SMARTforCITY Numero uno
Smart cities technologies
Smart cities technologies
Do you know the secret to free website traffic?
Use this trick to increase the number of new potential customers.
Rivista trimestrale - anno I - Numero 1/2019 - Sped. in abb. postale 70% - Filiale di Roma
SMARTforcity
Città storiche verso il futuro
Numero 1 Aprile 2019
COMMUNITY
GOVERNANCE
TECHNOLOGY
GOVERNANCE
Tecnologie per
Nuovi Modelli
di Governance
Dai Bright
Green
Buildings alle
Bright Cities
COMMUNITY
Creatività e
partecipazione
nel governo
della Smart City
GOVERNANCE
Verso il
primo smart
archaeological
park @pompei
TECHNOLOGY
MOBILITA’ E AMBIENTE
Monitoraggi
Consulenze
Innovazioni Tecnologiche
RUMORE VIBRAZIONI
QUALITA’ DELL’ARIA
CONTROLLO DEL TRAFFICO E DEI PARCHEGGI
QUESTIONE di ETICHETTA
G. T. Doran utilizzò per primo l’acronimo S.M.A.R.T. (There’s a S.M.A.R.T. way to write management’s goals and objectives, Management
Review, nov. 1981) per indicare un obiettivo perseguibile: Specific, Measurable, Achievable, Realistic, Time-constrained.
Ci piace ricordarlo perchè riporta alla concretezza del fare.
Intorno al 2000 il termine viene usato per qualificare oggetti innovativi: smart car, smart phone, smart card. Il termine
contiene una miscela di significati: rapido, veloce, abile, acuto, brillante, intelligente, alla moda, elegante ma anche sfacciato,
impertinente, arrogante.
All’inizio del 2000 si inizia ad usare l’aggettivo per qualificare le città dove si ricorre alle ITC per migliorare la vita dei cittadini
e il funzionamento della città. Traduciamo smart city in citta intelligente. Che però è riduttivo. Sarebbe meglio, anche
per le città, lasciare il termine com’è con il suo mix di significati: intraducibile, come la nostra pizza.
Si fa presto a dire città. Chiamiamo così agglomerati urbani (ed umani) di dimensioni e storie affatto diverse.
La sociologia urbana dice che la sua dimensione ottimale perchè ogni abitante possa liberamente costruirsi una rete
di relazioni (circa 5.000 individui per le diverse necessità) è di 100-300mila abitanti; oltre esse, è come se l’aggregato
urbano fosse costituito da tante città e dovremmo usare il termine metropoli (e poi megalopoli). Anche il report 2007
“Smart cities” del Centre of Regional Science di Vienna pone l’attenzione sulle European medium-sized cities (100-500
mila abtanti).
Una cosa è applicare il concetto di smart city (e le politiche per il suo perseguimento) alle città di nuova fondazione o totalmente
modificate – Dubai o Laguna, Singapore o Shanghai – altra cosa per città dense di storia – Roma, Pisa o Amsterdam
– volendo e dovendo mantenere la continuità dei caratteri, non solo architettonici o urbanistici, che le hanno fatte
uniche. Come succede per il BIM (Building Infomation Modeling), quando viene applicato agli edifici storici diventa HBIM,
Heritage-BIM, con molta più complessità di applicazione e di tecnologie da utilizzare. Progettare una nuova smart city è
(quasi) facile; applicare le strategie smart alle città storiche risulta ben più complesso: ci sono già una community ed una
governance sedimentate, ci sono tutte quelle cose e storie che trasformano un aggregato di architetture in un contesto
(organismo?) urbano e che lo hanno fatto sopravvivere nei secoli. Le applicazioni smart a questi contesti urbani sono
spesso settoriali: reti wifi, mobilità, alcune funzioni amministrative. Già passi importanti, a patto che i cittadini (e gli altri
utenti) imparino ad utilizzarle. Serve forse anche una educazione alla città smart? Ma servirebbe anche una formazione
del personale addetto a far funzionare una città smart, dato che non tutto può essere del tutto automatizzato.
L’attenzione di questa rivista sarà dunque rivolta principalmente alle (nostre) città storiche e a quanto in esse viene sperimentato
e realizzato o anche solo proposto. Anche perchè, almeno in Italia, sarebbe auspicabile una politica di consumo
zero di suolo basata sul riuso. Anche per progettare politiche smart che permettano di ridare a Venezia o a Trastevere
quel brand pittoresco che ne ha determinato la fama, ormai cancellato da un sedicente turismo di rapina che le ha trasformate
in immensi ed affollati parchi giochi.
100-200mila abitanti sono un mercato interessante per i gruppi mondiali delle ITC: che ovviamente vendono il loro prodotti
utilizzabili per/nelle smart city. In sostanza, vendono la loro idea di smart city e ne condizionano la realizzazione. B.
Sterling introduce questo warning nel suo provocatorio Le città intelligenti non esistono (Internazionale num. 1246, 2018)
Ciò rischia di allargare il divide e di aumentare l’attrattività (gravitazionale) dei grandi centri urbani ancora a detrimento
dei piccoli. Anche se non mancano implementazioni in centri di dimensioni minori, c’è ancora bisogno di politiche smart
per tali centri: il traffico di Tivoli (56.000 ab.) è quasi peggiore di quello di Roma.
Il bello delle ITC è che permettono anche applicazioni gestite direttamente dalla community: gruppi di interesse, di solidarietà,
di informazione auto-organizzati. L’altra medaglia dell’utilizzo delle ITC per incrementare la vivibilità nelle città.
Anche a queste app la rivista intende porre attenzione. E per esse sarebbe utile anche l’attenzione e il sostegno della
governance (principio di sussidiarietà: art. 118 della Costituzione). Quindi: smart city top-down, ma anche bottom-up.
L’urbanizzazione ha, da sempre, determinato effetti negativi sia fisici (consumo di suolo, inquinamenti, fagocitazione di
risorse,...) che organizzativi (dell’amministrazione, dei cittadini, dei servizi, ..). Gli strumenti correttivi dispiegati in campo
e nel tempo sono risultati spesso fallimentari. L’afflato per la città smart sembra quasi una speranza di soluzione dove
l’economia, l’urbanistica, l’amministrazione si sono dimostrate in tutto o in parte inefficaci.
L’etichetta “smart” sembra anche un modo per qualificare la città nella competizione mondiale ed aumentarne l’attrattività.
Un po’ come essere sito UNESCO. Anche per la città smart, questione non secondaria è mantenere la qualifica: ma
mentre i caratteri di un sito UNESCO sono in buona parte stabili, per le smart cities proprio la veloce variazione delle
technologies, alle quali la qualifica è indissolubilmente legata, può rivelarsi un problema nella soluzione.
Infine, la città è legata funzionalmente ad un territorio: tale rapporto è ben rappresentato dall’Allegoria del Buon Governo
nel Palazzo Pubblico di Siena. Lo stesso concetto, amplificato, è nella definizione di aree metropolitane. Allora, oltre che di
smart city, bisognerà iniziare a ragionare di smart land, cioè della dimensione quotidiana di vita di molti utenti della città.
Questa rivista vuole essere uno strumento di confronto, riflessione e condivisione: quindi cerchiamo, oltre naturalmente
ai lettori, quanti vogliono portare il loro contributo ai diversi aspetti che convivono nella tematica delle smart cities.
Intanto, buona lettura.
Aldo Riggio
EDITORIALE
SOMMARIO
SMART for CITY
Numero 1 2019
SMART NEWS
GOVERNANCE
6
Creatività e
partecipazione
di Mara Ladu
SCHOLARS
COMPANIES
pag.18
pag.19
nel governo della
NETWORK
pag.20
OPPORTUNITIES pag.21
Smart City
REFERENCES
EVENTS
pag.22
pag.58
COMMUNITY
Pag. 12
La consulenza della
psicologia ambientale
e architettonica per
lo sviluppo della Smart City
di Ferdinando Fornara
SMARTforcity
Condizioni di abbonamento
La quota annuale di abbonamento alla rivista a stampa è di € 35,00.
Il prezzo di ciascun fascicolo compreso nell’abbonamento è di € 20,00. Il prezzo di ciascun fascicolo arretrato
è di € 25,00. I prezzi indicati si intendono Iva inclusa. L’editore, al fine di garantire la continuità del servizio,
in mancanza di esplicita revoca, da comunicarsi in forma scritta entro il trimestre seguente alla scadenza
dell’abbonamento, si riserva di inviare il periodico anche per il periodo successivo. La disdetta non è comunque
valida se l’abbonato non è in regola con i pagamenti. Il rifiuto o la restituzione dei fascicoli della
Rivista non costituiscono disdetta dell’abbonamento a nessun effetto. I fascicoli non pervenuti possono
essere richiesti dall’abbonato non oltre 20 giorni dopo la ricezione del numero successivo. Gli articoli firmati
impegnano solo la responsabilità dell’autore. È consentita la riproduzione del contenuto di questo numero
della Rivista in qualsiasi forma e con qualsiasi procedimento elettronico o meccanico, ivi inclusi i sistemi di
archiviazione e prelievo dati, purchè citando la fonte vengano dati gli opportuni riferimenti editoriali.
TECHNOLOGY
Pag. 24
Beliefs about smart mobility in the
Metropolitan City of Cagliari:
Findings from a focus group study
by Sara Manca, Francesca Tirotto,
Nicola Mura, Ferdinando Fornara
Pag. 28
Smart City e Smart
Land: per realizzarle
occorre un New
Deal Digitale!
di Raffaele Gareri
TECHNOLOGY
Pag. 32
Dai Bright Green
Buildings alle
Bright Cities
di Luigi Mundula e
Sabrina Auci
COMMUNITY
Pag. 46
Le città intelligenti sono
ecosistemi creativi
socialmente interconnessi?
di Alessia Usai
COMMUNITY
Pag. 38
Un modello
tecnologico integrato
per andare verso
Smart@Pompei
di Luca Papi, Alberto Bruni
TECHNOLOGY
Pag. 52
SMARTICIPATE: una
piattaforma digitale
collaborativa
di Claudio Bordi, Franco La
Torre, Pierluigi Potenza
COMMUNITY
Direttore Responsabile
Aldo Riggio
Comitato Scientifico:
Luigi Mundula (coordinatore), Renzo Carlucci,
Gabriele Ciasullo, Michele Luglio,
Francesco Marinuzzi, Flavia Marzano,
Carlo Maria Medaglia, Beniamino Murgante,
Luca Papi, Maria Paradiso, Tiziana Primavera.
Comitato Editoriale
Lucia Di Giambattista, Gianluigi Ferri,
Valerio Carlucci, Alessandro Sebastiano Carrus,
Alfonso Quaglione
Progetto grafico
Daniele Carlucci
smartforcity.it @smartforcity
Editore
MediaGEO soc. coop.
Via Palestro, 95 00185 Roma
Tel. 06.64871209 - Fax. 06.62209510
info@mediageo.it
Rivista in corso di registrazione
Science & Technology Communication
Science & Technology Communication
GOVERNANCE
Creatività e
partecipazione
nel governo
della Smart City
Il riuso temporaneo e la
gestione condivisa del
patrimonio immobiliare
pubblico per la
rigenerazione della città
storica del futuro
di Mara Ladu
Fig.1 - Alcuni dei più significativi beni immobili
pubblici dismessi o in fase di dismissione nella città
storica di Cagliari. Fonte: Elaborazione dell’autore.
Il tema del riuso e della rigenerazione del
patrimonio immobiliare pubblico è da tempo
al centro delle agende politiche dei governi
nazionali e locali, chiamati a restituire
funzionalità agli spazi vuoti generati dai
frequenti fenomeni di dismissione, razionalizzazione
e trasferimento dei servizi che
spesso caratterizzano le nostre città storiche.
L’obbiettivo appare molto più complesso se
si considera che la grave crisi economica ha
determinato ingenti tagli alle risorse pubbliche
e una forte contrazione degli investimenti
privati. All’interno di questo quadro
si inserisce la sperimentazione di nuovi
modelli di gestione per garantire l’utilizzo
di questo cospicuo patrimonio, basati sulla
collaborazione tra le amministrazioni locali
e la cittadinanza attiva.
Quest’articolo mette in luce
come il riuso temporaneo e
le forme di gestione condivisa
dei beni comuni urbani possano
accompagnare il processo di rinnovamento
delle città storiche in linea
con i principi alla base del paradigma
della Smart City.
LA SFIDA DEL RIUSO E DELLA
RIGENERAZIONE DEI BENI
PUBBLICI NELLA CITTÀ STORICA
Da diversi decenni le città italiane
sono interessate da frequenti
fenomeni di dismissione di beni
pubblici appartenenti allo Stato, alle
Regioni, agli Enti locali o ad altri
organismi e istituzioni pubbliche. Si
tratta di un processo comune a tante
città europee, testimonianza delle
nuove dinamiche di crescita urbana
che hanno determinato la
chiusura di importanti servizi pubblici
e attività produttive localizzate nei
nuclei antichi della città o nelle loro
immediate vicinanze (Abis e Ladu
2015), ma anche del riassetto geopolitico
stabilito nella seconda metà
del Novecento che ha consentito un
progressivo ridimensionamento della
presenza militare e degli spazi legati
alla difesa (Ponzini e Vani 2012). A
ciò si aggiunga che l’imperativo di
ridurre la spesa pubblica ha richiesto
una razionalizzazione dell’uso dei
beni patrimoniali da parte dello Stato
e una complessiva riorganizzazione
degli spazi della pubblica amministrazione.
Sono tutti fenomeni che hanno esposto
a un forte rischio di degrado e potenziale
abbandono manufatti architettonici
sovente di interesse storico
e culturale, molti dei quali realizzati
a cavallo tra Ottocento e Novecento
6 SMARTforCITY - Numero 1 2019
(Gastaldi 2014) per rispondere alle
esigenze della società borghese e che,
per le importanti funzioni pubbliche
in essi insediate, hanno contribuito
fortemente alla costruzione dei valori
civici nel nostro Paese [1](Fig. 1).
È chiaro dunque che il loro mancato
utilizzo richiama enti e istituzioni
direttamente coinvolte, ma anche la
società civile, a definire nuove funzioni
per garantire che questo cospicuo
patrimonio continui a svolgere il
ruolo di rappresentanza e di presidio
urbano storicamente acquisito.
Tuttavia, questa si prefigura una sfida
ardua, specialmente per le numerose
difficoltà di natura gestionale, a cui si
sommano i problemi di natura tecnica
e procedurale. Infatti, il tema della
gestione del patrimonio immobiliare
pubblico in Italia ha visto susseguirsi
e spesso sovrapporsi posizioni
politiche contrastanti, dapprima vicine
ad un approccio prettamente economico
alla gestione dei “gioielli di
famiglia” (Settis 2007), intesi come un
asset improduttivo da immettere sul
mercato per risanare il bilancio dello
Stato, poi più vicine all’idea secondo
la quale tali beni rappresentano una
risorsa fondamentale per lo sviluppo
economico e sociale del territorio e
delle comunità insediate (Gaeta e
Savoldi 2013; Gastaldi 2014; Agenzia
del Demanio 2015; Micelli e Mangialardo
2016). Le recenti linee guida in
materia individuano quattro azioni
strategiche per garantire una efficace
gestione e valorizzazione del patrimonio
immobiliare pubblico in Italia. In
particolare, si raccomanda di «colmare
il deficit conoscitivo del patrimonio
pubblico come indispensabile premessa
a qualunque azione; consolidare
e rendere organico un quadro normativo
non esente da contraddizioni
e ridondanze; coniugare l’azione di
tutela e di valorizzazione dei beni con
la promozione dello sviluppo locale;
non alienare il patrimonio pubblico se
ciò non è inevitabile» (Gaeta e Savoldi
2013, 5).
È chiaro che la vendita del patrimonio
disponibile non viene condannata a
priori ma piuttosto considerata una
soluzione a cui approdare solo dopo
aver considerato tutte le alternative
possibili e valutato l’eventuale sussistenza
dell’interesse pubblico alla
sua conservazione, tenendo conto del
ruolo insostituibile che questo svolge
come presidio sul territorio, come
testimonianza e memoria culturale
della nazione e come potenziale fonte
di reddito o di produzione di servi di
nuovo welfare locale (Gaeta e Savoldi
2013, 40). All’interno di questo quadro
di intenti, la promozione del riuso
temporaneo dei beni immobili pubblici
sulla base di determinati accordi
di collaborazione con la cittadinanza
attiva può rappresentare una valida
alternativa all’alienazione, contribuendo
al contempo alla costruzione di
una città storica intelligente.
VERSO UNA DEFINIZIONE DEL
RIUSO TEMPORANEO
Le origini del riuso temporaneo in ambito
europeo possono essere fatte risalire
alle prime forme di occupazione
abusiva (squatting) degli edifici sfitti o
inabitati verificatesi sin dagli anni ’70
in città come Londra, Berlino, Amburgo,
Amsterdam, Copenaghen, Parigi e
Zurigo, assumendo diversi connotati in
ciascuno dei paesi interessati (Piazza
2012). Tuttavia, sebbene storicamente
codificato come iniziativa promossa
dal basso, in aperto contrasto con le
strategie e i programmi per la città
ideati dall’alto, negli ultimi tempi il
Temporary Urbanism si avvia a diventare
una modalità di intervento istituzionalizzata
(Alberti, Scamporrino e
Rizzo 2016). Ad oggi, con l’espressione
riuso temporaneo ci si riferisce
a quell’insieme di azioni promosse
dalla comunità e, nelle sue forme più
mature, dalle istituzioni pubbliche e
dai privati investitori [2] (Robiglio
2016 e 2017) per restituire
funzionalità a tutti quegli spazi
abbandonati testi-moni del passaggio
all’era post-industriale o information
age (Toffer 1981) e degli effetti
prodotti dalla negativa congiuntura
economica mondiale nelle città.
In effetti, in ambito europeo la
modalità d’uso temporaneo si afferma
prevalentemente come «azione
“tattica” di modificazione dell’habitat,
laddove i processi di deindustrializzazione
e contrazione demografica,
all’origine del fenomeno delle cosiddette
shrinking cities, determinano una
sovrabbondanza di vuoti urbani, aree
marginali e spazi “in attesa” privi di
destinazioni d’uso definitive» (Alberti,
Scamporrino e Rizzo 2016, 281). Essa
si configura come un’efficace risposta
non solo alla difficoltà degli amministratori
nel governare le trasformazioni
del palinsesto urbano, ma anche
all’evolversi delle pratiche d’uso della
città da parte dei suoi utilizzatori,
in particolare di quella popolazione
attiva desiderosa di mettersi in gioco
per migliorare i livelli di qualità della
vita urbana (Mangialardo 2017). Con
sempre maggiore frequenza i cittadini,
in forma singola o associata, richiedano
alle amministrazioni locali la
disponibilità di immobili per usi legati
alla dimensione sociale, abitativa
e lavorativa. In particolare, giovani
e associazioni richiedono spazi per
promuovere l’incontro e la socializzazione,
per sperimentare nuove forme
dell’abitare (co-housing, bad-sharing,
foresterie, residenze artistiche, ostelli),
per avviare attività di co-working, fab
lab e sviluppare start up culturali e
sociali. Lontane dal concetto di “grandi
opere”, tali azioni sono più vicine alle
logiche smart di interventi leggeri da
realizzarsi in tempi ridotti e capaci di
avviare una “rigenerazione urbana low
cost”, fra cui il riuso temporaneo sembra
avere un peso crescente. Infatti,
secondo l’accezione proposta da Campagnoli
(2014, 24) per riuso temporaneo
si intende «qualsiasi operazione
di uso parziale e limitato nel tempo
che produca il massimo dei risultati di
utilità e funzionalità con il minimo dei
GOVERNANCE
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 7
GOVERNANCE
costi». E ancora egli aggiunge che tale
obbiettivo può essere perseguito «attraverso
la re-interpretazione creativa
degli spazi per esempio individuando
funzioni “compatibili” con lo stato dei
luoghi o con semplici operazioni di
pulizia, riordino e adattamento dei
manufatti». Dunque, affinchè possano
essere considerati idonei ad ospitare
forme di riuso flessibile, gli spazi
dovrebbero presentare alcune caratteristiche,
ovvero: «essere già “pronti
all’uso” (o quasi); trovarsi in condizioni
di permettere l’avvio in tempi brevi
(6-10 mesi); richiedere interventi di
“approntamento” non strutturali e
comunque “low budget” (microinvestimento),
senz’altro più di restyling che
strutturali» (Campagnoli 2014, 23).
Sulla base di queste prerogative, i
beni di proprietà pubblica possono
essere messi a disposizione della
cittadinanza attraverso diverse fattispecie
contrattuali quali l’affitto, la
concessione pubblica e il comodato
d’uso, calmierato o gratuito. È chiaro
comunque che per affermare il riuso
temporaneo come un’ordinaria pratica
di rigenerazione urbana, è necessario
definire chiare politiche di promozione
nazionali e locali.
LA COSTRUZIONE DI UNA
CULTURA ISTITUZIONALE E
AMMINISTRATIVA PER
PROMUOVERE IL RIUSO
TEMPORANEO E LA GESTIONE
COLLABORATIVA DEI
BENI COMUNI URBANI
Sebbene il concetto di temporalità
nella pratica urbanistica italiana sia
stato introdotto sin dalla fine degli
anni ’80 e si sia affermato agli inizi del
decennio successivo con le politiche
temporali urbane definite nell’ambito
della riforma della pubblica amministrazione
[3] (Bonfiglioli e Mareggi
1997; Bonfiglioli 2001), ad oggi nel
nostro Paese è assente una chiara
regola-mentazione e una procedura
codifi-cata per il riuso temporaneo a
livello nazionale. A differenza di altri
contesti
8 SMARTforCITY - Numero 1 2019
Fig. 2 - Il complesso dei Mercati Generali e il fronte delle palazzine in stile liberty su Viale Molise. Sono indicate la Palazzina
4, occupata dal collettivo indipendente MACAO, e la Palazzina 7, per la quale è stato promosso il progetto di riuso
temporaneo. Fonte: Elaborazione dell’autore
europei, le sperimentazioni in atto devono
farsi strada all’interno della legislazione
vigente in materia di governo
del territorio e della normativa di
settore, spesso poco inclini alle nuove
esigenze della società contemporanea
(Alberti, Scamporrino e Rizzo 2016).
Tuttavia, bisogna riconoscere che
anche in Italia inizia a manifestarsi un
certo fermento culturale che vede lo
Stato, le Regioni e gli Enti locali più
propensi a favorire la partecipazione
e il coinvolgimento della cittadinanza
attiva non solo nella programmazione
dell’offerta di servizi socio-culturali
ma anche nella gestione di tutti
quegli spazi pubblici in disuso, intesi
nella più ampia accezione di beni
comuni urbani (Mistretta, Garau e
Pintus 2014). Al contempo, sta emergendo
una cultura istituzionale e
amministrativa attenta a integrare le
pratiche di riuso temporaneo all’interno
delle politiche pubbliche per
la città, mentre le esperienze messe
in campo hanno colmato un effettivo
gap tecnico-amministrativo, gestionale
e normativo che attribuiva a queste
forme di utilizzo un carattere precario,
sperimentale ed eccezionale (Cantaluppi,
Inti e Persichino 2015).
Le ragioni di questa rinnovata consapevolezza
sono certamente di tipo
etico, e vanno ricercate nel principio
di sussidiarietà orizzontale alla base
del nostro ordinamento giuridico,
così come formulato all’art. 118 della
legge di revisione costituzionale del
2001 [4], ripreso successivamente dal
Decreto Legge 12 settembre 2014, n.
133 (Sblocca Italia), che conferisce ai
comuni la possibilità di collaborare
con i cittadini e il terzo settore per la
realizzazione di proposte di intervento
Fig. 3 - Organizzazione degli spazi all’interno della Palazzina 7. Al piano terra hanno trovato sede due laboratori e un
atelier (2,3,4), assieme all’infopoint dell’associazione Temporiuso.net (5). Il primo piano invece, è stato adibito a residenza
per due studenti (6,7) e una giovane lavoratrice (8). Fonte: http://www.temporiuso.org/
Fig. 4 - Vista dal cortile interno del monumentale complesso di Sant’Agata realizzato dai padri
Teatini nel XVII secolo. Fonte: http://www.maite.it/exsa/il-progetto/
in territori da riqualificare [5]. La
legittimazione delle iniziative
popolari per lo sviluppo di attività di
interesse pubblico rappresenta una
grande opportunità per la crescita del
Paese, specialmente in un momento di
auste-rità che ha causato un
indebolimento del sistema del welfare
state. All’interno di questo rinnovato
quadro di principi, le amministrazioni
locali, supportate da esperti e attivisti,
stan-no emergendo come le vere
protago-niste del cambiamento,
impegnandosi costantemente a
sviluppare program-mi, politiche e
progetti per il riuso temporaneo di
spazi in abbandono. Si pensi
all’iniziativa del Comune di Sesto San
Giovanni di avviare la sperimentazione
del riuso temporaneo di
grandi aree industriali dismesse
nell’attesa di portare a compimento
i progetti di rigenerazione urbana
legati alle previsioni del PGT e
a concorsi internazionali, tra cui il
masterplan per l’ex Area Falk firmato
da Renzo Piano; ma ancora all’esperienza
del Comune di Milano che con
la Delibera Comunale del 30 marzo
2012 (P.G. 205399/2012) ha sancito
il “Protocollo d’Intesa per l’avvio sul
territorio milanese di sperimentazioni
di riuso temporaneo di edifici ed
aree in abbandono, sottoutilizzate
o di prossima trasformazione” tra il
Comune, il Dipartimento di Architettura
e Pianificazione del Politecnico
di Milano (DAStU) e l’associazione
culturale Temporiuso.net [6]
(Cantaluppi, Inti e Persichino 2015),
consentendo la diffusione di pratiche
di riuso tem-poraneo in tutta la città,
interessando anche quegli spazi dal
futuro incerto per via della situazione
di strallo che oggi caratterizza diverse
operazioni di trasformazione urbana. A
tal proposito, è interessante il [7]
progetto P7 per la riattivazione di una
delle sette palazzine su Viale Molise,
di proprietà della So.Ge.MI, all’interno
della vasta area dei Mercati Generali
(Fig. 2). A seguito del fallimento di
alcuni tentativi di riqualificazione
dell’intero comparto, l’associazione
Temporiuso.net ha messo in atto una
serie di iniziative che hanno
consentito il riutilizzo del bene
attraverso l’allestimento di spazi di
co-working, di aggregazione di
quartiere e di studentato a prezzi lowcost
[8] (Fig. 3).
Ad ogni modo, oltre all’adozione della
delibera comunale, che si configura lo
strumento utilizzato più di frequente
dalle pubbliche amministrazioni per
semplificare l’iter per il permesso di
abitabilità e uso temporaneo, ciò che
accomuna sempre più città in Italia è
la scelta di adottare il “Regolamento
sulla collaborazione tra cittadini e
amministrazione per la cura e la rigenerazione
dei beni comuni urbani” [9].
Si tratta di un documento che stabilisce
principi e modalità da seguire per
favorire una efficace collaborazione
tra le istituzioni e la cittadinanza nella
gestione di beni di proprietà pubblica,
in disuso o sottoutilizzati, che si
intende rigenerare, anche solo
temporaneamente, attraverso lo sviluppo
di progetti orientati a promuovere
la creatività urbana,
l’innovazione sociale o la produzione
di servizi, in attesa di stabilire
destinazioni d’uso definitive (Comune
di Bologna e Lab-sus 2014). Il cuore
del regolamento è il “Patto di
collaborazione” con cui il Comune e i
cittadini concordano le modalità per
la realizzazione degli interventi sui
beni comuni urbani
(individuati dall’amministrazione o
proposti dal basso) che vanno dalla
cura occasionale, alla cura costante e
continuativa, sino alla gestione condivisa
e alla rigenerazione, prestando
attenzione a definire usi compatibili
con gli eventuali valori storici e architettonici
riconosciuti [10] (De Medici
2010; De Medici e Pinto 2012) .
Il Patto di collaborazione definisce gli
obbiettivi e la durata della collaborazione,
i reciproci impegni dei sog-getti
coinvolti e le forme di sostegno
messe a disposizione del Comune, le
modalità di fruizione collettiva, ma
anche le conseguenze di eventuali
danni a persone o cose e gli assetti
conseguenti alla conclusione della
Fig. 5 - Planimetria del Livello 0 dell’ex carcere di S. Agata. In
colore giallo sono evidenziati gli spazi destinati
all'associazione Maite, così come previsto dal Patto di
Collaborazione. Fonte: (Comune di Bergamo 2017)
GOVERNANCE
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 9
GOVERNANCE
collaborazione [11]. Recenti
esperienze hanno messo in luce come
le ini-ziative di natura culturale e
sociale promosse dal basso e
regolamentate dallo strumento del
Patto di collabo-razione abbiano
contribuito a riempire di significato
tanti spazi pubblici in disuso o in stato
di abbandono, anche all’interno di più
complessi program-mi di
rigenerazione urbana, come è
avvenuto per l’ex carcere di
Sant’Agata, nel nucleo antico di
Bergamo Alta, di-smesso da quasi
trent’anni (Fig. 4). Qui, dopo il
trasferimento del bene dallo Stato al
Comune [12] , nell’Aprile del 2017 il
MiBACT, l’Agenzia del Demanio e la
città di Bergamo hanno stipulato un
Accordo di Valorizzazione per l’intero
complesso monumentale, definendo
un ambizioso progetto che contempla
la possibilità di destinare alcuni spazi
a utilizzi temporanei per finalità culturali.
La successiva stipula del Patto
di collaborazione con l’Associazione
culturale Maite (Comune di Bergamo
2017) ha consentito l’avvio di un ricco
programma di iniziative in ambito
artistico-culturale (progetto ExSA) integrate
nelle dinamiche urbane della
città e capaci di rafforzare il tessuto di
relazioni CONCLUSIONI sociali nel quartiere (Fig. 5).
I principi teorici e operativi discussi
consentono di promuovere il riuso
temporaneo e le forme di gestione
collaborativa del patrimonio immobiliare
pubblico come pratica ordinaria
di rigenerazione della città storica,
capace di accompagnarne il naturale
processo di rinnovamento in linea
con le sei principali declinazioni del
paradigma della Smart City, ovvero:
Smart Governance; Smart Economy;
Smart Mobility; Smart Environment;
Smart People; Smart Living (European
Parlament 2014).
Innanzitutto, l’implementazione di
politiche e progetti per il riuso e la
rigenerazione del patrimonio costruito
storico, tra cui rientra anche
il riuso temporaneo, rappresenta un
compito primario dell’urbanistica da
qui ai prossimi decenni e si configura
come un’azione fondamentale per
perseguire un modello di sviluppo
rigenerativo (Restorative Development)
(Cunningham 2002) e sostenibile (UE
2016). Infatti, il riuso del costruito
esistente è un principio cardine della
città sostenibile che cresce al suo
interno recuperando le parti dismesse
e gli spazi in abbandono e limitando
l’ulteriore consumo di suolo, prerogativa
dinanzi alla quale non ci si può
sottrarre (Gallione e Favaron 2015).
Il modello di città compatta (Musco
2009), che si contrappone a quello
dell’urban sprawl, non solo consente di
salvaguardare l’ambiente e ristabilire
un uso bilanciato del territorio urbano
e non urbano (Smart Environment), ma
favorisce anche la transizione verso
sistemi di trasporto ecologici (Smart
Mobility), limitando in tal modo la
concentrazione di sostanze inquinanti
nell’atmosfera.
Ma ancora, la costruzione di partnership
tra istituzioni e cittadini per il
riuso e la gestione dei beni immobili
pubblici sulla base di appositi regolamenti
aiuta a consolidare un modello
di governance urbana efficiente,
all’interno della quale i diversi attori
collaborano per il raggiungimento
di obbiettivi condivisi, nell’interesse
delle comunità (Smart Governance).
Elemento caratteristico del principio
della Smart Governance è anche la
capacità di integrare le proposte di
riuso provenienti dal basso all’interno
di più complessi programmi di rigenerazione
della città, concependo le
operazioni di trasformazione urbana
come processi incrementali aperti a
sempre nuove suggestioni provenienti
dall’esterno (Robiglio, 2017). La maggiore
apertura verso queste iniziative
ha spesso consentito di trasformare
le strutture esistenti in spazi polifunzionali,
pluriservizi e multitasking per
assolvere a molteplici funzioni d’uso
e rispondere alle necessità di diversi
fruitori, migliorando l’offerta di servizi
culturali o rispondendo a una precisa
domanda di contesto, in un’ottica di
nuovo welfare urbano (Smart Ecomony).
Inoltre, laddove la disponibilità
di beni abbia consentito l’avvio di
start up giovanili, gli spazi vuoti sono
stati riempiti di idee, energie e talenti
individuali e collettivi, contribuendo
alla rinascita di intere parti di città
(Campagnoli 2014). Sono tutti segni di
una società inclusiva che punta a valorizzare
il capitale umano, a promuove
la creatività e l’innovazione sociale
(Smart People), considerata fondamentale
per lo sviluppo dei territori,
specialmente in momenti di crisi.
Per concludere, la riappropriazione
di spazi in abbandono da parte della
cittadinanza attiva attraverso la promozione
di attività e servizi culturali
contribuisce a rendere le aree urbane
storiche più sicure e attrattive, a
migliorare la qualità della vita della
popolazione (Smart Living) e ad accrescere
il senso di appartenenza e responsabilità
delle comunità insediate.
Non soltanto i super progetti ipertecnologici
ma anche i piccoli e modesti
interventi legati alle singole realtà
locali e territoriali possono contribuire
efficacemente alla costruzione di una
dimensione tutta italiana dell’idea di
Smart City (Franz 2014).
Il presente contributo è stato prodotto
durante la frequenza del corso
di dottorato in ingegneria Civile e
architettura dell’università degli
studi di Cagliari, a.a. 2014/2015 -
XXX ciclo, con il supporto di una
borsa di studio finanziata con le
risorse del P.O.R. SARDEGNA F.S.E.
2007-2013 - Obiettivo competitività
regionale e occupazione, asse IV
Capitale umano, linea di attività l.3.1
“finanziamento di corsi di dottorato
finalizzati alla formazione di capitale
umano altamente specializzato, in
particolare per i settori dell’ICT, delle
nanotecnologie e delle biotecnologie,
dell’energia e dello sviluppo
sostenibile, dell’agroalimentare e dei
materiali tradizionali”.
10 SMARTforCITY - Numero 1 2019
NOTE
[1] Tra i manufatti e le infrastrutture
che hanno costruito la città pubblica tra
Ottocento e Novecento si annoverano
ferrovie, fabbriche, ortomercati, mattatoi,
opifici, ospedali, carceri, caserme. Si tratta
di grandi complessi che hanno ospitato
importanti funzioni pubbliche e che, divenuti
obsoleti, vengono dismessi, in attesa
di definirne nuovi cicli di vita.
[2] Volendo scorgere lo sguardo al
contesto statunitense, la pratica del riuso
temporaneo inizia ad essere presa in
considerazione anche dagli operatori
privati desiderosi di investire negli spazi
abbandonati attraverso un progetto-processo
di adaptive reuse (Robiglio 2016 e
2017). Infatti, le modalità di occupazione
informale degli spazi, sulla base dell’organizzazione
di eventi, festival culturali
e artistici, possono costituire le prime
fasi di un processo di riuso attraverso le
quali iniziare a costruire un senso e una
coscienza del luogo, a definire nuove centralità
urbane, a testare l’attrattività del
progetto e ad accrescere il valore sociale
ed economico del bene.
[3] Si fa riferimento alla legge dell’8
giugno 1990, n. 142, Ordinamento delle
autonomie locali, art 36, comma 3. La
legge attribuiva ai sindaci la competenza
in materia di coordinamento degli orari
dei servizi pubblici.
[4] La legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3 “Modifiche al titolo V della parte
seconda della Costituzione” pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24
ottobre 2001, recita:
«Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane
e Comuni favoriscono l’autonoma
iniziativa dei cittadini, singoli e associati,
per lo svolgimento di attività di interesse
generale, sulla base del principio della
sussidiarietà» (art. 118, ultimo comma).
[5] Si tratta del Decreto Legge 12 settembre
2014, n. 133, convertito in Legge, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, Legge
11 novembre 2014, n. 164. L’art. 24 (Misure
di agevolazione della partecipazione
delle comunità locali in materia di tutela
e valorizzazione del territorio) recita:
«I Comuni possono definire i criteri e le
condizioni per la realizzazione di interventi
su progetti presentati da cittadini
singoli e associati, purchè individuati in
relazione al territorio da riqualificare.
Gli interventi possono riguardare la
pulizia, la manutenzione, l’abbellimento
di aree verdi, piazze o strade ed in genere
la valorizzazione di una limitata zona del
territorio urbano o extraurbano. In relazione
alla tipologia dei predetti interventi
i Comuni possono deliberare riduzioni
o esenzioni di tributi inerenti al tipo di
attività posta in essere. L’esenzione viene
concessa per un periodo limitato, per
specifici tributi e per attività individuate
dai Comuni, in ragione dell’esercizio
sussidiario dell’attività posta in essere»
(art. 24, comma 1).
[6] Temporiuso.net è un’associazione
culturale per la promozione di progetti di
riuso temporaneo di spazi in abbandono, i
cui fondatori e coordinatori sono Isabella
Inti, Valeria Inguaggiato, Giulia Cantaluppi,
Andrea Graglia, e dal 2011 anche Matteo
Persichino.
[7] Il progetto P7. Palazzina Liberty Ospitalità
e Scambio è un progetto pilota di
riuso temporaneo promosso e gestito in
prima linea dall’associazione Temporiuso.
net a partire dal 2012 nell’ambito del programma
Temporiuso X Milano, all’interno
del progetto di “Riattivazione di spazi di
interesse cittadino con progetti di riuso
temporaneo” sostenuto dal Comune di
Milano e dal DAStU, Politecnico di Milano,
sulla base della Protocollo d’intesa siglato
il 30 marzo 2012.
[8] Il progetto ha consentito di mettere
in atto le 7 azioni ritenute strategiche
per avviare e gestire un progetto di riuso
temporaneo, così come illustrato nel
Manuale per il riuso temporaneo di spazi
in abbandono ideato dalla stessa associazione
(Cantaluppi, Inti e Persichino, 2015):
1) mappare gli spazi abbandonati e
sottoutilizzati per conoscere le diverse
tipologie di offerta (Offerta);
2) mappare le popolazioni che potrebbero
fruire degli spazi (Domanda);
3) individuare possibili nuovi usi degli
spazi in riferimento al determinato contesto
locale (Cicli di vita);
4) definire il livello di interventi, straordinari
e ordinari, necessari per adeguare gli
spazi (Livelli);
5) redigere bandi pubblici o “inviti alla
creatività” per l’assegnazione degli spazi
(Bandi);
6) definire modelli di gestione, le regole
d’uso, condivisione e apertura al pubblico
degli spazi (Regole);
7) sviluppare politiche pubbliche per
consolidare e implementare i progetti di
riuso temporaneo e valorizzazione del
patrimonio immobiliare e paesaggistico
(Politiche).
[9] Il “Regolamento sulla collaborazione
tra cittadini e amministrazione per la
cura e la rigenerazione dei beni comuni
urbani” è stato ideato nel 2014 da Labsus
– Laboratorio per la sussidiarietà, in
collaborazione con il Comune di Bologna.
Scaricabile al seguente link: http://www.
labsus.org/i-regolamenti-per-lamministrazione-condivisa-dei-beni-comuni/
Il Comune di Bologna è stato il primo in
Italia ad aver approvato il Regolamento,
il 19 maggio 2014, con deliberazione del
Consiglio Comunale O.d.G. n.172/2014,
P.G. n. 45010/2014.
[10] Qualora i progetti di rigenerazione
proposti riguardino beni culturali e paesaggistici
sottoposti a tutela ai sensi del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,
essi sono preventivamente sottoposti al
parere della Soprintendenza competente,
secondo le procedure previste dal
dettato del Codice dei Beni culturali e del
paesaggio.
[11] Per ulteriori approfondimenti visitare
il portale di Labsus: http://www.labsus.
org
[12] Nel 2012, l’immobile è stato oggetto
di un accordo tra l’Agenzia del Demanio,
il Ministero per i Beni e le Attività
Culturali-Direzione Regionale per i Beni
Culturali e Paesaggistici della Lombardia
e il Comune di Bergamo per il trasferimento
dallo Stato al Comune a titolo
non oneroso e per la definizione di un
programma di tutela e di valorizzazione
ai sensi dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n.
85/2010 sul federalismo demaniale e del
D.Lgs. n. 42/2004.
GOVERNANCE
BIBLIOGRAFIA
Abis E. & Ladu M. (2015) Il paesaggio
della città pubblica. Il patrimonio
immobiliare e il sistema del verde
nella città storica. In: Abis E., a cura
di, Paesaggio storico urbano. Progetto e
qualità per il castello di Cagliari, Roma:
Gangemi, 266-299.
Agenzia del Demanio (2015) Strategie
e strumenti per la valorizzazione del
patrimonio immobiliare Pubblico.
Vademecum elaborato nell’ambito del
progetto E.P.A.S.
Alberti F., Scamporrino M. & Rizzo A.
(2016) Promuovere l’azione tattica. La
temporalità nella pratica urbanistica.
In: Talia M., a cura di, Un nuovo ciclo
di pianificazione tra tattica e strategia,
Roma-Milano: Planum Publisher, 281-
286.
Bonfiglioli S. & Mareggi M., a cura di
(1997) Il tempo e la città fra natura e
storia: atlante di progetti sui tempi della
città. Urbanistica-Quaderni, 12. Roma:
INU.
Bonfiglioli S. (2001) Comprendere la
città del presente e rinnovare il progetto
urbano in un’ottica time oriented sono
ambizioni dell’urbanistica dei tempi.
Territorio, 18: 30-32.
Campagnoli G. (2014) Riusiamo l’Italia.
Da spazi vuoti a start-up culturali e sociali,
Milano: Il Sole 24 ore.
Cantaluppi G., Inti I. & Persichino M., a
cura di (2015) Temporiuso. Manuale per il
riuso temporaneo di spazi in abbandono,
in Italia, Milano: Altra economia.
Comune di Bologna & Labsus (2014)
Regolamento sulla collaborazione tra
cittadini e amministrazione per la cura e
la rigenerazione dei beni comuni urbani.
Delibera Consiglio comunale, 19 maggio
2014, n. 172.
Comune di Bergamo (2017)
Approvazione del Patto di Collaborazione
tra Comune di Bergamo e associazione
Maite per la cura e rigenerazione di una
porzione di immobile in vicolo S. Agata
all’interno dell’ex carcere di S. Agata.
Delibera di giunta del 21 dicembre
2017, atto 0586-17.
Cunningham S. (2002) The restoration
economy: The greatest new growth
frontier— Immediate and emerging
opportunities for businesses, communities
and investors, San Francisco: Berrett-
Koehler.
De Medici S. (2010) Nuovi usi per la
tutela e la valorizzazione del patrimonio
costruito. La privatizzazione dei beni
immobili pubblici, Milano: Franco Angeli.
De Medici S. e Pinto M. R. (2012)
Valorizzazione dei beni culturali
pubblici e strategie di riuso. Techne, 03:
140-147.
European Parlament (2014) Mapping
Smart Cities in the EU, Brussels:
Directorate General for Internal
Policies.
Expert Working Group on Smart Cities
Applications and Requirements (2011)
Net!Works European Technology Platform,
White Paper 20 May 2011.
Franz G. (2014) Cosa si intende per
Smart City e come dovremmo agire in
Italia. In: Fregolent L. & Savino M., a
cura di, Città e politiche in tempo di crisi
Milano: Franco Angeli, 311-322.
Gaeta L. & Savoldi P., a cura di (2013)
Orientamenti per la gestione del
patrimonio pubblico. Documento Società
Italiana degli Urbanisti.
Gallione M. & Favaron F., a cura di
(2015) Dossier RI.U.SO. 2015. Buone
pratiche di progettazione urbana in
Europa. Documento Consiglio Nazionale
degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti
e Conservatori.
Gastaldi F. (2014) Aree militari dismesse
e immobili pubblici: fra passato e futuro
(incerto). In: Fregolent L. & Savino M., a
cura di, Città e politiche in tempo di crisi
Milano: Franco Angeli, 346-356.
Mangialardo A. (2017) Il Social
Entrepreneur per la Valorizzazione
del Patrimonio Immobiliare Pubblico.
Scienze Regionali, Italian Journal of
Regional Science, 3: 473-480.
Micelli E. & Mangialardo A. (2016)
Riuso urbano e immobili pubblici: la
valorizzazione del territorio bottom up.
Territorio, 79: 109-117.
Mistretta P., Garau C. & Pintus S.
(2014) Beni comuni dello spazio urbano,
Cagliari: CUEC Editrice.
Musco F. (2009) Rigenerazione urbana e
sostenibilità, Milano: Franco Angeli.
Piazza G. (2012) Il movimento delle
occupazioni di squat e centri sociali in
Europa. Una introduzione. Partecipazione
e conflitto, 1 (5): 5-18.
Ponzini D. & Vani M. (2012) Immobili
militari e trasformazioni urbane.
Territorio, 62: 13-18.
Robiglio M. (2016) The Adaptive Reuse
Toolkit. How Cities Can Turn their
Industrial Legacy into Infrastructure for
Innovation and Growth, Washington: The
German Marshall Fund of the United
States.
Robiglio M. (2017) RE–USA: 20 American
Stories of Adaptive Reuse. A Toolkit for
Post-Industrial Cities, Berlino: Jovis
Verlag GmbH.
Settis S. (2007) Italia S.p.A : l’assalto al
patrimonio culturale, Torino: G. Einaudi.
Toffer A. (1981) The Third Wave, New
York: Bantam Books.
UE (2016) Urban Agenda for the EU - Pact
of Amsterdam. Agreed at the Informal
Meeting of EU Ministers Responsible
for Urban Matters on 30 May 2016 in
Amsterdam, The Netherlands.
AUTORE
Mara Ladu
maraladu@unica.it
Architetto e dottoranda del Corso di
Ingegneria Civile e Architettura presso
il Dipartimento di Ingegneria Civile,
Ambientale e Architettura (DICAAR) –
Università di Cagliari.
ABSTRACT
Since the late 20th century European
cities have had to face with
many vacant buildings and spaces
that had lost their original purpose.
Not only industrial sites but also
important public properties across
cities and their historic urban cores
demand new uses to meet the needs
of contemporary society. Although
this issue assumes a significant role
in Italian politics, difficulties remain
in the management framework,
especially because of the lack
of public resources and private
investments in the Age of Austerity.
This paper will argue that collaboration
between citizens and local
authorities for temporarily using
and having care of “urban commons”
could be a successful approach to
revitalize historic cities according to
the paradigm of Smart City.
PAROLE CHIAVE
patrimonio immobiliare pubblico; dismissioni;
riuso temporaneo; gestione
condivisa
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 11
COMMUNITY
La consulenza della psicologia
ambientale e architettonica per lo
sviluppo della Smart City
di Ferdinando Fornara
Il seguente contributo
ha l’obiettivo di presentare
una branca disciplinare
ancora poco
conosciuta, definita
Psicologia Ambientale
o Psicologia Architettonica,
in riferimento
alle sue potenzialità di
consulenza e supporto
alla progettazione e
pianificazione di spazi
urbani nell’ottica della
Smart City.
In particolare, verrà sottolineata
l’importanza di rilevare le valutazioni
espresse dai cosiddetti utenti
o utilizzatori dell’ambiente urbano, in
modo da dare piena attuazione a una
filosofia progettuale che sia realmente
“centrata sull’utente”. Chiaramente,
l’utilità di tali informazioni valutative
fornite al versante della progettazione
e pianificazione urbana è direttamente
proporzionale al livello di attendibilità
dei dati raccolti e, di conseguenza,
al rigore metodologico delle
procedure di ricerca. In tal senso, la
letteratura scientifica psicologico-ambientale
sulla valutazione di qualità
dei luoghi urbani rispecchia fedelmente
l’esigenza di una progettazione
basata sull’evidenza empirica (evidence-based
design), al fine di migliorare
la qualità globale di un intervento e
di soddisfare i bisogni e le aspettative
di coloro che occupano l’unità ambientale
interessata dall’intervento.
LE ORIGINI DELLA PSICOLOGIA
AMBIENTALE E ARCHITETTONICA
Come riportato nel volume “Che
cosa è la psicologia architettonica”
(Bonaiuto, Bilotta, & Fornara, 2004),
nel mese di ottobre del 1944, quando
ancora era in corso la II° Guerra
Mondiale, il primo ministro britannico
Winston Churchill, durante un discorso
nella Camera dei Comuni distrutta dai
bombardamenti, dichiarò: “Noi diamo
forma ai nostri edifici che a loro
volta ci formano”. Seguendo questa
prospettiva, Churchill indicò alcune
caratteristiche che la Camera dei Comuni
avrebbe dovuto presentare dopo
la sua ricostruzione, vale a dire essere
sufficientemente ampia, anche se non
abbastanza da contenere tutti i suoi
membri insieme, da non destare però
l’impressione di sovraffollamento.
Dunque, questo discorso dimostrava
una particolare attenzione non solo
ai requisiti di ordine funzionale che
un edificio deve soddisfare, ma anche
a quegli aspetti affettivi, comunicativi
e simbolici che caratterizzano le
relazioni tra le persone e il setting
fisico-spaziale. In altre parole, la costruzione
(o il rinnovo) di edifici deve
essere guidata non solo da criteri
funzionali, ma anche dalla la necessità
di garantire forme che tengano
conto dei processi socio-psicologici
relativi alle persone che li occupano.
Seguendo queste indicazioni, numerosi
studi vennero finanziati negli anni
del dopoguerra dal governo britannico
per analizzare i legami tra il setting
12 SMARTforCITY - Numero 1 2019
architettonico e i comportamenti,
puntando sulla collaborazione tra le
discipline architettonico-urbanistiche
e quelle psicologiche. Tale spinta alla
collaborazione interdisciplinare è alla
base della nascita, negli anni ’60 dello
scorso secolo, di un campo di studi
che ha preso il nome di “Psicologia
Ambientale” (“Environmental Psychology”:
Proshansky, Ittelson, & Rivlin,
1970) o “Psicologia Architettonica”
(“Architectural Psychology”: Canter,
1970), che è stata favorita dalla formazione
di gruppi di ricerca costituiti
da architetti e psicologi, in Nord America
e in Europa (soprattutto in Gran
Bretagna e in Svezia), con particolare
riferimento alla progettazione di ambienti
residenziali e ospedalieri. La
Psicologia Ambientale (o Architettonica[1])
si è delineata come possibile
ponte tra problematiche di ordine
concreto-operativo e individuazione di
soluzioni ottimali, non solo dal punto
di vista estetico-visivo, ma soprattutto
da quello dell’adeguatezza (funzionale,
comunicativa e simbolica) della
progettazione rispetto alle esigenze e
alle aspettative degli utenti (Bonnes
& Secchiaroli, 1992). Tra i principali
obiettivi di questa nuova disciplina
c’era quello di ridimensionare l’eccessiva
distanza tra progettisti e utenti,
modificando in primo luogo le modalità
di ideazione e realizzazione del
processo progettuale.
Fin dai suoi inizi, questa nuova disciplina
ha mirato a rilevare le modalità
attraverso le quali le persone rispondono
a specifiche disposizioni dello
spazio fisico e, in tal senso, i contributi
forniti assumono una forte valenza
operativa. L’obiettivo era quello di
raccogliere informazioni sui modi in
cui la disposizione fisico-spaziale può
contribuire a un efficace assolvimento
degli scopi ai quali gli ambienti sono
stati destinati o, in altre parole, a individuare
le caratteristiche fisiche che
lo spazio deve possedere per risultare
adeguato alle funzioni che è chiamato
ad assolvere e per facilitare le azioni
degli occupanti.
In una fase successiva, a partire dagli
anni ’70 dello scorso secolo, il focus di
studio si è allargato alla valutazione
da parte degli utenti di quanto un
determinato setting fisico-spaziale
sia soddisfacente nell’ottica della promozione
di una positiva esperienza
dell’ambiente. Tale interesse è legato
allo specifico contributo che la psicologia
ambientale e architettonica può
fornire alla progettazione, nei termini
di conoscenze e competenze teorico-metodologiche
capaci di indagare
e interpretare l’interfaccia tra il versante
utente e il versante progettuale,
come verrà esposto nel prossimo paragrafo.
LA VALUTAZIONE
DI QUALITÀ AMBIENTALE
A grandi linee, esistono due tipi di
indagine di valutazione ambientale.
Il primo tipo si riferisce a valutazioni
tecniche che utilizzano strumentazioni
elettroniche e meccaniche, o altri
parametri “oggettivi”, per rilevare e misurare
il livello di qualità ambientale
di una determinata unità territoriale.
Questa valutazione è definita “tecnica”
(Gifford, 2002) o “oggettiva” o “esperta”
(Bonnes & Bonaiuto, 1995). Le Valutazioni
di Impatto Ambientale (VIA) e
le Valutazioni Ambientali Strategiche
(VAS) costituiscono esempi di questo
tipo di valutazione.
Il secondo tipo, finora relativamente
trascurato come potenziale fonte informativa,
si basa invece sulla raccolta
di dati percettivo-valutativi prodotti
da osservatori o utilizzatori di un dato
contesto o elemento ambientale. In
questo caso, dunque, i valutatori sono
individui chiamati a dare un giudizio
sulla qualità o su altre caratteristiche
ambientali. Questa valutazione è definita
“basata sull’osservatore” - Gifford,
COMMUNITY
Spazi urbani nella smart city. Credit: “marfis75 on flickr”.
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 13
COMMUNITY
2002) oppure “soggettiva” o “ingenua”
(Bonnes & Bonaiuto, 1995). La valutazione
ambientale “soggettiva” riflette
dunque una misura “esperienziale”
della qualità ambientale e, in tal senso,
rappresenta uno degli interessi di
ricerca più fertili delle Psicologia Ambientale
e Architettonica fin dalla sua
emersione come campo disciplinare
distinto.
Per quanto le valutazioni tecniche
possano essere facilmente identificate
come misure “oggettive”, mentre le
valutazioni ingenue possano essere
considerate misure “soggettive”, in realtà
è sempre presente un certo grado
di soggettività nelle prime così come
gli studi sulle seconde aspirano ad un
certo grado di oggettivabilità attraverso
rigorose procedure metodologiche
di standardizzazione. Difatti, nel
primo caso, gli esperti che conducono
valutazioni oggettive sono chiamati
a decidere sia quali elementi o caratteristiche
dell’ambiente sono da
misurare (Uzzell, 1989), sia quali spazi
e quali tempi scegliere per le rilevazioni
(Zube, 1980). Chiaramente, tali
decisioni comportano un certo livello
di arbitrarietà nella scelta decisionale
del valutatore. Nel secondo caso, d’altro
canto, i ricercatori che conducono
studi sulle valutazioni soggettive mirano
a costruire misure replicabili che
presentino adeguati indici di validità,
attendibilità, sensibilità e utilità (Craik
& Feimer, 1987). Le valutazioni oggettive
e quelle soggettive non sono da
intendere necessariamente come metodologie
alternative allo studio delle
valutazioni ambientali, ma piuttosto
rappresentano due differenti livelli di
rilevazione che possono essere utilizzati
in modo complementare all’interno
di uno stesso programma o studio.
L’importanza della dimensione “soggettiva”
emerge laddove si tenga
conto delle tre principali categorie
di attori sociali che sono coinvolti in
qualunque scelta in campo ambientale,
vale a dire, come riportato da Bonnes
e Secchiaroli (1992): a) i decisori o
gestori (autorità locali, statali e sovranazionali
che sono istituzionalmente
preposti a decidere circa l’assetto
del sistema ambientale in oggetto);
b) i tecnici e gli esperti (progettisti,
urbanisti, ingegneri e studiosi delle
scienze ambientali, i quali per le loro
competenze specialistiche sono chiamati
dai decisori istituzionali a fornire
conoscenze e proposte atte ad orientare
le scelte decisionali e gestionali
in materia ambientale); c) gli utenti
o fruitori dell’ambiente in oggetto,
che da un lato occupano, praticano ed
esperiscono tale ambiente, utilizzando
le opportunità che esso offre come
risorsa per soddisfare specifici bisogni
(residenziali, ricreativi, produttivi,
ecc.) e, dall’altro lato, rappresentano
i destinatari delle scelte dei decisori
ambientali e delle analisi degli esperti
ambientali.
La distinzione tra queste tre categorie
di attori ambientali risulta particolarmente
utile se si vogliono esaminare
le similarità e le differenze tra le rappresentazioni
espresse da ciascuna
categoria in merito all’ambiente in
oggetto. In tal senso, riveste particolare
importanza il confronto tra le
valutazioni degli esperti ambientali,
che sono basate sulle risultanze di
procedimenti analitico-sistematici,
e quelle dei fruitori, che si formano
tramite processi transazionali in cui
si integrano elementi cognitivi ed
affettivi. Dato che i decisori istituzionali
si affidano generalmente alle
stime fornite dagli esperti, nel caso gli
utenti manifestino concezioni diverse
da questi ultimi, le scelte gestionali e
decisionali prese risulterebbero incongruenti
con i bisogni, le aspettative
e i valori espressi dai fruitori, i quali
sono per definizione i destinatari di
tali scelte. Quindi, coloro che hanno
il mandato di decidere in materia di
gestione ambientale dovrebbero prendere
in considerazione anche i dati
di ricerca basati sui comportamenti o
gli atteggiamenti degli utenti, accanto
alle valutazioni “tecniche” fornite
dal versante esperto. Tale opzione
risulta particolarmente necessaria
sia alla luce delle differenti concezioni
espresse da questi due livelli,
che possono dar luogo a valutazioni
diverse sugli attributi fisico-spaziali
che caratterizzano un determinato
luogo, sia in un’ottica di sviluppo della
Smart City, che non può prescindere
da una maggiore considerazione degli
occupanti (residenti, pendolari, turisti,
ecc.) nella pianificazione, riqualificazione
e gestione degli spazi urbani. A
questo proposito, un importante filone
di studio della psicologia ambientale
e architettonica è costituito dalla individuazione
e codifica di indicatori di
qualità urbana percepita.
GLI INDICATORI DI QUALITÀ UR-
BANA RESIDENZIALE PERCEPITA
La costruzione di strumenti per la
misura di indicatori di qualità urbana
percepita prende le mosse dagli studi
di Craik e Zube (1976), che furono tra
i primi a sottolineare l’importanza
di misurare la qualità “soggettiva” di
un dato attributo ambientale (basata
sulla percezione individuale) accanto
alla sua qualità “oggettiva” (basata
sulle stime degli apparati tecnologici
o codificata dagli esperti). Dunque,
questi studiosi hanno promosso l’uso
di PEQIs (Perceived Environmental Quality
Indices), ad esempio, sulla qualità
dell’aria o dell’acqua di un dato territorio.
Successivamente, tale approccio è stato
utilizzato per lo studio della qualità
urbana dell’ambiente di residenza.
Nello specifico, come riportato da Bonaiuto
e colleghi (2004), i principali
aspetti valutativi individuati in merito
ai luoghi di residenza urbani riguardano
gli aspetti spaziali (architettonico-urbanistici),
socio-relazionali,
funzionali (servizi) e contestuali (ritmo
di vita, livello di inquinamento, manutenzione
degli spazi).
Ricerche successive condotte nel
contesto italiano hanno mirato allo
sviluppo, validazione e raffinamento
14 SMARTforCITY - Numero 1 2019
di un questionario composto da scale
di misura standardizzate per indicatori
di qualità percepita dell’ambiente
residenziale urbano, conosciuti a
livello internazionale con l’acronimo
PREQIs (Perceived Residential Environment
Quality Indicators; cfr. Bonaiuto,
Fornara, & Bonnes, 2003, 2006) e, nel
contesto lingustico-culturale italiano,
con l’acronimo IQURP (Indicatori di
Qualità Urbana Residenziale Percepita;
cfr. Fornara, Bonaiuto, & Bonnes,
2010a). Accanto alla versione base del
questionario PREQIs è stata anche validata
una versione breve dello stesso
(Fornara, Bonaiuto, & Bonnes, 2010b).
Le scale in questione
sono le seguenti, suddivise
per i rispettivi macro-aspetti
valutativi:
A) Aspetti architettonico-urbanistici:
1) spazio architettonico-urbanistico,
2) accessibilità
e viabilità, 3) aree verdi;
B) Aspetti socio-relazionali: 4)
gente e relazioni sociali;
C) Aspetti funzionali: 5) servizi
socio-sanitari, 6) attività sportive
e culturali, 7) servizi commerciali,
8) servizi di trasporto
pubblico;
D) Aspetti contestuali: 9) “clima”
psicologico, 10) salubrità ambientale,
11) manutenzione e
cura.
Tali scale comprendono nel loro insieme
i seguenti 19 IQURP (o PREQIs):
1) estetica degli edifici, 2) volumetria
degli edifici, 3) densità degli edifici, 4)
collegamenti con il resto della città,
5) praticabilità degli spazi interni, 6)
spazi verdi, 7) discrezione e civiltà, 8)
socievolezza e cordialità, 9) sicurezza
e tolleranza, 10) servizi socio sanitari,
11) servizi scolastici, 12) servizi ed
impianti sportivi, 13) attività culturali
e di svago, 14) servizi commerciali, 15)
servizi di trasporto pubblico, 16) “clima”
psicologico stimolante/monotono,
17) “clima” psicologico tranquillo/
caotico, 18) pulizia e silenziosità, 19)
manutenzione e cura.
Il questionario è stato concepito con
una struttura modulare, in modo da
poterne utilizzare le scale anche separatamente,
e quindi somministrare
alcune scale e non altre, a seconda
delle qualità ambientali alle quali i
ricercatori sono interessati.
Esempi di utilizzo di questi indicatori
in ausilio al campo della progettazione
sono forniti da una rilevazione (su
un campione di residenti del quartiere)
inserita nel progetto di riqualificazione
di una piazza urbana romana
(Bonaiuto & Fornara, 2003) e da
un’indagine psicologico-ambientale
sulla soddisfazione, le aspettative e i
desiderata residenziali dei condomini
in un complesso abitativo del quartiere
Eur-Torrino di Roma (Fornara,
Bonaiuto, Bonnes, Carrus, & Passafaro,
2007). A tal proposito, è stato inoltre
pubblicato uno specifico manuale (in
italiano: Fornara et al., 2010a) con
tutte le informazioni necessarie per
l’utilizzo del questionario a scopo di
ricerca o applicativo, sia nella sua versione
base che in quella breve.
Recentemente, sono state create e
utilizzate versioni dei PREQIs per casi
studio ad hoc in vari contesti linguistico-culturali,
sia in Europa, come ad
esempio in Spagna (Battista, Passafaro,
& Fornara, 2010), Francia (Fornara, Rubens,
& Rioux 2014), Polonia (Debek
& Janda-Debek, 2014) e Svezia (Ferreira,
Johansson, e Fornara, 2014), che
in paesi di altri continenti, come l’Iran
(Bonaiuto, Fornara, Ariccio, Ganucci
Cancellieri, & Rahimi, 2014), la Turchia
(sia nella parte europea che in quella
asiatica: Alves & Bilgel, 2014), la Cina
(Mao, Fornara, Manca, Bonnes, & Bonaiuto,
2014), e l’Australia (Upadhyay,
Hyde, & Wadley, 2010).
L’obiettivo-guida di queste indagini
è quello di mettere a punto misure di
qualità urbana residenziale “soggettiva”
valide, attendibili, stabili e generalizzabili,
in modo da favorirne l’utilizzo
per applicazioni sul campo immediate,
come nel caso di interventi di riqualificazione
urbanistica o di progettazione
ex-novo di complessi residenziali.
In conclusione, si prevede che l’utilizzo
di questo tipo di strumenti possano
contribuire a caratterizzare il contributo
della psicologia ambientale e
architettonica al campo della progettazione
e della pianificazione degli
spazi urbani, all’interno di processi
partecipativi che mettano l’utente al
centro di un progetto orientato alla
smartcityness.
COMMUNITY
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 15
COMMUNITY
REFERENCES
Alves, S., & Bilgel, N. (2014). The
exmination of perceived residential
environment quality in two
cities in Turkey. Paper presented
at the 28th International Conference
of Applied Psychology (ICAP)
“From Crisis to Sustainable Well-
Being”. Palais de Congrès, Paris
(France), 8-13 July 2014.
Battista, D., Passafaro, P., & Fornara,
F. (2010). Place attachment
and perceived quality of the residential
environment: the case
of a historical neighbourhood of
Valencia. In S. Kabisch, A. Kunath,
& H. Feldmann (Eds.), Abstracts
of the 21st IAPS (International Association
for People-environment
Studies) Conference “Vulnerability,
Risk, & Complexity: Impacts of
Global Change on Human Habitats”
(p. 345). Leipzig (Germany):
Helmholtz Centre for Environmental
Research (UFZ), 27 June
- 2 July 2010.
Bonaiuto, M., Bilotta, E., & Fornara,
F. (2004). Che cos’è la psicologia
architettonica. Roma: Carocci.
Bonaiuto, M., & Fornara, F. (2003).
La consulenza psicologico-ambientale
nella progettazione architettonica:
due casi di studio.
In A.M. Nenci (a cura di), Profili
di ricerca e intervento psicologico-sociale
nella gestione ambientale
(pp. 111-142). Milano: Franco
Angeli.
Bonaiuto, M., Fornara, F., & Bonnes,
M. (2003). Indexes of perceived
residential environment
quality and neighbourhood attachment
in urban environments: A
confirmation study on the city of
Rome. Landscape and Urban Planning,
65, 41-52.
Bonaiuto, M., Fornara, F., &
Bonnes, M. (2006). Perceived residential
environment quality in
middle- and low-extension Italian
cities. Revue Européenne de
Psychologie Appliquée, 56, 23-34.
Bonnes, M., & Bonaiuto, M.
(1995). Expert and layperson
evaluation of urban environmental
quality: The ‘natural’ versus
the ‘built’ environment. In Y.
Guerrier, N. Alexander, J. Chase,
M. O’Brien (Eds.), Values and the
environment: A social science perspective
(pp. 151-163). New York:
Wiley.
Bonnes, M., Carrus, G., & Passafaro,
P. (2006). Psicologia ambientale,
sostenibilità e comportamenti
ecologici. Roma: Carocci.
Bonnes, M., & Secchiaroli, G.
(1992). Psicologia Ambientale. Introduzione
alla psicologia sociale
dell’ambiente. Roma: Nuova Italia
Scientifica.
Canter, D. (1970). Architectural
psychology. London: Royal Institute
of British Architects.
Craik, K., & Feimer, N. (1987). Enviornmental
Assessment. In D.
Stokols & I. Altman (Eds.), Handbook
of Environmental Psychology,
vol. 1 (pp. 891-918). New York:
Wiley.
Craik, K., & Zube, F. (1976). Perceiving
environmental quality: Research
and applications. New York:
Plenum Press.
Debek, M., & Janda-Debek, B.
(2014). Introduction of Fornara’s,
Bonauto’s and Bonnes’ Perceived
Residential Environment Quality
(PREQ) indexes in Poland. In C.
Ilin (Ed.), Transition to sustainable
societies: Designing research and
policies for changing lifestyles
and communities”. Abstracts of the
23rd IAPS (International Association
of People-environment Studies)
Conference (p. 367). Timişoara
(Romania), 24-27 June 2014.
Timişoara: Editura Universităţii
de Vest.
Fornara, F., Bonaiuto, M., & Bonnes,
M. (2010a). Indicatori di Qualità
Urbana Residenziale Percepita
(IQURP). Manuale d’uso di scale
psicometriche per scopi di ricerca e
applicativi. Milano: Franco Angeli.
Fornara, F., Bonaiuto, M., & Bonnes,
M. (2010b). Cross-validation
of abbreviated Perceived Residential
Environment Quality
(PREQ) and Neighbourhood Attachment
(NA) Indicators. Environment
& Behavior, 42, 171-196.
Fornara, F., Bonaiuto, M., Bonnes,
M., Carrus, G., Passafaro, P. (2007).
Sustainability and residential
satisfaction within exclusive residential
complexes in the city of
Rome. In D. Shehayeb, H. Turgut
Yildiz, P. Kellet (Eds.), Appropriate
Home: Can we design ‘appropriate’
residential environments? (pp. 29-
40). Cairo (Egypt): HBNRC (Housing
& Building National Research
Centre).
Fornara, F., Rubens, L., & Rioux, L.
(2014). Adaptation of tools measuring
perceived neighbourhood
quality and neighbourhood attachment
in the French context.
Paper presented at the 28th International
Conference of Applied
Psychology (ICAP) “From Crisis to
Sustainable Well-Being”. Palais de
Congrès, Paris (France), 8-13 July
2014.
Gifford, R. (2002). Environmental
Psychology: principles and practice.
Boston: Allyn and Bacon.
Proshansky, H.M., Ittelson, W.H., &
Rivlin, L.G. (Eds.) (1970). Environmental
psychology: Man and his
physical settings. New York: Holt,
Rinehart & Winston.
Upadhyay, A., Hyde, R., & Wadley,
D. (2010). Towards a new
paradigm for the assessment of
sustainable housing: An environmental
Quality of Life (QoL) approach
3. Paper presented at the
44th Annual Conference of the of
the Australian and New Zealand
Architectural Science Association
(ANZAScA). Auckland, New Zealand:
Unitec Institute of Technology.
Uzzell, D. (1989). People, nature
and landscape: An environmental
psychological perspective.
Report for the Landscape Research
Group. Guildford (UK): University
of Surrey.
Zube, E.H. (1980). Research and
design. Prospects for the 1980s.
In A.R. Alanen (Ed.), Proceedings
of the Conference on Research in
Landscape Architecture (pp.1-11).
Madison (WI): Department of
Landscape Architecture, University
of Wisconsin and Council of
Educators in Landscape Architecture.
NOTES
[1] È da rilevare come la Psicologia
Ambientale si riferisca a
un campo di studio più ampio
e articolato, comprendente
vari aspetti della relazione
persona-ambiente (ad esempio,
la Psicologia Ambientale della
Sostenibilità, che riguarda le
dimensioni psicologico-sociali
relative ai comportamenti
proambientali, cfr. Bonnes,
Carrus, & Passafaro, 2006),
tra i quali anche quelli della
Psicologia Architettonica, che
studia nello specifico l’influenza
degli attributi fisico-spaziali dei
luoghi sulle risposte psicologiche
e comportamentali a livello
individuale e gruppale.
AUTORE
Ferdinando Fornara
ffornara@unica.it
Università degli Studi di Cagliari
Dipartimento di Pedagogia, Psicologia,
Filosofia
CIRPA (Centro Interuniversitario di
Ricerca in Psicologia Ambientale)
Via Is Mirrionis, 1
09123 Cagliari (ITALY)
tel.+39 070 6757504
KEYWORDS
smart city; spazi urbani;
psicologia ambientale;
sostenibilità
ABSTRACT
The following contribution has
the goal to present a disciplinary
branch still little known,
defined
Environmental psychology o
Architectural psychology, which
refers to its potential of consultancy
and support
to the programming and planning
of the urban space in the
perspective of Smart city.
16 SMARTforCITY - Numero 1 2019
part of part of
WWW.SMARTCITYSOLUTIONS.EU
#SCSEXPO
STUTTGART
17 – 19 SEPTEMBER 2019
COMMUNITY
part of
INSPIRATION FOR
THE CITY OF TOMORROW
MOBILITY AND TRANSPORT
ENERGY AND ENVIRONMENT
SECURITY AND RESILIENCE
OPEN DATA AND DATA MANAGEMENT URBAN AND SPATIAL PLANNING
BECOME AN
EXHIBITOR NOW!
Contact us:
www.smartcitysolutions.eu
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 17
SCHOLARS
SCHOLARS
Swinburne University of Technology
La Swinburne University (Melbourne, Australia) è una grande organizzazione culturalmente
diversificata. Il desiderio di innovare e di apportare cambiamenti
positivi motiva i nostri studenti e il personale. Il risultato è una istituzione che
cresce e si evolve ogni anno.
“Il nostro istituto si concentra sulla definizione del cittadino intelligente per aiutare
a creare e gestire la smart city. In breve, stiamo facendo la nostra parte per garantire
che l’Australia, sede di alcune delle città più vivibili del mondo, continueranno ad
essere riconosciute come sede delle più intelligenti smart cities del mondo.” [Professor
Mark Burry – Foundation Director of the Data Science Research Intitute]
Sito: https://www.swinburne.edu.au/research-institutes/smart-cities/
Contatti: Call us: +61 (03) 9214 5177
Email us: scri@swinburne.edu.au
American University of Sharjah – Smart Research Institute “SCRI”
Lo Smart Cities Research Institute (SCRI) è un istituto di ricerca unico e multidisciplinare che supporta nuove iniziative nella ricerca sulle città
intelligenti.
A Sharjah, negli Emirati Arabi Uniti, SCRI sta portando avanti iniziative di ricerca all’avanguardia per fornire soluzioni innovative e strategie di implementazione
per le smart cities sostenibili. Queste soluzioni e strategie modelleranno il futuro delle città per diventare ambienti di vita resilienti,
efficienti, informati, connessi, sicuri, sani e sostenibili.
SCRI riunisce una vasta gamma di facoltà con comprovata esperienza in settori quali telecomunicazione, Internet of Things, tecnologia dei sensori,
trasporti, energia, turismo, informatica sanitaria, pianificazione urbana e ambiente. Con una forte attenzione al partenariato industriale, collaborano
con i più brillanti accademici e acclamati leader del settore.
Sito: https://www.aus.edu/smart-cities-research-institute-scri
Contatti:
Dr. Assim Sagahyroon
Interim Director
Tel +971 6 515 2952
asagahyroon@aus.edu
Rhodalyn Diola
Administrative Assistant
Tel +971 6 515 2952
rdiola@aus.edu
SMART CITY LAB – UNIVERSITA’ DI BOLOGNA – DIPARTIMENTO DI INFORMATICA SCIENZA E INGEGNERIA “DISI”
Smart City Lab è un laboratorio di ricerca facente parte del DISI (Dipartimento di Informatica Scienza e Ingegneria) dell’Università di Bologna (Italia).
Il laboratorio si trova in due luoghi diversi: a Cesena, Via dell’Università, 50, nello stesso edificio del Magistrale in Informatica e Ingegneria e
a Bologna, in Viale Risorgimento, 2, nello stesso edificio del Magistrale in Ingegneria Informatica . Il principale obiettivo di ricerca è l’innovazione
delle TIC urbane. Il capo del laboratorio è il prof. Dario Maio. Il co-direttore del laboratorio è il prof. Antonio Corradi.
Sito: http://smartcity.csr.unibo.it/
18 SMARTforCITY - Numero 1 2019
COMPANIES
COMPANIES
ENEL X
Enel X è un’azienda
globale che guida la
trasformazione del
settore dell’energia.
Cambiando i paradigmi
del settore,
Enel X aiuta i clienti
a usare la tecnologia
per trasformare l’energia in nuove opportunità, affinché crescano
e siano motore di progresso in tutto il mondo. Siamo un’azienda
globale con solide radici nel settore dell’energia e una strategia
aperta, improntata alla digitalizzazione, alla sostenibilità e
all’innovazione. Utilizziamo tecnologie smart, semplici e veloci
per far scoprire ai nostri clienti un nuovo modo di usare l’energia.
Ovunque nel mondo
Contatti: https://www.enelx.com/it/it/smart-city
E-GAP
E-GAP è il primo operatore mobile di ricarica
per veicoli elettrici. Offre un servizio di
ricarica di veicoli elettrici ovunque si trovi il
veicolo. La ricarica viene richiesta dal cliente
tramite l’App nel momento in cui ne ha
bisogno. Il servizio viene erogato con una
potenza di ricarica pari ad una colonnina di
tipo fast (50 kW).
Dal 2019 il servizio E-GAP, attivo a Milano, sarà esteso progressivamente in 8
città europee con più elevata crescita e numero di veicoli elettrici.
La visione di E-GAP è un vero e proprio impegno sociale concreto per la salvaguardia
dell’ambiente e la promozione del bene comune. L’energia erogata
dai Van proviene prevalentemente da fonti rinnovabili, la produzione dei materiali
promozionali è realizzata quasi esclusivamente con prodotti di carta
riciclata o materiali ecologici, la responsabilità e la trasparenza guidano la
gestione del capitale umano.
Sito: https://www.e-gap.com/
Planet
Il gruppo Planet nasce con l’obiettivo di progettare e realizzare ecosistemi urbani innovativi di
sostenibilità sociale, ambientale ed economica. A tal fine si propone di:
4mettere in atto un’offerta edilizia ad impatto sociale che generi quindi azioni e scelte concrete
per il cambiamento sostenibile;
4mettere in atto un’offerta ad impatto ambientale che garantisca la tutela del paesaggio e dei
suoi futuri abitanti, dalla terra alla gestione delle sue risorse allo sviluppo di prodotti e servizi
correlati;
4sollecitare scelte e atteggiamenti in un approccio condiviso con le comunità locali per consentire
il raggiungimento dell’obiettivo fondamentale di Planet Idea.
Il gruppo Planet è composto da:
Planet Idea - smart engineering: competence center con sede a Torino, che fornisce consulenza e sviluppa progetti per integrare l’innovazione in ambito
urbano: prodotti, idee e best practice. Planet Idea opera in quattro aree tematiche: ambiente costruito, sistemi tecnologici, risorse ecosistemiche e
società. All’interno di ogni area ha individuato categorie di soluzioni smart da proporre al cliente.
https://www.planetidea.it
Planet Housing – the smart city: con sede in Inghilterra, opera nel mercato immobiliare attraverso un approccio smart e coordina le società che
agiscono direttamente sui progetti edili.
Planet Service – smart services: offre numerosi servizi per le Smart City oltre a Planet APP, l’applicazione specifica per Social Smart City. Planet APP
rappresenta il “pannello di controllo” della città, ed è strutturata in cinque sezioni principali: il progetto Planet, la città, la società, il cittadino e
Sicurezza. Nelle città del futuro, sharing e co-operative economy avranno un ruolo strategico, così come la completa gestione della casa in mobilità.
Planet APP permetterà di controllare telecamere e sensori, gestire i consumi, attivare elettrodomestici e servizi. Sarà inoltre possibile effettuare
acquisti e pagamenti, che generano ricavi per i gestori della piattaforma.
Planet Comercial - Comunicazione e Marketing: si ispira alla visione Smart del Gruppo Planet per comunicare in modo intelligente e innovativo,
attraverso un modello di gestione commerciale all’avanguardia. La pianificazione strategica è al centro dell’offerta di Planet Comercial, e riunisce in
un unico Competence center marketing, social media, pubblicità, promozione, giornalismo, graphic design e sviluppo di siti web.
Planet Instituto: gestisce i progetti d’interesse pubblico della Smart City Laguna e sarà fondamentale nella gestione della città, agendo sull’educazione
della popolazione e assistendo il potere pubblico nel monitorare il rispetto delle norme stabilite dal Piano generale del comune di São Gonçalo
do Amarante. Attualmente offre attrezzature gratuite, permanenti e aperte alla popolazione, come la biblioteca PLANET e il cinema PLANET, oltre a
corsi di formazione imprenditoriale, artigianato, inglese, formazione sociale, promuove la distribuzione di sementi autoctone e di azioni specifiche,
come la Giornata del Calcio. Dal 2016 l’Istituto PLANET è parte della vita di oltre 4 mila persone, tra bambini, giovani e adulti.
SG Desenvolvimento: società responsabile della realizzazione e dello sviluppo del progetto pilota Smart City Laguna, la prima Social Smart City al
mondo, in costruzione nel comune di São Gonçalo do Amarante, Ceará (Brasile). I suoi fondatori hanno 25 anni di esperienza nel mercato immobiliare
e nell’edilizia nazionale e internazionale.
SG Premoldados: azienda con profonde radici nel design e nel know-how italiano. Offre una tecnologia innovativa, importata dall’Europa, per la
produzione di autobloccanti, che garantisce un’elevata durata e una manutenzione minima nel tempo. Il processo è conforme ai più severi standard
di qualità e rispetto dell’ambiente. SG Premoldados ha sede presso Smart City Ecopark, il centro tecnologico e commerciale di Smart City Laguna.
www.planetsmartcity.com
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 19
NETWORKS
NETWORKS
Agile Cities
Agile Cities è una iniziativa
volta a collegare le città, i
cittadini e gli innovatori con
le buone pratiche che portino
soluzioni innovative nelle
città, e a creare strumenti e
standard aperti che facilitino
un mercato più efficiente, connesso e trasparente per le soluzioni innovative
della città, accelerando così l’assorbimento di innova- zioni
collaudate ad alto impatto.
Il programma è condotto da Citymart.com e The Climate Group, con
i partner Metropolis e UK Technology Strategy Board, e si concentra
su tre azioni chiave:
4 comunicare metodologie efficaci di innovazione delle città per
individuare le esigenze della città, comunicando le sfide, sco- prendo,
valutando, procurando e scalando le soluzioni;
4 sviluppare una piattaforma, CityMart.com, per collegare le cit- tà
con i fornitori migliorando notevolmente l’accessibilità delle informazioni
e la diffusione di informazioni sui prodotti e servizi disponibili;
4 sviluppare strumenti per le città e i fornitori per sostenere la città
nel dotarsi di soluzioni innovative e facilitare i fornitori nel dare la
giusta informazione sul prodotto in un formato convalidato migliorando
così la fiducia e la trasparenza nella fornitura.
Per maggiori informazioni consultare il sito https://www.citymart.
com/agile-cities/
Core Smart and
Sustainable Cities
La rete di ricerca sulle città
intelligenti e sostenibili è un
progetto collaborativo in cui
diversi gruppi di ricerca, dipartimenti,
centri e infrastrutture
del campus sviluppano le loro capacità congiunte per creare nuove
attività di ricerca multidisciplinare.
L’iniziativa CORE delle città intelligenti e sostenibili si trova nell’Università
Autonoma di Barcellona. È una rete composta da specialisti
scientifici in aree legate alla gestione sostenibile degli ambienti urbani.
Gli interessi di ricerca coprono una vasta gamma di punti di vista dagli
aspetti economici e sociologici della progettazione ecologica industriale
o lo sviluppo di politiche di progettazione urbana pubblica,
all’applicazione di tecnologie specifiche a soluzioni innovative per la
gestione della mobilità e delle risorse come energia, rifiuti e acqua.
La rete ha una struttura flessibile per fornire risposte tecnologiche a
specifiche sfide sociali. Il suo obiettivo è fornire supporto alle esigenze
territoriali migliorando le conoscenze e gli strumenti attuali.
Il progetto CORE vuole coordinare le attività e condividere le risorse
per sostenere la ricerca e il trasferimento tecnologico della sfera UAB-
Cie (Campus of International Excellence). Vuole anche incoraggiare
queste attività di ricerca in un nodo di riferimento europeo.
Per maggiori informazioni consultare il sito: https://www.uab.cat/
web/research/cores-uab/core-in-smart-sustainable-cities/research-network-in-smart-cities-1345698259342.html
MAPILLARY
Mapillary riunisce una rete
globale di contributori che
vogliono rendere il mondo
accessibile a tutti, visualizzando
il mondo e costruendo mappe migliori. Chiunque può partecipare
e collezionare immagini a livello stradale, utilizzando semplici strumenti
come smartphone o action camera. Con la visione artificiale,
collegano le immagini nel tempo e nello spazio per creare visioni
coinvolgenti a livello stradale ed estrarre i dati delle mappe.
Mapillary è stata fondata nel 2013 con l’obiettivo di rendere disponibili
a tutti le immagini a livello stradale e i dati cartografici.
I membri di Mapillary hanno contribuito con centinaia di milioni di
immagini nei paesi di tutto il mondo.
“Crediamo che le persone e le organizzazioni che lavorano insieme allo
scoperto siano il modo migliore per raccogliere, visualizzare e comprendere
i dati sul nostro mondo. Mapillary non è legato a nessuna particolare
piattaforma di mappatura e si basa sull’idea di persone e organizzazioni
con vari motivi che condividono dati e si aiutano reciprocamente.”
La missione del team è costruire una tecnologia e strumenti per aiutare
a capire i luoghi del mondo attraverso le immagini e rendere
disponibili questi dati. Vogliono che tutti siano in grado di utilizzare
i loro dati per creare mappe migliori, creare un ambiente di traffico
più sicuro, sviluppare le nostre città, visualizzare luoghi e storie e
aiutare le persone in luoghi vulnerabili.
www.mapillary.com/
Connected Smart Cities
Portfolio Network
La Connected Smart Cities Portfolio
Network è una rete di
città intelligenti europee che
condividono le migliori pratiche in dati aperti, internet delle cose e
co-produzione . La rete è stata istituita per fornire un framework aperto
e collaborativo per le città intelligenti per cooperare , mettere in
rete e condividere le loro esperienze . Questo è un risultato del progetto
FIREBALL , che ha riunito tre comunità principali , i Living Labs ,
la comunità di ricerca Internet del futuro e le città.
Il gruppo di lavoro della rete Smart Cities Portfolio Connected sta lavorando
a stretto contatto con il gruppo di lavoro Eurocities Knowledge
Society Forum (KSF) Smart Cities per generare idee e la discussione su
come e perché le città si stanno definendo come ‘ intelligenti’. Uno dei
punti di partenza fondamentali per questo lavoro è la logica sviluppata
in risposta alla consultazione pubblica della CE in merito alla
“Smart Cities and Communities Initiative” .
La Connected Smart Cities Portfolio Network sta ora lavorando per sviluppare
ulteriormente questa logica, fornendo un forum per le città
per lavorare insieme e condividere le loro esperienze e conoscenze
al fine di creare una base di una prova convincente per il ruolo di
“città intelligenti” per consentire una crescita intelligente, inclusiva e
sostenibile.
Per ulteriori informazioni consultare il sito
connectedsmartcities.eu/
20 SMARTforCITY - Numero 1 2019
Sustainable Smart Solutions for ageing well – Avviso integrativo nazionale
Active and Assisted Living (AAL) è un programma comune a sostegno di una vita attiva e autonoma, nato dopo la conclusione di un precedente
programma settennale denominato “Ambient Assisted Living”. Gli obiettivi generali del programma AAL sono:
• ampliare la disponibilità di prodotti e servizi basati sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) per un invecchiamento attivo
e in buona salute, al fine di migliorare la qualità della vita degli anziani e di coloro che li assistono e, al tempo stesso, la sostenibilità dei sistemi
di assistenza;
• mantenere una massa critica di attività trans-europee di ricerca applicata, sviluppo e innovazione nel campo dei prodotti e servizi basati sulle ICT
per invecchiare in buone condizioni, coinvolgendo soprattutto le PMI e gli utenti;
• stimolare gli investimenti privati e migliorare le condizioni di sfruttamento industriale di tali tecnologie, predisponendo un quadro coerente per
lo sviluppo di approcci e soluzioni a livello europeo che comprenda norme minime comuni rispondenti alle diverse preferenze sociali e ai diversi
aspetti regolamentari nazionali e regionali.
Il costo complessivo del programma è di 700 Meuro per 7 anni (2014-2020) di cui 25% UE; 25% Fondi Nazionali e 50% a carico delle imprese.
La Commissione Europea ha stanziato complessivamente 175 Meuro.
Ogni paese europeo, aderente al programma AAL, finanzia i propri partecipanti, se partner di progetti vincenti, secondo le regole nazionali.
La Commissione Europea, tramite l’associazione AAL, trasferirà i finanziamenti Europei all’agenzia nazionale in relazione al finanziamento nazionale
Il programma AAL ha pubblicato il 4 febbraio 2019 il bando “ Sustainable Smart Solutions for ageing well” con l’obiettivo di sostenere progetti di
collaborazione innovativi, transnazionali e multidisciplinari miranti a sviluppare soluzione basate su tecnologie UCT focalizzate su una qualsiasi
delle aree applicative previste al programma AAL.
Il MIUR ha dedicato a questo bando un budget di euro 1.000.000 nella forma del contributo alla spesa, comprensivo del cofinanziamento fornito
da AAL.
I moduli nazionali vanno inviati al MIUR tramite la piattaforma web http://banditransnazionali-miur.cineca.it .
Altre informazioni utili per la presentazione della domanda sono reperibili sulle FAQ, accessibili dalla piattaforma per il caricamento della domanda
e sulla normativa nazionale applicabile ai progetti internazionali: Linee Guida al DM 593/2016 e Procedure operative per il finanziamento dei
progetti internazionali, scaricabili da/evidenza/normativa-prog-internazionali.aspx
OPPORTUNITIES
Scadenza: 24/05/2019 alle ore 17.00
Per maggiori informazioni: http://www.aal-europe.eu; http://www.aal-europe.eu/stay-up-to-date/calls/call-challenge-2019/
Contatti:
Aspetti di natura internazionale:
Ing. Aldo Covello- tel: (+39) 06 5849 6465 e-mail: aldo.covello@miur.it
Aspetti di natura nazionale:
Dott.ssa Irene Guglielmo - tel: (+39) 06 5849 7470 e-mail: irene.guglielmo@miur.it
Architectures, components and systems for validation/simulation of connected automated vehicles
Un’azione di ricerca e innovazione ECSEL (ECSEL-RIA) consiste principalmente in attività volte a stabilire nuove conoscenze e / o esplorare la
fattibilità di una tecnologia nuova o migliorata, di un prodotto, di un processo, di un servizio, di un metodo, di uno strumento o di una soluzione.
A tale scopo possono includere ricerca applicata, sviluppo tecnologico e / o metodo / strumento e integrazione, test e convalida su un
prototipo su piccola scala in un laboratorio o in un ambiente simulato.
Le attività hanno il loro centro di gravità a 3-4 TRL. La definizione di TRL è presentata nel piano di lavoro ECSEL 2019. I progetti su argomenti
particolari come quelli discussi nel capitolo Visione a lungo termine del MASP 2019 hanno naturalmente attività nei TRL più bassi.
Una proposta RIA è caratterizzata da:
• Esecuzione da parte di un consorzio che può consistere in PMI, grandi imprese, università, istituti, organizzazioni pubbliche;
• Sviluppare tecnologie innovative e / o utilizzarle in modi innovativi;
• Dimostrazione mirata dell’approccio innovativo in un prodotto, servizio o capacità pertinente, affrontando chiaramente le applicazioni
pertinenti per le sfide della società in relazione alle SPS strategiche ECSEL, come indicato nel MASP 2019 dell’ECSEL (Piano strategico
pluriennale);
• Dimostrare valore e potenziale in un ambiente di laboratorio realistico che riproduce l’applicazione mirata;
• Avere un piano di implementazione che mostri la valorizzazione per l’ecosistema ECSEL e il contributo agli obiettivi e agli obiettivi di
ECSEL.
Al fine di massimizzare l’effettiva attuazione degli obiettivi di alto livello di ECSEL, l’elenco delle proposte di RIA da conservare per il finanziamento
pubblico deve costituire un portafoglio equilibrato di progetti che sviluppano tecnologie innovative (come definito nell’ECSEL MASP
2019 nella sezione delle tecnologie essenziali) e applicandoli in domini diversi come definito nell’ECESL MASP 2019 (come definito nella
sezione di attendibilità dell’applicazione).
Le AREE FOCUS / ARGOMENTI / PRINCIPALI SFIDE APERTE nel presente invito sono indicate nell’allegato 6 del piano di lavoro ECSEL 2019.
Norme specifiche di ammissibilità (limite di durata, limite di dimensioni del consorzio, massimizzazione dei finanziamenti dell’UE) e le condizioni
specifiche per gli argomenti speciali sono descritte nell’allegato 6 del piano di lavoro ECSEL 2019. Pertanto, si consiglia ai candidati
di controllare attentamente tutte le disposizioni prima di preparare e presentare le loro proposte.
Scadenza: 07/05/2019
Per maggiori informazioni:https:
//ec.europa.eu/info/funding-tenders/opportunities/portal/screen/opportunities/topic-details/ecsel-ria-2019-2-special-topic-1;freeTextSearchKeyword=;typeCodes=1;statusCodes=-,31094502;programCode=null;programDivisionCode=null;focusAreaCode=null;cross
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 21
REFERENCES
2018 Strategic Directions:
Smart cities & utilities Report
Black & Veatch 2018
https://www.bv.com/sites/default/files/
gated-content/strategic-directions-report/18-SDR-Smart-Cities-Utilities.pdf
Digital social innovation in support
of spatial planning. an investigation
through nine initiatives in three
smart city programmes.
Margarita Angelidou, Artemis Psaltoglou
SPATIUM No. 39, June 2018, pages. 7-16
l’impatto che l’energia ha sulla forma costruita
e sui conflitti con le politiche attuali per uno
sviluppo più denso, contenuto e compatto.
********************************************************
Smart Cities: Big Data, Civic Hackers,
and the Quest for a New Utopia
Il Report analizza profondamente il panorama
attuale delle esperienze smart city che si
svolgono in tutto il mondo. Con progetti ambiziosi
e di alto profilo in città come Kansas
City, Seattle e San Diego, evidenzia come l’evoluzione
verso infrastrutture più intelligenti
è possibile e che gli ostacoli - non importa
quanto scoraggianti - possono essere conquistati.
Questo report mostra che la grande maggioranza
degli intervistati vede ancora i progetti
di smart city come “trasformazionali”, con la
capacità di migliorare e ridefinire la qualità
della vita. I dati riportati mostrano anche che
gli sforzi individuali - dalle iniziative “Safe
City” alla maggiore integrazione delle risorse
energetiche distribuite e la crescente proliferazione
di veicoli elettrici - continuano a
progredire.
Il Report dettaglia anche gli ostacoli che
rimangono. I vincoli di bilancio sono ancora
un ostacolo; quasi i due terzi dei comuni
indicano che i finanziamenti rappresentano
un ostacolo importante all’adozione di sistemi
più intelligenti. I sistemi di raccolta dati
stanno restituendo grandi quantità di informazioni,
ma poche città e utility comprendono
veramente come gestire, analizzare e
proteggere tali dati, lasciando molti sentirsi
sopraffatti. Le utilities elettriche - ben posizionate
per giocare un ruolo fondamentale
in qualsiasi iniziativa di smart city - a volte
vengono lasciate a giocare ruoli di supporto
se non nessun ruolo.
********************************************************
The Smart City Concept in
the 21st Century
Mircea Eremia, Lucian Toma, Mihai Sanduleac
Procedia Engineering, Volume 181, 2017, pages
12-19
La qualità della vita è stata significativamente
migliorata nel secolo scorso principalmente
per quanto riguarda l’accesso ai servizi.
Tuttavia, la pesante industrializzazione e l’aumento
della popolazione nelle aree urbane
è stata una grande sfida per amministratori,
architetti e urbanisti. Questo documento fornisce
una breve presentazione dell’evoluzione
del termine “città intelligente” e delle sue
caratteristiche più rappresentative. Inoltre,
vengono analizzati vari termini alternativi
che sono stati proposti per descrivere le molteplici
caratteristiche delle città future. Viene
inoltre presentata una connessione tra smart
city e smart grid.
********************************************************
Questo articolo esamina come l’innovazione
sociale abilitata tecnologicamente può
supportare la pianificazione spaziale. L’innovazione
sociale è una pratica di lunga data;
tuttavia, negli ultimi anni la sua popolarità,
importanzQuesto articolo esamina come l’innovazione
sociale abilitata tecnologicamente
può supportare la pianificazione spaziale. L’innovazione
sociale è una pratica di lunga data;
tuttavia, negli ultimi anni la sua popolarità,
importanza e applicazioni sono aumentate a
causa sia delle sfide finanziarie e sociali che le
città affrontano, sia a causa di importanti progressi
tecnologici. La Digital Social Innovation
(DSI), in particolare, sta sempre più penetrando
nei programmi e nelle strategie di smart city
in tutto il mondo. Attraverso la ricerca su nove
iniziative DSI nel contesto di tre programmi
smart city (Amsterdam, Barcellona, New York),
vengono evidenziate le funzioni e i vantaggi
dell’inserimento del DSI nella pianificazione
spaziale e se ne tracciano i diversi livelli e caratteristiche.
Le conclusioni suggeriscono che:
i mezzi online e offline sono ugualmente importanti
nella DSI per la pianificazione spaziale;
il mix e il grado di coinvolgimento di diversi
settori varia in modo significativo tra le iniziative
del DSI; la pianificazione territoriale e la
collocazione di esperti e professionisti hanno
un ruolo distintivo all’interno di queste iniziative;
e un’attenzione particolare dovrebbe essere
rivolta alle questioni di scala e adozione.
********************************************************
Energy and the form of cities: the
counterintuitive impact of disruptive
technologies
Ehsan Ahmadian, Hugh Byrd, Behzad Sodagar,
Steve Matthewman, Christine Kenney & Glen
Mills
Architectural Science Review, October 2018,
https://www.tandfonline.com/doi/full/10.108
0/00038628.2018.1535422
Questo articolo analizza la ricerca storica che
ha portato a politiche diffuse sulla forma urbana
compatta, in particolare lo sviluppo residenziale,
e raccoglie prove che dimostrano che la
forma urbana dispersa può essere più efficiente
dal punto di vista energetico rispetto alla forma
compatta. Ciò è controintuitivo, ma è supportato
sia dalla sfida alla modellizzazione convenzionale
dell’uso dell’energia degli edifici sia da studi
di casi con prove empiriche. La conclusione è
che le politiche sulla forma urbana dovrebbero
essere guidate non dalle tecnologie esistenti
ma dalle tecnologie dirompenti del futuro. Il
maggiore utilizzo nella generazione di energia
distribuita nelle aree urbane (generalmente
fotovoltaici montati sul tetto), la crescita della
proprietà dei veicoli elettrici e la potenziale introduzione
di smart e micro-griglie e la possibilità
di centrali elettriche virtuali sta cambiando
Townsend, Anthony M.
Casa editrice: W. W. Norton & Company.
Anno di edizione: 2013
Lingua: inglese
ISBN-10: 0393082873
ISBN-13: 978-0393082876
In questo libro, Anthony Townsend, urbanista
ed esperto di tecnologia, getta un ampio sguardo
storico alle forze che hanno plasmato la
pianificazione e la progettazione delle città e
delle tecnologie dell’informazione dal sorgere
delle grandi città industriali del XIX secolo ad
oggi. Un secolo fa, il telegrafo e la tabulazione
meccanica sono stati usati per domare città di
milioni di persone. Oggi, reti cellulari e cloud
computing legano insieme la complessa coreografia
di mega-regioni di decine di milioni di
persone. In risposta a tale dinamica, le città
di tutto il mondo stanno implementando soluzioni
tecnologiche per affrontare le sfide senza
tempo sia di governo che costruttivi posti da
insediamenti umani di dimensioni e complessità
prima inimmaginabili. A Chicago, i sensori
GPS sugli spazzaneve alimentano una mappa
in tempo reale a cui tutti possono accedere. A
Saragozza, in Spagna, accedendo liberamente
alla rete Wi-Fi cittadina si può ottenere una
“carta del cittadino”, sbloccare una bicicletta in
sharing, controllare un libro dalla biblioteca ,
e pagare per la corsa dell’autobus da casa tua.
A New York, un gruppo di cittadini-scienziati
guerriglieri ha installato sensori nelle fognature
locali per avvisare l’utente quando il deflusso
delle acque piovane travolge il sistema,
scaricando rifiuti nei corsi d’acqua locali. Dal
momento che baroni della tecnologia, imprenditori,
sindaci e una avanguardia emergente
di hacker civici stanno cercando di plasmare
questa nuova frontiera, questo libro considera
le motivazioni, le aspirazioni e le carenze di
tutti, offrendo una nuova educazione civica per
guidare i nostri sforzi nel costruire insieme il
nostro futuro, uno scatto alla volta.
********************************************************
22 SMARTforCITY - Numero 1 2019
Smart Cities, Smart Future:
Showcasing Tomorrow
Con linguaggio e dettagli nitidi, Mike Barlow
e Cornelia Lévy-Bencheton spiegano come le
città intelligenti siano potenti forze per un
cambiamento positivo. Con uno sguardo acuto
invitano i lettori a immaginare il mondo
di domani, un mondo affascinante di città e
comunità collegate. Catturano e trasmettono
la profondità e la ricchezza del movimento
mondiale delle smart city.
REFERENCES
Mike Barlow, Cornelia Levy-Bencheton
Casa editrice: Wiley 2019
Anno edizione: 2019
Lingua: inglese
ISBN-13: 978-1119516187
Entro la metà del secolo, due terzi di noi vivranno
nelle città. Il mondo di domani sarà
un mondo di città. Ma saranno delle città
intelligenti? Le città intelligenti sono miscele
complesse di tecnologie, sistemi e servizi
progettati e orchestrati per aiutare le persone
a condurre vite produttive, appaganti, sicure
e felici.
Smart Cities, Smart Future descrive l’impatto
dei progetti di smart city sulle persone nelle
città, nelle città e nelle nazioni di tutto il
mondo. Il libro include descrizioni di progetti
di smart city in corso in Nord America, Europa,
Asia e Medio Oriente.
Non esistono due città intelligenti uguali.
Nessuno può dire con certezza o precisione
che cosa significa “città intelligente”. Non esiste
una definizione standard o un modello comune.
Oggi, le città intelligenti sono lavori in
corso. Emergono dalle nostre speranze e dai
nostri sogni.
Questo libro fornisce le conoscenze e le informazioni
necessarie per partecipare al
movimento smart city. Spiega come le città
intelligenti sono “sistemi di sistemi” e introduce
concetti chiave come interoperabilità,
standard aperti, resilienza, agilità, adattabilità
e miglioramento continuo.
Il libro include un dettagliato glossario completo
dei termini essenziali sulle smart city.
Smart Cities, Smart Future è attentamente
studiato e completamente documentato.
Comprende interviste con leader ed esperti
in molteplici discipline essenziali per lo sviluppo
di città intelligenti, città, regioni, stati
e nazioni.
Scritto nello stile pulito del giornalismo moderno,
il libro offre una narrazione forte e avvincente
di un mondo che cambia. Ci ricorda
che siamo responsabili della scelta del nostro
destino e della determinazione della forma
delle cose a venire.
********************************************************
Mediterranean smart cities. Innovazione
tecnologica ed ecoefficienza
nella gestione dei processi di trasformazione
urbana.
Antonella Trombadore
Casa editrice: Altralinea
Anno edizione: 2016
Lingua: italiana
EAN: 9788898743605
Nell’attuale scenario di vorticoso mutamento
socio-culturale qual è il ruolo giocato dal
“Modello Mediterraneo”? Quali sono oggi gli
elementi di connessione e di contaminazione
culturale capaci di creare valore e suggerire
una visione per guidare e governare i processi
di trasformazione cui sono sottoposte le città?
Come intervenire sui diversi ambiti che rendono
la città smart: mobility, economy, governance,
people, living, environment? L’articolazione
del volume ripercorre alcune recenti esperienze
significative di ricerca sul tema dell’approccio
sostenibile nei processi di trasformazione
dell’ambiente costruito, proiettando i professionisti
verso scenari futuri di quella che può
configurarsi come la declinazione mediterranea
della Smart City.
L’eccellenza dei dati geografici
Toponomastica e numerazione civica
A beneficio degli ambiti di utilizzo più maturi ed esigenti, per la gestione e per la pianificazione geografica e quotidiana
delle reti e delle utenze, della grande e media distribuzione, della raccolta RSU, dei sistemi navigazionali e del car-sharing,
per l’attività politica e per quella amministrativa. www.studiosit.it • info@studiosit.it Numero 1 2019 - SMARTforCITY 23
TECHNOLOGY
Beliefs about smart
mobility in the
Metropolitan City
of Cagliari:
Findings from
a focus group study
by Sara Manca, Francesca Tirotto, Nicola Mura, Ferdinando Fornara
The field of sustainable mobility
has recently received great
attention in the European Union
agenda, through the promotion
and support of actions aimed to
an efficient urban development
(Ettema, Friman, & Gärling, 2014).
Data concerning emissions of CO2
have showed an increase of 85%
from 1973 to 2007 and, in spite
of the thresholds set by the Kyoto
Protocol, a growth of over 47%
during the 1990-2007 period (United
Nations Human Settlements
Programme, 2014).
METHOD
Participants
Participants (N = 16) were residents
in the metropolitan area of the city
of Cagliari. In order to figure out and
deepen the beliefs of both public
transport users and car users, two
separated focus groups were led for
each of the two users’ categories.
Procedure
The focus group technique (Stewart
& Shamdasani, 1990; Zamuner, 2003)
was used for data collection. A focus
group is a group of interacting individuals
having some common interests
or characteristics, brought together by
a moderator, who uses the group and
its interaction as a way to gain deep
information about a specific topic.
Typically, a focus group consists of
6-10 people who are unfamiliar with
each other. The moderator has the
role to encourage different points of
view, without pressuring participants
(Krueger, 1988). The duration of each
focus group was about 1 hour.
The moderator welcomed the participants,
gave an overview of the
topic and laid out the ground rules.
Participants were encouraged to talk
spontaneously, and follow-up questions
were used to facilitate further
discussion of salient issues.
The interview covered an array of
questions related to specific topics
such as architectonics and functional
aspects, perceived safety, and overall
satisfaction toward transportation
experiences.
The extent to which each issue was
explored was dependent upon its
importance for the participants. A
content analysis (Krippendorf, 2004)
was performed on the two focus
group transcripts. Two independent
judges were recruited to code each
focus group discussion on the basis of
categories definition, identifying the
24 SMARTforCITY - Numero 1 2019
elevant sentences and issues related
to each topic.
RESULTS
A summary of the main focus group
outcome is reported below.
Category 1: Architectural aspects.
Respondents focused on several
elements of both stations’ and bus
stops’ design, which are sources of
satisfaction or dissatisfaction in the
public transport experience. Specifically,
information displayed on
electronic tables regarding the bus
routes and timetables would decrease
the sense of insecurity. These feelings
were reported also in case of absence
of covered bus shelters.
As regards the architectural features
of public transport (i.e., bus, light rail,
and train) participants expressed the
lack of comfort and maintenance services.
All respondents highlighted the
need of soft seats, wide spaces and an
improvement of cleanliness.
Furthermore, the sharing of uncomfortable
spaces with a crowd of
people at peak hours was described
as one of the reasons for choosing
the private car.
Category 2: Functional aspects.
Participants reported a general state
of neglect of stations and bus stops.
Presence of baggage service and automatic
ticket machines were indicated
as elements able to improve the
usability of the environment.About
the functional features of the public
transport, respondents highlighted
the importance of a well-lighted
environment and of a pleasant temperature.
These aspects would make
public transport similar to the private
car. Furthermore, they reported a feeling
of disorientation related to the
absence of announcements related to
the trip and bus stops.
interviewees. These features are
considered as greatly important and
strongly linked to the travel choice.
In particular, lighting issues emerged
as the most relevant elements able
to guarantee a safe environment.
Video surveillance, clean spaces and
environments without both barriers
and dark corners were also described
as important internal and external
features. The lack of these elements
was identified as one of the reasons
that move people toward the exclusive
use of the private car.
Category 4: Overall satisfaction
Both groups of respondents described
a general dissatisfaction toward the
public transport and a poor communication
related to this topic. It emerged
the important role played by the
issues of comfort, cost, security, and
personal health in the overall users’
satisfaction or dissatisfaction. Finally,
local identity emerged as a possible
motivator for promoting a sustainable
place through sustainable practices
such as sustainable mobility choices.
4Discussion and conclusion
The outcomes of this qualitative
study showed an array of elements
contributing to the choice of travel
behaviour and to the satisfaction
toward the means of transport.
Consistently with other research
findings (see Ellaway et al., 2003),
the perceived security is associated
with the use of the private car and,
at the meantime, the public transport
is described as unsafe. The necessity
of the individual to protect her/his
own personal space (see Hall, 1966)
appears as particularly relevant
concerning the mode of transport. All
respondents reported that both the
presence of crowd (see Schultz-Gambard,
Feierabend, & Hommel, 1978)
in the common space and narrow
settings decrease the feelings of protection
and, consequently, the use of
the public transport. Studies concerning
different target behaviours, but
similar psychological pattern, confirm
the role of architectural elements in
enhancing the perception of security
(Manca & Fornara, 2015). Spatial and
physical elements were indicated as
crucial in providing a positive travel
experience. The proper lighting of
stations, waiting areas, bus stops, and
vehicles well emerged as strongly
related to higher security and satisfaction
levels in the respondents’
narrative. In particular, most women
showed feelings of fear and anxiety
TECHNOLOGY
Category 3: Security aspects.
Security features emerged as a
common trait in the narrative of the
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 25
TECHNOLOGY
talking about journeys in places poorly
unlighted, thus preferring the use
of the private car in order to reduce
potential risks.
Thus, architectural elements represent
a crucial aspect in influencing both
attitudes toward public transport and
travel choice. These outcomes suggest
that design features should be more
taken into account in the planning
of both external environments (i.e.,
stations and bus stops) and the interior
of the public vehicle in order to
increase the passengers’ safety and,
consequently, to promote the use of
a mode of travel that is alternative to
the private car.
Furthermore, local identity emerged
as a possible driver for the choice of a
pro- environmental mode of transport.
In fact, the strong regional identification
shown by the Sardinian residents,
which represents a pattern of Place
Identity (see Proshansky et al., 1983)
at the regional scale, seems to activate
feelings of environmental protection
toward the Region itself. This
outcome suggests to make salient
both the citizens’ local identity and
the impact of unsustainable choices
and actions in the target place, in
order to promote this specific pro-environmental
behavior.
In conclusion, these findings highlight
a set of users’ needs that could improve
the use of public transport, which
REFERENCES
Ellaway, A., Macintyre, S., Hiscock,
R., & Kearns, A. (2003). In the
driving seat: psychosocial benefits
from private motor vehicle transport
compared to public transport.
Transportation Research Part F, 6,
217-231.
Ettema, D., Friman, M., & Gärling,
T. (2014). Overview of sustainable
travel. In T. Gärling, D. Ettema, & M.
Friman (Eds.), Handbook of sustainable
travel (pp. 3-14). Netherlands:
Springer.
Gifford, R. (2002). Environmental
psychology: Principles and practice
(3rd ed.). Colville, WA: Optimal
Books.
Hall, E. T. (1966). The Hidden Dimension.
Garden City, N.Y.: Doubleday
Krippendorff, K. (2004). Content
AUTHOR
Sara Manca
Nicola Mura
Ferdinando Fornara
ffornara@unica.it
Università di Cagliari,
Dipartimento di Pedagogia,
Psicologia, Filosofia
Università degli Studi di
Cagliari
Francesca Tirotto
University of Plymouth, School
of Psychology
is commonly considered as more
sustainable and smart than the use of
private cars.
Analysis: An Introduction to Its
Methodology (2nd ed.). Thousand
Oaks, CA: Sage.
Krueger, R. A. (1988). Focus Groups:
A Practical Guide for Applied Research.
Newbury Park: California, U.S.A.:
SAGE Publications, Inc.
Manca, S., & Fornara, F. (2015).
Confirmatory Factor Analysis for Indicators
of Perceived Environmental
Quality of the Stadium (IPEQS).
Cognitive Processing, 16(Suppl. 1),
305-308.
Proshansky, H. M. (1978). The city
and self-identity. Environmental
Behavior, 10, 147-169.
Schultz-Gambard, J., Feierabend,
C., & Hommel, B. (1978).
The Experience of Crowding in
Real-Life Environments: An Action
Oriented Approach. In D. Canter, J.
ABSTRACT
The field of sustainable
mobility has recently
received great attention in
the European Union agenda,
through the promotion and
support of actions aimed to
an efficient urban development.
Data concerning
emissions of CO2 have
showed an increase of 85%
from 1973 to 2007 and, in
spite of the thresholds set by
the Kyoto Protocol, a growth
of over 47% during the
Correia Jesuino, L. Soczka, & G. M.
Stephenson (Eds.), Environmental
Social Psychology (pp. 94-105).
Netherlands: Springer.
Stewart, D., & Shamdasani, P.
(1990). Focus groups: Theory and
practice. Newbury Park: Sage
Publications.
United Human Settlements Programme
(2014). State of the World’s
Cities Report 2012/2013: Prosperity
of Cities. Malta: Progress Press Ltd.
Zamuner V. L. (2003). I focus group,
Bologna: Il Mulino.
1990-2007 period (United
Nations Human Settlements
Programme, 2014).
KEYWORDS
smart city; sustainable
mobility; smart mobility;
metro; Cagliari
Via Indipendenza, 106
46028 Sermide - Mantova - Italy
Phone +39.0386.62628
info@geogra.it
www.geogra.it
26 SMARTforCITY - Numero 1 2019
019
ROMA 18-20 OTTOBRE
Tecnologie per il Territorio, il Patrimonio Culturale e le Smart City
www.technologyforall.it
Science & Technology Communication
#TECHFORALL
TECHNOLOGY
Smart City e Smart
Land: per realizzarle
occorre un New
Deal Digitale!
di Raffaele Gareri
Nei social, in Internet ma anche nei media tradizionali, emergono con forza
i termini Smart City e Smart Land non solo da parte di attori pubblici, ma
sempre più spesso anche da imprenditori e manager privati. Ma di cosa si
tratta, perché questa crescente attenzione? Non è facile darne una definizione
sintetica, ma di certo occorre fare chiarezza affinché il sistema
socio economico comprenda appieno le opportunità di crescita che questo
approccio può generare nelle nostre città, grandi e piccole.
Rendere Smart le nostre
città infatti non vuol dire
riempirle di sensori, app o
altri gadget tecnologici, vuol dire
invece governare un nuovo modo
di utilizzare le risorse pubbliche e
private, nuovi modelli di business,
nuove competenze e nuove logiche
di governance del cambiamento e
dell’innovazione al fine di migliorare
la qualità della vita dei cittadini e la
competitività delle nostre imprese.
Si tratta dunque non di una nuova
tecnologia ma di un nuovo modo di
pensare, di organizzare il lavoro e la
cooperazione in logica di ecosistema,
di consolidare modelli di partnership
pubblico-privata. Ma qualcuno ci
può mostrare qualcosa di concreto?
Si, come al solito nei paesi del Nord
Europa hanno osato prima di noi
ed oggi città come Copenhagen in
Danimarca, Amsterdam in Olanda,
Tampere in Finlandia e Stavanger
in Norvegia (giusto per evidenziare
che si può fare anche in luoghi
meno noti) hanno alle spalle
qualche anno di sperimentazione
in cui il Comune, le utilities, le Esco
e tutti i principali stakeholders del
territorio hanno iniziato a costruire
un percorso di sviluppo a sistema,
in cui ciascuno presidia il proprio
ambito di competenza cercando di
creare maggiore valore attraverso
l’interazione e le sinergie con gli altri
interlocutori.
Bas Boorsma, ex manager Cisco
responsabile per il Nord Europa dei
servizi smart e IoT e attuale founder
e CEO di Rainmaking Urban racconta
queste esperienze vissute di persona
nel suo libro “A New Digital Deal”. Bas,
io ed altri due colleghi professionals
e innovatori della PA, Giovanni Fazio
e Angelo Bozza, abbiamo deciso di
costituire una associazione proprio
per promuovere la diffusione della
cultura dell’innovazione e del digitale
e quindi la crescita di analoghi
percorsi nel nostro paese.
The Smart City Association Italy
(http://www.thesmartcityassociation.
org), vuole facilitare l’interazione
28 SMARTforCITY - Numero 1 2019
virtuosa tra il settore pubblico
e quello privato per lo sviluppo
delle Smart City e Smart Land nel
nostro paese mettendo in contatto
la nostra community di pionieri
dell’innovazione con le principali
esperienze internazionali. Il libro
“A New Digital Deal” rappresenta
una sorta di manifesto dei modelli
e delle logiche che l’associazione
promuove; come dice Bas
Boorsma: “E’ stata avviata una
vasta gamma di iniziative smart city,
ma molte mancano di una profonda
convergenza tra partners dei
settori publico e privato, molte
iniziative mancano del DNA e delle
risorse per migrare su larga scala,
e molte sono state avviate senza
porre le domande più elementari,
ad esempio relative all’obiettivo e al
valore. Affinché tali iniziative possano
riuscire o migliorare abbiamo bisogno
di un New Deal Digitale.”
Abbiamo iniziato a raccontare queste
esperienze e questi nuovi modelli di
sviluppo a Brescia il 20 Aprile 2018
(https://thesmartcityassociation.
org/a-new-digital-deal/ ). Più di
100 partecipanti tra amministratori
pubblici, dirigenti pubblici, manager
privati ed imprenditori. In questa
occasione abbiamo avuto modo
di invitare anche esperti di livello
internazionale come Jonathan
Reichental, guru della tecnologia
blockchain applicata ai servizi
pubblici. The Smart City Association
Italy è stata poi invitata a partecipare
ad una interessante conference sullo
sviluppo delle Smart City a Reykjavik
(http://www.reykjaviksmartcity.
is/conference ) dove era possibile
salire a bordo di veicoli a guida
autonoma, ma soprattutto dove
abbiamo visto come territori meno
ricchi di noi in storia e tradizioni
stiano sfruttando l’innovazione per
crescere e migliorare la qualità
delle vita delle proprie comunità.
Infine più recentemente abbiamo
organizzato, con il patrocinio di Roma
Capitale, un evento al Campidoglio
invitando Francesca Bria, CIO
Fig. 4 - Vista dal cortile interno del monumentale complesso di Sant’Agata realizzato dai padri Teatini nel XVII secolo.
Fonte: http://www.maite.it/exsa/il-progetto/
UN NEW DEAL DIGITALE
OLTRE LE SMART CITIES.
COME IMPIEGARE AL MEGLIO LA
DIGITALIZZAZIONE
AL SERVIZIO DELLE NOSTRE CO-
MUNITÀ
Come possiamo favorire lo sviluppo
digitale delle nostre comunità? E pianificare
iniziative digitali che portino
valore economico, sociale ed ambientale?
Cosa possiamo fare per garantire
che i valori umani restino al centro nei
processi di digitalizzazione? Perché
così tante iniziative “smart city” hanno
prodotto risultati diversi e cosa possiamo
imparare da esse? Quali sono i
passi decisivi per avere successo nella
progettazione e realizzazione di una
smart city o nella strategia di digitalizzazione
di un paese? Cosa costituisce
una governance pronta per la digitalizzazione
di una città, una regione o
un paese? E come possiamo preparare
un terreno fertile per gli investimenti,
le startups, per stimolare l’innovazione,
le aziende high tech, i cittadini ed in
generale la comunità?
Un New Deal Digitale risponde a queste
questioni essenziali fornendo sia
una visione sulla digitalizzazione di
una comunità sia una metodologia
pratica e basilare. Esplora l’essenza
della digitalizzazione, spiega come le
comunità possono trarre benefici dal
futuro cambiamento digitale e cosa è
necessario fare per orchestrarlo con i
portatori di interesse, pubblici e privati,
puntando su obiettivi economici, sociali
ed ambientali, e combinandoli in un
New Deal, che è naturalmente Digitale.
Bas Boorsma si occupa di temi legati
alla smart city dal 2003. Attualmente
è l’Amministratore Delegato di Rainmaking
Urban, una azienda focalizzata
sullo sviluppo della Smart City che
si occupa di supportare iniziative di
digitalizzazione in tutto il mondo, ed
opera all’interno del gruppo Rainmaking.
Prima di Rainmaking, Bas è stato
uno dei principali leader dell’innovazione
in Cisco (2007-2018), dove ha
guidato lo sviluppo di nuovi modi di
pensare, la digitalizzazione delle comunità
e il portafoglio servizi dell’Internet
delle Cose. Bas ha una formazione
storica e si occupa di tematiche
che caratterizzano il nostro presente
con un occhio al futuro sullo sfondo.
Il libro è disponibile su Amazon in inglese
ed in italiano. E’ disponibile anche
la versione ebook. Ulteriori info
su http://anewdigitaldeal.com
TECHNOLOGY
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 29
TECHNOLOGY
della Città di Barcellona (https://
thesmartcityassociation.org/anew-digital-deal-rome/
). Anche in
questo caso più di 100 partecipanti
e un grande dibattito sullo stato
dell’arte in questi temi nel nostro
paese. Abbiamo sentito la voce
dell’Università, con Giuliano Noci
Prorettore del Politecnico di Milano,
del governo, grazie a Giovanni Vetritto
Direttore Generale della Presidenza
del Consiglio dei Ministri, ma anche
delle imprese, con Davide Rota CEO
di Linkem, e della politica, con Flavia
Marzano Assessora di Roma Capitale
e delle grandi imprese statali, con
Stefano Pizzuti di Enea.
A fianco di una indispensabile azione
di comunicazione, divulgazione
e networking pensiamo però sia
necessario procedere anche con una
formazione mirata. The Smart City
Association Italy ha siglato così un
accordo con Rainmaking Urban e nei
prossimi 2 anni offrirà ai propri soci
la possibilità di accedere ai corsi di
formazione di TASC (The Academy for
Smarter Community) una iniziativa
TASC.
THE ACADEMY FOR SMARTER COM-
MUNITY
TASC nasce dall’ambizione di creare comunità
più intelligenti e vivibili - e di facilitare
coloro che guidano tali sforzi. TASC supporta
gli individui e le organizzazioni nei
loro sforzi per sviluppare, implementare e
gestire efficacemente gli sforzi della “città
intelligente”. E non solo le città, ma anche
le regioni e i comuni più piccoli - qualsiasi
comunità che si prepara a diventare più
intelligente e più vivibile. A tal fine, TASC
offre Masterclass alle Smarter Community
per migliorare le abilità e le competenze
di professionisti, professionisti, dirigenti e
leader eletti in questa nuova disciplina.
Le Masterclass TASC trasmettono un linguaggio,
conoscenza e know-how condivisi
e metodologie comprovate. TASC promuove
una comunità globale in continua evoluzione
di professionisti e leader e fornisce
una guida su misura e strutturata durante
e dopo la formazione.
Le Masterclass TASC vengono condotti
di formazione su misura costruita
con gli attori delle città straniere
prima menzionate che hanno davvero
iniziato a costruire le proprie Smart
Cities. Una prima edizione avrà luogo
a Copenhahen dal 10 al 12 Settembre
2018, poi a Dubai, Stavanger e
Tampere.
La nostra associazione sta cercando
Comuni intenzionati ad ospitare
una edizione italiana di queste
Masteclass nella primavera 2019.
“Abbiamo individuato un modello
finanziario di adesione da parte dei
Comuni decisamente sostenibile ed
in grado di liberare nuove risorse
finanziarie che potranno sostenere i
progetti di una giunta” sostiene Angelo
Bozza, cofounder e Tesoriere della
Associazione.
Siamo anche però convinti che dopo
lo stadio di divulgazione e dopo i
primi momenti formativi nella PA
nascerà inevitabilmente il bisogno
di sperimentare ed attuare le nuove
logiche di cooperazione. The Smart
City Association Italy si è organizzata
dunque anche per rispondere a questi
da selezionati esperti e facilitatori della
materia. Forniamo la nostra formazione
sia attraverso corsi di iscrizione aperti, sia
con Masterclass dedicati a - e organizzati
in - TASC’s Anchor Cities attraverso i continenti.
Saranno illustrate le metodologie, le tecnologie,
le politiche e le architetture aziendali
che preparano la tua comunità al successo.
4 Non può esserci una strategia valida per
tutti. Impara a costruire la tua.
4Impara dai successi e dai fallimenti di
alcuni dei più importanti professionisti
a livello globale - e adattati.
4Poni il fondamento per te e la tua organizzazione
per un viaggio di innovazione
efficace - ed evolvi.
4Esplora il curriculum espanso di corsi e
corsi di formazione specialistici di TASC
e partecipa.
Per ulteriori informazioni vai su http://
www.tasc.world
bisogni dei propri soci, sia pubblici
che privati, per accompagnarli nella
fase iniziale di comprensione dei
problemi e sviluppo di nuovi modelli
di business, di servizio pubblico e
quindi di vera e propria partnership a
beneficio delle comunità territoriali di
riferimento.
Come dice Giovanni Fazio, cofounder
e Segretario della Associazione:
“Troppo spesso ci siamo trovati aziende
innovatrici desiderose di offrire servizi
e prodotti innovativi ma impreparate
a dialogare con la PA secondo gli
schemi del Codice dei Contratti, ed
analogamente altrettanto spesso
abbiamo di fronte Dirigenti ed Assessori
della PA desiderosi di offrire nuovi
servizi alla propria cittadinanza ma
disorientati di fronte alla compressione
dei budget finanziari. Noi, sulla base
della nostra esperienza e di alcuni casi
di successo internazionale vogliamo
facilitare questo incontro tra settore
pubblico e privato e consentire
finalmente l’avvio di una nuova stagione
di innovazione della PA in piena
partnership con le più dinamiche ed
innovatrice aziende private. Si può fare
soprattutto nel nostro paese dove in
realtà creatività, competenze e volontà
spesso non mancano”.
AUTHOR
Raffaele Gareri
raffaele.gareri@thesmartcityassociation.org
Chairman di The Smart City Association Italy
http://www.thesmartcityassociation.org
ABSTRACT
In the social media, on the Internet but also
in traditional media, the terms Smart City
and Smart Land are emerging not only from
public actors, but increasingly also from private
entrepreneurs and managers. But what is it, why
this growing attention? It is not easy to give a
synthetic definition, but certainly we need to
clarify that the socio-economic system fully
understands the growth opportunities that this
approach can generate in our cities, large and
small.
KEYWORDS
smart city; digitalizzazione; comunità
30 SMARTforCITY - Numero 1 2019
SOLUZIONI DI GEOPOSIZIONAMENTO
topconpositioning.it
TECHNOLOGY
PRESENTA
AERIAL MAPPING
IMAGING FALCON 8 SIRIUS PRO MAGNET
LA PIÙ AVANZATA TECNOLOGIA DI RACCOLTA DATI
Mappatura aerea ad alta precisione combinata con GNSS RTK.
Per applicazioni di ispezione, monitoraggio, topografia e cartografia.
© 2017 Topcon Positioning Group
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 31
COMMUNITY
Dai Bright Green
Buildings alle
Bright Cities
di Luigi Mundula e Sabrina Auci
Fig. 1 - Intelligent, Green e Bright Green buildings divisi per “competenze” e campi di interesse Fonte:
CABA (2008)
La crescente urbanizzazione e soprattutto la
crescente richiesta di maggiore efficienza nel
consumo energetico e nella gestione delle
risorse naturali rende sempre più attuale
affrontare in modo innovativo e sostenibile la
costruzione degli edifici. In questa prospettiva,
sono emerse alcune linee di ricerca che si
riconducono ai concetti di smart, intelligent, e
green/sustainable buildings. Partendo da questa
analisi, l’articolo si propone di evidenziare come
sia possibile sintetizzare gli aspetti di qualità
ambientale e di controllo integrato di un
edificio nel concetto di bright green buildings e
come, sia quindi necessario delineare un quadro
di riferimento concettuale più ampio. Questo
viene identificato nella Bright City, intesa come
cornice metodologica per orientare le operazioni
di trasformazione urbana nonché come
sintesi degli attuali riferimenti paradigmatici:
sostenibilità, smartness e resilienza.
Gli edifici residenziali e non
residenziali rappresentano
i principali consumatori di
energia all’interno di un’economia.
Circa il 35-40% dell’energia prodotta
dagli edifici viene utilizzata per la
costruzione degli edifici stessi mentre
la restante parte viene assorbita per
l’illuminazione e i sistemi di condizionamento
(Srivastava et al. 2017). Gli
edifici tendono a consumare anche
altre risorse naturali oltre all’energia
come ad esempio il suolo e/o i materiali
edili. Al fine di limitare tali effetti,
gli edifici si dovrebbero trasformare in
ambienti sempre più efficienti attraverso
la continua ricerca della riduzione
o minimizzazione dei consumi e degli
sprechi.
La trasformazione degli edifici in
smart, intelligent, green/sustainable
buildings deve necessariamente essere
accompagnata dal miglioramento del
contesto urbano e dal cambiamento
delle città. Le città, infatti, si devono
innovare, andando verso logiche di
sostenibilità. Questo miglioramento,
che implica una maggiore efficienza
e l’utilizzo di tecnologia avanzata, è
ormai realtà in molti medio-grandi
centri urbani. La necessità delle città
di evolversi in questa direzione è la
conseguenza della crescente urbanizzazione
della popolazione mondiale e
soprattutto della maggiore richiesta di
efficienza nel consumo energetico e in
generale nella gestione delle risorse
naturali non rinnovabili che tendono a
essere sempre più scarse. Anche la regolamentazione
degli edifici residenziali
e non residenziali si è trasformata,
diventando sempre più stringente
in termini di obiettivi di efficienza
richiesti (Buckman et al. 2014).
I BRIGHT GREEN BUILDINGS
Il consumo di risorse non rinnovabili
comporta il rapido esaurimento dello
stock a disposizione e quindi le nazioni,
e in particolare le città, devono
necessariamente utilizzare in modo
più efficiente l’energia. Nel 2014 la
Commissione Europea ha, infatti,
adottato la comunicazione “Resource
efficiency opportunities in the building
sector” il cui principale obiettivo
è di ridurre l’impatto ambientale degli
edifici migliorando l’efficienza nel
consumo delle risorse e la competitività
nel settore delle costruzioni.
Queste indicazioni sono state ulteriormente
confermate nel 2015 nel
“Circular Economy Action Plan” dove
si vuole promuovere progetti edili che
riducano gli impatti ambientali degli
edifici e ne aumentino la capacità di
riciclo delle diverse componenti.
32 SMARTforCITY - Numero 1 2019
Fig. 2 - Evoluzione degli edifici green Fonte: Schenider Electric (2008)
Gli edifici quindi se da un lato ci
proteggono, dall’altro possono avere
effetti negativi sull’ambiente. Per
questo motivo, l’analisi scientifica
ha portato all’individuazione e allo
sviluppo di due concetti di edifici
efficienti in termini sia energetici che
ambientali: edifici sostenibili (green) e
edifici intelligenti (smart).
Il concetto di green/sustainable buildings
si riferisce alla pratica di progettare,
costruire, operare, mantenere,
ristrutturare e demolire gli edifici in
modo da preservare le risorse naturali,
ridurre l’inquinamento e rispettare
l’ambiente. I principi di rispetto ambientale
e quindi il principio di costruire
edifici sostenibili permettono di
ridurre gli sprechi e i consumi aumentando
l’efficienza energetica, idrica e
dei materiali, riducendo contemporaneamente
i costi e i rischi. Gli edifici
sostenibili quindi possono essere uno
strumento efficace per sensibilizzare i
cittadini verso le questioni ambientali
e le possibili soluzioni per ridurre gli
impatti della vita quotidiana. Gli edifici
green di successo lasciano impronte
più leggere sull’ambiente attraverso
la conservazione delle risorse. In altre
parole, la progettazione di edifici
green implica il dover trovare un
equilibrio tra l’edilizia residenziale e
la sostenibilità dell’ambiente.
Con riferimento alla seconda tipologia,
secondo Buckman et al. (2014)
si deve distinguere tra intelligent
buildings, smart buildings e thinking
building secondo una scala di sempre
maggiore interazione degli edifici
individuata rispettivamente nella
capacità di reagire, adattarsi e predire.
Nel 1995 il Conseil International du
Bâtiment Working Groups definisce
un intelligent building come “un’architettura
dinamica e reattiva che
offre a tutti gli occupanti condizioni
produttive, economicamente vantaggiose
e rispettose dell’ambiente
attraverso un’interazione continua tra
i suoi quattro elementi di base: luoghi
(tessuto, struttura, strutture); processi
(automazione, controllo, sistemi)
persone (servizi, utenti) e gestione
(manutenzione, prestazioni) e le interrelazioni
tra di loro”. Dalla letteratura
(Wang et al., 2012 e McGlinn et al.,
2010) invece smart building si può
definire come un’architettura e/o un
design olistico e integrato dove la
progettazione e la realizzazione degli
edifici tengono in considerazione le
tecnologie intelligenti (capacità di
controllo dei devices, sensori di stato,
etc.), e i materiali usati oltre a considerare
la costruzione come un unico
sistema con la capacità di adattarsi
al raggiungimento di alcuni obiettivi
prefissati quali: energia ed efficienza,
longevità, comfort e soddisfazione.
Il continuo flusso di informazioni
derivante dai diversi device consente
a questi sistemi di adattarsi a diversi
contesti nonché alle variazioni puntuali
che si possono verificare in un
medesimo contesto.
Se da un lato nell’ambito dei green
buildings rientrano aspetti quali
l’efficienza energetica, la ventilazione
e il recupero idrico, nonché tutto ciò
che riguarda l’ottimizzazione del ciclo
dei rifiuti e riutilizzo di possibili scarti,
dall’altro, con riferimento agli edifici
smart, troviamo invece la capacità
di integrare la rete, il monitoraggio
integrato dei sistemi HVAC (Heating,
Ventilation and Air Conditioning), i
dispositivi elettronici e di sicurezza, le
infrastrutture e la gestione delle risorse
idriche. Risulta così evidente che,
i concetti di smart e green buildings,
anche se non identici, presentano
un’area di sovrapposizione, definita
come bright green buildings (CABA,
2008), dove rientrano tematiche quali
le energie rinnovabili, la qualità ambientale
e indoor degli occupanti, la
sostenibilità e il management energetico
(vedi Figura 1).
Un bright-green building è quindi un
edificio sia intelligente che sostenibile.
È, infatti, un edificio che utilizza sia
la tecnologia che i processi per creare
una struttura che sia sicura, sana e
confortevole oltre ad aumentare la
produttività e il benessere degli occupanti.
Fornisce, inoltre, informazioni
di sistema tempestive e integrate in
modo che i proprietari possano prendere
decisioni intelligenti in merito al
funzionamento e alla manutenzione
e sviluppa una logica implicita che
evolve efficacemente con le modifiche
delle esigenze e della tecnologia dei
proprietari. In questo modo un edificio
bright-green garantisce operazioni di
manutenzione intelligenti e continue
ed è progettato, costruito e gestito
con un impatto minimo sull’ambiente,
conservando le risorse, aumentando
l’uso efficiente dell’energia e creando
ambienti sani per gli occupanti. In
altre parole, questa tipologia di edifici
vuole soddisfare i bisogni del presente
senza compromettere i bisogni
delle generazioni future. Negli edifici
COMMUNITY
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 33
COMMUNITY
bright-green, i sistemi completamente
in rete trascendono la semplice
integrazione di sistemi indipendenti
per raggiungere l’interazione tra
tutti i sistemi, che, lavorando in modo
integrato, ottimizzano le prestazioni
dell’edificio e creano un ambiente
favorevole al raggiungimento degli
obiettivi specifici degli occupanti.
Inoltre, i sistemi pienamente interoperabili
in questi edifici tendono a funzionare
meglio, costano meno per la
manutenzione e lasciano un’impronta
ambientale minore rispetto alle singole
utility e ai sistemi di comunicazione
(CABA, 2008).
L’evoluzione di questi concetti è tuttavia
talmente veloce che quello che
fino a pochi anni fa veniva visto come
futuro, i Net Zero Energy Buildings o
gli Eco-districts (Figura 2), oggi è già
realtà.
I BRIGHT GREEN BUILDINGS NEL
QUADRO ISTITUZIONALE EURO-
PEO: “LEVEL(S)”
Il percorso sopra delineato sta trovando
una sempre maggiore affermazione,
non solo a livello di consenso
e sensibilità della popolazione ma
anche a livello politico. La Commissione
europea ha infatti presentato
il 28 settembre 2017 la fase pilota di
“Level(s)” (http://ec.europa.eu/environment/eussd/buildings.htm),
un nuovo
quadro di riferimento UE per gli edifici
sostenibili, che aiuterà a trasformare
il settore edile. È un quadro di valutazione
open source messo a punto
in stretta collaborazione con soggetti
di punta del settore quali Skanska,
Saint-Gobain, the Sustainable Building
Alliance e Green Building Councils. Si
tratta del primo strumento di questo
tipo concepito per essere utilizzato
in tutta Europa e volto a facilitare la
transizione verso l’economia circolare.
Frutto di un’ampia consultazione
con l’industria e il settore pubblico,
Level(s) si basa su indicatori di prestazione
che riguardano aspetti quali
le emissioni di gas a effetto serra,
l’efficienza delle risorse, l’efficienza
idrica, la salute e il comfort, puntando
a creare un linguaggio comune che
definisca in cosa consiste nella pratica
un edificio sostenibile e che non si
limiti a considerare solo il consumo di
energia.
Level(s) è incentrato sugli aspetti principali
della prestazione di un edificio,
fungendo così da guida per chi vuole
costruire in modo più sostenibile. Tra
questi aspetti vi sono: le emissioni di
gas serra durante l’intero ciclo di vita
dell’edificio, il ciclo di vita dei materiali
efficiente sotto il profilo circolare
e delle risorse, l’uso efficiente delle
risorse idriche, la salubrità e comodità
degli spazi, l’adattamento e la resilienza
ai cambiamenti climatici, il costo e
il valore dell’intero ciclo di vita dell’edificio.
Ciascun indicatore di Level(s)
è concepito in modo da collegare
l’impatto dell’edificio con le priorità
dell’UE per l’economia circolare, e il
quadro di fatto amplia il programma
del settore edile favorendo la realizzazione
degli obiettivi di sviluppo
sostenibile delle Nazioni Unite.
La progettazione di edifici con caratteristiche
di consumi bassi o vicini
allo zero, di interventi di riqualificazione
energetica, volti ad avvicinare gli
edifici esistenti ai concetti di quasi-zero
Energy, e infine di distretti energetici,
quali nuclei su cui basare una
smart city ecocompatibile, trova però i
maggiori limiti e le maggiori difficoltà
nella mancanza di una tecnologia
contenitore dove sia possibile analizzare
nello stesso momento le interazioni
tra molteplici elementi. Tali
interazioni si possono verificare ad
esempio tra: edifici, sistemi di generazione
dell’energia, utenze termoelettriche
variabili, condizioni climatiche
variabili, presenza di fonti rinnovabili,
problematiche di vincoli prestazionali,
possibili soluzioni progettuali caratterizzate
da materiali e tecnologie
innovativi, valutazioni di carattere
normativo economico finanziario e
relative ad indicatori di smartness.
Sul mercato, o come risultato di estese
ricerche internazionali, sono presenti
ambienti software in grado di analizzare
in modo approfondito le prestazioni
energetiche dell’insieme edificio-impianti
(ESP-r dell’Università di
Strathclyde, Energy+ del Department
of Energy statunitense, TAS, ecc.) che
consentono di valutare parametricamente
l’effetto di interventi di riqualificazione,
ovvero che consentono di
considerare la poligenerazione e la
generazione distribuita in edifici reali
(in questa direzione un esempio è costituito
dal software ODESSE - ENEA).
Quello che manca è una dimensione
di analisi del problema, della conseguente
proposta progettuale, che
vada oltre il singolo edificio, ma che
includa il contesto in cui questo è
inserito (il quartiere) in modo che i
vari edifici che lo compongono siano
interconnessi con reti impiantistiche
di generazione e/o distribuzione di
energia in modo da formare un nucleo
bright (efficiente, sostenibile e smart)
in seguito ad una progettazione
basata su un approccio sinergico. Da
questo punto di vista l’Italia ha un’importante
tradizione di rigenerazione
urbana attuata negli ultimi quaranta
anni nei centri storici e nelle aree
dismesse, ma la dimensione di questa
opportunità è ancora lontana dalle
necessità di oggi.
Il campanello d’allarme sul molto
lavoro che resta da fare, in particolare
con riferimento alla valutazione
ex-ante dei progetti di riqualificazione
e trasformazione urbana, suona nei
dati che illustrano i forti cambiamenti
sociali in corso nelle aree urbane centrali
(perdita di funzioni e abitanti), la
continua occupazione di nuovo suolo
sino alla saturazione di alcuni ambiti
territoriali (fondovalle, zone costiere e
aree periurbane), la delocalizzazione
delle attività produttive e di servizio.
Il modello di crescita adottato nel secondo
dopoguerra ha causato un peggioramento
della qualità ambientale
di città e quartieri, dove si sono perse
34 SMARTforCITY - Numero 1 2019
ellezza e identità tipiche della nostra
storia, costruendo quartieri sempre più
soffocati dalle auto, privi di spazi pubblici
dove incontrarsi o camminare, ed
infine dove l’inefficienza energetica
delle case si è trasformata in ulteriore
carico economico per le fasce sociali
più deboli. Per non parlare della
cancellazione di importanti ambienti
naturali e agricoli di pregio.
VERSO UN NUOVO PARADIGMA:
LE BRIGHT CITIES
Per quanto Level(s) rappresenti un
importante passo avanti, non siamo
però ancora in presenza di un modello
decisionale integrato. Quello che manca
è un quadro concettuale condiviso
che permetta di valutare le soluzioni
tecnologiche rispetto all’impatto che
hanno sull’intero sistema urbano.
Il paradigma della smart city (Giffinger
et al. 2007; Etzkowitz e Lydesdorff,
2000; Neirotti et al. 2014; Mundula,
Auci e Vignani 2016; Mundula e Auci
2017) può essere un utile punto di
partenza per analizzare gli edifici bright-green
in un’ottica più ampia. Nato
infatti come concetto relativo all’efficientamento
energetico delle città si è
via via allargato fino a ricomprendere
aspetti sociali, ambientali, istituzionali
ed economici. Ripercorrendo idealmente
la linea evolutiva degli edifici
green, possiamo ritrovare un’analogia
con i medesimi concetti applicati alle
città. A fronte di un primo periodo in
cui il paradigma dominante è stato
quello della città sostenibile, successivamente
si è affermato sempre più
quello della smart city, fino a trovare
una forma di sintesi nella “smart and
sustainable city” (ITU, 2016). Guardando
al futuro però e considerando l’importanza
crescente di un terzo filone,
quello delle città resilienti (Pickett
et al. 2014), dovremmo prendere in
considerazione quell’area di sovrapposizione
presente tra questi fenomeni
che, parafrasando la terminologia usata
per gli edifici, potremmo definire
“Bright”. Intendendo quindi con Bright
Cities, città il cui principale obiettivo
è quello di coniugare gli aspetti della
sostenibilità, della resilienza e della
smartness.
Così come per le smart cities, anche
per le bright cities si pone il problema
di una loro definizione condivisa
tale da consentire la misurabilità del
fenomeno e quindi la valutazione
d’impatto delle soluzioni ipotizzate.
Qualunque siano le dimensioni e gli
indicatori scelti per definirle sarà necessario
stabilire le relazioni funzionali
tra la scala urbana e quella edilizia,
al fine di poter comprendere (e
quindi tenere in considerazione nella
fase di scelta) l’effetto delle soluzioni
adottate al livello più minuto (edilizio)
sull’intero sistema (il quartiere e/o
l’intera città).
Se il concetto di bright cities dovesse
essere considerato un’invariante
rispetto alla tipologia ed alla morfologia
urbana, si perderebbe di vista
la principale caratteristica delle città,
cioè di essere delle strutture composite
i cui mattoni fondamentali
sono rappresentati dagli edifici e dai
quartieri. Questo fatto renderebbe
difficilmente valutabili (in termini di
incremento prestazionale) le soluzioni
tecnologiche specifiche per gli
edifici che ad oggi sembrano essere
quelle che presentano le maggiori
potenzialità in termini di incremento
di efficienza energetica. Tale situazione
richiede quindi una preliminare
esplicitazione di una definizione del
concetto di brightness a livello del
singolo edificio in grado di mantenere
nel contempo un collegamento
logico-funzionale con la definizione a
livello dell’intero sistemo urbano.
Una possibile strada per affrontare
questo problema consiste nella costruzione
di una matrice su uno spazio
bidimensionale definito nei due assi
rispettivamente dalla dimensione
della città e dalla morfologia dell’ambito
urbano. In ogni incrocio (Figura 3)
i vari indicatori e conseguentemente
i rispettivi ambiti, pur partendo da
una medesima struttura definitoria,
assumeranno così pesi diversi.
La matrice così definita trova poi
una sua ulteriore evoluzione grazie
all’aggiunta della dimensione legata
alla tipologia edilizia, passando così a
definire uno spazio decisionale tridimensionale.
Una volta individuato in quale nodo
della matrice tridimensionale ci
si trova si potrà procedere con la
definizione del valore ex ante dell’area
in termini di brightness. Questa
misura avverrà dapprima attraverso
Fig. 3 – Matrice tridimensionale di relazione tra dimensione della città, morfologia urbana e tipologia
edilizia Fonte: elaborazione degli autori.
COMMUNITY
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 35
COMMUNITY
una contestualizzazione della matrice
tridimensionale tramite l’introduzione
della quarta dimensione (il tempo).
Quest’ultima dimensione viene modellata
attraverso la scala di priorità
(disponibilità a pagare) degli abitanti
che ha valore hic et nunc e successivamente
attraverso la rilevazione
del valore attuale degli indicatori nel
contesto di studio.
A questo punto sarà possibile procedere
alla:
1) definizione delle soluzioni tecnologiche
adatte al contesto (variabili di
input) e definizione degli impatti di
queste sul sistema (diretti e indiretti);
2) definizione delle alternative progettuali
(mix tecnologici differenti);
3) valutazione ex ante delle alternative
e individuazione della alternativa
ottimale.
CONCLUSIONI
L’evoluzione tecnologica sempre più
spinta e le conseguenti soluzioni, che
il mercato dell’edilizia sta mettendo
in campo, seppur finalizzate ad un
uso più efficiente delle risorse e ad
una maggiore capacità di risposta
agli stress ed agli shock che le attuali
trasformazioni stanno manifestando
quotidianamente, rischiano di raggiungere
un risultato sub-ottimale se
non inquadrate in una cornice strategica
più ampia. La somma di tante
singole iniziative, per quanto ottime,
non genera, infatti, necessariamente
una soluzione ottimale. Questa deve
nascere piuttosto da un quadro di
riferimento logico che costituisca
sia l’obiettivo a cui tendere sia un
sistema di valutazione delle scelte
di dettaglio capace di evidenziare gli
effetti sull’intero sistema. La cornice
della Bright City, proposta in questo
articolo, pur se ancora ad uno stadio
embrionale e con la necessità quindi
di essere approfondita e dettagliata,
può rappresentare la risposta alle
sfide (ambientali, sociali ed economiche)
che le nostre comunità dovranno
fronteggiare nei prossimi anni.
REFERENCES
Buckman A.H., Mayfield M., e
Beck S.B.M. (2014), What is a
Smart Building? Smart and
Sustainable Built Environment
3(2), 92-109
CABA (2008) Bright Green Buildings:
Convergence of Green
and Intelligent Buildings, in
Sullivan, F. (Ed.), Continental
Automated Buildings Association
(CABA), Ottawa, pp. 1-220,
available at: www.caba.org
Conseil International du
Bâtiment (CIB) Working Group
W098 (1995). Intelligent and
responsive buildings, Toronto:
CIB
Etzkowitz H. e Leydesdorff L.
(2000) The dynamics of innovation:
from National Systems
and “Mode 2” to a Triple Helix
of university–industry–government
relations. Research
Policy 29(2), 109-123.
Giffinger R., Fertner C., Kramar
H., Kalasek R., Pichler-Milanović
N. e Meijers E. (2007) Smart
cities. Ranking of European
medium-sized cities. Centre
of Regional Science of Vienna.
Available at http://www.
smart-cities.eu/
McGlinn K., O’Neill E., Gibney
A., O’Sullivan D. e Lewis D.
(2010) SimCon: a tool to support
rapid evaluation of smart
AUTHOR
Luigi Mundula
luigimundula@unica.it
Università di Cagliari, Dipartimento
di Ingegneria Civile e
dell’Ambiente e Architettura
Sabrina Auci
sabrina.auci@unipa.it
Università di Palermo, Dipartimento
di Scienze Politiche e
Relazioni Internazionali
KEYWORDS
Green and Sustainable
Buildings, Smart and Intelligent
buildings, Bright
green Buildings, Smart and
Sustainable cities, Bright
cities
building application design
using context simulation and
virtual reality. Journal of
Universal Computer Science
16(15), 1992-2018
Mundula L. e Auci S. (2017)
Smartness, City Efficiency
and Entrepreneurship Milieu,
in Carvalho L. C. (a cura di),
“Handbook of Research On
Entrepreneurial Development
and Innovation within Smart
Cities”, IGI Global, 173-198,
ISBN: 978-1-522-51978-2,
DOI: 10.4018/978-1-5225-
1978-2.ch009.
Mundula L., Auci S. e Vignani
D. (2016), “Defining Smart
Cities: A Relative and Dynamic
Approach”, in REAL CORP 2016.
Smart Me Up!How to become
and how to stay a Smart City,
and does this improve quality
of life? - Proceedings of 21st
International Conference on
Urban Planning, Regional
Development and Information
Society, 213-222, ISBN 978-3-
9504173-1-9
Neirotti P., De Marco A., Cagliano
A.C., Mangano G. e Scorrano
F. (2014) Current trends in
Smart City initiatives: Some
stylised facts. Cities, 38, 25–36
Pickett, S.T., McGrath, B.,
Cadenasso, M.L., e Felson, A.J.
(2014) Ecological resilience
and resilient cities. Building
ABSTRACT
The increasing urbanization
and above all the
increasing demand for
more efficiency in energy
consumption and in the
management of natural
resources makes ever more
urgent to tackle the construction
of buildings in an
innovative and sustainable
way. In this perspective,
some research lines
have emerged refering
to the concepts of smart,
intelligent, and green/
sustainable buildings. Starting
from this analysis, the
article aims to highlight
how it is possible to synthesize
both the environmental
quality aspects and
Research & Information, 42(2),
143-157
Schneider Electric (2008), https://www.slideshare.net/seindia/presentation-se-smart-buildings
Srivastava A., Singh P., Janhavi
N.N., Singh A. (2017) Green Buildings:
Eco-friendly Technique
for Modern Cities, in Sharma
P., Rajput S. (eds) Sustainable
Smart Cities in India. The
Urban Book Series. Springer,
Cham
Pickett S.T.A., McGrath B., M.L.
Cadenasso, Felson A.J. (2014),
“Ecological resilience and resilient
cities”, Building Research
& Information Journal”, Volume
42, 2014 - Issue 2, Pages 143-
157, https://doi.org/10.1080/0
9613218.2014.850600
Wang Z., Wang L., Dounis, A.I.
e Yang R. (2012) Multi-agent
control system with information
fusion based comfort
model for smart buildings.
Applied Energy 99, 247-254
the integrated control of
a building in the concept
of bright green buildings,
and how thus a wider
conceptual reference framework
is necessary. This
is identified in the Bright
City, intended as a methodological
framework for
orienting urban transformation
operations and as
a synthesis of the current
paradigmatic references:
sustainability, smartness
and resilience.
36 SMARTforCITY - Numero 1 2019
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 37
COMMUNITY
TECHNOLOGY
UN MODELLO TECNOLOGICO
INTEGRATO PER ANDARE
VERSO SMART@POMPEI
Il progetto pilota MiBAC – CNR
è replicabile anche in altri contesti
di Alberto Bruni, Luca Papi
Il modello/sistema integrato, basato su
tecnologie IoT, frutto del progetto pilota
MiBAC - CNR, denominato Smart@POMPEI,
e del Grande Progetto Pompei, è finalizzato
a generare un dimostratore tecnologico
replicabile in altri contesti per gestire la
sicurezza delle persone e dei monumenti
sia in condizioni normali sia in condizioni
di emergenza. Il progetto unisce l’innovazione
tecnologica con l’innovazione
sociale con lo scopo di andare verso
uno Smart and Resilience Archaeological
Park per poi generare uno Smart@LAND
ossia un territorio che comprenda le zone
limitrofe a Pompei (Buffer zone) gestito in
maniera sostenibile e inclusiva.
Pompei sorge su un pianoro a
circa 30 m s.l.m. formato da
una colata di lava vesuviana, a
controllo della valle del fiume Sarno
alla cui foce sorgeva un antico porto.
Incerte sono le notizie sulle origini
della città. Le testimonianze più antiche
si datano tra la fine del VII e la
prima metà del VI sec. a.C. Si estende
per circa 66 ettari dei quali circa 45
sono stati scavati. La città è stata
suddivisa in regiones (quartieri) e insulae
(isolati) nel 1858 per esigenze
di studio. Presso il Parco Archeologico
di Pompei lavorano circa 500 persone
con una fruizione di 10.000 visitatori,
di media, al giorno con picchi fino
a 25000 visitatori in alcuni giorni
dell’anno. Nel 2018 hanno visitato il
Parco Archeologico di Pompei 3,6 milioni
di turisti.
Il Parco Archeologico di Pompei per
le sue dotazioni tecnologiche all’avanguardia
nonché per le sue caratteristiche
ambientali diversificate, si
presta ad essere il sito presso il quale
realizzare un modello tecnologico
integrato innovativo per la gestione
della sicurezza delle persone e dei
monumenti sia in condizioni normali
sia in condizioni di emergenza.
COME NASCE IL PROGETTO?
ACCORDO QUADRO MIBAC – CNR
→CONVENZIONE OPERATIVA
In data 28 maggio 2015 il Ministero
dei Beni e delle Attività Culturali e il
Consiglio Nazionale delle Ricerche
(CNR) hanno stipulato un Accordo
Quadro, di durata settennale, al fine di
individuare e sviluppare programmi
di ricerca e innovazione, di dimostrazione
e di formazione nel settore del
patrimonio culturale e del turismo.
A seguito del suddetto Accordo, il
30 marzo 2016 tra i due Enti è stata
stipulata una Convenzione Operativa
nell’ambito della quale le Parti,
nel quadro delle proprie attività di
ricerca, di sviluppo e di formazione,
38 SMARTforCITY - Numero 1 2019
si impegnano a collaborare, per tutta
la durata della presente Convenzione
Operativa, per la realizzazione di
una soluzione tecnologica integrata
finalizzata al miglioramento della
sicurezza del patrimonio culturale
nazionale[1].
In tale contesto, le Parti hanno avviato
il primo progetto pilota per la creazione
del primo Smart Archaeological
Park in Italia e nel mondo presso il
Parco archeologico di Pompei (Fig. 1).
Al fine di dare piena attuazione alla
suddetta Convenzione operativa si è
istituita una “Cabina di Regia” con il
compito di gestione e coordinamento
integrato delle attività progettuali/
tecnologiche finalizzate alla tutela,
valorizzazione e sicurezza del Parco
Archeologico di Pompei nell’ambito
del Progetto di cui sopra. La Cabina di
Regia è composta dal Alberto BRUNI,
Funzionario del Segretariato generale
del MiBAC e dal Luca PAPI, Tecnologo
del CNR – Dipartimento Scienze
Umane e Sociali, Patrimonio Culturale
(DSU).
Il MiBAC e il CNR intendono proseguire
le attività del progetto pilota
denominato Smart@POMPEI al fine
di creare il primo Smart Archaeological
Park in Italia e nel mondo presso
il Parco archeologico di Pompei per
poi generare da Smart@POMPEI uno
Smart@LAND ossia un territorio limitrofo
a Pompei (Buffer zone) gestito
in maniera intelligente, sostenibile e
inclusivo.
In particolare le Parti intendono
replicare il modello tecnologico innovativo,
integrandolo e adattandolo,
previe dovute indagini ed analisi
dei rischi aggiornate, sia sul territorio
campano, in linea con il Piano
Strategico della Buffer Zone della
Grande Pompei, sia presso i siti del
Parco Archeologico di Ostia Antica,
del Colosseo, Foro Romano e Palatino
sulle orme della Roma imperiale.
La Cabina di Regia è stata incaricata
di elaborare un organigramma con
i relativi incarichi e responsabilità
per ciascun sito culturale oggetto
d’intervento nonché prevedere attività
di formazione e trasferimento di
conoscenza sulla base delle attività
di innovazione tecnologica e di innovazione
sociale prodotte nell’ambito
del progetto Smart@POMPEI, in linea
con le linee strategiche della Scuola
del Patrimonio Culturale.
CHE COSA SIGNIFICA ANDARE
VERSO SMART@POMPEI?
Andare verso la realizzazione del primo
Smart Archaeological Park in Italia
e al mondo significa andare verso la
direzione di una gestione intelligente,
sostenibile, inclusiva armonizzando
tutela, protezione e valorizzazione
attraverso l’innovazione tecnologica
e l’innovazione sociale. Significa
adeguare i servizi ai reali bisogni dei
turisti sulla base di accurate analisi;
adeguare i servizi alle reali esigenze
del personale che ogni giorno opera
sul campo per la conservazione dei
monumenti; aumentare le prestazioni
dei dispositivi e degli impianti (Fig. 2),
minimizzando i costi e, di conseguenza,
promuovere un uso efficiente ed
efficace delle risorse per migliorare
l’accessibilità del sito.
In realtà Smart@POMPEI non è solo
un progetto ma è un qualcosa di molto
più complesso: ossia un percorso
Fig. 1 - Parco Archeologico di Pompei – Basilica (Regio VIII)
programmatico basato sulle tecnologie
integrate e innovative (IoT – Internet
of Things/internet delle cose)
Numerosi sono stati gli investimenti
effettuati e le attività svolte negli
ultimi anni dal MiBAT nell’ambito del
Grande Progetto Pompei d’intesa con
il Parco Archeologico di Pompei e con
l’Arma dei Carabinieri. Il parco Archeologico
di Pompei è dotato di data
center, copertura WI-FI dell’intero
sito, di un nuovo sistema di videosorveglianza
IP, piano della conoscenza,
nuovo impianto di illuminazione perimetrale
a led, sistema informativo
geografico (GIS), copertura con rete
Tetra dell’intero sito, nuova connessione
internet a fibra ottica per gli
utenti, piattaforma per la gestione ed
erogazione delle app (Fig. 3).
Va evidenziato, inoltre, che si sono
svolte, e continueranno a svolgersi,
attività di monitoraggio focalizzate
alla prevenzione e protezione del sito
in collaborazione con grandi aziende,
Enti di Ricerca, Università e Istituzioni
di Governo quali: servizi a bassa
invasività per il monitoraggio dei movimenti
e delle deformazioni del terreno
e delle strutture; monitoraggio
satellitare interferometrico con analisi
dei dati storici e dei fenomeni lenti
mediante i rilievi della costellazione
satellitare COSMO-SkyMed; rilevazio-
TECHNOLOGY
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 39
TECHNOLOGY
ne di fenomeni in tempo reale (early
warning) mediante reti di sensori wireless
(WSN) dispiegate in sito presso
il Tempio di Venere e Domus dei Casti
Amanti (estensimetri a filo, tiltmetri,
sonde di umidità, ...).
Inoltre è stata realizzata una infrastruttura
per le comunicazioni sicure
degli operatori di sito in standard TE-
TRA; Collaborative App su smartphone
per utenza amica (operatori museali,
guide certificate, addetti ai gates) per
l’invio di segnalazioni relative a situazioni
anomale: (i) Soccorso Sanitario
(in caso di malesseri, incidenti, ecc.);
(ii) Soccorso Addetti alla Sicurezza (in
caso di molestie, azioni di vandalismo,
ecc.); (iii) Allerta (in caso di incendi,
rischi di crolli, ecc.); (iv) Intervento (in
caso di sporcizia, degrado, ecc.).
Sono state svolte, altresì, attività di
telerilevamento a terra mediante
l’utilizzo di strumenti iperspettrali
per l’acquisizione di immagini e firme
spettrali dei diversi materiali e
componenti chimici presenti su zone
individuate come critiche e/o di interesse
(in collaborazione con CNR) per
supportare mantenimento e restauro
dei beni.
Fig. 2 - Parco Archeologico di Pompei - Sala controllo.
IL MODELLO TECNOLOGICO
INTEGRATO
L’obiettivo principale del progetto
Smart@POMPEI è quello di realizzare
un modello tecnologico integrato
replicabile, modulabile, flessibile, basato
sull’utilizzo delle tecnologie IoT
(Fig.4). La dorsale principale del sistema
tecnologico integrato è rappresentata
dalla rete a fibra ottica posata
all’interno dei cavidotti utilizzati dal
sistema di videosorveglianza. Naturalmente
il sistema tecnologico integrato
prevede anche una rete senza fili
realizzata mediante punti di accesso
(AP) con il quale è possibile erogare
servizi necessari sia ai visitatori sia al
personale che opera sul campo.
Il cuore del sistema tecnologico integrato
è rappresentato dalla Piattaforma
Operativa Intelligente (IoC) con il
quale è controllata e gestita tutta la
sensoristica (dalle TVCC ai sensori che
monitorano i movimenti e le deformazioni
del terreno e delle strutture)
distribuita nel parco generando allarmi
in caso di sforamento delle soglie
limite, in caso di comportamenti anomali
e in caso di emergenza.
TECNOLOGIE INNOVATIVE IN
CORSO DI SPERIMENTAZIONE
LI-FI o Light Fidelity
Il metodo più moderno ed innovativo
per trasmettere dati in modalità
wireless, è quello denominato LiFi o
“Light Fidelity”, tecnologia che sfrutta
la modulazione della luce emessa dai
LED per la trasmissione di informazioni.
La tecnologia (che si presenta
con lo standard internazionale IEEE
802.15) funziona grazie alla commutazione
on-off del singolo LED. Questa
sequenza 0/1 non è visibile all’occhio
umano ma consente la trasmissione
del dato (Fig. 5).
Tanto maggiore è la velocità di commutazione,
tanto migliore sarà la velocità
di trasmissione dell’informazione.
Fig. 3 - Dispositivi e sensori.
40 SMARTforCITY - Numero 1 2019
TECHNOLOGY
Fig. 4 - Schema a blocchi del modello tecnologico integrato.
Fig. 5 - Sequenza 0/1 - Tecnologia Li-Fi.
Tutte le fonti LED possono essere
potenziali trasmettitori di informazioni
e ogni device un potenziale fruitore
delle stesse. La luce che evidenzia le
opere d’arte in un museo sarà lo strumento
per trasmettere ai tablet e agli
smartphone la guida interattiva all’opera
durante la visita.
Una caratteristica intrinseca di tutte
le soluzioni LiFi (grazie alla precisione
di geolocalizzazione della tecnologia)
è quella di consentire uno studio approfondito
delle dinamiche di visita
e quindi un’analisi attenta del marketing
di prossimità o di posizionamento
delle opere/prodotti.
La tecnologia LiFi unisce il risparmio
energetico (grazie all’uso di lampade
a Led) con il vantaggio di fruire, senza
ulteriori soluzioni, di un sistema di
trasmissione dati alquanto efficiente e
al riparo dai problemi in intercettazione
delle informazioni (hacker).
Tale a tecnologia sostituirà progressivamente
quella WiFi, ma già da subito
ha trovato una propria collocazione
in ambienti dove la sensibilità per
la problematica dell’inquinamento
elettromagnetico è evidente e dove
le problematiche di rischio di perdita
dati sono preponderanti.
Alcune istallazioni delle lampade a
led con tecnologia Li-Fi sono state
effettuate sia sui bracci dell’Anfiteatro
(Fig. 6) sia presso la Domus dei Vettii.
dei principali asset è costituito dall’accessibilità
e dalla fruibilità del sito da
parte di tutti.
Pertanto, è stata avviata la sperimentazione
del prototipo del braccialetto
intelligente CON-ME (Fig. 7) che apre
le porte ad un percorso progettuale
complesso che vede coinvolti Enti di
Ricerca, Università, Imprese, Istituzioni
di Governo.
Il sistema è basato su tecnologie
dell’Internet of Things (IoT). La soluzione
prevede di assegnare ai visitatori
con disabilità un braccialetto, capace
di inviare segnali ad un server centrale
che li elabora ed effettua azioni
mirate alla salvaguardia e sicurezza
dei visitatori.
L’oggetto indossato dal visitatore
con disabilità acquisisce una identità
elettronica e come tale può essere
identificato, riconosciuto e validato da
componenti paritetici nella rete privata
del parco di Pompei, che, scambiandosi
informazioni, evidenziano fenomeni
e/o situazioni che richiedono
l’interazione o l’intervento umano per
il completamento dei processi in base
alle circostanze.
Le operazioni previste consistono nella
comprensione dei messaggi inviati
dai dispositivi indossati dai visitatori
e la conseguente visualizzazione della
loro dislocazione in una mappa per un
supporto alle decisioni degli operatori.
Per la soluzione di geo-referenziazione
del Visitatore all’interno del
parco archeologico di Pompei, è stata
creata una rete sensori denominata
“CON-ME”, in cui vengono impiegati
sia una rete WLAN di Access Point e
sia componenti ingegnerizzati in un
Il braccialetto CON-ME e la sicurezza
integrata per i visitatori con disabilità
Nell’ambito di Smart@POMPEI, uno
Fig. 6 - Parco Archeologico di Pompei - Anfiteatro (Regio II).
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 41
TECHNOLOGY
• 96 ore di test di corrosione da nebbia
salina per standard di riferimento
CEI EN 61701
• 40 cicli di umidità e congelamento
con variazione termica da -40°C a
+110°C con relativa umidità da 0 a
90% in camera climatica per standard
di riferimento CEI EN 61215/
IEC 61646 art 10.12
Fig. 7 – Prototipo del braccialetto CON-ME
braccialetto indossabile grazie alla
collaborazione tra aziende.
Il dispositivo di geo-referenziazione
comprende diverse tecnologie che
consentono di avere un elevato grado
di libertà nella scelta delle modalità
di interazione, come di seguito elencati:
dispositivo di avvio e di stop
automatico, bottone di SOS, modulo
GPS, modulo Wi-Fi, modulo Bluetooth,
batteria integrata, LED di segnalazione
della carica della batteria, modulo per
la ricarica wireless (Fig. 8)
I coppi fotovoltaici
È in corso inoltre una sperimentazione
di coppi fotovoltaici (Fig. 9), ossia,
Fig. 8 – Il braccialetto CON-ME in carica
moduli speciali non convenzionali
progettati e costruiti specificatamente
per integrarsi e sostituire elementi
architettonici degli edifici. Data la
loro sostanziale differenza rispetto ai
comuni pannelli fotovoltaici in vetro e
metallo, i moduli fotovoltaici non sono
certificabili secondo le normative
standard e non esistono ancora certificazioni
applicabili. Tuttavia, i moduli
hanno superato le seguenti prove:
• 50 cicli di variazione termica di
100°C/h in camera climatica con
controllo delle temperature
da -40°C a +110°C per standard di riferimento
CEI EN 61215
Al fine di garantire una qualità sempre
costante, ogni 1000 moduli prodotti
viene testato un pezzo a
campione. Per coprire 15 mq sono
necessari 223 coppi fotovoltaici – potenza
nominale 1KW
Tali moduli appaino particolarmente
utili e adattabili al contesto del Parco
archeologico di Pompei per la produzione
di energia da fonti rinnovabili.
Faretti led a spettro naturale
I Led a spettro naturale sono stati
adottati per illuminare le murature
affrescate restaurate della Domus dei
Vettii (Fig. 10).
Sono stati selezionati i Led a spettro
naturale perché producono una luce
che si avvicina molto allo spettro
della luce solare naturale, trasmettendo
accuratamente i colori e le trame
delle murature affrescate restaurate.
PROSSIMI PASSI
L’insieme delle attività tecnologiche
testate presso il Parco archeologico
di Pompei rappresenta il modello
innovativo da integrare ed adattare
per tutte le realtà nazionali rientranti
nell’ambito del Progetto Speciale Sicurezza
focalizzato sulle “Misure straordinarie
per la sicurezza antropica”
(Programma triennale ex art. 1 commi
9 e 10 legge 190/2014 - stabilità
2015, ed altre programmazioni).
Tra i prossimi passi è prevista la realizzazione
di uno Smart@POMPEI
Living Lab ossia uno spazio all’interno
del parco finalizzato a coinvolgere
direttamente i visitatori per collaborare
nello sviluppo e nella sperimentazione
dei nuovi prodotti/servizi
tecnologici.
Sono previste attività finalizzate ad
42 SMARTforCITY - Numero 1 2019
Fig. 9 – Coppi fotovoltaici
avvicinare i giovani alle nuove tecnologie
utilizzate nell’ambito di Smart@
POMPEI al fine di generare una consapevolezza
digitale avanzata utile per
entrare nel mondo del lavoro e colmando,
ove esiste, la carenza generalizzata
di competenze digitali di base.
Sono previste, inoltre, azioni finalizzate
a riaffermare e rafforzare il concetto
di legalità e al miglioramento
della sua percezione da parte della
comunità locale.
Smart@POMPEI intende inoltre attivare
azione di inclusione/integrazione
e reinserimento socio-lavorativo di
minori/giovani e adulti. Sono previste
attività finalizzate a mantenere il Parco
Archeologico una città viva, vitale
o meglio
una residenza creativa attraverso
l’accensione civica delle comunità
locali tramite l’inclusione sociale, la
rigenerazione urbana, la sostenibilità
ambientale (CIVITATES).
Sono previste attività finalizzate ad
andare verso una logica di certificazione
del parco archeologico di
Pompei per renderlo “resiliente” e far
nascere un centro di eccellenza per lo
sviluppo delle conoscenze sulla gestione
della sicurezza e mitigazione
dei rischi dei beni culturali in condizioni
normali e in emergenze.
Al fine di armonizzare e coniugare
un approccio che veda coinvolta la
tecnologia con il diritto si prevedono
attività finalizzate a considerare il
bilanciamento che ci deve essere tra
privacy e sicurezza alla luce del nuovo
regolamento europeo sulla privacy
(GDPR).
Le Parti intendono altresì avviare studi
sugli aspetti psicologici della sicurezza,
dell’emergenza e del rischio.
Sono previste inoltre analisi mediante
sistemi a pilotaggio remoto (droni) di
ultima generazione con focus su:
4Analisi dello stato della vegetazione.
Rilievo fotogrammetrico e multispettrale
per verificare
l’evoluzione della crescita della vegetazione
con restituzione di mappe
classificate per soglie di
attenzione.
4Monitoraggio amianto. Rilievo fotogrammetrico
e multispettrale per
evidenziare presenza amianto con
restituzione di mappe e misure.
4Monitoraggio per sorveglianza del
sito archeologico con voli di ronda
programmati.
4Aerofotogrammetria e curve di livello
per analisi dissesto idrogeologico
per prevenzione.
4Sistema AntiDrone per difesa contro
attacchi verso il patrimonio culturale.
Sono inoltre in programma attività
finalizzate al miglioramento del consumo
energetico di tutto il sistema
tecnologico integrato e sviluppo di
soluzioni innovative energeticamente
efficienti.
In tale contesto, risulta fondamentale
la collaborazione con la nuova figura
emergente del “data scientist” che
unisce le competenze dell’informatico,
dello statistico e del narratore, al fine
di estrarre la parte “preziosa” nascosta
sotto i Big Data. Il tutto nel rispetto
della dimensione etica, perché un
uso distorto dei Big Data può porre a
rischio la libertà e i diritti delle persone.
È stata avviata la procedura per la
registrazione di un marchio di qualità
tecnologica ed efficacia gestionale per
l’adeguata accessibilità, protezione,
conservazione del Parco Archeologico
di Pompei.
TECHNOLOGY
CONCLUSIONI
Il dimostratore tecnologico integrato
innovativo in corso di realizzazione
presso il Parco Archeologico di Pompei
può rappresentare il modello da
seguire a livello nazionale, e non solo,
per la gestione della sicurezza delle
persone e dei monumenti sia in condizioni
normali sia in condizioni di
emergenza.
Fig. 10 - Parco Archeologico di Pompei - Domus dei Vettii (Regio VI).
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 43
TECHNOLOGY
REFERENCES
Papi, Luca (2014) Il primo dimostratore smart city applicato ai beni
culturali (2014). Archeomatica, 5 (4). ISSN 2037-2485
Papi, Luca (2016) Verso uno smart archaeological park. APRE
Magazine (2). pp. 39-40.
Garzia, Fabio and Papi, Luca (2016) An Internet of Everything Based
Integrated Security System for Smart Archaeological Areas. In: 2016
IEEE International Carnahan Conference on Security Technology
(ICCST) Proceedings. Institute of Electrical and Electronics Engineers,
Orlando, Florida, pp. 64-71. ISBN 978-1-5090-1070-7
AUTHOR
Alberto Bruni
Alberto.bruni@beniculturali.it
Funzionario del Segretariato Generale del MiBAC e
Responsabile MIBAC della Cabina di Regia di Smart@
POMPEI
Luca PAPI
luca.papi@cnr.it
Tecnologo – Security Manager del Dipartimento Scienze
Umane e Sociali, Patrimonio Culturale (DSU) del CNR
e Responsabile CNR della Cabina di Regia di Smart@
POMPEI
C’è vita nel nostro mondo.
ABSTRACT
The integrated model / system, based on IoT technologies,
resulting from project Smart@Pompei, developed
in the framework of the collaboration between MiBAC
anad CNR and Great Pompei Project, aims at generating
a technological demonstrator that can be replicated
in other contexts to manage and monitor the safety of
people and monuments both in normal and emergency
conditions. The project combines technological innovation
with social innovation in order to create a Smart
and Resilience Archaeological Park than can generates
a Smart @ LAND that is a territory including the areas
adjacent to Pompeii (Buffer zone) managed in a sustainable
and inclusive manner.
KEYWORDS
Internet of Things; sistemi integrati; sicurezza; efficientamento
energetico; monitoraggio; accessibilità; sostenibilità;
inclusione; cloud; big data; droni; intelligenza
artificiale
NOTE
[1] Il 4 aprile 2018, il Segretario Generale del MiBAC e il
Presidente del CNR hanno firmato l’atto di proroga della
citata Convenzione operativa in base alla quale le Parti
si impegnano a continuare a collaborare, per tutta la durata
della presente Convenzione Operativa (2018-2020),
per completare la realizzazione del dimostratore tecnologico
integrato replicabile finalizzato al miglioramento
della sicurezza del Patrimonio Culturale Nazionale.
Realizzazione di infrastrutture
dati territoriali (SDI) conformi a INSPIRE
Formazione specialistica su tecnologie
GIS Open Source
INSPIRE Helpdesk
We support all INSPIRE implementers
Epsilon Italia S.r.l.
Via Pasquali, 79
87040 Mendicino (CS)
Tel. e Fax (+39) 0984 631949
info@epsilon-italia.it
44 SMARTforCITY - Numero 1 2019
www.epsilon-italia.it
www.inspire-helpdesk.eu
REGISTER
FOR FREE
TECHNOLOGY
BUSINESS 2019
LONDON • UK 21 – 22 MAY
Registration now open
Register online today and attend the geospatial event
designed for everyone involved in the gathering, storing,
processing and delivery of geospatial information.
C GeoBusinessShow.com
Exhibition • Conference • Seminars • Workshops • Networking
BIM
GIS &
Big Data
Earth Obs
& Satellites
Instrumentation
& Monitoring
Laser
Scanning
Mobile
Mapping
Smart
Cities
Surveying UAVs Visualisation
AR & VR
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 45
COMMUNITY
Le città intelligenti sono ecosistemi
creativi socialmente interconnessi?
di Alessia Usai
Una proposta metodologica per
riconoscere e supportare le
imprese creative nei processi di
rigenerazione urbana
Fig. 1 - Primi esempi di Mappatura Urbana. Studio redatto dal
dottor John Snow sui casi di colera a Broad Street, Londra,
1855. Fonte: John Snow - Published by C.F. Cheffins (1855)
Negli ultimi dieci anni le città sono
ritornate al centro dell’agenda pubblica
in qualità di motori dello sviluppo
nazionale e regionale in relazione
ai vantaggi offerti dalle economie di
urbanizzazione: possibilità di contatti
personali, disponibilità di beni
complementari e servizi avanzati,
coordinamento tra gli attori economici,
possibilità di una continua riconfigurazione
delle reti di attori.
Per competere a livello globale
le città sono chiamate a
sfruttare a pieno i vantaggi
offerti dall’essere nodi (hub) di una
rete di relazione fisica e virtuale
sempre più interconnessa e ricca di
opportunità, trovando nuove soluzioni
a problemi esistenti o aprendo strade
completamente nuove nel campo
della pianificazione. Sebbene si faccia
riferimento a due concetti teorici
ben distinti, le politiche recenti
sulla città intelligente (smart city)
e la città creativa (creative city)
ricollegano entrambi il successo
delle città globali alla loro capacità
di riconoscere, prima di altri, le idee
utili all’innovazione dei processi
produttivi, ben sapendo che anche
nei casi esemplari come quello di
Leondardo da Vinci le invenzioni
diventano innovazioni solamente
se hanno un risvolto pratico ed
economico.
Nel processo di creazione-invenzione
la cultura assume un ruolo
fondamentale come generatrice di
nuove idee, tutte potenzialmente
passibili di attenzione da parte
degli attori economici e politici in
ambito urbano. Si può parlare in tal
senso di una riscoperta della “cultura
produttiva e aziendale” a discapito
della “cultura alta” (si v., ad esempio,
gli stanziamenti destinati alle PMI
rispetto alle risorse riservate al
patrimonio culturale in Horizon 2020,
nel programma Creative Europe, nel
Bando Smart Cities del MIUR). Una
tendenza che segna profondamente
la programmazione comunitaria
2014-2020 e può, per certi versi,
penalizzare le politiche governative
caratterizzate da un approccio culturebased
alla tutela e valorizzazione
del patrimonio avvantaggiando
invece le sperimentazioni delle
città italiane nel legare i discorsi
dell’imprenditoria e della filiera
culturale. Un altro elemento
fondamentale per le città globali è
la presenza di un capitale sociale
e culturale dotato delle giuste
competenze (skills) per riconoscere
le idee innovative e trasformarle in
innovazioni per l’ambiente urbano.
Ciò si ottiene attirando i talenti
dall’eterno e/o coltivando i talenti
locali attraverso le seguenti politiche,
definite neo-liberali: marketing
territoriale; creazione di spazi per il
consumo di beni e attività culturali,
il tempo libero e la residenza,
come centri di divertimento e
intrattenimento, quartieri artistici,
comunità residenziali protette (gated
communities), ma anche grandi
eventi e vita notturna; incentivi
economici per l’insediamento di
grandi compagnie, zone franche
urbane, recupero delle aree dismesse,
agevolazioni fiscali, gestione privata
dello spazio pubblico nelle zone
commerciali urbane; programmmi
46 SMARTforCITY - Numero 1 2019
di formazione e curricula specifici
nonché sistemi per l’apprendimento
permanente (Lifelong Learnig
programms).
Infine, nelle città globali vi è una
crescente attenzione verso le
infrastrutture informatiche (banda
larga, fibra ottica) e l’agenda
digitale (e-government) attraverso
cui abbattere le distanze tra
l’amministrazione e i cittadini,
garantire maggiore trasparenza
e ridurre il fenomeno della
corruzione. Nel panorama europeo
segnato dalla disparità crescente
tra le diverse regioni, in cui al divario
nord-sud si è aggiunto quello estovest,
la costruzione dell’e governance
sembra tuttavia un processo ancora
a macchia di leopardo in cui molti
Paesi, compresa l’Italia, non possono
ancora rinunciare alla presenza di
contact point e help-desks sul territorio
per l’implementazione delle politiche
urbane e rurali, nazionali ed europee.
Ciò è particolarmente sentito dalle
regioni montane ed insulari che già
scontano le difficoltà dovute alla loro
particolare condizione geografica.
Resta dunque un dubbio di fondo:
riuscirà l’economia “creativa” ad
integrarsi nel territorio esistente, ad
adattarsi alle sue infrastrutture fisiche
rispondendo adeguatamente alle
istanze sociali e di qualità urbana,
oggi espresse anche dalle città più
remote e periferiche? Riusciranno
le ricerche e le politiche sulla città
intelligente a supportare le Smart
People e a mutare gli insediamenti
umani in ecosistemi creativi
socialmente interconnessi?
ECONOMIA CREATIVA E CITTÀ
Nella città sono presenti imprese,
liberi professionisti e lavoratori altamente
qualificati impegnati nella
valorizzazione dell’ambiente costruito,
nelle nuove tecnologie, nella produzione
di beni e servizi user-oriented
dal design accattivante. Soggetti che
operano come agenti di cambiamento
nei processi produttivi puntando su
beni e servizi ad alto contenuto culturale
e creativo capaci di competere
sul mercato globale e garantire nuove
opportunità occupazionali anche in
tempi di crisi.
Accomunati da questo approccio creativo
alla produzione, essi lavorano in
diversi settori economici (architettura,
informatica, comunicazioni, enogastronomia,
etc.), incontrando diversi
ostacoli nel loro riconoscimento come
categoria e nel riconoscimento del
loro contributo all’economia urbana,
in termini finanziari ma anche sociali
e culturali (nuove forme di welfare,
educazione e formazione, rigenerazione
urbana, vita culturale della città in
senso lato).
I primi Paesi a focalizzarsi sulla rimozione
di questi impedimenti sono stati
quelli anglosassoni ove, in seguito alla
crisi industriale negli anni Ottanta, è
maturata una precisa volontà politica
di investire nell’economia culturale
e creativa conferendogli uno status
(“industrie culturali e creative”), fornendo
alle amministrazioni pubbliche
gli strumenti di rilevazione e i modelli
organizzativi necessari per la costruzione
di politiche di settore, nonché
spingendo i “creativi” a costituirsi in
enti di rappresentanza e di categoria.
Emblematica l’esperienza del Regno
Unito con la costituzione del DMCS e
la produzione dell’omonimo framework
statistico e di policy. La produzione di
politiche pubbliche a sostegno della
creatività e della cultura in ambito
urbano si è poi estesa agli organismi
internazionali (le Nazioni Unite tramite
l’UNCTAD e l’UNESCO, l’Unione
Europea) che hanno prodotto rapporti
statistici, documenti di alto profilo,
agende politiche e programmi internazionali
per questi settori (Fusco
Girard et al., 2016, pp.15-54).
Un contributo rilevante all’auto-riconoscimento
delle industrie culturali
e creative è però arrivato anche
dall’attività di lobbying portata avanti
dai portatori d’interessi forti con il
coinvolgimento diretto di importanti
accademici, in primis Charles Landry
(2000, 2006) e Richard Florida (2002),
i quali hanno contribuito a illustrare
le ragioni per cui il fenomeno creativo
sia essenzialmente un “fatto urbano” e
a definire un modello di sviluppo che
illustrasse le dinamiche relazionali
delle imprese culturali e creative e
il loro rapporto con lo spazio urbano:
la Città Creativa (Fusco Girard et
al., 2016, pp.15-54; Hutton, 2016).
Un trentennio di politiche e ricerche
sull’argomento ha portato all’individuazione
di tre principali modelli di
“città creativa” (Usai, 2016a):
4la città che presenta una concentrazione
consistente di imprese e
sistemi produttivi appartenenti alle
industrie culturali e creative e ne
incentiva le logiche di agglomerazione
(cluster, reti) (approccio incentrato
sulle imprese);
4la città che presenta una concentrazione
consistente di talenti creativi,
ossia imprenditori e professionisti
altamente qualificati di altri Paesi
che, in virtù delle opportunità occupazionali
e dall’elevata qualità
ambientale, decidono di stabilirsi
in città, oppure membri talentuosi
della comunità locale che, grazie al
sistema educativo locale, riescono
a maturare divenendo operatori del
cambiamento creativo nella loro
stessa città d’origine (approccio incentrato
sulle persone);
4la città che presenta una concentrazione
consistente di flussi, scambi
e relazioni tra le reti produttive, le
singole imprese e i talenti creativi
presenti localmente (approccio incentrato
sulle relazioni e gli aspetti
organizzativi).
L’approccio relazionale è definito anche
eco-sistemico poiché considera i
soggetti creativi nel loro insieme, senza
fare distinzioni tra attori individuali
e collettivi, e si concentra sui loro
modelli organizzativi e relazionali per
comprendere le loro interazioni con lo
spazio urbano e il territorio circostante.
Il modello eco-sistemico ha avuto
il merito di sfatare il mito delle città
globali come “uniche città creative
possibili” dimostrando come le indu-
COMMUNITY
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 47
COMMUNITY
strie culturali e creative presenti nelle
grandi città traggano linfa dai sistemi
di produzione del territorio circostante
oppure, in contesti caratterizzati
da un sistema urbano policentrico, su
una rete di centri urbani minori con
un’accumulazione di saperi produttivi
specialistici pari a quella di una città
globale. Ciò porta gli studi più recenti
sulla Città Creativa a concentrarsi,
da un lato, sulle politiche delle città
globali e sui rischi di quelle che Pratt
(2009) ha definito xerox policy, ossia
politiche copia-incolla di soluzioni
sperimentate altrove, dall’altro, ad
allargare il campo d’indagine dalla
scala di quartiere a quella urbana e
territoriale, studiando il fenomeno dei
distretti culturali (D’Ovidio, 2016; Usai,
2016b; Florida, 2017).
I migliori testimoni di questa vena
creativa sono gli spazi d’innovazione
che ormai popolano le città grazie alle
politiche pubbliche che ne supportano
la nascita e alle loro retoriche (da
quella economica fondata sui distretti,
a quella di rigenerazione urbana, sino
a quella del place branding fondata su
identità, visibilità e ritorno d’immagine).
Da un lato, i luoghi specificamente
dedicati alle industrie culturali e creative
quali incubatori, hub, acceleratori,
fablab e spazi di coworking. Luoghi
di lavoro che spesso nascono per
dare una nuova vocazione a edifici
industriali dismessi. Dall’altro, cluster
creativi specializzati in settori strategici
ove l’investimento pubblico è
più deciso e che vanno a costituire
ex-novo quartieri o distretti urbani
dedicati. Per le amministrazioni regionali
e comunali la creazione di questi
spazi significa: conoscere le scelte
localizzative e abitative dei creativi
in città, censire il patrimonio pubblico,
individuare gli edifici adatti alla
destinazione creativa, semplificare i
passi amministrativi per la loro messa
a disposizione, individuare insieme
agli operatori la vocazione dei singoli
spazi e collaborare con loro nella fase
di trasformazione, intervenire sugli
spazi pubblici a complemento della
trasformazione del tessuto edilizio
(Manzella, 2016).
Fig. 2 - I domini culturali e creativi
Fonte: ABS Information Paper: Cultural and Creative Activity Satellite Accounts, Australia, 2013 (Cat 5271.0.55.002)
I CREATIVI COME AGENTI DI
CAMBIAMENTO NEI PROCESSI DI
RIGENERAZIONE URBANA
La città, intesa come archetipo di una
specifica e storicamente fortunata
forma di organizzazione sociale, è da
sempre riconosciuta come un centro
primario di creatività e innovazione.
Le ragioni del suo successo risiedono
nella capacità di attrarre le funzioni
fondamentali per lo sviluppo e di ridisegnare
internamente la sua struttura
fisica facendo posto a tutto ciò che
ogni epoca storica richiede in termini
di infrastrutture, edifici, spazi. A questa
capacità si aggiungono poi alcuni vantaggi
che la densità di infrastrutture
e la concentrazione di diverse attività
e persone generano quasi automaticamente
(varietà, contatti e scambi,
sinergie, legami trans-territoriali, specializzazione,
riduzione del rischio di
disoccupazione, etc.) (Fusco Girard et
al., 2016, pp.183-198). Quando, dopo
la prima rivoluzione industriale, l’industria
è divenuta la forza trainante
dell’economia, le fabbriche si sono
stabilite dentro la città, persino al suo
centro grazie a piani e progetti urbani
finalizzati all’efficienza interna del
sistema urbano. Quando nella città
post-industriale le informazioni e il
loro scambio sono divenuti fondamentali,
l’infrastruttura radiocentrica
della mobilità ha favorito la concentrazione
delle relazioni faccia-a-faccia
nel centro cittadino e lo spostamento
degli impianti industriali in periferia
con piani e progetti urbani ispirati
alla competitività economica. Com’è
intuibile, la città creativa è invece una
condizione post-moderna in cui i piani
e i progetti sono ispirati alla globalizzazione
e all’attrattività e i settori
economici chiave sono istruzione, arte
e cultura, salute, new-economy, tempo
libero e turismo (Fusco Girard et al.,
2016,pp.183-198).
La creatività non è dunque un tratto
distintivo della città presente e futura,
semplicemente, essa è esplicitamente
perseguita secondo modalità che sono
tipiche della fase attuale di sviluppo.
L’affermazione di nuovi modi di artico-
48 SMARTforCITY - Numero 1 2019
COMMUNITY
Fig. 3 - La geografia dell’offerta creativa nel quartiere Isola a Milano. - Fonte: Bruzzese et al. (2017)
lazione delle relazioni tra produzione
e componenti sociali richiede nuove
risposte circa il simbolismo tipico della
città e le sue manifestazioni nella
forma sensibile delle modalità di produzione
spaziale (pubblica e comunitaria)
(Fusco Girard et al., 2016, pp.
289-322). Si avverte, mutatis mutandi,
la necessità di una “discesa sul campo”
analoga a quella che tra Ottocento
e Novecento portò i migliori pianificatori
e progettisti a rilevare estensivamente
gli impatti degli impianti
industriali sulla salute e l’ambiente,
le dimensioni degli alloggi, gli aspetti
ergonomici dell’abitare per arrivare
poi all’elaborazione di standard minimi
per le abitazioni e i servizi pubblici.
METODI E STRUMENTI
D’INDAGINE NELLA RICERCA E
NELLA PRATICA CORRENTE
UN’ANALISI CRITICA
Le scelte abitative e localizzative dei
creativi sono oggi investigate da discipline
diverse, ciascuna caratterizzata
da una propria prospettiva d’indagine.
In campo economico, ad esempio,
Hutton (2016) analizza la geografia
dell’offerta creativa focalizzandosi
sulla localizzazione e aggregazione
(clustering) delle imprese creative,
distinte per settore, all’interno del
tessuto urbano di Berlino, Seattle, Vancouver
e Singapore. Roodhouse (2016)
individua sulla base di Canter (1977)
i seguenti macro-ambiti progettuali
per distretti culturali di successo: attività
(economiche, sociali e culturali);
forma (spirito del luogo, place-making,
spazio e tessuto costruito); movimento.
Definisce inoltre un sistema di
cultural zoning (innovation zone, retail
selling zone; entertainment zone, cultural
quarter, learning zone). Nell’ambito
del progetto europeo Creative City, la
regione urbana di Ljubljana e la città
di Genova invece hanno studiato la
concentrazione delle imprese creative
in relazione al contesto ambientale:
fattori di contesto (accessibilità, logistica,
localizzazione, etc.), fattori relativi
all’edificato (anno di costruzione,
numero di livelli, anno di ristrutturazione,
etc.).
Nelle discipline design-oriented, in
particolare arti performative, progettazione
urbana e architettura, la ricerca
si concentra sul rapporto dell’individuo
con gli spazi di residenza/lavoro
e gli spazi pubblici in termini statici
(la sosta) e dinamici (il movimento).
Evans (2001) fornisce un modello per
la pianificazione culturale e fornisce
linee guida circa i modelli e gli standard
provvisionali per il “planning for
the arts”. Il City Form Lab (2014) e Sevtsuk
e Kalvo (2017) propongono un
modello valutativo delle perfomance
delle imprese creative in ambito urbano
in relazione alla forma degli edifici
(forma, posizione, superfici vetrate,
varietà,permeabilità, accessibilità) e
alle modalità di gestione degli spazi
pubblici (privata, pubblica, mista) e
ad algoritmi che aggregano tali dati,
come il modello di spesa al dettaglio
di Huff.
In campo urbanistico, la ricerca sullo
spazio pubblico vive una nuova fioritura
grazie alla rigenerazione in chiave
creativa di parti delle città storica,
ex complessi industriali o di beni pubblici
dismessi. Bruzzese et al. (2017),
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 49
COMMUNITY
ad esempio, supportano il recupero
degli spazi pubblici del quartiere Isola
a Milano con una serie di indagini che
riguardano la geografia dell’offerta
creativa nel quartiere (tipo e sede
delle imprese presenti, distinte per
settore), il mercato urbano e gli spazi
sfitti e/o in dismissione, usi formali e
informali dello spazio pubblico (strade
e piazze, arredo urbano, percorsi). Esistono
poi studi che affrontano il tema
delle nuove categorie dello spazio
pubblico e delle loro regole, come in
Bianchetti (2016) e in Di Lascio e Giglioni
(2017).
I casi studio nelle diverse città e comunità
sono sviluppati con l’intento
di comprendere i processi generali e
contingenti di crescita e cambiamento
contribuendo, da un lato, a un avanzamento
teorico negli studi urbani
e, dall’altro, influenzare le pratiche
di policy in altre città (Wang, Hofe,
2017). Essi sono condotti secondo un
approccio osservativo ed etnografico
urbano-industriale tratto dalla geografia
umana. Lo stesso utilizzato
nelle scienze sociali, inclusi gli studi
economici, ma con una differenza
sostanziale nell’oggetto della ricerca.
Il focus della ricerca, infatti, si sposta
dall’individuo alle interazioni spaziali
tra le persone e gli oggetti con l’intento
di svelare i concetti di spazio e
luogo e tradurli in azioni concrete di
pianificazione (Given, 2008, pp.626-
629; Hutton, 2016, p.238).
Fig. 4 - Ciclicità del metodo della ricerca-azione.
Fonte: Given (2008)
L’analisi comparata di casi-studio mostra
una certa affinità rispetto ad obbiettivi
di tipo qualitativo e presenta
enormi potenzialità nel far emergere
le innovazioni teoriche rispetto agli
studi quantitativi poiché fa leva su
interviste approfondite e analisi discorsive
tenendo conto della variabili
tempo e spazio (anche se la costruzione
di un accurato quadro storico
rappresenta una delle critiche più
importanti a questo metodo).
LE CITTÀ INTELLIGENTI COME
ECOSISTEMI CREATIVI:
UNA QUESTIONE DI METODO.
Esiste ormai un’ampia gamma di
casi-studio sulla mappatura delle imprese
culturali e creative nell’ambito
di progetti di rigenerazione urbana.
Si tratta, tuttavia, di progetti “una
tantum”: la costruzione del distretto
urbano “x”, il recupero dell’area “y”.
Episodi privi di una ciclicità tale da
consentire l’adattamento del processo
progettuale in chiave evolutiva, raggiungere
la profondità necessaria per
attivare le reti locali e trasformarle
in portatori di interesse forti rispetto
alle politiche urbane locali. Inoltre,
la selezione dei casi studio è guidata,
a volte, dall’intrinseco interesse dei
ricercatori verso alcuni casi specifici
che si ritiene possano avere un impatto
importante sulla vita reale oppure
a cui si ha accesso diretto. In questi
casi, la ricerca ha come obbiettivo
l’acquisizione di conoscenze pratiche
e di dettaglio la cui generalizzazione
avviene “naturalmente” attraverso
la diffusione sociale e i processi di
apprendimento. Altre volte, i casi-studio
sono selezionati con l’obbiettivo
di definire assunti concettualmente
rigorosi, simili a leggi, e modelli che
consentano previsioni per una popolazione
più ampia attraverso una
generalizzazione di tipo statistico o
analitico (analizzo il campione, identifico
una legge generale, provo ad
applicarla all’intera popolazione attraverso
la statistica inferenziale). Esiste
poi una terza strada, ad oggi poco praticata,
in cui realtà empirica e concetti
teorici sono considerati mutualmente
costitutivi e la selezione dei casi-studio
avviene su base teorica. Tale approccio,
definito costruttivista, prende
in considerazione un ventaglio di casi
empirici che vanno dalla situazione
più probabile a quella meno probabile
e generalizza sotto il profilo teorico
(non statistico) gli assunti derivanti
dalla loro comparazione. Si tratta di
un approccio che risponde maggiormente
all’esigenze di una ricerca sulla
mappatura delle imprese culturali e
creative nei progetti di rigenerazione
urbana poiché consente di tenere conto
sia degli aspetti teorici (definizioni
e sistemi di classificazione impiegati
per descrivere le imprese nonché la
città come creativa) sia gli aspetti
pratici (fattori dell’ambiente costruito
rilevanti per le imprese e da includere
della progettazione) (Given, 2008,
pp.68-71; Hancock, Algozzine, 2017).
L’approccio costruttivo non prevede
tuttavia l’applicazione reiterata del
framework teorico ai casi studio consentendone
l’adattamento in chiave
evolutiva, come è invece necessario
per trasformare le comunità locali in
agenti del cambiamento creativo nelle
politiche urbane.
La ciclicità è un tratto distintivo, invece,
della ricerca-azione: un metodo
flessibile pensato per supportare il
cambiamento e trasferire la conoscenza
acquisita nella pratica. La ricerca-azione
prevede la stratificazione di
50 SMARTforCITY - Numero 1 2019
cicli di indagine con: pianificazione
degli interventi, sperimentazione di
pratiche pilota, valutazione dei risultati,
incorporazione ad ogni passaggio
dei dati raccolti ed elaborati,
generazione di nuova conoscenza.
La ricerca-azione prevede la partecipazione
di policy-maker e professionisti
creativi come co-ricercatori,
consentendo ai primi di approfondire
gli aspetti della progettazione
e ai secondi di avere un ruolo attivo
nello sviluppo e nell’implementazione
delle politiche urbane con
modalità analoghe a quelle della
pianificazione collaborativa (comune
nei progetti di rigenerazione).
Calata su valori e pratiche della
comunità di partecipanti e del ricercatore-attore,
la ricerca-azione
si concentra sulla comprensione
delle loro soggettività, sulle assunzioni
teoriche del ricerca-attore e
della comunità esplorando il loro
influsso sulla ricerca (e sul progetto),
invece di eliminarle. Per questo
motivo la ricerca-azione garantisce
accesso a conoscenze e dinamiche
implicite che difficilmente emergono
con altri metodi (Given, 2008,
pp.5-9; Saija, 2017).
Alla luce di quanto sinora esposto,
il passaggio da un approccio naturalista/positivista
ad uno costruttivista
nell’analisi teorica dei casi
studio e l’applicazione ciclica dei
quadri teorico-conoscitivi agli stessi
casi studio, costituiscono gli aspetti
critici degli attuali processi di
rigenerazione urbana rispetto alle
imprese culturali e creative. Sono
queste le sfide del prossimo futuro
a cui dovranno saper rispondere
gli studi e le politiche sulla Smart
City promuovendo i metodi e gli
strumenti della ricerca-azione negli
interventi rivolti al capitale sociale
e umano.
REFERENCES
Bianchetti C. (2016). Spazi
che contato: il progetto
urbanistico in epoca
neoliberale. Donzelli: Roma
Bruzzese A., Gerosa G.,
Tamini L. (2017). Spazio
pubblico e attrattività
urbana. L’Isola e le sue
piazze. Milano: Mondadori
Canter D. (1977) The
Psychology of Place. New
York: St. Martin Press
City Form Lab (2014).
“Urban Network
Analysis: City Form Lab’s
powerful new tools for
the analysis of Urban
Activity”, in Evidence
Based Design Journal –
EBDJ, August 2014 [on
line] http://ebdjournal.
com/blog/urbandesign/
urban-network-analysis
(20.02.2018)
Colavitti A.M. (2018). Urban
Heritage Management
Planning with History.
Berlin: Springer
D’ovidio M. (2016). The
creative city does not
exist. Critical essays on
the creative and cultural
economy of cities. Milano:
Ledizioni
Di Lascio F., Giglioni
F. (eds, 2017). La
rigenerazione di beni e
spazi urbani. Contributo al
diritto della città. Bologna:
Il Mulino
Evans, G. (2001). Cultural
planning: an urban
renaissance?. London:
Routledge
Florida, R. (2002). The Rise
AUTHOR
Alessia Usai
a_usai@unica.it
Università di Cagliari
Dipartimento di Ingegneria
Civile Ambientale e Architettura
- DICAAR
Tel: +39-0706755375
KEYWORDS
smart city; smart people;
e-government; policy-maker;
ecosistemi creativi;
economia creativa; rigenerazione
urbana; industrie
culturali e creative; incubatori;
hub; acceleratori;
fablab; spazi di coworking
ABSTRACT
Cities are at the centre
of the public agenda as
engines of national and
of the Creative Class: And
How It’s Transforming Work,
Leisure and Everyday Life.
New York: Basic Books
Florida R. (2017). The New
Urban Crisis: How Our Cities
Are Increasing Inequality,
Deepening Segregation, and
Failing the Middle Class—
and What We Can Do About
It. New York: Basic Books
Girard L.F., Baycan T.,
Nijkamp P., eds. (2016).
Sustainable City and
Creativity: Promoting
Creative Urban Initiatives.
London and New York:
Routledge
Given L.M. (ed., 2008).
The SAGE Encyclopedia
of Qualitative Research
Methods. London: Sage
Hancock D.R., Algozzine
B. (2017) Doing Case Study
Research: A Practical Guide
for Beginning Researchers,
3rd ed. New York: Teachers
College Press
Hutton. T.A. (2016). Cities
and the Cultural Economy.
London and new York:
Routledge
Landry, C. (2000). The
creative city: a toolkit
for urban innovators.
London:earthscan
Landry, C. (2006). The art
of city making. London:
Earthscan
Manzella G.P. (2016).
L’economia arancione. Storie
e politiche della creatività.
Soveria Mannelli: Il
Rubettino
Pratt A.C. (2009). “Policy
Transfer and the Field of
regional development in
relation to the advantages
offered by urbanization
economies. To compete
globally, cities take advantage
from being hubs
of a physical and virtual
relationship network.
Although they refer to two
distinct theoretical concepts,
the policies on the
smart city and the creative
city both reconnect the
success of global cities
with the innovation of the
production processes and
the presence of a social
and cultural capital able to
recognize the fresh ideas
and transform them into
innovations for the urban
environment. However,
some questions remain
open with respect to the
the Cultural and Creative
Industries: What Can Be
Learned from Europe?”, in
Kong. L., O’Connor J., eds,
Creative Economies, Creative
Cities: Asian-European
Perspectives, Heidelberg,
Germany: Springer, pp.9-23
Roodhouse S. (2010).
Cultural Quarters: Principles
and Practice. Bristol(UK)
and Chicago(USA): Intellect
Saija L. (2017). La ricercaazione
in pianificazione
territoriale e urbanistica.
Milano: Franco Angeli
Sevtsuk A., Kalvo R.
(2017). “City Form Lab,
USA Patronage of urban
commercial clusters: A
network-based extension
of the Huff model for
balancing location and
size”, in Environment
and Planning B: Urban
Analytics and City
Science, DOI: 10.1177/
2399808317721930
Usai A. (2016a). The
Creative City: Cultural
Policies and Urban
Regeneration Between
Conservation and
Development. Brussels: P.I.E.
Peter Lang
Usai A. (2016b). Il distretto
culturale evoluto, Beni
culturali e pianificazione del
territorio nella sfida futura,
Firenze: Altralinea Edizioni
Wang X., Vom Hofe R.
(2017). Research Methods
in Urban and Regional
Planning. Berlin Heidelberg
New York: Springer
creative wave of Smart
people. Can the “creative”
economy integrate itself
into the existing territory,
adapting to the physical
infrastructures, responding
adequately to the social
and urban quality needs,
today expressed also by
the most remote and
peripheral cities? Research
and policies on the smart
city are able to support the
Smart People and to turn
human settlements into
socially interconnected
creative ecosystems? The
paper seeks to give an answer
from a methodological
point of view focusing
on the action-research.
COMMUNITY
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 51
COMMUNITY
SMARTICIPATE: UNA PIATTAFORMA
DIGITALE COLLABORATIVA
di Claudio Bordi, Franco La Torre, Pierluigi Potenza
Fig. 1 - La piattaforma Smarticipate.
Fonte: Roma Capitale
Le nuove tecnologie dell’informazione e i
dati aperti hanno un enorme potenziale per
cambiare il modo in cui le amministrazioni
comunali interagiscono con i cittadini in
materia di pianificazione urbana. Ci sono
grandi opportunità: dalle idee di crowd-sourcing
alle consultazioni aperte fino alla piena
condivisione di informazioni tra cittadini e
amministrazioni locali. Tuttavia, progettare
una piattaforma ICT per rendere trasparente
la pianificazione urbana non è un compito
semplice; le sfide riguardano l’assicurazione
che i cittadini la utilizzino, l’identificazione di
caratteristiche della piattaforma davvero utili
e attuabili, il mantenimento dei dati e tanti
altri aspetti dello sviluppo della piattaforma da
verificarne la loro efficacia.
Nell’ambito del progetto Smarticipate,
finanziato dall’Unione
Europea (Horizon 2020), è stata
sviluppata una piattaforma digitale
interoperabile, modulare ed estendibile
nei diversi casi della pianificazione
urbana, attraverso un processo
di sperimentazione in cui sono stati
identificati i bisogni degli utenti/cittadini
e realizzate delle azioni pilota in
tre città europee: Londra, Amburgo e
Roma. Sulla base delle esperienze del
progetto triennale, in questo articolo
viene presentato un possibile percorso
per gli amministratori locali al fine
di implementare una piattaforma digitale
“partecipativa” per la governance
urbana.
IL PROGETTO SMARTICIPATE
Il progetto Smarticipate è finanziato
dal Programma Horizon 2020 della
Commissione Europea. Iniziato nel
febbraio 2016, terminerà a gennaio
2019.
Il progetto coinvolge un partenariato
multidisplinare di dieci organizzazioni,
provenienti da cinque paesi europei
(Germania, Regno Unito, Austria, Italia
e Olanda), negli ambiti della ricerca,
dello sviluppo di software e della partecipazione
cittadina nelle città.
Il Lead Partner è il Fraunhofer Institute
for Computer Graphics, in Germania,
un istituto leader nel mondo per la
ricerca applicata nel campo del visual
computing, accompagnato dalla
University of West Anglia di Bristol,
dall’Austrian Institute of Technology e
da We Love the City di Rotterdam.
Roma, Amburgo e Londra sono le
tre città pilota, che hanno messo a
disposizione i loro open data per
lo sviluppo e i test delle tecnologie
Smarticipate. In ogni città si sono
svolti due “Smartathon” (incontri
volti a mettere a confronto politici e
tecnici dell’amministrazione cittadina,
esperti, associazioni e comitati di
quartiere con l’obiettivo di testare il
processo di sviluppo della tecnologia
https://www.smarticipate.eu/about/
cities/rome/), durante i quali i partner
scientifici (Fraunhofer Institute e Austrian
Institute of Technology) hanno
acquisito le informazioni inerenti i
casi studio per lo sviluppo del primo
prototipo, procedendo poi alla presentazione
al pubblico (nel caso di Roma,
la presentazione è stata condotta,
nel novembre 2017, dalla Assessora
comunale all’Innovazione Tecnologica
Flavia Marzano).
Nello sviluppo del progetto, Roma
Capitale, attraverso il Dipartimento di
Programmazione e Attuazione urbani-
52 SMARTforCITY - Numero 1 2019
stica, è affiancata dall’Ufficio Progetti
europei di Risorse per Roma, la società
partecipata per la pianificazione strategica.
Nel corso di questi mesi, si sono svolte
numerose attività. Le principali sono
divise in 9 Work Package:
WP1-Management e Coordinamento
WP2-Definizione delle richieste del
progetto e coinvolgimento dei cittadini
WP3-Sviluppo del concept del sistema
WP4-Applicazione e sviluppo front-end
WP5-Sviluppo del framework del servizio
WP6-Integrazione dei dati e dei servizi
WP7-Sviluppo azione pilota a Roma,
Amburgo e Royal Borough of Kensington
and Chelsea di Londra
WP8-Valutazione dei risultati del progetto
WP9-Comunicazione e Disseminazione
dei risultati del progetto.
Una particolare attenzione è stata
data ai processi di partecipazione
cittadina e a questo fine sono stati
organizzati numerosi laboratori di
preparazione agli Smartathon, come il
workshop di presentazione dei casi di
studio di Roma (1. partecipazione cittadina
nel processo di riqualificazione
urbana di aree urbane in stato di abbandono;
2. partecipazione cittadina
nella creazione di orti urbani a Roma),
che ha visto la partecipazione dei partner
e degli stakeholder romani.
Smarticipate si propone dunque di
promuovere l’uso delle tecnologie
dell’informazione per favorire la partecipazione
dei cittadini nei processi
di sviluppo urbano sostenibile. Prevede
l’utilizzo di tecnologie web e mobile
(anche app), social media, rilevamento
di posizione e l’accesso a open
data pubblici. L’obiettivo principale di
Smarticipate è quello fornire servizi
per cittadini e altri portatori di interesse
mettendo a frutto il patrimonio
informativo costituito dagli open data.
Il progetto mira pertanto a creare
nuove forme di dialogo permanente
tra Amministrazione e cittadini, favo-
COMMUNITY
Fig. 2 - “Smartathon” di Roma, 24 novembre 2017. Fonte: Roma Capitale
Fig. 3 - Schema di funzionamento della Piattaforma tecnologica Smarticipate
Fonte: progetto Smarticipate
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 53
COMMUNITY
rendo la condivisione sia di idee che
di responsabilità tra governo locale
e abitanti, innestandosi nel processo
partecipativo per l’attuazione di servizi
locali, con un risparmio oltretutto
di risorse economiche favorito da
una maggiore efficienza dei processi.
L’obiettivo nel lungo termine è quello
di creare una piattaforma tecnologica
capace di migliorare e personalizzare
l’offerta di interventi pubblici.
Tuttavia, la tecnologia Smarticipate
non intende sostituire il processo di
consultazione cittadina per quanto
riguarda la pianificazione in atto. Si
propone, invece, di ottenere un maggiore
coinvolgimento degli abitanti
per accrescere i processi di partecipazione
democratica, incoraggiando
l’ascolto di coloro che intendono partecipare
più attivamente nei processi
decisionali locali.
Degno di menzione anche il valore
sociale apportato dall’uso delle nuove
tecnologie dell’informazione, le quali
possono essere di grande utilità per
favorire i cittadini con disabilità visive
(ipovedenti e non vedenti) o i cittadini
stranieri, introducendo la traduzione
in altre lingue; tali aspetti sono tenuti
in particolare considerazione dalle linee
guida dei progetti europei indirizzati
allo sviluppo urbano sostenibile.
I progetti pilota hanno come obiettivo
l’identificazione di misure a costi
contenuti per offrire informazioni agli
abitanti e coinvolgerli nei processi di
pianificazione e rigenerazione di quelle
aree urbane che possono essere di
loro interesse. Il progetto pilota avrà
un approccio “bottom up” e sosterrà i
gruppi locali all’interno di un’area geografica
specifica.
IL PROGETTO PILOTA DI ROMA:
SVILUPPO ORTI URBANI
E GIARDINI CONDIVISI
I processi d’innovazione legati all’utilizzo
delle tecnologie ICT interessano
in modo sempre più coinvolgente non
solo le aziende, ma anche la pubblica
amministrazione locale. Il caso di
Roma è particolarmente interessante,
in quanto la quasi totalità dell’area
area metropolitana cittadina è compresa
entro i limiti comunali (il Comune
di Roma è il più grande in Europa,
in termini di superficie; si tratta di una
configurazione territoriale di rarissimo
riscontro a livello internazionale). In
tale quadro, l’efficienza dei sistemi di
comunicazione digitale riveste un’importanza
particolare, e si configura
come fattore critico per rafforzare la
fiducia nell’amministrazione e per
condividere processi di sviluppo urbano
sostenibile, che interessano un
territorio vastissimo e una struttura
sociale assai complessa.
Roma è ricca di associazioni di cittadini,
tra le quali anche quelle interessate
all’agricoltura urbana, attività assai
diffusa per l’utilizzo delle aree verdi
urbane. L’Amministrazione capitolina è
molto favorevole a tali iniziative poiché
gli orti urbani producono benefici
straordinari sia sul piano sociale sia
per la preservazione e manutenzione
degli spazi verdi. Tuttavia, questo comporta
molto lavoro da parte dell’amministrazione.
L’Amministrazione capitolina
decide d’istituire il ‘Regolamento
per gli orti urbani’ che comprende
le procedure riportate nella tabbella.
Un esempio di applicazione di Smarticipate
allo scenario urbano reale
Un’associazione di abitanti di Roma
vuole realizzare orti urbani e utilizza
Smarticipate allo scopo d’individuare
terreni disponibili. Elabora un progetto
per una determinata area, usando
una applicazione di Smarticipate
molto semplice avente funzioni specifiche
per la progettazione. Grazie a un
sistema di feedback automatici, l’associazione
può migliorare e affinare
il progetto, rispettando i requisiti richiesti.
Una volta che il progetto viene
presentato per quell’area, si pubblica
sulla piattaforma Smarticipate. A partire
da quel momento, altre associazioni
possono intervenire presentando
- entro i tempi stabiliti – una loro proposta
su quella stessa area. Se un’altra
associazione presenta un progetto
ritenuto idoneo per quell’area, subentra
un sistema di sorteggio che assicuri
una scelta indipendente e obiettiva.
L’associazione vincitrice può quindi
iniziare a realizzare il suo orto urbano
mentre all’altra associazione viene
offerta un’area alternativa. I cittadini
possono monitorare l’uso corretto
dell’area, tramite l’app Smarticipate,
informando il Municipio di eventuali
usi illegali. In tal caso, il Municipio
intraprende le dovute azioni legali. Si
tratta di un sistema di controllo che
assicura così un numero crescente di
aree inseribili nella mappa dei terreni
disponibili per l’agricoltura urbana.
54 SMARTforCITY - Numero 1 2019
COMMUNITY
Scena 1 - L’associazione ‘I Vicini del Verde’ gestisce un orto urbano nel
Municipio 14 di Roma. I membri dell’associazione condividono il raccolto
per il proprio consumo. L’associazione è cresciuta negli ultimi anni
e necessita di più aree per realizzare le proprie attività di agricoltura
urbana.
Scena 2 Laura informa suo padre, Pietro, il presidente
dell’associazione, dell’esistenza di Smarticipate.
Gli mostra la mappa dei terreni disponibili,
indicati come siti potenziali per orti urbani.
Pietro riceve tutte le informazioni necessarie per
preparare un buon progetto: dimensioni, qualità
suolo, esposizione, fornitura elettricità, accessibilità
e disponibilità d’ acqua. Nota tecnica:
Smarticipate è collegata ai dati disponibili da
piattaforme come quelle di City-Hound, Reter,
ecc , al fine di mostrare i siti disponibili e le loro
potenzialità di sviluppo.
Scena 3 - Pietro prepara un progetto, insieme ad altri membri
dell’associazione, che include un pozzo per l’acqua poiché il terreno
individuato non dispone di acqua potabile e l’acqua proveniente
dal fiume nelle vicinanze è inquinata. Pietro inserisce le
informazioni nell’app Smarticipate, completando così il progetto
in soli 15 minuti.
Nota tecnica: L’app deve essere molto semplice da utilizzare
e accessibile a tutti. Un sistema di domande a risposta chiusa
(SI/NO) è auspicabile per garantire la facilità e la rapidità
nell’uso. Altrimenti molti cittadini rischierebbero di essere
esclusi.
Scena 4- Pietro riceve feedback automatici sul suo progetto. La serra e
il pozzo apportano un valore aggiunto al terreno in termini di qualità
ambientale. Inoltre, la composizione dell’orto è in linea con i requisiti
richiesti. Tuttavia, Pietro riceve un feedback negativo in merito all’autorimessa
che aveva proposto allo scopo di riparare auto e motorini dei
membri della sua associazione.
Scena 5- Pietro è deluso dal feedback negativo sulla sua autorimessa
perché era importante per il suo business plan. Toglie, pertanto,
l’autorimessa. Il business plan sarebbe in tal modo inefficace. Incrementando,
tuttavia, il numero di particelle da adibire ad orto trova
un compromesso. Nota tecnica: Il sistema 3D dell’app deve essere
compatibile con i modelli 3D esistenti adottati dal Municipio. Si
tratterebbe, quindi, di modelli 3D sia creati con l’app sia caricati
attraverso altri programmi digitali.
Scena 6- Smarticipate verifica automaticamente
il progetto. Grazie a questa capacità di
Smarticipate i requisiti richiesti dal Municipio
sono chiari e facilmente rispettati. Pertanto
una notifica annuncia che: “il giorno 1° luglio
un progetto è stato approvato per quest’area.
Altri cittadini interessati possono presentare,
entro una data fissata, un progetto alternativo..
La sfida: il format deve essere progettato in
modo tale da essere automaticamente verificato
mediante la piattaforma Smarticipate.
Come alternativa, una associazione interessata
e selezionata dall’amministrazione capitolina
potrebbe gestire il sistema.
Scena 7 *- Un’altra associazione è effettivamente interessata all’area.
Sviluppa un progetto alternativo che viene approvato. Grazie al sistema
della piattaforma Smarticipate, anche il loro progetto viene orientato
in modo da rispettare i requisiti richiesti. Subentra quindi il sistema di
sorteggio per selezionare il progetto.
*Osservazioni scena 7
Tre opzioni di supporto decisionale per il Municipio:
A. In linea con il Regolamento per gli orti urbani’. Un Comitato del Municipio
seleziona il progetto. La scelta è tuttavia soggettiva e quindi dovrebbe essere
aperta poi a un dibattito cittadino.
B. Votazione online. Cid eve essere la garanzia che tutti possano accedere al
digitale.
C. Sorteggio. Il principio è che qualunque richiedente che rispetti i requisiti
richiesti può avere le stesse possibilità di essere selezionato. Questa ultima opzione
è stata sviluppata appositamente per il progetto Smarticipate.
Scena 8- Alla seconda associazione viene offerta un’area alternativa
che risponde alle proprie esigenze.
La sfida: è opportuno aggiornare continuamente la piattaforma
Smarticipate in modo da offrire ai cittadini le possibili alternative
per non lasciare che i cittadini perdano la fiducia perché non
viene selezionata la loro richiesta.
Scena 9- L’associazione ‘I Vicini Verdi’ inizia
l’attuazione del proprio progetto. Prepara il terreno
da adibire a orti, avvia la messa in opera
del pozzo e la realizzazione della serra. L’area è
così grande da consentire loro anche la realizzazione
di un deposito attrezzi.
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 55
COMMUNITY
Scena 10- Un vicino vede il deposito trasformato in garage
e dubita che ciò sia stato consentito dal Municipio. Utilizza
quindi l’app di Smarticipate per averne verifica. La
sua ipotesi è corretta e informa, sempre attraverso l’app,
il Municipio. Nota tecnica: Il monitoraggio delle attività
è assicurato dalla comunità e si compie facilmente. I
loro dispositivi mobili sono collegati direttamente al
Municipio.
Scena 11- Il Municipio invia un proprio funzionario per
controllare l’area interessata. L’esistenza del garage abusivo
è confermata. L’associazione viene quindi avvisata
che il garage deve essere demolito entro 4 settimane,
pena la legittimità a gestire l’area, precedentemente assegnata
su condizioni diverse. L’area tornerebbe così ad
essere di nuovo un terreno disponibile per gli orti urbani
all’interno dell’app Smarticipate.
Scena 12- Smarticipate segue l’intero processo di partecipazione
cittadina per l’uso degli orti urbani nella città
assicurando anche il perseguimento del Regolamento
degli orti urbani.
Nota tecnica: un sistema che si genera automaticamente
e basato su un processo interattivo con gli utenti che
includa tutte le possibili dinamiche interattive.
Il numero delle manifestazioni ricevute
dai cittadini durante il periodo dei
progetti pilota sarà messo in relazione
con i dati quantitativi di partecipazione
cittadina degli anni precedenti per
valutare se iniziative quali Smarticipate
possano essere considerate vincenti
e atte a favorire realmente una maggiore
partecipazione dei cittadini.
Inoltre, la tecnologia Smarticipate
sarà progettata con un grado di flessibilità
tale da garantire la replicabilità
dei risultati del progetto pilota in
altre città.
AUTHOR
Claudio Bordi
claudio.bordi@comune.roma.it
Franco La Torre
franco.latorre@comune.roma.it
Pierluigi Potenza
pierluigi.potenza@@comune.roma.it
Progetti europei, Risorse per Roma
KEYWORDS
smart city; smarticipate platform; open data;
urban planning; 3Dmap; citizens;
ABSTRACT
The smarticipate platform will make open
data available to citizens in an understandable
format. By doing so, it will transform
open data from a little used resource to a
vital tool to plan the future of a city.
Through the platform, users will be able to
see proposed urban planning changes on a
3D map of their city. If the user has an idea
to improve the proposal, they can make the
change directly, observing their alterations in
real time. Other users can also see the new
proposal and comment on it.
If potential changes violate any legal or policy
barriers, the intelligent system will inform
the user and gives detailed reasons based
on the data provided. In addition to making
changes to urban design, citizens will be
able to feed in data from their own locality,
improving data sets.
https://www.smarticipate.eu/platform/
56 SMARTforCITY - Numero 1 2019
COMMUNITY
GEOBEYOND
MAKING GEOSPATIAL HAPPEN
Soluzioni innovative ad alto contenuto tecnologico
nel mercato della sicurezza e geografia digitale.
Servizi di localizzazione, sistemi informativi territoriali,
sistemi di accesso e identità delle applicazioni Web
sono i nostri punti di forza.
Le nostre competenze realizzano il vostro business.
GIS
GEOGRAPHY
IDENTITY
Banche dati georeferenziate,
servizi di catalogo, accesso e
pubblicazione con standard OGC
Geoportali completamente standard
Condivisione di dati spaziali e mappe
in pochi click
Identità digitale e protezione degli
asset aziendali a misura di cliente
Numero 1 2019 - SMARTforCITY 57
TELERILEVAMENTO
EVENTS
10° SIMPOSIO INTERNAZIONALE -
L’EMERGENZA DELLA SMART CITY
COLPI, SFIDE, PRATICHE E IMPATTI
SULLA GOVERNANCE PUBBLICA
PROSPETTIVE SULLA TRASFORMAZIONE DELLA
GESTIONE E DELLE ORGANIZZAZIONI PUBBLICHE
Data: 5-7 marzo 2019
Il 5-7 marzo 2019 si terrà il 10 ° Simposio internazionale
e ADIMAP presso il Belval Innovation
Campus, organizzato dall’Istituto lussemburghese
di ricerca socio-economica (LISER) e
dall’Istituto lussemburghese di scienza e tecnologia
(LIST), con la collaborazione di Ecole
Nationale d’Administration Publique (ENAP) e in
collaborazione con LuxReal asbl.
Il tema di questa edizione sarà L’emergere della
Smart City: poste in gioco, sfide, pratiche e
impatti per la governance pubblica. Il Simposio
2019 e ADIMAP si concentreranno sull’emergere
di città intelligenti e sui cambiamenti manageriali,
tecnologici, organizzativi, socioeconomici e
geografici determinati dalla complessità delle
sfide e delle sfide da affrontare per lo sviluppo
urbano in futuro.
Due istituzioni scientifiche lussemburghesi uniranno
le forze per l’evento, LIST e LISER con la
collaborazione di ENAP e in collaborazione con
LuxReal asbl:
La LISER è specializzata nella ricerca economica,
sociale e spaziale, mettendo in discussione
le politiche pubbliche effettuando valutazioni
retrospettive e anticipate sull’impatto di questi
interventi in un contesto interdisciplinare.
LIST, in quanto organizzazione pubblica di ricerca
e tecnologia particolarmente attiva nel
settore delle tecnologie dell’informazione e con
il mandato di accelerare lo sviluppo socio-economico
del paese offrendo consulenza e competenza
alle politiche nazionali e contribuendo
in particolare a portare innovazioni tecnologiche
con impatti socio-economici sul mercato. In
quanto tale, LIST conduce ricerche sullo sviluppo
di modelli, metodi, software e misure per sistemi
intelligenti che combinano aspetti umani
e tecnologici.
La decima versione di questo evento sarà dedicata
a promuovere una cultura di discussione
e dibattito tra università, rappresentanti eletti,
professionisti e consulenti, nonché un trasferimento
di conoscenze redatto scientificamente
per le organizzazioni per il bene comune, l’interesse
generale e il servizio pubblico. Tavole
rotonde, laboratori scientifici e stand tecnologici
saranno a disposizione dei partecipanti.
Maggiori dettagli sono disponibili sul sito Web
dedicato alla conferenza
TEMI
Focus 1: governance pubblica delle Smart Cities
Focus 2: gestione ed economia delle infrastrutture
tecnologiche nelle Smart Cities
Focus 3: Gestione ed economia delle Smart Cities
sotto i riflettori della modellistica e della
mobilità dei sistemi di trasporto
Focus 4: Gestione ed economia degli attori tecnologici,
settoriali, territoriali e dei cittadini delle
città intelligenti
Focus 5: Gestione, economia ed etica dei big
data, sicurezza informatica, libertà pubbliche e
protezione dei dati delle Smart Cities
Focus 6: settore sanitario nelle Smart Cities
Focus 7: mercato del lavoro nelle Smart Cities
Focus 8: Smart Cities: “Le città e la sfida dell’intelligenza”
TERMINI IMPORTANTI
Presentazione della presentazione agli organizzatori
in formato PowerPoint (inglese) - 20
febbraio 2019
Date del 10 ° Symposium - 5 e 6 marzo 2019
Data dell’ADIMAP - 7 marzo 2019
Per maggiori informazioni: https://www.list.lu/
en/event/symposium2019/
*********************************************************
MILANO DIGITAL WEEK 2019:
Intelligenza Urbana
Data: 13 – 17 marzo 2019
Per la sua seconda edizione Milano Digital Week
pone l’attenzione sulla moltitudine di tecnologie
e applicazioni che trasformano la città, il
lavoro e le relazioni umane impattando sul welfare
e i servizi, sulla vita pubblica e privata dei
cittadini.
Dall’intelligenza artificiale alle Smart Communities,
MDW vuole mettere in evidenza i progetti
digitali che provengono da tutti gli attori della
città.
In occasione di Milano Digital Week, è stata
lanciata una call for proposal. La città è stata
chiamata a partecipare in una logica inclusiva
e partecipativa.
MDW attrae e catalizza i numerosi esempi virtuosi
di trasformazione in atto, un’occasione per
tutte le innovazioni digitali per allargare il proprio
pubblico, favorendo lo scambio e la convergenza
dei saperi.
Per maggiori informazioni: https://www.milanodigitalweek.com/
MONITORAGGIO 3D
GIS E WEBGIS
www.gter.it
info@gter.it
58 SMARTforCITY - Numero 1 2019
GNSS
FORMAZIONE
GEOmedia n°2-2018 58
RICERCA E INNOVAZIONE
www.esriitalia.it
Soluzioni e Tecnologie
Geospaziali per
la Trasformazione
Digitale