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GEOmedia 4 2018

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Rivista bimestrale - anno XXII - Numero 4/<strong>2018</strong> - Sped. in abb. postale 70% - Filiale di Roma<br />

TERRITORIO CARTOGRAFIA<br />

GIS<br />

CATASTO<br />

3D<br />

INFORMAZIONE GEOGRAFICA<br />

FOTOGRAMMETRIA<br />

URBANISTICA<br />

GNSS<br />

BIM<br />

RILIEVO TOPOGRAFIA<br />

CAD<br />

REMOTE SENSING SPAZIO<br />

EDILIZIA<br />

WEBGIS<br />

UAV<br />

SMART CITY<br />

AMBIENTE<br />

NETWORKS<br />

LiDAR<br />

BENI CULTURALI<br />

LBS<br />

Lug/Ago <strong>2018</strong> anno XXII N°4<br />

La prima rivista italiana di geomatica e geografia intelligente<br />

Uno Standard per<br />

il Monitoraggio GNSS<br />

REPORT DA<br />

INTERGEO <strong>2018</strong><br />

ESPERIENZE ITALIANE SUL<br />

DISSESTO IDROGEOLOGICO<br />

AEROSPAZIO: NUOVE<br />

PROSPETTIVE TECNOLOGICHE


Porta il #fresh surveying nel tuo business con<br />

innovazioni uniche e pratiche di GeoMax<br />

30°<br />

(video) Zoom3D Catalogo Generale Zenith 35 Pro<br />

www.geomax-positioning.it<br />

works when you do


Banche dati delle Infrastrutture pubbliche<br />

come i cataloghi dei Monumenti<br />

È stata istituita la ANSFISA, l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e<br />

autostradali che, con decorrenza 1° gennaio 2019, ha il compito di garantire la sicurezza del sistema ferroviario<br />

nazionale e delle infrastrutture stradali e autostradali.<br />

È stato istituito l’AINOP, l'archivio informatico nazionale delle opere pubbliche, dei ponti, viadotti, cavalcavia<br />

stradali, strade, ferrovie, metropolitane, aeroporti, dighe, acquedotti, gallerie ferroviarie e stradali, porti e<br />

infrastrutture portuali ed edilizia pubblica.<br />

Per ognuna delle citate opere pubbliche dovranno essere acquisiti i dati tecnici, progettuali e di posizione<br />

con analisi storica del contesto e delle evoluzioni territoriali, i dati amministrativi riferiti ai costi sostenuti<br />

e da sostenere, i dati sulla gestione dell'opera anche sotto il profilo della sicurezza; lo stato e il grado di<br />

efficienza dell'opera e le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria, compresi i dati relativi al controllo<br />

strumentale dei sistemi di ritenuta stradale in acciaio o in cemento, la collocazione dell'opera rispetto alla<br />

classificazione europea, i finanziamenti, lo stato dei lavori, la documentazione fotografica aggiornata, il<br />

monitoraggio costante dello stato dell'opera anche con applicativi dedicati, sensori in situ e rilevazione<br />

satellitare, il sistema informativo geografico per la consultazione, l'analisi e la modellistica dei dati relativi<br />

all'opera e al contesto territoriale.<br />

E’ stato istituito lo IOP, un codice identificativo della singola opera pubblica, che contraddistingue e identifica<br />

in maniera univoca l'opera medesima riportandone le caratteristiche essenziali e distintive quali la tipologia,<br />

la localizzazione, l'anno di messa in esercizio e l'inserimento dell'opera nell'infrastruttura. A ciascuna opera<br />

pubblica, identificata tramite il Codice IOP, sono riferiti tutti gli interventi di investimento pubblico,<br />

realizzativi, manutentivi, conclusi o in fase di programmazione, progettazione, esecuzione, che insistono<br />

in tutto o in parte sull'opera stessa, tramite l'indicazione dei rispettivi Codici Unici di Progetto (CUP), di<br />

cui all'art. 11 della legge 16 gennaio 2003, n. 3. L'AINOP, attraverso la relazione istituita fra Codice IOP e<br />

CUP, assicura l'interoperabilità con la BDAP, istituita presso la Ragioneria Generale dello Stato - Ministero<br />

dell'economia e delle finanze.<br />

Il dettato legislativo del cosiddetto Decreto Genova aggiunge che si attiverà in via sperimentale, un sistema<br />

di monitoraggio dinamico da applicare alle infrastrutture stradali e autostradali, quali ponti, viadotti, rilevati,<br />

cavalcavia e opere similari, individuate dal Ministero stesso con apposito decreto, che presentano condizioni<br />

di criticità connesse al passaggio di mezzi pesanti. A tal fine, i gestori delle opere dovranno dotarsi di appositi<br />

apparati per operare il controllo strumentale costante delle condizioni di sicurezza delle infrastrutture stesse<br />

anche utilizzando il Building Information Modeling - BIM. Il citato Sistema di monitoraggio dinamico per la<br />

sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali in condizioni di criticità reca l'identificazione delle opere<br />

soggette a monitoraggio tramite il Codice IOP.<br />

L’ambita Banca Dati delle opere seguirà probabilmente l’esperienza del Catalogo Unico delle opere d’arte,<br />

gestita dall’ICCD del MiBAC, avviando campagne di documentazione, rilievi, analisi e monitoraggio dello<br />

stato di conservazione, in analogia a quanto effettuato sempre dal MiBAC per la Conservazione e il Restauro<br />

dei Monumenti.<br />

E se pensiamo che molte di queste opere iniziano ad essere abbastanza anziane per poter ambire ad essere<br />

considerate alla stregua dei monumenti, probabilmente qualche riflessione dovremmo porcela sul perchè si<br />

distrugga un’opera d’arte, come il viadotto Polcevera di Genova, solo perché non è stata effettuata la relativa<br />

manutenzione.<br />

Anche il Colosseo è parzialmente crollato, ma non per questo si demolisce tutto.<br />

Buona lettura,<br />

Renzo Carlucci


In questo<br />

numero...<br />

FOCUS<br />

REPORT<br />

LE RUBRICHE<br />

Sistemi di<br />

monitoraggio<br />

gnSS di strutture,<br />

infrastrutture e<br />

territorio: uno<br />

Standard<br />

di Fernando Sansò,<br />

Ludovico Biagi, Caldera<br />

Stefano, Lisa Pertusini<br />

6<br />

28 MERCATO<br />

46 AGENDA<br />

18<br />

Esperienze italiane<br />

sul Dissesto<br />

Idrogeologico<br />

tra Normativa ed<br />

Attuazione<br />

di Giuseppina Monacelli,<br />

Olimpia Spiniello<br />

In copertina un momento<br />

del workshop sul campo a<br />

Roma per il “Technology<br />

for All <strong>2018</strong>”, quinta<br />

edizione del forum dedicato<br />

all’innovazione tecnologica<br />

per il territorio e l’ambiente,<br />

i beni culturali e le smart city,<br />

dove è stato effettuato un<br />

campionamento di rilievo ad<br />

alta tecnologia di una porzione<br />

delle Mura Aureliane nei pressi<br />

della Piramide.<br />

Lo strumento inquadrato,<br />

ScanFly di 3D TARGET, è un<br />

sistema LiDAR affidabile, che<br />

utilizza la tecnologia Velodyne<br />

LiDAR per applicazioni di<br />

acquisizione della realtà da<br />

piattaforme aeree, terrestri e<br />

marine.<br />

30<br />

Nuove<br />

Prospettive<br />

Tecnologiche e<br />

di Servizio per<br />

l’Areospazio<br />

di Giovanni Nicolai<br />

geomediaonline.it<br />

<strong>GEOmedia</strong>, bimestrale, è la prima rivista italiana di geomatica.<br />

Da 20 anni pubblica argomenti collegati alle tecnologie dei<br />

processi di acquisizione, analisi e interpretazione dei dati,<br />

in particolare strumentali, relativi alla superficie terrestre.<br />

In questo settore <strong>GEOmedia</strong> affronta temi culturali e tecnologici<br />

per l’operatività degli addetti ai settori dei sistemi informativi<br />

geografici e del catasto, della fotogrammetria e cartografia,<br />

della geodesia e topografia, del telerilevamento aereo e<br />

spaziale, con un approccio tecnico-scientifico e divulgativo.


INSERZIONISTI<br />

3DTarget 29<br />

Report da<br />

Intergeo <strong>2018</strong><br />

34<br />

di Giacomo Uguccioni<br />

aerRobotix 12<br />

Epsilon 39<br />

Esri Italia 27<br />

Geogrà 16<br />

Geomax 2<br />

Getac 48<br />

GIS3W<br />

Gter 28<br />

Planetek Italia 17<br />

Stonex 47<br />

Studio SIT 15<br />

SIT Open Source<br />

per la divulgazione<br />

e la gestione delle<br />

42<br />

Teorema 46<br />

Topcon 45<br />

informazioni in ambito<br />

naturalistico<br />

di Walter Lorenzetti,<br />

Leonardo Lami, Francesco<br />

Boccacci, Davide Alberti<br />

41<br />

l'aerofototeCa<br />

nazionale<br />

raCConta…<br />

l'italia dal Cielo,<br />

Il satellite Sentinel-2 del<br />

programma europeo Copernicus<br />

per il monitoraggio<br />

del territorio, ci porta sopra<br />

Sharm El Sheik, in Egitto con<br />

una immagine acquisita in<br />

data 11 aprile 2017. Famoso<br />

resort dell’estremo meridionale<br />

della Penisola del Sinai,<br />

questa striscia costiera che si<br />

estende lungo il Mar Rosso<br />

è costellata di bar, ristoranti<br />

ed alberghi. Si ritiene che<br />

nell’antichità sia i greci che i<br />

romani trascorressero le loro<br />

vacanze in Egitto, già a partire<br />

dal IV Secolo a.C.<br />

Credits: modified Copernicus<br />

Sentinel data (2017), processed<br />

by ESA<br />

tra gUerra<br />

fredda e booM<br />

eConoMiCo di<br />

FRANCESCA POMPILIO<br />

una pubblicazione<br />

Science & Technology Communication<br />

Direttore<br />

RENZO CARLUCCI, direttore@rivistageomedia.it<br />

Comitato editoriale<br />

Vyron Antoniou, Fabrizio Bernardini, Mario Caporale,<br />

Luigi Colombo, Mattia Crespi, Luigi Di Prinzio, Michele<br />

Dussi, Michele Fasolo, Marco Lisi, Flavio Lupia, Luigi<br />

Mundula, Beniamino Murgante, Aldo Riggio, Mauro<br />

Salvemini, Domenico Santarsiero, Attilio Selvini,<br />

Donato Tufillaro<br />

Direttore Responsabile<br />

FULVIO BERNARDINI, fbernardini@rivistageomedia.it<br />

Redazione<br />

VALERIO CARLUCCI, GIANLUCA PITITTO,<br />

redazione@rivistageomedia.it<br />

Diffusione e Amministrazione<br />

TATIANA IASILLO, diffusione@rivistageomedia.it<br />

Comunicazione e marketing<br />

ALFONSO QUAGLIONE, marketing@rivistageomedia.it<br />

Progetto grafico e impaginazione<br />

DANIELE CARLUCCI, dcarlucci@rivistageomedia.it<br />

MediaGEO soc. coop.<br />

Via Palestro, 95 00185 Roma<br />

Tel. 06.64871209 - Fax. 06.62209510<br />

info@rivistageomedia.it<br />

ISSN 1128-8132<br />

Reg. Trib. di Roma N° 243/2003 del 14.05.03<br />

Stampa: SPADAMEDIA srl<br />

VIA DEL LAVORO 31, 00043 CIAMPINO (ROMA)<br />

Editore: mediaGEO soc. coop.<br />

Condizioni di abbonamento<br />

La quota annuale di abbonamento alla rivista Science è di € & 45,00. Technology Communication<br />

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revoca, da comunicarsi in forma scritta entro il trimestre seguente alla scadenza<br />

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Gli articoli firmati impegnano solo la responsabilità dell’autore. È vietata la<br />

riproduzione anche parziale del contenuto di questo numero della Rivista in<br />

qualsiasi forma e con qualsiasi procedimento elettronico o meccanico, ivi inclusi i<br />

sistemi di archiviazione e prelievo dati, senza il consenso scritto dell’editore.<br />

Rivista fondata da Domenico Santarsiero.<br />

Numero chiuso in redazione il 30 ottobre <strong>2018</strong>.


FOCUS<br />

Sistemi di monitoraggio GNSS di strutture,<br />

infrastrutture e territorio: uno Standard<br />

di Fernando Sansò, Ludovico Biagi, Caldera Stefano, Lisa Pertusini<br />

L’esperienza di uno<br />

spin-off del Politecnico<br />

di Milano nella Ricerca<br />

e Sviluppo di soluzioni<br />

innovative nel campo<br />

del monitoraggio GNSS<br />

a basso costo<br />

Fig. 1 - Monitoraggio di un ponte: nella configurazione a) si vedono solo le deformazioni<br />

della struttura, nella configurazione b) si vede anche lo spostamento del ponte rispetto<br />

all’ambiente circostante.<br />

“Ho insegnato per oltre 10 anni un corso<br />

dal titolo Topografia e fenomeni aleatori,<br />

dedicato agli studenti del Corso di laurea<br />

in Ingegneria Civile del Politecnico di<br />

Milano. Scopo principale del corso era far<br />

comprendere il nesso profondo esistente<br />

tra tecnologie topografiche/geodetiche per<br />

il rilevamento degli spostamenti di punti<br />

e metodi statistici di analisi dei dati per<br />

valutare la significatività e la regolarità o<br />

meno di segnali di deformazione nel tempo.<br />

Dopo molti anni di ricerca e di esperienza<br />

nel settore, con l’avvento di strumenti<br />

satellitari (GNSS) sento la necessità di<br />

proporre uno standard per la messa in<br />

opera di un sistema di monitoraggio<br />

GNSS che non sia visto come una pura<br />

installazione di hardware (HW) più o<br />

meno tecnologicamente avanzato. Faccio<br />

questo, con colleghi coautori dell’articolo,<br />

sia nella mia veste di Professore Emerito<br />

del Politecnico di Milano, che di Presidente<br />

di GReD, uno spin-off del Politecnico<br />

che lavora da 6 anni nel campo del<br />

monitoraggio. In particolare tutti i dati dei<br />

sistemi di monitoraggio discussi nell’articolo,<br />

nonché molte delle soluzioni concrete date<br />

alle questioni di analisi dei dati, sono basate<br />

sull’esperienza fatta con GReD”.<br />

Fernando Sansò<br />

Il monitoraggio geodetico<br />

per punti<br />

Ci proponiamo nei prossimi<br />

paragrafi di dimostrare con<br />

diversi esempi che le osservazioni<br />

GNSS, anche eseguite con<br />

strumenti di costo assai basso<br />

(Low Cost, LC) sono competitive<br />

con quelle classiche quanto<br />

a precisione, ma sono anche<br />

capaci di dare una immagine<br />

continua nel tempo dello spostamento<br />

dei punti, agendo in<br />

modo totalmente automatico,<br />

Fig. 2 - Uno schema a stella per<br />

il monitoraggio di {P 1<br />

,P 2<br />

,P 3<br />

} con<br />

riferimento in Q a sua volta monitorato<br />

da stazioni di un servizio<br />

permanente, S 1<br />

e S 2<br />

.<br />

connettendo punti tra loro non<br />

visibili, in tutte le condizioni di<br />

tempo e fornendo informazioni<br />

utili con una latenza fino ad<br />

un’ora.<br />

Passeremo poi a fissare i requisiti<br />

(gli standard) che devono<br />

essere soddisfatti affinché un<br />

sistema di monitoraggio fornisca<br />

i risultati di accuratezza,<br />

affidabilità e latenza richiesti<br />

dall’utenza.<br />

Lo scopo finale del monitoraggio,<br />

tralasciando gli aspetti<br />

6 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>


FOCUS<br />

geofisici che sono al di fuori<br />

del tema di questo articolo, è<br />

in questo ambito quello della<br />

prevenzione/mitigazione dei<br />

danni provenienti da rischi di<br />

tipo strutturale e/o naturale,<br />

specie in ambito geotecnico e<br />

idrogeologico. Intendiamo qui<br />

focalizzarci su casi in cui la rete<br />

di monitoraggio sia contenuta<br />

in un’area di diametro massimo<br />

di 10 km.<br />

Sebbene i comportamenti fisici<br />

di una struttura e di una porzione<br />

di terreno siano in genere<br />

assai diversi, all’approssimarsi<br />

di un evento disastroso si manifestano<br />

caratteristiche simili<br />

tra loro. Tipico è che l’oggetto<br />

del monitoraggio presenti sia<br />

un moto lento e regolare, su<br />

scale lunghe di tempo (tra alcuni<br />

giorni e alcuni anni) che<br />

comunque assume una forma<br />

statisticamente stazionaria, sia<br />

un moto a scala di tempo più<br />

breve, spesso legato a fattori<br />

ambientali quale la temperatura,<br />

ma comunque stazionario, e che<br />

in presenza di qualche fattore<br />

scatenante (ad esempio l’accumulo<br />

di affaticamento di una<br />

struttura o la presenza di una<br />

pioggia intensa su una frana)<br />

esca dal regime stazionario accelerando<br />

il proprio moto, fino a<br />

raggiungere un momento di rottura<br />

con un moto discontinuo<br />

che segnala il sopraggiungere di<br />

un disastro.<br />

Queste osservazioni permettono<br />

di definire alcuni requisiti<br />

importanti del monitoraggio<br />

in continuo. L’andamento a<br />

tempi lunghi potrà essere colto<br />

con serie temporali di una soluzione<br />

al giorno. L’accuratezza<br />

delle coordinate della soluzione<br />

giornaliera dovrà stare tra 1 e 2<br />

millimetri, così che il modello<br />

di trend abbia uno s.q.m. della<br />

previsione submillimetrico.<br />

Questo dovrebbe permettere<br />

di recepire deviazioni dal moto<br />

di fondo in tempi che vanno<br />

Fig. 3 - Andamento dell’indice 〖GF (t+1)<br />

-〖G 〗t<br />

per un ricevitore LC ed un satellite,<br />

della durata di 4440 epoche (ogni 5 s), corrispondenti a circa 6 ore di tracciamento;<br />

la media dell’indice è -2 mm e lo s.q.m. è di circa 50 cm. Si distinguono alcuni<br />

spike che potrebbero corrispondere a grandi c.s.<br />

Fig. 4 - L’indice ∆ t<br />

∂L per una stazione e tutti i satelliti in vista; sulle ascisse il<br />

numero di epoche (ogni 30 s) e sulle ordinate l’indice in metri. Risulta evidente<br />

un grande c.s. per uno dei satelliti in vista, all’epoca 200, pari a -13Λ.<br />

del disegno della rete dei ricevitori<br />

GNSS.<br />

Hardware<br />

Diciamo subito che nel monitoraggio<br />

locale è opportuno<br />

dirigere la scelta verso ricevitori<br />

GNSS a basso costo (LC);<br />

questi infatti a parità di budget<br />

permettono di monitorare un<br />

maggior numero di punti e<br />

quindi rendono più efficace il<br />

monitoraggio. Come già sperimentato<br />

nella letteratura degli<br />

anni passati (Benedetti et al.<br />

2014, Biagi et al. 2016, Caldera<br />

et al. 2016, Gogoi et al. <strong>2018</strong>)<br />

ciò non va a detrimento dell’acdai<br />

10 ai 100 giorni, a seconda<br />

dell’entità della variazione.<br />

L’andamento a tempi più corti<br />

richiede soluzioni con una risoluzione<br />

temporale maggiore,<br />

ad esempio soluzioni orarie che<br />

tipicamente avranno una accuratezza<br />

inferiore; risoluzione ed<br />

accuratezza sono due parametri<br />

da analizzare di volta in volta in<br />

funzione del caso in esame.<br />

Progettazione e implementazione<br />

del sistema di monitoraggio<br />

GNSS<br />

Suddividiamo l’argomento secondo<br />

gli aspetti di HW e quelli<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 7


FOCUS<br />

curatezza: ulteriori esempi sul<br />

campo saranno riportati nel<br />

presente articolo.<br />

Tuttavia, essendo il punto monitorato<br />

il centro di fase dell’antenna,<br />

è necessario che questi<br />

presenti una stabilità compatibile<br />

con la precisione che si<br />

vuole ottenere e, ove possibile, è<br />

bene applicare alle osservazioni<br />

le correzioni del centro di fase<br />

in funzione di angolo d’altezza<br />

ed azimut della linea di vista<br />

del satellite (Rothacher 2001).<br />

Questo richiede una accurata<br />

scelta che bilanci il costo<br />

dell’antenna stessa con il suo<br />

rendimento.<br />

Un’altra funzionalità necessaria<br />

al sistema di monitoraggio è<br />

quella del controllo e della memorizzazione<br />

dei dati. Il controller,<br />

oltre a verificare il buon<br />

funzionamento di tutto l’apparato,<br />

ha il compito di imporre al<br />

ricevitore la frequenza di campionamento<br />

delle osservazioni.<br />

Questo permette di ridurre le<br />

richieste di trasmissione dei dati<br />

in periodi normali e invece di<br />

intensificarle in presenza di movimenti<br />

critici. Oltre che contenere<br />

una adeguata memoria, il<br />

modulo di monitoraggio deve<br />

avere una batteria che consenta<br />

il mantenimento autonomo dei<br />

dati, anche quando la stazione<br />

sia dotata di connessione alla<br />

rete elettrica. Va da sé che qualora<br />

la alimentazione ordinaria<br />

non sia possibile, occorre anche<br />

disporre di pannelli fotovoltaici<br />

opportunamente dimensionati.<br />

Inoltre l’unità di monitoraggio<br />

deve contenere un modulo<br />

per la trasmissione dei dati.<br />

La situazione ideale è che sia<br />

presente alla stazione una connessione<br />

internet che permetta<br />

di scaricare in modo continuo i<br />

dati stessi. Quando questa non<br />

sia presente, i dati andranno<br />

inviati tramite rete mobile o addirittura,<br />

per stazioni in siti non<br />

coperti da una rete telefonica,<br />

con una connessione di tipo<br />

satellitare.<br />

Infine un sistema di monitoraggio<br />

necessita di un centro<br />

di raccolta ed elaborazione dei<br />

dati (CRED). A parte gli aspetti<br />

SW di analisi dei dati, di cui ci<br />

occuperemo in seguito, è chiaro<br />

che il CRED deve in primo<br />

luogo raccogliere i dati ed archiviarli<br />

per un periodo che dipende<br />

da quando si pensa che possano<br />

essere sottoposti a nuove<br />

analisi. Inoltre il CRED dovrà<br />

mantenere i risultati delle analisi<br />

(stima delle posizioni e loro<br />

accuratezze) ed eventualmente<br />

di parametri ancillari, quali ad<br />

esempio i ritardi zenitali (di<br />

cui parleremo oltre), nonché<br />

costruire una interfaccia-utente<br />

che permetta all’utilizzatore<br />

di compiere varie azioni con<br />

i risultati del monitoraggio,<br />

dall’invio di messaggi di allerta<br />

con varie soglie di anomalia del<br />

comportamento dell’oggetto,<br />

alla consultazione retrospettiva<br />

delle serie temporali per periodi<br />

di interesse, alla rielaborazione<br />

con risoluzione temporale maggiore<br />

di particolari periodi.<br />

L’ultimo aspetto HW da considerare<br />

è quello della installazione<br />

della stazione, cioè del<br />

fissaggio dell’antenna GNSS<br />

all’oggetto da monitorare, che<br />

deve essere abbastanza rigido da<br />

garantire il mantenimento della<br />

posizione relativa a livello del<br />

decimo di millimetro.<br />

Disegno della rete<br />

In linea di principio un ricevitore<br />

GNSS è in grado, anche se<br />

isolato, di fornire la posizione<br />

del punto in un sistema di riferimento<br />

terrestre unificato<br />

(ITRF). Ciò tuttavia non è<br />

esattamente quello che serve per<br />

il problema che ci siamo posti;<br />

infatti ad esempio la velocità di<br />

un punto in ITRF comprenderà<br />

necessariamente anche le componenti<br />

tettoniche del moto<br />

della regione in cui hanno sede<br />

i fenomeni che vogliamo monitorare.<br />

Occorre infatti ben comprendere<br />

che gli spostamenti<br />

che interessano in un problema<br />

di monitoraggio devono essere<br />

relativi ad un sistema di riferimento<br />

istituito fisicamente<br />

nell’area di interesse, ad esempio<br />

creando una o più stazioni<br />

di riferimento. Ciò tra l’altro<br />

permette di andare ad un’analisi<br />

dei dati GNSS eseguita per<br />

basi (vedi oltre), che comunque<br />

fornisce il risultato più accurato<br />

in termini di posizionamento<br />

relativo.<br />

In ogni caso il punto (o i punti)<br />

di riferimento è quello che<br />

dà senso agli spostamenti che<br />

rileviamo, quindi è quello che<br />

consideriamo “fermo”.<br />

Per quanto riguarda le stazioni<br />

di riferimento, occorre dire che<br />

in generale vengono utilizzati<br />

ricevitori a due frequenze, per<br />

meglio garantire l’accuratezza<br />

della rete. Anche un singolo<br />

ricevitore è efficace come riferimento,<br />

se è disponibile nell’area<br />

un servizio di posizionamento<br />

(Barbarella et al., 2009) con<br />

una stazione permanente ad<br />

una distanza inferiore ai 30 km.<br />

Il lavoro sul campo svolto da<br />

GReD ci ha mostrato che anche<br />

un ricevitore LC a singola<br />

frequenza può svolgere il ruolo<br />

del riferimento, specie se è a sua<br />

volta monitorato da una rete di<br />

posizionamento regionale con i<br />

limiti sopraddetti.<br />

È poi chiaro che la rete di<br />

monitoraggio dovrà contenere<br />

stazioni GNSS sui punti<br />

significativi per i fenomeni che<br />

vogliamo tenere sotto controllo.<br />

Poiché il numero di punti<br />

è generalmente limitato dal<br />

budget, è essenziale che la scelta<br />

dei punti sia fatta da un esperto<br />

del processo deformativo da<br />

monitorare. Questa condizione,<br />

tuttavia, da sola non è sufficiente;<br />

occorre anche verificare che<br />

8 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>


FOCUS<br />

i siti delle stazioni monitorate<br />

abbiano, ove possibile, una ampia<br />

visibilità del cielo e, se necessario,<br />

una buona connessione<br />

GPRS. Naturalmente analoghi<br />

criteri valgono, se non di più,<br />

per la (le) stazione di riferimento.<br />

Infine un accenno al grafo<br />

della rete. Come si sa (Leick<br />

et al. 2015), per reti GNSS di<br />

maggiori dimensioni, c’è una<br />

tendenza a disegnare il grafo<br />

mantenendone i lati i più corti<br />

e omogenei possibile, rendendo<br />

così più efficiente l’analisi dei<br />

dati per differenze doppie; infatti<br />

in tal caso meglio si cancellano<br />

i termini perturbativi e con<br />

maggior probabilità si ha un<br />

tracciamento simultaneo degli<br />

stessi satelliti. Tuttavia, per reti<br />

di monitoraggio alla scala di cui<br />

stiamo parlando, questi criteri<br />

sono assai meno cogenti.<br />

Supposto che la stazione di<br />

riferimento abbia caratteristiche<br />

HW superiori alle stazioni<br />

monitorate, è bene che queste<br />

siano direttamente collegate a<br />

quella evitando che ad esempio<br />

un malfunzionamento di una<br />

stazione a cui ne siano connesse<br />

altre in serie, abbia a invalidarne<br />

i risultati. Ne segue che lo schema<br />

più elementare, ma efficiente<br />

di grafo per il monitoraggio<br />

di una piccola rete è quello a<br />

stella riportato in Fig.2.<br />

Analisi di dati GNSS: dalle<br />

osservazioni alle posizioni<br />

Con questo titolo intendiamo<br />

l’analisi di tutti i valori di codice<br />

e di fase raccolti da tutti<br />

i ricevitori del sistema, in un<br />

certo tempo (1 giorno, 1 ora,<br />

…) allo scopo di stimare una<br />

posizione (cioè coordinate 3D)<br />

di ognuno dei punti, rappresentativa<br />

di quel periodo, in un<br />

sistema di riferimento definito<br />

dalla stazione (stazioni) di riferimento.<br />

Il tempo di latenza del<br />

risultato può essere variabile tra<br />

1 ora e qualche giorno, a seconda<br />

dell’applicazione considerata.<br />

Vogliamo sottolineare che oggi,<br />

dati il numero delle costellazioni<br />

e dei satelliti tracciabili,<br />

anche da ricevitori LC, e data<br />

la aumentata stabilità dell’elettronica,<br />

il problema più importante<br />

dell’uso del GNSS nel<br />

monitoraggio sta nella capacità<br />

di evitare soluzioni generate da<br />

osservazioni spurie, non scambiandole<br />

per falsi spostamenti<br />

critici. In effetti è molto più<br />

importante sapere se un punto<br />

si muove di 10 cm in un giorno<br />

per davvero, o si tratta di un<br />

outlier, che non ottenere dall’algoritmo<br />

di stima una deviazione<br />

standard delle coordinate di 1<br />

mm piuttosto che di 1,5 mm.<br />

Per questo motivo è essenziale<br />

dividere l’analisi dei dati in preprocessamento,<br />

processamento<br />

e validazione del modello.<br />

Preprocessamento<br />

È una fase di analisi dei dati<br />

finalizzata a eliminare il più<br />

possibile dati spuri prima che<br />

questi vengano passati alla fase<br />

di processamento. In questa fase<br />

si cerca anche di determinare i<br />

grandi cycle slip (CS), cioè almeno<br />

quelli maggiori di 5 volte<br />

la lunghezza d’onda, ovvero di<br />

circa ±1m.<br />

Descriveremo qui 4 operazioni<br />

di preprocessing:<br />

1. selezione di dati basata<br />

sull’uso di un indice di<br />

inefficienza della connessione<br />

tra singolo ricevitore e<br />

singolo satellite; tale indice<br />

è il rapporto tra il numero<br />

teorico di osservazioni (codice<br />

e fase) che si dovrebbero<br />

trovare nel tempo ,<br />

con il campionamento prescritto,<br />

ed il numero vero<br />

di osservazioni ricevute dal<br />

CRED.<br />

2. Come è noto la combinazione<br />

Geometry Free (GF)<br />

di codice e fase è condizionata<br />

dal noise del codice,<br />

che possiamo pensare a<br />

livello dei 30 cm.<br />

La sequenza dei valori ,<br />

differenziata tra due tempi<br />

consecutivi nel periodo ,<br />

permette di individuare la<br />

presenza di eventuali grandi<br />

CS.<br />

3. Dopo un periodo iniziale<br />

di validazione del sistema<br />

di monitoraggio, le posizioni<br />

di tutti i punti in un<br />

riferimento locale possono<br />

considerarsi note, con al<br />

più qualche centimetro<br />

d’errore, anche in presenza<br />

di movimenti “veloci”.<br />

Ne segue che la distanza<br />

stazione-satellite è nota con<br />

errori inferiori ai 10/20<br />

cm, anche considerando<br />

l’errore delle effemeridi<br />

rilasciate da IGS con una<br />

latenza di circa due giorni<br />

per le rapide e circa due<br />

settimane per le precise. La<br />

variazione dell’ambiguità di<br />

fase è nulla se, nel periodo<br />

considerato, non intervengono<br />

CS. Pertanto, calcolando<br />

dal valore di range e<br />

dalla correzione di orologio<br />

stimata con il solo codice,<br />

per tutti i satelliti in vista, e<br />

successivamente calcolando<br />

le differenze tra due epoche<br />

della fase corretta da , si<br />

trova un indice avente uno<br />

s.q.m. dell’ordine di 20/30<br />

cm, dovuto per lo più<br />

all’errore di orologio stimato<br />

dal codice, a meno della<br />

presenza di CS. Un esempio<br />

è presentato in Fig. 4,<br />

dove sono rappresentati gli<br />

indici di diversi satelliti ed<br />

uno di essi ha un CS all’epoca<br />

200.<br />

4. Un’operazione più raffinata<br />

che può essere eseguita<br />

dopo un certo periodo di<br />

funzionamento della stazione,<br />

è la caratterizzazione<br />

elettromagnetica del sito,<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 9


FOCUS<br />

ovvero la stima degli effetti<br />

del multipath come<br />

descritto in letteratura<br />

(Leick et al. 2015).<br />

Tutto sommato possiamo<br />

affermare che l’uso di un<br />

preprocessamento profondo<br />

come quello sopra proposto<br />

può fornire al processamento<br />

un dato con errori<br />

omogenei che dipendono<br />

sostanzialmente, come previsto<br />

dalla teoria (Teunissen<br />

& Montenbruck 2017),<br />

dall’angolo zenitale della linea<br />

di vista del satellite, con<br />

i grandi cycle slips (da 3 a 5<br />

cicli o più) già identificati.<br />

Fig. 5 - Monitoraggio giornaliero di una base di 25 m tra due tralicci: si vede<br />

chiaramente una deformazione tra il mese di giugno e il mese di settembre.<br />

Fig. 6 - Confronto tra spostamenti derivati da GNSS, total station e pendolo inverso.<br />

Processamento<br />

Non intendiamo qua ripetere la teoria che porta alla scrittura delle equazioni di osservazione del GNSS, in particolare<br />

delle fasi (Biagi, 2008, Cina, 2014). Ricordiamo soltanto che per basi (coppie di stazioni) della lunghezza tra qualche<br />

metro e pochi chilometri, usando la tecnica delle differenze doppie, molti termini correttivi possono essere eliminati,<br />

pervenendo alle equazioni di osservazioni qui sotto descritte.<br />

Adottiamo la notazione per differenze doppie, tra due stazioni MM, SS e due satelliti rr, ss . Si può allora scrivere, ad<br />

esempio per la frequenza L1,<br />

10 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong><br />

*,+<br />

δδδδ (,)<br />

= LL *,+ *+ *+ *+<br />

(,) − ρρ (,) + TT (,) = δδρρ (,) − NN *+ (,) Λ 3 + δδTT *+ *+<br />

(,) + νν (,) ,<br />

dove LL sono le fasi misurate, ρρ le distanze calcolate con i valori istantanei delle effemeridi e le coordinate<br />

approssimate delle stazioni, TT sono gli effetti troposferici calcolati con i ritardi zenitali da modello (ad esempio Niell<br />

(Niell 2001) e con una mapping function (ad esempio la Vienna mapping function (Böhm & Schuh 2003), δδδδ le<br />

variazioni di distanza dovute alle correzioni nella posizione delle stazioni, NN sono le ambiguità intere, Λ 3 la lunghezza<br />

d’onda nominale del canale L1, δδδδ le correzioni di ritardo troposferico dovute ad una correzione del ritardo zenitale<br />

(ZTD), νν è il noise di misura.<br />

Nell’equazione precedente il termine di correzione delle distanze può essere linearizzato come<br />

*+<br />

δδρρ (,) = 6 7 8 8<br />

96 :<br />

;<br />

− 6 7 < 96 :<br />

<<br />

;<br />

∙ δδxx ( − δδxx ) ;<br />

A<br />

dove ee @ è il versore della linea di vista tra stazione KK e satellite ii.<br />

Se inoltre MM rappresenta la master station, cioè il punto in cui è centrato il sistema di riferimento, nell’equazione<br />

+<br />

scritta si può prendere δδxx ( = 0. Inoltre se MM ζζ ) è la mapping function scelta, tenendo conto che l’angolo zenitale<br />

+<br />

della linea di vista ζζ ) dipende poco da uno spostamento della posizione della stazione SS (anche di 1 km), si può<br />

ipotizzare che per una rete di non grandi dimensioni anche la correzione troposferica sia eliminata. Se invece i punti<br />

sede di misura sono a quote diverse per centinaia di metri e sono distanti tra loro di 1-2 km, le incognite di ritardo<br />

zenitale vanno mantenute e stimate; tipico può essere un valore stimato ogni ora.<br />

Date queste osservazioni occorre prendere una decisione importante sul processamento dei dati. Si deve procedere<br />

per basi, oppure fare un’unica compensazione ai minimi quadrati con tutte le osservazioni processate in un’unica<br />

rete? Vi sono buone ragioni teoriche e pratiche per affermare che in ogni caso la compensazione base per base deve<br />

essere effettuata (Leick et al. 2015). Infatti, in primo luogo si può osservare che se si è adottato un disegno a stella,<br />

con una master station di riferimento, la compensazione unica della rete delle basi e quella fatta base per base danno<br />

risultati identici quanto alla stima delle posizioni. Inoltre, dato il particolare fine delle operazioni di monitoraggio, è<br />

importante avere le compensazioni base per base, perché si possano sottoporre a test situazioni in cui una parte dei<br />

punti si muovono ed altri no.<br />

Esistono molti SW per il processamento dei dati GNSS allo scopo del monitoraggio. La nostra maggiore esperienza è<br />

con il SW Bernese (Dach et al. 2015, Biagi & Caldera 2013) e con un SW proprietario di GReD, derivato dal freeware<br />

goGPS (Realini & Reguzzoni 2013) e adattato al problema del monitoraggio. Importante per un buon risultato è che in<br />

un SW complesso si operi una scelta oculata dei parametri da stimare e di quelli da ignorare.<br />

Validazione


sede di misura sono a quote diverse per centinaia di metri e sono distanti tra loro di 1-2 km, le incognite di ritardo<br />

zenitale vanno mantenute e stimate; tipico può essere un valore stimato ogni ora.<br />

Date queste osservazioni occorre prendere una decisione importante sul processamento dei dati. Si deve procedere FOCUS<br />

per basi, oppure fare un’unica compensazione ai minimi quadrati con tutte le osservazioni processate in un’unica<br />

rete? Vi sono buone ragioni teoriche e pratiche per affermare che in ogni caso la compensazione base per base deve<br />

essere effettuata (Leick et al. 2015). Infatti, in primo luogo si può osservare che se si è adottato un disegno a stella,<br />

con una master station di riferimento, la compensazione unica della rete delle basi e quella fatta base per base danno<br />

risultati identici quanto alla stima delle posizioni. Inoltre, dato il particolare fine delle operazioni di monitoraggio, è<br />

importante avere le compensazioni base per base, perché si possano sottoporre a test situazioni in cui una parte dei<br />

punti si muovono ed altri no.<br />

Esistono molti SW per il processamento dei dati GNSS allo scopo del monitoraggio. La nostra maggiore esperienza è<br />

con il SW Bernese (Dach et al. 2015, Biagi & Caldera 2013) e con un SW proprietario di GReD, derivato dal freeware<br />

goGPS (Realini & Reguzzoni 2013) e adattato al problema del monitoraggio. Importante per un buon risultato è che in<br />

un SW complesso si operi una scelta oculata dei parametri da stimare e di quelli da ignorare.<br />

Validazione<br />

La fase di validazione ha lo scopo di fissare l’attendibilità delle stime delle coordinate, cercando di identificare con<br />

un’analisi a posteriori dei residui del sistema ai minimi quadrati, se non vi siano osservazioni che contengono errori<br />

anomali e di cui non ci si è accorti nella fase di preprocessamento. Questo può avvenire in particolare quando si siano<br />

fissate erroneamente le ambiguità intere. In effetti, considerando che gli errori di misura delle osservazioni di fase<br />

dovrebbero essere dell’ordine di pochi mm, ci si aspetta che i residui stimati delle equazioni stiano tutti in una fascia<br />

di ± 1/2 cm. Tuttavia un errato fissaggio di una ambiguità introdurrà nelle equazioni che la contengono un bias al<br />

minimo di ~ 18 cm. Ci aspettiamo perciò che gli scarti di tali equazioni, pur scontando l’effetto di mascheramento<br />

tipico dei minimi quadrati (Sansò 1991), si portino a livello di diversi centimetri. Anche un semplice test robusto sulla<br />

popolazione degli scarti può permettere di trovare outliers tra le osservazioni ed eventualmente ambiguità<br />

erroneamente fissate. A questo proposito ricordiamo che come regola è sempre meglio lasciare un valore float di una<br />

ambiguità piuttosto che fissarla ad un intero con una probabilità non vicina ad 1, rischiando che il fissaggio sia errato.<br />

Gli argomenti di questo paragrafo giustificano la scelta fatta da GReD per cui un sistema di monitoraggio va fornito<br />

all’utente sotto forma di servizio (nel nostro caso GeoGuard (Tagliaferro et al. <strong>2018</strong>)) e non come un semplice<br />

pacchetto chiavi in mano.<br />

Analisi delle serie temporali<br />

Per ogni periodo di tempo TT (ad esempio 1 ora, 1 giorno), il sistema di monitoraggio fornisce un valore stimato delle<br />

tre coordinate di ogni stazione GNSS nel sistema di riferimento locale. Ci concentriamo sull’analisi della serie<br />

temporale xx tt delle posizioni stimate di una singola stazione. Per meglio mettere in evidenza il carattere di<br />

spostamento più che di posizione del punto, si potrà considerare la serie xx tt − xx 0 , dove il tempo di riferimento tt =<br />

0 è scelto come quello dell’inizio delle operazioni di monitoraggio, ovvero un altro tempo a seconda del giudizio<br />

dell’utente. Per semplicità chiamiamo qui ancora xx tt la serie xx tt − xx 0 .<br />

In primo luogo consideriamo che il valore stimato xx tt deve poter essere ruotato in un qualsiasi sistema di riferimento<br />

locale utile alla interpretazione dell’utente. Di sicuro xx tt deve essere riferito ad un asse zz verticale, sia perché le<br />

osservazioni GNSS danno stime più imprecise nella direzione up, sia perché quasi sempre la direzione della verticale,<br />

cioè della gravità, ha un ruolo fisico sulle deformazioni in esame. Le altre due direzioni cartesiane possono essere<br />

semplicemente cartografiche (Est, Nord), ovvero riorientate a seconda dell’oggetto monitorato.<br />

Concentriamoci ora sulla serie di una singola coordinata, ad esempio xx tt . In generale sarà<br />

xx tt = xx tt + ηη tt<br />

con xx tt il valore vero della (variazione della) coordinata ed ηη tt il suo errore di stima.<br />

A sua volta si potrà distinguere<br />

xx tt = mm tt + ss tt + aa tt<br />

con mm tt un modello medio di spostamento a scala temporale lunga (trend), ss tt un segnale ambientale<br />

eventualmente presente nel moto del punto, ad esempio una deformazione legata alla temperatura, oppure una<br />

variazione dovuta a un qualche evento meteorico (piogge intense), aa tt è uno spostamento anomalo indice di una<br />

variazione nella meccanica dell’oggetto monitorato, oppure un qualche intervento di manutenzione che sposti<br />

l’antenna del ricevitore GNSS.<br />

Inoltre si avrà<br />

ηη tt = εε tt + bb tt + oo tt<br />

dove εε tt è l’ordinario errore di stima dovuto alla propagazione del noise di misura nello stimatore della coordinata xx,<br />

bb tt è un bias che entra nella stima a causa degli errori di modello nel processamento, oo tt è un errore presente nella<br />

stima e dovuto alla presenza (residua) di outliers (o errori grossolani) contenuti nelle osservazioni e sfuggiti alle fasi<br />

precedenti di analisi dei dati.<br />

Raggruppando il tutto troviamo<br />

xx tt = mm tt + ss tt + aa tt + εε tt + bb tt + oo tt .<br />

Il nostro intento è soprattutto quello di conoscere mm tt ed aa tt . In particolare:<br />

aa tt è normalmente assente da xx tt per definizione. In realtà ne possiamo rilevare la presenza per due<br />

caratteristiche. La prima è che abbia una ampiezza che lo fa emergere specificatamente dagli altri fattori, in<br />

particolare dovrà essere aa tt ≫ σσ P . La seconda è che tipicamente un moto anomalo è persistente, e questo permette<br />

di distinguere aa tt da bb tt .<br />

mm tt è di solito parametrizzato con semplici funzioni di base. Spesso, forse troppo, si trovano analisi dove mm tt è<br />

rappresentato con un trend lineare nel tempo. Nella nostra esperienza è meglio modellizzare mm tt come una<br />

combinazione di splines cubiche (dunque funzioni molto lisce), scegliendo opportunamente la distanza tra un polo e<br />

l’altro delle splines.<br />

Una tipica analisi sella serie di xx tt può essere quindi compiuta creando il modello parametrico<br />

xx tt = pp R CC tt − kkkk + λλλλ tt + νν tt<br />

R<br />

con CC tt spline cubica, ξξ tt eventuale variabile ancillare nota, νν tt noise con s.q.m. σσ W .<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 11


Raggruppando il tutto troviamo<br />

xx tt = mm tt + ss tt + aa tt + εε tt + bb tt + oo tt .<br />

FOCUS Il nostro intento è soprattutto quello di conoscere mm tt ed aa tt . In particolare:<br />

aa tt è normalmente assente da xx tt per definizione. In realtà ne possiamo rilevare la presenza per due<br />

caratteristiche. La prima è che abbia una ampiezza che lo fa emergere specificatamente dagli altri fattori, in<br />

particolare dovrà essere aa tt ≫ σσ P . La seconda è che tipicamente un moto anomalo è persistente, e questo permette<br />

di distinguere aa tt da bb tt .<br />

mm tt è di solito parametrizzato con semplici funzioni di base. Spesso, forse troppo, si trovano analisi dove mm tt è<br />

rappresentato con un trend lineare nel tempo. Nella nostra esperienza è meglio modellizzare mm tt come una<br />

combinazione di splines cubiche (dunque funzioni molto lisce), scegliendo opportunamente la distanza tra un polo e<br />

l’altro delle splines.<br />

Una tipica analisi sella serie di xx tt può essere quindi compiuta creando il modello parametrico<br />

xx tt = pp R CC tt − kkkk + λλλλ tt + νν tt<br />

R<br />

con CC tt spline cubica, ξξ tt eventuale variabile ancillare nota, νν tt noise con s.q.m. σσ W .<br />

La compensazione del modello sopradescritto porta alla stima dei parametri pp R e λλ e quindi ad un modello<br />

predittivo di xx tt sulla base dei suoi valori passati. È questo il modello su cui si baserà la analisi a posteriori delle<br />

anomalie aa tt , ovvero il disegno di un allarme che segnali all’utente l’avvicinarsi di condizioni di pericolo. In ogni caso<br />

sottolineiamo ancora una volta che la deviazione standard σσ W dei residui dopo l’applicazione di un modello alla serie<br />

temporale dei “dati” xx tt è la chiave fondamentale per rilevare la comparsa di un’anomalia aa tt tra i dati stessi, e che<br />

in generale σσ W risulta essere più grande (anche di molto) rispetto a σσ P , dimostrando che quest’ultima non può essere<br />

la base per una statistica utile al disegno di un allarme.<br />

Il disegno dell’allarme<br />

Il sistema dovrà essere in grado di fornire un allarme per l’avvicinarsi di condizioni critiche. In primo luogo occorre che<br />

in presenza di un comportamento critico dell’oggetto l’allarme venga effettivamente attivato. È anche importante che<br />

l’allarme non venga attivato per errore, cioè in assenza di un comportamento anomalo (falso allarme). Inoltre, dal<br />

punto di vista temporale, è necessario che l’allarme venga dato il prima possibile (problema della latenza). Il fatto che<br />

tali requisiti, anche in conflitto tra loro, possano essere soddisfatti da un sistema di monitoraggio GNSS è dipendente<br />

da un lato dalle caratteristiche comuni degli spostamenti critici, dall’altro dalla accuratezza delle posizioni rilevate dal<br />

GNSS.<br />

In effetti per comportamenti anomali si può considerare critica una soglia di spostamento assoluta SS X di alcuni<br />

centimetri e/o di una velocità SS Y di qualche centimetro in un giorno. Queste devono essere determinate<br />

quantitativamente dall’utente, esperto del fenomeno monitorato. Talvolta sarà utile considerare una soglia sola; ad<br />

esempio per un manufatto potrà essere più importante SS X , mentre per una frana potrebbe essere più importante SS Y .<br />

In ogni caso la soglia critica (le soglie critiche) deve essere posta dall’utente come condizione al disegno dell’allarme.<br />

A fronte dei valori sopra descritti, abbiamo determinazioni delle posizioni giornaliere con accuratezza di pochi<br />

millimetri. È proprio la distanza tra questi valori che permette il disegno di un allarme utile, cioè che soddisfi i requisiti<br />

precedentemente ricordati. La implementazione di un allarme è basata sul concetto di test statistico di ipotesi e sul<br />

concetto di soglia critica. Per chiarire la questione ci concentriamo qui su una singola coordinata xx e sulla sua serie<br />

temporale xx tt , supponendo di avere una soglia critica SS Z per il valore assoluto di xx tt .<br />

Illustriamo un disegno semplice, che sfrutta ipotesi semplificative ed è basato su tre protocolli che chiameremo WW di<br />

warning (allerta), AA di allarme, LL di valore limite.<br />

Le ipotesi semplificative che poniamo sono che i valori della serie temporale senza spostamenti anomali<br />

xx tt = MM tt + νν tt<br />

siano osservati con MM tt conosciuta esattamente e νν tt distribuito normalmente a media nulla e con deviazione<br />

standard σσ W nota, cioè νν = σσ W Ζ, con Ζ normale standard. In questo caso è bene notare che il valore di σσ W da usarsi<br />

nell’allarme non è un indice astratto dell’errore di osservazione, ma piuttosto uno scarto quadratico medio ricavato da<br />

un’analisi a posteriori degli scarti di xx tt rispetto al modello MM tt .<br />

Non entriamo qui nel merito della statistica che presiede al disegno dell’allarme, limitandoci a presentare di seguito<br />

uno schema sintetico basato sul concetto che un pre-allarme permanente in due epoche successive porta ad un<br />

allarme che ha bassa probabilità di essere falso:<br />

Protocollo d’allarme<br />

xx tt > LL = SS Z − ZZ`σσ W<br />

allarme immediato<br />

xx tt − MM tt > WW = ZZ` ;σσ W si apre una finestra di warning e si passa ad una modalità di campionamento più<br />

frequente<br />

xx tt − MM tt > WW, xx tt + 1 − MM tt + 1 > WW si emana l’allarme<br />

dove ZZ` è il valore critico di una normale standard, ovvero PP(ZZ > ZZ`) = αα.<br />

Ragionamenti analoghi valgono se l’allarme va disegnato sulle velocità, xx tt + 1 − xx tt ; solo in questo caso, nel<br />

calcolo della probabilità di falso allarme, occorre considerare che una coppia di variazioni successive di posizione ha<br />

una correlazione pari a -0,5. In ogni caso l’esperienza di GReD ci dice che dopo un periodo congruo, ad esempio un<br />

anno, di monitoraggio è bene fare una statistica degli warning, allarmi e falsi allarmi per una opportuna taratura dei<br />

protocolli. Chiudiamo il paragrafo osservando che è possibile disegnare protocolli d’allarme basati su test più raffinati<br />

di quelli qui riportati, anche se i concetti generali, e in particolare la distinzione tra warning, soglie d’allarme e soglia<br />

critica, restano gli stessi.<br />

12 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>


FOCUS<br />

Esempi<br />

Presentiamo qui alcuni esempi<br />

di sistemi di monitoraggio<br />

istituiti nel corso degli ultimi 4<br />

anni di attività di GReD, allo<br />

scopo di dimostrare per casi<br />

reali di monitoraggio in campo,<br />

le effettive potenzialità delle<br />

misure GNSS effettuate con ricevitori<br />

LC. I primi 4 esempi si<br />

riferiscono ad osservazioni con<br />

il solo sistema GPS, mentre l’ultimo<br />

è presentato per mettere in<br />

luce le potenzialità delle stime<br />

congiunte GPS e Galileo.<br />

Esempio 2: si considera il monitoraggio<br />

di un punto sul coronamento<br />

di una diga, con una<br />

base tra due ricevitori LC della<br />

lunghezza di circa 70 m. La finalità<br />

dell’esempio è di mostrare<br />

un confronto con misure di<br />

pendoli inversi e di total station<br />

robotizzata. In Fig. 6 si mostra<br />

il confronto tra gli spostamenti<br />

in e (ricordiamo che i pendoli<br />

non vedono spostamenti in ),<br />

che appaiono significativamente<br />

concordi tra loro.<br />

Esempio 3: mostriamo il monitoraggio<br />

di un punto in frana<br />

con una base di lunghezza 1400<br />

m e di dislivello 570 m. Gli<br />

spostamenti rilevati dal GNSS<br />

sono confrontati con quelli di<br />

una total station robotizzata.<br />

Si osserva che il GNSS, al contrario<br />

della total station, ha potuto<br />

collezionare dati anche in<br />

condizioni meteo avverse.<br />

Esempio 4: si riporta il monitoraggio<br />

di una base su un ponte<br />

autostradale della lunghezza di<br />

circa 70 m. Scopo dell’esempio<br />

è di mostrare le soluzioni orarie,<br />

per un intero periodo di 7 mesi,<br />

calcolate per studiare un warning<br />

trasformatosi in allarme,<br />

a metà marzo 2016. Il warning<br />

riguarda un movimento brusco<br />

Esempio 1: si tratta del monitoraggio<br />

di una base tra due ricevitori<br />

LC montati su tralicci, di<br />

cui uno soggetto all’azione di<br />

una frana. La base è lunga 25<br />

m ed il periodo considerato è di<br />

circa 7 mesi. Le soluzioni sono<br />

giornaliere e presentano un certo<br />

numero di outliers, soprattutto<br />

in Up, ed anche qualche<br />

interruzione, dovuta a problemi<br />

di trasmissione che però sono<br />

stati risolti a partire dal mese di<br />

giugno. La deviazione standard<br />

dei residui è in E, N e in Up.<br />

Benché questo rappresenti una<br />

delle prime esperienze in campo<br />

fatte da GReD, esso mostra<br />

chiaramente la capacità del sistema<br />

di seguire un movimento<br />

lento con conseguente spostamento<br />

finale di -2 cm in Nord e<br />

-3 mm in Est.<br />

Fig. 7 - Monitoraggio di una frana: confronto tra posizioni derivate da GNSS e<br />

da total station.<br />

Fig. 8 - Monitoraggio orario di una base corta per un periodo di 7 mesi: si evidenzia<br />

una discontinuità in Est alla data 18 marzo 2016.<br />

Fig. 9 - Monitoraggio con soluzione oraria di un punto con scarsa visibilità del<br />

cielo: confronto tra a) soluzione con solo GPS, b) soluzione con GPS e Galileo.<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 13


FOCUS<br />

in Est dell’ampiezza di cm,<br />

movimento che tende a riassorbirsi<br />

lentamente nei mesi successivi.<br />

Si noti che il passaggio a<br />

soluzioni orarie tende ad incrementare<br />

la deviazione standard<br />

dei residui, trovandosi<br />

Tale incremento tuttavia non<br />

impedisce di individuare la discontinuità<br />

con una latenza di<br />

1 ora.<br />

Esempio 5: quest’ultimo esempio<br />

riguarda il monitoraggio di<br />

un impianto su una condotta<br />

forzata, che per motivi di necessità<br />

ha una scarsa visibilità<br />

del cielo, che risulta in buona<br />

parte coperto da alberi che la<br />

fiancheggiano. In questo caso si<br />

è voluto mostrare il vantaggio,<br />

per le soluzioni orarie, nel passare<br />

dal posizionamento con il<br />

solo GPS a quello che combina<br />

GPS e Galileo. Come si vede, la<br />

soluzione con Galileo ha molto<br />

meno variabilità, eliminando<br />

completamente i valori anomali<br />

saltuari.<br />

Conclusione: il decalogo del<br />

buon monitoraggio GNSS<br />

Concludiamo questo lavoro<br />

riassumendo le regole che abbiamo<br />

a mano a mano illustrato<br />

e che rendono il monitoraggio<br />

GNSS efficace e conveniente.<br />

Premesso che il sistema di monitoraggio<br />

debba avvalersi di<br />

ricevitori LC multicostellazione<br />

per poter massimizzare a parità<br />

di costo il numero dei punti tenuti<br />

sotto controllo e di antenne<br />

di buona qualità, anche se il<br />

loro costo potrà essere uguale a<br />

quello del ricevitore, un buon<br />

sistema di monitoraggio GNSS<br />

deve soddisfare a nostro avviso<br />

10 requisiti, di cui i primi 7<br />

sono obbligatori, gli ultimi 3<br />

facoltativi:<br />

1) il disegno della rete di monitoraggio<br />

deve essere progettato<br />

congiuntamente da<br />

un esperto di osservazioni<br />

GNSS e da un esperto del<br />

fenomeno da controllare;<br />

ciò vale in particolare<br />

per la scelta dei punti da<br />

monitorare e di quelli di<br />

riferimento,<br />

2) l’installazione del ricevitore,<br />

degli apparati ausiliari<br />

di alimentazione e trasmissione<br />

vanno concordati<br />

con l’utente, ma soprattutto<br />

l’antenna deve essere<br />

rigidamente connessa con<br />

la parte dell’oggetto che si<br />

vuole monitorare,<br />

3) il grafo di compensazione<br />

della rete deve essere<br />

ottimizzato, assumendo<br />

una conformazione di<br />

processamento a stella o a<br />

più stelle; in particolare la<br />

scelta del satellite pivot per<br />

la formazione delle differenze<br />

doppie deve essere<br />

ottimale,<br />

4) occorre operare un profondo<br />

preprocessing dei dati,<br />

usando anche la conoscenza<br />

delle proprietà elettromagnetiche<br />

del sito, allo<br />

scopo di una prima identificazione<br />

ed eliminazione<br />

di outliers e cycle slip,<br />

5) occorre operare una rigo-<br />

Droni Idrografici polivalenti<br />

• Rilievi batimetrici automatizzati<br />

• Acquisizione dati e immagini<br />

• Mappatura parametri ambientali<br />

• Ispezione fondali<br />

Dighe, laghi, cave in falda, bacini, fiumi e<br />

canali fino a 15 4 m/s. Km/h. Insensibili ai bassi ai bassi<br />

fondali e alla presenza di alghe e detriti<br />

Vendita - Noleggio - Servizi chiavi in mano,<br />

anche con strumentazione cliente<br />

14 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>


FOCUS<br />

rosa compensazione delle<br />

basi, con una accurata<br />

scelta dei parametri da<br />

stimare, di quelli che possono<br />

essere trascurati e di<br />

quelli che possono essere<br />

semplicemente calcolati da<br />

modelli; dopo la compensazione<br />

delle basi si può<br />

operare la compensazione<br />

di rete, che fornisce informazione<br />

sulle correlazioni<br />

tra le stime degli spostamenti<br />

di punti diversi,<br />

6) ogni compensazione deve<br />

sempre essere seguita da un<br />

filtraggio dei residui anche<br />

semplificato, in particolare<br />

allo scopo di eliminare<br />

cycle slips o outliers che<br />

non sono stati identificati<br />

nelle fasi precedenti,<br />

7) occorre formare le serie<br />

temporali delle variazioni<br />

di coordinate e fare un’analisi<br />

statistica degli eventuali<br />

valori anomali, stimando<br />

nello stesso tempo<br />

il modello sottostante di<br />

variazioni lente nel tempo,<br />

8) può essere utile eseguire<br />

un’analisi di correlazione<br />

con variabili ancillari che<br />

aumentano l’efficienza del<br />

modello predittivo,<br />

9) può essere utile istituire un<br />

allarme basato su tre soglie<br />

(warning, allarme, soglia<br />

critica) da definire assieme<br />

all’esperto del fenomeno<br />

monitorato,<br />

10) può essere utile rappresentare<br />

gli spostamenti<br />

in sistemi di riferimento<br />

diversi, con assi di particolare<br />

interesse per l’oggetto<br />

monitorato; in tal caso occorrerà<br />

anche trasformare<br />

le covarianze degli errori di<br />

stima e di previsione.<br />

Da quanto detto appare<br />

chiaro che una evoluzione<br />

naturale del monitoraggio<br />

verrà dalla disponibilità di<br />

ricevitori LC a due o più<br />

frequenze.<br />

Un altro settore che riteniamo<br />

diverrà importante<br />

in futuro è l’uso di unità di<br />

monitoraggio che comprendano<br />

un ricevitore (LC)<br />

GNSS, un’antenna attiva<br />

(LC) per il SAR e strumenti<br />

inerziali. Un’unità di questo<br />

genere in effetti permette di<br />

dare un allarme immediato<br />

a fronte di una variazione<br />

brusca di posizione, di studiare<br />

le serie GNSS come<br />

descritto nell’articolo e<br />

inoltre di usare l’antenna<br />

del SAR per propagare la<br />

stima del moto a tutti i permanent<br />

scatterers dell’area.<br />

Su questi concetti è in corso<br />

una ricerca dell’Autority<br />

Galileo denominata GIMS,<br />

di cui GReD è prime contractor.<br />

L’eccellenza dei dati geografici<br />

Toponomastica e numerazione civica<br />

A beneficio degli ambiti di utilizzo più maturi ed esigenti, per la gestione e per la pianificazione geografica e quotidiana<br />

delle reti e delle utenze, della grande e media distribuzione, della raccolta RSU, dei sistemi navigazionali e del car-sharing,<br />

per l’attività politica e per quella amministrativa. www.studiosit.it • info@studiosit.it<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 15


FOCUS<br />

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Tagliaferro, G., Caldera, S., Realini, E., Molinari, D. & Pasqui, L.<br />

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Assembly Conference Abstracts, Vol. 20, 13898<br />

Teunissen P. & Montenbruck O. eds. (2017). Springer handbook of global<br />

navigation satellite systems. Springer.<br />

ABSTRACT<br />

In the frame of deformation monitoring of structures, infrastructures<br />

and natural hazards, in this paper several examples are provided, that demonstrate<br />

how GNSS observations, even if taken by low cost receivers,<br />

are competitive in terms of accuracy with classic techniques. Moreover<br />

GNSS observations are able to provide a continuous determination of<br />

the position of N points in time, in a fully automated way, interconnecting<br />

points that are not visible each other, in all weather conditions.<br />

This work presents how a low cost GNSS monitoring system can be<br />

designed and implemented, both in terms of hardware and software solutions.<br />

Then the analysis of GNSS data is shown, describing the consecutive<br />

steps of preprocessing, processing and validation of the results.<br />

Because deformation monitoring basically means detecting anomalous<br />

changes in the time series of each GNSS station, an efficient alarm system<br />

is designed and described.<br />

In the end ten basic requirements are identified, which guarantee that<br />

the deformation monitoring performed with GNSS can be effective and<br />

convenient.<br />

PAROLE CHIAVE<br />

Monitoraggio; GNSS; low-cost; allarme<br />

AUTORE<br />

Fernando Sansò<br />

fernando.sanso@polimi.it<br />

Ludovico Biagi<br />

ludovico.biagi@polimi.it<br />

Politecnico di Milano, DICA, piazza Leonardo da Vinci 32, Milano<br />

Caldera Stefano<br />

stefano.caldera@g-red.eu<br />

Lisa Pertusini<br />

lisa.pertusini@g-red.eu<br />

Geomatics Research & Development srl, via Cavour 2, Lomazzo<br />

(CO)<br />

Via Indipendenza, 106<br />

46028 Sermide - Mantova - Italy<br />

Phone +39.0386.62628<br />

info@geogra.it<br />

www.geogra.it<br />

16 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>


FOCUS<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 17


REPORT<br />

Esperienze italiane sul<br />

Dissesto Idrogeologico tra<br />

Normativa ed Attuazione<br />

di Giuseppina Monacelli, Olimpia Spiniello<br />

La prevenzione del dissesto idrogeologico<br />

rappresenta una priorità per il Paese, come<br />

è evidente dai molti, recenti eventi che, pur<br />

coinvolgendo ambiti territorialmente ristretti,<br />

hanno causato danni rilevanti e la perdita di<br />

vite umane. Risulta necessaria, quindi, una<br />

riflessione sulle misure - strutturali e non -<br />

intraprese per mitigare il rischio, prendendo<br />

altresì spunto dalle opportunità offerte dalla<br />

legislazione europea in via di attuazione<br />

anche in Italia. Nell’articolo sono esaminati<br />

due casi studio, alluvione di Aulla e colata di<br />

Poggio Ferrato, come esemplificativi di alcune<br />

problematiche proprie del territorio nazionale.<br />

Fig. 1 - Aggregazione dei bacini in 8 distretti idrografici.<br />

Negli ultimi 50 anni la<br />

sistemazione dei versanti<br />

e del territorio in<br />

generale ha assunto una sempre<br />

maggiore importanza, in seguito<br />

alla crescente antropizzazione,<br />

che ha portato in primo piano<br />

la necessità di proteggere gli<br />

abitati, spesso sviluppati in aree<br />

a rischio di frana o inondazione.<br />

Si rileva in particolar modo<br />

la capacità di eventi meteorici<br />

anche non eccezionali di provocare<br />

conseguenze sempre più<br />

spesso drammatiche in termini<br />

economici, ambientali e naturali.<br />

Tra le cause che condizionano<br />

ed amplificano il «rischio meteo-idrogeologico<br />

ed idraulico»<br />

vi è «l’azione dell’uomo», con<br />

abbandono e degrado, cementificazione,<br />

consumo di suolo,<br />

abusivismo, disboscamento e<br />

incendio, la mancanza di una<br />

costante manutenzione ordinaria.<br />

Molto spesso, infatti, vengono<br />

privilegiati gli interventi<br />

urgenti, spesso emergenziali, e<br />

non subordinati ad una organica<br />

politica di pianificazione e<br />

programmazione degli interventi<br />

in un’ottica di prevenzione.<br />

Viene fornita, con il supporto<br />

di un sintetico quadro legislativo,<br />

nazionale ed europeo,<br />

una chiave di comprensione<br />

dell’espressione “rischio idrogeologico”.<br />

Il Rischio Idrogeologico<br />

Il concetto di rischio è combinazione<br />

di più fattori sia di natura<br />

tecnica che socio-economici,<br />

e viene individuato tramite<br />

la classica espressione:<br />

R = P x E x V<br />

dove:<br />

P: pericolosità, intesa come la<br />

probabilità che si realizzino<br />

le condizioni di accadimento<br />

dell’evento calamitoso;<br />

E: valore degli elementi esposti<br />

a rischio, intesi come persone e<br />

beni, sia naturali che antropici;<br />

V: vulnerabilità, intesa come la<br />

capacità degli elementi a rischio<br />

a resistere all’evento in considerazione.<br />

Nella legislazione italiana, per<br />

rischio idrogeologico, ai sensi<br />

del Decreto Legge 11.06.1998<br />

18 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>


REPORT<br />

n. 180, si intende sia il rischio<br />

idraulico che quello geomorfologico;<br />

in termini semplificati,<br />

il primo è legato ad un evento<br />

di piena di un corso d’acqua, il<br />

secondo al movimento di una<br />

massa di terra, roccia, o detrito<br />

lungo un versante, entrambi<br />

spesso causati da precipitazioni<br />

persistenti di elevata intensità<br />

che caratterizzano quella determinata<br />

area. Fondamentale<br />

diventa, quindi, un’attenta<br />

attività di monitoraggio al fine<br />

di prevenire e ridurre l’entità<br />

di tali tipologie di rischio e di<br />

costruire adeguati sistemi di allertamento.<br />

Il metodo di valutazione del<br />

rischio idrogeologico è stato<br />

individuato nell’Atto di indirizzo<br />

e coordinamento per l’individuazione<br />

dei criteri relativi<br />

agli adempimenti di cui all’art.<br />

1, commi 1 e 2, del decretolegge<br />

11 giugno 1998, n. 180<br />

(DPCM del 29.09.1998) ed è<br />

strutturato in modo da consentire<br />

un’assunzione qualitativa<br />

dei fattori di rischio essenziali,<br />

attraverso la quale è possibile<br />

pervenire ad una gradazione in<br />

classi che dipende dalla combinazione<br />

della pericolosità dell’area<br />

e del relativo uso del suolo.<br />

R1: rischio moderato<br />

R2: rischio medio<br />

R3: rischio elevato<br />

R4: rischio molto elevato<br />

Lo scopo di tale classificazione<br />

è essenzialmente quello di<br />

individuare aree più a rischio<br />

di altre, anche a parità di pericolosità,<br />

in dipendenza degli<br />

elementi che vi si trovano. In<br />

funzione del livello del grado di<br />

rischio R si individuano infatti<br />

le zone in cui ad elevate criticità<br />

idrogeologiche è associata una<br />

maggiore presenza umana e, di<br />

conseguenza, quelle da difendere<br />

prioritariamente.<br />

La individuazione di aree a diversa<br />

pericolosità, oltre che al<br />

successivo calcolo del rischio, è<br />

invece orientata essenzialmente<br />

a fornire gli elementi di base<br />

per le successive attività di pianificazione<br />

e progettazione di<br />

nuova realizzazione al fine di<br />

prevenire la creazione di nuove<br />

aree a rischio.<br />

L’individuazione delle aree a<br />

rischio idrogeologico porta alla<br />

redazione della carta del rischio<br />

idrogeologico che è una elaborazione<br />

prevista nella pianificazione<br />

stralcio di ciascuna Autorità<br />

di Bacino di cui si parlerà<br />

nel seguito. La carta del rischio<br />

idrogeologico prevede la definizione<br />

di alcune classi di rischio<br />

attraverso l’incrocio delle classi<br />

di pericolosità con gli elementi<br />

a rischio derivanti dalla carta di<br />

uso del suolo. Considerazioni<br />

di carattere più ampio della sola<br />

sovrapposizione delle carte di<br />

pericolosità con la carta degli<br />

elementi a rischio sono necessarie<br />

nella fase ulteriore della pianificazione<br />

degli interventi.<br />

Si noti, infine che la carta del<br />

rischio non sostituisce le mappature<br />

del rischio dei piani di<br />

protezione civile, pur costituendone<br />

un supporto essenziale,<br />

in quanto non viene elaborata<br />

ad una scala di sufficiente dettaglio,<br />

soprattutto per quanto<br />

riguarda la classificazione degli<br />

elementi a rischio. Ai piani di<br />

protezione civile a livello comunale<br />

spetta naturalmente il compito<br />

di individuare e dettagliare<br />

i singoli elementi presenti in<br />

relazione alle loro funzioni, alla<br />

loro destinazione d’uso e alla<br />

loro specifica vulnerabilità, e<br />

soprattutto di individuare le opportune<br />

misure (principalmente<br />

non strutturali) di gestione delle<br />

emergenze.<br />

Legislazione italiana ed europea:<br />

la situazione in Italia<br />

prima della direttiva alluvioni<br />

La legge fondamentale in tema<br />

di gestione del territorio è stata<br />

la legge 18 maggio 1989 n.<br />

Fig. 2 - Carta del rischio idraulico elevato e molto elevato di<br />

Aulla, elaborata dall’Autorità di bacino del Fiume Magra.<br />

183 “Norme per il riassetto<br />

organizzativo e funzionale della<br />

difesa del suolo” che ha identificato<br />

come unità territoriale di<br />

riferimento il bacino idrografico<br />

ed ha istituito le Autorità di<br />

Bacino allo scopo di facilitare<br />

il coordinamento e la cooperazione<br />

degli enti locali, delle<br />

autorità regionali e dello Stato<br />

per assicurare la difesa del suolo,<br />

inclusa la moderazione delle<br />

piene, e la corretta utilizzazione<br />

delle acque, integrata dal DL<br />

180/98 con lo scopo di accelerare<br />

l’attuazione della legge e<br />

colmare le lacune operative evidenziate<br />

dagli eventi disastrosi<br />

verificatisi a Sarno e Soverato.<br />

Il complesso assetto idro-morfologico<br />

italiano ha condotto<br />

alla identificazione di numerose<br />

(attualmente 47) Autorità di<br />

Bacino suddivise in:<br />

4 livello nazionale (Po, Adige,<br />

Alto Adriatico, Serchio,<br />

Arno, Tevere, Liri-Volturno<br />

Garigliano)<br />

4 livello interregionale<br />

4 livello regionale<br />

4 livello provinciale (Trento<br />

e Bolzano)<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 19


REPORT<br />

La superficie dei bacini idrografici<br />

varia da poche decine di migliaia<br />

di chilometri quadrati ai<br />

circa 70.000 chilometri quadrati<br />

del bacino del fiume Po, che<br />

risulta un’eccezione, essendo la<br />

maggioranza dei bacini italiani<br />

riferita a piccoli corsi d’acqua<br />

che defluiscono direttamente in<br />

mare.<br />

L’attuazione della Direttiva Quadro<br />

Acque 2000/60/CE, trasposta<br />

nell’ambito del cosiddetto<br />

Codice dell’Ambiente (Decreto<br />

Legislativo 3 aprile 2006 n.<br />

152), ha condotto all’aggregazione<br />

di questi bacini in 8 distretti<br />

idrografici (Figura 1).<br />

Il Decreto Legislativo 152/2006<br />

ha abrogato la Legge 183/89 e<br />

soppresso le Autorità di Bacino.<br />

Queste, tuttavia, continuano ad<br />

operare in regime di proroga ai<br />

sensi della Legge 13/2009 per le<br />

attività relative ai Piani di Bacino,<br />

nelle more della costituzione<br />

delle Autorità di Distretto.<br />

Il Piano di Bacino è stato individuato<br />

come lo strumento conoscitivo,<br />

normativo e tecnicooperativo<br />

di programmazione e<br />

pianificazione degli interventi<br />

necessari al raggiungimento<br />

degli obiettivi e può essere approvato<br />

anche per sottobacini<br />

o per stralci relativi a settori<br />

funzionali (difesa dalle inondazioni<br />

e dalle frane, risanamento<br />

delle acque, uso e gestione delle<br />

risorse idriche per un razionale<br />

sviluppo socio-economico,<br />

protezione dell’ambiente e del<br />

paesaggio). Il concetto di piano<br />

settoriale fu introdotto con un<br />

atto del 1993 a causa del rilevante<br />

numero di obiettivi e delle<br />

difficoltà di raggiungerli tutti<br />

in tempi brevi ed ha condotto<br />

alla realizzazione dei PAI Piani<br />

Stralcio d’Assetto Idrogeologico<br />

relativi alla gestione dei rischi<br />

di inondazioni e frane. Per la<br />

elaborazione dei piani la mappatura<br />

è stato uno strumento<br />

necessario per la visualizzazione<br />

delle aree soggette al rischio di<br />

inondazioni e per l’adozione di<br />

alcune delle misure strutturali<br />

di difesa quali arginature, vasche<br />

di laminazione, casse d’espansione<br />

e canali di diversione.<br />

La Legge n.267 del 1998, di<br />

conversione del cosiddetto<br />

“Decreto Sarno” DL 180/98,<br />

ha incentivato con rilevanti<br />

finanziamenti il completamento,<br />

da parte delle Autorità di<br />

Bacino, delle mappe dei rischi<br />

idraulico e geologico per l’intero<br />

territorio nazionale. Con un<br />

successivo atto (DPCM 29 settembre<br />

1998) sono state quindi<br />

fornite indicazioni tecniche per<br />

una realizzazione il più possibile<br />

coordinata ed omogenea delle<br />

mappe e dei piani da parte delle<br />

Autorità di Bacino. Ad esso si<br />

sono poi aggiunte le iniziative<br />

del Dipartimento per la Protezione<br />

Civile con la realizzazione<br />

delle strutture regionali e locali<br />

per la sorveglianza in tempo<br />

reale, lo sviluppo della modellistica<br />

previsionale e la pianificazione<br />

delle misure di emergenza<br />

(la Direttiva del Presidente del<br />

Consiglio dei Ministri del 27<br />

febbraio 2004 ha introdotto<br />

gli indirizzi operativi per la<br />

gestione dell’allertamento per<br />

il rischio idrogeologico ai fini<br />

di protezione civile). I Centri<br />

Funzionali regionali, organizzati<br />

nel Sistema nazionale di Protezione<br />

Civile, operano previsioni<br />

quantitative di precipitazioni,<br />

provvedono alla raccolta ed<br />

elaborazione di dati meteo-idrologici<br />

ed utilizzano modellistica<br />

di previsione di inondazioni<br />

in tempo reale per sviluppare<br />

sempre più efficaci ed efficienti<br />

operazioni di emergenza.<br />

La Direttiva Alluvioni<br />

Tra il 1998 ed il 2004, l’Europa<br />

è stata colpita da un centinaio<br />

di inondazioni gravi, comprese<br />

le catastrofiche inondazioni<br />

lungo i fiumi Danubio ed Elba<br />

nel 2002. Queste inondazioni<br />

hanno causato circa 700 morti,<br />

lo sfollamento di quasi un<br />

milione di persone e perdite<br />

economiche di beni assicurati<br />

per un totale che si aggira intorno<br />

ai 25 miliardi di euro. Preso<br />

atto della situazione e della necessità,<br />

quindi, di tenere conto<br />

con più incisività degli impatti<br />

delle inondazioni nello sviluppo<br />

della politica comunitaria in<br />

tema di acque, anche alla luce<br />

della natura transnazionale dei<br />

principali fiumi del continente<br />

europeo, la Commissione Europea<br />

ha emanato la Comunicazione<br />

2004/472 del 12 Luglio<br />

2004 “Gestione dei rischi di<br />

inondazione – Prevenzione,<br />

protezione e mitigazione delle<br />

inondazioni”.<br />

Successivamente, l’emanazione<br />

della Direttiva Europea<br />

2007/60/CE del Parlamento<br />

Europeo e del Consiglio del<br />

23 ottobre 2007 relativa alla<br />

valutazione e alla gestione dei<br />

rischi di alluvione, recepita con<br />

D.Lgs, 23 febbraio 2010 n. 49,<br />

ha inteso fornire indicazioni<br />

per ridurre le potenziali conseguenze<br />

negative delle inondazioni<br />

soprattutto sulla vita e la<br />

salute umana, sull’ambiente,<br />

sul patrimonio culturale e sulle<br />

attività economiche attraverso<br />

un processo graduale di attuazione<br />

che porti tutti gli Stati<br />

Membri ad un livello comparabile<br />

di protezione dal rischio di<br />

inondazioni e ad una effettiva<br />

capacità di coordinamento nella<br />

gestione del rischio stesso. La<br />

Direttiva è stata inserita nel<br />

contesto delle Direttive “figlie”<br />

della Direttiva Quadro delle<br />

Acque 2000/60/CE e, quindi,<br />

nella Strategia Comune di Attuazione<br />

della stessa.<br />

La Direttiva richiede che gli<br />

Stati Membri procedano con la<br />

realizzazione di tre strumenti:<br />

20 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>


REPORT<br />

1. la valutazione preliminare<br />

del rischio, prima scadenza<br />

il 2011, tesa a determinare<br />

il livello di rischio in ogni<br />

distretto idrografico o unità<br />

di gestione e ad individuare<br />

quelle aree per le quali<br />

elaborare le mappe della<br />

pericolosità e del rischio ed i<br />

piani di gestione del rischio<br />

di inondazioni.<br />

2. la mappatura del rischio,<br />

prima scadenza il 2013, che<br />

comprende le mappe della<br />

pericolosità e le mappe del<br />

rischio di inondazioni. Le<br />

mappe della pericolosità<br />

delimitano le aree potenzialmente<br />

inondabili secondo<br />

i tre diversi scenari previsti<br />

dalla Direttiva: inondazioni<br />

con una scarsa probabilità<br />

di accadimento (applicando)<br />

scenari di eventi estremi;<br />

inondazioni con una<br />

media probabilità (tempo di<br />

ritorno ³ 100 anni); inondazioni<br />

con elevata probabilità,<br />

qualora ritenuto opportuno.<br />

Le mappe di rischio<br />

indicano le conseguenze<br />

negative potenziali derivanti<br />

dalle inondazioni di scarsa,<br />

media ed elevata probabilità<br />

di accadimento espresse in<br />

termini di: numero degli<br />

abitanti potenzialmente<br />

interessati; tipo di attività<br />

economiche presenti nell’area<br />

soggetta all’inondazione;<br />

istallazioni che potrebbero<br />

causare inquinamenti nel<br />

caso fossero inondate (allegato<br />

I della Direttiva 96/61/<br />

CE sulla prevenzione e la<br />

riduzione integrate dell’inquinamento);<br />

aree protette<br />

potenzialmente interessate<br />

(allegato IV, paragrafo I,<br />

punti i), iii) e v) della Direttiva<br />

2000/60/CE); altre<br />

informazioni considerate<br />

utili quali l’indicazione delle<br />

aree in cui possono verificarsi<br />

alluvioni con elevato<br />

trasporto di sedimenti e<br />

colate detritiche nonché di<br />

altre notevoli fonti di inquinamento<br />

presenti nelle zone<br />

delimitate<br />

3. il piano di gestione del<br />

rischio di alluvioni, da<br />

completarsi entro il 2015,<br />

coordinato a livello di distretto<br />

idrografico o unità di<br />

gestione. I piani di gestione<br />

sono da predisporre sulla<br />

base delle mappe precedentemente<br />

elaborate e<br />

riguardano tutti gli aspetti<br />

della gestione del rischio di<br />

inondazioni e, in particolare,<br />

prevenzione, protezione<br />

e preparazione, comprese<br />

le attività di previsione ed i<br />

sistemi di allertamento.<br />

Sin dall’introduzione della<br />

Direttiva “Alluvioni” nel panorama<br />

normativo comunitario è<br />

stata evidente la esigua necessità<br />

di adattamento della normativa<br />

nazionale e dei prodotti già<br />

realizzati pur nella necessità di<br />

approfondimento di aspetti fino<br />

ad allora poco considerati. Agli<br />

Stati Membri è richiesto che<br />

siano esplicitati chiaramente i<br />

criteri adottati per la redazione<br />

dei programmi di misure<br />

inseriti nei piani di gestione e<br />

siano in ogni caso privilegiate<br />

le combinazioni di misure più<br />

efficaci dal punto di vista economico.<br />

La scelta delle decisioni<br />

deve essere accompagnata da<br />

un processo di partecipazione<br />

pubblica e di consultazione<br />

degli stakeholders perché ci sia<br />

condivisione e ripartizione delle<br />

responsabilità fra tutti i livelli<br />

istituzionali e si tenga conto di<br />

tutte le possibili implicazioni<br />

sociali di misure che possono<br />

avere un impatto rilevante sulla<br />

qualità della vita e sugli interessi<br />

di molte persone. A livello nazionale<br />

la partecipazione degli<br />

utenti si sta attuando principalmente<br />

con l’organizzazione<br />

di Forum e sarà facilitata dalla<br />

pubblicazione dei prodotti sviluppati<br />

sui siti web delle autorità<br />

responsabili.<br />

Rischio Idrogeologico:<br />

esperienze sul campo<br />

Nel quadro legislativo sopra<br />

delineato, l’ISPRA effettua<br />

un’attività di monitoraggio<br />

dell’attuazione degli interventi<br />

di mitigazione del rischio<br />

idrogeologico dalla quale sono<br />

emerse alcune importanti questioni<br />

su cui si vuole porre l’attenzione,<br />

quali l’urbanizzazione<br />

in aree golenali, l’ostruzione,<br />

riduzione e occlusione degli<br />

alvei e la declassificazione delle<br />

aree a rischio a seguito della realizzazione<br />

di opere di messa in<br />

sicurezza.<br />

Per un più agevole inquadramento<br />

delle problematiche<br />

evidenziate vengono di seguito<br />

riportati due casi-studio relativi<br />

rispettivamente ad un problema<br />

idraulico e ad uno geologico,<br />

ovvero l’alluvione di Aulla (MS)<br />

e la colata che ha investito Poggio<br />

Ferrato, nel comune di Val<br />

di Nizza (PV).<br />

L’alluvione di Aulla<br />

L’alluvione di Aulla, provincia<br />

di Massa Carrara, dell’ottobrenovembre<br />

2011 è l’esempio di<br />

un evento causato dall’urbanizzazione<br />

di un’area alluvionale<br />

(nel caso specifico quella del<br />

fiume Magra) destinata, invece,<br />

alla naturale espansione del fiume<br />

in fase di piena (Figura 2).<br />

Sulle province di La Spezia e<br />

Massa e Carrara il 25 ottobre<br />

2011 si riversarono delle precipitazioni<br />

intense, che alcuni<br />

pluviometri misurarono in<br />

542 mm di pioggia in sei ore.<br />

L’analisi dei dati pluviometrici<br />

storici disponibili evidenziarono<br />

però come l’area ligure e della<br />

Lunigiana fossero caratterizzate<br />

da molti eventi meteo-idrologici<br />

confrontabili, in termini di<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 21


REPORT<br />

quantità ed intensità di precipitazioni<br />

e di effetti al suolo prodotti,<br />

con quello dell’ottobrenovembre<br />

2011 che, quindi,<br />

può essere considerato tutt’altro<br />

che eccezionale.<br />

Il gran numero di dissesti idraulici<br />

e gravitativi, che causarono<br />

all’epoca 18 vittime e danni<br />

agli abitati ed alle infrastrutture<br />

nonché l’interruzione di collegamenti<br />

viari e ferroviari, con<br />

grave compromissione delle<br />

attività commerciali, industriali<br />

ed agricole delle zone interessate,<br />

furono attribuiti dai massmedia<br />

unicamente agli eventi<br />

pluviometrici molto intensi e<br />

concentrati.<br />

Fig. 3 - Aulla 1950. Immagine d’epoca dell’abitato prima<br />

dell’espansione urbanistica, che ha sottratto al fiume parte<br />

dell’area golenale. Si può osservare la vastità dell’area che<br />

sarà occupata dalla successiva urbanizzazione. Foto concessa<br />

da Regione Toscana ed Autorità di Bacino del fiume Magra.<br />

Fig. 4 - Aulla 1959. Foto scattata durante i primi lavori di costruzione<br />

del muro arginale in conglomerato cementizio non<br />

armato, che successivamente sarà rialzato due volte. L’opera è<br />

stata realizzata in area di pertinenza fluviale, per la protezione<br />

della futura area urbanizzata. Foto concessa da Regione Toscana<br />

ed Autorità di Bacino del fiume Magra.<br />

Le precipitazioni cadute sui versanti<br />

sicuramente innescarono<br />

forti fenomeni erosivi a carattere<br />

diffuso, con colate detritiche<br />

che molto velocemente si accumularono<br />

negli alvei o defluirono<br />

verso valle. I detriti già presenti<br />

in alveo e quelli lungo le<br />

superfici di scorrimento, ivi depositati<br />

a seguito di precedenti<br />

frane, contribuirono all’ingrossamento<br />

di tali colate, cosicché<br />

ingenti masse fluide raggiunsero<br />

velocemente i centri abitati<br />

ubicati nelle valli. Occorre, tuttavia,<br />

segnalare che l’alveo era<br />

stato completamente tombinato<br />

e trasformato in alveo-strada,<br />

determinando l’esondazione<br />

e lo scorrimento dell’onda di<br />

piena con trasporto di detriti,<br />

fango e materiale vario.<br />

Gli eventi meteo-idrologici e<br />

i conseguenti eventi di piena/<br />

esondazione come quello del<br />

novembre 2011 sono da considerarsi<br />

di riferimento nella definizione<br />

degli scenari di rischio<br />

geologico-idraulico per l’area<br />

ligure e della provincia di Massa<br />

Carrara e nella programmazione<br />

degli interventi di mitigazione.<br />

In quel particolare frangente<br />

l’abitato di Aulla ebbe i danni<br />

maggiori e risulta, quindi, di<br />

particolare interesse per la definizione<br />

delle problematiche che<br />

si stanno affrontando.<br />

L’abitato di Aulla si è sviluppato<br />

su un’area delimitata da tre<br />

corsi d’acqua: il Fiume Magra<br />

ad ovest, il Torrente Taverone<br />

a nord e il Torrente Aulella a<br />

sud. Per consentire l’espansione<br />

urbanistica della città verso il<br />

Fiume Magra, venne costruito<br />

alla fine degli anni ‘50 un muro<br />

d’argine in calcestruzzo non armato<br />

a gravità con la finalità di<br />

proteggere l’abitato dagli intensi<br />

fenomeni di erosione dei suddetti<br />

corsi d’acqua (Figure 3 e<br />

4), i quali, avendo un carattere<br />

fortemente torrentizio, alternano<br />

periodi di magra a improvvise<br />

e violente piene in occasione<br />

di eventi meteorologici sfavorevoli.<br />

Negli anni ’60 il muro<br />

venne rialzato due volte, fino a<br />

raggiungere l’altezza di circa 5<br />

m; tali lavori vennero eseguiti<br />

senza il necessario adeguamento<br />

delle fondazioni e con strati<br />

non collegati staticamente tra<br />

loro. Per dette caratteristiche il<br />

manufatto non può essere considerato<br />

un’opera stabile, anche<br />

in relazione all’elevato rischio<br />

sismico della Lunigiana, tanto<br />

che nei primi anni ‘90, in occasione<br />

di eventi di piena, crollarono<br />

due tratti del muro d’argine<br />

per effetto di processi erosivi<br />

del Fiume Magra, che scalzarono<br />

al piede le opere di fondazione.<br />

Inoltre, la costruzione del<br />

manufatto causò una notevole<br />

riduzione della sezione idraulica<br />

dell’alveo del fiume Magra<br />

e nel contempo l’espansione<br />

urbanistica venne realizzata con<br />

l’occupazione pressoché completa<br />

del terrazzo costituito dai<br />

depositi alluvionali recenti, che<br />

rappresenta una parte dell’alveo<br />

di piena del corso d’acqua. Le<br />

costruzioni realizzate comprendevano<br />

abitazioni private,<br />

edifici pubblici compreso il<br />

municipio, fabbricati destinati<br />

ad attività commerciali e produttive,<br />

linee di comunicazioni<br />

stradali e lifelines, aggravando il<br />

rischio, sia per l’incremento del<br />

valore dei beni e dei manufatti<br />

esposti, sia per l’aumento della<br />

densità di popolazione.<br />

Alcuni primi interventi furono<br />

predisposti dall’Ufficio del Genio<br />

Civile di Massa Carrara a<br />

seguito dei crolli degli anni ‘90,<br />

quali la ricostruzione dei settori<br />

d’argine crollati e la realizzazione<br />

di scogliere a salvaguardia<br />

delle fondazioni. Gli interventi,<br />

eseguiti in situazione di estrema<br />

emergenza e durante la piena<br />

del corso d’acqua, non ebbero<br />

purtroppo i risultati attesi.<br />

Durante le piogge del 2011<br />

22 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>


REPORT<br />

nell’abitato l’onda di piena<br />

raggiunse circa 6 m di altezza<br />

sul livello medio del fiume e,<br />

lungo il suo percorso, sommerse<br />

completamente i piani interrati<br />

e i primi piani di tutti gli edifici<br />

incontrati. Le opere idrauliche<br />

realizzate a protezione dell’abitato<br />

di Aulla dai fenomeni<br />

erosivi e alluvionali derivanti<br />

dalla dinamica fluviale del Fiume<br />

Magra, risultarono quindi<br />

inadeguate rispetto all’entità<br />

della piena verificatasi. (Figure<br />

5, 6 e 7).<br />

La colata di Poggio Ferrato<br />

I cambiamenti nell’uso del<br />

suolo e l’antropizzazione (soprattutto<br />

negli ultimi 50 anni)<br />

hanno implicazioni dirette sulla<br />

risposta all’azione erosiva dei<br />

versanti, soprattutto per quanto<br />

riguarda la degradazione meteorica<br />

e l’erosione diffusa delle<br />

acque dilavanti. La mancata<br />

pulizia dei fossi e dei rii, l’abbandono<br />

della pratica dei solchi<br />

trasversali (idrologia superficiale<br />

definita “stagionale”), l’eccessivo<br />

abbattimento delle alberature,<br />

il cambiamento della tipologia<br />

di lavorazione agraria, soprattutto<br />

con la meccanizzazione<br />

e della pratica dell’aratura e<br />

dell’erpiciatura a rittochino, le<br />

“ciglionature” quasi totalmente<br />

eliminate, con conseguente<br />

aumento delle pendenze medie<br />

dei versanti, sono i fattori che<br />

emergono e che hanno concorso<br />

all’aumento e alla accelerazione<br />

destabilizzante dei versanti, in<br />

particolare dove si sviluppano<br />

colate. Al pari di qualsiasi tipo<br />

di intervento strutturale, per<br />

una efficace azione preventiva<br />

e di mitigazione del rischio di<br />

dissesto idrogeologico, l’uso<br />

del suolo riveste una rilevanza<br />

determinante e quindi la suddivisione<br />

del territorio, in particolare<br />

di quello agricolo, in “zone<br />

con diversi gradi di limitazioni<br />

in relazione al loro stato di stabilità<br />

idrogeologica”, risulta essere<br />

un intervento sicuramente<br />

necessario.<br />

Un esempio di tali problematiche<br />

è, tra gli altri, la colata<br />

di Poggio Ferrato (Figura 8),<br />

nel comune di Val di Nizza. Il<br />

progressivo abbandono delle attività<br />

agricole e la modifica delle<br />

colture prevalenti dal dopoguerra<br />

ad oggi (si è vista l’alternanza<br />

tra foraggio - prevalente negli<br />

anni ‘70-’80 - e cereali - prevalenti<br />

negli anni ‘30) ha determinato<br />

cambiamenti significativi<br />

nei parametri della idrologia e<br />

della morfometria fluviale, quali<br />

Fig. 5 - Elaborazione tra due rilievi Lidar di Aulla, prima e<br />

dopo l’evento. In rosso sono indicati i depositi ed in verde le<br />

erosioni provocate dalla piena. Fonte: Regione Toscana ed<br />

Autorità di Bacino del fiume Magra.<br />

frequenza e densità di drenaggio,<br />

indice di biforcazione, densità<br />

della rete idrografica, nonché<br />

un aumento medio della<br />

pendenza dei versanti, in misura<br />

tale da condizionarne l’erodibilità<br />

e favorire un aumento<br />

dell’attività di degradazione meteorica<br />

soprattutto in termini di<br />

erosione diffusa e concentrata.<br />

Fig. 6 e 7 - Immagini della piana alluvionale del Fiume Magra nel tratto adiacente all’abitato di Aulla, riprese rispettivamente da valle e da monte. La porzione di<br />

abitato sviluppatasi dopo gli anni ‘50, venne realizzata sull’area golenale del fiume ed è in una condizione di rischio idraulico molto elevato. Foto Archivio ISPRA.<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 23


REPORT<br />

Fig. 8 - Frana rototraslativa che evolve in colata nella parte<br />

medio-terminale. Si nota l’accumulo del corpo di frana di forma<br />

allungata e che si apre a ventaglio nella parte terminale assumendo<br />

un aspetto tipico di conoide. Foto archivio ISPRA.<br />

L’attività di creep ne è la conseguenza<br />

più tangibile e diffusa.<br />

(Figure 9, 10, 11 e 12).<br />

Nella stessa area l’amministrazione<br />

comunale ha predisposto<br />

opere di drenaggio ma il fine<br />

ultimo non deve essere una declassificazione<br />

dell’area ad una<br />

classe di rischio inferiore, come<br />

già accaduto in altri ambiti<br />

italiani, con il fine di redigere<br />

piani urbanistici complessi di<br />

edilizia popolare a monte della<br />

corona di frana. A tal fine si<br />

ricorda che per una struttura<br />

civile la progettazione prevede<br />

Fig.10 - Nella foto sono in evidenza la colata (in rosso), gli orli di degradazione<br />

attivi (in rosso), i movimenti gravitativi di creep (in verde) e il limite (in viola) tra<br />

il Complesso Caotico e il Complesso Indifferenziato; con la freccia gialla è evidenziato<br />

il salto di pendenza e la gola provocato dal diverso grado di erodibilità tra le<br />

due litologie. Foto archivio ISPRA.<br />

Fig. 9 - Riattivazioni di parti e porzioni di fenomeni gravitativi quiescenti mediante creep; se in<br />

passato interessavano spessori solitamente modestissimi, nel tempo hanno interessato porzioni di<br />

territorio consistenti fino alle decine di ettari. Foto archivio ISPRA.<br />

una vita utile che nel caso di<br />

abitazioni è di 200 anni, di<br />

gran lunga superiore a quella<br />

dei drenaggi, che rispondono in<br />

maniera ottimale nei limiti dei<br />

15 anni. La presenza degli abitati<br />

variano, quindi, le condizioni<br />

al contorno sulle quali era<br />

stato calcolato il coefficiente di<br />

sicurezza dell’opera di drenaggio.<br />

In tal caso la pericolosità<br />

del territorio, rimarrebbe alta e,<br />

con la declassificazione e conseguente<br />

pianificazione urbanistica,<br />

aumenterebbe il fattore di<br />

rischio.<br />

Nei più recenti indirizzi relativi<br />

agli interventi di mitigazione<br />

del rischio da frana e colata<br />

sono stati preferiti<br />

criteri tesi<br />

ad assecondare<br />

l’evoluzione<br />

naturale del<br />

territorio<br />

piuttosto che<br />

miranti ad un<br />

irrigidimento<br />

o ad una “gessazione”<br />

del<br />

territorio, ritenendo<br />

ciò più<br />

efficacie per il<br />

consolidamento<br />

dei dissesti e<br />

per un miglior<br />

sfruttamento agro-forestale<br />

del territorio che garantisce,<br />

nel contempo, una generale<br />

stabilizzazione dei versanti. Il<br />

processo di svuotamento del<br />

serbatoio che alimenta la colata<br />

è ancora in essere e l’evoluzione<br />

retrogressiva della stessa minaccia<br />

l’abitato di Poggio Ferrato.<br />

Appare quindi complementare<br />

anche la realizzazione di paratie,<br />

ipotizzata in passato; mentre<br />

i pozzi drenanti già realizzati<br />

sembrano soddisfare le necessità<br />

di stabilizzare il corpo di<br />

frana da un lato e di mitigare il<br />

processo di alimentazione della<br />

colata dall’altro. La regimazione<br />

e l’allontanamento dal corpo<br />

di frana delle acque meteoriche<br />

per evitare la saturazione della<br />

massa movimentata e la realizzazione<br />

di strutture dinamiche<br />

di contenimento sono stati<br />

ritenuti interventi prioritari<br />

assieme alle opere per la sistemazione<br />

complessiva del bacino<br />

in frana che, data la vocazione<br />

agricola della zona, potrebbero<br />

consistere nella piantumazione<br />

di essenze arboree e arbustive e<br />

nel rinverdimento mediante la<br />

realizzazione di viminate attive<br />

per un rimodellamento dei versanti.<br />

I canali drenanti eseguiti<br />

nelle diverse fasi, seppur neces-<br />

24 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>


REPORT<br />

Fig. 11 - Versante coltivato lungo la strada provinciale 155 di Poggio Ferrato.<br />

sari, non sono risultati esaustivi<br />

rispetto ad un intervento teso<br />

a mitigare il reale motivo delle<br />

riattivazioni dovute alla rottura<br />

di pendenza come la realizzazione<br />

di un muro di contenimento<br />

e gabbionate, tesi appunto a<br />

contenere le argille.<br />

Conclusioni<br />

La mitigazione del rischio funziona<br />

se viene fatta un’opera<br />

che diminuisce la pericolosità<br />

o riduce il bene esposto. Nel<br />

momento in cui a valle dell’intervento<br />

poi si procede con la<br />

declassificazione dell’area con<br />

l’intento di renderla disponibile<br />

ad un nuovo sviluppo<br />

territoriale, occorrerà conseguentemente<br />

provvedere ad<br />

una nuova progettazione per la<br />

mitigazione del rischio dovuto<br />

alle nuove condizioni. È evidente<br />

la centralità rivestita dalla<br />

classificazione delle aree in termini<br />

di pericolosità e rischio, la<br />

quale, tuttavia, risulta materia<br />

delicata proprio per il carattere<br />

qualitativo del metodo adottato<br />

per la determinazione del rischio.<br />

Contrariamente a quanto<br />

si potrebbe infatti pensare, la<br />

costruzione di opere volte a<br />

contenere i potenziali “elementi<br />

di pericolosità” del territorio<br />

(come ad esempio gli argini<br />

lungo un corso d’acqua) non<br />

giustifica necessariamente la<br />

collocazione dello stesso in una<br />

classe di rischio inferiore a quella<br />

precedentemente attribuita.<br />

La valutazione del rischio deve<br />

prendere in esame non solo la<br />

probabilità che un evento accada,<br />

che dovrebbe diminuire a<br />

seguito degli interventi, ma anche<br />

e soprattutto del danno che<br />

lo stesso evento provocherebbe.<br />

Da un punto di vista generale<br />

si può evidenziare che, in tutti i<br />

casi osservati, il fattore comune<br />

è dato da una limitata estensione<br />

dei bacini, accompagnata<br />

dall’alta energia dei versanti, da<br />

un profilo acclive del corso fluviale<br />

e da uno sviluppo urbanistico<br />

che non ha tenuto adeguatamente<br />

conto delle pericolosità<br />

geologiche del territorio. Sono<br />

riconducibili a questo aspetto<br />

la frequente trasformazione dei<br />

tratti terminali dei torrenti in<br />

“alvei-strada” e la densa urbanizzazione<br />

che ha occupato aree<br />

costiere ed alluvionali; a questo<br />

si aggiungono l’abbandono<br />

delle aree forestali e dei terrazzamenti<br />

agricoli, nonché le modifiche<br />

apportate alla dinamica<br />

fluviale, tutti fattori che, nel<br />

loro insieme, concorrono a definire<br />

un quadro generale di alta<br />

vulnerabilità.<br />

Con particolare riferimento al<br />

rischio idraulico, vi sono così<br />

strette interconnessioni tra i<br />

processi di attuazione delle Direttive<br />

2000/60/CE e 2007/60/<br />

CE e dei rispettivi piani di gestione<br />

che molti paesi europei<br />

hanno già incluso le misure di<br />

prevenzione contro le alluvioni<br />

nei primi piani di bacino previsti<br />

dalla Direttiva Quadro sulle<br />

Acque per il periodo 2009-<br />

2015 ed una forte integrazione<br />

fra i due piani è attesa dalla<br />

Commissione Europea vista la<br />

contemporanea scadenza, fissata<br />

al 2015, per la presentazione<br />

del secondo piano di gestione<br />

per la protezione delle acque<br />

e l’uso sostenibile delle risorse<br />

idriche e per quella del primo<br />

piano di gestione del rischio<br />

alluvioni.<br />

Poiché i fenomeni idrologici<br />

estremi possono provocare gravi<br />

danni alla salute dell’uomo,<br />

all’ambiente, alle attività economiche<br />

e alla conservazione del<br />

patrimonio culturale, entrambe<br />

le direttive 2000/60/CE e<br />

2007/60/CE si fondano sulla<br />

gestione integrata dell’acqua,<br />

vale a dire su un sistema sostenibile<br />

di sviluppo delle risorse<br />

idriche che tenga conto di tutti<br />

gli aspetti ambientali, sociali<br />

ed economici della politica di<br />

tutela e utilizzo di questo bene<br />

naturale, essenziale per la vita<br />

su questo pianeta.<br />

E’, infatti, di fondamentale importanza<br />

per il nostro Paese che<br />

tutti gli enti responsabili coin-<br />

Fig. 12 - Particolare dell’orlo di scarpata (in rosso) di degradazione della mud-flow di Poggio<br />

Ferrato. (foto settembre 2000). Foto archivio ISPRA.<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 25


REPORT<br />

volti ai vari livelli di competenza<br />

nella valutazione e gestione<br />

del rischio idraulico riescano a<br />

fare sistema comune fra loro e<br />

con le istituzioni comunitarie<br />

e siano in grado di esplicitare<br />

una proficua sinergia utile a<br />

superare tutte quelle difficoltà<br />

di coordinamento che, troppo<br />

spesso, hanno minato molti<br />

degli adempimenti giuridicoamministrativi<br />

che ci derivano<br />

dalla nostra appartenenza alla<br />

Comunità Europea.<br />

Un’ attività di particolare interesse<br />

ed utilità, al fine di utilizzare<br />

le risorse disponibili, compresi<br />

i fondi comunitari, sarebbe<br />

l’approfondimento dello studio<br />

degli eventuali indicatori per<br />

la mitigazione del rischio. Ci si<br />

riferisce, ad esempio, a quelli<br />

che potrebbero essere consigliati<br />

nelle linee guida del Ministero<br />

dello Sviluppo Economico<br />

relativamente alla valutazione<br />

degli interventi finanziati con i<br />

fondi strutturali 2014-20 in cui<br />

potrebbe sembrare naturale ma<br />

controproducente che, per misurare<br />

l’efficacia dei soldi spesi<br />

per il contenimento (efficacia<br />

delle policy), un indicatore<br />

possibile derivi eventualmente<br />

dalla declassificazione dell’area<br />

interessata dall’intervento di mitigazione<br />

del rischio.<br />

E non si può certo affermare<br />

che non sia di primaria importanza,<br />

nell’azione amministrativa<br />

pubblica, il tema della puntuale<br />

e corretta valutazione del<br />

rischio di inondazioni. Saper<br />

prevenire tali calamità ed essere<br />

in grado di gestire rischi ed<br />

eventuali emergenze rappresenta<br />

non soltanto un’interessante<br />

sfida professionale per la comunità<br />

dei ricercatori e dei tecnici<br />

di settore ma una precisa e ben<br />

definita responsabilità da parte<br />

di chi opera nelle amministrazioni<br />

pubbliche competenti nel<br />

garantire tale essenziale servizio<br />

al cittadino.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

Atto MATTM- DG Tutela del Territorio e Risorse Idriche “Indirizzi Operativi per l’attuazione della Direttiva<br />

2007/60/CE relativa alla valutazione ed alla gestione dei rischi da alluvioni con riferimento alla<br />

predisposizione delle mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni (Decreto Legislativo n. 49/2010)”.<br />

Gennaio 2013<br />

Comunicazione COM(2004)472 definitivo del “Gestione dei rischi di inondazione – Prevenzione, protezione<br />

e mitigazione delle inondazioni”. Bruxelles, 12 luglio 2004<br />

Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” (Codice Ambientale). Gazzetta<br />

Ufficiale n.88 del 14 aprile 2006 - Suppl. Ordinario n. 96<br />

Decreto Legislativo 23 febbraio 2010, n. 49 “Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione<br />

e alla gestione dei rischi di alluvioni”. Gazzetta Ufficiale n.77 del 2 aprile 2010<br />

Decreto Legislativo 10 dicembre 2010 n. 219 “Attuazione della direttiva 2008/105/CE relativa a standard<br />

di qualità ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione<br />

delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE, nonché modifica<br />

della direttiva 2000/60/CE e recepimento della direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla<br />

direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque”.<br />

Gazzetta Ufficiale n.296 del 20 dicembre 2010<br />

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 settembre 1998 "Atto di indirizzo e coordinamento<br />

per l'individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all'art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 11<br />

giugno 1998, n.180". Gazzetta Ufficiale n. 3 del 5 gennaio 1999<br />

Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2004 “Indirizzi operativi per la gestione<br />

organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale, statale e regionale per il rischio idrogeologico<br />

ed idraulico ai fini di protezione civile”. Gazzetta Ufficiale dell’11 marzo 2004 n. 59 e testo coordinato<br />

con le modifiche introdotte dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 25 febbraio<br />

2005 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’ 8 marzo 2005, n. 55<br />

Direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 che istituisce un quadro<br />

per l'azione comunitaria in materia di acque. Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 22.12.2000<br />

Direttiva 2007/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007 relativa alla valutazione<br />

e alla gestione dei rischi di alluvione. Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 6 novembre 2007<br />

Greco M., Marasciulo T., Pasquarè F.A., Pistocchi L. Serva L., Spiniello O. Rivista Geologia Tecnica e<br />

Ambientale 3/2003. La colata di Poggio Ferrato (PV): analisi dei fattori all’origine del dissesto e ipotesi di<br />

lavoro per la mitigazione del rischio. Marzo 2003.<br />

Legge 18 maggio 1989, n. 183 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo”.<br />

Gazzetta Ufficiale n.120 del 25 maggio1989 - Suppl. Ordinario n. 38<br />

Legge 3 agosto 1998, n. 267 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 giugno 1998,<br />

n. 180, recante misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite<br />

da disastri franosi nella regione Campania”. Gazzetta Ufficiale n.183 del 7 agosto 1998<br />

Monacelli G. “I piani di gestione del Rischio di Alluvioni. Stato di attuazione” – Rivista L’Acqua n.5/6<br />

2013<br />

Legge 27 febbraio 2009, n. 13, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre<br />

2008, n. 208, recante misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell'ambiente".<br />

Gazzetta Ufficiale n. 49 del 28 febbraio 2009<br />

Manuali e Linee Guida ISPRA Barbano A., Braca G., Bussettini M., Dessì B., Inghilesi R., Lastoria B.,<br />

Monacelli G., Morucci S., Piva F., Sinapi L., Spizzichino D. “Proposta metodologica per l’aggiornamento<br />

delle mappe di pericolosità e di rischio. Attuazione della Direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e<br />

alla gestione dei rischi da alluvione”. ISPRA Manuali e Linee Guida 82/2012_ ISBN 978-88-448-0571-5<br />

Rapporto ISPRA “Verso il recepimento della Direttiva 2007/60/CE: analisi della situazione attuale della<br />

pianificazione e della gestione del rischio di inondazione e proposta per la richiesta delle deroghe ex<br />

art.13”. Luglio 2009<br />

Rapporto Tecnico ISPRA. REPORT. Berti D., Silvestri S., Spiniello O. Sezione 5 Lunigiana Maggio<br />

2012. Dipartimento Difesa del Suolo<br />

Varnes, D.J. e IAEG, 1984. Landslide hazard zonation: a review of principles and practice, UNESCO,<br />

Paris France, ISBN 92-3-101895-7, pp. 63<br />

NOTA DELLA REDAZIONE<br />

Il presente articolo è precedentemente uscito sulla rivista numero 3/14 del Quaderno IoRoma.<br />

PAROLE CHIAVE<br />

Dissesto idrogeologico; mitigazione; rischio; normativa; attuazione<br />

ABSTRACT<br />

The prevention of hydrogeological instability is a priority for the country, as is evident from the many recent<br />

events that, despite involving territorially restricted areas, have caused significant damage and loss of life. Therefore,<br />

it is necessary to reflect on the measures - structural and not - undertaken to mitigate the risk, taking also<br />

inspiration from the opportunities offered by the European legislation currently being implemented in Italy.<br />

The article examines two case studies, a flood of Aulla and Poggio Ferrato, as examples of some problems of<br />

the national territory.<br />

AUTORE<br />

Giuseppina Monacelli,<br />

Olimpia Spiniello<br />

olimpia.spiniello@isprambiente.it<br />

ISPRA<br />

26 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>


REPORT<br />

Soluzioni e Tecnologie<br />

Geografiche per<br />

la Trasformazione<br />

Digitale<br />

www.esriitalia.it<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 27


TELERILEVAMENTO<br />

MERCATO<br />

ITALIA - GEOLOGIA IN 3D”: RITORNO AL FUTURO<br />

L’Italia ha una antica tradizione nella modellistica geologica, che si può far risalire ai primi<br />

decenni del XX secolo, quando il R. Ufficio Geologico e l’Istituto Geografico Militare realizzarono<br />

modelli geologici in tre dimensioni su diversi supporti, soprattutto bronzo e gesso.<br />

Distribuiti in diverse sedi, al Servizio Geologico d’Italia – ISPRA, all’IGMI, al Museo<br />

Capellini a Bologna, in molte sedi universitarie,<br />

questi plastici offrono una immediata chiave di<br />

lettura dei caratteri geologico-geomorfologici del<br />

territorio, e furono destinati a esposizioni museali<br />

oppure a laboratori didattici.<br />

Questa tradizione si è persa nel tempo, sia per<br />

la perdita delle specifiche professionalità che,<br />

probabilmente, per gli elevati costi di produzione.<br />

Oggi, questa attività è stata ripresa con<br />

la realizzazione di una originale carta geologica<br />

in 3D dell’intero territorio nazionale, alla scala<br />

1:1.250.000; questo plastico, unico nel suo genere,<br />

rappresenta la sintesi più moderna degli<br />

aspetti geologici e morfologici del territorio italiano.<br />

La legenda è strutturata distinguendo gli ambiti<br />

deposizionali (sedimentario, magmatico e metamorfico)<br />

e suddividendo le unità in base alle<br />

analogie litologico-cronologiche, accorpando le<br />

singole formazioni in “successioni”. L’uso accurato dei colori permette di differenziare<br />

con facilità i domini geologico-strutturali consentendo una lettura immediata e una distinzione<br />

degli ambiti orogenetici.<br />

Oltre alla parte continentale, sono stati modellati in rilievo anche i fondali marini, comprensivi<br />

degli elementi strutturali che evidenziano, e differenziano, le strutture di origine<br />

tettonica da quelle di origine vulcanica.<br />

Nel plastico sono rappresentati anche gli elementi strutturali profondi, che caratterizzano<br />

il fronte delle catene alpina e appenninica.<br />

Il tematismo geologico sovrapposto al modello 3D del territorio offre una chiave di lettura<br />

molto significativa, che permette di evidenziare e comprendere con immediatezza il<br />

rapporto tra i caratteri geologici e alcuni importanti elementi morfologici.<br />

A margine, una serie di blocchi diagrammi illustrano i meccanismi dei principali elementi<br />

strutturali e dei sistemi deposizionali, rendendo il plastico adatto anche per un uso didattico.<br />

Il plastico, la cui realizzazione è stata coordinata scientificamente da Corrado Venturini<br />

(BiGeA - Università di Bologna) e Marco Pantaloni (Servizio Geologico d’Italia - ISPRA),<br />

è stato realizzato da Global Map - S.EL.CA., società leader nella cartografia tradizionale<br />

e in rilievo.<br />

Maggiori informazioni sul sito: http://global-map.it/it/<br />

Marco Pantaloni<br />

MONITORAGGIO 3D<br />

GIS E WEBGIS<br />

www.gter.it<br />

info@gter.it<br />

28 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong><br />

GNSS<br />

FORMAZIONE<br />

RICERCA E INNOVAZIONE


MERCATO<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°1-<strong>2018</strong> 29


REPORT<br />

Nuove Prospettive Tecnologiche<br />

e di Servizio per l’Areospazio<br />

di Giovanni Nicolai<br />

I progressi nella tecnologia hanno spinto<br />

la comunità spaziale a concentrarsi<br />

sulla miniaturizzazione dei satelliti<br />

convenzionali, rendendo i piccoli satelliti<br />

sempre più popolari ogni giorno e negli<br />

Figura 1 - Da Geospatial World April 2016.<br />

ultimi anni sono stati lanciati diversi<br />

piccoli satelliti (nano,micro e mini) la cui<br />

caratterizzazione è mostrata in Figura 1.<br />

Queste piccole missioni<br />

sono attraenti a causa<br />

della loro riduzione di<br />

budget e tempi di sviluppo.<br />

E ora il termine piccolo satellite<br />

non implica unicamente il<br />

satellite educativo o ricreativo<br />

ma si estende a prospettive<br />

commerciali e di business per<br />

un gran numero di industrie<br />

e grandi aziende di servizio<br />

tra cui Google e Space X. La<br />

diffusione dei piccoli satelliti,<br />

Fig. 2 – Nano Sat.<br />

unitamente al miglioramento<br />

tecnologico dei payload<br />

e alla miniaturizzazione dei<br />

satelliti, ha aperto nuove<br />

opportunità commerciali per<br />

i servizi di telecomunicazione e<br />

osservazione della Terra.<br />

Contrariamente alla loro dimensione,<br />

la quantità di dati<br />

acquisita da questi piccoli satelliti<br />

è grande e sempre crescente.<br />

I sistemi esistenti di aggregazione<br />

dei dati come Copernicus o<br />

GEOSS beneficeranno direttamente<br />

di un aumento dei dati<br />

dalla capacità di trasmissione<br />

dei micro-satelliti. Ciò avrà un<br />

impatto sulla quantità di dati<br />

disponibili per alcune applicazioni<br />

come il cambiamento<br />

climatico, il monitoraggio delle<br />

risorse agricole e dell’inquinamento.<br />

I piccoli satelliti sono dislocati<br />

su orbite basse LEO (Low<br />

Earth Orbit) tra 400 Km e<br />

800 Km rispetto alla superficie<br />

terrestre ed hanno un tempo<br />

di visibilità dalla stazione di<br />

terra ricevente nell’ordine di<br />

8-15 minuti. In questo breve<br />

periodo, tutte le informazioni<br />

raccolte lungo un’orbita piena<br />

devono essere scaricate alla<br />

stazione di terra. Il collo di<br />

bottiglia di questo sistema è la<br />

velocità con cui i dati raccolti<br />

vengono trasmessi al recettore<br />

del segmento del terreno.<br />

La Bit Rate di trasmissione<br />

massima raggiunta ad oggi da<br />

queste missioni di nano e micro<br />

satelliti è di circa 100 Mbps. La<br />

frequenza più utilizzata per la<br />

trasmissione dei dati è la banda<br />

X a 7-8 GHz mentre la banda S<br />

è stata normalmente utilizzata<br />

per telemetria e telecomando e<br />

per il controllo di assetto.<br />

Quindi c’è grande sviluppo di<br />

tecnologie COTS 1 (Commercial<br />

Off The Shelf) per aumentare<br />

la capacità di trasmissione<br />

fino a 500-1000 Mbps anche<br />

a bordo di tali piccoli satelliti<br />

mediante:<br />

4Standardizzazione di Nano<br />

satelliti;<br />

4Utilizzo di bande di frequenza<br />

meno affollate quale la<br />

banda Ka (26 GHz) e tecnologie<br />

SDR2;<br />

4Utilizzo di tecnologie fotoniche<br />

per l’elaborazione a<br />

bordo del segnale e di sistemi<br />

di trasmissione ottica del<br />

segnale;<br />

30 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>


REPORT<br />

4Utilizzo di sensori/telecamere<br />

ad alta definizione.<br />

Un altro aspetto importante di<br />

questa rivoluzione tecnologica<br />

è l’integrazione di questi piccoli<br />

satelliti e loro costellazioni con<br />

la rete mobile terrestre 4G/5G<br />

per fornire servizi quali:<br />

4Disseminazione dei Dati verso<br />

utenza finale;<br />

4Realizzazione di Centri<br />

Servizi integrati con la Rete<br />

5G;<br />

4Applicazioni Android per la<br />

disseminazione dei Dati.<br />

Standardizzazione di<br />

NanoSatelliti<br />

Proprio come gli smartphone,<br />

i satelliti stanno diventando<br />

sempre più piccoli e migliori. I<br />

Nanosatelliti oggi possono fare<br />

quasi tutto ciò che un satellite<br />

convenzionale fa, e anche a una<br />

frazione del costo. E sebbene<br />

nessuno contesta che i piccoli<br />

satelliti non possono sostituire i<br />

più grandi satelliti convenzionali<br />

a causa della risoluzione pura<br />

di pixel che quest’ultima offre,<br />

sia organizzazioni governative<br />

che start-up stanno cercando di<br />

ottenere un pezzo della torta anche<br />

di piccole dimensioni. Solo<br />

nel 2016 sono stati lanciati circa<br />

300 satelliti con peso compreso<br />

tra 1 e 50 kg.<br />

La realizzazione ed il successo<br />

di satelliti basati su componenti<br />

commerciali è un primo indizio<br />

comunque della necessità di un<br />

cambio di tecnologie. Le varie<br />

iniziative private negli Stati<br />

Uniti, tese sia a ridurre drasticamente<br />

il costo di lancio dei satelliti<br />

che a diminuirne il costo<br />

del ciclo di vita, hanno portato<br />

alla standardizzazione dei satelliti<br />

CubeSat che rientrano nella<br />

tipologia dei NanoSat (vedi<br />

Figura 3).<br />

I Nano Satelliti sono nati come<br />

uno strumento di grande utilità<br />

nei progetti di didattica<br />

avanzata nel settore<br />

spaziale ma, grazie alla<br />

continua miniaturizzazione<br />

delle componenti<br />

elettroniche, hanno<br />

presto cominciato ad<br />

avere capacità simili a<br />

quelle dei satelliti più<br />

grandi e hanno attratto<br />

l’attenzione di altri soggetti<br />

del mondo aerospaziale<br />

per applicazioni<br />

di Tele Comunicazione<br />

e Osservazione della<br />

Terra.<br />

Il breve tempo che passa<br />

dal progetto alla realizzazione di<br />

un micro satellite consente di<br />

utilizzare componenti e carichi<br />

utili allo stato dell’arte. Inoltre<br />

la standardizzazione, in particolare<br />

nella classe Cubesat, ha<br />

prodotto due grandi vantaggi:<br />

innanzitutto l’esistenza di una<br />

vasta comunità di operatori che<br />

lavora sulla stessa piattaforma<br />

e affronta problemi simili offrendo<br />

soluzioni che vengono<br />

ampiamente condivise via web.<br />

Un secondo vantaggio è che la<br />

standardizzazione ha prodotto<br />

automatismi nell’integrazione<br />

nei lanciatori. Esistono diversi<br />

lanciatori (Vega, PSLV, Dniepr)<br />

che accettano cubesat anche a<br />

pochi mesi dal lancio se questi<br />

vengono rilasciati dal sistema<br />

standard (il PPOD).<br />

Le controindicazioni sono legate<br />

soprattutto alle<br />

potenze elettriche<br />

che possono essere<br />

rese disponibili<br />

(piccoli satelliti =<br />

poca superficie per<br />

i pannelli solari) un<br />

punto critico è proprio<br />

la mancanza di<br />

lanciatori dedicati.<br />

Attualmente il lancio<br />

di Nano Satelliti<br />

è subordinato alle<br />

esigenze dei carichi<br />

principali.<br />

Fig. 3- Standard CubeSat.<br />

Constellazioni di NanoSatelliti<br />

Un esempio di costellazione<br />

di CubeSat è fornito da Planet<br />

Labs che è una società privata<br />

per la raccolta delle immagini<br />

della terra con sede a San<br />

Francisco. L›azienda progetta<br />

e produce satelliti in miniatura<br />

Triple-CubeSat (3U) che vengono<br />

rilasciati in orbita bassa<br />

(LEO) da lanciatori non dedicati<br />

con altre missioni principali<br />

a bordo.<br />

Ogni satellite di osservazione<br />

(Cubesat 3U) analizza continuamente<br />

la Terra ed invia i<br />

dati una volta che passa sopra<br />

Fig. 4- Tipologia Satelliti CubeSat.<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 31


REPORT<br />

Fig. 5- Planet CubeSat.<br />

una stazione di<br />

terra. Insieme i<br />

satelliti formano<br />

una costellazione che<br />

fornisce un’immagine<br />

completa della Terra ad una risoluzione<br />

ottica di 3-5 metri.<br />

Piccole dimensioni e un costo<br />

relativamente basso hanno<br />

consentito all’azienda di prototipare<br />

e testare nuovi progetti,<br />

evitando la perdita di un patrimonio<br />

importante nel caso<br />

di fallimento di un lanciatore<br />

satellitare.<br />

Le immagini raccolte dai satelliti<br />

Cubesat 3U (chiamati<br />

Doves) forniscono informazioni<br />

up-to-date rilevanti per il monitoraggio<br />

del clima, le previsioni<br />

per l’agricoltura, la pianificazione<br />

urbana e per far fronte ai<br />

disastri.<br />

Fig. 6- Sistema di Comunicazione a 26 GHz (Estratto<br />

dal rapporto finale 2016-11-18_LEO26SG).<br />

Planet Labs ha lanciato dal<br />

2010, quando è nata, circa 100<br />

satellite cubesat 3U di cui sono<br />

oggi operativi circa 30, considerando<br />

una vita media di 3 anni<br />

dei Cubesat 3U.<br />

Utilizzo della Banda KA<br />

e tecnologie SDR<br />

Sull’utilizzo di nuove tecnologie<br />

COTS applicabili ai NanoSat<br />

si segnalano, per applicazioni<br />

di Osservazione della Terra EO<br />

(Earth Observation), gli avanzati<br />

sviluppi nei seguenti campi:<br />

4 Banda Ka a 26 GHz in<br />

quanto è meno congestionata<br />

e fornisce una larghezza di<br />

banda 4 volte maggiore della<br />

banda X. Il rapporto finale del<br />

gruppo di esperti 2016-11-18_<br />

LEO26SG dice: “La frequenza<br />

di 26 GHz è un’opzione valida<br />

per comunicazioni dirette a terra<br />

da veicoli spaziali a orbita bassa<br />

(LEO). I pianificatori di missione<br />

possono trascurare la frequenza<br />

di 26 GHz a causa della non<br />

familiarità, dei rischi percepiti o<br />

della facilità di implementazione<br />

di una missione utilizzando un<br />

approccio standard. Non avendo<br />

preso in considerazione l’utilizzo<br />

della banda a 26 GHz, però, le<br />

missioni potrebbero mancare le<br />

opportunità offerte da frequenza<br />

più alte”. Le funzioni generiche<br />

di un sistema di comunicazione<br />

a 26 GHz sono illustrate nello<br />

schema a blocchi di Figura 6<br />

(estratto dal rapporto finale<br />

2016-11-18_LEO26SG).<br />

Fig. 7- Diagramma Radiazione<br />

Antenna 26 GHz.<br />

Su programmi ESA si stanno<br />

sviluppando antenne compatte<br />

Ka (antenne patch array con dimensioni<br />

20x20 mm) e apparati<br />

RF a basso costo (LNA [Low<br />

Noise Amplifier] e SSPA [Solid<br />

State Power Amplifier]) da installare<br />

sui satelliti NanoSat per<br />

illuminare la stazione ricevente<br />

terrestre con larghezze di fascio<br />

sufficienti (vedi Figura 6) durante<br />

il passaggio in visibilità<br />

sull’orbita LEO (8-15 minuti);<br />

inoltre i prossimi SSPA in GaN<br />

(Gallium Nitride) diventeranno<br />

presto una soluzione molto<br />

più attraente poiché la loro<br />

efficienza e la potenza di uscita<br />

(circa 10 W) in genere raddoppieranno<br />

le performance dei<br />

precedenti SSPA in GaAs (Gallium<br />

Arsenide) già esistenti;<br />

Utilizzo di Tecnologie di Comunicazione<br />

SDR con l’utilizzo<br />

di Modem basati su processori<br />

FPGA (Field Programmable<br />

Gate Array) programmabili per<br />

l’elaborazione del segnale e che<br />

forniscono un sistema di comunicazione<br />

capace di adattarsi<br />

alle condizioni metereologiche<br />

con modulazioni flessibili variabili<br />

da 8PSK fino a 64 APSK<br />

(Phase Shift Keying) mediante<br />

l’utilizzo di Modulazioni e Codici<br />

Adattativi (ACM [Adaptive<br />

Code Modulation] e VCM<br />

[Variable Code Modulation])<br />

molto robusti;<br />

Altre tecologie per la elaborazione<br />

dei dati a bordo<br />

Altre promettenti tecnologie<br />

per aumentare la Bit Rate di<br />

Trasmissione derivano da:<br />

4Utilizzo della tecnologia<br />

Fotonica per l’elaborazione<br />

dei dati (immagini ad alta<br />

definizione raccolte dai sensori<br />

e telecamere) a bordo del<br />

Nano/Micro Sat;<br />

4Utilizzo di Link Ottici di<br />

Trasmissione per i collega-<br />

32 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>


REPORT<br />

Fig. 8 - Scheda FPGA.<br />

menti con altri satelliti ISOL<br />

(Inter Satellite Optical Link)<br />

per la raccolta dei dati anche<br />

come alternativa all’utilizzo<br />

della Radio Frequenza;<br />

4Telecamere/Sensori<br />

Iperspettrali;<br />

4Sistemi di Elaborazione,<br />

Compressione e 4<br />

Immagazzinamento dei Dati<br />

a bordo.<br />

Integrazione con la rete terrestre<br />

4G/5G e sviluppo dei<br />

servizi<br />

L’integrazione della Rete<br />

Satellite con quella Terrestre<br />

4G/5G può creare diverse<br />

opportunità di Servizio ed<br />

Applicazioni mirate all’Utenza<br />

mobile. Lo schema architetturale<br />

di tale rete è<br />

mostrato in Figura 9. Con<br />

tale architettura si potrebbero<br />

realizzare diversi Servizi ed<br />

Applicazioni, quali:<br />

4Moduli SDR per integrazione<br />

flessibile di funzionalità<br />

NavCom e ComSec;<br />

4Moduli SDR per funzionalità<br />

di Controllo 4<br />

Configurazione di volo e assetto<br />

degli small-sat;<br />

4Moduli SDR per funzionalità<br />

di comunicazione terra-spazio<br />

e spazio-spazio (ISL);<br />

4Moduli HW basati su prodotti<br />

COTS e/o uso di<br />

FPGA;<br />

4Smart Gateway terrestri rilocabili<br />

e/o fisse come interfaccia<br />

per centri servizi e/o rete<br />

cellulare terrestre 4G/5G;<br />

4Elaborazioni Dati Ricevuti<br />

dagli Smallsat;<br />

4Disseminazione dei Dati verso<br />

utenza finale;<br />

4Realizzazione di Centri<br />

Servizi integrati con la Rete<br />

5G;<br />

4Applicazioni per la disseminazione<br />

dei Dati.<br />

Il futuro dei servizi e delle<br />

applicazioni satellitari si misurerà<br />

dalla capacità di integrare<br />

diverse tecnologie, costellazioni<br />

e segmenti spaziali (GEO<br />

[Geostationary Earth Orbit],<br />

MEO [Medium Earth Orbit],<br />

LEO [Low Earth Orbit]) con la<br />

Rete Terrestre di futura generazione<br />

per arrivare direttamente<br />

all’Utente.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

1. Low-Earth Orbit (LEO) 26 GHz K-band<br />

Study Group - Final Report November 2016<br />

2. Geospatial World – Report April 2016<br />

3. Seminario internazionalizzazione e Aerospazio<br />

Dicembre 2016<br />

4. Lightweight and Cost Efficient Spaceborn<br />

Patch Antenna 2016 IEEE<br />

NOTE DELLA REDAZIONE<br />

Il presente articolo è stato già pubblicato su IoRoma- www.<br />

ioroma.info Rivista dell'Ordine degli Ingegneri della Provincia<br />

di Roma".<br />

PAROLE CHIAVE<br />

Outliers; convex hull peeling; clustering; diseguaglianza<br />

di Chebychev; scarto quadratico medio<br />

ABSTRACT<br />

Advances in technology have split the space community<br />

to focus on the miniaturization of conventional satellites,<br />

making smaller satellites increasingly popular every day and<br />

in recent years several small satellites have been launched<br />

(nano, micro and mini).<br />

AUTORE<br />

Giovanni Nicolai<br />

nicgio65@gmail.com<br />

Ordine degli Ingegneri di Roma<br />

Fig. 9 - Architettura di Rete Spazio-Terra.<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 33


REPORT<br />

Report da Intergeo <strong>2018</strong><br />

di Giacomo Uguccioni<br />

INTERGEO <strong>2018</strong> conferma di<br />

essere la gigantesca vetrina<br />

internazionale dei prodotti e dei<br />

servizi che il mercato del settore<br />

dell’informazione geospaziale<br />

considera come affidabili, sicuri,<br />

scientificamente validati. Le<br />

soluzioni presentate sono la<br />

realizzazione commerciale di quei<br />

progetti che negli ultimi 3-5 anni<br />

hanno occupato i responsabili dei<br />

segmenti di ricerca e sviluppo<br />

delle aziende di tutto il mondo,<br />

e a INTERGEO vengono quindi<br />

presentati come componenti di<br />

processi e metodologie su cui<br />

l’operatore può fare affidamento<br />

per creare il proprio sistema<br />

complesso di acquisizione dati. In<br />

questo senso, dunque, raramente<br />

si trovano soluzioni che fanno<br />

immaginare un’applicazione<br />

futura, rari sono i casi di<br />

presentazione di nuove idee nate<br />

dalla riformulazione di tecnologie<br />

consolidate, oppure legate a<br />

nuove scoperte.<br />

Eppure si registrano alcuni<br />

interessanti cambi di<br />

tendenza: torna l’interesse<br />

per sensori fotogrammetrici ad<br />

altissime prestazioni, progettati<br />

per l’utilizzo da aereo con<br />

piattaforme inerziali, sistemi<br />

di sincronizzazione e posizionamento<br />

di altissimo livello<br />

tecnologico, e insieme tornano<br />

di grande interesse le aziende<br />

che offrono il servizio di rilievo<br />

aereo affidando agli esperti<br />

l’alloggio per la sensoristica e<br />

la pianificazione del volo fotogrammetrico;<br />

le missioni<br />

satellitari di Copernicus hanno<br />

inoltre dato nuovo valore alle<br />

informazioni che si possono ottenere<br />

dalle immagini satellitari<br />

per applicazioni di monitoraggio<br />

ambientale, agricoltura di<br />

precisione e pianificazione urbanistica,<br />

e così a INTERGEO<br />

vengono presentate soluzioni<br />

software di gestione ed elaborazione<br />

di dati remote sensing che<br />

sembravano dover scomparire<br />

dopo il boom del proximal sensing<br />

all’inizio di questa decade.<br />

In più, novità estremamente<br />

interessanti riguardano l’offerta<br />

di piattaforme inerziali e sistemi<br />

di posizionamento e navigazione<br />

da installare a bordo delle<br />

piattaforme di acquisizione: lo<br />

sviluppo di questo micro-settore<br />

sarà decisivo per l’affermazione<br />

di alcune delle più diffuse metodologie<br />

di acquisizione dati<br />

da RPAS (Remotely Piloted<br />

Aircraft Systems) perché è<br />

davvero inutile poter acquisire<br />

milioni di punti al secondo, con<br />

posizionamento RTK, tramite<br />

un laser scanner montato su un<br />

drone, se poi i dati di orientamento<br />

e posizionamento hanno<br />

errori di accuratezza di qualche<br />

grado o di qualche metro.<br />

A INTERGEO <strong>2018</strong>, tuttavia,<br />

si intuisce che la concentrazione<br />

degli sviluppatori è rivolta<br />

soprattutto al miglioramento<br />

delle performance in termini di<br />

affidabilità, sicurezza, precisione<br />

e accuratezza degli strumenti<br />

hardware e software che già<br />

stanno facendo le fortune delle<br />

case produttrici: le stazioni totali,<br />

i ricevitori GNSS e i laser<br />

scanner terrestri presenti in fiera<br />

sono talmente numerosi che<br />

è difficile poter fare confronti<br />

ordinati anche dopo le frequenti<br />

dimostrazioni e anche dopo<br />

aver ascoltato i disponibilissimi<br />

addetti ai lavori. Infatti, gli strumenti<br />

tradizionali del topografo<br />

sono sempre più performanti.<br />

34 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>


REPORT<br />

4Il ricevitore satellitare<br />

SL800 di SATLAB ha la<br />

possibilità di connettersi<br />

con un’ampia serie di dispositivi<br />

per poter gestire<br />

al meglio le operazioni di<br />

rilievo e di elaborazione dei<br />

dati. La casa svedese offre<br />

soluzioni molto interessanti<br />

per tutte le differenti applicazioni<br />

dove posizionamento<br />

preciso in difficili condizioni<br />

e dati di navigazione<br />

accurati risultano essere di<br />

fondamentale importanza:<br />

il ricevitore SATLAB SL800<br />

supporta il servizio di correzione<br />

TerraStar, che si<br />

basa su un network globale<br />

di stazioni GNSS di riferimento<br />

e avanzati algoritmi<br />

per generare con precisione<br />

le orbite satellitari, l’orario<br />

GNSS e altri parametri di<br />

correzione del posizionamento<br />

durante il rilievo, o<br />

in post-processing, fino a<br />

raggiungere precisioni prossime<br />

al centimetro.<br />

4Il laser scanner Leica<br />

RTC360 misura 2 milioni<br />

di punti al secondo, e grazie<br />

all’avanzato sistema di imaging<br />

HDR (High Dynamic<br />

Range), la creazione di nuvole<br />

3D a colori può essere<br />

completata in meno di 2<br />

minuti. Inoltre, la registrazione<br />

automatica in campo<br />

senza target (basata sulla<br />

tecnologia VIS) ed il trasferimento<br />

automatizzato dei<br />

dati in ufficio, massimizza<br />

ulteriormente la produttività<br />

riducendo al minimo<br />

il tempo di rilievo. Leica<br />

RTC360 permette di ottenere<br />

scansioni nitide di alta<br />

qualità, ricche di dettagli e<br />

pronte per l’uso in differenti<br />

applicazioni. In combinazione<br />

con il software Cyclone<br />

FIELD 360, offre una precisione<br />

elevata che può essere<br />

controllata già in campo. In<br />

più, grazie alla scelta strategica<br />

di trasferire competenze<br />

di calcolo direttamente sui<br />

dispositivi che operano<br />

sul campo (tipica di un<br />

metodo noto come Edge<br />

Computing) Leica RTC360<br />

registra automaticamente i<br />

movimenti da una posizione<br />

di scansione all’altra per la<br />

pre-registrazione delle diverse<br />

scansioni tridimensionali<br />

direttamente in campo, senza<br />

intervento manuale in<br />

post-processing.<br />

4Con una precisione angolare<br />

di 1” e una precisione<br />

distanziometrica di<br />

1mm±1ppm, la stazione<br />

totale FOIF mod. RTS010,<br />

distribuita da VidaLaser, è<br />

uno strumento ad altissime<br />

prestazioni ed affidabilità<br />

per rilievi in ogni situazione<br />

operativa. Il software di gestione<br />

ed elaborazione dei<br />

dati, FieldGenius oppure<br />

Carlson WinCE, è personalizzato<br />

per la RTS010, ma<br />

c’è completa compatibilità<br />

con altri software. Una peculiarità<br />

interessante: poiché<br />

il sistema di controllo tramite<br />

Bluetooth consente di<br />

azionare la stazione totale<br />

Vidalaser-FOIF RTS 010<br />

da Bluetooth, è possibile lo<br />

strumento direttamente dalla<br />

palina, fino ad una distanza<br />

di 1000 m. La memoria<br />

interna dello strumento è di<br />

4Gb con scheda SD esterna<br />

da 32Gb; è dotata di doppio<br />

display e tastiera touchscreen,<br />

utilizzabile anche indossando<br />

i guanti. Il distanziometro<br />

è a differenziale di fase,<br />

la migliore tecnologia in<br />

termini di precisione ed affidabilità:<br />

misura punti senza<br />

prisma a distanze di 100 m,<br />

mentre raggiunge i 6000 m<br />

con piastrine catarifrangenti<br />

60x60mm.<br />

Dopo gli strumenti tradizionali<br />

sempre più performanti, passiamo<br />

alla rassegna di alcune<br />

novità. Negli ultimi due anni,<br />

grande interesse è rivolto al<br />

rilievo laser scanner utilizzando<br />

sensoristica molto leggera<br />

e performante in termini di<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 35


REPORT<br />

densità di punti acquisiti, canali<br />

di classificazione, frequenza,<br />

con la conseguenza di poterla<br />

trasportare su terreni e strutture<br />

tramite un UAV e poter<br />

condurre così rilievi molto dettagliati.<br />

Il laser scanner mobile<br />

ScanFly ULTRA, promosso a<br />

INTERGEO <strong>2018</strong> dall’italiana<br />

3D Target, è equipaggiato con<br />

il nuovo sensore LIDAR VLP-<br />

32C a 32 canali, che produce<br />

misurazioni di più di un milione<br />

di punti al secondo in modalità<br />

doppio ritorno con una<br />

portata di 200 metri. Avendo<br />

un peso inferiore ai 2 Kg, può<br />

essere installato a bordo di un<br />

RPAS, anche perché i dispositivi<br />

di posizionamento (2 antenne<br />

e ricevitori a doppia frequenza,<br />

in grado di ricevere dati GPS e<br />

Glonass, e che possono operare<br />

in PPK o RTK) e orientamento<br />

esterno dell’origine della scansione<br />

(piattaforma inerziale con<br />

frequenza da 100 Hz a 250 Hz,<br />

e un’accuratezza del posizionamento<br />

di 0.05°) sono integrati<br />

nel laser scanner.<br />

Ora, la precisione nella modellizzazione<br />

tridimensionale<br />

georeferenziata di terreni o<br />

strutture, così come la densità di<br />

punti, sono aspetti che devono<br />

essere considerati se si mettono<br />

a confronto la metodologia<br />

fotogrammetrica e quella che<br />

utilizza scansioni aeree o trasportate;<br />

tuttavia, persistono<br />

differenze fondamentali che<br />

l’operatore deve tenere in conto<br />

nella scelta dell’una o dell’altra<br />

tecnologia (che riguardano la<br />

classificazione, gli ostacoli visivi,<br />

la velocità del mezzo, la qualità<br />

della sensoristica), a fronte<br />

di tre variabili fondamentali<br />

che condizionano entrambe le<br />

soluzioni: (1) l’attenzione alla<br />

precisione del posizionamento<br />

durante l’acquisizione (considerando<br />

la variabile fondamentale<br />

del tempo di sincronizzazione<br />

tra scatto/scansione e acquisizione<br />

GNSS), (2) la precisione dei<br />

dati di orientamento disponibili<br />

della piattaforma di acquisizione,<br />

(3) la necessità di registrare<br />

nuvole provenienti da scansioni<br />

diverse, o da differenti sorgenti.<br />

1. Per il primo problema, a<br />

INTERGEO <strong>2018</strong> c’erano<br />

interessanti soluzioni di schede<br />

e ricevitori GNSS di ridotte<br />

dimensioni e peso, che<br />

possono operare in RTK per<br />

raggiungere precisioni centimetriche<br />

delle coordinate di<br />

posizionamento da associare<br />

alle riprese. AsteRx-m2 UAS<br />

di Septentrio è un ricevitore<br />

GNSS appositamente progettato<br />

per l›integrazione<br />

diretta nelle applicazioni<br />

UAS (Unmanned Aerial<br />

Systems) che fornisce un posizionamento<br />

RTK preciso<br />

con GPS, Glonass, Galileo,<br />

con un bassissimo consumo<br />

di energia. È dotato di<br />

connessioni standard: un<br />

input per il marker di eventi<br />

con una sincronizzazione<br />

estremamente precisa e la<br />

facile connessione a Pixhawk<br />

e Ardupilot. AsteRx-m2<br />

UAS presenta AIM +, la<br />

tecnologia di attenuazione<br />

delle interferenze onboard<br />

avanzata, per sopprimere<br />

la più ampia varietà di<br />

interferenti, dai semplici<br />

segnali a banda stretta ai più<br />

complessi jammer a banda<br />

larga. AsteRx-m2 funziona<br />

perfettamente con il software<br />

GeoTagZ e la sua libreria<br />

SDK per l’elaborazione<br />

offline PPK (Post Processed<br />

Kinematic). La precisione<br />

della posizione, in modalità<br />

RTK, raggiunge 0.6 cm in<br />

orizzontale e 1 cm in verticale,<br />

con o senza datalink in<br />

tempo reale.<br />

2. Per il secondo problema,<br />

scopriamo a INTERGEO<br />

<strong>2018</strong> le novità introdotte<br />

dalle aziende che si occupano<br />

di progettazione e<br />

costruzione di piattaforme<br />

inerziali ad altissime prestazioni,<br />

ma che sempre più<br />

si rivolgono ad un mercato<br />

mobile o unmanned. La piattaforma<br />

inerziale Sensonor<br />

STIM210 è un modulo<br />

giroscopico multiasse con 3<br />

assi di giroscopi MEMS ad<br />

alta precisione. Ogni asse è<br />

calibrato in laboratorio per<br />

quanto riguarda bias e sensibilità,<br />

ed è compensato sugli<br />

effetti della temperatura nella<br />

misurazione. La costruzione<br />

industriale delle STIM210<br />

è realizzata combinando<br />

la collaudata tecnologia<br />

Sensonor ButterflyGyro con<br />

funzionalità completamente<br />

digitali. Il range di ingresso<br />

di fine-scala angolare della<br />

STIM210 è 400°/s e l’uscita<br />

è limitata a ±480°/s. I moduli<br />

a 3 assi hanno l’allineamento<br />

degli assi elettronico,<br />

migliorando l’ortogonalità<br />

tra gli assi (fino a 1 mrad). I<br />

formati di output selezionabili<br />

sono la velocità angolare,<br />

l’angolo di incremento, la velocità<br />

angolare media e l’angolo<br />

integrato, con frequenze<br />

di campionamento fino a<br />

2000 campioni al secondo.<br />

La regolazione della frequenza<br />

di rilevamento, nonché il<br />

bilanciamento perfetto delle<br />

36 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>


REPORT<br />

masse, scaturiscono in<br />

vibrazioni molto basse e<br />

sensibilità agli urti minima<br />

in ogni direzione.<br />

L’uso di un microcontrollore<br />

RISC ARM a<br />

32 bit offre flessibilità<br />

nella configurazione del<br />

dispositivo; sono disponibili<br />

opzioni per unità di<br />

uscita, frequenza di campionamento,<br />

frequenza<br />

di interruzione del filtro<br />

LP, bit rate di trasmissione<br />

RS422, terminazione<br />

linea on/off. Le applicazioni<br />

dove STIM210<br />

di Sensonor può offrire<br />

importanti vantaggi sono<br />

nei settori aerospaziale e<br />

automotive, e dove sono<br />

necessario una precisa<br />

stabilizzazione della piattaforma<br />

e la conoscenza<br />

dei dati di orientamento<br />

precisi: sistemi di puntamento<br />

e navigazione<br />

(antenne, telecamere),<br />

sistemi di riferimento<br />

della direzione di assetto<br />

(AHRS), sistemi di navigazione<br />

inerziale (INS)<br />

per UAV e ROV, per<br />

missili e munizioni intelligenti,<br />

sistemi di mappatura<br />

3D, telemetri, treni,<br />

robotica e altro ancora. In<br />

realtà, piattaforme inerziali<br />

come quella che propone<br />

Sensonor, la STIM210, possono<br />

aprire nuovi mercati,<br />

in cui non è stato ancora<br />

possibile realizzare soluzioni<br />

adeguate in precedenza.<br />

3. Per il terzo problema, quello<br />

della registrazione delle nuvole,<br />

le potenzialità offerte<br />

dai software di processamento<br />

fotogrammetrico, di<br />

gestione ed elaborazione di<br />

nuvole di punti, di gestione<br />

dei dati GNSS acquisiti, e<br />

soprattutto la loro capacità<br />

di ricevere in input dati<br />

provenienti da differenti<br />

sorgenti di acquisizione (fotogrammetria,<br />

termografia,<br />

multispettrale, laser scanner,<br />

stazione totale, lidar, GNSS)<br />

e di fornire possibilità di elaborazione,<br />

modellizzazione<br />

3D, calcolo e restituzione,<br />

consentono oggi finalmente<br />

di conoscere, progettare,<br />

monitorare la morfologia<br />

di terreni, strutture e risorse<br />

associando la simulazione del<br />

modello digitale alla misura<br />

dell’oggetto reale. La suite<br />

3DF Zephyr di 3DFlow è la<br />

soluzione integrata sviluppata<br />

per la modellizzazione<br />

tridimensionale di nuvole<br />

di punti provenienti da<br />

differenti sorgenti di acquisizione,<br />

la georeferenziazione,<br />

la creazione di mesh e<br />

texturizzazioni, e per tutte le<br />

analisi geomorfologiche, topografiche<br />

e architettoniche<br />

da condurre direttamente<br />

sulla nuvola di punti o sul<br />

modello texturizzato. 3DF<br />

Zephyr supporta tutti i tipi<br />

di dati in input: immagini<br />

da fotocamere, immagini da<br />

camere fotogrammetriche,<br />

immagini multispettrali,<br />

punti da stazioni totali, punti<br />

da laser scanner, video, immagini<br />

sferiche, e conduce le<br />

operazioni di allineamento,<br />

registrazione, modellizzazione,<br />

analisi con algoritmi svi-<br />

SUITE DEDICATA ALLA GESTIONE E PUBBLICAZIONE<br />

DI PROGETTI QGIS SU SERVIZI WEBGIS<br />

- Pubblicazione autonoma di progetti QGIS per la condivisione<br />

delle proprie realizzazioni<br />

- Pubblicazione di servizi OGC WMS e WFS<br />

- Gestione degli accessi (anche con integrazione LDAP)<br />

- Creazione di gestionali cartografici web configurabili<br />

direttamente da QGIS<br />

- Creazione flussi di lavoro configurabili direttamente da QGIS<br />

- Strumenti di editing per la raccolta condivisa di dati geografici<br />

- Client dedicati all'utilizzo su tablet per il lavoro su campo<br />

CORSI SU PRINCIPALI SOFTWARE GEOGRAFICI OPEN SOURCE<br />

www.gis3w.it - info@gis3w.it - Phone +39 349 1310164<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 37


REPORT<br />

luppati e approfonditi autonomamente,<br />

con la garanzia,<br />

per l’utente, di un’assistenza<br />

in collegamento diretto con<br />

lo sviluppatore.<br />

La kermesse di Francoforte ha<br />

offerto valide proposte, inoltre,<br />

per quanto concerne soluzioni<br />

di rilievo aerofotogrammetrico<br />

di ampie porzioni di territorio,<br />

riportando alto l’interesse sulle<br />

aziende che forniscono il servizio<br />

di rilievo con aereo e pilota,<br />

oppure con elicottero, e che a<br />

bordo installano piattaforme<br />

inerziali di elevata sensibilità, sistemi<br />

di posizionamento GNSS<br />

ridondanti e di alta tecnologia,<br />

software di pianificazione del<br />

volo fotogrammetrico, piattaforme<br />

stabilizzate per l’alloggio<br />

di multipli sensori (camere<br />

metriche, camere multispettrali,<br />

lidar, laser scanner, camere termografiche)<br />

con i fondamentali<br />

sistemi di sincronizzazione e di<br />

calcolo preciso del posizionamento<br />

assoluto della ripresa.<br />

E INTERGEO è sempre un’occasione<br />

per conoscere l’offerta<br />

di soluzioni, servizi e prodotti<br />

proveniente dalla Germania,<br />

uno dei Paesi che ha contribuito<br />

maggiormente allo sviluppo<br />

della disciplina, o da altri Paesi<br />

europei che presentano soluzioni<br />

alla frontiera dello sviluppo<br />

tecnologico. Più di 100<br />

installazioni in tutto il mondo<br />

rendono AeroTopoL di GGS –<br />

Geotechnik, Geoinformatik &<br />

Service, uno dei più popolari<br />

servizi di pianificazione e gestione<br />

del volo basati su sistema<br />

GIS. E’ possibile pianificare<br />

missioni su aree singole e multiple,<br />

e su corridoi. Rilievi aerei<br />

con combinazioni di sensori<br />

come Lidar, fotocamere, multispettrali,<br />

sistemi OIS (Oblique<br />

Imaging Systems) possono essere<br />

pianificati ed eseguiti congiuntamente;<br />

infatti, AeroTopoL<br />

supporta fotocamere analogiche<br />

o digitali basate su frame<br />

e calcola automaticamente<br />

sovrapposizione fotogrammetrica,<br />

impronta sul terreno,<br />

risoluzione a terra e accuratezza<br />

del progetto. AeroTopoL calcola<br />

la copertura della scansione o<br />

dell’immagine valutando l’altimetria,<br />

la quota di volo, i parametri<br />

della camera o del laser<br />

scanner e gli angoli di rotazione<br />

del mezzo. Spostandoci invece<br />

in Spagna, l’unità di controllo<br />

di Aerolaser, AeCU 2.2 è l›unità<br />

di sincronizzazione e controllo,<br />

sviluppata per gestire al meglio<br />

tutte le informazioni relative al<br />

posizionamento e all’orientamento<br />

della piattaforma di acquisizione<br />

e dei sensori durante<br />

il volo aerofotogrammetrico.<br />

Il Flight Management System<br />

di Aerolaser si interfaccia con<br />

il software di pianificazione<br />

AeMission e fornisce dati sincronizzati<br />

di georeferenziazione<br />

precisa grazie a un doppio<br />

ricevitore GNSS, ad una piattaforma<br />

inerziale di altissimo<br />

livello tecnologico e ad un orologio<br />

interno con precisione in<br />

nanosecondi, gestendo inoltre<br />

l’alimentazione dei differenti<br />

dispositivi connessi. Dispone<br />

di un doppio ricevitore GNSS<br />

JAVAD TR-G3T con uscita<br />

PPS a un duplicatore di segnale;<br />

controlla l’IMU, riceve i suoi<br />

dati e li memorizza in un disco<br />

solido. Tramite un connettore<br />

Lemo, che fornisce alimentazione,<br />

invia il comando di scatto<br />

a 5 dispositivi elettronici (ad<br />

esempio fotocamere digitali o<br />

laser scanner) in base agli intervalli<br />

preimpostati, e riceve il<br />

segnale flash a cui assegna un<br />

tempo di ricezione.<br />

Infine, per quanto riguarda<br />

i sensori, un riferimento in<br />

continuo sviluppo è la Phase<br />

One Industrial, che propone<br />

nuove interessanti soluzioni per<br />

sistemi di rilievo aerofotogrammetrico.<br />

Phase One 150MP e<br />

100MP Aerial Systems sono<br />

sistemi completamente integrati<br />

basati rispettivamente sul<br />

nuovo progetto iXM-RS150F<br />

e sulle telecamere metriche ad<br />

alta risoluzione iXM-RS100F.<br />

Ogni sistema aereo include<br />

la telecamera e componenti<br />

aggiuntivi: controller iX, stabilizzatore<br />

Somag, unità GPS/<br />

IMU Applanix e software per la<br />

pianificazione di volo iX Plan<br />

e iX Flight. Il nuovo sistema<br />

aereo iXM-RS150F consiste<br />

in una macchina fotografica<br />

di 150 MegaPixel dotata di un<br />

nuovo sensore full frame (14204<br />

x 10652) e, con una dimensione<br />

del pixel di 3,76 micrometri<br />

consente una risoluzione altissima<br />

da quote di volo più alte,<br />

fornendo una copertura aerea<br />

più ampia, garantendo così<br />

maggiore efficienza e produttività.<br />

La fotocamera utilizza un<br />

sensore CMOS retroilluminato<br />

con gamma dinamica di 83 dB<br />

per immagini di qualità superiore<br />

anche in condizioni di scarsa<br />

illuminazione, consentendo più<br />

ore di volo durante un giorno<br />

e più giorni di volo all’anno.<br />

Una velocità di acquisizione<br />

delle immagini di 2 fotogrammi<br />

al secondo consente voli<br />

con maggiore sovrapposizione<br />

longitudinale, necessaria per i<br />

modelli 3D delle città che tanto<br />

vanno di moda tra gli stand di<br />

INTERGEO <strong>2018</strong>. La fotocamera<br />

si può dotare di uno tra<br />

sette obiettivi RS, che vanno da<br />

32 mm a 150 mm di lunghezza<br />

focale, dotato di un otturatore<br />

centrale per garantire un’immagine<br />

aerea geometricamente<br />

corretta. Gli obiettivi e le lenti<br />

sono calibrati in laboratorio per<br />

la messa a fuoco a infinito; l’angolo<br />

di apertura delle lenti RS è<br />

appositamente predisposto per i<br />

sistemi OIS e Lidar.<br />

In conclusione a questa ampia<br />

panoramica sulla grande fiera<br />

internazionale, si registra l’affer-<br />

38 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong>


REPORT<br />

mazione di quella tecnologia che tanto ha fatto<br />

tribolare i progettisti di sistemi aerei a pilotaggio<br />

remoto in questa decade: il sistema VTOL<br />

(Vertical Take-Off and Landing), ovvero un drone<br />

che sappia comportarsi come un aereo in fase<br />

di conduzione, ma come un multicottero in fase<br />

di decollo e atterraggio. Chiaramente, la criticità<br />

maggiore si trova nella gestione della fase di<br />

transizione in volo, oltre a tutte le problematiche<br />

legate all’alimentazione, al payload, alla navigazione,<br />

al controllo, alla sicurezza. Non dimentichiamoci<br />

che ENAC (Ente Nazionale Aviazione<br />

Civile) sta in questi mesi scrivendo, insieme agli<br />

operatori più abili del settore, il regolamento<br />

per la modalità di volo BVLOS (Beyond Visual<br />

Line Of Sight) compiendo test e simulazioni<br />

per capire le attenzioni che il legislatore deve<br />

garantire alla sicurezza di utenti e cittadini. Fatto<br />

in Germania, brevettato in tutto il mondo, il<br />

VTOL di Wingcopter presenta un design esclusivo<br />

e un particolare meccanismo di rotazione<br />

delle eliche che garantisce una transizione morbida<br />

e robusta. In hovering, si comporta come<br />

un multicottero, con un mantenimento preciso<br />

della posizione; dopo la transizione in modalità<br />

ad ala fissa, Wingcopter vola come un aereo, ad<br />

alta velocità e stabilità, con un’elevata capacità<br />

di carico utile: progettato per trasportare fino a<br />

6 chilogrammi di payload, oltre il 35% del suo<br />

peso totale, il VTOl di Wingcopter copre grandi<br />

distanze, fino a 100 chilometri. Non teme le<br />

raffiche: Wingcopter resiste a venti di 15 m/s<br />

inclinando dinamicamente i suoi rotori, ed è<br />

impermeabile, essendo un sistema chiuso in cui<br />

tutte le parti elettroniche sono protette. I materiali<br />

migliori, la produzione accurata e il design<br />

compatto consentono un peso a vuoto di soli 6<br />

kg: oltre il 60% del peso totale rimane per payload<br />

e batterie. Wingcopter definisce il punto di<br />

riferimento per i droni VTOL commerciali, con<br />

un record mondiale di velocità di 240 km/h.<br />

C’è vita nel nostro mondo.<br />

Realizzazione di infrastrutture<br />

dati territoriali (SDI) conformi a INSPIRE<br />

Formazione specialistica su tecnologie<br />

GIS Open Source<br />

PAROLE CHIAVE<br />

Intergeo; geospatial; topografia; geo-ict; gnss; data<br />

ABSTRACT<br />

INTERGEO <strong>2018</strong> is the international Geo-ICT showcase for<br />

data acquisition systems. Topographic tools always more performing,<br />

and interest in the laser scanner. As with photogrammetry,<br />

positioning accuracy, orientation precision, cloud recording<br />

affect data quality. Inertial platforms and GNSS systems will be<br />

decisive for surveys with RPAS to ensure accuracy. The VTOLs<br />

are affirmed, where the criticality is in the transition in flight.<br />

AUTORE<br />

Giacomo Uguccioni<br />

Giacomo.uguccioni@gmail.com<br />

INSPIRE Helpdesk<br />

We support all INSPIRE implementers<br />

Epsilon Italia S.r.l.<br />

Via Pasquali, 79<br />

87040 Mendicino (CS)<br />

Tel. e Fax (+39) 0984 631949<br />

info@epsilon-italia.it<br />

www.epsilon-italia.it<br />

www.inspire-helpdesk.eu<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 39


AEROFOTOTECA<br />

L'AEROFOTOTECA<br />

NAZIONALE RACCONTA…<br />

l'Italia dal cielo, tra Guerra<br />

fredda e boom economico<br />

di Francesca Pompilio<br />

Tra i numerosi fondi che costituiscono<br />

l'immenso patrimonio<br />

di immagini aeree conservato in<br />

Aerofototeca Nazionale (AFN),<br />

uno dei meno noti al grande pubblico<br />

è quello formato dalle riprese<br />

aerofotogrammetriche con<br />

negativi in formato 9x9 pollici<br />

(cm 23x23) e 9x18 (24x48), affidate<br />

all’archivio dall'Aeronautica<br />

Militare Italiana.<br />

Si tratta di immagini, prevalentemente<br />

verticali ma anche oblique,<br />

dall'enorme valore storico-documentario,<br />

pervenute in mandate<br />

successive a partire dagli anni ’70,<br />

sotto forma di bobine di pellicole<br />

fotografiche (negativi).<br />

La grande quantità di immagini,<br />

stimata in varie decine di migliaia,<br />

è stata finora solo parzialmente<br />

sviluppata e resa disponibile<br />

all'utenza. Si tratta quindi di un<br />

patrimonio enorme, ma in buona<br />

parte ancora poco conosciuto, il<br />

cui contributo alla ricostruzione e<br />

allo studio delle dinamiche di trasformazione<br />

del territorio italiano<br />

è ancora quasi tutto da valutare e<br />

da valorizzare.<br />

Le bobine originali conservano<br />

un importante materiale documentario,<br />

consistente nelle etichette<br />

originali dell’archivio militare,<br />

nei rapporti di trasmissione<br />

- che permettono di enucleare le<br />

informazioni tecniche dei singoli<br />

voli (reparto operativo, velivolo e<br />

macchina fotografica, numero di<br />

strisciate e fotogrammi per singola<br />

bobina, quota e focale, data e<br />

ora degli scatti, ecc.) e nei grafici<br />

per il posizionamento delle immagini<br />

su base cartografica IGM<br />

1:100.000.<br />

L'aspetto di maggiore rilevanza<br />

di questo materiale, al di là del<br />

formato di molte di esse (doppio<br />

rispetto a quello delle comuni riprese<br />

aeree), della quantità e della<br />

straordinaria qualità di molte<br />

immagini, è il fatto che esse offrono,<br />

sia pure in maniera non sistematica,<br />

una copertura di ampi<br />

settori del territorio nazionale per<br />

il periodo compreso tra la metà<br />

degli anni ‘50 e la fine degli anni<br />

’70 del secolo scorso, una fase<br />

di intense e spesso incontrollate<br />

trasformazioni che appaiono<br />

documentate nel loro svolgersi.<br />

In abbinamento con le più note<br />

riprese Alleate degli anni della II<br />

Guerra mondiale, queste immagini<br />

permettono di ricostruire in<br />

maniera diacronica le dinamiche<br />

di evoluzione di ampi settori del<br />

territorio italiano, aprendosi a<br />

molteplici utilizzi in ambiti di ricerca<br />

differenti: analisi di scelte di<br />

pianificazione territoriali e urbane,<br />

valutazione delle condizioni<br />

geo-pedologiche e delle cause di<br />

dissesto idrogeologico, monitoraggio<br />

del patrimonio forestale,<br />

fotointerpretazione archeologica,<br />

diagnostica dell'uso dei suoli, ecc.<br />

Un parte non irrilevante delle fotografie,<br />

poi, interessa ampi settori<br />

dell'arco alpino, aprendosi alla<br />

possibilità di valutare, ad esempio,<br />

lo stato e l'evoluzione del<br />

movimento dei ghiacciai.<br />

La fragilità intrinseca di questo<br />

materiale, come si è detto ancora<br />

in parte conservato nella forma di<br />

pellicole e pertanto soggetto a un<br />

progressivo ma inarrestabile degrado,<br />

si è sin da subito imposta<br />

alla nostra attenzione. Da un lato<br />

si è provveduto a creare in archivio<br />

condizioni microclimatiche<br />

tali da consentire la maggior durata<br />

possibile dei supporti, dall’altra<br />

si è avviato un programma di<br />

Fig. 1 - AFN, fondo AM 24x48. Veduta obliqua della località Abbazia di Praglia,<br />

Colli Euganei (PD), 21 agosto 1957. Foto Aeronautica Militare 3° Stormo.


Fig. 2 - Villafranca di Verona, Base del 3° Stormo<br />

AM, maggio 1967. Attività dei fotografi di un velivolo<br />

RF84F. Cortesia Aeronautica Militare, Fototeca storica.<br />

recupero, articolato in più fasi, al<br />

fine di digitalizzare tutte le immagini,<br />

georeferenziarle, immetterle<br />

nel WebGis dell'AFN, con<br />

l’intenzione di renderle fruibili<br />

all'utenza secondo i più rapidi e<br />

moderni sistemi di consultazione<br />

on line.<br />

Il lavoro di digitalizzazione delle<br />

immagini 24x48, che pone diversi<br />

problemi proprio in ragione<br />

del grande formato delle riprese,<br />

ha imposto la sperimentazione di<br />

scelte differenti che, ad oggi, si<br />

sono concretizzate nella scansione<br />

della quasi totalità dei positivi<br />

disponibili e nella fotoriproduzione<br />

digitale di lotti di negativi<br />

ancora privi delle relative stampe,<br />

operazioni che sono state affidate<br />

a noti specialisti del settore. Sotto<br />

questo secondo profilo, l'attenzione<br />

si è concentrata prioritariamente<br />

su un lotto di immagini in<br />

precario stato di conservazione,<br />

riferibili al periodo compreso tra<br />

1956 e 1965, relative a tutto in<br />

territorio nazionale, dall'Alpe di<br />

Siusi all'isola di Lipari. Tra queste,<br />

si segnalano le riprese, verticali<br />

e oblique, di alcuni dei principali<br />

centri urbani italiani, con<br />

particolari a scala di dettaglio di<br />

nodi infrastrutturali, soprattutto<br />

gli aeroporti, e produttivi.<br />

Le riprese aerofotografiche furono<br />

realizzate a partire dalla metà<br />

degli anni ‘50 nell'ambito delle<br />

attività del 3° Stormo dell'Aeronautica<br />

Militare Italiana, i famosi<br />

"Quattro Gatti". Nel corso del<br />

1954, nell'ambito del processo di<br />

riorganizzazione della compagine<br />

NATO in nord Italia in funzione<br />

anti-sovietica, il 3° Stormo<br />

fu rischierato presso l'aeroporto<br />

di Verona – Villafranca e articolato<br />

nel 18°, 28° e 132° gruppo.<br />

Già a partire dalla fine dell'anno<br />

venne dotato dei velivoli RF-84F<br />

Thunderflash, versione da ricognizione<br />

dei cacciabombardieri<br />

F-84F Tunderstreak. L'aereo presentava<br />

notevoli differenze strutturali<br />

rispetto alla versione tattica:<br />

in particolare, lo sdoppiamento<br />

delle prese d'aria permetteva<br />

di creare, nella sezione anteriore<br />

della fusoliera, lo spazio necessario<br />

per una sofisticata dotazione<br />

aerofotografica. Questi velivoli<br />

costituiranno fino al 1974 l'ossatura<br />

del reparto da ricognizione<br />

aerea dell'Aeronautica Militare.<br />

Le riprese del nucleo 1956-1965<br />

recentemente digitalizzato da<br />

AFN furono realizzate utilizzando<br />

la fotocamera K38, erede della<br />

fotocamera aerofotogrammetrica<br />

K18 prodotta dalla società statunitense<br />

Fairchild, la più utilizzata<br />

dai reparti di ricognizione<br />

alleati nel corso della II Guerra<br />

Mondiale. La fotocamera poteva<br />

essere montata su un supporto<br />

basculante per realizzare, oltre<br />

alle riprese zenitali, anche immagini<br />

oblique a 36,5 gradi.<br />

Il modello K38 costituiva la dotazione<br />

principale di molti velivoli<br />

da ricognizione USA e NATO<br />

dell'epoca e fu utilizzato, nell'allestimento<br />

doppio, in particolare,<br />

negli aerei spia U2: le notissime<br />

riprese che dimostrarono la<br />

presenza di rampe missilistiche<br />

sovietiche a Cuba, ad esempio,<br />

furono realizzate proprio con camere<br />

K38. Anche una suggestiva<br />

sequenza del film di S. Spielberg<br />

Il Ponte delle spie (2015) mostra<br />

il momento in cui l’U2 di F. G.<br />

Powers scatta fotografie del territorio<br />

russo, poco prima di essere<br />

abbattuto.<br />

Un nucleo quantitativamente<br />

minore del fondo AM è composto<br />

da immagini dell’Italia scattate<br />

dai ricognitori della Marina<br />

USA, Squadron VAP62 (Navy<br />

Heavy Photo Reconnaissance)<br />

DET-19, che tra 1956 e 1969<br />

condusse numerose operazioni<br />

di fotoricognizione nell’emisfero<br />

occidentale in ambito NATO. I<br />

velivoli impiegati erano Douglas<br />

RA-3B Skywarrior, con base a<br />

Rota, in Spagna. Il RA-3B aveva<br />

una fusoliera completamente<br />

pressurizzata, un equipaggio di 4<br />

persone (pilota, co-pilota, fotonavigatore,<br />

fotografo) e fino a 12<br />

macchine fotografiche e cineprese,<br />

verticali e oblique.<br />

Breve video con le operazioni<br />

di fotoriproduzione dei negativi<br />

AM 24x48:<br />

https://youtu.be/dCPQVXKvzGQ<br />

AFN ringrazia: Tirrenia s.r.l.,<br />

Genova; GAP, Roma; LC Service<br />

di L. e C. Primangeli, Roma per<br />

la riproduzione dei positivi e negativi<br />

AM 24x48.<br />

PAROLE CHIAVE<br />

AFN; fotografia aerea; collezioni<br />

storiche; beni culturali;<br />

digitalizzazione; webgis<br />

AUTORE<br />

Francesca Pompilio<br />

francesca.pompilio@beniculturali.it<br />

AFN<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°2-<strong>2018</strong> 41


REPORT<br />

SIT Open Source per la divulgazione<br />

e la gestione delle informazioni in<br />

ambito naturalistico<br />

Il caso del Parco<br />

Nazionale “Foreste<br />

casentinesi, monte<br />

Falterona<br />

e Campiglia”<br />

Fig. 1 - Il portale geografico con la sessione di accessi ai servizi WebGis tematici.<br />

di Walter Lorenzetti, Leonardo Lami,<br />

Francesco Boccacci, Davide Alberti<br />

Nel 2017 il Parco Nazionale<br />

ha avviato un percorso<br />

riorganizzativo che ha<br />

portato a gestire e a<br />

pubblicare su web i propri<br />

dati geografici basandosi<br />

sui software GFOSS QGIS e<br />

PostGis.<br />

In particolare, i servizi<br />

WebGis dedicati alla<br />

divulgazione di informazioni<br />

scientifiche sono stati<br />

realizzati tramite il nuovo<br />

framework OS G3W-<br />

SUITE che permette la<br />

pubblicazione diretta e<br />

strutturata di progetti<br />

cartografici QGIS.<br />

42 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong><br />

L’importanza della gestione<br />

dei dati cartografici per gli<br />

EntI gestori di aree protette<br />

La raccolta di dati naturalistici e<br />

loro gestione al fine di favorirne la<br />

fruizione e l’analisi, è sicuramente<br />

un aspetto molto importante nella<br />

vita di un Parco Nazionale.<br />

Considerata la responsabilità che<br />

l’Ente Parco assume in merito alla<br />

conservazione e il monitoraggio<br />

della biodiversità, con particolare<br />

riguardo alle specie di interesse comunitario<br />

e conservazionistico, e<br />

considerata l’attuale disponibilità<br />

di numerosi dati naturalistici, acquisiti<br />

nel corso di svariati anni di<br />

ricerca sul territorio, si pone sempre<br />

di più e con forza il problema<br />

della gestione e organizzazione di<br />

tali informazioni, oltre che della<br />

condivisione con altri soggetti<br />

pubblici e con i cittadini.<br />

La tipologia di strumento che ad<br />

oggi meglio si presta a rispondere<br />

a tali esigenze è quella dei Sistemi<br />

Informativi Geografici strutturati<br />

che permettono di gestire dati<br />

georeferenziati in maniera strutturata<br />

e di condividere informazioni<br />

geografiche su piattaforme<br />

WebGis.<br />

Oltre a permettere una più facile<br />

e veloce consultazione e un adeguato<br />

aggiornamento da parte di<br />

addetti specializzati, questi strumenti<br />

aprono le porte alla possibilità<br />

del coinvolgimento diretto del<br />

cittadino comune verso tematiche<br />

di particolare interesse per l’Ente<br />

Parco.<br />

Fig. 2 - Il servizo<br />

WebGis<br />

dedicato<br />

agli Habitat<br />

Natura 2000<br />

presenti nel<br />

territorio del<br />

Parco.


REPORT<br />

Fig. 3 - Schema<br />

della<br />

definizione<br />

degli aspetti<br />

grafico-funzionali<br />

dei servizi<br />

WebGis.<br />

Una soluzione<br />

completamente open source<br />

Il primo obiettivo di un progetto<br />

di gestione di tali banche dati<br />

deve pertanto essere quello di<br />

raccogliere e razionalizzare tutte le<br />

informazioni in possesso del Parco<br />

attraverso uno strumento di geodatabase<br />

online che ne permetta il<br />

continuo aggiornamento da parte<br />

di più utenti autorizzati.<br />

Per tale obiettivo, gli strumenti<br />

adottati sono stati: il GeoDatabase<br />

relazione PostGis (www.postgis.<br />

net) e il software geografico<br />

Desktop QGIS (www.qgis.org).<br />

Al contempo, è stato possibile<br />

condividere una parte di tali informazioni<br />

grazie alla creazione di<br />

una serie di servizi WebGIS realizzati<br />

tramite il framework G3W-<br />

SUITE (https://g3wsuite.gis3w.<br />

it), applicazione OS che permette<br />

la pubblicazione e la gestione<br />

autonoma di progetti cartografici<br />

creati con il software QGIS.<br />

La divulgazione di questi servizii<br />

è stata possibile tramite la pubblicazione<br />

del portale denominato<br />

“L’arca della Biodiversità” (www.<br />

biodiversita.parcoforestecasentinesi.it),<br />

sul quale sono state<br />

pubblicate carte tematiche relative<br />

a vari aspetti naturalistici (vegetazione,<br />

habitat, geositi) e territoriali<br />

(zonizzazione, siti natura 2000,<br />

escursionismo, confini amministrativi)<br />

del Parco.<br />

Sullo stesso portale sono state<br />

pubblicate le mappe di distribuzione<br />

di alcuni gruppi di specie,<br />

tra cui rettili, anfibi e chirotteri,<br />

con il fine di presentare la ricca<br />

biodiversità dell’area protetta e<br />

permettendo agli utenti di monitorare<br />

lo status e la distribuzione<br />

di specie target.<br />

La possibilità di accesso diretto e<br />

di consultazione da parte del cittadino<br />

comune permette un suo<br />

maggiore coinvolgimento e una<br />

sua maggiore sensibilizzazione nei<br />

confronti degli aspetti che riguardano<br />

la salvaguardia della natura<br />

all’interno del Parco.<br />

Una sezione, ad accesso limitato<br />

agli operatori interni, racchiude i<br />

dati puntuali di tutte le specie ed<br />

habitat sensibili ed ha lo scopo di<br />

semplificare le verifiche necessarie<br />

per il rilascio da parte del Parco<br />

di nulla osta legati a richieste di<br />

interventi edilizi o forestali.<br />

Il framework OS G3W-SUITE<br />

dedicato alla pubblicazione e gestione<br />

dei servizi webgis<br />

La scelta dell’applicativo G3W-<br />

SUITE è legata alla possibilità di<br />

pubblicare e gestire, in modo autonomo<br />

e strutturato, progetti cartografici<br />

QGIS, permettendo di definire<br />

aspetti grafici e funzionali dei<br />

servizi WebGis direttamente tramite<br />

il software geografico desktop.<br />

Il framework è in grado di organizzare<br />

i contenuti cartografici in<br />

maniera gerarchica sotto gruppi<br />

e macrogruppi cartografici e di<br />

gestire utenti di vario livello per<br />

gli aspetti di amministrazione,<br />

consultazione dei progetti, funzionalità<br />

di editing e utilizzo dei vari<br />

moduli disponibili.<br />

Il suffisso ‘suite’ indica la sua natura<br />

modulare, la comunicazione<br />

attraverso i singoli moduli avviene<br />

mediante una serie di API REST<br />

che li rende di fatto assolutamente<br />

intercambiabili.<br />

• G3W-ADMIN è la componente<br />

web di Amministrazione,<br />

sviluppata utilizzando Django e<br />

il linguaggio di sviluppo Python<br />

• G3W-CLIENT è il client cartografico,<br />

basato su OpenLayers<br />

e applicando un approccio modulare<br />

al fine di creare un'interfaccia<br />

che si adattasse alla<br />

gestione differenziata dei singoli<br />

elementi e dunzioni (es. stampa,<br />

ricerca, editing, analisi spaziale<br />

etc..)<br />

G3W-SUITE e in particolare i<br />

moduli G3W-ADMIN e G3W-<br />

CLIENT sono rilasciati con licenza<br />

Mozilla Public Lincense 2.0<br />

e disponibili su GitHub (https://<br />

github.com/g3w-suite).<br />

Caratteristiche e funzionalità<br />

del framework<br />

G3W-ADMIN: la componente di<br />

amministrazione<br />

G3W-ADMIN costituisce un’interfaccia<br />

grafica di definizione e<br />

creazione dinamica dei file di configurazione<br />

del client cartografico<br />

G3W-CLIENT.<br />

Lo strumento permette di creare<br />

gruppi e macrogruppi tematici per<br />

la gestione strutturata dei propri<br />

progetti e di associare ad ogni servizio<br />

WebGis pubblicato, un logo<br />

una descrizione e la definizione di<br />

permessi di accesso e/o aggiornamento.<br />

La componente permette di gestire<br />

utenti e ruoli (editor e viewer<br />

di I e II livello) permettendo una<br />

elevata differenziazione dei poteri<br />

di accesso e fruizione dei servizi e<br />

dei diversi moduli funzionali ad<br />

essi associati, compreso l’editing<br />

on line.<br />

In seguito alla pubblicazione sarà<br />

possibile gestire aspetti funzionali<br />

del servizio definendo I controller<br />

disponibili in mappa, gli strumenti<br />

di ricerca e la gestione della<br />

cache a livello di singoli layer.<br />

G3W-CLIENT: il client cartografico<br />

La componente client è basata<br />

su un approccio modulare che<br />

permette di rendere disponibili<br />

diversi elementi e strumenti di<br />

interazione con la mappa in base<br />

Fig. 4 -<br />

Schema<br />

dello stack<br />

tecnologico<br />

alla base<br />

di G3W-<br />

SUITE.<br />

<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 43


REPORT<br />

alle credenziali dell'utente visualizzatore.<br />

Oltre ai classici strumenti di navigazione,<br />

il client permette di<br />

consultare gli attributi secondo<br />

il form (tab e sessioni) definito a<br />

livello di progetto QGIS, consultare<br />

relazione 1:n definite anch'esse<br />

a livello di progetto QGIS,<br />

nonché gestire link multimediali e<br />

fornire anteprima delle immagini<br />

associate.<br />

Il client permette inoltre di consultare<br />

i metadati ed usufruire<br />

della funzione di stampa (pdf e<br />

jpg), entrambi definite, anch’esse,<br />

sul progetto QGIS.<br />

Aggiornamento on line<br />

delle segnalazione di<br />

specie di interesse conservazionistico<br />

Uno dei moduli funzionali di<br />

particolare interesse per l’aggiornamento<br />

diffuso delle segnalazioni<br />

relative alla specie di interesse<br />

conservazionistico è quello legato<br />

all'editing on line che, grazie alla<br />

semplicità nella definizione di<br />

impostazioni, strumenti e regole,<br />

permette di realizzare, in modo<br />

autonomo, gestionali cartografici<br />

per l'aggiornamento multi-utente<br />

dei propri dati.<br />

E' possibile definire permessi di<br />

editing a livello di layer pubblicati<br />

sui singoli progetti, usufruire delle<br />

funzioni di snap e di feature-lock<br />

per l'editing multi-utente e gestire<br />

l'editing su tabelle relazionate<br />

anche tramite join 1:n in base alle<br />

impostazioni del progetto QGIS.<br />

Di particolare utilità, infine, la<br />

possibilità di definire form degli<br />

attributi (schede, sessioni…) ed i<br />

widget di editing dei singoli campi<br />

(menù a tendina, calendario,<br />

checkbox, caricamento file….)<br />

Fig. 5 - Modulo per l'editing on line.<br />

44 <strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong><br />

ereditandoli direttamente da<br />

quelli definiti a livello di progetto<br />

QGIS.<br />

Obiettivi raggiunti<br />

Il progetto realizzato e la scelta<br />

del framework OS G3W-SUITE<br />

ha permesso di usufruire di un<br />

applicativo semplice ed autonomo<br />

che ha permesso di pubblicare più<br />

di 50 servizi WebGis (la maggior<br />

parte dedicati alla distribuzione<br />

sul territorio delle diverse specie<br />

di interesse conservazionistico) in<br />

poco meno di un anno.<br />

Lo strumento ha spostato le competenze<br />

relative alle operazioni di<br />

gestione, definizione e personalizzazione<br />

di servizi WebGis direttamente<br />

sulla gestione grafica dei<br />

progetti QGIS rendendo molto<br />

più semplici e veloci operazioni<br />

che, solitamente, richiedono competenze<br />

informatiche elevate e<br />

tempi di lavoro maggiori.<br />

Lo strumento ha infine permesso<br />

di realizzare moduli di analisi<br />

(rilascio nulla osta) che automatizzano<br />

le operazioni di verifica<br />

della presenza di habitat e specie<br />

sotto tutela nelle aree in cui si richiedono<br />

interventi ti tipo edile o<br />

forestale.<br />

Sviluppi futuri<br />

Nuove mappe sulla distribuzione<br />

di specie animali verranno sviluppate<br />

e pubblicate sul WebGIS del<br />

Parco “L’arca della biodiversità”:<br />

• partendo dai dati raccolti<br />

dall’Associazione Italiana per lo<br />

studio e la conservazione delle<br />

libellule (Odonata.it) negli ultimi<br />

due anni di monitoraggio,<br />

verranno create mappe di distribuzione<br />

sulle quasi 40 specie di<br />

libellule presenti nel Parco.<br />

• di prossima pubblicazione è<br />

anche l’Atlante degli uccelli<br />

nidificanti del Parco, per pubblicizzarne<br />

l’uscita e diffondere<br />

maggiormente informazioni sulla<br />

fauna ornitica del Parco verrà<br />

creata all’interno del webGIS<br />

una sezione dedicata alle quasi<br />

100 specie di uccelli presenti<br />

nell’area protetta.<br />

• infine, verrà aggiornato il<br />

WebGIS sugli alberi monumentali<br />

del Parco e integrato nel<br />

progetto “L’arca della biodiversità”<br />

per avere tutte le informazioni<br />

georeferenziate a disposizione<br />

del pubblico in un unico contenitore<br />

omogeneo, moderno e<br />

aggiornato. Questa operazione<br />

permetterà una sistemazione e<br />

un aggiornamento dei vecchi<br />

dati oltre al rilancio della pubblicazione<br />

"Giganti di legno e<br />

foglie" con percorsi escursionistici<br />

dedicati alla scoperta degli<br />

alberi e dei boschi monumentali<br />

del Parco Nazionale.<br />

Già da alcuni anni sono noti<br />

le potenzialità e i benefici della<br />

Citizen Science (Silverton, 2009),<br />

perciò la creazione di una sezione<br />

specifica nel webGIS del Parco<br />

all’interno della quale l’utente<br />

possa non solo monitorare lo<br />

status e la distribuzione di specie<br />

target, ma anche integrare il database<br />

con segnalazioni proprie<br />

da inviare al personale del Parco,<br />

allegate a coordinate geografiche e<br />

immagini, sarà uno dei fini ultimi<br />

di questo progetto.<br />

Servizi WebGis ed App specifiche<br />

permetteranno al fruitore di integrare<br />

il database con segnalazioni<br />

geografiche associate a descrizioni,<br />

commenti e immagini; la realizzazione<br />

di tali strumenti potrà<br />

essere definita sempre a partire da<br />

progetti QGIS.<br />

PAROLE CHIAVE<br />

QGIS; WebGis; Parchi; G3W-SUITE; GFOSS<br />

ABSTRACT<br />

The collection of naturalistic data, and their consequent<br />

management and organization to allow fruition and analysis,<br />

is a fundamental part of the life of a National Park.<br />

The Park Autorithy has implemented a suite based on the<br />

OS application G3W-SUITE. The framework allow to<br />

publish and manage WebGis services directly from cartohraphic<br />

project made by QGIS.<br />

The geographic portal, named http://biodiversita.parcoforestecasentinesi.it,<br />

allow free and rstricted access to the various<br />

WebGis services.<br />

G3W-SUITE is released on GitHub with Mozilla Public<br />

Licence 2.0<br />

AUTORE<br />

Walter Lorenzetti - lorenzetti@gis3w.it<br />

Leonardo Lami - lami@gis3w.it<br />

Francesco Boccacci - boccacci@gis3w.it<br />

Gis3W<br />

Davide Alberti<br />

davide.alberti@parcoforestecasentinesi.it<br />

Parco Nazionale “Foreste Casentinesi, Monte<br />

Falterona e Campigna”


REPORT<br />

SOLUZIONI DI GEOPOSIZIONAMENTO<br />

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<strong>GEOmedia</strong> n°4-<strong>2018</strong> 45


AGENDA<br />

26 - 30 Novembre <strong>2018</strong><br />

Amsterdam Drone Week<br />

Amsterdam (The Netherlands)<br />

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11 - 13 Dicembre <strong>2018</strong><br />

Workshop Med <strong>2018</strong><br />

Frascati (Italia)<br />

www.geoforall.it/kuyah<br />

20 - 22 Febbraio<br />

FOSS4G-IT 2019<br />

Padova (Italia)<br />

www.geoforall.it/kur8a<br />

10-11 Aprile 2019<br />

Conferenza Esri Italia<br />

Roma (Italia)<br />

www.geoforall.it/k8cpw<br />

27-29 Novembre <strong>2018</strong><br />

XXII Conferenza Nazionale<br />

ASITA<br />

Bolzano (Italia)<br />

www.geoforall.it/ku69r<br />

27 Novembre <strong>2018</strong><br />

Copernicus for Agriculture<br />

Bari (Italia)<br />

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28 - 30 Novembre <strong>2018</strong><br />

Corso di formazione<br />

in Telerilevamento per<br />

l’Agricoltura 4.0<br />

Bari (Italia)<br />

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16 - 19 Gennaio 2019<br />

TUSE The Unmanned System<br />

Expo<br />

Rotterdam (The Netherlands)<br />

www.geoforall.it/ku4r6<br />

6 - 8 Febbraio 2019<br />

11th EARSeL SIG IS<br />

Workshop<br />

Brno (Czech Republic)<br />

www.geoforall.it/k8cqr<br />

2 - 4 Aprile 2019<br />

Geospatial World Forum<br />

Amsterdam (The Netherlands)<br />

www.geoforall.it/kuqk8<br />

4 - 5 Aprile 2019<br />

Dronitaly<br />

Milano (Italia)<br />

www.dronitaly.it<br />

3 - 5 Maggio 2019<br />

GISTAM 2019<br />

Heraklion (Grecia)<br />

www.geoforall.it/kuf9x<br />

21 - 22 Maggio 2019<br />

GEO Business 2019<br />

Londra (UK)<br />

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