un punk come non si sentiva da un po’:<br />
il loro nuovo disco è “Alibi”, concentrato di energia e<br />
obiettivi polemici spesso molto precisi<br />
Una curiosità di partenza: qual è<br />
la storia della vostra band?<br />
Ci siamo conosciute casualmente<br />
a una festa di laurea di un compagno<br />
di corso di università della<br />
Totta, amico comune delle future<br />
Hen. Lui, appassionato di musica,<br />
sapeva che la Totta prendeva<br />
lezioni di chitarra da anni ma che<br />
suonava soltanto in casa da sola<br />
quando tutti erano fuori. Quella<br />
sera festeggiando tra spritz e gin<br />
fizz, ci siamo trovati nella sua villa<br />
in un giardino metafisico simile<br />
a un paradiso rock. Un gruppo<br />
hardcore intratteneva la serata e<br />
finito il concerto, l’amico invitò la<br />
Totta per suonare qualcosa.<br />
C: Sì era la mia prima volta, il<br />
terrore mi assalì. Mi sedetti imbarazzata<br />
e dal microfono cercai<br />
complicità tra quei muri d’amplificatori<br />
e riflettori. Arrivarono<br />
solo due ragazze stralunate, le<br />
stesse vegane con le quali avevo<br />
sbranato da poco una ruola gigante<br />
di lasagne. Neanche farlo<br />
apposta una si sedette alla batte-<br />
40<br />
41
ia e l’altra al basso. Non sapevo<br />
che sapessero suonare. Purtroppo<br />
realizzai subito che come me non<br />
sapevano suonare, ma ci eravamo<br />
già lanciate, incoscienti e aiutate<br />
dall’alcol, in una devastante interpretazione<br />
di Venus e Satisfaction.<br />
I: Ecco! Tra una laurea, le lasagne<br />
e un po’ di rock, sorsero così le<br />
mitiche Hen, naturalmente sui famosi<br />
colli punk di Bologna.<br />
Qual è il vostro “Alibi”? Quali<br />
sono le motivazioni del titolo del<br />
disco?<br />
Per noi l’alibi è un altrove<br />
che ci serve per respirare,<br />
per riappacificarci,<br />
come un suono che viene<br />
da lontano. Le parole<br />
sono importanti e amiamo<br />
estrapolarle dal loro<br />
contesto e inserirle in<br />
uno nuovo, a volte affine<br />
a volte arbitrario. Questo<br />
è il nostro alibi. L’album<br />
stesso ha fisicamente un<br />
lato A e un lato B. Ogni<br />
nostro brano è caratterizzato<br />
da giochi di parole,<br />
doppi significati<br />
e dietrologie varie che<br />
cercano di sdrammatizzare. Un<br />
linguaggio che definiremmo “anti-infarto”<br />
o, come diremmo qui a<br />
Bologna, “antismalvino”.<br />
Dichiarate di esservi buttate nel<br />
disco “senza rete”: come è andata<br />
la lavorazione dell’album?<br />
Abbiamo registrato allo Studio<br />
Spaziale di Bologna cercando di<br />
privilegiare la parte più emozionale<br />
a quella tecnica perché è il<br />
valore aggiunto che riteniamo<br />
di avere. Questo ha comportato<br />
anche delle imprecisioni, noi le<br />
chiamiamo “sporchitudini”, che<br />
in certi casi sono volute, si ispirano<br />
al mood degli anni ‘60 dove<br />
alcune inesattezze erano mantenute<br />
per ricreare le atmosfere che<br />
potevano nascere in un clima live.<br />
Queste sporcature erano aiutate<br />
dal suono del vinile ma erano imprecisioni<br />
che hanno in sé un loro<br />
fascino. Ci siamo date il permesso<br />
di mantenerle perché anche l’errore<br />
ha la sua bellezza. E dall’errore<br />
nasce l’alibi. Abbiamo cercato di<br />
trasformare i nostri limiti in un<br />
valore aggiunto, in una nostra<br />
componente espressiva, aiutate<br />
dalla sapiente produzione<br />
artistica di John Paoli, che ci<br />
ha supportate nel perseguire<br />
questa cifra stilistica.<br />
Era parecchio tempo che non<br />
sentivo un disco che meriti<br />
l’aggettivo “militante”…<br />
Grazie mille! Per noi è un<br />
complimento meraviglioso!<br />
Forse il lato vintage è dato,<br />
oltre dalla ricerca del clima<br />
live, dal fatto che abbiamo una<br />
passione per le atmosfere anni<br />
’60 e ’70, momento in cui le varie<br />
espressioni del rock hanno avuto<br />
origine. Anche se guardiamo alle<br />
mode con grande interesse, non<br />
ricoprono un ruolo così importante<br />
perché, si sa, passano. Ma<br />
la personale modalità di esprimersi<br />
no. Sicuramente vogliamo<br />
metterci la faccia rispetto a temi<br />
più difficili da affrontare perché<br />
pensiamo che se non si fa niente<br />
per cambiare le cose allora si è responsabili,<br />
ed è lì che ci si nasconde<br />
dietro a un alibi, nella sua accezione<br />
negativa.<br />
42<br />
43
GIORGIO STAMMATI<br />
Un bambino con il fucile sulla copertina di un<br />
disco, “La festa patronale”, che racconta molte<br />
storie di provincia con l’occhio del cantautore<br />
cresciuto un po’ per volta<br />
Comincerei dalla copertina: che<br />
cosa rappresenta il bambino con<br />
il fucile giocattolo della cover?<br />
Non è stato facile scegliere la copertina<br />
del disco. Ho optato alla<br />
fine per questa perchè mi serviva<br />
qualcosa di emblematico, ma anche<br />
imperfetto, sporco. Il bambino<br />
armato a una festa patronale<br />
ci dice che anche in un tranquillo<br />
ambiente di paese, festoso e rassicurante<br />
con le sue certezze (come<br />
il carretto con il muso di porco),<br />
si celano battaglie, frustrazioni e<br />
dubbi. Ringrazio Emanuele<br />
e Giacomo Forte e il piccolo<br />
Diego per aver ideato e realizzato<br />
la foto.<br />
Sembra che le canzoni siano<br />
cresciute un po’ per volta.<br />
Come è nato questo lavoro?<br />
E’ vero, il progetto è stato una<br />
lenta e mutevole costruzione.<br />
Sono partito da solo a scrivere<br />
canzoni nei miei primi<br />
anni universitari senza troppa<br />
cognizione di quello che<br />
stavo facendo; nel corso di
cinque anni ho cambiato gusti,<br />
ascolti, idee e band alla ricerca<br />
di una identità cantautoriale, che<br />
ovviamente è ancora in divenire.<br />
Questo lungo percorso però mi<br />
ha permesso di guardare con un<br />
occhio più distaccato (per quanto<br />
possibile) il materiale che avevo<br />
tra le mani e decidere cosa tenere,<br />
cosa buttare e cosa cambiare. La<br />
svolta è arrivata con la formazione<br />
della band con cui tutt’ora suono,<br />
composta da Giovanni Iacovella<br />
alla batteria, Marco Agesti al basso<br />
e Giacomo Forte alle tastiere,<br />
amici con i quali ho trovato subito<br />
una giusta dimensione musicale<br />
nella quale costruire La festa patronale,<br />
che infatti è nato dopo<br />
solo qualche mese di lavori in sala.<br />
Nel disco dunque ci sono canzoni<br />
scritte nei primissimi tempi e<br />
canzoni scritte più recentemente,<br />
un mix, questo, che conferisce<br />
un’idea di cambiamento, dalle più<br />
giovanili A clean house o Il parere<br />
del timido alle più consapevoli La<br />
festa patronale o Il pomeriggio, e<br />
crescendo si sa, ci si incupisce.<br />
Si sente un’aria da anni ‘90 nelle<br />
tue canzoni. Quali sono i tuoi<br />
ascolti abituali?<br />
Per la costruzione del disco non<br />
abbiamo deciso di seguire a priori<br />
dei particolari filoni musicali,<br />
non mi sono affidato a specifici<br />
riferimenti (troppi pochi mezzi e<br />
troppa poca tecnica per farlo) ma<br />
è stato il naturale mix di gusto e<br />
capacità di ogni componente della<br />
band. Ovviamente si, il gusto<br />
musicale si forma soprattutto con<br />
l’ascolto, che per quato mi riguarda<br />
è piuttosto variegato anche se<br />
pigro: da Manu Chao ai Nirvana,<br />
dall’indie italiano a Ozzy Osbourne,<br />
da De Gregori a Sufjan Stevens.<br />
Mi sembra che “La festa patronale”<br />
sia anche il pezzo attorno<br />
al quale gira l’ep. Come nasce?<br />
Vero, “La festa patronale” è il fulcro<br />
tematico del lavoro, per questo<br />
ho dato al disco il nome di questa<br />
canzone. La festa patronale è per<br />
definizione una festa, appunto, ma<br />
non sempre ci si diverte. Se non<br />
hai mai provato altro, se non hai<br />
alternativa è più un rimpiangere<br />
quello che non c’è che un godersi<br />
quello che ti si offre, è più un soffrire<br />
la piccolezza della situazio-<br />
ne che il godersi la genuina semplicità<br />
della cosa: esci, incontri i<br />
tuoi zii, vedi i fuochi (ogni anno<br />
più poveri), incotri i soliti amici<br />
(ogni anno più stempiati), mangi<br />
il panino con la porchetta (che è<br />
buono, per carità, pero..), ti compri<br />
l’ennesimo laser, vai sulla Nave<br />
Pirata e poi torni a casa col motorino<br />
tra le imprecazioni in dialetto<br />
per il traffico impazzito<br />
e pensi ai tuoi amici che<br />
vivono fuori, che girano<br />
il mondo, che chissà che<br />
lingue stanno parlando in<br />
quel momento, chissà che<br />
avventura assurda hanno<br />
fatto quella sera, magari<br />
hanno visto i Pirati veri,<br />
non quelli della nave giostra.<br />
Ma magari no, anzi<br />
sicuramente no. In questo<br />
contesto si articolano le<br />
storie delle varie canzoni:<br />
il timido, il solito pub, i<br />
pomeriggi persi e le altre.<br />
Insomma ognuno parla di<br />
quello che più o meno conosce.<br />
Come vedi questo disco:<br />
opera a sé stante o anticipazione<br />
di un album?<br />
Consapevole del fatto che si tratti<br />
di un inizio posso però considerarla<br />
un’opera autonoma. Ho qualche<br />
nuovo brano in cantiere nato<br />
da spunti e atmosfere molto diverse<br />
e che quindi mi piacerebbe raccogliere<br />
in un disco nuovo, ma c’è<br />
ancora molto lavoro da fare.<br />
46<br />
47
ENJOY THE VOID<br />
Enjoy the Void è un progetto alternative<br />
rock nato a Sapri (SA)<br />
nell’autunno del 2015, la cui idea<br />
originaria risale, però, ai primi<br />
mesi del 2014, quando Sergio Bertolino<br />
viveva a Manchester. Oggi<br />
la band è un sestetto che esordisce<br />
con un disco omonimo di rock<br />
alternativo. Si parte da The Most<br />
Sublime, traccia che ha un ingresso<br />
molto graduale, per poi sviluppare<br />
tutta un’atmosfera tra electro<br />
e new wave, con evidenti venature<br />
romantiche. Più acidificata<br />
Nanaqui, che presenta sviluppi<br />
articolati, fra cui un assolo di chitarra,<br />
sorretto da un groove molto<br />
continuo della sezione ritmica. Si<br />
va su toni da ballad con Our Garden,<br />
rallentata e melodica. Il basso<br />
predomina nelle prime fasi di<br />
Doubt, ricca di funk. The Usual<br />
Blues segue traiettorie elettriche<br />
con un arredamento minimal del<br />
pezzo, almeno nelle prime battute.<br />
Something Strange vira su un<br />
pop elettronico, raffinato e risonante,<br />
con qualche nostalgia 80s<br />
e 90s. A Prayer accoglie note malinconiche.<br />
Dopo la breve Night<br />
ecco la cadenzata Don’t Tell me<br />
no, dai sapori black stemperati da<br />
un’elettricità di provenienza rock<br />
blues, con il basso in particolare<br />
evidenza. Stay Away prende una<br />
via soft con un pianoforte avvolto<br />
di situazioni psichedeliche, che<br />
poi si diffondono per tutto il brano.<br />
Si chiude con Song for the<br />
Forgotten One, con ritmi netti,<br />
inquietudine sparsa, oscurità minacciosa.<br />
Tanti gli ingredienti differenti<br />
usati dagli Enjoy the Void,<br />
per un risultato complessivamente<br />
fresco e realizzato in modo più<br />
che soddisfacente.<br />
DUTTY BEAGLE<br />
La campagna del rumore è il nuovo<br />
album di Dutty Beagle: nove<br />
brani in cui coesistono critica sociale<br />
e ironia, il reggae e il folk, il<br />
rap e il pop, il funk e il raggamuffin.<br />
«Senza voler essere complottista<br />
né sembrare troppo serio, il<br />
titolo “La campagna del rumore”<br />
si riferisce a quello che considero<br />
un vero e proprio progetto di destabilizzazione<br />
e desensibilizzazione<br />
degli esseri umani. Siamo circondati<br />
da ogni sorta di rumore:<br />
social network, pubblicità, spinte<br />
più o meno dirette a uniformarci,<br />
a sottometterci alla società del<br />
consumismo». C’è un lato di critica<br />
ma anche un atteggiamento<br />
tutto sommato ironico all’interno<br />
di Aperisushi, che apre su ritmi<br />
rilassati. Più energica Iammungenn,<br />
che sconfina nello ska e<br />
nel dialetto. Anche Isola utilizza<br />
il dialetto, ma in funzione molto<br />
più morbida e meno percussiva.<br />
Si procede poi con Fortuna, che<br />
vede la collaborazione di Andrea<br />
Tartaglia, molto determinata e<br />
oscura. Un rappato fitto anche con<br />
Vien’ cca’ e vira, che lascia spazio<br />
anche alla chitarra elettrica. Molto<br />
più melodica Tutturuttuttu,<br />
che scivola morbida con un po’ di<br />
maliconia e qualche nota di sax.<br />
Anche K vuo’ fa’ scende per pendii<br />
melodici, accompagnata anche<br />
dal pianoforte, ma approda anche<br />
a momenti acidi. Si procede con<br />
Tra le nuvole, che torna su toni<br />
ironici, prendendosela con i social.<br />
Chiusura di nuovo melodica<br />
e notturna con Mare amaro, storia<br />
di risacca e di “luna chiara”. Un<br />
disco intenso e motivato, quello di<br />
Dutty Beagle, che compila un discorso<br />
pregno e sensato.<br />
48<br />
49
I FIORI DI MANDY<br />
Esce il secondo ep ufficiale de I<br />
Fiori di Mandy: Carne. «Il titolo<br />
“Carne” è dedicato al quadro<br />
utilizzato per la copertina del disco,<br />
opera di Tonino Mattu, pittore<br />
oristanese che ha deciso di<br />
prestarci questa sua bellissima<br />
creatura”. Gli intenti della band si<br />
capiscono dalla prima traccia, Invadere,<br />
che cerca da subito di torcere<br />
le budella dell’ascoltatore. Si<br />
prosegue con Karter, che si rivela<br />
presto riferita a “Hurricane” Carter,<br />
protagonista della celeberrima<br />
canzone di Dylan nonché del film<br />
con Denzel Washington. Ma dallo<br />
spunto iniziale I Fiori di Mandy<br />
procedono, con dolore, lentezza e<br />
influssi elettrici. In virtù del piovere<br />
si rivela una danza che ha<br />
tratti ossessivi, con chitarra e basso<br />
completamente ingaggiati nel<br />
discorso e ispirazioni che possono<br />
far pensare ai primissimi Litfiba.<br />
Ma la canzone ha molte facce e<br />
si spezza in due, portando con sé<br />
un incedere pericoloso e psichedelico.<br />
Quelli di ieri parte piano,<br />
veleggia su orizzonti dolceamari,<br />
con il basso ancora in buona vena<br />
e il gusto per le immagini forti<br />
sempre presente. Mandria arriva<br />
modulando i ritmi, e usa più il fioretto<br />
che la spada, spagnoleggiando<br />
qui e là. Tra le storie la storia<br />
chiude l’ep optando per modalità<br />
morbide, sulle prime. Ma poi<br />
non ce la fa e rompe gli argini,<br />
lasciando ampio spazio di libertà<br />
agli strumenti e scatenandoli in<br />
una sorta di danza tribale finale.<br />
La personalità della band è molto<br />
spiccata, la capacità di scrittura da<br />
tenere presente, rabbia ed energia<br />
talmente evidenti che è inutile anche<br />
menzionarle.<br />
ALEXEIN MEGAS<br />
È in uscita il tuo nuovo video e<br />
singolo: perché hai scelto proprio<br />
questo brano?<br />
The White Bird rappresenta uno<br />
stato mentale appartenente all’essere<br />
umano. Tutti che si affannano<br />
per raggiungere i propri obbiettivi<br />
perdendo di vista il vero<br />
scopo di ogni singolo respiro, di<br />
ogni attimo condiviso con gli altri.<br />
Lo stato di prigionia delle persone<br />
è rappresentato dalla gabbia<br />
bianca, che stringe in una morsa<br />
la vita del ragazzo, angosciato e<br />
dolorante. A metà della storia il<br />
ragazzo cade in un sonno profondo<br />
e tribolato, tanto da iniziare a<br />
confondere il sogno con la realtà,<br />
rischiando di impazzire. Inizia la<br />
sua rincorsa verso la gabbia che<br />
fino ad allora era stata come una<br />
compagna sempre presente, sebbene<br />
indesiderata. L’ultima scena<br />
ci regala un messaggio sottile: il<br />
ragazzo che lascia andare la gabbia<br />
per impugnare la chitarra vuole<br />
rappresentare la liberazione dalla<br />
sua prigionia con l’ingresso in<br />
un luogo sconosciuto e spazioso,<br />
ma che rappresenta pur sempre<br />
una gabbia.<br />
A fine settembre uscirà il tuo<br />
nuovo lavoro: ci puoi raccontare<br />
come sarà?<br />
The White Bird sarà composto da<br />
dieci tracce: un percorso tortuoso<br />
tra stati emotivi, urla di rabbia,<br />
bisogno di solitudine e voglia di<br />
amore e libertà. Si tratta del percorso<br />
della mente di un artista,<br />
con ostacoli sul proprio cammino.<br />
Emotivamente instabile, esaspera<br />
le sue reazioni, rivolgendo le proprie<br />
urla verso lo spazio. Soltanto<br />
l’amore verso se stesso e verso gli<br />
altri, permetterà ai suoi reali sentimenti<br />
di venir fuori.<br />
50<br />
51
STEFANO DENTONE<br />
& ANTONIO GHEZZANI<br />
Sedici canzoni con testi in italiano e in inglese:<br />
“Spirali Impazzite” è il titolo del nuovo lavoro<br />
in studio del duo livornese con all’attivo già due<br />
album<br />
Siete arrivati al terzo disco: in<br />
che cosa è diverso “Spirali impazzite”<br />
dai precedenti?<br />
Ogni disco che abbiamo fatto è<br />
stato diverso. Teatro Staller era un<br />
album registrato in diretta come<br />
si faceva ai tempi d’oro del rock e<br />
aveva un impianto sonoro davvero<br />
“roots” con le nostre sole due<br />
chitarre e la voce. I Pugilatori aveva<br />
un sound molto classic rock<br />
con l’utilizzo della full band e le<br />
chitarre elettriche in primissimo<br />
piano.
Spirali Impazzite è senza dubbio<br />
quello dei tre con l’anima più<br />
folk. Ovviamente s’è conservato<br />
l’impianto full band e le chitarre<br />
elettriche graffiano a dovere, ma è<br />
caratterizzante il maggior utilizzo<br />
di strumenti acustici e della tradizione<br />
come mandola, mandolino<br />
e chitarre classiche antiche dei<br />
primi del Novecento. In più Spirali<br />
Impazzite, a livello di testi, ha<br />
molti più elementi che riguardano<br />
il nostro vissuto. Questo ultimo è<br />
stato un anno davvero intenso per<br />
noi e lo si può respirare in ogni<br />
parola che abbiamo scritto.<br />
State mantenendo il ritmo di un<br />
disco l’anno e in più questo conta<br />
su ben sedici canzoni: da dove<br />
deriva questa iperproduttività?<br />
Siamo sempre stati produttivi…<br />
anche I Pugilatori aveva sedici<br />
tracce e Teatro Staller addirittura<br />
diciannove. Siamo due autori<br />
prolifici e ci piace fare quello che<br />
vogliamo senza curarci delle convenzioni.<br />
Oggi un disco deve avere<br />
al massimo dodici tracce altrimenti<br />
rischi di stufare la gente…<br />
noi ce ne sbattiamo altamente! Se<br />
abbiamo cose da dire le diciamo<br />
e ci prendiamo tutto il tempo per<br />
dirle. Essere indipendenti veri (!),<br />
come siamo noi, ti permette questi<br />
lussi.<br />
Come mai la scelta di scrivere<br />
qualche canzone in italiano e<br />
qualcuna in inglese?<br />
Quelle in italiano sono sempre di<br />
più. Siamo italiani e ci è più naturale<br />
farlo, anche se per il rock è<br />
più difficile… però il nostro è un<br />
genere anglosassone ed è giusto<br />
scriverlo anche in inglese. Bisogna<br />
vedere la cosa nella stessa ottica<br />
della musica folk: la musica napoletana<br />
è scritta in dialetto, quella<br />
è la sua lingua madre. La lingua<br />
madre del rock’n’roll è l’inglese.<br />
Come nasce “Centro benessere”,<br />
a mio parere fra le più interessanti<br />
del disco?<br />
Centro Benessere nasce da una<br />
riflessione avvenuta dopo un periodo<br />
di sofferenza. Dal fatto che,<br />
quando si soffre, ci si affoga nel<br />
tormento… alla fine, proprio l’attraversare<br />
questo stesso tormento,<br />
diventa catarsi e ci si libera dalle<br />
scorie del dolore.<br />
Qual è la versione live del vostro<br />
duo? Che cosa si deve aspettare<br />
chi vi viene a vedere dal vivo?<br />
Noi siamo due rockettari nel senso<br />
tradizionale del termine…<br />
quando ci esibiamo live abbiamo<br />
tre formule: una full band completa,<br />
un trio accompagnato dal<br />
nostro percussionista e la versione<br />
duo che è quella che preferiamo.<br />
In duo siamo<br />
semi-acustici<br />
con<br />
una chitarra<br />
elettrica<br />
e, appunto,<br />
una acustica.<br />
Non ci risparmiamo<br />
mai… i nostri<br />
concerti<br />
sfiorano<br />
sempre le<br />
tre ore e andiamo<br />
fieri<br />
di dire che<br />
sono concerti<br />
veri e<br />
propri, perché<br />
noi suoniamo<br />
soltanto musica originale.<br />
Quindi chi viene ad ascoltarci, si<br />
deve aspettare un concerto rock<br />
vero e proprio. Ci piace suonare<br />
dal vivo e crediamo sia la base<br />
per ogni musicista. Se non ti piace<br />
farlo o se, come si sente dire tante<br />
volte, ti stanca, cambia mestiere<br />
che è meglio… oppure non fare il<br />
rock’n’roll.<br />
54<br />
55
FABIO CUOMO<br />
Fabio Cuomo, polistrumentista<br />
da sempre attivo nel circuito<br />
underground genovese, pubblica<br />
“Sette studi tra quiete e<br />
inquietudine”: musica strumentale<br />
sperimentale composta<br />
e suonata in totale autonomia,<br />
i cui ingredienti sono per lo più<br />
la musica ambient, jazz, classica,<br />
drone e progressive<br />
Vorrei capire fin da subito perché<br />
hai deciso di concentrare la<br />
tua ricerca musicale di questo<br />
periodo su un tema come l’inquietudine<br />
In realtà quello che ho voluto qui<br />
dipingere non è soltanto l’inquietudine,<br />
ma il rapporto tra la quiete<br />
e quest’ultima; due concetti molto<br />
più mescolati e interdipendenti di<br />
quanto possa sembrare ad un’analisi<br />
superficiale. Diciamo che ho<br />
sentito l’esigenza di scrivere i sette<br />
brani in questione per “raccontare”<br />
lo stare dell’uno dentro l’altro…..<br />
per spiegare meglio il concetto<br />
dico spesso questo: ”Spesso<br />
una persona è quieta solamente<br />
perché sa gestire la propria inquietudine,<br />
e spesso una persona<br />
è inquieta solamente perché non<br />
sa gestire la propria quiete”.<br />
I tuoi brani spesso partono dal<br />
pianoforte e poi prendono derive<br />
difficili da prevedere. Ci puoi<br />
spiegare come componi?<br />
Il mio modo di comporre si può<br />
dividere in tre fasi: - Decidere<br />
i “gusti” che si vogliono ottenere;<br />
ossia mi chiarisco bene cosa<br />
decido di esprimere e che sensazioni<br />
voglio dare nei vari momenti<br />
della composizione e nel<br />
suo complesso. - Decidere gli<br />
“ingredienti” da usare; ossia scelgo<br />
che strumenti, suoni, effetti,<br />
tipo di produzione ecc… usare<br />
a seconda della prima fase; e soprattutto<br />
nel caso di synth e suoni<br />
sintetici “creare” dei suoni ap-<br />
56<br />
57
positamente per lo scopo e per le<br />
parti che andrò a fare. - Decidere<br />
la “preparazione” da usare; ossia<br />
scegliere sempre in funzione della<br />
prima fase gli arrangiamenti e le<br />
armonie da usare. Soprattutto per<br />
quanto riguarda i modi, che sono<br />
poi i veri e propri colori della musica.<br />
Come nasce “Starship Journey”?<br />
Starship Journey è stata scritta immaginando<br />
appunto un’ipotetica<br />
“crociera spaziale” in tutte le sue<br />
fasi; la partenza, le varie tappe; sia<br />
movimentate tra vortici di stelle<br />
che lente e contemplative nella vastità<br />
del cosmo, e in fine un tranquillo<br />
atterraggio.<br />
Una curiosità: sul tuo sito c’è una<br />
lista lunghissima di synth, pedali,<br />
effetti che utilizzi per le tue<br />
composizioni. Quando ti esibisci<br />
dal vivo riduci il “bagaglio” allo<br />
stretto necessario oppure ami<br />
avere tutto a portata di mano?<br />
Non uso strumenti virtuali; non<br />
tanto perché sia contro o abbia<br />
delle riserve sulla loro qualità<br />
quanto per il fatto che non è il<br />
mio modo di lavorare, soprattutto<br />
per quanto riguarda la fase di costruirmi<br />
suoni ad hoc, nella quale<br />
uso moltissimo i pedalini che lavorano<br />
molto meglio con sorgenti<br />
“vere”. Per quanto riguarda il discorso<br />
live uso solo una piccola<br />
parte della mia strumentazione<br />
essenzialmente per due motivi:<br />
ridurre il bagaglio come dici te, e<br />
ridurre per cosi dire la “libreria”<br />
di suoni possibili che non avrebbe<br />
senso usare interamente in un<br />
live intero per quanto lungo possa<br />
essere…. Diciamo che, fatti i conti<br />
con la trasportabilità e la gestibilità<br />
in generale, mi porto dietro le<br />
macchine che mi servono per produrre<br />
i suoni che decido di usare<br />
per quella determinata situazione.<br />
THE MINIMAL PIANO SERIES VOL.2<br />
Contest internazionale per la realizzazione di una produzione discograÞca<br />
LÕetichetta discograÞca BLUE SPIRAL RECORDS bandisce il Contest Internazionale di<br />
Composizione che ha come scopo la realizzazione del Cd ÒThe Minimal Piano Series Vol. 2Ó.<br />
Al contest potranno partecipare compositrici e compositori di qualsiasi nazionalitˆ senza limiti di<br />
etˆ ed è riservato a composizioni originali e inedite per pianoforte solo, pianoforte e elettronica,<br />
pianoforte e archi o qualsiasi altra combinazione che preveda il pianoforte come strumento<br />
principale del brano. Il carattere delle composizioni dovrˆ essere ispirato al general minimal.<br />
Il Cd sarˆ pubblicato con il titolo di The Minimal Piano Series vol. 2. Saranno scelti un numero<br />
variabile fra le 10 e le 14 composizioni per la realizzazione della compilation.<br />
Il disco sarˆ realizzato Þsicamente (graÞche, stampa cd label a colori, digipack 2 ante stampato a<br />
colori, booklet di 12 pagine, plastiÞcazione lucida, cellophanatura), sarˆ disponibile per la vendita<br />
sul sito www.bluespiralrecords.com e distribuito in digitale su tutte le piattaforme audio (iTunes,<br />
Spotify, Deezer, Amazon etc.). La Blue Spiral Records si riserva inoltre di distribuire il Cd nei<br />
maggiori negozi di dischi.<br />
I lavori e la relativa documentazione dovranno pervenire entro e non oltre il 30 settembre 2018.<br />
Le decisioni della giuria saranno rese pubbliche entro il 30 ottobre 2018.<br />
Per ulteriori informazioni visitare il sito www.bluespiralrecords.com oppure scrivere a<br />
bluespiralrecords@gmail.com<br />
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BLUVERTIGO,<br />
“LA CRISI”<br />
#quellochesentivo<br />
Singolo estratto da Zero - ovvero la famosa nevicata dell’85 (1999),<br />
La crisi fu in qualche modo l’ultimo successo dei “veri” Bluvertigo,<br />
quelli della trilogia chimica, quelli impegnati ancora a scardinare i<br />
luoghi comuni<br />
I Bluvertigo hanno saputo cogliere<br />
l’essenza degli anni ‘90, le<br />
influenze elettroniche e l’amore<br />
per la musica suonata, coniugate<br />
al genio creativo di un Morgan dai<br />
capelli rossi che ha sempre saputo<br />
sedurre le parole per ottenere da<br />
loro l’effetto ricercato.<br />
La crisi è un momento passeggero<br />
ma che si ripete nel tempo, che<br />
ciclicamente affiora sconvolgendo<br />
equilibri e costringendo a fare i<br />
conti con le realtà che non avevi<br />
preso in considerazione.<br />
Sto vivendo una crisi<br />
e una crisi c’è sempre ogni volta che<br />
qualcosa non va<br />
Usarla come giustificazione sarebbe<br />
un limite, eppure la sensazione<br />
di smarrimento deve essere vissuta<br />
e utilizzata come arma per allontanarsi<br />
dal quotidiano.<br />
so che rimarrò distratto per un po’<br />
quindi rimarrò altrettanto distante<br />
Perché quando succede, quando<br />
la crisi incombe, non soltanto ci<br />
si perde nei pensieri, ma si deve<br />
anche ritrovare il filo rosso che ci<br />
lega alle crisi altrui, che meglio<br />
rappresentano allontanamenti e<br />
riappacificazioni tra legittimi proprietari.<br />
quando arriva una crisi riaffiorano<br />
alcuni ricordi<br />
che credevo persi<br />
cosa penso di me cosa voglio da te<br />
dove sono cosa sono e perché<br />
Perché poi, alla fine, gli animi<br />
inquieti sono quelli che più facilmente<br />
vengono additati come folli,<br />
soltanto per avuto il coraggio<br />
di guardare dentro e ascoltare il<br />
rumore del proprio mare.<br />
molto spesso una crisi è tutt’altro<br />
che folle<br />
è un eccesso di lucidità<br />
La crisi non passa mai del tutto, si<br />
mette buona in un angolo, aspetta<br />
il momento per tornare a fare<br />
rumore. Lascia visibili i cambiamenti<br />
che ha causato, la larghezza<br />
di vedute, la profondità di pensiero,<br />
la lunghezza delle ombre della<br />
sera sulla sabbia.<br />
e malgrado sembri male<br />
cambia solo il modo di giudicare<br />
Chiara Orsetti<br />
60<br />
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