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Rivista bimestrale - anno XXII - Numero 4/<strong>2018</strong> - Sped. in abb. postale 70% - Filiale di Roma<br />
TERRITORIO CARTOGRAFIA<br />
GIS<br />
CATASTO<br />
3D<br />
INFORMAZIONE GEOGRAFICA<br />
FOTOGRAMMETRIA<br />
URBANISTICA<br />
GNSS<br />
BIM<br />
RILIEVO TOPOGRAFIA<br />
CAD<br />
REMOTE SENSING SPAZIO<br />
EDILIZIA<br />
WEBGIS<br />
UAV<br />
SMART CITY<br />
AMBIENTE<br />
NETWORKS<br />
LiDAR<br />
BENI CULTURALI<br />
LBS<br />
Lug/Ago <strong>2018</strong> anno XXII N°4<br />
La prima rivista italiana di geomatica e geografia intelligente<br />
Uno Standard per<br />
il Monitoraggio GNSS<br />
REPORT DA<br />
INTERGEO <strong>2018</strong><br />
ESPERIENZE ITALIANE SUL<br />
DISSESTO IDROGEOLOGICO<br />
AEROSPAZIO: NUOVE<br />
PROSPETTIVE TECNOLOGICHE
Porta il #fresh surveying nel tuo business con<br />
innovazioni uniche e pratiche di GeoMax<br />
30°<br />
(video) Zoom3D Catalogo Generale Zenith 35 Pro<br />
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works when you do
Banche dati delle Infrastrutture pubbliche<br />
come i cataloghi dei Monumenti<br />
È stata istituita la ANSFISA, l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e<br />
autostradali che, con decorrenza 1° gennaio 2019, ha il compito di garantire la sicurezza del sistema ferroviario<br />
nazionale e delle infrastrutture stradali e autostradali.<br />
È stato istituito l’AINOP, l'archivio informatico nazionale delle opere pubbliche, dei ponti, viadotti, cavalcavia<br />
stradali, strade, ferrovie, metropolitane, aeroporti, dighe, acquedotti, gallerie ferroviarie e stradali, porti e<br />
infrastrutture portuali ed edilizia pubblica.<br />
Per ognuna delle citate opere pubbliche dovranno essere acquisiti i dati tecnici, progettuali e di posizione<br />
con analisi storica del contesto e delle evoluzioni territoriali, i dati amministrativi riferiti ai costi sostenuti<br />
e da sostenere, i dati sulla gestione dell'opera anche sotto il profilo della sicurezza; lo stato e il grado di<br />
efficienza dell'opera e le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria, compresi i dati relativi al controllo<br />
strumentale dei sistemi di ritenuta stradale in acciaio o in cemento, la collocazione dell'opera rispetto alla<br />
classificazione europea, i finanziamenti, lo stato dei lavori, la documentazione fotografica aggiornata, il<br />
monitoraggio costante dello stato dell'opera anche con applicativi dedicati, sensori in situ e rilevazione<br />
satellitare, il sistema informativo geografico per la consultazione, l'analisi e la modellistica dei dati relativi<br />
all'opera e al contesto territoriale.<br />
E’ stato istituito lo IOP, un codice identificativo della singola opera pubblica, che contraddistingue e identifica<br />
in maniera univoca l'opera medesima riportandone le caratteristiche essenziali e distintive quali la tipologia,<br />
la localizzazione, l'anno di messa in esercizio e l'inserimento dell'opera nell'infrastruttura. A ciascuna opera<br />
pubblica, identificata tramite il Codice IOP, sono riferiti tutti gli interventi di investimento pubblico,<br />
realizzativi, manutentivi, conclusi o in fase di programmazione, progettazione, esecuzione, che insistono<br />
in tutto o in parte sull'opera stessa, tramite l'indicazione dei rispettivi Codici Unici di Progetto (CUP), di<br />
cui all'art. 11 della legge 16 gennaio 2003, n. 3. L'AINOP, attraverso la relazione istituita fra Codice IOP e<br />
CUP, assicura l'interoperabilità con la BDAP, istituita presso la Ragioneria Generale dello Stato - Ministero<br />
dell'economia e delle finanze.<br />
Il dettato legislativo del cosiddetto Decreto Genova aggiunge che si attiverà in via sperimentale, un sistema<br />
di monitoraggio dinamico da applicare alle infrastrutture stradali e autostradali, quali ponti, viadotti, rilevati,<br />
cavalcavia e opere similari, individuate dal Ministero stesso con apposito decreto, che presentano condizioni<br />
di criticità connesse al passaggio di mezzi pesanti. A tal fine, i gestori delle opere dovranno dotarsi di appositi<br />
apparati per operare il controllo strumentale costante delle condizioni di sicurezza delle infrastrutture stesse<br />
anche utilizzando il Building Information Modeling - BIM. Il citato Sistema di monitoraggio dinamico per la<br />
sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali in condizioni di criticità reca l'identificazione delle opere<br />
soggette a monitoraggio tramite il Codice IOP.<br />
L’ambita Banca Dati delle opere seguirà probabilmente l’esperienza del Catalogo Unico delle opere d’arte,<br />
gestita dall’ICCD del MiBAC, avviando campagne di documentazione, rilievi, analisi e monitoraggio dello<br />
stato di conservazione, in analogia a quanto effettuato sempre dal MiBAC per la Conservazione e il Restauro<br />
dei Monumenti.<br />
E se pensiamo che molte di queste opere iniziano ad essere abbastanza anziane per poter ambire ad essere<br />
considerate alla stregua dei monumenti, probabilmente qualche riflessione dovremmo porcela sul perchè si<br />
distrugga un’opera d’arte, come il viadotto Polcevera di Genova, solo perché non è stata effettuata la relativa<br />
manutenzione.<br />
Anche il Colosseo è parzialmente crollato, ma non per questo si demolisce tutto.<br />
Buona lettura,<br />
Renzo Carlucci
In questo<br />
numero...<br />
FOCUS<br />
REPORT<br />
LE RUBRICHE<br />
Sistemi di<br />
monitoraggio<br />
gnSS di strutture,<br />
infrastrutture e<br />
territorio: uno<br />
Standard<br />
di Fernando Sansò,<br />
Ludovico Biagi, Caldera<br />
Stefano, Lisa Pertusini<br />
6<br />
28 MERCATO<br />
46 AGENDA<br />
18<br />
Esperienze italiane<br />
sul Dissesto<br />
Idrogeologico<br />
tra Normativa ed<br />
Attuazione<br />
di Giuseppina Monacelli,<br />
Olimpia Spiniello<br />
In copertina un momento<br />
del workshop sul campo a<br />
Roma per il “Technology<br />
for All <strong>2018</strong>”, quinta<br />
edizione del forum dedicato<br />
all’innovazione tecnologica<br />
per il territorio e l’ambiente,<br />
i beni culturali e le smart city,<br />
dove è stato effettuato un<br />
campionamento di rilievo ad<br />
alta tecnologia di una porzione<br />
delle Mura Aureliane nei pressi<br />
della Piramide.<br />
Lo strumento inquadrato,<br />
ScanFly di 3D TARGET, è un<br />
sistema LiDAR affidabile, che<br />
utilizza la tecnologia Velodyne<br />
LiDAR per applicazioni di<br />
acquisizione della realtà da<br />
piattaforme aeree, terrestri e<br />
marine.<br />
30<br />
Nuove<br />
Prospettive<br />
Tecnologiche e<br />
di Servizio per<br />
l’Areospazio<br />
di Giovanni Nicolai<br />
geomediaonline.it<br />
<strong>GEOmedia</strong>, bimestrale, è la prima rivista italiana di geomatica.<br />
Da 20 anni pubblica argomenti collegati alle tecnologie dei<br />
processi di acquisizione, analisi e interpretazione dei dati,<br />
in particolare strumentali, relativi alla superficie terrestre.<br />
In questo settore <strong>GEOmedia</strong> affronta temi culturali e tecnologici<br />
per l’operatività degli addetti ai settori dei sistemi informativi<br />
geografici e del catasto, della fotogrammetria e cartografia,<br />
della geodesia e topografia, del telerilevamento aereo e<br />
spaziale, con un approccio tecnico-scientifico e divulgativo.
INSERZIONISTI<br />
3DTarget 29<br />
Report da<br />
Intergeo <strong>2018</strong><br />
34<br />
di Giacomo Uguccioni<br />
aerRobotix 12<br />
Epsilon 39<br />
Esri Italia 27<br />
Geogrà 16<br />
Geomax 2<br />
Getac 48<br />
GIS3W<br />
Gter 28<br />
Planetek Italia 17<br />
Stonex 47<br />
Studio SIT 15<br />
SIT Open Source<br />
per la divulgazione<br />
e la gestione delle<br />
42<br />
Teorema 46<br />
Topcon 45<br />
informazioni in ambito<br />
naturalistico<br />
di Walter Lorenzetti,<br />
Leonardo Lami, Francesco<br />
Boccacci, Davide Alberti<br />
41<br />
l'aerofototeCa<br />
nazionale<br />
raCConta…<br />
l'italia dal Cielo,<br />
Il satellite Sentinel-2 del<br />
programma europeo Copernicus<br />
per il monitoraggio<br />
del territorio, ci porta sopra<br />
Sharm El Sheik, in Egitto con<br />
una immagine acquisita in<br />
data 11 aprile 2017. Famoso<br />
resort dell’estremo meridionale<br />
della Penisola del Sinai,<br />
questa striscia costiera che si<br />
estende lungo il Mar Rosso<br />
è costellata di bar, ristoranti<br />
ed alberghi. Si ritiene che<br />
nell’antichità sia i greci che i<br />
romani trascorressero le loro<br />
vacanze in Egitto, già a partire<br />
dal IV Secolo a.C.<br />
Credits: modified Copernicus<br />
Sentinel data (2017), processed<br />
by ESA<br />
tra gUerra<br />
fredda e booM<br />
eConoMiCo di<br />
FRANCESCA POMPILIO<br />
una pubblicazione<br />
Science & Technology Communication<br />
Direttore<br />
RENZO CARLUCCI, direttore@rivistageomedia.it<br />
Comitato editoriale<br />
Vyron Antoniou, Fabrizio Bernardini, Mario Caporale,<br />
Luigi Colombo, Mattia Crespi, Luigi Di Prinzio, Michele<br />
Dussi, Michele Fasolo, Marco Lisi, Flavio Lupia, Luigi<br />
Mundula, Beniamino Murgante, Aldo Riggio, Mauro<br />
Salvemini, Domenico Santarsiero, Attilio Selvini,<br />
Donato Tufillaro<br />
Direttore Responsabile<br />
FULVIO BERNARDINI, fbernardini@rivistageomedia.it<br />
Redazione<br />
VALERIO CARLUCCI, GIANLUCA PITITTO,<br />
redazione@rivistageomedia.it<br />
Diffusione e Amministrazione<br />
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Comunicazione e marketing<br />
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Progetto grafico e impaginazione<br />
DANIELE CARLUCCI, dcarlucci@rivistageomedia.it<br />
MediaGEO soc. coop.<br />
Via Palestro, 95 00185 Roma<br />
Tel. 06.64871209 - Fax. 06.62209510<br />
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ISSN 1128-8132<br />
Reg. Trib. di Roma N° 243/2003 del 14.05.03<br />
Stampa: SPADAMEDIA srl<br />
VIA DEL LAVORO 31, 00043 CIAMPINO (ROMA)<br />
Editore: mediaGEO soc. coop.<br />
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Gli articoli firmati impegnano solo la responsabilità dell’autore. È vietata la<br />
riproduzione anche parziale del contenuto di questo numero della Rivista in<br />
qualsiasi forma e con qualsiasi procedimento elettronico o meccanico, ivi inclusi i<br />
sistemi di archiviazione e prelievo dati, senza il consenso scritto dell’editore.<br />
Rivista fondata da Domenico Santarsiero.<br />
Numero chiuso in redazione il 30 ottobre <strong>2018</strong>.
FOCUS<br />
Sistemi di monitoraggio GNSS di strutture,<br />
infrastrutture e territorio: uno Standard<br />
di Fernando Sansò, Ludovico Biagi, Caldera Stefano, Lisa Pertusini<br />
L’esperienza di uno<br />
spin-off del Politecnico<br />
di Milano nella Ricerca<br />
e Sviluppo di soluzioni<br />
innovative nel campo<br />
del monitoraggio GNSS<br />
a basso costo<br />
Fig. 1 - Monitoraggio di un ponte: nella configurazione a) si vedono solo le deformazioni<br />
della struttura, nella configurazione b) si vede anche lo spostamento del ponte rispetto<br />
all’ambiente circostante.<br />
“Ho insegnato per oltre 10 anni un corso<br />
dal titolo Topografia e fenomeni aleatori,<br />
dedicato agli studenti del Corso di laurea<br />
in Ingegneria Civile del Politecnico di<br />
Milano. Scopo principale del corso era far<br />
comprendere il nesso profondo esistente<br />
tra tecnologie topografiche/geodetiche per<br />
il rilevamento degli spostamenti di punti<br />
e metodi statistici di analisi dei dati per<br />
valutare la significatività e la regolarità o<br />
meno di segnali di deformazione nel tempo.<br />
Dopo molti anni di ricerca e di esperienza<br />
nel settore, con l’avvento di strumenti<br />
satellitari (GNSS) sento la necessità di<br />
proporre uno standard per la messa in<br />
opera di un sistema di monitoraggio<br />
GNSS che non sia visto come una pura<br />
installazione di hardware (HW) più o<br />
meno tecnologicamente avanzato. Faccio<br />
questo, con colleghi coautori dell’articolo,<br />
sia nella mia veste di Professore Emerito<br />
del Politecnico di Milano, che di Presidente<br />
di GReD, uno spin-off del Politecnico<br />
che lavora da 6 anni nel campo del<br />
monitoraggio. In particolare tutti i dati dei<br />
sistemi di monitoraggio discussi nell’articolo,<br />
nonché molte delle soluzioni concrete date<br />
alle questioni di analisi dei dati, sono basate<br />
sull’esperienza fatta con GReD”.<br />
Fernando Sansò<br />
Il monitoraggio geodetico<br />
per punti<br />
Ci proponiamo nei prossimi<br />
paragrafi di dimostrare con<br />
diversi esempi che le osservazioni<br />
GNSS, anche eseguite con<br />
strumenti di costo assai basso<br />
(Low Cost, LC) sono competitive<br />
con quelle classiche quanto<br />
a precisione, ma sono anche<br />
capaci di dare una immagine<br />
continua nel tempo dello spostamento<br />
dei punti, agendo in<br />
modo totalmente automatico,<br />
Fig. 2 - Uno schema a stella per<br />
il monitoraggio di {P 1<br />
,P 2<br />
,P 3<br />
} con<br />
riferimento in Q a sua volta monitorato<br />
da stazioni di un servizio<br />
permanente, S 1<br />
e S 2<br />
.<br />
connettendo punti tra loro non<br />
visibili, in tutte le condizioni di<br />
tempo e fornendo informazioni<br />
utili con una latenza fino ad<br />
un’ora.<br />
Passeremo poi a fissare i requisiti<br />
(gli standard) che devono<br />
essere soddisfatti affinché un<br />
sistema di monitoraggio fornisca<br />
i risultati di accuratezza,<br />
affidabilità e latenza richiesti<br />
dall’utenza.<br />
Lo scopo finale del monitoraggio,<br />
tralasciando gli aspetti<br />
6 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>
FOCUS<br />
geofisici che sono al di fuori<br />
del tema di questo articolo, è<br />
in questo ambito quello della<br />
prevenzione/mitigazione dei<br />
danni provenienti da rischi di<br />
tipo strutturale e/o naturale,<br />
specie in ambito geotecnico e<br />
idrogeologico. Intendiamo qui<br />
focalizzarci su casi in cui la rete<br />
di monitoraggio sia contenuta<br />
in un’area di diametro massimo<br />
di 10 km.<br />
Sebbene i comportamenti fisici<br />
di una struttura e di una porzione<br />
di terreno siano in genere<br />
assai diversi, all’approssimarsi<br />
di un evento disastroso si manifestano<br />
caratteristiche simili<br />
tra loro. Tipico è che l’oggetto<br />
del monitoraggio presenti sia<br />
un moto lento e regolare, su<br />
scale lunghe di tempo (tra alcuni<br />
giorni e alcuni anni) che<br />
comunque assume una forma<br />
statisticamente stazionaria, sia<br />
un moto a scala di tempo più<br />
breve, spesso legato a fattori<br />
ambientali quale la temperatura,<br />
ma comunque stazionario, e che<br />
in presenza di qualche fattore<br />
scatenante (ad esempio l’accumulo<br />
di affaticamento di una<br />
struttura o la presenza di una<br />
pioggia intensa su una frana)<br />
esca dal regime stazionario accelerando<br />
il proprio moto, fino a<br />
raggiungere un momento di rottura<br />
con un moto discontinuo<br />
che segnala il sopraggiungere di<br />
un disastro.<br />
Queste osservazioni permettono<br />
di definire alcuni requisiti<br />
importanti del monitoraggio<br />
in continuo. L’andamento a<br />
tempi lunghi potrà essere colto<br />
con serie temporali di una soluzione<br />
al giorno. L’accuratezza<br />
delle coordinate della soluzione<br />
giornaliera dovrà stare tra 1 e 2<br />
millimetri, così che il modello<br />
di trend abbia uno s.q.m. della<br />
previsione submillimetrico.<br />
Questo dovrebbe permettere<br />
di recepire deviazioni dal moto<br />
di fondo in tempi che vanno<br />
Fig. 3 - Andamento dell’indice 〖GF (t+1)<br />
-〖G 〗t<br />
per un ricevitore LC ed un satellite,<br />
della durata di 4440 epoche (ogni 5 s), corrispondenti a circa 6 ore di tracciamento;<br />
la media dell’indice è -2 mm e lo s.q.m. è di circa 50 cm. Si distinguono alcuni<br />
spike che potrebbero corrispondere a grandi c.s.<br />
Fig. 4 - L’indice ∆ t<br />
∂L per una stazione e tutti i satelliti in vista; sulle ascisse il<br />
numero di epoche (ogni 30 s) e sulle ordinate l’indice in metri. Risulta evidente<br />
un grande c.s. per uno dei satelliti in vista, all’epoca 200, pari a -13Λ.<br />
del disegno della rete dei ricevitori<br />
GNSS.<br />
Hardware<br />
Diciamo subito che nel monitoraggio<br />
locale è opportuno<br />
dirigere la scelta verso ricevitori<br />
GNSS a basso costo (LC);<br />
questi infatti a parità di budget<br />
permettono di monitorare un<br />
maggior numero di punti e<br />
quindi rendono più efficace il<br />
monitoraggio. Come già sperimentato<br />
nella letteratura degli<br />
anni passati (Benedetti et al.<br />
2014, Biagi et al. 2016, Caldera<br />
et al. 2016, Gogoi et al. <strong>2018</strong>)<br />
ciò non va a detrimento dell’acdai<br />
10 ai 100 giorni, a seconda<br />
dell’entità della variazione.<br />
L’andamento a tempi più corti<br />
richiede soluzioni con una risoluzione<br />
temporale maggiore,<br />
ad esempio soluzioni orarie che<br />
tipicamente avranno una accuratezza<br />
inferiore; risoluzione ed<br />
accuratezza sono due parametri<br />
da analizzare di volta in volta in<br />
funzione del caso in esame.<br />
Progettazione e implementazione<br />
del sistema di monitoraggio<br />
GNSS<br />
Suddividiamo l’argomento secondo<br />
gli aspetti di HW e quelli<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 7
FOCUS<br />
curatezza: ulteriori esempi sul<br />
campo saranno riportati nel<br />
presente articolo.<br />
Tuttavia, essendo il punto monitorato<br />
il centro di fase dell’antenna,<br />
è necessario che questi<br />
presenti una stabilità compatibile<br />
con la precisione che si<br />
vuole ottenere e, ove possibile, è<br />
bene applicare alle osservazioni<br />
le correzioni del centro di fase<br />
in funzione di angolo d’altezza<br />
ed azimut della linea di vista<br />
del satellite (Rothacher 2001).<br />
Questo richiede una accurata<br />
scelta che bilanci il costo<br />
dell’antenna stessa con il suo<br />
rendimento.<br />
Un’altra funzionalità necessaria<br />
al sistema di monitoraggio è<br />
quella del controllo e della memorizzazione<br />
dei dati. Il controller,<br />
oltre a verificare il buon<br />
funzionamento di tutto l’apparato,<br />
ha il compito di imporre al<br />
ricevitore la frequenza di campionamento<br />
delle osservazioni.<br />
Questo permette di ridurre le<br />
richieste di trasmissione dei dati<br />
in periodi normali e invece di<br />
intensificarle in presenza di movimenti<br />
critici. Oltre che contenere<br />
una adeguata memoria, il<br />
modulo di monitoraggio deve<br />
avere una batteria che consenta<br />
il mantenimento autonomo dei<br />
dati, anche quando la stazione<br />
sia dotata di connessione alla<br />
rete elettrica. Va da sé che qualora<br />
la alimentazione ordinaria<br />
non sia possibile, occorre anche<br />
disporre di pannelli fotovoltaici<br />
opportunamente dimensionati.<br />
Inoltre l’unità di monitoraggio<br />
deve contenere un modulo<br />
per la trasmissione dei dati.<br />
La situazione ideale è che sia<br />
presente alla stazione una connessione<br />
internet che permetta<br />
di scaricare in modo continuo i<br />
dati stessi. Quando questa non<br />
sia presente, i dati andranno<br />
inviati tramite rete mobile o addirittura,<br />
per stazioni in siti non<br />
coperti da una rete telefonica,<br />
con una connessione di tipo<br />
satellitare.<br />
Infine un sistema di monitoraggio<br />
necessita di un centro<br />
di raccolta ed elaborazione dei<br />
dati (CRED). A parte gli aspetti<br />
SW di analisi dei dati, di cui ci<br />
occuperemo in seguito, è chiaro<br />
che il CRED deve in primo<br />
luogo raccogliere i dati ed archiviarli<br />
per un periodo che dipende<br />
da quando si pensa che possano<br />
essere sottoposti a nuove<br />
analisi. Inoltre il CRED dovrà<br />
mantenere i risultati delle analisi<br />
(stima delle posizioni e loro<br />
accuratezze) ed eventualmente<br />
di parametri ancillari, quali ad<br />
esempio i ritardi zenitali (di<br />
cui parleremo oltre), nonché<br />
costruire una interfaccia-utente<br />
che permetta all’utilizzatore<br />
di compiere varie azioni con<br />
i risultati del monitoraggio,<br />
dall’invio di messaggi di allerta<br />
con varie soglie di anomalia del<br />
comportamento dell’oggetto,<br />
alla consultazione retrospettiva<br />
delle serie temporali per periodi<br />
di interesse, alla rielaborazione<br />
con risoluzione temporale maggiore<br />
di particolari periodi.<br />
L’ultimo aspetto HW da considerare<br />
è quello della installazione<br />
della stazione, cioè del<br />
fissaggio dell’antenna GNSS<br />
all’oggetto da monitorare, che<br />
deve essere abbastanza rigido da<br />
garantire il mantenimento della<br />
posizione relativa a livello del<br />
decimo di millimetro.<br />
Disegno della rete<br />
In linea di principio un ricevitore<br />
GNSS è in grado, anche se<br />
isolato, di fornire la posizione<br />
del punto in un sistema di riferimento<br />
terrestre unificato<br />
(ITRF). Ciò tuttavia non è<br />
esattamente quello che serve per<br />
il problema che ci siamo posti;<br />
infatti ad esempio la velocità di<br />
un punto in ITRF comprenderà<br />
necessariamente anche le componenti<br />
tettoniche del moto<br />
della regione in cui hanno sede<br />
i fenomeni che vogliamo monitorare.<br />
Occorre infatti ben comprendere<br />
che gli spostamenti<br />
che interessano in un problema<br />
di monitoraggio devono essere<br />
relativi ad un sistema di riferimento<br />
istituito fisicamente<br />
nell’area di interesse, ad esempio<br />
creando una o più stazioni<br />
di riferimento. Ciò tra l’altro<br />
permette di andare ad un’analisi<br />
dei dati GNSS eseguita per<br />
basi (vedi oltre), che comunque<br />
fornisce il risultato più accurato<br />
in termini di posizionamento<br />
relativo.<br />
In ogni caso il punto (o i punti)<br />
di riferimento è quello che<br />
dà senso agli spostamenti che<br />
rileviamo, quindi è quello che<br />
consideriamo “fermo”.<br />
Per quanto riguarda le stazioni<br />
di riferimento, occorre dire che<br />
in generale vengono utilizzati<br />
ricevitori a due frequenze, per<br />
meglio garantire l’accuratezza<br />
della rete. Anche un singolo<br />
ricevitore è efficace come riferimento,<br />
se è disponibile nell’area<br />
un servizio di posizionamento<br />
(Barbarella et al., 2009) con<br />
una stazione permanente ad<br />
una distanza inferiore ai 30 km.<br />
Il lavoro sul campo svolto da<br />
GReD ci ha mostrato che anche<br />
un ricevitore LC a singola<br />
frequenza può svolgere il ruolo<br />
del riferimento, specie se è a sua<br />
volta monitorato da una rete di<br />
posizionamento regionale con i<br />
limiti sopraddetti.<br />
È poi chiaro che la rete di<br />
monitoraggio dovrà contenere<br />
stazioni GNSS sui punti<br />
significativi per i fenomeni che<br />
vogliamo tenere sotto controllo.<br />
Poiché il numero di punti<br />
è generalmente limitato dal<br />
budget, è essenziale che la scelta<br />
dei punti sia fatta da un esperto<br />
del processo deformativo da<br />
monitorare. Questa condizione,<br />
tuttavia, da sola non è sufficiente;<br />
occorre anche verificare che<br />
8 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>
FOCUS<br />
i siti delle stazioni monitorate<br />
abbiano, ove possibile, una ampia<br />
visibilità del cielo e, se necessario,<br />
una buona connessione<br />
GPRS. Naturalmente analoghi<br />
criteri valgono, se non di più,<br />
per la (le) stazione di riferimento.<br />
Infine un accenno al grafo<br />
della rete. Come si sa (Leick<br />
et al. 2015), per reti GNSS di<br />
maggiori dimensioni, c’è una<br />
tendenza a disegnare il grafo<br />
mantenendone i lati i più corti<br />
e omogenei possibile, rendendo<br />
così più efficiente l’analisi dei<br />
dati per differenze doppie; infatti<br />
in tal caso meglio si cancellano<br />
i termini perturbativi e con<br />
maggior probabilità si ha un<br />
tracciamento simultaneo degli<br />
stessi satelliti. Tuttavia, per reti<br />
di monitoraggio alla scala di cui<br />
stiamo parlando, questi criteri<br />
sono assai meno cogenti.<br />
Supposto che la stazione di<br />
riferimento abbia caratteristiche<br />
HW superiori alle stazioni<br />
monitorate, è bene che queste<br />
siano direttamente collegate a<br />
quella evitando che ad esempio<br />
un malfunzionamento di una<br />
stazione a cui ne siano connesse<br />
altre in serie, abbia a invalidarne<br />
i risultati. Ne segue che lo schema<br />
più elementare, ma efficiente<br />
di grafo per il monitoraggio<br />
di una piccola rete è quello a<br />
stella riportato in Fig.2.<br />
Analisi di dati GNSS: dalle<br />
osservazioni alle posizioni<br />
Con questo titolo intendiamo<br />
l’analisi di tutti i valori di codice<br />
e di fase raccolti da tutti<br />
i ricevitori del sistema, in un<br />
certo tempo (1 giorno, 1 ora,<br />
…) allo scopo di stimare una<br />
posizione (cioè coordinate 3D)<br />
di ognuno dei punti, rappresentativa<br />
di quel periodo, in un<br />
sistema di riferimento definito<br />
dalla stazione (stazioni) di riferimento.<br />
Il tempo di latenza del<br />
risultato può essere variabile tra<br />
1 ora e qualche giorno, a seconda<br />
dell’applicazione considerata.<br />
Vogliamo sottolineare che oggi,<br />
dati il numero delle costellazioni<br />
e dei satelliti tracciabili,<br />
anche da ricevitori LC, e data<br />
la aumentata stabilità dell’elettronica,<br />
il problema più importante<br />
dell’uso del GNSS nel<br />
monitoraggio sta nella capacità<br />
di evitare soluzioni generate da<br />
osservazioni spurie, non scambiandole<br />
per falsi spostamenti<br />
critici. In effetti è molto più<br />
importante sapere se un punto<br />
si muove di 10 cm in un giorno<br />
per davvero, o si tratta di un<br />
outlier, che non ottenere dall’algoritmo<br />
di stima una deviazione<br />
standard delle coordinate di 1<br />
mm piuttosto che di 1,5 mm.<br />
Per questo motivo è essenziale<br />
dividere l’analisi dei dati in preprocessamento,<br />
processamento<br />
e validazione del modello.<br />
Preprocessamento<br />
È una fase di analisi dei dati<br />
finalizzata a eliminare il più<br />
possibile dati spuri prima che<br />
questi vengano passati alla fase<br />
di processamento. In questa fase<br />
si cerca anche di determinare i<br />
grandi cycle slip (CS), cioè almeno<br />
quelli maggiori di 5 volte<br />
la lunghezza d’onda, ovvero di<br />
circa ±1m.<br />
Descriveremo qui 4 operazioni<br />
di preprocessing:<br />
1. selezione di dati basata<br />
sull’uso di un indice di<br />
inefficienza della connessione<br />
tra singolo ricevitore e<br />
singolo satellite; tale indice<br />
è il rapporto tra il numero<br />
teorico di osservazioni (codice<br />
e fase) che si dovrebbero<br />
trovare nel tempo ,<br />
con il campionamento prescritto,<br />
ed il numero vero<br />
di osservazioni ricevute dal<br />
CRED.<br />
2. Come è noto la combinazione<br />
Geometry Free (GF)<br />
di codice e fase è condizionata<br />
dal noise del codice,<br />
che possiamo pensare a<br />
livello dei 30 cm.<br />
La sequenza dei valori ,<br />
differenziata tra due tempi<br />
consecutivi nel periodo ,<br />
permette di individuare la<br />
presenza di eventuali grandi<br />
CS.<br />
3. Dopo un periodo iniziale<br />
di validazione del sistema<br />
di monitoraggio, le posizioni<br />
di tutti i punti in un<br />
riferimento locale possono<br />
considerarsi note, con al<br />
più qualche centimetro<br />
d’errore, anche in presenza<br />
di movimenti “veloci”.<br />
Ne segue che la distanza<br />
stazione-satellite è nota con<br />
errori inferiori ai 10/20<br />
cm, anche considerando<br />
l’errore delle effemeridi<br />
rilasciate da IGS con una<br />
latenza di circa due giorni<br />
per le rapide e circa due<br />
settimane per le precise. La<br />
variazione dell’ambiguità di<br />
fase è nulla se, nel periodo<br />
considerato, non intervengono<br />
CS. Pertanto, calcolando<br />
dal valore di range e<br />
dalla correzione di orologio<br />
stimata con il solo codice,<br />
per tutti i satelliti in vista, e<br />
successivamente calcolando<br />
le differenze tra due epoche<br />
della fase corretta da , si<br />
trova un indice avente uno<br />
s.q.m. dell’ordine di 20/30<br />
cm, dovuto per lo più<br />
all’errore di orologio stimato<br />
dal codice, a meno della<br />
presenza di CS. Un esempio<br />
è presentato in Fig. 4,<br />
dove sono rappresentati gli<br />
indici di diversi satelliti ed<br />
uno di essi ha un CS all’epoca<br />
200.<br />
4. Un’operazione più raffinata<br />
che può essere eseguita<br />
dopo un certo periodo di<br />
funzionamento della stazione,<br />
è la caratterizzazione<br />
elettromagnetica del sito,<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 9
FOCUS<br />
ovvero la stima degli effetti<br />
del multipath come<br />
descritto in letteratura<br />
(Leick et al. 2015).<br />
Tutto sommato possiamo<br />
affermare che l’uso di un<br />
preprocessamento profondo<br />
come quello sopra proposto<br />
può fornire al processamento<br />
un dato con errori<br />
omogenei che dipendono<br />
sostanzialmente, come previsto<br />
dalla teoria (Teunissen<br />
& Montenbruck 2017),<br />
dall’angolo zenitale della linea<br />
di vista del satellite, con<br />
i grandi cycle slips (da 3 a 5<br />
cicli o più) già identificati.<br />
Fig. 5 - Monitoraggio giornaliero di una base di 25 m tra due tralicci: si vede<br />
chiaramente una deformazione tra il mese di giugno e il mese di settembre.<br />
Fig. 6 - Confronto tra spostamenti derivati da GNSS, total station e pendolo inverso.<br />
Processamento<br />
Non intendiamo qua ripetere la teoria che porta alla scrittura delle equazioni di osservazione del GNSS, in particolare<br />
delle fasi (Biagi, 2008, Cina, 2014). Ricordiamo soltanto che per basi (coppie di stazioni) della lunghezza tra qualche<br />
metro e pochi chilometri, usando la tecnica delle differenze doppie, molti termini correttivi possono essere eliminati,<br />
pervenendo alle equazioni di osservazioni qui sotto descritte.<br />
Adottiamo la notazione per differenze doppie, tra due stazioni MM, SS e due satelliti rr, ss . Si può allora scrivere, ad<br />
esempio per la frequenza L1,<br />
10 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong><br />
*,+<br />
δδδδ (,)<br />
= LL *,+ *+ *+ *+<br />
(,) − ρρ (,) + TT (,) = δδρρ (,) − NN *+ (,) Λ 3 + δδTT *+ *+<br />
(,) + νν (,) ,<br />
dove LL sono le fasi misurate, ρρ le distanze calcolate con i valori istantanei delle effemeridi e le coordinate<br />
approssimate delle stazioni, TT sono gli effetti troposferici calcolati con i ritardi zenitali da modello (ad esempio Niell<br />
(Niell 2001) e con una mapping function (ad esempio la Vienna mapping function (Böhm & Schuh 2003), δδδδ le<br />
variazioni di distanza dovute alle correzioni nella posizione delle stazioni, NN sono le ambiguità intere, Λ 3 la lunghezza<br />
d’onda nominale del canale L1, δδδδ le correzioni di ritardo troposferico dovute ad una correzione del ritardo zenitale<br />
(ZTD), νν è il noise di misura.<br />
Nell’equazione precedente il termine di correzione delle distanze può essere linearizzato come<br />
*+<br />
δδρρ (,) = 6 7 8 8<br />
96 :<br />
;<br />
− 6 7 < 96 :<br />
<<br />
;<br />
∙ δδxx ( − δδxx ) ;<br />
A<br />
dove ee @ è il versore della linea di vista tra stazione KK e satellite ii.<br />
Se inoltre MM rappresenta la master station, cioè il punto in cui è centrato il sistema di riferimento, nell’equazione<br />
+<br />
scritta si può prendere δδxx ( = 0. Inoltre se MM ζζ ) è la mapping function scelta, tenendo conto che l’angolo zenitale<br />
+<br />
della linea di vista ζζ ) dipende poco da uno spostamento della posizione della stazione SS (anche di 1 km), si può<br />
ipotizzare che per una rete di non grandi dimensioni anche la correzione troposferica sia eliminata. Se invece i punti<br />
sede di misura sono a quote diverse per centinaia di metri e sono distanti tra loro di 1-2 km, le incognite di ritardo<br />
zenitale vanno mantenute e stimate; tipico può essere un valore stimato ogni ora.<br />
Date queste osservazioni occorre prendere una decisione importante sul processamento dei dati. Si deve procedere<br />
per basi, oppure fare un’unica compensazione ai minimi quadrati con tutte le osservazioni processate in un’unica<br />
rete? Vi sono buone ragioni teoriche e pratiche per affermare che in ogni caso la compensazione base per base deve<br />
essere effettuata (Leick et al. 2015). Infatti, in primo luogo si può osservare che se si è adottato un disegno a stella,<br />
con una master station di riferimento, la compensazione unica della rete delle basi e quella fatta base per base danno<br />
risultati identici quanto alla stima delle posizioni. Inoltre, dato il particolare fine delle operazioni di monitoraggio, è<br />
importante avere le compensazioni base per base, perché si possano sottoporre a test situazioni in cui una parte dei<br />
punti si muovono ed altri no.<br />
Esistono molti SW per il processamento dei dati GNSS allo scopo del monitoraggio. La nostra maggiore esperienza è<br />
con il SW Bernese (Dach et al. 2015, Biagi & Caldera 2013) e con un SW proprietario di GReD, derivato dal freeware<br />
goGPS (Realini & Reguzzoni 2013) e adattato al problema del monitoraggio. Importante per un buon risultato è che in<br />
un SW complesso si operi una scelta oculata dei parametri da stimare e di quelli da ignorare.<br />
Validazione
sede di misura sono a quote diverse per centinaia di metri e sono distanti tra loro di 1-2 km, le incognite di ritardo<br />
zenitale vanno mantenute e stimate; tipico può essere un valore stimato ogni ora.<br />
Date queste osservazioni occorre prendere una decisione importante sul processamento dei dati. Si deve procedere FOCUS<br />
per basi, oppure fare un’unica compensazione ai minimi quadrati con tutte le osservazioni processate in un’unica<br />
rete? Vi sono buone ragioni teoriche e pratiche per affermare che in ogni caso la compensazione base per base deve<br />
essere effettuata (Leick et al. 2015). Infatti, in primo luogo si può osservare che se si è adottato un disegno a stella,<br />
con una master station di riferimento, la compensazione unica della rete delle basi e quella fatta base per base danno<br />
risultati identici quanto alla stima delle posizioni. Inoltre, dato il particolare fine delle operazioni di monitoraggio, è<br />
importante avere le compensazioni base per base, perché si possano sottoporre a test situazioni in cui una parte dei<br />
punti si muovono ed altri no.<br />
Esistono molti SW per il processamento dei dati GNSS allo scopo del monitoraggio. La nostra maggiore esperienza è<br />
con il SW Bernese (Dach et al. 2015, Biagi & Caldera 2013) e con un SW proprietario di GReD, derivato dal freeware<br />
goGPS (Realini & Reguzzoni 2013) e adattato al problema del monitoraggio. Importante per un buon risultato è che in<br />
un SW complesso si operi una scelta oculata dei parametri da stimare e di quelli da ignorare.<br />
Validazione<br />
La fase di validazione ha lo scopo di fissare l’attendibilità delle stime delle coordinate, cercando di identificare con<br />
un’analisi a posteriori dei residui del sistema ai minimi quadrati, se non vi siano osservazioni che contengono errori<br />
anomali e di cui non ci si è accorti nella fase di preprocessamento. Questo può avvenire in particolare quando si siano<br />
fissate erroneamente le ambiguità intere. In effetti, considerando che gli errori di misura delle osservazioni di fase<br />
dovrebbero essere dell’ordine di pochi mm, ci si aspetta che i residui stimati delle equazioni stiano tutti in una fascia<br />
di ± 1/2 cm. Tuttavia un errato fissaggio di una ambiguità introdurrà nelle equazioni che la contengono un bias al<br />
minimo di ~ 18 cm. Ci aspettiamo perciò che gli scarti di tali equazioni, pur scontando l’effetto di mascheramento<br />
tipico dei minimi quadrati (Sansò 1991), si portino a livello di diversi centimetri. Anche un semplice test robusto sulla<br />
popolazione degli scarti può permettere di trovare outliers tra le osservazioni ed eventualmente ambiguità<br />
erroneamente fissate. A questo proposito ricordiamo che come regola è sempre meglio lasciare un valore float di una<br />
ambiguità piuttosto che fissarla ad un intero con una probabilità non vicina ad 1, rischiando che il fissaggio sia errato.<br />
Gli argomenti di questo paragrafo giustificano la scelta fatta da GReD per cui un sistema di monitoraggio va fornito<br />
all’utente sotto forma di servizio (nel nostro caso GeoGuard (Tagliaferro et al. <strong>2018</strong>)) e non come un semplice<br />
pacchetto chiavi in mano.<br />
Analisi delle serie temporali<br />
Per ogni periodo di tempo TT (ad esempio 1 ora, 1 giorno), il sistema di monitoraggio fornisce un valore stimato delle<br />
tre coordinate di ogni stazione GNSS nel sistema di riferimento locale. Ci concentriamo sull’analisi della serie<br />
temporale xx tt delle posizioni stimate di una singola stazione. Per meglio mettere in evidenza il carattere di<br />
spostamento più che di posizione del punto, si potrà considerare la serie xx tt − xx 0 , dove il tempo di riferimento tt =<br />
0 è scelto come quello dell’inizio delle operazioni di monitoraggio, ovvero un altro tempo a seconda del giudizio<br />
dell’utente. Per semplicità chiamiamo qui ancora xx tt la serie xx tt − xx 0 .<br />
In primo luogo consideriamo che il valore stimato xx tt deve poter essere ruotato in un qualsiasi sistema di riferimento<br />
locale utile alla interpretazione dell’utente. Di sicuro xx tt deve essere riferito ad un asse zz verticale, sia perché le<br />
osservazioni GNSS danno stime più imprecise nella direzione up, sia perché quasi sempre la direzione della verticale,<br />
cioè della gravità, ha un ruolo fisico sulle deformazioni in esame. Le altre due direzioni cartesiane possono essere<br />
semplicemente cartografiche (Est, Nord), ovvero riorientate a seconda dell’oggetto monitorato.<br />
Concentriamoci ora sulla serie di una singola coordinata, ad esempio xx tt . In generale sarà<br />
xx tt = xx tt + ηη tt<br />
con xx tt il valore vero della (variazione della) coordinata ed ηη tt il suo errore di stima.<br />
A sua volta si potrà distinguere<br />
xx tt = mm tt + ss tt + aa tt<br />
con mm tt un modello medio di spostamento a scala temporale lunga (trend), ss tt un segnale ambientale<br />
eventualmente presente nel moto del punto, ad esempio una deformazione legata alla temperatura, oppure una<br />
variazione dovuta a un qualche evento meteorico (piogge intense), aa tt è uno spostamento anomalo indice di una<br />
variazione nella meccanica dell’oggetto monitorato, oppure un qualche intervento di manutenzione che sposti<br />
l’antenna del ricevitore GNSS.<br />
Inoltre si avrà<br />
ηη tt = εε tt + bb tt + oo tt<br />
dove εε tt è l’ordinario errore di stima dovuto alla propagazione del noise di misura nello stimatore della coordinata xx,<br />
bb tt è un bias che entra nella stima a causa degli errori di modello nel processamento, oo tt è un errore presente nella<br />
stima e dovuto alla presenza (residua) di outliers (o errori grossolani) contenuti nelle osservazioni e sfuggiti alle fasi<br />
precedenti di analisi dei dati.<br />
Raggruppando il tutto troviamo<br />
xx tt = mm tt + ss tt + aa tt + εε tt + bb tt + oo tt .<br />
Il nostro intento è soprattutto quello di conoscere mm tt ed aa tt . In particolare:<br />
aa tt è normalmente assente da xx tt per definizione. In realtà ne possiamo rilevare la presenza per due<br />
caratteristiche. La prima è che abbia una ampiezza che lo fa emergere specificatamente dagli altri fattori, in<br />
particolare dovrà essere aa tt ≫ σσ P . La seconda è che tipicamente un moto anomalo è persistente, e questo permette<br />
di distinguere aa tt da bb tt .<br />
mm tt è di solito parametrizzato con semplici funzioni di base. Spesso, forse troppo, si trovano analisi dove mm tt è<br />
rappresentato con un trend lineare nel tempo. Nella nostra esperienza è meglio modellizzare mm tt come una<br />
combinazione di splines cubiche (dunque funzioni molto lisce), scegliendo opportunamente la distanza tra un polo e<br />
l’altro delle splines.<br />
Una tipica analisi sella serie di xx tt può essere quindi compiuta creando il modello parametrico<br />
xx tt = pp R CC tt − kkkk + λλλλ tt + νν tt<br />
R<br />
con CC tt spline cubica, ξξ tt eventuale variabile ancillare nota, νν tt noise con s.q.m. σσ W .<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 11
Raggruppando il tutto troviamo<br />
xx tt = mm tt + ss tt + aa tt + εε tt + bb tt + oo tt .<br />
FOCUS Il nostro intento è soprattutto quello di conoscere mm tt ed aa tt . In particolare:<br />
aa tt è normalmente assente da xx tt per definizione. In realtà ne possiamo rilevare la presenza per due<br />
caratteristiche. La prima è che abbia una ampiezza che lo fa emergere specificatamente dagli altri fattori, in<br />
particolare dovrà essere aa tt ≫ σσ P . La seconda è che tipicamente un moto anomalo è persistente, e questo permette<br />
di distinguere aa tt da bb tt .<br />
mm tt è di solito parametrizzato con semplici funzioni di base. Spesso, forse troppo, si trovano analisi dove mm tt è<br />
rappresentato con un trend lineare nel tempo. Nella nostra esperienza è meglio modellizzare mm tt come una<br />
combinazione di splines cubiche (dunque funzioni molto lisce), scegliendo opportunamente la distanza tra un polo e<br />
l’altro delle splines.<br />
Una tipica analisi sella serie di xx tt può essere quindi compiuta creando il modello parametrico<br />
xx tt = pp R CC tt − kkkk + λλλλ tt + νν tt<br />
R<br />
con CC tt spline cubica, ξξ tt eventuale variabile ancillare nota, νν tt noise con s.q.m. σσ W .<br />
La compensazione del modello sopradescritto porta alla stima dei parametri pp R e λλ e quindi ad un modello<br />
predittivo di xx tt sulla base dei suoi valori passati. È questo il modello su cui si baserà la analisi a posteriori delle<br />
anomalie aa tt , ovvero il disegno di un allarme che segnali all’utente l’avvicinarsi di condizioni di pericolo. In ogni caso<br />
sottolineiamo ancora una volta che la deviazione standard σσ W dei residui dopo l’applicazione di un modello alla serie<br />
temporale dei “dati” xx tt è la chiave fondamentale per rilevare la comparsa di un’anomalia aa tt tra i dati stessi, e che<br />
in generale σσ W risulta essere più grande (anche di molto) rispetto a σσ P , dimostrando che quest’ultima non può essere<br />
la base per una statistica utile al disegno di un allarme.<br />
Il disegno dell’allarme<br />
Il sistema dovrà essere in grado di fornire un allarme per l’avvicinarsi di condizioni critiche. In primo luogo occorre che<br />
in presenza di un comportamento critico dell’oggetto l’allarme venga effettivamente attivato. È anche importante che<br />
l’allarme non venga attivato per errore, cioè in assenza di un comportamento anomalo (falso allarme). Inoltre, dal<br />
punto di vista temporale, è necessario che l’allarme venga dato il prima possibile (problema della latenza). Il fatto che<br />
tali requisiti, anche in conflitto tra loro, possano essere soddisfatti da un sistema di monitoraggio GNSS è dipendente<br />
da un lato dalle caratteristiche comuni degli spostamenti critici, dall’altro dalla accuratezza delle posizioni rilevate dal<br />
GNSS.<br />
In effetti per comportamenti anomali si può considerare critica una soglia di spostamento assoluta SS X di alcuni<br />
centimetri e/o di una velocità SS Y di qualche centimetro in un giorno. Queste devono essere determinate<br />
quantitativamente dall’utente, esperto del fenomeno monitorato. Talvolta sarà utile considerare una soglia sola; ad<br />
esempio per un manufatto potrà essere più importante SS X , mentre per una frana potrebbe essere più importante SS Y .<br />
In ogni caso la soglia critica (le soglie critiche) deve essere posta dall’utente come condizione al disegno dell’allarme.<br />
A fronte dei valori sopra descritti, abbiamo determinazioni delle posizioni giornaliere con accuratezza di pochi<br />
millimetri. È proprio la distanza tra questi valori che permette il disegno di un allarme utile, cioè che soddisfi i requisiti<br />
precedentemente ricordati. La implementazione di un allarme è basata sul concetto di test statistico di ipotesi e sul<br />
concetto di soglia critica. Per chiarire la questione ci concentriamo qui su una singola coordinata xx e sulla sua serie<br />
temporale xx tt , supponendo di avere una soglia critica SS Z per il valore assoluto di xx tt .<br />
Illustriamo un disegno semplice, che sfrutta ipotesi semplificative ed è basato su tre protocolli che chiameremo WW di<br />
warning (allerta), AA di allarme, LL di valore limite.<br />
Le ipotesi semplificative che poniamo sono che i valori della serie temporale senza spostamenti anomali<br />
xx tt = MM tt + νν tt<br />
siano osservati con MM tt conosciuta esattamente e νν tt distribuito normalmente a media nulla e con deviazione<br />
standard σσ W nota, cioè νν = σσ W Ζ, con Ζ normale standard. In questo caso è bene notare che il valore di σσ W da usarsi<br />
nell’allarme non è un indice astratto dell’errore di osservazione, ma piuttosto uno scarto quadratico medio ricavato da<br />
un’analisi a posteriori degli scarti di xx tt rispetto al modello MM tt .<br />
Non entriamo qui nel merito della statistica che presiede al disegno dell’allarme, limitandoci a presentare di seguito<br />
uno schema sintetico basato sul concetto che un pre-allarme permanente in due epoche successive porta ad un<br />
allarme che ha bassa probabilità di essere falso:<br />
Protocollo d’allarme<br />
xx tt > LL = SS Z − ZZ`σσ W<br />
allarme immediato<br />
xx tt − MM tt > WW = ZZ` ;σσ W si apre una finestra di warning e si passa ad una modalità di campionamento più<br />
frequente<br />
xx tt − MM tt > WW, xx tt + 1 − MM tt + 1 > WW si emana l’allarme<br />
dove ZZ` è il valore critico di una normale standard, ovvero PP(ZZ > ZZ`) = αα.<br />
Ragionamenti analoghi valgono se l’allarme va disegnato sulle velocità, xx tt + 1 − xx tt ; solo in questo caso, nel<br />
calcolo della probabilità di falso allarme, occorre considerare che una coppia di variazioni successive di posizione ha<br />
una correlazione pari a -0,5. In ogni caso l’esperienza di GReD ci dice che dopo un periodo congruo, ad esempio un<br />
anno, di monitoraggio è bene fare una statistica degli warning, allarmi e falsi allarmi per una opportuna taratura dei<br />
protocolli. Chiudiamo il paragrafo osservando che è possibile disegnare protocolli d’allarme basati su test più raffinati<br />
di quelli qui riportati, anche se i concetti generali, e in particolare la distinzione tra warning, soglie d’allarme e soglia<br />
critica, restano gli stessi.<br />
12 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>
FOCUS<br />
Esempi<br />
Presentiamo qui alcuni esempi<br />
di sistemi di monitoraggio<br />
istituiti nel corso degli ultimi 4<br />
anni di attività di GReD, allo<br />
scopo di dimostrare per casi<br />
reali di monitoraggio in campo,<br />
le effettive potenzialità delle<br />
misure GNSS effettuate con ricevitori<br />
LC. I primi 4 esempi si<br />
riferiscono ad osservazioni con<br />
il solo sistema GPS, mentre l’ultimo<br />
è presentato per mettere in<br />
luce le potenzialità delle stime<br />
congiunte GPS e Galileo.<br />
Esempio 2: si considera il monitoraggio<br />
di un punto sul coronamento<br />
di una diga, con una<br />
base tra due ricevitori LC della<br />
lunghezza di circa 70 m. La finalità<br />
dell’esempio è di mostrare<br />
un confronto con misure di<br />
pendoli inversi e di total station<br />
robotizzata. In Fig. 6 si mostra<br />
il confronto tra gli spostamenti<br />
in e (ricordiamo che i pendoli<br />
non vedono spostamenti in ),<br />
che appaiono significativamente<br />
concordi tra loro.<br />
Esempio 3: mostriamo il monitoraggio<br />
di un punto in frana<br />
con una base di lunghezza 1400<br />
m e di dislivello 570 m. Gli<br />
spostamenti rilevati dal GNSS<br />
sono confrontati con quelli di<br />
una total station robotizzata.<br />
Si osserva che il GNSS, al contrario<br />
della total station, ha potuto<br />
collezionare dati anche in<br />
condizioni meteo avverse.<br />
Esempio 4: si riporta il monitoraggio<br />
di una base su un ponte<br />
autostradale della lunghezza di<br />
circa 70 m. Scopo dell’esempio<br />
è di mostrare le soluzioni orarie,<br />
per un intero periodo di 7 mesi,<br />
calcolate per studiare un warning<br />
trasformatosi in allarme,<br />
a metà marzo 2016. Il warning<br />
riguarda un movimento brusco<br />
Esempio 1: si tratta del monitoraggio<br />
di una base tra due ricevitori<br />
LC montati su tralicci, di<br />
cui uno soggetto all’azione di<br />
una frana. La base è lunga 25<br />
m ed il periodo considerato è di<br />
circa 7 mesi. Le soluzioni sono<br />
giornaliere e presentano un certo<br />
numero di outliers, soprattutto<br />
in Up, ed anche qualche<br />
interruzione, dovuta a problemi<br />
di trasmissione che però sono<br />
stati risolti a partire dal mese di<br />
giugno. La deviazione standard<br />
dei residui è in E, N e in Up.<br />
Benché questo rappresenti una<br />
delle prime esperienze in campo<br />
fatte da GReD, esso mostra<br />
chiaramente la capacità del sistema<br />
di seguire un movimento<br />
lento con conseguente spostamento<br />
finale di -2 cm in Nord e<br />
-3 mm in Est.<br />
Fig. 7 - Monitoraggio di una frana: confronto tra posizioni derivate da GNSS e<br />
da total station.<br />
Fig. 8 - Monitoraggio orario di una base corta per un periodo di 7 mesi: si evidenzia<br />
una discontinuità in Est alla data 18 marzo 2016.<br />
Fig. 9 - Monitoraggio con soluzione oraria di un punto con scarsa visibilità del<br />
cielo: confronto tra a) soluzione con solo GPS, b) soluzione con GPS e Galileo.<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 13
FOCUS<br />
in Est dell’ampiezza di cm,<br />
movimento che tende a riassorbirsi<br />
lentamente nei mesi successivi.<br />
Si noti che il passaggio a<br />
soluzioni orarie tende ad incrementare<br />
la deviazione standard<br />
dei residui, trovandosi<br />
Tale incremento tuttavia non<br />
impedisce di individuare la discontinuità<br />
con una latenza di<br />
1 ora.<br />
Esempio 5: quest’ultimo esempio<br />
riguarda il monitoraggio di<br />
un impianto su una condotta<br />
forzata, che per motivi di necessità<br />
ha una scarsa visibilità<br />
del cielo, che risulta in buona<br />
parte coperto da alberi che la<br />
fiancheggiano. In questo caso si<br />
è voluto mostrare il vantaggio,<br />
per le soluzioni orarie, nel passare<br />
dal posizionamento con il<br />
solo GPS a quello che combina<br />
GPS e Galileo. Come si vede, la<br />
soluzione con Galileo ha molto<br />
meno variabilità, eliminando<br />
completamente i valori anomali<br />
saltuari.<br />
Conclusione: il decalogo del<br />
buon monitoraggio GNSS<br />
Concludiamo questo lavoro<br />
riassumendo le regole che abbiamo<br />
a mano a mano illustrato<br />
e che rendono il monitoraggio<br />
GNSS efficace e conveniente.<br />
Premesso che il sistema di monitoraggio<br />
debba avvalersi di<br />
ricevitori LC multicostellazione<br />
per poter massimizzare a parità<br />
di costo il numero dei punti tenuti<br />
sotto controllo e di antenne<br />
di buona qualità, anche se il<br />
loro costo potrà essere uguale a<br />
quello del ricevitore, un buon<br />
sistema di monitoraggio GNSS<br />
deve soddisfare a nostro avviso<br />
10 requisiti, di cui i primi 7<br />
sono obbligatori, gli ultimi 3<br />
facoltativi:<br />
1) il disegno della rete di monitoraggio<br />
deve essere progettato<br />
congiuntamente da<br />
un esperto di osservazioni<br />
GNSS e da un esperto del<br />
fenomeno da controllare;<br />
ciò vale in particolare<br />
per la scelta dei punti da<br />
monitorare e di quelli di<br />
riferimento,<br />
2) l’installazione del ricevitore,<br />
degli apparati ausiliari<br />
di alimentazione e trasmissione<br />
vanno concordati<br />
con l’utente, ma soprattutto<br />
l’antenna deve essere<br />
rigidamente connessa con<br />
la parte dell’oggetto che si<br />
vuole monitorare,<br />
3) il grafo di compensazione<br />
della rete deve essere<br />
ottimizzato, assumendo<br />
una conformazione di<br />
processamento a stella o a<br />
più stelle; in particolare la<br />
scelta del satellite pivot per<br />
la formazione delle differenze<br />
doppie deve essere<br />
ottimale,<br />
4) occorre operare un profondo<br />
preprocessing dei dati,<br />
usando anche la conoscenza<br />
delle proprietà elettromagnetiche<br />
del sito, allo<br />
scopo di una prima identificazione<br />
ed eliminazione<br />
di outliers e cycle slip,<br />
5) occorre operare una rigo-<br />
Droni Idrografici polivalenti<br />
• Rilievi batimetrici automatizzati<br />
• Acquisizione dati e immagini<br />
• Mappatura parametri ambientali<br />
• Ispezione fondali<br />
Dighe, laghi, cave in falda, bacini, fiumi e<br />
canali fino a 15 4 m/s. Km/h. Insensibili ai bassi ai bassi<br />
fondali e alla presenza di alghe e detriti<br />
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anche con strumentazione cliente<br />
14 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>
FOCUS<br />
rosa compensazione delle<br />
basi, con una accurata<br />
scelta dei parametri da<br />
stimare, di quelli che possono<br />
essere trascurati e di<br />
quelli che possono essere<br />
semplicemente calcolati da<br />
modelli; dopo la compensazione<br />
delle basi si può<br />
operare la compensazione<br />
di rete, che fornisce informazione<br />
sulle correlazioni<br />
tra le stime degli spostamenti<br />
di punti diversi,<br />
6) ogni compensazione deve<br />
sempre essere seguita da un<br />
filtraggio dei residui anche<br />
semplificato, in particolare<br />
allo scopo di eliminare<br />
cycle slips o outliers che<br />
non sono stati identificati<br />
nelle fasi precedenti,<br />
7) occorre formare le serie<br />
temporali delle variazioni<br />
di coordinate e fare un’analisi<br />
statistica degli eventuali<br />
valori anomali, stimando<br />
nello stesso tempo<br />
il modello sottostante di<br />
variazioni lente nel tempo,<br />
8) può essere utile eseguire<br />
un’analisi di correlazione<br />
con variabili ancillari che<br />
aumentano l’efficienza del<br />
modello predittivo,<br />
9) può essere utile istituire un<br />
allarme basato su tre soglie<br />
(warning, allarme, soglia<br />
critica) da definire assieme<br />
all’esperto del fenomeno<br />
monitorato,<br />
10) può essere utile rappresentare<br />
gli spostamenti<br />
in sistemi di riferimento<br />
diversi, con assi di particolare<br />
interesse per l’oggetto<br />
monitorato; in tal caso occorrerà<br />
anche trasformare<br />
le covarianze degli errori di<br />
stima e di previsione.<br />
Da quanto detto appare<br />
chiaro che una evoluzione<br />
naturale del monitoraggio<br />
verrà dalla disponibilità di<br />
ricevitori LC a due o più<br />
frequenze.<br />
Un altro settore che riteniamo<br />
diverrà importante<br />
in futuro è l’uso di unità di<br />
monitoraggio che comprendano<br />
un ricevitore (LC)<br />
GNSS, un’antenna attiva<br />
(LC) per il SAR e strumenti<br />
inerziali. Un’unità di questo<br />
genere in effetti permette di<br />
dare un allarme immediato<br />
a fronte di una variazione<br />
brusca di posizione, di studiare<br />
le serie GNSS come<br />
descritto nell’articolo e<br />
inoltre di usare l’antenna<br />
del SAR per propagare la<br />
stima del moto a tutti i permanent<br />
scatterers dell’area.<br />
Su questi concetti è in corso<br />
una ricerca dell’Autority<br />
Galileo denominata GIMS,<br />
di cui GReD è prime contractor.<br />
L’eccellenza dei dati geografici<br />
Toponomastica e numerazione civica<br />
A beneficio degli ambiti di utilizzo più maturi ed esigenti, per la gestione e per la pianificazione geografica e quotidiana<br />
delle reti e delle utenze, della grande e media distribuzione, della raccolta RSU, dei sistemi navigazionali e del car-sharing,<br />
per l’attività politica e per quella amministrativa. www.studiosit.it • info@studiosit.it<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 15
FOCUS<br />
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Teunissen P. & Montenbruck O. eds. (2017). Springer handbook of global<br />
navigation satellite systems. Springer.<br />
ABSTRACT<br />
In the frame of deformation monitoring of structures, infrastructures<br />
and natural hazards, in this paper several examples are provided, that demonstrate<br />
how GNSS observations, even if taken by low cost receivers,<br />
are competitive in terms of accuracy with classic techniques. Moreover<br />
GNSS observations are able to provide a continuous determination of<br />
the position of N points in time, in a fully automated way, interconnecting<br />
points that are not visible each other, in all weather conditions.<br />
This work presents how a low cost GNSS monitoring system can be<br />
designed and implemented, both in terms of hardware and software solutions.<br />
Then the analysis of GNSS data is shown, describing the consecutive<br />
steps of preprocessing, processing and validation of the results.<br />
Because deformation monitoring basically means detecting anomalous<br />
changes in the time series of each GNSS station, an efficient alarm system<br />
is designed and described.<br />
In the end ten basic requirements are identified, which guarantee that<br />
the deformation monitoring performed with GNSS can be effective and<br />
convenient.<br />
PAROLE CHIAVE<br />
Monitoraggio; GNSS; low-cost; allarme<br />
AUTORE<br />
Fernando Sansò<br />
fernando.sanso@polimi.it<br />
Ludovico Biagi<br />
ludovico.biagi@polimi.it<br />
Politecnico di Milano, DICA, piazza Leonardo da Vinci 32, Milano<br />
Caldera Stefano<br />
stefano.caldera@g-red.eu<br />
Lisa Pertusini<br />
lisa.pertusini@g-red.eu<br />
Geomatics Research & Development srl, via Cavour 2, Lomazzo<br />
(CO)<br />
Via Indipendenza, 106<br />
46028 Sermide - Mantova - Italy<br />
Phone +39.0386.62628<br />
info@geogra.it<br />
www.geogra.it<br />
16 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>
FOCUS<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 17
REPORT<br />
Esperienze italiane sul<br />
Dissesto Idrogeologico tra<br />
Normativa ed Attuazione<br />
di Giuseppina Monacelli, Olimpia Spiniello<br />
La prevenzione del dissesto idrogeologico<br />
rappresenta una priorità per il Paese, come<br />
è evidente dai molti, recenti eventi che, pur<br />
coinvolgendo ambiti territorialmente ristretti,<br />
hanno causato danni rilevanti e la perdita di<br />
vite umane. Risulta necessaria, quindi, una<br />
riflessione sulle misure - strutturali e non -<br />
intraprese per mitigare il rischio, prendendo<br />
altresì spunto dalle opportunità offerte dalla<br />
legislazione europea in via di attuazione<br />
anche in Italia. Nell’articolo sono esaminati<br />
due casi studio, alluvione di Aulla e colata di<br />
Poggio Ferrato, come esemplificativi di alcune<br />
problematiche proprie del territorio nazionale.<br />
Fig. 1 - Aggregazione dei bacini in 8 distretti idrografici.<br />
Negli ultimi 50 anni la<br />
sistemazione dei versanti<br />
e del territorio in<br />
generale ha assunto una sempre<br />
maggiore importanza, in seguito<br />
alla crescente antropizzazione,<br />
che ha portato in primo piano<br />
la necessità di proteggere gli<br />
abitati, spesso sviluppati in aree<br />
a rischio di frana o inondazione.<br />
Si rileva in particolar modo<br />
la capacità di eventi meteorici<br />
anche non eccezionali di provocare<br />
conseguenze sempre più<br />
spesso drammatiche in termini<br />
economici, ambientali e naturali.<br />
Tra le cause che condizionano<br />
ed amplificano il «rischio meteo-idrogeologico<br />
ed idraulico»<br />
vi è «l’azione dell’uomo», con<br />
abbandono e degrado, cementificazione,<br />
consumo di suolo,<br />
abusivismo, disboscamento e<br />
incendio, la mancanza di una<br />
costante manutenzione ordinaria.<br />
Molto spesso, infatti, vengono<br />
privilegiati gli interventi<br />
urgenti, spesso emergenziali, e<br />
non subordinati ad una organica<br />
politica di pianificazione e<br />
programmazione degli interventi<br />
in un’ottica di prevenzione.<br />
Viene fornita, con il supporto<br />
di un sintetico quadro legislativo,<br />
nazionale ed europeo,<br />
una chiave di comprensione<br />
dell’espressione “rischio idrogeologico”.<br />
Il Rischio Idrogeologico<br />
Il concetto di rischio è combinazione<br />
di più fattori sia di natura<br />
tecnica che socio-economici,<br />
e viene individuato tramite<br />
la classica espressione:<br />
R = P x E x V<br />
dove:<br />
P: pericolosità, intesa come la<br />
probabilità che si realizzino<br />
le condizioni di accadimento<br />
dell’evento calamitoso;<br />
E: valore degli elementi esposti<br />
a rischio, intesi come persone e<br />
beni, sia naturali che antropici;<br />
V: vulnerabilità, intesa come la<br />
capacità degli elementi a rischio<br />
a resistere all’evento in considerazione.<br />
Nella legislazione italiana, per<br />
rischio idrogeologico, ai sensi<br />
del Decreto Legge 11.06.1998<br />
18 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>
REPORT<br />
n. 180, si intende sia il rischio<br />
idraulico che quello geomorfologico;<br />
in termini semplificati,<br />
il primo è legato ad un evento<br />
di piena di un corso d’acqua, il<br />
secondo al movimento di una<br />
massa di terra, roccia, o detrito<br />
lungo un versante, entrambi<br />
spesso causati da precipitazioni<br />
persistenti di elevata intensità<br />
che caratterizzano quella determinata<br />
area. Fondamentale<br />
diventa, quindi, un’attenta<br />
attività di monitoraggio al fine<br />
di prevenire e ridurre l’entità<br />
di tali tipologie di rischio e di<br />
costruire adeguati sistemi di allertamento.<br />
Il metodo di valutazione del<br />
rischio idrogeologico è stato<br />
individuato nell’Atto di indirizzo<br />
e coordinamento per l’individuazione<br />
dei criteri relativi<br />
agli adempimenti di cui all’art.<br />
1, commi 1 e 2, del decretolegge<br />
11 giugno 1998, n. 180<br />
(DPCM del 29.09.1998) ed è<br />
strutturato in modo da consentire<br />
un’assunzione qualitativa<br />
dei fattori di rischio essenziali,<br />
attraverso la quale è possibile<br />
pervenire ad una gradazione in<br />
classi che dipende dalla combinazione<br />
della pericolosità dell’area<br />
e del relativo uso del suolo.<br />
R1: rischio moderato<br />
R2: rischio medio<br />
R3: rischio elevato<br />
R4: rischio molto elevato<br />
Lo scopo di tale classificazione<br />
è essenzialmente quello di<br />
individuare aree più a rischio<br />
di altre, anche a parità di pericolosità,<br />
in dipendenza degli<br />
elementi che vi si trovano. In<br />
funzione del livello del grado di<br />
rischio R si individuano infatti<br />
le zone in cui ad elevate criticità<br />
idrogeologiche è associata una<br />
maggiore presenza umana e, di<br />
conseguenza, quelle da difendere<br />
prioritariamente.<br />
La individuazione di aree a diversa<br />
pericolosità, oltre che al<br />
successivo calcolo del rischio, è<br />
invece orientata essenzialmente<br />
a fornire gli elementi di base<br />
per le successive attività di pianificazione<br />
e progettazione di<br />
nuova realizzazione al fine di<br />
prevenire la creazione di nuove<br />
aree a rischio.<br />
L’individuazione delle aree a<br />
rischio idrogeologico porta alla<br />
redazione della carta del rischio<br />
idrogeologico che è una elaborazione<br />
prevista nella pianificazione<br />
stralcio di ciascuna Autorità<br />
di Bacino di cui si parlerà<br />
nel seguito. La carta del rischio<br />
idrogeologico prevede la definizione<br />
di alcune classi di rischio<br />
attraverso l’incrocio delle classi<br />
di pericolosità con gli elementi<br />
a rischio derivanti dalla carta di<br />
uso del suolo. Considerazioni<br />
di carattere più ampio della sola<br />
sovrapposizione delle carte di<br />
pericolosità con la carta degli<br />
elementi a rischio sono necessarie<br />
nella fase ulteriore della pianificazione<br />
degli interventi.<br />
Si noti, infine che la carta del<br />
rischio non sostituisce le mappature<br />
del rischio dei piani di<br />
protezione civile, pur costituendone<br />
un supporto essenziale,<br />
in quanto non viene elaborata<br />
ad una scala di sufficiente dettaglio,<br />
soprattutto per quanto<br />
riguarda la classificazione degli<br />
elementi a rischio. Ai piani di<br />
protezione civile a livello comunale<br />
spetta naturalmente il compito<br />
di individuare e dettagliare<br />
i singoli elementi presenti in<br />
relazione alle loro funzioni, alla<br />
loro destinazione d’uso e alla<br />
loro specifica vulnerabilità, e<br />
soprattutto di individuare le opportune<br />
misure (principalmente<br />
non strutturali) di gestione delle<br />
emergenze.<br />
Legislazione italiana ed europea:<br />
la situazione in Italia<br />
prima della direttiva alluvioni<br />
La legge fondamentale in tema<br />
di gestione del territorio è stata<br />
la legge 18 maggio 1989 n.<br />
Fig. 2 - Carta del rischio idraulico elevato e molto elevato di<br />
Aulla, elaborata dall’Autorità di bacino del Fiume Magra.<br />
183 “Norme per il riassetto<br />
organizzativo e funzionale della<br />
difesa del suolo” che ha identificato<br />
come unità territoriale di<br />
riferimento il bacino idrografico<br />
ed ha istituito le Autorità di<br />
Bacino allo scopo di facilitare<br />
il coordinamento e la cooperazione<br />
degli enti locali, delle<br />
autorità regionali e dello Stato<br />
per assicurare la difesa del suolo,<br />
inclusa la moderazione delle<br />
piene, e la corretta utilizzazione<br />
delle acque, integrata dal DL<br />
180/98 con lo scopo di accelerare<br />
l’attuazione della legge e<br />
colmare le lacune operative evidenziate<br />
dagli eventi disastrosi<br />
verificatisi a Sarno e Soverato.<br />
Il complesso assetto idro-morfologico<br />
italiano ha condotto<br />
alla identificazione di numerose<br />
(attualmente 47) Autorità di<br />
Bacino suddivise in:<br />
4 livello nazionale (Po, Adige,<br />
Alto Adriatico, Serchio,<br />
Arno, Tevere, Liri-Volturno<br />
Garigliano)<br />
4 livello interregionale<br />
4 livello regionale<br />
4 livello provinciale (Trento<br />
e Bolzano)<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 19
REPORT<br />
La superficie dei bacini idrografici<br />
varia da poche decine di migliaia<br />
di chilometri quadrati ai<br />
circa 70.000 chilometri quadrati<br />
del bacino del fiume Po, che<br />
risulta un’eccezione, essendo la<br />
maggioranza dei bacini italiani<br />
riferita a piccoli corsi d’acqua<br />
che defluiscono direttamente in<br />
mare.<br />
L’attuazione della Direttiva Quadro<br />
Acque 2000/60/CE, trasposta<br />
nell’ambito del cosiddetto<br />
Codice dell’Ambiente (Decreto<br />
Legislativo 3 aprile 2006 n.<br />
152), ha condotto all’aggregazione<br />
di questi bacini in 8 distretti<br />
idrografici (Figura 1).<br />
Il Decreto Legislativo 152/2006<br />
ha abrogato la Legge 183/89 e<br />
soppresso le Autorità di Bacino.<br />
Queste, tuttavia, continuano ad<br />
operare in regime di proroga ai<br />
sensi della Legge 13/2009 per le<br />
attività relative ai Piani di Bacino,<br />
nelle more della costituzione<br />
delle Autorità di Distretto.<br />
Il Piano di Bacino è stato individuato<br />
come lo strumento conoscitivo,<br />
normativo e tecnicooperativo<br />
di programmazione e<br />
pianificazione degli interventi<br />
necessari al raggiungimento<br />
degli obiettivi e può essere approvato<br />
anche per sottobacini<br />
o per stralci relativi a settori<br />
funzionali (difesa dalle inondazioni<br />
e dalle frane, risanamento<br />
delle acque, uso e gestione delle<br />
risorse idriche per un razionale<br />
sviluppo socio-economico,<br />
protezione dell’ambiente e del<br />
paesaggio). Il concetto di piano<br />
settoriale fu introdotto con un<br />
atto del 1993 a causa del rilevante<br />
numero di obiettivi e delle<br />
difficoltà di raggiungerli tutti<br />
in tempi brevi ed ha condotto<br />
alla realizzazione dei PAI Piani<br />
Stralcio d’Assetto Idrogeologico<br />
relativi alla gestione dei rischi<br />
di inondazioni e frane. Per la<br />
elaborazione dei piani la mappatura<br />
è stato uno strumento<br />
necessario per la visualizzazione<br />
delle aree soggette al rischio di<br />
inondazioni e per l’adozione di<br />
alcune delle misure strutturali<br />
di difesa quali arginature, vasche<br />
di laminazione, casse d’espansione<br />
e canali di diversione.<br />
La Legge n.267 del 1998, di<br />
conversione del cosiddetto<br />
“Decreto Sarno” DL 180/98,<br />
ha incentivato con rilevanti<br />
finanziamenti il completamento,<br />
da parte delle Autorità di<br />
Bacino, delle mappe dei rischi<br />
idraulico e geologico per l’intero<br />
territorio nazionale. Con un<br />
successivo atto (DPCM 29 settembre<br />
1998) sono state quindi<br />
fornite indicazioni tecniche per<br />
una realizzazione il più possibile<br />
coordinata ed omogenea delle<br />
mappe e dei piani da parte delle<br />
Autorità di Bacino. Ad esso si<br />
sono poi aggiunte le iniziative<br />
del Dipartimento per la Protezione<br />
Civile con la realizzazione<br />
delle strutture regionali e locali<br />
per la sorveglianza in tempo<br />
reale, lo sviluppo della modellistica<br />
previsionale e la pianificazione<br />
delle misure di emergenza<br />
(la Direttiva del Presidente del<br />
Consiglio dei Ministri del 27<br />
febbraio 2004 ha introdotto<br />
gli indirizzi operativi per la<br />
gestione dell’allertamento per<br />
il rischio idrogeologico ai fini<br />
di protezione civile). I Centri<br />
Funzionali regionali, organizzati<br />
nel Sistema nazionale di Protezione<br />
Civile, operano previsioni<br />
quantitative di precipitazioni,<br />
provvedono alla raccolta ed<br />
elaborazione di dati meteo-idrologici<br />
ed utilizzano modellistica<br />
di previsione di inondazioni<br />
in tempo reale per sviluppare<br />
sempre più efficaci ed efficienti<br />
operazioni di emergenza.<br />
La Direttiva Alluvioni<br />
Tra il 1998 ed il 2004, l’Europa<br />
è stata colpita da un centinaio<br />
di inondazioni gravi, comprese<br />
le catastrofiche inondazioni<br />
lungo i fiumi Danubio ed Elba<br />
nel 2002. Queste inondazioni<br />
hanno causato circa 700 morti,<br />
lo sfollamento di quasi un<br />
milione di persone e perdite<br />
economiche di beni assicurati<br />
per un totale che si aggira intorno<br />
ai 25 miliardi di euro. Preso<br />
atto della situazione e della necessità,<br />
quindi, di tenere conto<br />
con più incisività degli impatti<br />
delle inondazioni nello sviluppo<br />
della politica comunitaria in<br />
tema di acque, anche alla luce<br />
della natura transnazionale dei<br />
principali fiumi del continente<br />
europeo, la Commissione Europea<br />
ha emanato la Comunicazione<br />
2004/472 del 12 Luglio<br />
2004 “Gestione dei rischi di<br />
inondazione – Prevenzione,<br />
protezione e mitigazione delle<br />
inondazioni”.<br />
Successivamente, l’emanazione<br />
della Direttiva Europea<br />
2007/60/CE del Parlamento<br />
Europeo e del Consiglio del<br />
23 ottobre 2007 relativa alla<br />
valutazione e alla gestione dei<br />
rischi di alluvione, recepita con<br />
D.Lgs, 23 febbraio 2010 n. 49,<br />
ha inteso fornire indicazioni<br />
per ridurre le potenziali conseguenze<br />
negative delle inondazioni<br />
soprattutto sulla vita e la<br />
salute umana, sull’ambiente,<br />
sul patrimonio culturale e sulle<br />
attività economiche attraverso<br />
un processo graduale di attuazione<br />
che porti tutti gli Stati<br />
Membri ad un livello comparabile<br />
di protezione dal rischio di<br />
inondazioni e ad una effettiva<br />
capacità di coordinamento nella<br />
gestione del rischio stesso. La<br />
Direttiva è stata inserita nel<br />
contesto delle Direttive “figlie”<br />
della Direttiva Quadro delle<br />
Acque 2000/60/CE e, quindi,<br />
nella Strategia Comune di Attuazione<br />
della stessa.<br />
La Direttiva richiede che gli<br />
Stati Membri procedano con la<br />
realizzazione di tre strumenti:<br />
20 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>
REPORT<br />
1. la valutazione preliminare<br />
del rischio, prima scadenza<br />
il 2011, tesa a determinare<br />
il livello di rischio in ogni<br />
distretto idrografico o unità<br />
di gestione e ad individuare<br />
quelle aree per le quali<br />
elaborare le mappe della<br />
pericolosità e del rischio ed i<br />
piani di gestione del rischio<br />
di inondazioni.<br />
2. la mappatura del rischio,<br />
prima scadenza il 2013, che<br />
comprende le mappe della<br />
pericolosità e le mappe del<br />
rischio di inondazioni. Le<br />
mappe della pericolosità<br />
delimitano le aree potenzialmente<br />
inondabili secondo<br />
i tre diversi scenari previsti<br />
dalla Direttiva: inondazioni<br />
con una scarsa probabilità<br />
di accadimento (applicando)<br />
scenari di eventi estremi;<br />
inondazioni con una<br />
media probabilità (tempo di<br />
ritorno ³ 100 anni); inondazioni<br />
con elevata probabilità,<br />
qualora ritenuto opportuno.<br />
Le mappe di rischio<br />
indicano le conseguenze<br />
negative potenziali derivanti<br />
dalle inondazioni di scarsa,<br />
media ed elevata probabilità<br />
di accadimento espresse in<br />
termini di: numero degli<br />
abitanti potenzialmente<br />
interessati; tipo di attività<br />
economiche presenti nell’area<br />
soggetta all’inondazione;<br />
istallazioni che potrebbero<br />
causare inquinamenti nel<br />
caso fossero inondate (allegato<br />
I della Direttiva 96/61/<br />
CE sulla prevenzione e la<br />
riduzione integrate dell’inquinamento);<br />
aree protette<br />
potenzialmente interessate<br />
(allegato IV, paragrafo I,<br />
punti i), iii) e v) della Direttiva<br />
2000/60/CE); altre<br />
informazioni considerate<br />
utili quali l’indicazione delle<br />
aree in cui possono verificarsi<br />
alluvioni con elevato<br />
trasporto di sedimenti e<br />
colate detritiche nonché di<br />
altre notevoli fonti di inquinamento<br />
presenti nelle zone<br />
delimitate<br />
3. il piano di gestione del<br />
rischio di alluvioni, da<br />
completarsi entro il 2015,<br />
coordinato a livello di distretto<br />
idrografico o unità di<br />
gestione. I piani di gestione<br />
sono da predisporre sulla<br />
base delle mappe precedentemente<br />
elaborate e<br />
riguardano tutti gli aspetti<br />
della gestione del rischio di<br />
inondazioni e, in particolare,<br />
prevenzione, protezione<br />
e preparazione, comprese<br />
le attività di previsione ed i<br />
sistemi di allertamento.<br />
Sin dall’introduzione della<br />
Direttiva “Alluvioni” nel panorama<br />
normativo comunitario è<br />
stata evidente la esigua necessità<br />
di adattamento della normativa<br />
nazionale e dei prodotti già<br />
realizzati pur nella necessità di<br />
approfondimento di aspetti fino<br />
ad allora poco considerati. Agli<br />
Stati Membri è richiesto che<br />
siano esplicitati chiaramente i<br />
criteri adottati per la redazione<br />
dei programmi di misure<br />
inseriti nei piani di gestione e<br />
siano in ogni caso privilegiate<br />
le combinazioni di misure più<br />
efficaci dal punto di vista economico.<br />
La scelta delle decisioni<br />
deve essere accompagnata da<br />
un processo di partecipazione<br />
pubblica e di consultazione<br />
degli stakeholders perché ci sia<br />
condivisione e ripartizione delle<br />
responsabilità fra tutti i livelli<br />
istituzionali e si tenga conto di<br />
tutte le possibili implicazioni<br />
sociali di misure che possono<br />
avere un impatto rilevante sulla<br />
qualità della vita e sugli interessi<br />
di molte persone. A livello nazionale<br />
la partecipazione degli<br />
utenti si sta attuando principalmente<br />
con l’organizzazione<br />
di Forum e sarà facilitata dalla<br />
pubblicazione dei prodotti sviluppati<br />
sui siti web delle autorità<br />
responsabili.<br />
Rischio Idrogeologico:<br />
esperienze sul campo<br />
Nel quadro legislativo sopra<br />
delineato, l’ISPRA effettua<br />
un’attività di monitoraggio<br />
dell’attuazione degli interventi<br />
di mitigazione del rischio<br />
idrogeologico dalla quale sono<br />
emerse alcune importanti questioni<br />
su cui si vuole porre l’attenzione,<br />
quali l’urbanizzazione<br />
in aree golenali, l’ostruzione,<br />
riduzione e occlusione degli<br />
alvei e la declassificazione delle<br />
aree a rischio a seguito della realizzazione<br />
di opere di messa in<br />
sicurezza.<br />
Per un più agevole inquadramento<br />
delle problematiche<br />
evidenziate vengono di seguito<br />
riportati due casi-studio relativi<br />
rispettivamente ad un problema<br />
idraulico e ad uno geologico,<br />
ovvero l’alluvione di Aulla (MS)<br />
e la colata che ha investito Poggio<br />
Ferrato, nel comune di Val<br />
di Nizza (PV).<br />
L’alluvione di Aulla<br />
L’alluvione di Aulla, provincia<br />
di Massa Carrara, dell’ottobrenovembre<br />
2011 è l’esempio di<br />
un evento causato dall’urbanizzazione<br />
di un’area alluvionale<br />
(nel caso specifico quella del<br />
fiume Magra) destinata, invece,<br />
alla naturale espansione del fiume<br />
in fase di piena (Figura 2).<br />
Sulle province di La Spezia e<br />
Massa e Carrara il 25 ottobre<br />
2011 si riversarono delle precipitazioni<br />
intense, che alcuni<br />
pluviometri misurarono in<br />
542 mm di pioggia in sei ore.<br />
L’analisi dei dati pluviometrici<br />
storici disponibili evidenziarono<br />
però come l’area ligure e della<br />
Lunigiana fossero caratterizzate<br />
da molti eventi meteo-idrologici<br />
confrontabili, in termini di<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 21
REPORT<br />
quantità ed intensità di precipitazioni<br />
e di effetti al suolo prodotti,<br />
con quello dell’ottobrenovembre<br />
2011 che, quindi,<br />
può essere considerato tutt’altro<br />
che eccezionale.<br />
Il gran numero di dissesti idraulici<br />
e gravitativi, che causarono<br />
all’epoca 18 vittime e danni<br />
agli abitati ed alle infrastrutture<br />
nonché l’interruzione di collegamenti<br />
viari e ferroviari, con<br />
grave compromissione delle<br />
attività commerciali, industriali<br />
ed agricole delle zone interessate,<br />
furono attribuiti dai massmedia<br />
unicamente agli eventi<br />
pluviometrici molto intensi e<br />
concentrati.<br />
Fig. 3 - Aulla 1950. Immagine d’epoca dell’abitato prima<br />
dell’espansione urbanistica, che ha sottratto al fiume parte<br />
dell’area golenale. Si può osservare la vastità dell’area che<br />
sarà occupata dalla successiva urbanizzazione. Foto concessa<br />
da Regione Toscana ed Autorità di Bacino del fiume Magra.<br />
Fig. 4 - Aulla 1959. Foto scattata durante i primi lavori di costruzione<br />
del muro arginale in conglomerato cementizio non<br />
armato, che successivamente sarà rialzato due volte. L’opera è<br />
stata realizzata in area di pertinenza fluviale, per la protezione<br />
della futura area urbanizzata. Foto concessa da Regione Toscana<br />
ed Autorità di Bacino del fiume Magra.<br />
Le precipitazioni cadute sui versanti<br />
sicuramente innescarono<br />
forti fenomeni erosivi a carattere<br />
diffuso, con colate detritiche<br />
che molto velocemente si accumularono<br />
negli alvei o defluirono<br />
verso valle. I detriti già presenti<br />
in alveo e quelli lungo le<br />
superfici di scorrimento, ivi depositati<br />
a seguito di precedenti<br />
frane, contribuirono all’ingrossamento<br />
di tali colate, cosicché<br />
ingenti masse fluide raggiunsero<br />
velocemente i centri abitati<br />
ubicati nelle valli. Occorre, tuttavia,<br />
segnalare che l’alveo era<br />
stato completamente tombinato<br />
e trasformato in alveo-strada,<br />
determinando l’esondazione<br />
e lo scorrimento dell’onda di<br />
piena con trasporto di detriti,<br />
fango e materiale vario.<br />
Gli eventi meteo-idrologici e<br />
i conseguenti eventi di piena/<br />
esondazione come quello del<br />
novembre 2011 sono da considerarsi<br />
di riferimento nella definizione<br />
degli scenari di rischio<br />
geologico-idraulico per l’area<br />
ligure e della provincia di Massa<br />
Carrara e nella programmazione<br />
degli interventi di mitigazione.<br />
In quel particolare frangente<br />
l’abitato di Aulla ebbe i danni<br />
maggiori e risulta, quindi, di<br />
particolare interesse per la definizione<br />
delle problematiche che<br />
si stanno affrontando.<br />
L’abitato di Aulla si è sviluppato<br />
su un’area delimitata da tre<br />
corsi d’acqua: il Fiume Magra<br />
ad ovest, il Torrente Taverone<br />
a nord e il Torrente Aulella a<br />
sud. Per consentire l’espansione<br />
urbanistica della città verso il<br />
Fiume Magra, venne costruito<br />
alla fine degli anni ‘50 un muro<br />
d’argine in calcestruzzo non armato<br />
a gravità con la finalità di<br />
proteggere l’abitato dagli intensi<br />
fenomeni di erosione dei suddetti<br />
corsi d’acqua (Figure 3 e<br />
4), i quali, avendo un carattere<br />
fortemente torrentizio, alternano<br />
periodi di magra a improvvise<br />
e violente piene in occasione<br />
di eventi meteorologici sfavorevoli.<br />
Negli anni ’60 il muro<br />
venne rialzato due volte, fino a<br />
raggiungere l’altezza di circa 5<br />
m; tali lavori vennero eseguiti<br />
senza il necessario adeguamento<br />
delle fondazioni e con strati<br />
non collegati staticamente tra<br />
loro. Per dette caratteristiche il<br />
manufatto non può essere considerato<br />
un’opera stabile, anche<br />
in relazione all’elevato rischio<br />
sismico della Lunigiana, tanto<br />
che nei primi anni ‘90, in occasione<br />
di eventi di piena, crollarono<br />
due tratti del muro d’argine<br />
per effetto di processi erosivi<br />
del Fiume Magra, che scalzarono<br />
al piede le opere di fondazione.<br />
Inoltre, la costruzione del<br />
manufatto causò una notevole<br />
riduzione della sezione idraulica<br />
dell’alveo del fiume Magra<br />
e nel contempo l’espansione<br />
urbanistica venne realizzata con<br />
l’occupazione pressoché completa<br />
del terrazzo costituito dai<br />
depositi alluvionali recenti, che<br />
rappresenta una parte dell’alveo<br />
di piena del corso d’acqua. Le<br />
costruzioni realizzate comprendevano<br />
abitazioni private,<br />
edifici pubblici compreso il<br />
municipio, fabbricati destinati<br />
ad attività commerciali e produttive,<br />
linee di comunicazioni<br />
stradali e lifelines, aggravando il<br />
rischio, sia per l’incremento del<br />
valore dei beni e dei manufatti<br />
esposti, sia per l’aumento della<br />
densità di popolazione.<br />
Alcuni primi interventi furono<br />
predisposti dall’Ufficio del Genio<br />
Civile di Massa Carrara a<br />
seguito dei crolli degli anni ‘90,<br />
quali la ricostruzione dei settori<br />
d’argine crollati e la realizzazione<br />
di scogliere a salvaguardia<br />
delle fondazioni. Gli interventi,<br />
eseguiti in situazione di estrema<br />
emergenza e durante la piena<br />
del corso d’acqua, non ebbero<br />
purtroppo i risultati attesi.<br />
Durante le piogge del 2011<br />
22 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>
REPORT<br />
nell’abitato l’onda di piena<br />
raggiunse circa 6 m di altezza<br />
sul livello medio del fiume e,<br />
lungo il suo percorso, sommerse<br />
completamente i piani interrati<br />
e i primi piani di tutti gli edifici<br />
incontrati. Le opere idrauliche<br />
realizzate a protezione dell’abitato<br />
di Aulla dai fenomeni<br />
erosivi e alluvionali derivanti<br />
dalla dinamica fluviale del Fiume<br />
Magra, risultarono quindi<br />
inadeguate rispetto all’entità<br />
della piena verificatasi. (Figure<br />
5, 6 e 7).<br />
La colata di Poggio Ferrato<br />
I cambiamenti nell’uso del<br />
suolo e l’antropizzazione (soprattutto<br />
negli ultimi 50 anni)<br />
hanno implicazioni dirette sulla<br />
risposta all’azione erosiva dei<br />
versanti, soprattutto per quanto<br />
riguarda la degradazione meteorica<br />
e l’erosione diffusa delle<br />
acque dilavanti. La mancata<br />
pulizia dei fossi e dei rii, l’abbandono<br />
della pratica dei solchi<br />
trasversali (idrologia superficiale<br />
definita “stagionale”), l’eccessivo<br />
abbattimento delle alberature,<br />
il cambiamento della tipologia<br />
di lavorazione agraria, soprattutto<br />
con la meccanizzazione<br />
e della pratica dell’aratura e<br />
dell’erpiciatura a rittochino, le<br />
“ciglionature” quasi totalmente<br />
eliminate, con conseguente<br />
aumento delle pendenze medie<br />
dei versanti, sono i fattori che<br />
emergono e che hanno concorso<br />
all’aumento e alla accelerazione<br />
destabilizzante dei versanti, in<br />
particolare dove si sviluppano<br />
colate. Al pari di qualsiasi tipo<br />
di intervento strutturale, per<br />
una efficace azione preventiva<br />
e di mitigazione del rischio di<br />
dissesto idrogeologico, l’uso<br />
del suolo riveste una rilevanza<br />
determinante e quindi la suddivisione<br />
del territorio, in particolare<br />
di quello agricolo, in “zone<br />
con diversi gradi di limitazioni<br />
in relazione al loro stato di stabilità<br />
idrogeologica”, risulta essere<br />
un intervento sicuramente<br />
necessario.<br />
Un esempio di tali problematiche<br />
è, tra gli altri, la colata<br />
di Poggio Ferrato (Figura 8),<br />
nel comune di Val di Nizza. Il<br />
progressivo abbandono delle attività<br />
agricole e la modifica delle<br />
colture prevalenti dal dopoguerra<br />
ad oggi (si è vista l’alternanza<br />
tra foraggio - prevalente negli<br />
anni ‘70-’80 - e cereali - prevalenti<br />
negli anni ‘30) ha determinato<br />
cambiamenti significativi<br />
nei parametri della idrologia e<br />
della morfometria fluviale, quali<br />
Fig. 5 - Elaborazione tra due rilievi Lidar di Aulla, prima e<br />
dopo l’evento. In rosso sono indicati i depositi ed in verde le<br />
erosioni provocate dalla piena. Fonte: Regione Toscana ed<br />
Autorità di Bacino del fiume Magra.<br />
frequenza e densità di drenaggio,<br />
indice di biforcazione, densità<br />
della rete idrografica, nonché<br />
un aumento medio della<br />
pendenza dei versanti, in misura<br />
tale da condizionarne l’erodibilità<br />
e favorire un aumento<br />
dell’attività di degradazione meteorica<br />
soprattutto in termini di<br />
erosione diffusa e concentrata.<br />
Fig. 6 e 7 - Immagini della piana alluvionale del Fiume Magra nel tratto adiacente all’abitato di Aulla, riprese rispettivamente da valle e da monte. La porzione di<br />
abitato sviluppatasi dopo gli anni ‘50, venne realizzata sull’area golenale del fiume ed è in una condizione di rischio idraulico molto elevato. Foto Archivio ISPRA.<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 23
REPORT<br />
Fig. 8 - Frana rototraslativa che evolve in colata nella parte<br />
medio-terminale. Si nota l’accumulo del corpo di frana di forma<br />
allungata e che si apre a ventaglio nella parte terminale assumendo<br />
un aspetto tipico di conoide. Foto archivio ISPRA.<br />
L’attività di creep ne è la conseguenza<br />
più tangibile e diffusa.<br />
(Figure 9, 10, 11 e 12).<br />
Nella stessa area l’amministrazione<br />
comunale ha predisposto<br />
opere di drenaggio ma il fine<br />
ultimo non deve essere una declassificazione<br />
dell’area ad una<br />
classe di rischio inferiore, come<br />
già accaduto in altri ambiti<br />
italiani, con il fine di redigere<br />
piani urbanistici complessi di<br />
edilizia popolare a monte della<br />
corona di frana. A tal fine si<br />
ricorda che per una struttura<br />
civile la progettazione prevede<br />
Fig.10 - Nella foto sono in evidenza la colata (in rosso), gli orli di degradazione<br />
attivi (in rosso), i movimenti gravitativi di creep (in verde) e il limite (in viola) tra<br />
il Complesso Caotico e il Complesso Indifferenziato; con la freccia gialla è evidenziato<br />
il salto di pendenza e la gola provocato dal diverso grado di erodibilità tra le<br />
due litologie. Foto archivio ISPRA.<br />
Fig. 9 - Riattivazioni di parti e porzioni di fenomeni gravitativi quiescenti mediante creep; se in<br />
passato interessavano spessori solitamente modestissimi, nel tempo hanno interessato porzioni di<br />
territorio consistenti fino alle decine di ettari. Foto archivio ISPRA.<br />
una vita utile che nel caso di<br />
abitazioni è di 200 anni, di<br />
gran lunga superiore a quella<br />
dei drenaggi, che rispondono in<br />
maniera ottimale nei limiti dei<br />
15 anni. La presenza degli abitati<br />
variano, quindi, le condizioni<br />
al contorno sulle quali era<br />
stato calcolato il coefficiente di<br />
sicurezza dell’opera di drenaggio.<br />
In tal caso la pericolosità<br />
del territorio, rimarrebbe alta e,<br />
con la declassificazione e conseguente<br />
pianificazione urbanistica,<br />
aumenterebbe il fattore di<br />
rischio.<br />
Nei più recenti indirizzi relativi<br />
agli interventi di mitigazione<br />
del rischio da frana e colata<br />
sono stati preferiti<br />
criteri tesi<br />
ad assecondare<br />
l’evoluzione<br />
naturale del<br />
territorio<br />
piuttosto che<br />
miranti ad un<br />
irrigidimento<br />
o ad una “gessazione”<br />
del<br />
territorio, ritenendo<br />
ciò più<br />
efficacie per il<br />
consolidamento<br />
dei dissesti e<br />
per un miglior<br />
sfruttamento agro-forestale<br />
del territorio che garantisce,<br />
nel contempo, una generale<br />
stabilizzazione dei versanti. Il<br />
processo di svuotamento del<br />
serbatoio che alimenta la colata<br />
è ancora in essere e l’evoluzione<br />
retrogressiva della stessa minaccia<br />
l’abitato di Poggio Ferrato.<br />
Appare quindi complementare<br />
anche la realizzazione di paratie,<br />
ipotizzata in passato; mentre<br />
i pozzi drenanti già realizzati<br />
sembrano soddisfare le necessità<br />
di stabilizzare il corpo di<br />
frana da un lato e di mitigare il<br />
processo di alimentazione della<br />
colata dall’altro. La regimazione<br />
e l’allontanamento dal corpo<br />
di frana delle acque meteoriche<br />
per evitare la saturazione della<br />
massa movimentata e la realizzazione<br />
di strutture dinamiche<br />
di contenimento sono stati<br />
ritenuti interventi prioritari<br />
assieme alle opere per la sistemazione<br />
complessiva del bacino<br />
in frana che, data la vocazione<br />
agricola della zona, potrebbero<br />
consistere nella piantumazione<br />
di essenze arboree e arbustive e<br />
nel rinverdimento mediante la<br />
realizzazione di viminate attive<br />
per un rimodellamento dei versanti.<br />
I canali drenanti eseguiti<br />
nelle diverse fasi, seppur neces-<br />
24 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>
REPORT<br />
Fig. 11 - Versante coltivato lungo la strada provinciale 155 di Poggio Ferrato.<br />
sari, non sono risultati esaustivi<br />
rispetto ad un intervento teso<br />
a mitigare il reale motivo delle<br />
riattivazioni dovute alla rottura<br />
di pendenza come la realizzazione<br />
di un muro di contenimento<br />
e gabbionate, tesi appunto a<br />
contenere le argille.<br />
Conclusioni<br />
La mitigazione del rischio funziona<br />
se viene fatta un’opera<br />
che diminuisce la pericolosità<br />
o riduce il bene esposto. Nel<br />
momento in cui a valle dell’intervento<br />
poi si procede con la<br />
declassificazione dell’area con<br />
l’intento di renderla disponibile<br />
ad un nuovo sviluppo<br />
territoriale, occorrerà conseguentemente<br />
provvedere ad<br />
una nuova progettazione per la<br />
mitigazione del rischio dovuto<br />
alle nuove condizioni. È evidente<br />
la centralità rivestita dalla<br />
classificazione delle aree in termini<br />
di pericolosità e rischio, la<br />
quale, tuttavia, risulta materia<br />
delicata proprio per il carattere<br />
qualitativo del metodo adottato<br />
per la determinazione del rischio.<br />
Contrariamente a quanto<br />
si potrebbe infatti pensare, la<br />
costruzione di opere volte a<br />
contenere i potenziali “elementi<br />
di pericolosità” del territorio<br />
(come ad esempio gli argini<br />
lungo un corso d’acqua) non<br />
giustifica necessariamente la<br />
collocazione dello stesso in una<br />
classe di rischio inferiore a quella<br />
precedentemente attribuita.<br />
La valutazione del rischio deve<br />
prendere in esame non solo la<br />
probabilità che un evento accada,<br />
che dovrebbe diminuire a<br />
seguito degli interventi, ma anche<br />
e soprattutto del danno che<br />
lo stesso evento provocherebbe.<br />
Da un punto di vista generale<br />
si può evidenziare che, in tutti i<br />
casi osservati, il fattore comune<br />
è dato da una limitata estensione<br />
dei bacini, accompagnata<br />
dall’alta energia dei versanti, da<br />
un profilo acclive del corso fluviale<br />
e da uno sviluppo urbanistico<br />
che non ha tenuto adeguatamente<br />
conto delle pericolosità<br />
geologiche del territorio. Sono<br />
riconducibili a questo aspetto<br />
la frequente trasformazione dei<br />
tratti terminali dei torrenti in<br />
“alvei-strada” e la densa urbanizzazione<br />
che ha occupato aree<br />
costiere ed alluvionali; a questo<br />
si aggiungono l’abbandono<br />
delle aree forestali e dei terrazzamenti<br />
agricoli, nonché le modifiche<br />
apportate alla dinamica<br />
fluviale, tutti fattori che, nel<br />
loro insieme, concorrono a definire<br />
un quadro generale di alta<br />
vulnerabilità.<br />
Con particolare riferimento al<br />
rischio idraulico, vi sono così<br />
strette interconnessioni tra i<br />
processi di attuazione delle Direttive<br />
2000/60/CE e 2007/60/<br />
CE e dei rispettivi piani di gestione<br />
che molti paesi europei<br />
hanno già incluso le misure di<br />
prevenzione contro le alluvioni<br />
nei primi piani di bacino previsti<br />
dalla Direttiva Quadro sulle<br />
Acque per il periodo 2009-<br />
2015 ed una forte integrazione<br />
fra i due piani è attesa dalla<br />
Commissione Europea vista la<br />
contemporanea scadenza, fissata<br />
al 2015, per la presentazione<br />
del secondo piano di gestione<br />
per la protezione delle acque<br />
e l’uso sostenibile delle risorse<br />
idriche e per quella del primo<br />
piano di gestione del rischio<br />
alluvioni.<br />
Poiché i fenomeni idrologici<br />
estremi possono provocare gravi<br />
danni alla salute dell’uomo,<br />
all’ambiente, alle attività economiche<br />
e alla conservazione del<br />
patrimonio culturale, entrambe<br />
le direttive 2000/60/CE e<br />
2007/60/CE si fondano sulla<br />
gestione integrata dell’acqua,<br />
vale a dire su un sistema sostenibile<br />
di sviluppo delle risorse<br />
idriche che tenga conto di tutti<br />
gli aspetti ambientali, sociali<br />
ed economici della politica di<br />
tutela e utilizzo di questo bene<br />
naturale, essenziale per la vita<br />
su questo pianeta.<br />
E’, infatti, di fondamentale importanza<br />
per il nostro Paese che<br />
tutti gli enti responsabili coin-<br />
Fig. 12 - Particolare dell’orlo di scarpata (in rosso) di degradazione della mud-flow di Poggio<br />
Ferrato. (foto settembre 2000). Foto archivio ISPRA.<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 25
REPORT<br />
volti ai vari livelli di competenza<br />
nella valutazione e gestione<br />
del rischio idraulico riescano a<br />
fare sistema comune fra loro e<br />
con le istituzioni comunitarie<br />
e siano in grado di esplicitare<br />
una proficua sinergia utile a<br />
superare tutte quelle difficoltà<br />
di coordinamento che, troppo<br />
spesso, hanno minato molti<br />
degli adempimenti giuridicoamministrativi<br />
che ci derivano<br />
dalla nostra appartenenza alla<br />
Comunità Europea.<br />
Un’ attività di particolare interesse<br />
ed utilità, al fine di utilizzare<br />
le risorse disponibili, compresi<br />
i fondi comunitari, sarebbe<br />
l’approfondimento dello studio<br />
degli eventuali indicatori per<br />
la mitigazione del rischio. Ci si<br />
riferisce, ad esempio, a quelli<br />
che potrebbero essere consigliati<br />
nelle linee guida del Ministero<br />
dello Sviluppo Economico<br />
relativamente alla valutazione<br />
degli interventi finanziati con i<br />
fondi strutturali 2014-20 in cui<br />
potrebbe sembrare naturale ma<br />
controproducente che, per misurare<br />
l’efficacia dei soldi spesi<br />
per il contenimento (efficacia<br />
delle policy), un indicatore<br />
possibile derivi eventualmente<br />
dalla declassificazione dell’area<br />
interessata dall’intervento di mitigazione<br />
del rischio.<br />
E non si può certo affermare<br />
che non sia di primaria importanza,<br />
nell’azione amministrativa<br />
pubblica, il tema della puntuale<br />
e corretta valutazione del<br />
rischio di inondazioni. Saper<br />
prevenire tali calamità ed essere<br />
in grado di gestire rischi ed<br />
eventuali emergenze rappresenta<br />
non soltanto un’interessante<br />
sfida professionale per la comunità<br />
dei ricercatori e dei tecnici<br />
di settore ma una precisa e ben<br />
definita responsabilità da parte<br />
di chi opera nelle amministrazioni<br />
pubbliche competenti nel<br />
garantire tale essenziale servizio<br />
al cittadino.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
Atto MATTM- DG Tutela del Territorio e Risorse Idriche “Indirizzi Operativi per l’attuazione della Direttiva<br />
2007/60/CE relativa alla valutazione ed alla gestione dei rischi da alluvioni con riferimento alla<br />
predisposizione delle mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni (Decreto Legislativo n. 49/2010)”.<br />
Gennaio 2013<br />
Comunicazione COM(2004)472 definitivo del “Gestione dei rischi di inondazione – Prevenzione, protezione<br />
e mitigazione delle inondazioni”. Bruxelles, 12 luglio 2004<br />
Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” (Codice Ambientale). Gazzetta<br />
Ufficiale n.88 del 14 aprile 2006 - Suppl. Ordinario n. 96<br />
Decreto Legislativo 23 febbraio 2010, n. 49 “Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione<br />
e alla gestione dei rischi di alluvioni”. Gazzetta Ufficiale n.77 del 2 aprile 2010<br />
Decreto Legislativo 10 dicembre 2010 n. 219 “Attuazione della direttiva 2008/105/CE relativa a standard<br />
di qualità ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione<br />
delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE, nonché modifica<br />
della direttiva 2000/60/CE e recepimento della direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla<br />
direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque”.<br />
Gazzetta Ufficiale n.296 del 20 dicembre 2010<br />
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 settembre 1998 "Atto di indirizzo e coordinamento<br />
per l'individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all'art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 11<br />
giugno 1998, n.180". Gazzetta Ufficiale n. 3 del 5 gennaio 1999<br />
Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2004 “Indirizzi operativi per la gestione<br />
organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale, statale e regionale per il rischio idrogeologico<br />
ed idraulico ai fini di protezione civile”. Gazzetta Ufficiale dell’11 marzo 2004 n. 59 e testo coordinato<br />
con le modifiche introdotte dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 25 febbraio<br />
2005 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’ 8 marzo 2005, n. 55<br />
Direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 che istituisce un quadro<br />
per l'azione comunitaria in materia di acque. Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 22.12.2000<br />
Direttiva 2007/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007 relativa alla valutazione<br />
e alla gestione dei rischi di alluvione. Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 6 novembre 2007<br />
Greco M., Marasciulo T., Pasquarè F.A., Pistocchi L. Serva L., Spiniello O. Rivista Geologia Tecnica e<br />
Ambientale 3/2003. La colata di Poggio Ferrato (PV): analisi dei fattori all’origine del dissesto e ipotesi di<br />
lavoro per la mitigazione del rischio. Marzo 2003.<br />
Legge 18 maggio 1989, n. 183 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo”.<br />
Gazzetta Ufficiale n.120 del 25 maggio1989 - Suppl. Ordinario n. 38<br />
Legge 3 agosto 1998, n. 267 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 giugno 1998,<br />
n. 180, recante misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite<br />
da disastri franosi nella regione Campania”. Gazzetta Ufficiale n.183 del 7 agosto 1998<br />
Monacelli G. “I piani di gestione del Rischio di Alluvioni. Stato di attuazione” – Rivista L’Acqua n.5/6<br />
2013<br />
Legge 27 febbraio 2009, n. 13, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre<br />
2008, n. 208, recante misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell'ambiente".<br />
Gazzetta Ufficiale n. 49 del 28 febbraio 2009<br />
Manuali e Linee Guida ISPRA Barbano A., Braca G., Bussettini M., Dessì B., Inghilesi R., Lastoria B.,<br />
Monacelli G., Morucci S., Piva F., Sinapi L., Spizzichino D. “Proposta metodologica per l’aggiornamento<br />
delle mappe di pericolosità e di rischio. Attuazione della Direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e<br />
alla gestione dei rischi da alluvione”. ISPRA Manuali e Linee Guida 82/2012_ ISBN 978-88-448-0571-5<br />
Rapporto ISPRA “Verso il recepimento della Direttiva 2007/60/CE: analisi della situazione attuale della<br />
pianificazione e della gestione del rischio di inondazione e proposta per la richiesta delle deroghe ex<br />
art.13”. Luglio 2009<br />
Rapporto Tecnico ISPRA. REPORT. Berti D., Silvestri S., Spiniello O. Sezione 5 Lunigiana Maggio<br />
2012. Dipartimento Difesa del Suolo<br />
Varnes, D.J. e IAEG, 1984. Landslide hazard zonation: a review of principles and practice, UNESCO,<br />
Paris France, ISBN 92-3-101895-7, pp. 63<br />
NOTA DELLA REDAZIONE<br />
Il presente articolo è precedentemente uscito sulla rivista numero 3/14 del Quaderno IoRoma.<br />
PAROLE CHIAVE<br />
Dissesto idrogeologico; mitigazione; rischio; normativa; attuazione<br />
ABSTRACT<br />
The prevention of hydrogeological instability is a priority for the country, as is evident from the many recent<br />
events that, despite involving territorially restricted areas, have caused significant damage and loss of life. Therefore,<br />
it is necessary to reflect on the measures - structural and not - undertaken to mitigate the risk, taking also<br />
inspiration from the opportunities offered by the European legislation currently being implemented in Italy.<br />
The article examines two case studies, a flood of Aulla and Poggio Ferrato, as examples of some problems of<br />
the national territory.<br />
AUTORE<br />
Giuseppina Monacelli,<br />
Olimpia Spiniello<br />
olimpia.spiniello@isprambiente.it<br />
ISPRA<br />
26 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>
REPORT<br />
Soluzioni e Tecnologie<br />
Geografiche per<br />
la Trasformazione<br />
Digitale<br />
www.esriitalia.it<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 27
TELERILEVAMENTO<br />
MERCATO<br />
ITALIA - GEOLOGIA IN 3D”: RITORNO AL FUTURO<br />
L’Italia ha una antica tradizione nella modellistica geologica, che si può far risalire ai primi<br />
decenni del XX secolo, quando il R. Ufficio Geologico e l’Istituto Geografico Militare realizzarono<br />
modelli geologici in tre dimensioni su diversi supporti, soprattutto bronzo e gesso.<br />
Distribuiti in diverse sedi, al Servizio Geologico d’Italia – ISPRA, all’IGMI, al Museo<br />
Capellini a Bologna, in molte sedi universitarie,<br />
questi plastici offrono una immediata chiave di<br />
lettura dei caratteri geologico-geomorfologici del<br />
territorio, e furono destinati a esposizioni museali<br />
oppure a laboratori didattici.<br />
Questa tradizione si è persa nel tempo, sia per<br />
la perdita delle specifiche professionalità che,<br />
probabilmente, per gli elevati costi di produzione.<br />
Oggi, questa attività è stata ripresa con<br />
la realizzazione di una originale carta geologica<br />
in 3D dell’intero territorio nazionale, alla scala<br />
1:1.250.000; questo plastico, unico nel suo genere,<br />
rappresenta la sintesi più moderna degli<br />
aspetti geologici e morfologici del territorio italiano.<br />
La legenda è strutturata distinguendo gli ambiti<br />
deposizionali (sedimentario, magmatico e metamorfico)<br />
e suddividendo le unità in base alle<br />
analogie litologico-cronologiche, accorpando le<br />
singole formazioni in “successioni”. L’uso accurato dei colori permette di differenziare<br />
con facilità i domini geologico-strutturali consentendo una lettura immediata e una distinzione<br />
degli ambiti orogenetici.<br />
Oltre alla parte continentale, sono stati modellati in rilievo anche i fondali marini, comprensivi<br />
degli elementi strutturali che evidenziano, e differenziano, le strutture di origine<br />
tettonica da quelle di origine vulcanica.<br />
Nel plastico sono rappresentati anche gli elementi strutturali profondi, che caratterizzano<br />
il fronte delle catene alpina e appenninica.<br />
Il tematismo geologico sovrapposto al modello 3D del territorio offre una chiave di lettura<br />
molto significativa, che permette di evidenziare e comprendere con immediatezza il<br />
rapporto tra i caratteri geologici e alcuni importanti elementi morfologici.<br />
A margine, una serie di blocchi diagrammi illustrano i meccanismi dei principali elementi<br />
strutturali e dei sistemi deposizionali, rendendo il plastico adatto anche per un uso didattico.<br />
Il plastico, la cui realizzazione è stata coordinata scientificamente da Corrado Venturini<br />
(BiGeA - Università di Bologna) e Marco Pantaloni (Servizio Geologico d’Italia - ISPRA),<br />
è stato realizzato da Global Map - S.EL.CA., società leader nella cartografia tradizionale<br />
e in rilievo.<br />
Maggiori informazioni sul sito: http://global-map.it/it/<br />
Marco Pantaloni<br />
MONITORAGGIO 3D<br />
GIS E WEBGIS<br />
www.gter.it<br />
info@gter.it<br />
28 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong><br />
GNSS<br />
FORMAZIONE<br />
RICERCA E INNOVAZIONE
MERCATO<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°1-<strong>2018</strong> 29
REPORT<br />
Nuove Prospettive Tecnologiche<br />
e di Servizio per l’Areospazio<br />
di Giovanni Nicolai<br />
I progressi nella tecnologia hanno spinto<br />
la comunità spaziale a concentrarsi<br />
sulla miniaturizzazione dei satelliti<br />
convenzionali, rendendo i piccoli satelliti<br />
sempre più popolari ogni giorno e negli<br />
Figura 1 - Da Geospatial World April 2016.<br />
ultimi anni sono stati lanciati diversi<br />
piccoli satelliti (nano,micro e mini) la cui<br />
caratterizzazione è mostrata in Figura 1.<br />
Queste piccole missioni<br />
sono attraenti a causa<br />
della loro riduzione di<br />
budget e tempi di sviluppo.<br />
E ora il termine piccolo satellite<br />
non implica unicamente il<br />
satellite educativo o ricreativo<br />
ma si estende a prospettive<br />
commerciali e di business per<br />
un gran numero di industrie<br />
e grandi aziende di servizio<br />
tra cui Google e Space X. La<br />
diffusione dei piccoli satelliti,<br />
Fig. 2 – Nano Sat.<br />
unitamente al miglioramento<br />
tecnologico dei payload<br />
e alla miniaturizzazione dei<br />
satelliti, ha aperto nuove<br />
opportunità commerciali per<br />
i servizi di telecomunicazione e<br />
osservazione della Terra.<br />
Contrariamente alla loro dimensione,<br />
la quantità di dati<br />
acquisita da questi piccoli satelliti<br />
è grande e sempre crescente.<br />
I sistemi esistenti di aggregazione<br />
dei dati come Copernicus o<br />
GEOSS beneficeranno direttamente<br />
di un aumento dei dati<br />
dalla capacità di trasmissione<br />
dei micro-satelliti. Ciò avrà un<br />
impatto sulla quantità di dati<br />
disponibili per alcune applicazioni<br />
come il cambiamento<br />
climatico, il monitoraggio delle<br />
risorse agricole e dell’inquinamento.<br />
I piccoli satelliti sono dislocati<br />
su orbite basse LEO (Low<br />
Earth Orbit) tra 400 Km e<br />
800 Km rispetto alla superficie<br />
terrestre ed hanno un tempo<br />
di visibilità dalla stazione di<br />
terra ricevente nell’ordine di<br />
8-15 minuti. In questo breve<br />
periodo, tutte le informazioni<br />
raccolte lungo un’orbita piena<br />
devono essere scaricate alla<br />
stazione di terra. Il collo di<br />
bottiglia di questo sistema è la<br />
velocità con cui i dati raccolti<br />
vengono trasmessi al recettore<br />
del segmento del terreno.<br />
La Bit Rate di trasmissione<br />
massima raggiunta ad oggi da<br />
queste missioni di nano e micro<br />
satelliti è di circa 100 Mbps. La<br />
frequenza più utilizzata per la<br />
trasmissione dei dati è la banda<br />
X a 7-8 GHz mentre la banda S<br />
è stata normalmente utilizzata<br />
per telemetria e telecomando e<br />
per il controllo di assetto.<br />
Quindi c’è grande sviluppo di<br />
tecnologie COTS 1 (Commercial<br />
Off The Shelf) per aumentare<br />
la capacità di trasmissione<br />
fino a 500-1000 Mbps anche<br />
a bordo di tali piccoli satelliti<br />
mediante:<br />
4Standardizzazione di Nano<br />
satelliti;<br />
4Utilizzo di bande di frequenza<br />
meno affollate quale la<br />
banda Ka (26 GHz) e tecnologie<br />
SDR2;<br />
4Utilizzo di tecnologie fotoniche<br />
per l’elaborazione a<br />
bordo del segnale e di sistemi<br />
di trasmissione ottica del<br />
segnale;<br />
30 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>
REPORT<br />
4Utilizzo di sensori/telecamere<br />
ad alta definizione.<br />
Un altro aspetto importante di<br />
questa rivoluzione tecnologica<br />
è l’integrazione di questi piccoli<br />
satelliti e loro costellazioni con<br />
la rete mobile terrestre 4G/5G<br />
per fornire servizi quali:<br />
4Disseminazione dei Dati verso<br />
utenza finale;<br />
4Realizzazione di Centri<br />
Servizi integrati con la Rete<br />
5G;<br />
4Applicazioni Android per la<br />
disseminazione dei Dati.<br />
Standardizzazione di<br />
NanoSatelliti<br />
Proprio come gli smartphone,<br />
i satelliti stanno diventando<br />
sempre più piccoli e migliori. I<br />
Nanosatelliti oggi possono fare<br />
quasi tutto ciò che un satellite<br />
convenzionale fa, e anche a una<br />
frazione del costo. E sebbene<br />
nessuno contesta che i piccoli<br />
satelliti non possono sostituire i<br />
più grandi satelliti convenzionali<br />
a causa della risoluzione pura<br />
di pixel che quest’ultima offre,<br />
sia organizzazioni governative<br />
che start-up stanno cercando di<br />
ottenere un pezzo della torta anche<br />
di piccole dimensioni. Solo<br />
nel 2016 sono stati lanciati circa<br />
300 satelliti con peso compreso<br />
tra 1 e 50 kg.<br />
La realizzazione ed il successo<br />
di satelliti basati su componenti<br />
commerciali è un primo indizio<br />
comunque della necessità di un<br />
cambio di tecnologie. Le varie<br />
iniziative private negli Stati<br />
Uniti, tese sia a ridurre drasticamente<br />
il costo di lancio dei satelliti<br />
che a diminuirne il costo<br />
del ciclo di vita, hanno portato<br />
alla standardizzazione dei satelliti<br />
CubeSat che rientrano nella<br />
tipologia dei NanoSat (vedi<br />
Figura 3).<br />
I Nano Satelliti sono nati come<br />
uno strumento di grande utilità<br />
nei progetti di didattica<br />
avanzata nel settore<br />
spaziale ma, grazie alla<br />
continua miniaturizzazione<br />
delle componenti<br />
elettroniche, hanno<br />
presto cominciato ad<br />
avere capacità simili a<br />
quelle dei satelliti più<br />
grandi e hanno attratto<br />
l’attenzione di altri soggetti<br />
del mondo aerospaziale<br />
per applicazioni<br />
di Tele Comunicazione<br />
e Osservazione della<br />
Terra.<br />
Il breve tempo che passa<br />
dal progetto alla realizzazione di<br />
un micro satellite consente di<br />
utilizzare componenti e carichi<br />
utili allo stato dell’arte. Inoltre<br />
la standardizzazione, in particolare<br />
nella classe Cubesat, ha<br />
prodotto due grandi vantaggi:<br />
innanzitutto l’esistenza di una<br />
vasta comunità di operatori che<br />
lavora sulla stessa piattaforma<br />
e affronta problemi simili offrendo<br />
soluzioni che vengono<br />
ampiamente condivise via web.<br />
Un secondo vantaggio è che la<br />
standardizzazione ha prodotto<br />
automatismi nell’integrazione<br />
nei lanciatori. Esistono diversi<br />
lanciatori (Vega, PSLV, Dniepr)<br />
che accettano cubesat anche a<br />
pochi mesi dal lancio se questi<br />
vengono rilasciati dal sistema<br />
standard (il PPOD).<br />
Le controindicazioni sono legate<br />
soprattutto alle<br />
potenze elettriche<br />
che possono essere<br />
rese disponibili<br />
(piccoli satelliti =<br />
poca superficie per<br />
i pannelli solari) un<br />
punto critico è proprio<br />
la mancanza di<br />
lanciatori dedicati.<br />
Attualmente il lancio<br />
di Nano Satelliti<br />
è subordinato alle<br />
esigenze dei carichi<br />
principali.<br />
Fig. 3- Standard CubeSat.<br />
Constellazioni di NanoSatelliti<br />
Un esempio di costellazione<br />
di CubeSat è fornito da Planet<br />
Labs che è una società privata<br />
per la raccolta delle immagini<br />
della terra con sede a San<br />
Francisco. L›azienda progetta<br />
e produce satelliti in miniatura<br />
Triple-CubeSat (3U) che vengono<br />
rilasciati in orbita bassa<br />
(LEO) da lanciatori non dedicati<br />
con altre missioni principali<br />
a bordo.<br />
Ogni satellite di osservazione<br />
(Cubesat 3U) analizza continuamente<br />
la Terra ed invia i<br />
dati una volta che passa sopra<br />
Fig. 4- Tipologia Satelliti CubeSat.<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 31
REPORT<br />
Fig. 5- Planet CubeSat.<br />
una stazione di<br />
terra. Insieme i<br />
satelliti formano<br />
una costellazione che<br />
fornisce un’immagine<br />
completa della Terra ad una risoluzione<br />
ottica di 3-5 metri.<br />
Piccole dimensioni e un costo<br />
relativamente basso hanno<br />
consentito all’azienda di prototipare<br />
e testare nuovi progetti,<br />
evitando la perdita di un patrimonio<br />
importante nel caso<br />
di fallimento di un lanciatore<br />
satellitare.<br />
Le immagini raccolte dai satelliti<br />
Cubesat 3U (chiamati<br />
Doves) forniscono informazioni<br />
up-to-date rilevanti per il monitoraggio<br />
del clima, le previsioni<br />
per l’agricoltura, la pianificazione<br />
urbana e per far fronte ai<br />
disastri.<br />
Fig. 6- Sistema di Comunicazione a 26 GHz (Estratto<br />
dal rapporto finale 2016-11-18_LEO26SG).<br />
Planet Labs ha lanciato dal<br />
2010, quando è nata, circa 100<br />
satellite cubesat 3U di cui sono<br />
oggi operativi circa 30, considerando<br />
una vita media di 3 anni<br />
dei Cubesat 3U.<br />
Utilizzo della Banda KA<br />
e tecnologie SDR<br />
Sull’utilizzo di nuove tecnologie<br />
COTS applicabili ai NanoSat<br />
si segnalano, per applicazioni<br />
di Osservazione della Terra EO<br />
(Earth Observation), gli avanzati<br />
sviluppi nei seguenti campi:<br />
4 Banda Ka a 26 GHz in<br />
quanto è meno congestionata<br />
e fornisce una larghezza di<br />
banda 4 volte maggiore della<br />
banda X. Il rapporto finale del<br />
gruppo di esperti 2016-11-18_<br />
LEO26SG dice: “La frequenza<br />
di 26 GHz è un’opzione valida<br />
per comunicazioni dirette a terra<br />
da veicoli spaziali a orbita bassa<br />
(LEO). I pianificatori di missione<br />
possono trascurare la frequenza<br />
di 26 GHz a causa della non<br />
familiarità, dei rischi percepiti o<br />
della facilità di implementazione<br />
di una missione utilizzando un<br />
approccio standard. Non avendo<br />
preso in considerazione l’utilizzo<br />
della banda a 26 GHz, però, le<br />
missioni potrebbero mancare le<br />
opportunità offerte da frequenza<br />
più alte”. Le funzioni generiche<br />
di un sistema di comunicazione<br />
a 26 GHz sono illustrate nello<br />
schema a blocchi di Figura 6<br />
(estratto dal rapporto finale<br />
2016-11-18_LEO26SG).<br />
Fig. 7- Diagramma Radiazione<br />
Antenna 26 GHz.<br />
Su programmi ESA si stanno<br />
sviluppando antenne compatte<br />
Ka (antenne patch array con dimensioni<br />
20x20 mm) e apparati<br />
RF a basso costo (LNA [Low<br />
Noise Amplifier] e SSPA [Solid<br />
State Power Amplifier]) da installare<br />
sui satelliti NanoSat per<br />
illuminare la stazione ricevente<br />
terrestre con larghezze di fascio<br />
sufficienti (vedi Figura 6) durante<br />
il passaggio in visibilità<br />
sull’orbita LEO (8-15 minuti);<br />
inoltre i prossimi SSPA in GaN<br />
(Gallium Nitride) diventeranno<br />
presto una soluzione molto<br />
più attraente poiché la loro<br />
efficienza e la potenza di uscita<br />
(circa 10 W) in genere raddoppieranno<br />
le performance dei<br />
precedenti SSPA in GaAs (Gallium<br />
Arsenide) già esistenti;<br />
Utilizzo di Tecnologie di Comunicazione<br />
SDR con l’utilizzo<br />
di Modem basati su processori<br />
FPGA (Field Programmable<br />
Gate Array) programmabili per<br />
l’elaborazione del segnale e che<br />
forniscono un sistema di comunicazione<br />
capace di adattarsi<br />
alle condizioni metereologiche<br />
con modulazioni flessibili variabili<br />
da 8PSK fino a 64 APSK<br />
(Phase Shift Keying) mediante<br />
l’utilizzo di Modulazioni e Codici<br />
Adattativi (ACM [Adaptive<br />
Code Modulation] e VCM<br />
[Variable Code Modulation])<br />
molto robusti;<br />
Altre tecologie per la elaborazione<br />
dei dati a bordo<br />
Altre promettenti tecnologie<br />
per aumentare la Bit Rate di<br />
Trasmissione derivano da:<br />
4Utilizzo della tecnologia<br />
Fotonica per l’elaborazione<br />
dei dati (immagini ad alta<br />
definizione raccolte dai sensori<br />
e telecamere) a bordo del<br />
Nano/Micro Sat;<br />
4Utilizzo di Link Ottici di<br />
Trasmissione per i collega-<br />
32 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>
REPORT<br />
Fig. 8 - Scheda FPGA.<br />
menti con altri satelliti ISOL<br />
(Inter Satellite Optical Link)<br />
per la raccolta dei dati anche<br />
come alternativa all’utilizzo<br />
della Radio Frequenza;<br />
4Telecamere/Sensori<br />
Iperspettrali;<br />
4Sistemi di Elaborazione,<br />
Compressione e 4<br />
Immagazzinamento dei Dati<br />
a bordo.<br />
Integrazione con la rete terrestre<br />
4G/5G e sviluppo dei<br />
servizi<br />
L’integrazione della Rete<br />
Satellite con quella Terrestre<br />
4G/5G può creare diverse<br />
opportunità di Servizio ed<br />
Applicazioni mirate all’Utenza<br />
mobile. Lo schema architetturale<br />
di tale rete è<br />
mostrato in Figura 9. Con<br />
tale architettura si potrebbero<br />
realizzare diversi Servizi ed<br />
Applicazioni, quali:<br />
4Moduli SDR per integrazione<br />
flessibile di funzionalità<br />
NavCom e ComSec;<br />
4Moduli SDR per funzionalità<br />
di Controllo 4<br />
Configurazione di volo e assetto<br />
degli small-sat;<br />
4Moduli SDR per funzionalità<br />
di comunicazione terra-spazio<br />
e spazio-spazio (ISL);<br />
4Moduli HW basati su prodotti<br />
COTS e/o uso di<br />
FPGA;<br />
4Smart Gateway terrestri rilocabili<br />
e/o fisse come interfaccia<br />
per centri servizi e/o rete<br />
cellulare terrestre 4G/5G;<br />
4Elaborazioni Dati Ricevuti<br />
dagli Smallsat;<br />
4Disseminazione dei Dati verso<br />
utenza finale;<br />
4Realizzazione di Centri<br />
Servizi integrati con la Rete<br />
5G;<br />
4Applicazioni per la disseminazione<br />
dei Dati.<br />
Il futuro dei servizi e delle<br />
applicazioni satellitari si misurerà<br />
dalla capacità di integrare<br />
diverse tecnologie, costellazioni<br />
e segmenti spaziali (GEO<br />
[Geostationary Earth Orbit],<br />
MEO [Medium Earth Orbit],<br />
LEO [Low Earth Orbit]) con la<br />
Rete Terrestre di futura generazione<br />
per arrivare direttamente<br />
all’Utente.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
1. Low-Earth Orbit (LEO) 26 GHz K-band<br />
Study Group - Final Report November 2016<br />
2. Geospatial World – Report April 2016<br />
3. Seminario internazionalizzazione e Aerospazio<br />
Dicembre 2016<br />
4. Lightweight and Cost Efficient Spaceborn<br />
Patch Antenna 2016 IEEE<br />
NOTE DELLA REDAZIONE<br />
Il presente articolo è stato già pubblicato su IoRoma- www.<br />
ioroma.info Rivista dell'Ordine degli Ingegneri della Provincia<br />
di Roma".<br />
PAROLE CHIAVE<br />
Outliers; convex hull peeling; clustering; diseguaglianza<br />
di Chebychev; scarto quadratico medio<br />
ABSTRACT<br />
Advances in technology have split the space community<br />
to focus on the miniaturization of conventional satellites,<br />
making smaller satellites increasingly popular every day and<br />
in recent years several small satellites have been launched<br />
(nano, micro and mini).<br />
AUTORE<br />
Giovanni Nicolai<br />
nicgio65@gmail.com<br />
Ordine degli Ingegneri di Roma<br />
Fig. 9 - Architettura di Rete Spazio-Terra.<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 33
REPORT<br />
Report da Intergeo <strong>2018</strong><br />
di Giacomo Uguccioni<br />
INTERGEO <strong>2018</strong> conferma di<br />
essere la gigantesca vetrina<br />
internazionale dei prodotti e dei<br />
servizi che il mercato del settore<br />
dell’informazione geospaziale<br />
considera come affidabili, sicuri,<br />
scientificamente validati. Le<br />
soluzioni presentate sono la<br />
realizzazione commerciale di quei<br />
progetti che negli ultimi 3-5 anni<br />
hanno occupato i responsabili dei<br />
segmenti di ricerca e sviluppo<br />
delle aziende di tutto il mondo,<br />
e a INTERGEO vengono quindi<br />
presentati come componenti di<br />
processi e metodologie su cui<br />
l’operatore può fare affidamento<br />
per creare il proprio sistema<br />
complesso di acquisizione dati. In<br />
questo senso, dunque, raramente<br />
si trovano soluzioni che fanno<br />
immaginare un’applicazione<br />
futura, rari sono i casi di<br />
presentazione di nuove idee nate<br />
dalla riformulazione di tecnologie<br />
consolidate, oppure legate a<br />
nuove scoperte.<br />
Eppure si registrano alcuni<br />
interessanti cambi di<br />
tendenza: torna l’interesse<br />
per sensori fotogrammetrici ad<br />
altissime prestazioni, progettati<br />
per l’utilizzo da aereo con<br />
piattaforme inerziali, sistemi<br />
di sincronizzazione e posizionamento<br />
di altissimo livello<br />
tecnologico, e insieme tornano<br />
di grande interesse le aziende<br />
che offrono il servizio di rilievo<br />
aereo affidando agli esperti<br />
l’alloggio per la sensoristica e<br />
la pianificazione del volo fotogrammetrico;<br />
le missioni<br />
satellitari di Copernicus hanno<br />
inoltre dato nuovo valore alle<br />
informazioni che si possono ottenere<br />
dalle immagini satellitari<br />
per applicazioni di monitoraggio<br />
ambientale, agricoltura di<br />
precisione e pianificazione urbanistica,<br />
e così a INTERGEO<br />
vengono presentate soluzioni<br />
software di gestione ed elaborazione<br />
di dati remote sensing che<br />
sembravano dover scomparire<br />
dopo il boom del proximal sensing<br />
all’inizio di questa decade.<br />
In più, novità estremamente<br />
interessanti riguardano l’offerta<br />
di piattaforme inerziali e sistemi<br />
di posizionamento e navigazione<br />
da installare a bordo delle<br />
piattaforme di acquisizione: lo<br />
sviluppo di questo micro-settore<br />
sarà decisivo per l’affermazione<br />
di alcune delle più diffuse metodologie<br />
di acquisizione dati<br />
da RPAS (Remotely Piloted<br />
Aircraft Systems) perché è<br />
davvero inutile poter acquisire<br />
milioni di punti al secondo, con<br />
posizionamento RTK, tramite<br />
un laser scanner montato su un<br />
drone, se poi i dati di orientamento<br />
e posizionamento hanno<br />
errori di accuratezza di qualche<br />
grado o di qualche metro.<br />
A INTERGEO <strong>2018</strong>, tuttavia,<br />
si intuisce che la concentrazione<br />
degli sviluppatori è rivolta<br />
soprattutto al miglioramento<br />
delle performance in termini di<br />
affidabilità, sicurezza, precisione<br />
e accuratezza degli strumenti<br />
hardware e software che già<br />
stanno facendo le fortune delle<br />
case produttrici: le stazioni totali,<br />
i ricevitori GNSS e i laser<br />
scanner terrestri presenti in fiera<br />
sono talmente numerosi che<br />
è difficile poter fare confronti<br />
ordinati anche dopo le frequenti<br />
dimostrazioni e anche dopo<br />
aver ascoltato i disponibilissimi<br />
addetti ai lavori. Infatti, gli strumenti<br />
tradizionali del topografo<br />
sono sempre più performanti.<br />
34 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>
REPORT<br />
4Il ricevitore satellitare<br />
SL800 di SATLAB ha la<br />
possibilità di connettersi<br />
con un’ampia serie di dispositivi<br />
per poter gestire<br />
al meglio le operazioni di<br />
rilievo e di elaborazione dei<br />
dati. La casa svedese offre<br />
soluzioni molto interessanti<br />
per tutte le differenti applicazioni<br />
dove posizionamento<br />
preciso in difficili condizioni<br />
e dati di navigazione<br />
accurati risultano essere di<br />
fondamentale importanza:<br />
il ricevitore SATLAB SL800<br />
supporta il servizio di correzione<br />
TerraStar, che si<br />
basa su un network globale<br />
di stazioni GNSS di riferimento<br />
e avanzati algoritmi<br />
per generare con precisione<br />
le orbite satellitari, l’orario<br />
GNSS e altri parametri di<br />
correzione del posizionamento<br />
durante il rilievo, o<br />
in post-processing, fino a<br />
raggiungere precisioni prossime<br />
al centimetro.<br />
4Il laser scanner Leica<br />
RTC360 misura 2 milioni<br />
di punti al secondo, e grazie<br />
all’avanzato sistema di imaging<br />
HDR (High Dynamic<br />
Range), la creazione di nuvole<br />
3D a colori può essere<br />
completata in meno di 2<br />
minuti. Inoltre, la registrazione<br />
automatica in campo<br />
senza target (basata sulla<br />
tecnologia VIS) ed il trasferimento<br />
automatizzato dei<br />
dati in ufficio, massimizza<br />
ulteriormente la produttività<br />
riducendo al minimo<br />
il tempo di rilievo. Leica<br />
RTC360 permette di ottenere<br />
scansioni nitide di alta<br />
qualità, ricche di dettagli e<br />
pronte per l’uso in differenti<br />
applicazioni. In combinazione<br />
con il software Cyclone<br />
FIELD 360, offre una precisione<br />
elevata che può essere<br />
controllata già in campo. In<br />
più, grazie alla scelta strategica<br />
di trasferire competenze<br />
di calcolo direttamente sui<br />
dispositivi che operano<br />
sul campo (tipica di un<br />
metodo noto come Edge<br />
Computing) Leica RTC360<br />
registra automaticamente i<br />
movimenti da una posizione<br />
di scansione all’altra per la<br />
pre-registrazione delle diverse<br />
scansioni tridimensionali<br />
direttamente in campo, senza<br />
intervento manuale in<br />
post-processing.<br />
4Con una precisione angolare<br />
di 1” e una precisione<br />
distanziometrica di<br />
1mm±1ppm, la stazione<br />
totale FOIF mod. RTS010,<br />
distribuita da VidaLaser, è<br />
uno strumento ad altissime<br />
prestazioni ed affidabilità<br />
per rilievi in ogni situazione<br />
operativa. Il software di gestione<br />
ed elaborazione dei<br />
dati, FieldGenius oppure<br />
Carlson WinCE, è personalizzato<br />
per la RTS010, ma<br />
c’è completa compatibilità<br />
con altri software. Una peculiarità<br />
interessante: poiché<br />
il sistema di controllo tramite<br />
Bluetooth consente di<br />
azionare la stazione totale<br />
Vidalaser-FOIF RTS 010<br />
da Bluetooth, è possibile lo<br />
strumento direttamente dalla<br />
palina, fino ad una distanza<br />
di 1000 m. La memoria<br />
interna dello strumento è di<br />
4Gb con scheda SD esterna<br />
da 32Gb; è dotata di doppio<br />
display e tastiera touchscreen,<br />
utilizzabile anche indossando<br />
i guanti. Il distanziometro<br />
è a differenziale di fase,<br />
la migliore tecnologia in<br />
termini di precisione ed affidabilità:<br />
misura punti senza<br />
prisma a distanze di 100 m,<br />
mentre raggiunge i 6000 m<br />
con piastrine catarifrangenti<br />
60x60mm.<br />
Dopo gli strumenti tradizionali<br />
sempre più performanti, passiamo<br />
alla rassegna di alcune<br />
novità. Negli ultimi due anni,<br />
grande interesse è rivolto al<br />
rilievo laser scanner utilizzando<br />
sensoristica molto leggera<br />
e performante in termini di<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 35
REPORT<br />
densità di punti acquisiti, canali<br />
di classificazione, frequenza,<br />
con la conseguenza di poterla<br />
trasportare su terreni e strutture<br />
tramite un UAV e poter<br />
condurre così rilievi molto dettagliati.<br />
Il laser scanner mobile<br />
ScanFly ULTRA, promosso a<br />
INTERGEO <strong>2018</strong> dall’italiana<br />
3D Target, è equipaggiato con<br />
il nuovo sensore LIDAR VLP-<br />
32C a 32 canali, che produce<br />
misurazioni di più di un milione<br />
di punti al secondo in modalità<br />
doppio ritorno con una<br />
portata di 200 metri. Avendo<br />
un peso inferiore ai 2 Kg, può<br />
essere installato a bordo di un<br />
RPAS, anche perché i dispositivi<br />
di posizionamento (2 antenne<br />
e ricevitori a doppia frequenza,<br />
in grado di ricevere dati GPS e<br />
Glonass, e che possono operare<br />
in PPK o RTK) e orientamento<br />
esterno dell’origine della scansione<br />
(piattaforma inerziale con<br />
frequenza da 100 Hz a 250 Hz,<br />
e un’accuratezza del posizionamento<br />
di 0.05°) sono integrati<br />
nel laser scanner.<br />
Ora, la precisione nella modellizzazione<br />
tridimensionale<br />
georeferenziata di terreni o<br />
strutture, così come la densità di<br />
punti, sono aspetti che devono<br />
essere considerati se si mettono<br />
a confronto la metodologia<br />
fotogrammetrica e quella che<br />
utilizza scansioni aeree o trasportate;<br />
tuttavia, persistono<br />
differenze fondamentali che<br />
l’operatore deve tenere in conto<br />
nella scelta dell’una o dell’altra<br />
tecnologia (che riguardano la<br />
classificazione, gli ostacoli visivi,<br />
la velocità del mezzo, la qualità<br />
della sensoristica), a fronte<br />
di tre variabili fondamentali<br />
che condizionano entrambe le<br />
soluzioni: (1) l’attenzione alla<br />
precisione del posizionamento<br />
durante l’acquisizione (considerando<br />
la variabile fondamentale<br />
del tempo di sincronizzazione<br />
tra scatto/scansione e acquisizione<br />
GNSS), (2) la precisione dei<br />
dati di orientamento disponibili<br />
della piattaforma di acquisizione,<br />
(3) la necessità di registrare<br />
nuvole provenienti da scansioni<br />
diverse, o da differenti sorgenti.<br />
1. Per il primo problema, a<br />
INTERGEO <strong>2018</strong> c’erano<br />
interessanti soluzioni di schede<br />
e ricevitori GNSS di ridotte<br />
dimensioni e peso, che<br />
possono operare in RTK per<br />
raggiungere precisioni centimetriche<br />
delle coordinate di<br />
posizionamento da associare<br />
alle riprese. AsteRx-m2 UAS<br />
di Septentrio è un ricevitore<br />
GNSS appositamente progettato<br />
per l›integrazione<br />
diretta nelle applicazioni<br />
UAS (Unmanned Aerial<br />
Systems) che fornisce un posizionamento<br />
RTK preciso<br />
con GPS, Glonass, Galileo,<br />
con un bassissimo consumo<br />
di energia. È dotato di<br />
connessioni standard: un<br />
input per il marker di eventi<br />
con una sincronizzazione<br />
estremamente precisa e la<br />
facile connessione a Pixhawk<br />
e Ardupilot. AsteRx-m2<br />
UAS presenta AIM +, la<br />
tecnologia di attenuazione<br />
delle interferenze onboard<br />
avanzata, per sopprimere<br />
la più ampia varietà di<br />
interferenti, dai semplici<br />
segnali a banda stretta ai più<br />
complessi jammer a banda<br />
larga. AsteRx-m2 funziona<br />
perfettamente con il software<br />
GeoTagZ e la sua libreria<br />
SDK per l’elaborazione<br />
offline PPK (Post Processed<br />
Kinematic). La precisione<br />
della posizione, in modalità<br />
RTK, raggiunge 0.6 cm in<br />
orizzontale e 1 cm in verticale,<br />
con o senza datalink in<br />
tempo reale.<br />
2. Per il secondo problema,<br />
scopriamo a INTERGEO<br />
<strong>2018</strong> le novità introdotte<br />
dalle aziende che si occupano<br />
di progettazione e<br />
costruzione di piattaforme<br />
inerziali ad altissime prestazioni,<br />
ma che sempre più<br />
si rivolgono ad un mercato<br />
mobile o unmanned. La piattaforma<br />
inerziale Sensonor<br />
STIM210 è un modulo<br />
giroscopico multiasse con 3<br />
assi di giroscopi MEMS ad<br />
alta precisione. Ogni asse è<br />
calibrato in laboratorio per<br />
quanto riguarda bias e sensibilità,<br />
ed è compensato sugli<br />
effetti della temperatura nella<br />
misurazione. La costruzione<br />
industriale delle STIM210<br />
è realizzata combinando<br />
la collaudata tecnologia<br />
Sensonor ButterflyGyro con<br />
funzionalità completamente<br />
digitali. Il range di ingresso<br />
di fine-scala angolare della<br />
STIM210 è 400°/s e l’uscita<br />
è limitata a ±480°/s. I moduli<br />
a 3 assi hanno l’allineamento<br />
degli assi elettronico,<br />
migliorando l’ortogonalità<br />
tra gli assi (fino a 1 mrad). I<br />
formati di output selezionabili<br />
sono la velocità angolare,<br />
l’angolo di incremento, la velocità<br />
angolare media e l’angolo<br />
integrato, con frequenze<br />
di campionamento fino a<br />
2000 campioni al secondo.<br />
La regolazione della frequenza<br />
di rilevamento, nonché il<br />
bilanciamento perfetto delle<br />
36 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>
REPORT<br />
masse, scaturiscono in<br />
vibrazioni molto basse e<br />
sensibilità agli urti minima<br />
in ogni direzione.<br />
L’uso di un microcontrollore<br />
RISC ARM a<br />
32 bit offre flessibilità<br />
nella configurazione del<br />
dispositivo; sono disponibili<br />
opzioni per unità di<br />
uscita, frequenza di campionamento,<br />
frequenza<br />
di interruzione del filtro<br />
LP, bit rate di trasmissione<br />
RS422, terminazione<br />
linea on/off. Le applicazioni<br />
dove STIM210<br />
di Sensonor può offrire<br />
importanti vantaggi sono<br />
nei settori aerospaziale e<br />
automotive, e dove sono<br />
necessario una precisa<br />
stabilizzazione della piattaforma<br />
e la conoscenza<br />
dei dati di orientamento<br />
precisi: sistemi di puntamento<br />
e navigazione<br />
(antenne, telecamere),<br />
sistemi di riferimento<br />
della direzione di assetto<br />
(AHRS), sistemi di navigazione<br />
inerziale (INS)<br />
per UAV e ROV, per<br />
missili e munizioni intelligenti,<br />
sistemi di mappatura<br />
3D, telemetri, treni,<br />
robotica e altro ancora. In<br />
realtà, piattaforme inerziali<br />
come quella che propone<br />
Sensonor, la STIM210, possono<br />
aprire nuovi mercati,<br />
in cui non è stato ancora<br />
possibile realizzare soluzioni<br />
adeguate in precedenza.<br />
3. Per il terzo problema, quello<br />
della registrazione delle nuvole,<br />
le potenzialità offerte<br />
dai software di processamento<br />
fotogrammetrico, di<br />
gestione ed elaborazione di<br />
nuvole di punti, di gestione<br />
dei dati GNSS acquisiti, e<br />
soprattutto la loro capacità<br />
di ricevere in input dati<br />
provenienti da differenti<br />
sorgenti di acquisizione (fotogrammetria,<br />
termografia,<br />
multispettrale, laser scanner,<br />
stazione totale, lidar, GNSS)<br />
e di fornire possibilità di elaborazione,<br />
modellizzazione<br />
3D, calcolo e restituzione,<br />
consentono oggi finalmente<br />
di conoscere, progettare,<br />
monitorare la morfologia<br />
di terreni, strutture e risorse<br />
associando la simulazione del<br />
modello digitale alla misura<br />
dell’oggetto reale. La suite<br />
3DF Zephyr di 3DFlow è la<br />
soluzione integrata sviluppata<br />
per la modellizzazione<br />
tridimensionale di nuvole<br />
di punti provenienti da<br />
differenti sorgenti di acquisizione,<br />
la georeferenziazione,<br />
la creazione di mesh e<br />
texturizzazioni, e per tutte le<br />
analisi geomorfologiche, topografiche<br />
e architettoniche<br />
da condurre direttamente<br />
sulla nuvola di punti o sul<br />
modello texturizzato. 3DF<br />
Zephyr supporta tutti i tipi<br />
di dati in input: immagini<br />
da fotocamere, immagini da<br />
camere fotogrammetriche,<br />
immagini multispettrali,<br />
punti da stazioni totali, punti<br />
da laser scanner, video, immagini<br />
sferiche, e conduce le<br />
operazioni di allineamento,<br />
registrazione, modellizzazione,<br />
analisi con algoritmi svi-<br />
SUITE DEDICATA ALLA GESTIONE E PUBBLICAZIONE<br />
DI PROGETTI QGIS SU SERVIZI WEBGIS<br />
- Pubblicazione autonoma di progetti QGIS per la condivisione<br />
delle proprie realizzazioni<br />
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direttamente da QGIS<br />
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<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 37
REPORT<br />
luppati e approfonditi autonomamente,<br />
con la garanzia,<br />
per l’utente, di un’assistenza<br />
in collegamento diretto con<br />
lo sviluppatore.<br />
La kermesse di Francoforte ha<br />
offerto valide proposte, inoltre,<br />
per quanto concerne soluzioni<br />
di rilievo aerofotogrammetrico<br />
di ampie porzioni di territorio,<br />
riportando alto l’interesse sulle<br />
aziende che forniscono il servizio<br />
di rilievo con aereo e pilota,<br />
oppure con elicottero, e che a<br />
bordo installano piattaforme<br />
inerziali di elevata sensibilità, sistemi<br />
di posizionamento GNSS<br />
ridondanti e di alta tecnologia,<br />
software di pianificazione del<br />
volo fotogrammetrico, piattaforme<br />
stabilizzate per l’alloggio<br />
di multipli sensori (camere<br />
metriche, camere multispettrali,<br />
lidar, laser scanner, camere termografiche)<br />
con i fondamentali<br />
sistemi di sincronizzazione e di<br />
calcolo preciso del posizionamento<br />
assoluto della ripresa.<br />
E INTERGEO è sempre un’occasione<br />
per conoscere l’offerta<br />
di soluzioni, servizi e prodotti<br />
proveniente dalla Germania,<br />
uno dei Paesi che ha contribuito<br />
maggiormente allo sviluppo<br />
della disciplina, o da altri Paesi<br />
europei che presentano soluzioni<br />
alla frontiera dello sviluppo<br />
tecnologico. Più di 100<br />
installazioni in tutto il mondo<br />
rendono AeroTopoL di GGS –<br />
Geotechnik, Geoinformatik &<br />
Service, uno dei più popolari<br />
servizi di pianificazione e gestione<br />
del volo basati su sistema<br />
GIS. E’ possibile pianificare<br />
missioni su aree singole e multiple,<br />
e su corridoi. Rilievi aerei<br />
con combinazioni di sensori<br />
come Lidar, fotocamere, multispettrali,<br />
sistemi OIS (Oblique<br />
Imaging Systems) possono essere<br />
pianificati ed eseguiti congiuntamente;<br />
infatti, AeroTopoL<br />
supporta fotocamere analogiche<br />
o digitali basate su frame<br />
e calcola automaticamente<br />
sovrapposizione fotogrammetrica,<br />
impronta sul terreno,<br />
risoluzione a terra e accuratezza<br />
del progetto. AeroTopoL calcola<br />
la copertura della scansione o<br />
dell’immagine valutando l’altimetria,<br />
la quota di volo, i parametri<br />
della camera o del laser<br />
scanner e gli angoli di rotazione<br />
del mezzo. Spostandoci invece<br />
in Spagna, l’unità di controllo<br />
di Aerolaser, AeCU 2.2 è l›unità<br />
di sincronizzazione e controllo,<br />
sviluppata per gestire al meglio<br />
tutte le informazioni relative al<br />
posizionamento e all’orientamento<br />
della piattaforma di acquisizione<br />
e dei sensori durante<br />
il volo aerofotogrammetrico.<br />
Il Flight Management System<br />
di Aerolaser si interfaccia con<br />
il software di pianificazione<br />
AeMission e fornisce dati sincronizzati<br />
di georeferenziazione<br />
precisa grazie a un doppio<br />
ricevitore GNSS, ad una piattaforma<br />
inerziale di altissimo<br />
livello tecnologico e ad un orologio<br />
interno con precisione in<br />
nanosecondi, gestendo inoltre<br />
l’alimentazione dei differenti<br />
dispositivi connessi. Dispone<br />
di un doppio ricevitore GNSS<br />
JAVAD TR-G3T con uscita<br />
PPS a un duplicatore di segnale;<br />
controlla l’IMU, riceve i suoi<br />
dati e li memorizza in un disco<br />
solido. Tramite un connettore<br />
Lemo, che fornisce alimentazione,<br />
invia il comando di scatto<br />
a 5 dispositivi elettronici (ad<br />
esempio fotocamere digitali o<br />
laser scanner) in base agli intervalli<br />
preimpostati, e riceve il<br />
segnale flash a cui assegna un<br />
tempo di ricezione.<br />
Infine, per quanto riguarda<br />
i sensori, un riferimento in<br />
continuo sviluppo è la Phase<br />
One Industrial, che propone<br />
nuove interessanti soluzioni per<br />
sistemi di rilievo aerofotogrammetrico.<br />
Phase One 150MP e<br />
100MP Aerial Systems sono<br />
sistemi completamente integrati<br />
basati rispettivamente sul<br />
nuovo progetto iXM-RS150F<br />
e sulle telecamere metriche ad<br />
alta risoluzione iXM-RS100F.<br />
Ogni sistema aereo include<br />
la telecamera e componenti<br />
aggiuntivi: controller iX, stabilizzatore<br />
Somag, unità GPS/<br />
IMU Applanix e software per la<br />
pianificazione di volo iX Plan<br />
e iX Flight. Il nuovo sistema<br />
aereo iXM-RS150F consiste<br />
in una macchina fotografica<br />
di 150 MegaPixel dotata di un<br />
nuovo sensore full frame (14204<br />
x 10652) e, con una dimensione<br />
del pixel di 3,76 micrometri<br />
consente una risoluzione altissima<br />
da quote di volo più alte,<br />
fornendo una copertura aerea<br />
più ampia, garantendo così<br />
maggiore efficienza e produttività.<br />
La fotocamera utilizza un<br />
sensore CMOS retroilluminato<br />
con gamma dinamica di 83 dB<br />
per immagini di qualità superiore<br />
anche in condizioni di scarsa<br />
illuminazione, consentendo più<br />
ore di volo durante un giorno<br />
e più giorni di volo all’anno.<br />
Una velocità di acquisizione<br />
delle immagini di 2 fotogrammi<br />
al secondo consente voli<br />
con maggiore sovrapposizione<br />
longitudinale, necessaria per i<br />
modelli 3D delle città che tanto<br />
vanno di moda tra gli stand di<br />
INTERGEO <strong>2018</strong>. La fotocamera<br />
si può dotare di uno tra<br />
sette obiettivi RS, che vanno da<br />
32 mm a 150 mm di lunghezza<br />
focale, dotato di un otturatore<br />
centrale per garantire un’immagine<br />
aerea geometricamente<br />
corretta. Gli obiettivi e le lenti<br />
sono calibrati in laboratorio per<br />
la messa a fuoco a infinito; l’angolo<br />
di apertura delle lenti RS è<br />
appositamente predisposto per i<br />
sistemi OIS e Lidar.<br />
In conclusione a questa ampia<br />
panoramica sulla grande fiera<br />
internazionale, si registra l’affer-<br />
38 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>
REPORT<br />
mazione di quella tecnologia che tanto ha fatto<br />
tribolare i progettisti di sistemi aerei a pilotaggio<br />
remoto in questa decade: il sistema VTOL<br />
(Vertical Take-Off and Landing), ovvero un drone<br />
che sappia comportarsi come un aereo in fase<br />
di conduzione, ma come un multicottero in fase<br />
di decollo e atterraggio. Chiaramente, la criticità<br />
maggiore si trova nella gestione della fase di<br />
transizione in volo, oltre a tutte le problematiche<br />
legate all’alimentazione, al payload, alla navigazione,<br />
al controllo, alla sicurezza. Non dimentichiamoci<br />
che ENAC (Ente Nazionale Aviazione<br />
Civile) sta in questi mesi scrivendo, insieme agli<br />
operatori più abili del settore, il regolamento<br />
per la modalità di volo BVLOS (Beyond Visual<br />
Line Of Sight) compiendo test e simulazioni<br />
per capire le attenzioni che il legislatore deve<br />
garantire alla sicurezza di utenti e cittadini. Fatto<br />
in Germania, brevettato in tutto il mondo, il<br />
VTOL di Wingcopter presenta un design esclusivo<br />
e un particolare meccanismo di rotazione<br />
delle eliche che garantisce una transizione morbida<br />
e robusta. In hovering, si comporta come<br />
un multicottero, con un mantenimento preciso<br />
della posizione; dopo la transizione in modalità<br />
ad ala fissa, Wingcopter vola come un aereo, ad<br />
alta velocità e stabilità, con un’elevata capacità<br />
di carico utile: progettato per trasportare fino a<br />
6 chilogrammi di payload, oltre il 35% del suo<br />
peso totale, il VTOl di Wingcopter copre grandi<br />
distanze, fino a 100 chilometri. Non teme le<br />
raffiche: Wingcopter resiste a venti di 15 m/s<br />
inclinando dinamicamente i suoi rotori, ed è<br />
impermeabile, essendo un sistema chiuso in cui<br />
tutte le parti elettroniche sono protette. I materiali<br />
migliori, la produzione accurata e il design<br />
compatto consentono un peso a vuoto di soli 6<br />
kg: oltre il 60% del peso totale rimane per payload<br />
e batterie. Wingcopter definisce il punto di<br />
riferimento per i droni VTOL commerciali, con<br />
un record mondiale di velocità di 240 km/h.<br />
C’è vita nel nostro mondo.<br />
Realizzazione di infrastrutture<br />
dati territoriali (SDI) conformi a INSPIRE<br />
Formazione specialistica su tecnologie<br />
GIS Open Source<br />
PAROLE CHIAVE<br />
Intergeo; geospatial; topografia; geo-ict; gnss; data<br />
ABSTRACT<br />
INTERGEO <strong>2018</strong> is the international Geo-ICT showcase for<br />
data acquisition systems. Topographic tools always more performing,<br />
and interest in the laser scanner. As with photogrammetry,<br />
positioning accuracy, orientation precision, cloud recording<br />
affect data quality. Inertial platforms and GNSS systems will be<br />
decisive for surveys with RPAS to ensure accuracy. The VTOLs<br />
are affirmed, where the criticality is in the transition in flight.<br />
AUTORE<br />
Giacomo Uguccioni<br />
Giacomo.uguccioni@gmail.com<br />
INSPIRE Helpdesk<br />
We support all INSPIRE implementers<br />
Epsilon Italia S.r.l.<br />
Via Pasquali, 79<br />
87040 Mendicino (CS)<br />
Tel. e Fax (+39) 0984 631949<br />
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<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 39
AEROFOTOTECA<br />
L'AEROFOTOTECA<br />
NAZIONALE RACCONTA…<br />
l'Italia dal cielo, tra Guerra<br />
fredda e boom economico<br />
di Francesca Pompilio<br />
Tra i numerosi fondi che costituiscono<br />
l'immenso patrimonio<br />
di immagini aeree conservato in<br />
Aerofototeca Nazionale (AFN),<br />
uno dei meno noti al grande pubblico<br />
è quello formato dalle riprese<br />
aerofotogrammetriche con<br />
negativi in formato 9x9 pollici<br />
(cm 23x23) e 9x18 (24x48), affidate<br />
all’archivio dall'Aeronautica<br />
Militare Italiana.<br />
Si tratta di immagini, prevalentemente<br />
verticali ma anche oblique,<br />
dall'enorme valore storico-documentario,<br />
pervenute in mandate<br />
successive a partire dagli anni ’70,<br />
sotto forma di bobine di pellicole<br />
fotografiche (negativi).<br />
La grande quantità di immagini,<br />
stimata in varie decine di migliaia,<br />
è stata finora solo parzialmente<br />
sviluppata e resa disponibile<br />
all'utenza. Si tratta quindi di un<br />
patrimonio enorme, ma in buona<br />
parte ancora poco conosciuto, il<br />
cui contributo alla ricostruzione e<br />
allo studio delle dinamiche di trasformazione<br />
del territorio italiano<br />
è ancora quasi tutto da valutare e<br />
da valorizzare.<br />
Le bobine originali conservano<br />
un importante materiale documentario,<br />
consistente nelle etichette<br />
originali dell’archivio militare,<br />
nei rapporti di trasmissione<br />
- che permettono di enucleare le<br />
informazioni tecniche dei singoli<br />
voli (reparto operativo, velivolo e<br />
macchina fotografica, numero di<br />
strisciate e fotogrammi per singola<br />
bobina, quota e focale, data e<br />
ora degli scatti, ecc.) e nei grafici<br />
per il posizionamento delle immagini<br />
su base cartografica IGM<br />
1:100.000.<br />
L'aspetto di maggiore rilevanza<br />
di questo materiale, al di là del<br />
formato di molte di esse (doppio<br />
rispetto a quello delle comuni riprese<br />
aeree), della quantità e della<br />
straordinaria qualità di molte<br />
immagini, è il fatto che esse offrono,<br />
sia pure in maniera non sistematica,<br />
una copertura di ampi<br />
settori del territorio nazionale per<br />
il periodo compreso tra la metà<br />
degli anni ‘50 e la fine degli anni<br />
’70 del secolo scorso, una fase<br />
di intense e spesso incontrollate<br />
trasformazioni che appaiono<br />
documentate nel loro svolgersi.<br />
In abbinamento con le più note<br />
riprese Alleate degli anni della II<br />
Guerra mondiale, queste immagini<br />
permettono di ricostruire in<br />
maniera diacronica le dinamiche<br />
di evoluzione di ampi settori del<br />
territorio italiano, aprendosi a<br />
molteplici utilizzi in ambiti di ricerca<br />
differenti: analisi di scelte di<br />
pianificazione territoriali e urbane,<br />
valutazione delle condizioni<br />
geo-pedologiche e delle cause di<br />
dissesto idrogeologico, monitoraggio<br />
del patrimonio forestale,<br />
fotointerpretazione archeologica,<br />
diagnostica dell'uso dei suoli, ecc.<br />
Un parte non irrilevante delle fotografie,<br />
poi, interessa ampi settori<br />
dell'arco alpino, aprendosi alla<br />
possibilità di valutare, ad esempio,<br />
lo stato e l'evoluzione del<br />
movimento dei ghiacciai.<br />
La fragilità intrinseca di questo<br />
materiale, come si è detto ancora<br />
in parte conservato nella forma di<br />
pellicole e pertanto soggetto a un<br />
progressivo ma inarrestabile degrado,<br />
si è sin da subito imposta<br />
alla nostra attenzione. Da un lato<br />
si è provveduto a creare in archivio<br />
condizioni microclimatiche<br />
tali da consentire la maggior durata<br />
possibile dei supporti, dall’altra<br />
si è avviato un programma di<br />
Fig. 1 - AFN, fondo AM 24x48. Veduta obliqua della località Abbazia di Praglia,<br />
Colli Euganei (PD), 21 agosto 1957. Foto Aeronautica Militare 3° Stormo.
Fig. 2 - Villafranca di Verona, Base del 3° Stormo<br />
AM, maggio 1967. Attività dei fotografi di un velivolo<br />
RF84F. Cortesia Aeronautica Militare, Fototeca storica.<br />
recupero, articolato in più fasi, al<br />
fine di digitalizzare tutte le immagini,<br />
georeferenziarle, immetterle<br />
nel WebGis dell'AFN, con<br />
l’intenzione di renderle fruibili<br />
all'utenza secondo i più rapidi e<br />
moderni sistemi di consultazione<br />
on line.<br />
Il lavoro di digitalizzazione delle<br />
immagini 24x48, che pone diversi<br />
problemi proprio in ragione<br />
del grande formato delle riprese,<br />
ha imposto la sperimentazione di<br />
scelte differenti che, ad oggi, si<br />
sono concretizzate nella scansione<br />
della quasi totalità dei positivi<br />
disponibili e nella fotoriproduzione<br />
digitale di lotti di negativi<br />
ancora privi delle relative stampe,<br />
operazioni che sono state affidate<br />
a noti specialisti del settore. Sotto<br />
questo secondo profilo, l'attenzione<br />
si è concentrata prioritariamente<br />
su un lotto di immagini in<br />
precario stato di conservazione,<br />
riferibili al periodo compreso tra<br />
1956 e 1965, relative a tutto in<br />
territorio nazionale, dall'Alpe di<br />
Siusi all'isola di Lipari. Tra queste,<br />
si segnalano le riprese, verticali<br />
e oblique, di alcuni dei principali<br />
centri urbani italiani, con<br />
particolari a scala di dettaglio di<br />
nodi infrastrutturali, soprattutto<br />
gli aeroporti, e produttivi.<br />
Le riprese aerofotografiche furono<br />
realizzate a partire dalla metà<br />
degli anni ‘50 nell'ambito delle<br />
attività del 3° Stormo dell'Aeronautica<br />
Militare Italiana, i famosi<br />
"Quattro Gatti". Nel corso del<br />
1954, nell'ambito del processo di<br />
riorganizzazione della compagine<br />
NATO in nord Italia in funzione<br />
anti-sovietica, il 3° Stormo<br />
fu rischierato presso l'aeroporto<br />
di Verona – Villafranca e articolato<br />
nel 18°, 28° e 132° gruppo.<br />
Già a partire dalla fine dell'anno<br />
venne dotato dei velivoli RF-84F<br />
Thunderflash, versione da ricognizione<br />
dei cacciabombardieri<br />
F-84F Tunderstreak. L'aereo presentava<br />
notevoli differenze strutturali<br />
rispetto alla versione tattica:<br />
in particolare, lo sdoppiamento<br />
delle prese d'aria permetteva<br />
di creare, nella sezione anteriore<br />
della fusoliera, lo spazio necessario<br />
per una sofisticata dotazione<br />
aerofotografica. Questi velivoli<br />
costituiranno fino al 1974 l'ossatura<br />
del reparto da ricognizione<br />
aerea dell'Aeronautica Militare.<br />
Le riprese del nucleo 1956-1965<br />
recentemente digitalizzato da<br />
AFN furono realizzate utilizzando<br />
la fotocamera K38, erede della<br />
fotocamera aerofotogrammetrica<br />
K18 prodotta dalla società statunitense<br />
Fairchild, la più utilizzata<br />
dai reparti di ricognizione<br />
alleati nel corso della II Guerra<br />
Mondiale. La fotocamera poteva<br />
essere montata su un supporto<br />
basculante per realizzare, oltre<br />
alle riprese zenitali, anche immagini<br />
oblique a 36,5 gradi.<br />
Il modello K38 costituiva la dotazione<br />
principale di molti velivoli<br />
da ricognizione USA e NATO<br />
dell'epoca e fu utilizzato, nell'allestimento<br />
doppio, in particolare,<br />
negli aerei spia U2: le notissime<br />
riprese che dimostrarono la<br />
presenza di rampe missilistiche<br />
sovietiche a Cuba, ad esempio,<br />
furono realizzate proprio con camere<br />
K38. Anche una suggestiva<br />
sequenza del film di S. Spielberg<br />
Il Ponte delle spie (2015) mostra<br />
il momento in cui l’U2 di F. G.<br />
Powers scatta fotografie del territorio<br />
russo, poco prima di essere<br />
abbattuto.<br />
Un nucleo quantitativamente<br />
minore del fondo AM è composto<br />
da immagini dell’Italia scattate<br />
dai ricognitori della Marina<br />
USA, Squadron VAP62 (Navy<br />
Heavy Photo Reconnaissance)<br />
DET-19, che tra 1956 e 1969<br />
condusse numerose operazioni<br />
di fotoricognizione nell’emisfero<br />
occidentale in ambito NATO. I<br />
velivoli impiegati erano Douglas<br />
RA-3B Skywarrior, con base a<br />
Rota, in Spagna. Il RA-3B aveva<br />
una fusoliera completamente<br />
pressurizzata, un equipaggio di 4<br />
persone (pilota, co-pilota, fotonavigatore,<br />
fotografo) e fino a 12<br />
macchine fotografiche e cineprese,<br />
verticali e oblique.<br />
Breve video con le operazioni<br />
di fotoriproduzione dei negativi<br />
AM 24x48:<br />
https://youtu.be/dCPQVXKvzGQ<br />
AFN ringrazia: Tirrenia s.r.l.,<br />
Genova; GAP, Roma; LC Service<br />
di L. e C. Primangeli, Roma per<br />
la riproduzione dei positivi e negativi<br />
AM 24x48.<br />
PAROLE CHIAVE<br />
AFN; fotografia aerea; collezioni<br />
storiche; beni culturali;<br />
digitalizzazione; webgis<br />
AUTORE<br />
Francesca Pompilio<br />
francesca.pompilio@beniculturali.it<br />
AFN<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°2-<strong>2018</strong> 41
REPORT<br />
SIT Open Source per la divulgazione<br />
e la gestione delle informazioni in<br />
ambito naturalistico<br />
Il caso del Parco<br />
Nazionale “Foreste<br />
casentinesi, monte<br />
Falterona<br />
e Campiglia”<br />
Fig. 1 - Il portale geografico con la sessione di accessi ai servizi WebGis tematici.<br />
di Walter Lorenzetti, Leonardo Lami,<br />
Francesco Boccacci, Davide Alberti<br />
Nel 2017 il Parco Nazionale<br />
ha avviato un percorso<br />
riorganizzativo che ha<br />
portato a gestire e a<br />
pubblicare su web i propri<br />
dati geografici basandosi<br />
sui software GFOSS QGIS e<br />
PostGis.<br />
In particolare, i servizi<br />
WebGis dedicati alla<br />
divulgazione di informazioni<br />
scientifiche sono stati<br />
realizzati tramite il nuovo<br />
framework OS G3W-<br />
SUITE che permette la<br />
pubblicazione diretta e<br />
strutturata di progetti<br />
cartografici QGIS.<br />
42 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong><br />
L’importanza della gestione<br />
dei dati cartografici per gli<br />
EntI gestori di aree protette<br />
La raccolta di dati naturalistici e<br />
loro gestione al fine di favorirne la<br />
fruizione e l’analisi, è sicuramente<br />
un aspetto molto importante nella<br />
vita di un Parco Nazionale.<br />
Considerata la responsabilità che<br />
l’Ente Parco assume in merito alla<br />
conservazione e il monitoraggio<br />
della biodiversità, con particolare<br />
riguardo alle specie di interesse comunitario<br />
e conservazionistico, e<br />
considerata l’attuale disponibilità<br />
di numerosi dati naturalistici, acquisiti<br />
nel corso di svariati anni di<br />
ricerca sul territorio, si pone sempre<br />
di più e con forza il problema<br />
della gestione e organizzazione di<br />
tali informazioni, oltre che della<br />
condivisione con altri soggetti<br />
pubblici e con i cittadini.<br />
La tipologia di strumento che ad<br />
oggi meglio si presta a rispondere<br />
a tali esigenze è quella dei Sistemi<br />
Informativi Geografici strutturati<br />
che permettono di gestire dati<br />
georeferenziati in maniera strutturata<br />
e di condividere informazioni<br />
geografiche su piattaforme<br />
WebGis.<br />
Oltre a permettere una più facile<br />
e veloce consultazione e un adeguato<br />
aggiornamento da parte di<br />
addetti specializzati, questi strumenti<br />
aprono le porte alla possibilità<br />
del coinvolgimento diretto del<br />
cittadino comune verso tematiche<br />
di particolare interesse per l’Ente<br />
Parco.<br />
Fig. 2 - Il servizo<br />
WebGis<br />
dedicato<br />
agli Habitat<br />
Natura 2000<br />
presenti nel<br />
territorio del<br />
Parco.
REPORT<br />
Fig. 3 - Schema<br />
della<br />
definizione<br />
degli aspetti<br />
grafico-funzionali<br />
dei servizi<br />
WebGis.<br />
Una soluzione<br />
completamente open source<br />
Il primo obiettivo di un progetto<br />
di gestione di tali banche dati<br />
deve pertanto essere quello di<br />
raccogliere e razionalizzare tutte le<br />
informazioni in possesso del Parco<br />
attraverso uno strumento di geodatabase<br />
online che ne permetta il<br />
continuo aggiornamento da parte<br />
di più utenti autorizzati.<br />
Per tale obiettivo, gli strumenti<br />
adottati sono stati: il GeoDatabase<br />
relazione PostGis (www.postgis.<br />
net) e il software geografico<br />
Desktop QGIS (www.qgis.org).<br />
Al contempo, è stato possibile<br />
condividere una parte di tali informazioni<br />
grazie alla creazione di<br />
una serie di servizi WebGIS realizzati<br />
tramite il framework G3W-<br />
SUITE (https://g3wsuite.gis3w.<br />
it), applicazione OS che permette<br />
la pubblicazione e la gestione<br />
autonoma di progetti cartografici<br />
creati con il software QGIS.<br />
La divulgazione di questi servizii<br />
è stata possibile tramite la pubblicazione<br />
del portale denominato<br />
“L’arca della Biodiversità” (www.<br />
biodiversita.parcoforestecasentinesi.it),<br />
sul quale sono state<br />
pubblicate carte tematiche relative<br />
a vari aspetti naturalistici (vegetazione,<br />
habitat, geositi) e territoriali<br />
(zonizzazione, siti natura 2000,<br />
escursionismo, confini amministrativi)<br />
del Parco.<br />
Sullo stesso portale sono state<br />
pubblicate le mappe di distribuzione<br />
di alcuni gruppi di specie,<br />
tra cui rettili, anfibi e chirotteri,<br />
con il fine di presentare la ricca<br />
biodiversità dell’area protetta e<br />
permettendo agli utenti di monitorare<br />
lo status e la distribuzione<br />
di specie target.<br />
La possibilità di accesso diretto e<br />
di consultazione da parte del cittadino<br />
comune permette un suo<br />
maggiore coinvolgimento e una<br />
sua maggiore sensibilizzazione nei<br />
confronti degli aspetti che riguardano<br />
la salvaguardia della natura<br />
all’interno del Parco.<br />
Una sezione, ad accesso limitato<br />
agli operatori interni, racchiude i<br />
dati puntuali di tutte le specie ed<br />
habitat sensibili ed ha lo scopo di<br />
semplificare le verifiche necessarie<br />
per il rilascio da parte del Parco<br />
di nulla osta legati a richieste di<br />
interventi edilizi o forestali.<br />
Il framework OS G3W-SUITE<br />
dedicato alla pubblicazione e gestione<br />
dei servizi webgis<br />
La scelta dell’applicativo G3W-<br />
SUITE è legata alla possibilità di<br />
pubblicare e gestire, in modo autonomo<br />
e strutturato, progetti cartografici<br />
QGIS, permettendo di definire<br />
aspetti grafici e funzionali dei<br />
servizi WebGis direttamente tramite<br />
il software geografico desktop.<br />
Il framework è in grado di organizzare<br />
i contenuti cartografici in<br />
maniera gerarchica sotto gruppi<br />
e macrogruppi cartografici e di<br />
gestire utenti di vario livello per<br />
gli aspetti di amministrazione,<br />
consultazione dei progetti, funzionalità<br />
di editing e utilizzo dei vari<br />
moduli disponibili.<br />
Il suffisso ‘suite’ indica la sua natura<br />
modulare, la comunicazione<br />
attraverso i singoli moduli avviene<br />
mediante una serie di API REST<br />
che li rende di fatto assolutamente<br />
intercambiabili.<br />
• G3W-ADMIN è la componente<br />
web di Amministrazione,<br />
sviluppata utilizzando Django e<br />
il linguaggio di sviluppo Python<br />
• G3W-CLIENT è il client cartografico,<br />
basato su OpenLayers<br />
e applicando un approccio modulare<br />
al fine di creare un'interfaccia<br />
che si adattasse alla<br />
gestione differenziata dei singoli<br />
elementi e dunzioni (es. stampa,<br />
ricerca, editing, analisi spaziale<br />
etc..)<br />
G3W-SUITE e in particolare i<br />
moduli G3W-ADMIN e G3W-<br />
CLIENT sono rilasciati con licenza<br />
Mozilla Public Lincense 2.0<br />
e disponibili su GitHub (https://<br />
github.com/g3w-suite).<br />
Caratteristiche e funzionalità<br />
del framework<br />
G3W-ADMIN: la componente di<br />
amministrazione<br />
G3W-ADMIN costituisce un’interfaccia<br />
grafica di definizione e<br />
creazione dinamica dei file di configurazione<br />
del client cartografico<br />
G3W-CLIENT.<br />
Lo strumento permette di creare<br />
gruppi e macrogruppi tematici per<br />
la gestione strutturata dei propri<br />
progetti e di associare ad ogni servizio<br />
WebGis pubblicato, un logo<br />
una descrizione e la definizione di<br />
permessi di accesso e/o aggiornamento.<br />
La componente permette di gestire<br />
utenti e ruoli (editor e viewer<br />
di I e II livello) permettendo una<br />
elevata differenziazione dei poteri<br />
di accesso e fruizione dei servizi e<br />
dei diversi moduli funzionali ad<br />
essi associati, compreso l’editing<br />
on line.<br />
In seguito alla pubblicazione sarà<br />
possibile gestire aspetti funzionali<br />
del servizio definendo I controller<br />
disponibili in mappa, gli strumenti<br />
di ricerca e la gestione della<br />
cache a livello di singoli layer.<br />
G3W-CLIENT: il client cartografico<br />
La componente client è basata<br />
su un approccio modulare che<br />
permette di rendere disponibili<br />
diversi elementi e strumenti di<br />
interazione con la mappa in base<br />
Fig. 4 -<br />
Schema<br />
dello stack<br />
tecnologico<br />
alla base<br />
di G3W-<br />
SUITE.<br />
<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 43
REPORT<br />
alle credenziali dell'utente visualizzatore.<br />
Oltre ai classici strumenti di navigazione,<br />
il client permette di<br />
consultare gli attributi secondo<br />
il form (tab e sessioni) definito a<br />
livello di progetto QGIS, consultare<br />
relazione 1:n definite anch'esse<br />
a livello di progetto QGIS,<br />
nonché gestire link multimediali e<br />
fornire anteprima delle immagini<br />
associate.<br />
Il client permette inoltre di consultare<br />
i metadati ed usufruire<br />
della funzione di stampa (pdf e<br />
jpg), entrambi definite, anch’esse,<br />
sul progetto QGIS.<br />
Aggiornamento on line<br />
delle segnalazione di<br />
specie di interesse conservazionistico<br />
Uno dei moduli funzionali di<br />
particolare interesse per l’aggiornamento<br />
diffuso delle segnalazioni<br />
relative alla specie di interesse<br />
conservazionistico è quello legato<br />
all'editing on line che, grazie alla<br />
semplicità nella definizione di<br />
impostazioni, strumenti e regole,<br />
permette di realizzare, in modo<br />
autonomo, gestionali cartografici<br />
per l'aggiornamento multi-utente<br />
dei propri dati.<br />
E' possibile definire permessi di<br />
editing a livello di layer pubblicati<br />
sui singoli progetti, usufruire delle<br />
funzioni di snap e di feature-lock<br />
per l'editing multi-utente e gestire<br />
l'editing su tabelle relazionate<br />
anche tramite join 1:n in base alle<br />
impostazioni del progetto QGIS.<br />
Di particolare utilità, infine, la<br />
possibilità di definire form degli<br />
attributi (schede, sessioni…) ed i<br />
widget di editing dei singoli campi<br />
(menù a tendina, calendario,<br />
checkbox, caricamento file….)<br />
Fig. 5 - Modulo per l'editing on line.<br />
44 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong><br />
ereditandoli direttamente da<br />
quelli definiti a livello di progetto<br />
QGIS.<br />
Obiettivi raggiunti<br />
Il progetto realizzato e la scelta<br />
del framework OS G3W-SUITE<br />
ha permesso di usufruire di un<br />
applicativo semplice ed autonomo<br />
che ha permesso di pubblicare più<br />
di 50 servizi WebGis (la maggior<br />
parte dedicati alla distribuzione<br />
sul territorio delle diverse specie<br />
di interesse conservazionistico) in<br />
poco meno di un anno.<br />
Lo strumento ha spostato le competenze<br />
relative alle operazioni di<br />
gestione, definizione e personalizzazione<br />
di servizi WebGis direttamente<br />
sulla gestione grafica dei<br />
progetti QGIS rendendo molto<br />
più semplici e veloci operazioni<br />
che, solitamente, richiedono competenze<br />
informatiche elevate e<br />
tempi di lavoro maggiori.<br />
Lo strumento ha infine permesso<br />
di realizzare moduli di analisi<br />
(rilascio nulla osta) che automatizzano<br />
le operazioni di verifica<br />
della presenza di habitat e specie<br />
sotto tutela nelle aree in cui si richiedono<br />
interventi ti tipo edile o<br />
forestale.<br />
Sviluppi futuri<br />
Nuove mappe sulla distribuzione<br />
di specie animali verranno sviluppate<br />
e pubblicate sul WebGIS del<br />
Parco “L’arca della biodiversità”:<br />
• partendo dai dati raccolti<br />
dall’Associazione Italiana per lo<br />
studio e la conservazione delle<br />
libellule (Odonata.it) negli ultimi<br />
due anni di monitoraggio,<br />
verranno create mappe di distribuzione<br />
sulle quasi 40 specie di<br />
libellule presenti nel Parco.<br />
• di prossima pubblicazione è<br />
anche l’Atlante degli uccelli<br />
nidificanti del Parco, per pubblicizzarne<br />
l’uscita e diffondere<br />
maggiormente informazioni sulla<br />
fauna ornitica del Parco verrà<br />
creata all’interno del webGIS<br />
una sezione dedicata alle quasi<br />
100 specie di uccelli presenti<br />
nell’area protetta.<br />
• infine, verrà aggiornato il<br />
WebGIS sugli alberi monumentali<br />
del Parco e integrato nel<br />
progetto “L’arca della biodiversità”<br />
per avere tutte le informazioni<br />
georeferenziate a disposizione<br />
del pubblico in un unico contenitore<br />
omogeneo, moderno e<br />
aggiornato. Questa operazione<br />
permetterà una sistemazione e<br />
un aggiornamento dei vecchi<br />
dati oltre al rilancio della pubblicazione<br />
"Giganti di legno e<br />
foglie" con percorsi escursionistici<br />
dedicati alla scoperta degli<br />
alberi e dei boschi monumentali<br />
del Parco Nazionale.<br />
Già da alcuni anni sono noti<br />
le potenzialità e i benefici della<br />
Citizen Science (Silverton, 2009),<br />
perciò la creazione di una sezione<br />
specifica nel webGIS del Parco<br />
all’interno della quale l’utente<br />
possa non solo monitorare lo<br />
status e la distribuzione di specie<br />
target, ma anche integrare il database<br />
con segnalazioni proprie<br />
da inviare al personale del Parco,<br />
allegate a coordinate geografiche e<br />
immagini, sarà uno dei fini ultimi<br />
di questo progetto.<br />
Servizi WebGis ed App specifiche<br />
permetteranno al fruitore di integrare<br />
il database con segnalazioni<br />
geografiche associate a descrizioni,<br />
commenti e immagini; la realizzazione<br />
di tali strumenti potrà<br />
essere definita sempre a partire da<br />
progetti QGIS.<br />
PAROLE CHIAVE<br />
QGIS; WebGis; Parchi; G3W-SUITE; GFOSS<br />
ABSTRACT<br />
The collection of naturalistic data, and their consequent<br />
management and organization to allow fruition and analysis,<br />
is a fundamental part of the life of a National Park.<br />
The Park Autorithy has implemented a suite based on the<br />
OS application G3W-SUITE. The framework allow to<br />
publish and manage WebGis services directly from cartohraphic<br />
project made by QGIS.<br />
The geographic portal, named http://biodiversita.parcoforestecasentinesi.it,<br />
allow free and rstricted access to the various<br />
WebGis services.<br />
G3W-SUITE is released on GitHub with Mozilla Public<br />
Licence 2.0<br />
AUTORE<br />
Walter Lorenzetti - lorenzetti@gis3w.it<br />
Leonardo Lami - lami@gis3w.it<br />
Francesco Boccacci - boccacci@gis3w.it<br />
Gis3W<br />
Davide Alberti<br />
davide.alberti@parcoforestecasentinesi.it<br />
Parco Nazionale “Foreste Casentinesi, Monte<br />
Falterona e Campigna”
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<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 45
AGENDA<br />
26 - 30 Novembre <strong>2018</strong><br />
Amsterdam Drone Week<br />
Amsterdam (The Netherlands)<br />
www.geoforall.it/kuywa<br />
11 - 13 Dicembre <strong>2018</strong><br />
Workshop Med <strong>2018</strong><br />
Frascati (Italia)<br />
www.geoforall.it/kuyah<br />
20 - 22 Febbraio<br />
FOSS4G-IT 2019<br />
Padova (Italia)<br />
www.geoforall.it/kur8a<br />
10-11 Aprile 2019<br />
Conferenza Esri Italia<br />
Roma (Italia)<br />
www.geoforall.it/k8cpw<br />
27-29 Novembre <strong>2018</strong><br />
XXII Conferenza Nazionale<br />
ASITA<br />
Bolzano (Italia)<br />
www.geoforall.it/ku69r<br />
27 Novembre <strong>2018</strong><br />
Copernicus for Agriculture<br />
Bari (Italia)<br />
www.geoforall.it/<br />
28 - 30 Novembre <strong>2018</strong><br />
Corso di formazione<br />
in Telerilevamento per<br />
l’Agricoltura 4.0<br />
Bari (Italia)<br />
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16 - 19 Gennaio 2019<br />
TUSE The Unmanned System<br />
Expo<br />
Rotterdam (The Netherlands)<br />
www.geoforall.it/ku4r6<br />
6 - 8 Febbraio 2019<br />
11th EARSeL SIG IS<br />
Workshop<br />
Brno (Czech Republic)<br />
www.geoforall.it/k8cqr<br />
2 - 4 Aprile 2019<br />
Geospatial World Forum<br />
Amsterdam (The Netherlands)<br />
www.geoforall.it/kuqk8<br />
4 - 5 Aprile 2019<br />
Dronitaly<br />
Milano (Italia)<br />
www.dronitaly.it<br />
3 - 5 Maggio 2019<br />
GISTAM 2019<br />
Heraklion (Grecia)<br />
www.geoforall.it/kuf9x<br />
21 - 22 Maggio 2019<br />
GEO Business 2019<br />
Londra (UK)<br />
www.geoforall.it/kuf93<br />
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