Archeomatica_4_2018
Tecnologie per i beni culturali
Tecnologie per i beni culturali
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ivista trimestrale, Anno IX - Numero 4 dicembre <strong>2018</strong><br />
ArcheomaticA<br />
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
Fruire il non fruibile<br />
Archaeomineralogical Characterization<br />
Fruizione e anastilosi digitale nei musei<br />
Valorizzazione dei siti di interesse culturale<br />
Studio analitico di affreschi pittorici
Un catalogo unico digitale e una<br />
EDITORIALE<br />
carta per la prevenzione del rischio<br />
Il primo numero di <strong>Archeomatica</strong> di quest’anno venne dedicato alla evoluzione di una visione<br />
del monitoraggio del patrimonio nata alla fine degli anni ’90 con l’istituzione di un sistema<br />
informativo nazionale sullo stato di conservazione del patrimonio. Questo sistema venne ripreso<br />
più volte negli anni per poi essere messo a regime alla fine per uno scopo che probabilmente<br />
era l’ultimo a cui si era pensato nel momento della sua formulazione teorica. Venne infatti reso<br />
disponibile per la sua capacità di mettere a disposizione dei notai tutti i vincoli sul patrimonio<br />
emessi fino al 2004, e proprio per questo si chiama ancora oggi Vincoli in Rete (vincoliinretegeo.<br />
beniculturali.it) ed è gestito dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro del MIBAC.<br />
Alla base della evoluzione dei sistemi informativi sul Patrimonio, tradizionalmente basati su una<br />
valutazione della vulnerabilità del monumento in relazione alla pericolosità del territorio, è stata<br />
recentemente introdotta l’analisi a largo raggio resa possibile dai satelliti e l’analisi puntale con<br />
aiuto di droni assistiti da sensori dedicati.<br />
Il programma dell’attuale governo sembra aver colto appieno queste indicazioni avendo già dal<br />
settembre scorso emanato il Il D.L. 109/<strong>2018</strong> (art. 14, co. 4) ove “… nell'ambito delle attività<br />
di conservazione… il Ministero per i beni e le attività culturali adotta un piano straordinario<br />
nazionale di monitoraggio e conservazione dei beni culturali immobili, che definisce i criteri per<br />
l'individuazione dei beni da sottoporre a monitoraggio e ai conseguenti interventi conservativi,<br />
nonché' i necessari ordini di priorità dei controlli, anche sulla base di specifici indici di<br />
pericolosità territoriale e di vulnerabilità individuale degli immobili, e i sistemi di controllo<br />
strumentale da utilizzare nonché le modalità di implementazione delle misure di sicurezza,<br />
conservazione e tutela...”<br />
Inoltre nell'audizione programmatica davanti alla VII Commissione della Camera e alla 7^<br />
Commissione del Senato del 10 luglio <strong>2018</strong>, il Ministro per i beni e le attività culturali ha<br />
fatto presente che, per quanto concerne la tutela, rientrano tra gli obiettivi il rafforzamento<br />
delle strutture preposte, con incrementi di personale ed investimenti in nuove tecnologie, la<br />
mappatura dei beni culturali abbandonati o non utilizzati, l'adozione di una Carta nazionale<br />
sulla prevenzione del rischio per i siti archeologici e i complessi architettonici e monumentali,<br />
la realizzazione di un Catalogo unico nazionale digitale, il monitoraggio della gestione dei siti<br />
Unesco italiani.<br />
C’è da dire che il sistema della Carta del Rischio aveva come punto di forza la predisposizione di<br />
una manutenzione preventiva assistita dalle tecnologie adeguate. Ancora oggi non è facile far<br />
comprendere a tutti che un investimento in prevenzione è alla lunga più economico rispetto ai<br />
costi degli interventi di restauro ed è stato più volte notato che la manutenzione programmata<br />
non porta la gloria dei grandi progetti.<br />
Ma la strada sembra ormai tracciata da tempo e la recente apertura al catalogo unico digitale<br />
e l’adozione ufficiale di una Carta nazionale sulla prevenzione del rischio sembrano essere<br />
finalmente strumenti che hanno trovato un loro posto definitivo all’interno della Pubblica<br />
Amministrazione competente.<br />
La manutenzione programmata e assistita dal monitoraggio sembra finalmente essere realizzabile<br />
avvalendosi degli strumenti che saranno presto messi a regime istituzionale.<br />
Buona lettura,<br />
Renzo Carlucci
IN QUESTO NUMERO<br />
DOCUMENTAZIONE<br />
6 Valorizzazione e fruizione<br />
dei punti di interesse<br />
culturale e turistico: il caso<br />
del Municipio VII di Roma<br />
di Roy Andrea Guido<br />
In copertina l'immagine del Busto in gesso<br />
di Tersicore (Antonio Canova). Il Confronto<br />
dell’opera con un’altra raffigurante lo stesso<br />
soggetto ha consentito attraverso il rilievo<br />
fotgrammetrico la ricostruzione digitale del<br />
Busto di Tersicore di Antonio Canova.<br />
3DTarget 2<br />
AerRobotix 38<br />
ESRI 17<br />
Geomax 47<br />
Geomedia 40<br />
RESTAURO<br />
12 “FRUIRE IL NON<br />
FRUIBILE” La fruizione<br />
digitale del patrimonio<br />
culturale non visibile<br />
nelle sale dei musei e<br />
l’anastilosi digitale<br />
di Paola Perozzo e<br />
Edoardo Zanollo<br />
Heritage 10<br />
Stonex 48<br />
TECHNOLOGYforALL 41<br />
Teorema 46<br />
Topcon 45<br />
Testo 11<br />
Virtualgeo 39<br />
ArcheomaticA<br />
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
Anno IX, N° 4 - DICEMBRE <strong>2018</strong><br />
<strong>Archeomatica</strong>, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivista<br />
italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozione<br />
e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela,<br />
la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio<br />
culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su<br />
tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la<br />
diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e,<br />
in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei<br />
parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione<br />
avanzata del web con il suo social networking e le periferiche<br />
"smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italiani<br />
che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accademia,<br />
enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.<br />
Direttore<br />
Renzo Carlucci<br />
dir@archeomatica.it<br />
Direttore Responsabile<br />
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Redazione<br />
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Luca Papi<br />
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RIVELAZIONI<br />
18 San Adriano a San<br />
Demetrio Corone -<br />
Studio analitico degli<br />
affreschi pittorici a<br />
confronto di analoghe<br />
opere meridionali<br />
di Felicia Villella,<br />
Antonio Marchianò<br />
RUBRICHE<br />
36 AGORÀ<br />
Notizie dal mondo delle<br />
Tecnologie dei Beni<br />
Culturali<br />
42 AZIENDE E<br />
PRODOTTI<br />
Soluzioni allo Stato<br />
dell'Arte<br />
GUEST PAPER<br />
24 Archaeo-mineralogical<br />
Characterization of ancient<br />
copper and Turquoise mining in<br />
south Sinai, Egypt<br />
46 EVENTI<br />
by Mohamed M. Megahed<br />
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Data chiusura in redazione: 30 luglio <strong>2018</strong>
DOCUMENTAZIONE<br />
Valorizzazione e fruizione dei punti<br />
di interesse culturale e turistico:<br />
il caso del Municipio VII di Roma<br />
di Roy Andrea Guido<br />
Il caso del Municipio VII di Roma per valutare un<br />
modello di rete, di valorizzazione e fruizione<br />
culturale e turistica, basato sulla partecipazione<br />
civica, a partire dall’individuazione condivisa<br />
di beni e punti di interesse culturale, loro<br />
catalogazione e mappatura in formato open data<br />
e successive azioni per stimolare formazione e<br />
consolidamento di industrie culturali, anche in<br />
linea con un principio di cittadinanza digitale e<br />
Fig. 1 - Il flusso del processo di valorizzazione, partecipazione e restituzione del progetto<br />
SpCuR guidato dall’Amministrazione comunale.<br />
sviluppo del territorio.<br />
Dotare Roma, o singole zone di essa, di piani di sviluppo culturale e turistico sembra quasi<br />
scontato, ma non lo è affatto se si pensa che fino ad ora non ve ne sono stati di convincenti<br />
o realmente funzionanti e scalabili. Ciò si deve probabilmente all’incapacità di “fare sistema”<br />
da parte delle varie amministrazioni concorrenti, alla loro difficoltà nel coinvolgere il tessuto<br />
sociale, all’immensità del patrimonio culturale e artistico, alla mancanza di un modello generale<br />
e di una visione che integri i concetti di valorizzazione e fruizione del patrimonio stesso, tangibile<br />
e intangibile.<br />
Per riuscire a proporre un modello e una visione che vadano in questa direzione, occorre forse<br />
capire, intanto, cosa siano la valorizzazione e la fruizione culturale e come sia ad esse collegabili<br />
il coinvolgimento dei tessuti sociali ed economici delle comunità che insistono sul territorio. Nel<br />
caso specifico di quanto si propone di seguito, si fa presente una matrice di progettualità in corso<br />
di applicazione nel territorio del Municipio VII di Roma in via sperimentale, ma che naturalmente<br />
può essere applicabile ad ogni contesto urbanizzato.<br />
Tale piano sperimentale e sua visione, dunque, prevede una fruizione culturale e turistica dal<br />
carattere sociale e partecipato su vasta scala, che prende forma da una serie di assunti teorici e<br />
di azioni pratiche.<br />
6 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 7<br />
DALLA VALORIZZAZIONE ALLA FRUIZIONE: LE DEFINIZIONI<br />
Per valorizzazione culturale si intende, come da D.Lgs<br />
42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), art. 6,<br />
commi 1 e 2, “l’esercizio delle funzioni e nella disciplina<br />
delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio<br />
culturale e ad assicurare le migliori condizioni di<br />
utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso.<br />
Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli<br />
interventi di conservazione del patrimonio culturale. La<br />
valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela<br />
e tali da non pregiudicarne le esigenze”.<br />
La valorizzazione dovrebbe dunque appropriarsi di finalità<br />
educative, migliorando le condizioni di conoscenza e di<br />
conservazione dei beni culturali e ambientali, incrementandone<br />
la fruibilità. Valorizzare, quindi, vuol dire pianificare<br />
un iter progettuale superando, altresì, le difficoltà<br />
di accessibilità al contesto culturale. È dunque auspicabile<br />
che, come da art. 111 del D.Lgs 42/2004, “le attività di<br />
valorizzazione dei beni culturali consistano nella costituzione<br />
ed organizzazione stabile di risorse, strutture o reti,<br />
ovvero nella messa a disposizione di competenze tecniche<br />
o risorse finanziarie o strumentali, finalizzate all’esercizio<br />
delle funzioni ed al perseguimento delle finalità preposte”.<br />
Per fruizione culturale, non esistendo una normativa 1 specifica<br />
che ne definisca lo stato e la funzione e quindi dovendo<br />
interpretare per via giurisprudenziale 2 o per studi di<br />
settore, si potrebbe intendere una materia non integrabile<br />
come “sottocategoria” della valorizzazione ma, al contrario,<br />
che rappresenti una fase a sé stante e successiva alla<br />
valorizzazione stessa, la quale a sua volta risulta essere<br />
il secondo step a seguito della “tutela”. La fruizione, infatti,<br />
dovrebbe rappresentare il momento culminante in<br />
cui un visitatore entra in contatto con i beni o le attività<br />
culturali, comunicando con essi e cercando di capirne il<br />
contesto, il senso, l’immaginario e andando via con una<br />
esperienza che possa aver lasciato “un’impronta”, anche<br />
nel senso dell’intrattenimento e della partecipazione ad<br />
un rito sociale, sia esso volto al carattere dell’identità oppure<br />
dell’alterità.<br />
LA VIA DELLA PERCEZIONE E DELLA GESTIONE: I PUNTI DI<br />
INTERESSE CULTURALE<br />
Alla base della valorizzazione, e quindi della conseguente<br />
fruizione, sta la percezione: essa è l’estrema sintesi che in<br />
sé raggruppa il senso sia teorico che pratico del processo<br />
di sviluppo di un territorio dal punto di vista culturale. Non<br />
esiste, infatti, un valore che possa essere poi condiviso<br />
e fruito se, lo stesso, non viene prima percepito, secondo<br />
modalità sia personali sia di gruppo, ma sempre legate<br />
ad un contesto di riferimento che ne orienta l’attenzione,<br />
l’interesse, la conoscenza e la comunicazione in qualsiasi<br />
forma. Questa comunicazione porta poi, a conclusione di<br />
un circolo, alla percezione da parte di un altri individui<br />
(presa di coscienza collettiva), e quindi il processo circolare<br />
ricomincia, espandendosi potenzialmente sempre di<br />
più.<br />
Dal punto di vista organizzativo, ciò si estrinseca nella progettazione<br />
culturale e nella gestione di azioni di comunicazione<br />
riguardanti patrimoni, attività, luoghi culturali e<br />
storie e racconti a essi connessi, in sintesi: i punti di interesse<br />
(d’ora in avanti PDI) culturale e turistico.<br />
Ponendo il punto della gestione riguardante la valorizzazione<br />
e la fruizione culturale, si può traslare in esso, e<br />
vale allo stesso modo, il senso e il significato che la Carta<br />
di Losanna (Carta internazionale per la gestione del patrimonio<br />
archeologico, ICOMOS, 1990) conferisce alla conservazione,<br />
declinabili in due aspetti:<br />
1 L’integrazione disciplinare, ossia l’ampliamento dello<br />
spettro dei soggetti specialisti nel settore dei processi<br />
di valorizzazione attraverso la collaborazione<br />
fra settore pubblico, mondo della ricerca e imprese<br />
private e il coinvolgimento anche dei semplici fruitori.<br />
2 Il diritto alla partecipazione ai processi decisionali<br />
delle popolazioni locali, reali protagoniste dei progetti<br />
di valorizzazione, la cui adesione e partecipazione<br />
sono condizioni imprescindibili per una corretta<br />
tutela e conservazione dei beni culturali.<br />
LA VALORIZZAZIONE CULTURALE E TURISTICA DI RETE E<br />
LE FILIERE TERRITORIALI<br />
L’integrazione e la partecipazione della cittadinanza, nella<br />
progettazione, nella comunicazione e trasmissione dei<br />
valori comuni percepiti, prevede già di per sé la creazione<br />
di una rete territoriale per scopi di valorizzazione e fruizione<br />
culturale e turistica.<br />
Le suddette logiche trovano un momento metodologico e<br />
organizzativo, dunque, nel sistema culturale di rete, inteso<br />
come strumento di programmazione e progettazione<br />
che convoglia verso lo sviluppo territoriale tutte le risorse<br />
culturali, connettendo tra loro diverse competenze, settori<br />
di attività, interessi, dimensione pubblica e privata.<br />
Il sistema culturale di rete rappresenta, nello stesso tempo,<br />
il fattore capace di creare connessioni tra la politica<br />
culturale e altri ambiti della progettazione dello sviluppo<br />
locale, in modo da stabilire strategie e piani di azione integrati.<br />
La creazione di reti si può valutare come una valida risposta<br />
organizzativa, da parte di coloro che creano offerte<br />
culturali, al fine di ottenere miglioramenti in termini di<br />
efficacia (potenziamento del valore dal punto di vista dei<br />
visitatori) e di efficienza. In particolare, per le piccole realtà<br />
territoriali, far parte di una rete può essere di grande<br />
aiuto per implementare il sistema di valorizzazione con<br />
conseguente promozione: ciò aiuterebbe a soddisfare bisogni<br />
sempre più articolati che, invece, singole e solitarie<br />
strutture periferiche non riuscirebbero a fare. Si tratta,<br />
generalmente, di processi di valorizzazione che emergono<br />
dal territorio stesso e che possono condurre a vere e proprie<br />
filiere produttive.<br />
ECONOMICITÀ E PROMOZIONE DI RETE<br />
Per quanto riguarda l’aspetto economico e quello promozionale,<br />
va considerato come diverse motivazioni possono<br />
stare alla base della nascita di sistemi a rete, quali: la ricerca<br />
di economie di scala e di diversificazione attraverso<br />
la condivisione di servizi comuni; lo sviluppo di economie<br />
di apprendimento e di nuove conoscenze; l’aggregazione<br />
di diverse componenti territoriali ispirate a principi di economicità,<br />
praticità e migliore e più stabile posizionamento<br />
sul panorama culturale, artistico e ricettivo, diminuendo<br />
le spese generali e riuscendo, probabilmente, a comunicare<br />
verso l’esterno non più come singola entità ma come<br />
una “costellazione”, riportando vantaggi generali di immagine<br />
non solo per se stessi, o a discapito di se stessi, ma<br />
per tutto il network e i suoi possibili centri 3 .<br />
L’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA COMUNALE COME ORGA-<br />
NO AGGREGANTE<br />
La realizzazione di un sistema culturale di rete ha l’obiettivo,<br />
da un lato, di rendere più efficiente ed efficace il<br />
processo di produzione di “cultura” e, dall’altro, di ottimizzare,<br />
su scala locale, i suoi impatti economici e sociali.
Naturalmente, la sua creazione presuppone a monte una<br />
ricognizione aggiornata e una valutazione ragionata della<br />
consistenza (quantitativa e qualitativa) del patrimonio<br />
culturale locale, dalla quale risulti che esso stesso costituisce,<br />
nella zona esaminata, la dotazione più pregiata da<br />
valorizzare; contestualmente la medesima ricognizione e<br />
valutazione va condotta sulle “realtà produttive” da coinvolgere<br />
(operatori turistici locali e associazionismo, ecc.),<br />
prefigurando, dunque, la presenza, o la nascita, di “un’industria”<br />
capace sia di valorizzare le risorse culturali sia<br />
di raffinare i prodotti risultanti dal processo di valorizzazione.<br />
Per guidare tale processo, si propone in questa sede una<br />
forma di sistema di rete4 centrata che veda l’Amministrazione<br />
municipale, in stretto contatto con quella comunale,<br />
quale organo di governo garante del raggiungimento delle<br />
finalità auspicate attraverso il coordinamento delle parti<br />
coinvolte e delle risorse territoriali disponibili: esso è di<br />
fondamentale importanza per lo sviluppo di un organismo<br />
reticolare e di una piattaforma di relazioni collaborative.<br />
In un’ottica di trasparenza e partecipazione, l’Amministrazione<br />
Municipale dovrà provvedere a promuovere occasioni<br />
pubbliche periodiche di restituzione alla comunità<br />
delle operazioni di monitoraggio del processo e degli esiti,<br />
base di partenza per nuove valutazioni (Fig. 1).<br />
SVILUPPO CULTURALE E TURISTICO<br />
DEL MUNICIPIO VII DI ROMA (S.P.CU.R.)<br />
La strategia progettuale ha lo scopo, all’interno del VII<br />
Municipio, di creare una rete tra tutte le entità locali e le<br />
risorse artistiche e culturali del territorio, operando una<br />
sintesi fra i concetti di valorizzazione e fruizione, così da<br />
risvegliare l’attenzione dei residenti e dei turisti verso<br />
la storia e le tradizioni del territorio Appio Latino Tuscolano,<br />
oggi impresse nei suoi principali nuclei di interesse<br />
e nei monumenti che le generazioni passate ci hanno<br />
tramandato, dagli acquedotti antichi alle mura lineari,<br />
dai casali alle torri antiche che costellano la campagna<br />
romana, dai quartieri storici come il Quadraro fino alle<br />
aree in prossimità dei Castelli Romani 5 . Quali attori privilegiati<br />
in questa operazione complessa sono stati scelti gli<br />
studenti frequentanti il triennio delle scuole superiori del<br />
territorio, vicini per età alla ‘maturità’, ossia al compimento<br />
della maggiore età e al superamento dell’Esame di<br />
Fig. 2 - Mappa Google con confini del Municipio VII di Roma e perimetrazione<br />
dei distretti culturali. In grigio il distretto dell’Agro Romano e dei Casali,<br />
in arancione il distretto sportivo e universitario, in rosso il distretto<br />
del Cinema, in blu il distretto Memoria e Futuro, in verde il distretto dei<br />
Parchi Archeologici, in viola il distretto dei Teatri e delle Ville Storiche, in<br />
giallo il distretto delle Mura Lineari.<br />
Stato conclusivo del II ciclo di istruzione che li introdurrà<br />
nella comunità adulta in quanto cittadini di pieno diritto:<br />
si tratta di un investimento civico e di una prospettiva “dal<br />
basso” che Amministratori locali assumono nell’ottica di<br />
far crescere la collettività.<br />
Il progetto di sviluppo culturale e turistico, proposto dallo<br />
scrivente in qualità di Consigliere Municipale, è stato<br />
approvato con Mozione del Municipio VII n° 10/2017, assumendo<br />
poi il nome di S.P.Cu.R. e traendo in sé quanto<br />
detto finora, declinato in quattro fasi includenti gli aspetti<br />
di individuazione, catalogazione, mappatura, identificazione,<br />
comunicazione e fruizione dei PDI, e loro unione per<br />
la creazione di percorsi turistici all’interno di un dinamico<br />
contesto sociale e produttivo di base territoriale, passando<br />
per gli aspetti tecnologici correlati.<br />
La prima fase ha visto la raccolta e catalogazione dei PDI<br />
ad opera di circa duecento studenti di sette diverse scuole<br />
secondarie di secondo grado del territorio municipale, sia<br />
di indirizzo classico e scientifico che tecnico e informatico,<br />
impegnati in percorsi di Alternanza Scuola Lavoro (Fig.<br />
3). Tali dati raccolti sono da pubblicare sul sito internet<br />
degli open data del Comune di Roma e dunque a disposizione<br />
di tutti e pubblici.<br />
Questa prima e decisiva messa in opera del progetto ha<br />
visto la collaborazione di diversi soggetti (Municipio VII,<br />
Assessorato Capitolino Roma Semplice, Assessorato Capitolino<br />
Crescita Culturale, Dipartimenti di Roma Capitale,<br />
Sovraintendenza Capitolina, Biblioteche Centri Culturali di<br />
Roma Capitale, scuole in territorio municipale, formatori),<br />
configurandosi come una vera e propria azione di educazione<br />
civica e servizio per la cittadinanza, oltre che di formazione<br />
culturale e tecnologica, in ottica di cittadinanza<br />
digitale, per gli studenti stessi e i loro docenti. Il percorso<br />
di formazione è stato accompagnato dalla Sovraintendenza<br />
Capitolina per la parte concernente gli assunti legati<br />
ai Beni Culturali e Archeologici con vere e proprie lezioni<br />
frontali per l’appropriazione dei mezzi teorici necessari, e<br />
poi da formatori professionali legati al mondo degli open<br />
data, e sua filosofia e ispirazione, scendendo nel particolare<br />
tecnico del geomapping dei singoli PDI ma anche delineando<br />
aspetti umanistici e di processo legati al lavoro e<br />
alla percezione, anche qui, intorno agli stessi open data 6.<br />
In particolare gli studenti hanno potuto apprendere come<br />
ricercare, georeferenziare e catalogare singoli PDI, sul territorio<br />
municipale, attraverso l’uso di un bot (ovvero un<br />
codice di programmazione che consente di automatizzare<br />
servizi e dialoghi con utenti) integrato nel sistema mobile<br />
di messaggistica istantanea, chiamato telegram, andando<br />
di volta in volta a compilare in automatico una tabella con<br />
i principali record della mappatura, quali coordinate, fotografie<br />
create sempre dai ragazzi con i propri smartphone<br />
(considerando anche tutti gli aspetti relativi al copyright)<br />
e altri campi relativi al titolo e alla descrizione. Proprio<br />
la descrizione del singolo punto di interesse è stato per<br />
i ragazzi, il compito successivo alla georeferenziazione,<br />
cioè quello dell’approfondimento dei dati storici, e magari<br />
anche dei racconti e delle citazioni letterarie, cinematografiche,<br />
artistiche, basandosi oltretutto sulla propria<br />
percezione legata alla specifica indole di ognuno, al modo<br />
di pensare e ragionare singolarmente e al confronto con i<br />
compagni, i docenti e i formatori.<br />
Con il caricamento di tutti i record relativi ai PDI sul sito<br />
web degli open data del Comune di Roma è terminata la<br />
prima fase, dando così avvio alla seconda, quella di inclusione<br />
dei medesimi dati all’interno di applicazioni mobili<br />
per scopi di fruizione. Il valore degli open data sta proprio<br />
nel fatto di poterli utilizzare liberamente e in maniera<br />
multiforme, sia ad opera dell’Amministrazione che dunque<br />
8 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 9<br />
viene a dotarsi di proprie applicazioni mobili in seno al<br />
presente progetto S.P.Cu.R., sia ad opera di privati, soprattutto<br />
nuove formazioni imprenditoriali giovanili legate<br />
ai dati aperti, alla creazione e trasmissione di contenuti riguardanti<br />
le risorse culturali del territorio, in un contesto<br />
formato da variegate filiere produttive, in definitiva dalle<br />
industrie culturali, puntando dunque sul loro sviluppo.<br />
Tale seconda fase, attualmente in corso di svolgimento,<br />
vede la progettazione dei dispositivi mobili (app), per conto<br />
dell’Amministrazione Comunale, che richiameranno i<br />
record open data dei singoli PDI, contenendo anche le informazioni<br />
sui percorsi di mobilità dolce per raggiungere<br />
uno o più PDI e sulle risorse locali utili ai fini dei percorsi<br />
turistico-culturali, come le realtà associative e commerciali.<br />
La terza fase rappresenta l’identificazione fisica sul territorio<br />
dei singoli PDI più rilevanti mappati dalle scuole, ad<br />
esempio con pannelli video/totem tecnologici indicanti il<br />
logo del Municipio, il nome/titolo del punto di interesse,<br />
breve descrizione e ricostruzione grafica del bene culturale<br />
di riferimento, e comunicazione della metodologia di<br />
download dell’app per smartphone. Il pannello si autofinanzierà<br />
con l’indicazione dei commercianti di zona e di<br />
prossimità partecipanti ad un processo di sponsorizzazione.<br />
La quarta e ultima fase, prevista tra il 2019 e il 2020, fondandosi<br />
su una base di percorsi turistici e informazioni raccolte,<br />
percepite e organizzate da tutti gli attori coinvolti<br />
nelle fasi uno e due, riguarderà la più espansa progettazione<br />
degli itinerari turistico-culturali, condivisa e partecipata,<br />
da parte di cittadini e associazioni che concorreranno<br />
all’inserimento di tali itinerari nell’app. Così potrà<br />
svilupparsi non solo la fruibilità, la comunicabilità, anche<br />
in chiave marketing, dei percorsi turistici dei punti interesse<br />
culturale, ma anche la promozione delle loro attività<br />
di scoperta del territorio.<br />
Nelle applicazioni mobili, e nei totem, si racchiudono infatti<br />
i significati, i nessi e la teoria, mettendole in pratica,<br />
di valorizzazione, fruizione, percezione e gestione<br />
dei beni e delle attività culturali correlate alle reti e alle<br />
filiere culturali e turistiche del territorio, permettendo<br />
loro di sviluppare naturalmente, e in maniera omogenea,<br />
caratteri interni ed esterni di processi di economia circolare<br />
e promozione integrata. Tutto ciò attraverso l’apporto,<br />
oltre che dell’Amministrazione Comunale, soprattutto di<br />
Cittadini, Scuole, Università, Associazioni Comitati, Imprese<br />
ed Enti Pubblici e Privati, fautori di integrazione sociale<br />
tra i medesimi gruppi vocazionali 7 interessati, e proiettati<br />
verso una realtà di creazione, produzione, promozione e<br />
trasmissione delle anime, dei sentimenti, delle esperienze<br />
e delle conoscenze insite nella società attuale, creando<br />
dunque un flusso di intelligenza collettiva e condivisa.<br />
Tale flusso può prendere vita dalle azioni sincroniche di<br />
tutte le componenti sociali coinvolte in quanto “prosumers”,<br />
ossia “produttori” e “consumatori” al tempo stesso<br />
dei valori percepiti e fondanti di una o più comunità vocazionali,<br />
rafforzando le comunità stesse e proiettandole<br />
verso un futuro, d’insieme, forse più consapevole e basato<br />
sulla cultura, sull’arte e sulla tendenza ad apprezzare il<br />
“bello” che ci circonda, nonché sulla capacità di costruire<br />
intorno al “bello” individualmente percepito una “narrazione<br />
collettiva” a più voci. Saranno infatti i citati “prosumers”<br />
a generare in maniera condivisa percorsi turistici,<br />
e loro contenuti cross-mediali presenti nell’applicazione<br />
mobile, che uniscono, e incrociano, i singoli PDI rilevati<br />
in fase uno. L’applicazione per smartphone, dotata di<br />
tecnologia beacon8, racchiude in sé anche il contatto tra<br />
fruizione tecnologica, di “nuova maniera”, e quella mag-<br />
Fig. 2 - In foto uno degli incontri, presso la sede di Fondazione Mondo<br />
Digitale, tra Sovraintendenza Capitolina, formatori e studenti delle scuole<br />
partecipanti alla prima fase del progetto S.P.Cu.R.<br />
giormente fisica, di “vecchia maniera”. Se infatti da un<br />
lato essa permetterà un approccio maggiormente “autonomo”<br />
da parte del fruitore, guidato dalla tecnologia stessa<br />
nei percorsi e anche nei racconti cross-mediali (testi,<br />
immagini, audio-video e scenari tridimensionali immersivi<br />
potenziali e in contemporanea), oltre che dai totem di<br />
fase tre, dall’altro lato sarà la stessa applicazione a segnalare<br />
i creatori di quei percorsi, e quindi associazioni o<br />
imprese turistico-culturali che hanno partecipato alla loro<br />
progettazione, integrando un’interfaccia di contatto, e di<br />
promozione, che permetta al “fruitore” di relazionarsi con<br />
i vari “organizzatori”, magari prenotandosi per una visita<br />
guidata.<br />
Saranno poi integrate, oltre alla programmazione aggiornata<br />
degli eventi culturali del Municipio VII (come da delibera<br />
C.M. 38/2017), funzioni di condivisione con gli “amici”,<br />
di valutazione delle esperienze di fruizione e una sezione<br />
per segnalare nuovi PDI (open data con lo strumento<br />
bot, v. supra), oppure un percorso turistico, e continuare<br />
“il circolo della progettazione e fruizione partecipata” del<br />
presente piano di valorizzazione, percezione e sviluppo<br />
del territorio del Municipio VII di Roma e delle sue zone,<br />
i Distretti Culturali (Fig. 2), ovvero la cornice che integra<br />
quanto detto, caratterizzando singole porzioni del territorio<br />
municipale in base alle risorse culturali “contenute” e<br />
comunicate.<br />
Bibliografia<br />
Bua A., Hinna A. & Minuti M. (2010) Politiche e strumenti di valorizzazione<br />
“a rete” di beni e attività culturali, IRER, Focus, pp. 1-14.<br />
Campitelli L. (2006) La valorizzazione del patrimonio culturale periferico<br />
per lo sviluppo del territorio, BIC Notes. Quaderni trimestrali su<br />
creazione d'impresa e sviluppo locale, n. 5, 2006, pp. 4-150.<br />
Carpentieri P. (2004) Fruizione, valorizzazione, gestione dei beni<br />
culturali, Atti del Convegno “Il nuovo codice dei beni culturali e del<br />
paesaggio. Prospettive applicative, Terracina, sabato 26 giugno 2004,<br />
pp. 116-124.<br />
Guido R. A. (2016) Archeologia tra valorizzazione e fruizione - Comunicare<br />
i beni culturali, EAI, Saarbrücken.<br />
Montanari P. (2017) Appio Latino Tuscolano, Alla luce delle più eclatanti<br />
scoperte, Europa Edizioni, Roma.<br />
Pollarini A. (2011) Turismi Vocazionali, Rivista di Scienze del Turismo,<br />
Anno I, n.1, Manuale di turismo vocazionale, 2011, pp. 209-248.<br />
Sciullo G. (2004) I servizi culturali dello Stato, nota di commento a<br />
Corte cost., 20 gennaio 2004, n. 26, Giornale di diritto amministrativo,<br />
n. 4/2004, pp. 393-408.<br />
Zumpano C. (2001) Beni culturali una risorsa per lo sviluppo rurale,<br />
Inea, 2001, pp. 1-53.
Note<br />
1 Sulla materia della fruizione il Legislatore non si esprime con chiarezza e in<br />
maniera particolareggiata. La fruizione è inizialmente citata all’ art. 6 del<br />
Codice dei beni Culturali, ove si riporta che: “La valorizzazione consiste<br />
nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a<br />
promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le<br />
migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio<br />
stesso”. Da ciò si definisce il primario significato della valorizzazione che<br />
si può articolare in due aspetti: 1) La promozione; 2) La fruizione. Tale<br />
articolo è importante non solo perché fa il punto sulla valorizzazione, ma<br />
perché cita la parola “fruizione” e la separa dalla promozione, come a<br />
dire che le due non sono la stessa cosa. Solo all’art. 104 del Codice dei<br />
Beni Cultuali, in merito alla fruizione da parte dei privati, si tenta forse<br />
di specificare al “comma 1” che tali beni “possono essere assoggettati a<br />
visita da parte del pubblico per scopi culturali”, lasciando cioè intendere<br />
che la fruizione possa essere assimilata alla “visita” da parte del pubblico.<br />
2 Carpentieri 2004 e Sciullo 2004.<br />
3 Guido 2016, p. 60 (cit.).<br />
4 Per approfondimenti sulla “politica”, l’organizzazione e gli scenari dei<br />
vari sistemi di rete, anche dal punto di vista economico, cfr. Campitelli<br />
2006, pp. 45-46; Bua-Hinna-Minuti 2010, pp. 5-6; Zumpano 2001, pp. 14-<br />
27; Guido 2016, pp. 32-43.<br />
5 Montanari 2017, pp. 10-11 (cit.). Inoltre per le descrizioni delle citate<br />
zone, del paesaggio e delle storie correlate nel corso dei secoli, anche in<br />
riferimento alla campagna romana, cfr. pp. 14-172 del medesimo volume.<br />
6 Si ringraziano in questa sede, per i contributi allo sviluppo del progetto<br />
e il lavoro con i ragazzi delle scuole, le Istituzioni e i soggetti coinvolti,<br />
in particolare: l’Assessore alle Politiche Scolastiche e Culturali del VII<br />
Municipio di Roma Capitale Elena De Santis; la dott.ssa Mariella Miele<br />
dell’Assessorato Capitolino “Roma Semplice”; la Sovraintendenza<br />
Capitolina (http://www.sovraintendenzaroma.it); le Istituzioni<br />
Scolastiche partecipanti; il formatore Francesco “Piersoft” Paolicelli,<br />
autore del BOT telegram funzionale al geomapping e alla catalogazione<br />
dei punti di interesse culturale (http://www.piersoft.it); il formatore<br />
Fedele Congedo in merito al significato, filosofia e uso degli open data in<br />
chiave umanistica; il formatore Paolo Montanari, archeologo e studioso del<br />
patrimonio culturale delle zone Appio Latino e Tuscolano facenti parte del<br />
Municipio VII; la Fondazione Mondo Digitale (http://www.mondodigitale.<br />
org/it).<br />
7 Per comunità vocazionale si intende un gruppo di individui legati<br />
dall’interesse, o vocazione, per una o più materie. In particolare il<br />
termine “vocazionale” viene sovente affiancato al “turismo”, legando lo<br />
stesso non più al consumo di prodotti in senso tradizionale, bensì alle<br />
“esperienze” che un dato fruitore può “vivere” durante, ad esempio, un<br />
itinerario. In tali esperienze, strettamente legate alla percezione anche<br />
emotiva, con successiva e soggettiva comprensione di un contenuto<br />
culturale o artistico, possono svilupparsi anche complesse dinamiche<br />
di gruppo con specifiche modalità di comunicazione, e quindi anche di<br />
marketing, o ancora di fruizione fisica presso un contesto culturale (Guido<br />
2016, pp. 59-63; 84-103; 139-146). Per tali gruppi quanto più coinvolgente<br />
è “la passione”, tanto più elevato è il grado di affinità fra la passione<br />
stessa, i consumi o le esperienze realizzate in nome di essa e della propria<br />
personalità (Pollarini 2011, pp. 212-214).<br />
8 Il beacon è una tecnologia mobile in grado di interagire con ogni app per<br />
smartphone, permettendo una esperienza interattiva di visita guidata<br />
con contenuti multimediali e informazioni di base territoriale e anche,<br />
ad esempio, di supporto turistico relativamente alla mobilità e alle filiere<br />
ricettive e commerciali di prossimità.<br />
Abstract<br />
A case history in the VII Municipal District of Rome, between cultural and<br />
touristic valorisation and enjoyment, based on the participation of citizens,<br />
schools and other civic entities called to identify and catalog points of cultural<br />
interest which are recognizable as such and can be communicated in cultural<br />
terms (archeological areas and monuments, places of urban fabric). These are<br />
then combined to constitute cultural and tourist itineraries passing through<br />
the suburbs of Rome, and are enhanced by stories by citizens for citizens, in<br />
their capacity as prosumers (producers, propagators and users of the content<br />
and of the stories relating to their local heritage).<br />
Parole chiave<br />
Beni culturali; turismo culturale; fruizione; valorizzazione; catalogazione;<br />
mappatura; georeferenziazione; open data; beacon; smartphone; app; sviluppo<br />
territoriale<br />
Autore<br />
Roy Andrea Guido<br />
Dotttore di ricerca in Beni Culturali e Territorio. info@archeologia.org<br />
10 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 11<br />
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MUSEI<br />
“FRUIRE IL NON FRUIBILE”<br />
La fruizione digitale del patrimonio culturale non<br />
visibile nelle sale dei musei e l’anastilosi digitale<br />
di Paola Perozzo e Edoardo Zanollo<br />
Questa ricerca affronta il<br />
tema della fruibilità dei<br />
beni culturali attraverso lo<br />
strumento digitale, è stata<br />
sviluppata come tesi del Master<br />
Digital Exhibit dell’università<br />
IUAV di Venezia e fa seguito<br />
all’esperienza lavorativa degli<br />
autori presso il Museo Civico<br />
di Bassano del Grappa, in<br />
collaborazione con l’azienda<br />
madrilena Factum Arte.<br />
Fig. 1 - Esempi di reperti inaccessibili fisicamente ma potenzialmente fruibili in digitale.<br />
BENI CULTURALI INVISIBILI<br />
“Con l’espressione ‘beni culturali invisibili’ si intende la sommatoria<br />
delle opere d’arte, delle testimonianze storiche,<br />
culturali, sociali, tecnico-scientifiche e di costume che, allo<br />
stato attuale, non godono di adeguata visibilità e fruizione,<br />
perché nascoste, non adeguatamente conosciute e valorizzate.<br />
L’espressione si può declinare in vari modi, facendo<br />
riferimento a quei siti culturali scarsamente (o per nulla)<br />
visitati, oppure all’arte invisibile che giace nei depositi dei<br />
musei italiani, un patrimonio artistico di cui difficilmente il<br />
pubblico può fruire.” (Carmignani, Cavazzoni & Però, 2012).<br />
MANCATA VALORIZZAZIONE DELLA<br />
TOTALITÀ DEL PATRIMONIO<br />
In molti musei (sia storico-artistici che siti archeologici),<br />
in Italia così come in altre parti del mondo, una parte considerevole<br />
dei beni posseduti non viene esposta; in molti<br />
casi rimane accessibile solamente agli studiosi. Il problema<br />
principale riguarda pertanto la mancata valorizzazione della<br />
totalità del patrimonio posseduto.<br />
Come scrivono Candela e Scorcu (2004), “Uno degli aspetti<br />
maggiormente problematici della gestione museale è la<br />
scarsa valorizzazione del capitale del museo, in particolare<br />
per quello che riguarda il tasso di esposizione della collezione.<br />
Mentre per i musei minori una buona parte della collezione<br />
viene esposta e solo alcuni pezzi sono rinchiusi nei<br />
magazzini, per i maggiori musei la quota dei beni esposti è<br />
molto bassa”. Ad esempio, l’Hermitage di San Pietroburgo,<br />
il Guggenheim Museum di New York e il Museo Nacional del<br />
Prado di Madrid espongono rispettivamente il 7%, l’8% e il<br />
9% delle opere da loro possedute. In questi anni sono nate<br />
nuove iniziative per rendere accessibile al pubblico il maggior<br />
numero di oggetti d’arte posseduti dai singoli musei.<br />
Una di queste sono gli open storages, dei “veri e propri magazzini<br />
che, a differenza dei depositi dei musei tradizionali,<br />
sono liberamente accessibili dal pubblico” (Chiavarelli,<br />
2010). Ad esempio, nel 2006, il Birmingham Museum and the<br />
Art Gallery ha inaugurato il Museum Collections Centre, un<br />
magazzino visitabile che permette al pubblico di visitare più<br />
dell’80% delle opere del museo.<br />
ALCUNI DATI IN ITALIA<br />
Secondo i dati pubblicati da Istat in un indagine del 2009<br />
sui 3.409 musei non statali (contro i 424 statali), nei quali<br />
sono compresi i musei comunali (come il Museo di Bassano<br />
el Grappa) la percentuale di beni esposti rispetto ai beni<br />
posseduti dalla metà dei musei è compresa tra il 76 e il<br />
100%, ma l’altra metà espone sotto il 75% dei beni posseduti<br />
(oltre 500 musei espone addirittura meno del 25%). Un<br />
primo passo verso la valorizzazione dell’intero patrimonio<br />
potrebbe essere la catalogazione. Ad oggi non esiste una<br />
catalogazione definitiva della totalità dei beni culturali dei<br />
musei italiani. Gli oggetti presenti nei depositi spesso non<br />
sono catalogati e quindi continuano a rimanere invisibili.<br />
12 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 13<br />
INACCESSIBILITÀ DEL PATRIMONIO COMPLETO:<br />
LO STRUMENTO DIGITALE COME SOLUZIONE<br />
L’inaccessibilità al patrimonio completo non dipende solo<br />
da una questione di spazio o di non catalogazione delle opere,<br />
ci sono dei casi in cui le opere d’arte non possono essere<br />
portate “fisicamente” nelle sale museali, o possono rimanerci<br />
per periodi molto brevi.<br />
I motivi di questa inaccessibilità, che risolvibili con la digitalizzazione<br />
e/o la fruizione digitale delle opere, posso<br />
essere suddivisi in tre categorie (Fig. 1):<br />
1) Problema conservativo, nei casi in cui le condizioni di<br />
temperatura, umidità o luce in cui devono essere mantenute<br />
le opere d’arte o i reperti archeologici non possano<br />
essere garantite nelle sale museali (ad esempio gli album di<br />
disegni di Antonio Canova, custoditi al Museo Civico di Bassano<br />
del Grappa, oppure reperti di archeologia marina non<br />
ancora restaurati o che giacciono in fondo al mare, oppure<br />
siti non più accessibili come alcune tombe egizie, ecc...);<br />
2) Problema di difficoltà di fruizione e fragilità dell’opera,<br />
che riguarda quelle opere che per essere visualizzate dovrebbero<br />
essere in continuazione toccate (come degli album<br />
che raccolgono disegni, incisioni, libri o altro);<br />
3) Problema di non completezza delle opere, distrutte o<br />
danneggiate da bombardamenti, terremoti o incuria, che<br />
sono quindi conservate a pezzi e per vari motivi non possono<br />
essere fisicamente ricomposte (come ad esempio perché le<br />
parti perdute sono troppo estese rispetto a quelle rimaste).<br />
LO STRUMENTO DIGITALE APPLICATO NEI MUSEI<br />
Come anticipato all’inizio, prima di questa ricerca abbiamo<br />
potuto affiancare Factum Arte al Museo di Bassano del<br />
Grappa per la realizzazione di lavori quali scansioni fotogrammetriche<br />
di alcune sculture di Antonio Canova, come<br />
un bozzetto in terracotta delle Tre Grazie, e la digitalizzazione<br />
della collezione dei circa duemila disegni canoviani<br />
del museo per la riproduzione di fac-simili. In particolare,<br />
abbiamo contribuito alla scansione fotogrammetrica e con<br />
scanner a luce bianca (Breuckmann) la versione canoviana<br />
del modello in gesso in scala 1:1 del monumento bronzeo<br />
a Ferdinando I di Borbone, ultimato da uno degli allievi di<br />
Canova; il gesso si trova attualmente sezionato in circa 25<br />
pezzi e molti frammenti nei depositi comunali, dopo che<br />
negli anni Sessanta la direzione del museo decise di togliere<br />
il cavallo dalle sale museali.<br />
RICOSTRUZIONE DI OPERE IN FRAMMENTI:<br />
“ANASTILOSI DIGITALE”<br />
Nella Fig. 2, si possono vedere i tipi di opere d’arte, su cui<br />
abbiamo lavorato al museo di Bassano, in riferimento alle<br />
tre categorie di non fruibilità del patrimonio precedentemente<br />
esplicate. Si può notare come per tutti esista ovviamente<br />
un problema di tipo conservativo. Per gli album di<br />
disegni, inoltre, sussiste anche un problema di difficoltà di<br />
fruizione perché dovrebbero essere toccati in continuazione<br />
per essere sfogliati e la luce delle sale museali contribuirebbe<br />
ad un deterioramento repentino della carta. Per<br />
quanto riguarda, invece, il caso del cavallo del monumento<br />
a Ferdinando I e i busti in gesso, che stiamo per descrivere<br />
nelle prossime righe, siamo di fronte ad opere che, per diversi<br />
motivi, non sono integre e/o alcuni pezzi sono andati<br />
per sempre perduti. In questo caso, lo strumento digitale si<br />
dimostra ancora più efficace per rendere fruibile le opere<br />
e ricostruirle, praticando una vera e propria “anastilosi digitale”.<br />
Fig. 2 - Tabella di confronto tra tipi di opere d’arte e problemi di fruizione,<br />
risolvibili con lo strumento digitale.<br />
CASO STUDIO: TERSICORE<br />
A dimostrazione di come uno strumento digitale possa essere<br />
una valida soluzione per la fruizione di opere d’arte<br />
altrimenti non fruibili fisicamente abbiamo preso come<br />
esempio un’opera canoviana: il busto in gesso di Tersicore,<br />
musa della danza e del canto corale (Fig. 3), conservato<br />
nei depositi del museo di Bassano del Grappa (INVENTARIO<br />
S67 - rif. TUA 83).<br />
Esso fu danneggiato durante il bombardamento del 1945<br />
che distrusse parte del museo civico e a noi sono arrivati<br />
due frammenti: il primo costituisce la parte anteriore della<br />
testa e il basamento in legno, mentre il secondo è la coda<br />
di capelli; parte della nuca e alcuni riccioli di capelli sono<br />
andati perduti.<br />
Nelle sale museali è esposta un’altra versione di questo soggetto<br />
(INVENTARIO S35) ma è evidentemente molto diversa<br />
anche se alcuni dettagli rimangono gli stessi e saranno fondamentali<br />
per la ricostruzione della versione danneggiata.<br />
Probabilmente questi busti erano degli studi per la statua<br />
marmorea di Tersicore (a figura intera) della quale esistono<br />
due copie, oggi conservate alla Fondazione Magnani Rocca a<br />
Parma e al Cleveland Art Museum.<br />
DUE VERSIONI A CONFRONTO<br />
Il busto di Tersicore, di cui andiamo a fare la ricostruzione<br />
(INV. S 67) è un busto in gesso e legno alto circa 50 cm e<br />
con un diametro di circa 20 cm. Il basamento in legno è evi-<br />
Fig. 3 - Busto in gesso di Tersicore, Antonio Canova. Confronto dell’opera con<br />
un’altra raffigurante lo stesso soggetto.
Fig. 4 - Nuvola di punti con allineamento delle foto e misura di riferimento nel software Reality Capture.<br />
dentemente compromesso dalla presenza di tarli, mentre<br />
la parte in gesso, in particolare sulla sommità della testa,<br />
mostra segni di concrezioni calcaree dovute all’esposizione<br />
a pioggia e umidità.<br />
Il gesso in esame presenta (Fig. 03):<br />
4 l’inclinazione della testa più marcata verso destra;<br />
4 la bocca chiusa e non dischiusa;<br />
4 l’ovale del viso e il mento più morbidi;<br />
4 il naso meno appuntito e il profilo naso-fronte più dritto;<br />
4 gli occhi più aperti e l’iride non scolpita;<br />
4 il basamento diverso: questo è in legno con una base<br />
attica e due piccole volute sopra.<br />
I capelli e il nastro (con motivo a reticolo) sono invece molto<br />
simili e si possono riconoscere anche le corrispondenze<br />
delle singole ciocche di capelli.<br />
Il confronto tra le due statue sarà importante in fase di ricostruzione<br />
perché la seconda servirà come modello per ricostruire<br />
le parti mancanti della prima.<br />
RILIEVO FOTOGRAMMETRICO<br />
La campagna di rilievo fotogrammetrico è stata svolta seguendo<br />
principalmente due metodi, anche per permettere<br />
il confronto dei risultati, i quali sostanzialmente non variano<br />
in maniera apprezzabile.<br />
1) Foto scattate con macchina Canon EOS 5DSR su cavalletto<br />
con due luci fisse. Le impostazioni della macchina erano le<br />
seguenti: tempo scatto 1/30, apertura diaframma F 8.0, ISO<br />
100, con obiettivo da 50 mm.<br />
2) Le foto all’altro busto sono state scattate con la stessa<br />
macchina ma senza cavalletto e con flash. Le impostazioni<br />
della macchina erano le stesse tranne che per il tempo di<br />
scatto, portato a 1/160. Questo cambiamento di metodo ha<br />
comportato una sensibile diminuzione del tempo impiegato<br />
nel rilievo della statua.<br />
MODELLO DIGITALE<br />
La ricostruzione digitale è stata sviluppata con il software<br />
Reality Capture (Fig. 4), con il seguente flusso di lavoro:<br />
4 caricamento foto;<br />
4 allineamento delle foto e creazione della nuvola di punti;<br />
4 verifica della posizione delle foto intorno al soggetto e<br />
delle corrispondenze tra uno scatto e l’altro;<br />
4inserimento del riferimento metrico (di solito si individuano<br />
due punti su alcune foto, alla cui distanza si dà una<br />
dimensione reale, in questo caso 10 cm) quindi è bene<br />
predisporre un metro vicino all’opera d’arte in fase di rilievo<br />
fotogrammetrico (Fig. 4);<br />
4creazione del modello di mesh, visualizzabile in tre modalità:<br />
nuvola di punti, modello di mesh bianco, sweet,<br />
ossia un modello di mesh con una anteprima delle informazioni<br />
colore dei punti o texture.<br />
4texturizzazione del modello (se necessario);<br />
4esportazione del modello (nel nostro caso, senza texture<br />
perché le informazioni del colore dell’opera originale,<br />
non ancora restaurata, non erano significative per il nostro<br />
scopo).<br />
Con il software Geomagic sono state poi pulite le mesh e<br />
uniformate, togliendo il rumore derivato dal metodo di acquisizione<br />
dei dati.<br />
Il frammento della coda di capelli è stato rilevato in due<br />
fasi, corrispondenti ai due lati, quindi per avere un modello<br />
3D unico a tutto tondo abbiamo dovuto, con lo stesso software,<br />
unire le due metà del frammento (il lato superiore,<br />
rilevato nella prima fase, e il lato inferiore, rilevato per<br />
secondo). Le due metà sono state quindi unite, facendo attenzione<br />
ai punti di giunzione per renderli il più omogenei<br />
possibile.<br />
Alla fine, prima dell’esportazione, i modelli sono stati deci-<br />
14 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 15<br />
mati: si tratta della riduzione del numero<br />
di mesh mantenendo inalterata la superficie<br />
del modello. Quest’operazione viene<br />
fatta per facilitare la manipolazione<br />
successiva della mesh in altri software<br />
di modellazione. In questo caso abbiamo<br />
utilizzato il modello con un quarto delle<br />
mesh rispetto all’originale.<br />
ALLINEAMENTO E RICOSTRUZIONE<br />
Con il software Rhinoceros sono stati<br />
allineati i due frammenti, prendendo<br />
come riferimento le prove di ricostruzione<br />
fatte con i frammenti in gesso, in<br />
maniera da replicare al meglio il posizionamento<br />
delle varie parti.Abbiamo unito<br />
i frammenti accostati, ricostruendo la<br />
mesh lungo i punti di giuntura e abbiamo<br />
poi ricreato le parti mancanti utilizzando<br />
il modello dell’altro busto di Tersicore<br />
(ottenuto sempre mediante la fotogrammetria), adattando<br />
le proporzioni laddove necessario (Fig. 5).<br />
APPLICAZIONE ANDROID PER TOUCH SCREEN<br />
Attraverso il software Unity, abbiamo sviluppato un’applicazione<br />
esportabile per sistema operativo mobile Android,<br />
per la visualizzazione e la navigazione del modello ricostruito<br />
della Tersicore su touch screen o dispositivi mobili.<br />
Il modello 3D della statua è immerso in un ambiente neutro,<br />
con illuminazione diffusa e diretta proveniente dal punto di<br />
vista dell’osservatore; si riescono quindi ad apprezzare le<br />
variazioni delle ombreggiature sulla statua e la comprensione<br />
delle forme è più immediata.<br />
La navigazione dell’ambiente risponde ai comandi touch:<br />
Fig. 5 - Allineamento e ricostruzione digitali dei frammenti con Rhinoceros<br />
a confronto con l’allineamento dei frammenti originali.<br />
4 due tocchi e gesture pinch per lo zoom in e lo zoom out;<br />
4 due tocchi e trascinamento per la funzione pan (leggera<br />
traslazione dell’immagine).<br />
Nell’interfaccia utente sono stati anche creati dei pulsanti<br />
di navigazione interattiva per accendere o spegnere le<br />
parti ricostruite dell’opera, per evidenziarle con un colore<br />
diverso, o per far comparire più informazioni sull’opera<br />
analizzata in modo da rendere ancora più chiara la fruizione<br />
dell’opera e la sua ricostruzione.<br />
4 un tocco con trascinamento per far orbitare la camera<br />
(quindi il punto di vista del fruitore) intorno all’oggetto;<br />
Fig. 6 - Interfaccia di fruizione dell’app sviluppata in Unity e funzionalità dei tasti.
Bibliografia<br />
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e letteraria dei grandi centri italiani: 1. Venezia e Roma<br />
:3. Settimana di studi canoviani, Bassano del Grappa: Istituto di<br />
ricerca per gli studi su Canova e il Neoclassicismo<br />
Mazzocca F. & Venturi G. (2006) Antonio Canova: la cultura figurativa<br />
e letteraria dei grandi centri italiani: 2. Milano, Firenze,<br />
Napoli : 4. Settimana di studi canoviani, Bassano del Grappa: Istituto<br />
di ricerca per gli studi su Canova e il Neoclassicismo<br />
Mazzocca F. & Pastore Stocchi M. (2007) La gloria di Canova :<br />
5. settimana di studi canoviani, Bassano del Grappa: Istituto di<br />
ricerca per gli studi su Canova e il Neoclassicismo<br />
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di Canova, 1.: 6. settimana di studi canoviani, Bassano<br />
del Grappa: Istituto di ricerca per gli studi su Canova e il Neoclassicismo<br />
Ericani G. & Mazzocca F. (2009) Committenti, mecenati e collezionisti<br />
di Canova, 2.: 7. settimana di studi canoviani, Bassano<br />
del Grappa: Istituto di ricerca per gli studi su Canova e il Neoclassicismo<br />
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http://www.ufficiostudi.beniculturali.it/mibac/multimedia/<br />
UfficioStudi/documents/1326709603677_B2278-4_Ministero_-_<br />
Minicifre_2011.pdf<br />
https://www.internazionale.it/notizie/2016/02/17/musei-operearte-nascoste<br />
http://www.museibassano.it/<br />
http://www.factum-arte.com/<br />
http://www.factumfoundation.org/<br />
https://www.capturingreality.com/<br />
https://unity3d.com/<br />
https://docs.unity3d.com/Manual/index.html<br />
Abstract<br />
This research is about the digital tools to make accessible the cultural heritage.<br />
It was developed as a thesis of the Master Digital Exhibit of IUAV in Venice after<br />
the work experience of the authors at the Museo Civico di Bassano del Grappa, in<br />
collaboration with the Madrid-based company Factum Arte.<br />
Many museums all over the world have the problem of their heritage not entirely<br />
visible in their spaces.<br />
The not accessible cultural heritage could be visitable through digital tools in the<br />
following cases: if there is preservation problem, where the conditions in which<br />
the works of art must be kept, can not be guaranteed in the museum rooms; if<br />
there is difficulty in fruition and fragility of artworks, which regards works like<br />
drawings or books; if artworks are not intact and stored in pieces and for some<br />
reasons can not be physically recomposed.<br />
We took as a case study for this third category the plaster bust of Tersicore by<br />
Antonio Canova; we rebuilt it digitally and then make it accessible through an<br />
Android app for touch screen.<br />
Autore<br />
Paola Perozzo<br />
perozzozanollo@yahoo.it<br />
Edoardo Zanollo<br />
perozzozanollo@yahoo.it<br />
www.thequicksloth.com<br />
Parole chiave<br />
Conservazione; beni culturali; fotogrammetria; ricostruzione digitale;<br />
valorizzazione; musei; modelli 3D; app<br />
16 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 17<br />
Soluzioni e Tecnologie<br />
Geospaziali per<br />
la Trasformazione<br />
Digitale<br />
www.esriitalia.it
RIVELAZIONI<br />
San Adriano a San Demetrio Corone<br />
Studio analitico degli affreschi pittorici a confronto<br />
di analoghe opere meridionali<br />
Il lavoro punta la propria attenzione su uno dei<br />
maggiori monumenti legato al monachesimo<br />
dell’Italia meridionale, la chiesa di San Adriano a San<br />
Demetrio Corone in provincia di Cosenza, un gioiello<br />
etnoantropologico arbëreshë.<br />
Lo studio si concentra sul ciclo di affreschi pittorici<br />
che occupano i sottarchi e le mura delle navate<br />
minori all’interno del monumento, datati tra<br />
l’XII e il XIII secolo, che oltre a rappresentare un<br />
complesso narrativo importante, si rifà ad analoghe<br />
opere presenti nei maggiori edifici ecclesiastici del<br />
meridione, inclusa la Calabria stessa.<br />
L’elaborato vuole dimostrare come le suddette<br />
raffigurazioni, nonostante presentino una differente<br />
datazione, mostrino una somiglianza tecnico<br />
esecutiva con analoghi affreschi di epoca normanna<br />
presenti in Sicilia, in particolare con quelli presenti<br />
nella Cappella Palatina di Palermo e nei Duomi di<br />
Cefalù e Monreale.<br />
di Felicia Villella, Antonio Marchianò<br />
Fig. 1 - Una delle fasi di assemblaggio del ROV.<br />
Situato in provincia di Cosenza sul<br />
versante orientale della Sila Greca,<br />
il comune di San Demetrio Corone<br />
è il luogo in cui sorge la chiesa<br />
di San Adriano, un’antica abbazia fondata<br />
da San Nilo di Rossano, suffraganea<br />
dell’abbazia benedettina di Cava<br />
dei Tirreni dal 1088 fino alla fine del<br />
XI secolo, posta al centro di influenze<br />
bizantine e pugliesi, nonché attenzioni<br />
da parte della Campania e della Francia<br />
meridionale.<br />
Fondato sulle colline della pianura di<br />
Sibari nel XV secolo dagli albanesi in<br />
fuga dal dominio turco-musulmano, il<br />
comune di San Demetrio insiste su un<br />
preesistente monastero così come documentato<br />
da un atto del 1471.<br />
Fig 1; Fig. 2<br />
18 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 19<br />
Proprio per questo il piccolo borgo vanta ancora una forte<br />
tradizione arbëreshë, preservando i riti bizantini.<br />
Di così tanta storia rimane solo la chiesa, di cui si sottolinea<br />
la perdita della facciata originale, che solo nel 1979 è stata<br />
liberata dal corpo di fabbrica che le era stato addossato alla<br />
fine dell’Ottocento.<br />
L’edificio sorge su una chiesetta che è stata fondata dal<br />
monaco basiliano San Nilo di Rossano, dedicandola ai santi<br />
Adriano e Natalia, luogo che col tempo acquisì una notevole<br />
importanza spirituale portandola ad una serie di ampliamenti<br />
postumi, ma con le persecuzioni iconoclaste fu<br />
abbandonato e distrutto dai saraceni. È nel 1088 che con<br />
la cessazione da parte del duca Ruggero Borsa ai monaci<br />
benedettini di Cava dei Tirreni inizia il processo di latinizzazione<br />
del territorio. Infine, restituito ai monaci basiliani,<br />
il monastero fu costruito ex novo tra il XII e il XIII secolo,<br />
implicando il ritorno al rito greco.<br />
ANAMNESI E ANALISI TECNICO-ARCHITETTONICA<br />
Il prospetto frontale presenta una spoglia facciata a spioventi<br />
in muratura, realizzata con conci in pietra di grosse<br />
dimensioni, interrotta solo da tre aperture, che lasciano intendere<br />
la tripartizione interna delle navate.<br />
I due prospetti laterali sono decorati da una serie di archetti<br />
pensili che corrono sotto la linea di gronda del tetto, scanditi<br />
in gruppi di tre da sottili lesene che poggiano su un alto<br />
zoccolo nel prospetto settentrionale in cui sono presenti incavi<br />
circolari, contenenti forse piccoli bacini di ceramica,<br />
dal gusto tipicamente orientale. (Fig 1; Fig. 2)<br />
Si accede all’ingresso mediante due portali, il meridionale<br />
composto da un arco a sesto acuto a doppia ghiera e il settentrionale,<br />
invece, a tutto sesto maggiormente decorato;<br />
sono presenti infatti motivi vegetali ed astratti nelle due<br />
mensole di appoggio alla lunetta, mentre a metà altezza<br />
dello stipite sono presenti due mascheroni: uno dalle sembianze<br />
feline e l’altro antropomorfo dalle cui bocche di entrambi<br />
fuoriesce un doppio caule che circonda i capi, di<br />
stampo prettamente romanico, a testimonianza del diretto<br />
collegamento tra le abbazie meridionali e quelle del sud<br />
della Francia. (Fig. 3; Fig. 4; Fig. 5)<br />
Come già accennato, l’interno è diviso in tre navate scandite<br />
da arcate longitudinali di forma e ampiezza diversa,<br />
poggianti su colonne nella prima campata e poi su pilastri di<br />
forma differente nelle successive campate. Un arco trionfale<br />
ad ogiva porta al presbiterio, originariamente terminante<br />
in un’unica abside semicircolare, sacrificata per far posto<br />
all’attuale transetto barocco, decorato nel Settecento da<br />
un ciclo di affreschi e dagli altari in opus gypsicum.<br />
Il monumento presenta una decorazione pavimentale in<br />
opus sectile, in buona parte conservata, è composta da<br />
un disegno musivo a specchiature marmoree, composte da<br />
tasselli geometrici inseriti in un reticolo di fasce in marmo<br />
bianco, quest’ultimo rimanda ad analoghi reticoli della basilica<br />
di Montecassino, dove l’abate Desiderio nella metà<br />
del XII secolo interpellò esperti artisti provenienti da Costantinopoli.<br />
L’influenza bizantina è evidente nel ciclo pittorico oggi presente<br />
solo nei sottarchi costituito da figure di santi militari,<br />
vescovi, un santo asceta e un monaco, tipiche raffigurazioni<br />
delle più venerate figure nelle chiese bizantine. Gli affreschi<br />
sono stati scoperti nel 1939, interamente ricoperti<br />
dall’intonaco e poi portati nuovamente alla luce e ripulite<br />
da pesanti ridipinture postume.<br />
(Fig. 6)<br />
Riconducibili soprattutto a manifattura siciliana, gli affreschi<br />
risultano essere contaminati anche da forme stilistiche<br />
all’ambito figurativo tardo comneno, affermazione che tro-<br />
Fig. 2 - L’OpenRov con le due camere GoPro montate sui lati.<br />
Fig. 3; Fig. 4; Fig. 5
ealizzata in una sola giornata, mentre i decori, quali i motivi<br />
geometrici e floreali, sono stati eseguiti in prima mano e<br />
senza rifiniture con soli tre colori: bianco, rosso e grigio. La<br />
scena della presentazione al tempio presenta, invece, una<br />
più vasta gamma di colori.<br />
(Fig. 7; Fig. 8)<br />
Fig. 6<br />
va riscontro soprattutto nella raffigurazione della Vergine<br />
al tempio, probabilmente del XIII secolo, in cui sono però<br />
presenti anche alcuni santi della Cappella Palatina di Palermo<br />
e del Duomo di Cefalù e anche alcuni passi che sono<br />
riscontrabili nei mosaici di Monreale, facendo spostare la<br />
datazione alla fine del XII secolo.<br />
CENNI SUL RESTAURO E ANALISI D’IMMAGINE<br />
I primi interventi di restauro mirati al consolidamento<br />
dell’edificio furono intrapresi dalla Soprintendenza per i<br />
Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria di<br />
Cosenza nel 1939, lavori che portarono alla luce gli affreschi<br />
celati dall’intonaco risalente al 1860.<br />
Una seconda campagna di restauro fu intrapresa fra il 1948<br />
e il 1955 accompagnata da una serie di scoperte, tra cui il<br />
rosone sovrastante l’arco absidale e le sue fondamenta normanne,<br />
le finestre della facciata e tracce di affreschi, non<br />
più visibili, sui timpani interni.<br />
Seguì, secondo i dettami della Soprintendenza, un erroneo<br />
intervento con pesanti ridipinture sugli affreschi che modificò<br />
totalmente le morfologie delle figure presenti. Fu solo<br />
nel 1993 che queste ultime furono eliminate definitivamente.<br />
Il restauro previde inoltre un’azione di consolidamento<br />
dell’intonaco e una di pulitura, operazioni che hanno evidenziato<br />
come in realtà lo strato pittorico originario fosse<br />
ben saldo ed eseguito a fresco con la tecnica della giornata.<br />
Le figure sono state realizzate molto velocemente una<br />
volta steso il tonachino, questo fa presuppore la presenza<br />
di diversi pittori che lavoravano contemporaneamente; ad<br />
esempio La presentazione della Vergine al Tempio è stata<br />
STATO DELL’ARTE E CONFRONTI CON OPERE SICILIANE<br />
Come già affermato, poco resta degli affreschi presenti<br />
all’interno dell’edificio religioso, ma questo ci permette<br />
ugualmente di avanzare ipotesi sulle decorazioni originarie<br />
avvalendosi di raffronti esecutivi e morfologici di analoghe<br />
opere dell’Italia meridionale.<br />
Il lavoro proposto, vuole di fatti dimostrare come siano evidenti<br />
le somiglianze compositive e tipologiche soprattutto<br />
con i cicli siciliani di epoca normanna, la Cappella Palatina<br />
di Palermo e i Duomi di Cefalù e Monreale, ma anche con<br />
ulteriori cicli divisi tra la Basilicata e la Puglia, Santa Maria<br />
D’Anglona, Santa Maria delle Cerrate, San Mauro a Sannicola,<br />
San Salvatore a Sanarica, qui solo citati e infine con<br />
opere presenti nella Calabria stessa, Chiesa dello Spedale<br />
di Scalea, Chiesa della Panaghia di Rossano, la Cattolica di<br />
Stilo e la Chiesa del Campo di San Andrea Apostolo dello<br />
Jonio. È possibile ipotizzare la circolazione di una classe<br />
di pittori che nel primo trentennio del secolo XIII operava<br />
in tutta l’Italia meridionale, con una buona conoscenza del<br />
greco, così come attestano le iscrizioni presenti sulle opere.<br />
Se iniziamo dalle raffigurazioni presenti nella chiesa di San<br />
Adriano, così come studiato da Lavermicocca, potremo notare<br />
che le figure dei vescovi presenti nel terzo intradosso a<br />
sinistra all’interno dell’edificio, mostrano un abbigliamento<br />
simile alle rappresentazione dei santi vescovi della Cappella<br />
Palatina.<br />
Analogamente nel Duomo di Monreale sono riconoscibili le<br />
figure di santi nell’abside sotto la figura del Pantocrator,<br />
negli intradossi e nei piedritti degli archi e nella strombatura<br />
delle finestre dove sono raffigurati pontefici, vescovi,<br />
dottori della chiesa e martiri.<br />
Molto probabilmente, gli affreschi calabresi hanno origine<br />
da questi contesti siciliani perché mostrano uno stile pittorico<br />
caratterizzato da un pronunciato linearismo e da una<br />
metodica nel trattamento del colore che sembra rimandare<br />
alla più antica fase tardo-comnena, attestata nei mosaici<br />
siciliani.<br />
Ciò che avvicina gli affreschi di San Adriano ai cicli citati<br />
è il predominio della linea nel disegno dei corpi, la resa<br />
dei panneggi con pieghe verticali e sobrie e il rilievo dato<br />
ad alcune parti della figura come ad esempio il ginocchio,<br />
tramite piccole masse di luce.<br />
L’affinità stilistica è attestata dal confronto tra la figura di<br />
San Basilio di San Demetrio e alcuni santi della Cappella Palatina<br />
di Palermo e del Duomo di Cefalù. Si può notare, in-<br />
Fig. 7; Fig.8<br />
20 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 21<br />
fatti, una comune impostazione delle figure ieratiche, olosome,<br />
stanti in posizione frontale. Esse presentano la stessa<br />
tipologia di abbigliamento composto da sticharion, phailonion,<br />
omophorion a grandi croci nere, epitrachelion ad una<br />
sola banda piuttosto larga ed enchirion. Tutte sorreggono il<br />
vangelo con la mano sinistra velata, hanno barba a punta e<br />
rughe sulla fronte. Nel San Basilio si nota però un’evoluzione<br />
stilistica dovuta all’uso di un chiaroscuro morbido e da<br />
un trattamento più naturalistico del panneggio.<br />
Lo stesso discorso tecnico esecutivo vale per la somiglianza<br />
tra il San Nicola di San Demetrio e quelli presenti nel Duomo<br />
di Cefalù e di Monreale. La differenza sta nella postura,<br />
negli edifici di Cefalù e Monreale è raffigurato con la mano<br />
sinistra benedicente, mentre nella chiesa calabrese posa la<br />
mano sul Vangelo.<br />
Nella terza arcata all’interno della chiesa di San Adriano,<br />
sono presenti due gerarchi della chiesa che recano nella<br />
mano sinistra il libro sacro e hanno la mano destra benedicente<br />
con postura identica a quelle precedentemente citate.<br />
L’abbigliamento in entrambi è tipico dell’iconografia<br />
tradizionale tranne che per la presenza di enchirion, attributo<br />
apparso per la prima volta nel XI secolo.<br />
La prima figura è un vescovo raffigurato con la barba folta<br />
appuntita e benedicente alla maniera latina, mentre dalla<br />
lunga veste si intravede la punta del piede destro. Questa<br />
figura potrebbe raffigurare San Basilio.<br />
La seconda figura, invece, presenta una barba arrotondata<br />
bianca, fronte alta e canuto. È rappresentato con il gesto<br />
della benedizione alla greca ed è stato identificato con San<br />
Nicola.<br />
L’ultima arcata verso il presbiterio accoglie una figura intera<br />
di vescovo. Il santo è rappresentato con cappelli e barba<br />
bianca, quest’ultima lunga e appuntita. Regge il vangelo<br />
con la mano sinistra e benedice con la destra, anche<br />
egli ripropone un abbigliamento analogo ai precedenti. Da<br />
un punto di vista iconografico potrebbe rappresentare San<br />
Atanasio. Analoghe raffigurazioni sono presenti, come già<br />
detto, in ulteriori edifici ecclesiastici sparsi per la Calabria.<br />
Nell’abside della chiesa di Scalea, ad esempio, è presente<br />
San Nicola in cattedra fra quattro santi; come ampiamente<br />
studiato da Biagio Cappelli il confronto con gli affreschi di<br />
San Demetrio permette di evidenziare alcuni fattori comuni,<br />
come la raffigurazione di entrambe le figure con capelli<br />
e barba corti e abbigliati da una veste episcopale con un<br />
panneggio lineare. L’unica differenza sostanziale sta nel<br />
fatto che il San Nicola presente a San Demetrio è in posizione<br />
frontale ed eretta mentre l’altro è seduto in cattedra.<br />
(Fig. 11; Fig. 12)<br />
Nella stessa chiesa di Scalea è presente un altro San Nicola<br />
sulla parete palinsesto meridionale, maggiormente similare<br />
a quello di San Adriano. Di fatti entrambi sono incorniciati<br />
da un aureola gialla e presentano capelli e barba corta. Nello<br />
stesso edificio, nella parete settentrionale della chiesa,<br />
è presente un altro santo, ma acefalo che indossa un pallio<br />
rosso con sopra delle croci nere; la resa del panneggio scende<br />
a pieghe verticali e sobrie. Probabilmente proprio per la<br />
resa del panneggio e per la gamma cromatica basata su un<br />
rosa pastello molto luminoso si tratterebbe di San Atanasio.<br />
Ulteriori confronti si possono fare tra il San Giovanni Crisostomo<br />
nella chiesa della Panaghia a Rossano e due figure<br />
di santi nella Cattolica di Stilo. Il santo di Rossano ha un<br />
volto allungato circondato da una grande aureola, cappelli<br />
corti, barba corta che scende a punta e rughe sulla fronte.<br />
Dalla morfologia stilistica è assimilabile al San Nicola di San<br />
Demetrio. Tutti i santi presenti nella Cattolica di Stilo mostrano<br />
somiglianze con pitture bizantine sia della Grecia e<br />
isole, che del versante jonico dell’Italia meridionale.<br />
Fig. 9<br />
Benché siano poco leggibili è possibile fare riferimento a<br />
quanto osservato in passato da Polo Orsi nella figura che occupa<br />
il mezzo pilastro a sinistra dell’abside centrale, riconducibile<br />
anch’essa a San Nicola, raffigurato con paramenti<br />
vescovili blu e neri con mano destra benedicente secondo<br />
il rito greco, mentre con la sinistra regge un evangelario. I<br />
santi presenti a Stilo indossano lo stesso abbigliamento dei<br />
Santi Atanasio, Basilio, Biagio e Nicola presenti nella chiesa<br />
di San Adriano.<br />
(Fig. 13)<br />
Infine sono da citare le pitture presenti a San Andrea Apostolo<br />
dello Jonio nella chiesa del Campo. Queste sono state<br />
segnalate per la prima volta da Giorgio Leone nel 1990. Purtroppo<br />
il ciclo è giunto a noi in modo frammentario, ciò nonostante<br />
possiamo apprezzare alcune figure che si possono<br />
confrontare in modo significativo con quelle presenti a San<br />
Adriano. Per esempio, la figura di Stefano diacono e di un<br />
santo diacono con i volti dei personaggi presenti nella scena<br />
de La Presentazione della Vergine al tempio di Sant’Adriano.<br />
Le espressioni dei visi mostrano lo stesso taglio degli occhi<br />
ed è facile notare come le sopracciglia e il naso abbiano<br />
la stessa composizione stilistica.<br />
La datazione del ciclo pittorico di S. Andrea Apostolo, facilitata<br />
dallo scavo archeologico eseguito in situ, sembrerebbe<br />
ricadere nella prima metà del XIII secolo; una datazione che<br />
può essere proposta anche per gli affreschi di S. Adriano.<br />
Fig. 10
CONCLUSIONI<br />
L’elaborato ha messo in evidenza i legami<br />
esistenti tra gli affreschi della chiesa di San<br />
Adriano a San Demetrio Corone in provincia<br />
di Cosenza e analoghe opere presenti sia su<br />
territorio calabrese, come la chiesa dello<br />
Spedale di Scalea, la chiesa della Panaghia<br />
di Rossano, la Cattolica di Stilo e la chiesa<br />
del Campo di San Andrea Apostolo dello Jonio,<br />
che su territorio siculo, in particolare<br />
con la Cappella Palatina di Palermo, il Duomo<br />
di Cefalù e quello di Monreale.<br />
In funzione delle ipotesi presentate, il lavoro<br />
si è sviluppato procedendo con una ricca<br />
indagine storico-anamnestica oltre che un<br />
attento studio morfo-esecutivo degli affreschi<br />
oggetto d’esame, mettendo in evidenza<br />
come le opere murarie del complesso di<br />
San Demetrio oggetto di analisi, nonostante<br />
i restauri non sempre efficaci effettuati,<br />
presentino notevoli similitudini con le raffigurazioni<br />
degli stessi personaggi presenti in<br />
tutto il meridione, avvallando l’ipotesi secondo<br />
cui fossero presenti delle maestranze<br />
che operassero in questi territori portando<br />
nelle proprio bagaglio di tecniche esecutive<br />
lo stesso stile iconografico.<br />
Tra i risultati ottenuti dalle indagini, in<br />
base a quanto presentato durante le analisi<br />
riguardanti i raffronti tra le raffigurazioni<br />
esaminate la datazione degli affreschi presenti<br />
nella chiesa di San Demetrio Corone<br />
risalirebbero alla prima metà del XIII secolo,<br />
spostandone così la datazione comunemente<br />
adottata.<br />
L’articolo vuole comunque essere un approccio<br />
prettamente preliminare alle opere,<br />
che getti le fondamenta su cui intavolare<br />
un maggiore e più approfondito studio<br />
degli affreschi, ampliando il campo di indagine<br />
su cui improntare ulteriori raffronti<br />
iconografici, per conferire massima affidabilità<br />
alle ipotesi presentate.<br />
Fig. 13<br />
Fig. 11; Fig. 12<br />
22 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 23<br />
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Abstract<br />
The work focuses on one of the major monuments related to the monasticism<br />
of southern Italy, the church of San Adriano in San Demetrio Corone in the<br />
province of Cosenza, an ethno-anthropological arbëreshë jewel.<br />
The study is based on the cycle of frescoes that occupy the sub-arches and the<br />
walls of the minor naves inside the church, dated between the twelfth and<br />
thirteenth centuries, which in addition to representing an important narrative<br />
complex, it refers to similar works in the major ecclesiastical buildings of the<br />
south, including Calabria.<br />
In Calabria, in fact, we find terms of comparisons in the church of the Spedale<br />
of Scalea, in the church of Panaghia of Rossano, in the Cattolica of Stilo and in<br />
the church of the Campo of San Andrea Apostolo dello Jonio.<br />
The elaborate wants to demonstrate how these representations show, although<br />
they present a different date, a technical similarity with an analogous frescoes<br />
of the Norman period present in Sicily, in particular similarities with<br />
those present in the Palatine Chapel of Palermo and the Duomes of Cefalù<br />
and Monreale.<br />
In support of this thesis, we propose the image analysis of some portions of the<br />
pictorial works supported by a careful historical-artistic study, with the aim<br />
to create a union between non-invasive and theoretical-executive diagnostic<br />
investigations.<br />
The section that we want to investigate concerns the actual status of the asset<br />
and will highlight a summary of the paintings in order to provide a general<br />
overall status, that it aims to be the starting point for a more in-depth future<br />
analysis of the whole complex considered.<br />
Parole chiave<br />
Ciclo di affreschi; conservazione-restauro; edifici storico-monumentali<br />
Autore<br />
Felicia Villella<br />
licia.villella@tiscali.it<br />
Antonio Marchianò<br />
antoniomarchiano@hotmail.it
GUEST PAPER<br />
Archaeo-mineralogical Characterization of ancient<br />
copper and Turquoise mining in south Sinai, Egypt<br />
by Mohamed M. Megahed<br />
Fig.1 - Shows a map of<br />
Sinai Peninsula<br />
The study aims to investigate the source zones for<br />
copper in south Sinai, Egypt during the pharaonic ages, to<br />
determine the extent of a manufacturing centre and its<br />
position and to know the systems of metallurgical works,<br />
fire places and furnaces. The study had two main aspects:<br />
1)it has been done a serious survey to investigate the<br />
mines of the south Sinai, during which several different<br />
mining features were randomly chosen for excavations<br />
such as open cisterns, plates and galleries, collected every<br />
small things and fine details of the mining technology<br />
used at these sites; 2) careful investigations by a serial of<br />
different analytical techniques for Ore and slag samples<br />
from the selected mines have been applied; the obtained<br />
information can be married up and exploited to determine<br />
exactly the main activity for each site.<br />
Sinai Peninsula or simply Sinai (/ˈsaɪnaɪ/; Arabic: ءانيس<br />
Sīnāʼ; Egyptian Arabic: انيس Sīna, is a peninsula in<br />
Egypt, the only part of the country located in Asia.<br />
It is situated between the Mediterranean Sea to the north<br />
and the Red Sea to the south; it is triangular in shape, with<br />
northern shore lying on the southern Mediterranean Sea<br />
and southwest and southeast shores on Gulf of Suez and<br />
Gulf of Aqaba of the Red Sea. It is a land bridge between<br />
Asia and Africa. Sinai has a land area of about 60,000 km2<br />
(23,000 sq mi) and a population of approximately 1,400,000<br />
people. Administratively, Sinai Peninsula is divided into two<br />
governorates: the South Sinai Governorate and the North Sinai<br />
Governorate (Fig. 1). Three other governorates span the<br />
Suez Canal, crossing into African Egypt: Suez Governorate<br />
on the southern end of the Suez Canal, Ismailia Governorate<br />
in the center, and Port Said Governorate in the north [www.<br />
sinaiwikipedia].<br />
Transition from the Neolithic to Chalcolithic periods occurred<br />
in more than one geographic area, as archaeo-metal lurgical<br />
evidence suggests that copper smelting was discovered<br />
independently in many different parts of the world. In ancient<br />
ages two regions with occurrences of copper deposits<br />
are known in Egypt: central southern part of Sinai Peninsula<br />
and the eastern desert. Sinai was the site of extensive copper<br />
exploitation in pharaonic times. The copper occurrences<br />
are classified as strati form deposits, copper occur in<br />
the form of secondary minerals, predominantly malachite<br />
(rarely azurite and chrysocolla) impregnating Paleozoic clastic<br />
sediments. In some localities, copper minerals are mixed<br />
with manganese oxides, copper contents in the ore vary<br />
from 3 to 18% [Gerald F., Vladimir H., and Antonin P., 1995].<br />
The mining of copper had been carried out for long time<br />
on the surface, there are also known previously horizontal<br />
cavities, galleries which follow the ore mineralization some<br />
40-50 meters into the rock.<br />
The copper ore mined at several localities in Sinai which<br />
include Wadi Al-Maghara, Wadi Kharag, Wadi Al-Nasib, Serabit<br />
Al Khadem, Regeita, Samara, Abu El Nimran and others.<br />
The indications about copper mining in Serabit El-Khadim<br />
are less clear, as the ancient working indications in that<br />
area have not taken the enough intention of research and<br />
study, although the copper ore is found in the divinity of the<br />
temple of Serabit El-Khadim [Gardiner A., Peet T., & Cerny<br />
J., 1955].<br />
Turquoise also was mined in ancient times at the same areas;<br />
a lot of archaeological researches were carried out to<br />
prove and investigated the sites of turquoise mining in south<br />
Sinai. This was confirmed by a peculiar appearance, which<br />
strangely enough has not been observed by any earlier travellers.<br />
A lot of papers have been written by travellers, scholars and<br />
researchers about ancient mines of copper and turquoise<br />
in south Sinai area, Egypt [Petrie W. M. F., 1906, Gardiner<br />
A., Peet T., & Cerny J., 1955, El Shazly S. M., 1959, Charles<br />
B., and Dominique V., 1997, Rothenberg B., 1987, Paul T.<br />
N., & Ian S., 2000, Beit-Arieh, I., 1987], but all of these<br />
papers had a shortage, there was integrated between the<br />
mines of copper and the mines of turquoise in these papers,<br />
24 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 25<br />
especially in Wadi Al- Maghara, Wadi Al-Nasib, Wadi Kharag<br />
and Serabit Al-Khadim, they couldn’t determine exactly the<br />
activity of each site.<br />
This study aims to clear this point and determine exactly<br />
the mines of copper and turquoise, the study also aims to<br />
know the nature and correlation of many of mining features,<br />
the relation of the mining shifts to the underground<br />
gallery systems and the function of plates, to have a better<br />
understanding of the formation of the mining region’s post<br />
and present topography, especially of the relation between<br />
the different mining features and the landscape features<br />
which often appeared to be extremely odd, to investigate<br />
the source zones for copper in south Sinai, Egypt during the<br />
pharaonic ages, to investigate the positions and ground plan<br />
situations of single manufacturing objects (earth houses, a<br />
house with stone socle, stone house, metallurgical works,<br />
fire places, furnaces, etc., to determine the extent of a manufacturing<br />
Centre and its position and to know the systems<br />
of metallurgical works, fire places, furnaces, etc.<br />
To achieve that the study had two main aspects: first, a<br />
serious survey to investigate of the mines of south Sinai was<br />
a cured; several different mining features were randomly<br />
chosen for excavation such as open cisterns, plates and galleries,<br />
collected every small things and fine details of the<br />
mining technology used at these sites.<br />
Secondly: Careful investigations by a serial of different<br />
analytical techniques for Ore and slag samples from the selected<br />
mines have been applied; the obtained information<br />
can be married up and exploited to determine exactly the<br />
main activity for each site.<br />
HISTORICAL AND MINERALOGICAL STUDY<br />
Sinai was called Mafkat or “country of turquoise” by the ancient<br />
Egyptians From the time of the First Dynasty or before,<br />
the Egyptians mined turquoise in Sinai at two locations,<br />
now called by their Egyptian Arabic names Wadi Magharah<br />
and Serabit El-Khadim. The mines were worked intermittently<br />
and on a seasonal basis for thousands of years. Modern<br />
attempts to exploit the deposits have been unprofitable.<br />
These may be the first historically attested mines.<br />
Archaeologists have found that the very earliest known<br />
settlers in the Sinai-they arrived about 8,000 years agowere<br />
miners. Drawn by the region’s abundant copper and<br />
turquoise deposits, these groups slowly worked their way<br />
southward, hopping from one deposit to the next. By 3500<br />
BC, the great turquoise veins of Serabit El-Khadem had been<br />
discovered. At the same time, the kingdoms of Egypt became<br />
united under its first pharaohs, and these great rulers<br />
soon turned their eye eastward. By about 3000 BC the Egyptians<br />
had become masters of the Sinai mines, and at Serabit<br />
El-Khadem they set up a large and systematic operation. For<br />
the next two thousand years, great quantities of turquoise<br />
were carved from Serabit El-Khadem, carried down the Wadi<br />
Matalla to the garrisoned port at El-Markha (just south of<br />
Abu Zenima), and set aboard boats bound for Egypt. For<br />
the Egyptians, the brilliant blue-green stone served myriad<br />
purposes: scarabs were carved from it, and the bright<br />
mineral enamels of powdered turquoise were used to color<br />
everything from fine statuettes to bricks.<br />
Richard Lepsius, in the 33 rd of his famous letters written during<br />
his antiquities hunting mission in 1845 on behalf of his<br />
Majesty Fredrick William 1V of Prussia, made the following,<br />
often quoted statement concerning the Egyptian mining<br />
temple at Serabit El-Khadim in south Sinai. The divinity, who<br />
was mostly revered here in the middle and new kingdom was<br />
Hathor, with the designation, also found in Wadi Maghara<br />
(Mistress of Mafkat) i.e.( the copper country), for Mafkat<br />
signified (copper) in the Hieroglyphical, as well as in Coptic<br />
language.<br />
The meaning of Mafkat (= copper) as viable evidence for<br />
pharaonic copper mining was entirely within (the spirit of<br />
the time) of early nineteenth century, although even then<br />
slag samples from slag-hills at Serabit could have been<br />
analyzed.<br />
In 1984 the historian J. Muhly used the meaning of Mafkat<br />
( now revised as turquoise) as the principal evidence for<br />
his astonishing conclusion that, in contrast to the evidence<br />
Fig. 2 - Shows the ancient smelters houses in wadi<br />
Maghara.<br />
Fig. 3 - Shows a stair on the eastern mountain, leads<br />
to ancient smelters houses in wadi Maghara.<br />
Fig. 4 - Shows a casting mold in wadi Maghara.
Fig. 5 - Shows a general view of Wadi Nasib.<br />
Fig. 6 - Shows copper deposits in the rocks in Wadi Nasib.<br />
from the wadi Arabah no ancient copper mines have yet<br />
been identified in the south Sinai. Nor have any copper<br />
smelting sites been found in the area [ Muhly J., 1984].<br />
Flinders Petrie,s pioneering work in Sinai was mainly concerned<br />
with excavations at the mining temple of Serabit El-<br />
Khadim and the turquoise mining camps of Maghara, but on<br />
the pages of his Sinai report, especially in the chapters contributed<br />
by C.T. Currelly, there are numerous references to<br />
substantial remains of ancient copper mining and smelting<br />
in various parts of the south Sinai [Petrie W. M. F., 1906].<br />
El Shazly of the Geological survey of Egypt, published in<br />
1959 a report on the copper deposits of Sinai, several ancient<br />
copper mines have been reported in Sinai, which included<br />
Gebel Um Rinna, Serabit El-Khadim and Maghara [El<br />
Shazly S. M., 1959].<br />
The copper ore mined in Sinai in the ancient time was largely<br />
malachite associated with a little azurite and chrysocolla.<br />
El Shazly also reported copper mineralization at<br />
several localities in Sinai which include Serabit, Regeita,<br />
Samara, Abu El Nimran and others.<br />
Wadi Maghara considers the first and important area in<br />
south Sinai, which the ancient mineralogy missions sent to<br />
it. Beside Turquoise, there are no doubt copper was also<br />
obtained here. This was confirmed by a peculiar appearance,<br />
which strangely enough has not been observed by any<br />
earlier travellers.<br />
There are debris of ancient smelters houses, which date<br />
back to the old kingdom (2780- 2230 BC), and the middle<br />
kingdom (2134-1778 BC), also a huge quantities from copper<br />
slag, destroyed pots and casting molds which returned<br />
back to old and middle kingdom were found in the region<br />
(Figs.2- 4).<br />
In the region of Bir Nasib, in the vicinity of the well of Nasib<br />
are large slags heaps and ruins of several smelting furnaces.<br />
Rothenberg noticed small adits during his visiting’s to Wadi<br />
El-Nasib area, these small adits visible in the sandstone cliffs<br />
surrounding the smelting area show green lumps consisting<br />
of malachite, paratacamite and quartz.<br />
The whole district extending as far as Um Bogma and Gebel<br />
Um Rinna is rich in copper mineralization.<br />
The mines of the ore are situated about one and a half hours<br />
to the north-west in Gebel Um Rinna, here in several horizontal<br />
sandstone layers, have been squeezed wedge-shaped<br />
masses of earthy copper oxide of unusual dimensions. The<br />
old inhabitants drove shafts and labyrinth-like cavities in<br />
many directions, leaving pillars of rock untouched to prevent<br />
the whole from caving in judging by the dimensions<br />
of these workings the quantity of ore extracted must have<br />
been very large even now immense masses of cupriferous<br />
rock are still to be seen [Rothenberg B., 1987].<br />
Another mine, where caverns of about 80 feet had been<br />
emptied, seemed to have been destroyed because of depletion;<br />
the ore contained 18% of pure copper of high quality.<br />
These ores could be reduced without any additional flux;<br />
Rothenberg obtained 18% pure copper and an equal quantity<br />
of iron slag (Figs.5, 6).<br />
On the hill above the other mine, we can see a small, 8 feet<br />
long obelisk of sandstone, on its side, facing the ground, it<br />
showed beautifully worked hieroglyphs.<br />
According to the Egyptian tradition, these mine working<br />
were commemorated by royal hieroglyphic inscriptions and<br />
proto-sinaitic inscriptions of the middle kingdom. Some Nabataean<br />
inscriptions near the workings indicate that mining<br />
occurred here also in later periods. On the opposite side of<br />
the valley, about 200m., south of the slag heap, and right<br />
next to the ancient copper mines, a large hieroglyphic inscription<br />
of the Ramesside period, and a smaller inscription<br />
probably of the Middle Kingdom were discovered by Rothenberg.<br />
The Ramesses 11 inscription is of particular interest<br />
because it shows, on either side of the royal cartouche,<br />
two figures who are named as the (Royal Butler Neferronpe<br />
and the Captain of the Host, paenlevi) high ranking members<br />
of the Egyptian hierarchy, and clearly the joint leaders<br />
of an expedition to the Pharaonic mines and smelters of Bir<br />
Nasib [Rothenberg B., 1987].<br />
To the northern west of Wadi Nasib located one of the oldest<br />
and important copper mine in south Sinai, it is Wadi<br />
Kharag mine. This mine is a very rough and irregular excavated<br />
adit, about 100 m., long, 10 m., wide and 2 m., high.<br />
It still shows in the region some fragments from smelting<br />
pots, slags, copper mineralization besides manganese and<br />
iron ores. The latter had apparently been left untouched<br />
by the ancient miners as they were only interested in the<br />
copper ore.<br />
Here too, an Egyptian engraving was found (Fig. 7). It is a<br />
crude drawing of a shrine in which the Egyptian god Ptah<br />
(who is frequently associated with workmen, sits on a chair,<br />
holding what appears to be a sceptre.<br />
Further up on the hill, right above the copper mine, a stela<br />
of Sesostris 1(1971-1928 BC) of the 12th Dynasty, was discovered<br />
by Rothenberg expedition [Rothenberg B., 1987].<br />
About 150 m., further on, there was a typical Egyptian miners<br />
camp, similar to the camps of Maghara. It consisted of<br />
a long row of semi-detached rooms, constructed in a semicircle<br />
against a cliff. Engraved on this rock was a monumental<br />
hieroglyphic inscription of the 5th Dynasty (Fig. 8),<br />
which reads: the king of upper and Lower Egypt, Sahure,<br />
who lives forever- Thoth, Lord of Terror, who smites the<br />
Land of the Setjet {Asia}.<br />
26 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 27<br />
Evidently site of Wadi Kharag was a centre of old and middle<br />
kingdom copper mining and is, in fact, the earliest Pharaonic<br />
copper mining camp so for discovered in Sinai.<br />
Although the copper ore is found in the divinity of the temple<br />
of Serabit El-Khadim, the indications about copper mining<br />
in this area are less clear [Gardiner A., Peet T., & Cerny<br />
J., 1955].<br />
In 1987 Beit Arich [Beit-Arieh, I., 1987], discovered same<br />
opened casting molds, made of nubian sandstone and a base<br />
of below in the region of Serabit El-Khadim.<br />
To the East and west of the temple at Serabit El-Khadim are<br />
to be seen the Mines which were carved in sandstone, there<br />
are in the neighbor-hood and we can fallow the old paths<br />
which lead to them [Charles B., and Dominique V., 1997],<br />
(Figs.9, 10).<br />
Amang the cultural achievements related to Sinai is the earliest<br />
alphabetic script invented the so-called proto-Synatic<br />
or proto-Synatic inscriptions. These were found carved on<br />
the rocks at Maghara, Serabit El Khadem and Wadi Nasib.<br />
Scholars date them to the New Kingdom or perhaps even as<br />
early as the Middle Kingdom. The script was used by the miners<br />
during their work and habitation there. Some scholars<br />
state that this script was derived from hieroglyphics, and<br />
that it was the basis from which the Phoenicians invented<br />
their alphabet, which, in turn, is the mother of the modern<br />
western alphabet. Hopefully, archeologists will eventually<br />
shed some light on the steps that originally led to the formation<br />
of the script, its place in time, and other details<br />
[Saad El-Din M., Makhtar G., 1998].<br />
METALLURGICAL STUDY<br />
Egyptians probably drew their first supplies of copper as<br />
native metal and step by step from the abundant malachite<br />
stones found in south Sinai region and in the hills near Red<br />
Sea in the eastern desert.<br />
Malachite was probably the first metallic ore smelted on an<br />
important scale. To smelt copper from malachite requires a<br />
temperature of at least 1083Oc and a reducing atmosphere.<br />
At one time archaeologists suggested that Neolithic man<br />
could have accidentally satisfied these metallurgical conditions<br />
when he used malachite stones to surround his camp<br />
fires [Konrad J. A., 1999].<br />
The earliest known method of copper smelting in pottery<br />
kilns was pieced together based on bowl-shaped depressions<br />
in the earth of south Sinai area. Clay sides of these<br />
depressions were discolored by heat mixed with sand that<br />
filled and surrounded these depressions were bits of greenish<br />
copper slag, which contained small prills or blobs of<br />
metallic copper. Nearby sandstone blocks could be fitted<br />
together to form a furnace with a total depth of 80cm and<br />
width of 45cm. charcoal fuel made from desert a acacia<br />
trees and carbon dated at 3500 BC., was also found at the<br />
site. An iron oxide flux was probably gathered from nearby<br />
cliffs. Tests on this slag showed that furnace temperatures<br />
reached 1180-1350 Oc., these temperatures would have required<br />
some form of forced draft, possibly pumped into the<br />
furnace with draft, possibly pupped into the furnace with a<br />
goatskin bag and a clay tubes (Fig.11).<br />
Along Wadi Kharag area we can see copper smelting slag,<br />
fragments of copper casting crucibles and furnace fragments<br />
accompanied by Egyptian sherds, it is a clear evidence<br />
of copper smelting in situ.<br />
In the early 19th century, Ruppell noted a large slag heap at<br />
Bir Nasib, immediately next to the ancient well which is still<br />
up till now in the region (Fig.12).<br />
Petrie 1906, surveyed this slag heap and his calculations<br />
of about 100,000 tons of slag, was recently confirmed by<br />
Fig. 7 - Shows ancient inscription represents the God Path<br />
sitting on a chair, Wadi Kharag area.<br />
Fig. 8 - Shows a hierographic inscription from the 5th Dynasty,<br />
old kingdom, Wadi Kharag area.<br />
Fig. 9 - Shows the temple of Hathor, Serabit El-Khadim.<br />
Fig. 10 - Shows a hieroglyphic tablet of the reigning Pharaoh<br />
above a mine in the region of Serabit El-Khadim.
Fig. 11 - Shows<br />
the development<br />
of ancient<br />
smelting<br />
furnaces [Nofal<br />
A. A., Waly M.<br />
A., 1995].<br />
date for the site’s top layers and it seems reasonable to assume<br />
that the lower layers belong to earlier periods of the<br />
pharaonic copper industries at Bir Nasib. These are probably<br />
related to the hieroglyphic and proto-Sinaitic rock engravings<br />
of the middle kingdom found on the hills surrounding the<br />
valley of Bir Nasib [Rothenberg B., 1987].<br />
MATERIALS AND METHODS<br />
A serial of different analytical techniques for ore and slag<br />
samples from the selected mines have been applied; the<br />
obtained information can be married up and exploited to<br />
determine exactly the main activity for each site.<br />
Stereo microscopy (Nikon SMZ 800N) was used to obtain<br />
a rapid and representation characterization of the microstructure.<br />
The application of this technique is followed by<br />
XRF analysis to know the elemental distributions. For these<br />
investigation a Sky ray instrument (EDX-Pocket-111, Devices<br />
S/N: 760073) was used. Also X-Ray diffraction analysis was<br />
carried out for same samples were taken from the selected<br />
sites, by using a Philips X-Ray, Diffract meter type: pw1840<br />
with Cu k& Radiation, to identify the compounds of these<br />
samples.<br />
RESULTS<br />
Precious results were obtained from this study, which can be<br />
summarized in the following sub paragraphs.<br />
Fig. 12 - Shows a huge hill of slag in Wadi Nasib.<br />
Bachmann, who calculated the quantity of metallic copper<br />
produced at Bir Nasib as about 5000 tons- a huge quantity of<br />
copper for ancient times [Petrie W. M. F., 1906].<br />
Bachmann also established that the Egyptian smelting slag<br />
at Bir Nasib is manganese rich of fayalite type, as which be<br />
expected considering the close relation between manganese<br />
deposits and copper mineralization typical of this area.<br />
Rothenberg trial trenches in Bir Nasib area provided definitive<br />
stratigraphic and ceramic evidence for a new kingdom<br />
Stero Microscope<br />
Stereo microscopy (Nikon SMZ 800N) was used to obtain<br />
a rapid and representation characterization of the microstructure.<br />
The samples were crass sectioned, embedded in<br />
epoxy resins in and polished with Sic paper of mesh 600-<br />
4000 (grain size 30-5 um).<br />
The surface morphology and mineralogical investigations<br />
for the selected samples have been observed by using this<br />
microscope, the obtained investigation results are shown in<br />
(Figs.13- 22).<br />
X-Ray Fluorescence Analysis<br />
Eight samples from the selected sites were analyzed by this<br />
technique to determine its composition, by using: a Sky ray<br />
instrument (EDX-Pocket-111, Devices S/N: 760073). XRF<br />
analysis results are shown in (Table 1).<br />
Elements<br />
%<br />
Samples<br />
Maghara<br />
Ore<br />
Maghara<br />
Slag<br />
Cu Fe Cl P Mn Zn Mg Sr Zr Si K S Ti Ni Al Ca<br />
5.07 10.90 0.00 0.08 0.11 0.00 13.85 0.00 0.00 15.52 0.00 6.74 0.10 1.32 3.31 1.31<br />
0.03 0.06 0.00 0.00 0.01 0.00 1.07 0.00 0.00 0.15 0.00 0.05 0.00 0.02 0.19 0.01<br />
0.02 0.06 0.00 0.00 56.20 0.73 0.00 0.25 0.01 1.00 0.40 0.00 0.08 0.00 0.00 0.58<br />
0.01 0.03 0.00 0.01 0.15 0.01 0.00 0.00 0.00 0.05 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00<br />
Kharag Ore 24.74 7.87 2.64 0.00 0.13 0.01 0.00 0.00 0.00 19.47 0.08 0.00 0.09 2.78 2.10 0.26<br />
0.08 0.05 0.03 0.00 0.06 0.00 0.00 0.00 0.00 0.21 0.00 0.00 0.00 0.03 0.25 0.00<br />
Kharag 0.28 5.97 0.00 0.00 26.68 0.05 0.00 0.07 0.02 3.78 0.14 13.13 6.91 0.00 1.08 0.54<br />
slag<br />
0.01 0.10 0.00 0.00 0.10 0.00 0.00 0.01 0.00 0.11 0.01 0.09 0.02 0.00 0.25 0.01<br />
Nasib Ore 8.48 12.62 0.00 0.00 0.18 0.01 12.37 0.00 0.00 17.85 0.02 0.68 0.07 1.75 2.12 0.25<br />
0.04 0.06 0.00 0.00 0.01 0.00 1.06 0.00 0.00 0.15 0.00 0.02 0.00 0.02 0.16 0.00<br />
Nasib slag 0.41 6.22 2.55 0.00 46.85 0.34 0.00 0.23 0.01 2.98 0.27 0.00 0.43 0.00 0.00 0.68<br />
0.03 0.12 0.03 0.00 0.29 0.02 0.00 0.00 0.00 0.15 0.01 0.00 0.01 0.00 0.00 0.01<br />
Serabit<br />
Ore<br />
Serabit<br />
Slag<br />
0.72 9.93 0.00 0.22 9.12 0.03 0.00 0.10 0.04 20.85 1.15 0.00 0.39 0.00 5.80 5.88<br />
0.01 0.06 0.00 0.01 0.07 0.00 0.00 0.00 0.00 0.14 0.01 0.00 0.00 0.00 0.17 0.01<br />
0.00 9.13 1.84 0.24 0.17 0.01 0.00 0.06 0.05 25.16 1.15 0.00 1.49 0.00 8.82 3.71<br />
0.00 0.05 0.01 0.01 0.01 0.00 0.00 0.00 0.00 0.14 0.01 0.00 0.00 0.00 0.17 0.01<br />
Tab. 1 - Shows XRF analysis results for ore and slag samples from south Sinai region.<br />
28 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 29<br />
Figs.13, 14 - Show the green-blue spots in a predominant brown surface of ore sample from Wadi Al-Maghara.<br />
Figs.15, 16 - Show the green-blue spots in a predominant brown surface of an ore sample from Wadi Kharag.<br />
Figs.17, 18 - Show the green-blue spots in a predominant brown surface of ore sample from Wadi Al-Nasib.<br />
Figs. 19, 20 - Show the green-blue spots in a predominant brown surface of ore samples from Serabit El-Khadem.
DISCUSSIONS<br />
Detailed investigations and analysis that were done in this<br />
paper led to various considerations which can be summarized<br />
in the next points.<br />
Figs. 21, 22 - Show the different colours and composition of<br />
a slag sample from Wadi Al-Nasib.<br />
X-Ray Diffraction Analysis (XRD)<br />
X-Ray diffraction analysis was carried out for five samples<br />
(four ore samples and one slag sample) were taken from the<br />
selected sites, by using a Philips X-Ray, Diffract meter type:<br />
pw1840 with Cu k& Radiation. The obtained diffraction scan<br />
given in (Figs.23-27), and the identified compounds represented<br />
in (Table 2).<br />
Stereo Microscope<br />
The surface morphology of the samples has been first<br />
observed by using this microscope showed that there are<br />
green-blue spots in a predominant brown surface. These<br />
green-blue deposits represent the ore of copper in the rock<br />
samples which were taken from the selected areas in south<br />
Sinai, also we can notice that the density of these deposits<br />
colours were differ from sample to another as shown in<br />
(Figs. 13-20).<br />
Also stereo microscope examinations of the cross section of<br />
the ore samples revealed a heterogenous structure of the<br />
composition, the difference in composition clearly visible<br />
in the images.<br />
We can see the green/blue colors of copper ores, especially<br />
Malachite and Azurite, behind this layer, there is a layer of<br />
Cuprous Oxide which appears in red/brown and orange purities<br />
behind them, these compounds are contacted with the<br />
Silica, Iron Oxides and others. The analysis results by XRF<br />
and XRD (tables 1, 2) confirmed this detected.<br />
Investigation for the slag sample, which was taken from<br />
Wadi El-Nasib area, allowed us to see different colours for<br />
the surface of the sample consists of yellow/ brown and<br />
back, this indicates a bout the difference in composition, as<br />
shown in Figures (21-22).<br />
XRF Analysis<br />
XRF analysis results in (table 1), show the changes in composition<br />
of the elements in the rock of the four sites (ore samples).<br />
It can be clearly seen for the two samples from Wadi<br />
El-Nasib and Wadi kharag that the copper content increases<br />
in the rock (8.48 for Wadi El-Nasib and 24.74 for Wadi kharag),<br />
but it decreases in the rock of Wadi El-Maghara and<br />
Samples Compounds<br />
Major Minor Traces<br />
Maghara Ore Lime (CaO) Piustite (FeO)<br />
Kaolinite(Al 2<br />
Si 2<br />
O 5<br />
(OH) 4<br />
Tin Oxide (SnO 2<br />
)<br />
Quartz (SiO 2<br />
)<br />
Kharag Ore Atacamite(Cu 2<br />
(OH) 3<br />
Cl) Iron (Fe)<br />
Aragonite (CaCO 3<br />
)<br />
Andradite (3CaO.Fe 2<br />
O 3<br />
.3SiO 2<br />
)<br />
Nentokite (CuCl)<br />
Copper Zinc Tin Sulfide<br />
(Cu 2<br />
ZnSnS 4<br />
)<br />
Tephroite (Mn 2<br />
SiO 4<br />
)<br />
Copper Zinc(CuZn)<br />
Chalcocite Cu 2<br />
S<br />
Tin Oxide SnO 2<br />
Al Nasib Ore<br />
Copper (Cu)<br />
Cuprite (Cu 2<br />
O)<br />
Tephroite (Mn 2<br />
SiO 4<br />
)<br />
Piustite (FeO)<br />
Calcite (CaCO 3<br />
)<br />
Atacamite(Cu 2<br />
(OH) 3<br />
Cl)<br />
Deweylite (4MgO 3<br />
.SiO 2<br />
.6H 2<br />
O)<br />
Silver Cyanate (AgOCN)<br />
Serabit Al-<br />
KhademOre<br />
Lime (CaO)<br />
Paratacamite(Cu 2<br />
(OH) 3<br />
Cl)<br />
Piustite (FeO)<br />
Tephroite (Mn 2<br />
SiO 4<br />
)<br />
Al Nasib Slag Orthoclase (KAlSi 3<br />
O 8<br />
) Quartz (SiO 2<br />
)<br />
Silicon Oxide (SiO 2<br />
)<br />
Calcite (CaCO 3<br />
)<br />
-------------<br />
Aluminum Oxide (Al 2<br />
O 3<br />
)<br />
Tephroite (Mn 2<br />
SiO 4<br />
)<br />
Andradite (3CaO.Fe 2<br />
O 3<br />
.3SiO 2<br />
)<br />
Tab. 2 - Shows XRD analysis results of ore and slag samples from the selected areas.<br />
30 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 31<br />
Serabit El-Khadem (5.07 for Wadi El-Maghara and 0.72 for<br />
Serabit El-Khadem), whereas the amount of Mg increases<br />
in the rock of Wadi El- Maghara (13.85) and Wadi El-Nasib<br />
(12.37), the content of S increases in the rock of Wadi El-<br />
Maghara (6.74). The higher amount of Al in the samples of<br />
Wadi El-Maghara (3.31) and Serabit El-Khadem (5.80) can<br />
be clearly seen, whereas the amount of Al decreases in the<br />
Rock of Wadi Kharag (2.10) and the Rock of Wadi El-Nasib<br />
(2.12), also the element of P was existence in the ore sample<br />
(0.22) and the slag sample (0.24) of El- Maghara.<br />
The high concentration of Fe in the ore samples of Wadi El-<br />
Maghara (10.90), Wadi El-Nasib (12.62), Serabit El-Khadim<br />
(9.93) and Wadi Kharag (7.87) is obviously seen (Figs.13-<br />
20).<br />
The amount of Ca was found in the ore and slag samples of<br />
Serabit El-Khadem (5.88), (3.71) and it was existence in a<br />
small amount in the ore of Al- Maghara (1.31), these results<br />
are confirmed and supported by XRD analysis results.<br />
XRF analysis revealed that there are many elements are<br />
found in ore samples of Serabit El-Khadem and Wadi El-<br />
Maghara such as Cu, P, Fe and Al. Also the analysis show a<br />
higher copper content in the samples of Wadi Kharag, Wadi<br />
El-Nasib and Wadi El-Maghara, but it is existence in very<br />
small amount as purities in Serabit El-Khadem ore sample<br />
(0.72).<br />
These results indicate that the main elements of the chemical<br />
composition of turquoise are found obviously in Serabit<br />
El-Khadem and El- Maghara more than in Wadi El-Nasib and<br />
Wadi Kharag. In contrast the copper is found more clearly<br />
in Wadi Kharag, Wadi El-Nasib and also in Wadi El-Maghara.<br />
Turquoise (Cu Al 6<br />
(PO 4<br />
) 4<br />
(OH) 8<br />
. 4H 2<br />
O) is a semi- precious stone,<br />
it is a secondary mineral occurring in the potassic alteration<br />
zone of hydrothermal porphyry copper deposits, turquoise<br />
is formed by the action of meteoric waters, usually<br />
in arid regions, on aluminous igneous or sedimentary rocks<br />
(as vein filling in volcanic rocks) and phosphatic sediments<br />
[www.mindat.org/min-4060.html]. It has many colours such<br />
as sky-blue, bluish green, apple green or greenish grey and<br />
the hardness is 5-6. To mine the turquoise, the Egyptians<br />
would hollow out large galleries in the mountains, carving<br />
at the entrance to each a representation of the reigning<br />
pharaoh a symbol of the authority of the Egyptian state over<br />
the mine and its yield. Although many of the region’s pharaonic<br />
reliefs were destroyed by a British attempt to re-open<br />
the mines in the mid-nineteenth century, the excellent bas<br />
relief of Pharaoh Sekhemkhet on the east face of Gebel<br />
Maghara survives. Also at Serabit Al-Khadem are the ruins of<br />
a temple dedicated to Hathor, containing a large number of<br />
bas-reliefs and carved steals [www.geographia.com/egypt/<br />
sinai/serabit.htm].<br />
XR Diffraction Analysis<br />
X-ray analysis showed the nature and the composition of<br />
ore and slag samples as it shown in (Figs.23- 27 and Table<br />
2). The data obtained declared that Al-Maghara ore, forms<br />
mainly of Lime (Ca O), minor of Piustite (FeO), Kaolinite<br />
(Al 2<br />
Si 2<br />
O 5<br />
(OH) 4<br />
, Tin Oxide (SnO 2<br />
), Quartz (SiO 2<br />
) and traces<br />
of Tephroite (Mn 2<br />
SiO 4<br />
) and Copper Zinc(CuZn). Kharag ore<br />
forms mainly of Atacamite(Cu 2<br />
(OH) 3<br />
Cl), minor of Iron (Fe),<br />
Aragonite (CaCO 3<br />
), Andradite (3CaO.Fe 2<br />
O 3<br />
.3SiO 2<br />
), Nentokite<br />
(CuCl), Copper Zinc Tin Sulfide (Cu2ZnSnS4), and traces<br />
of Chalcocite Cu 2<br />
S and Tin Oxide SnO 2.<br />
Al-Nasib ore forms<br />
Fig. 23 - Shows XRD scan for ore sample from Wadi Al-Maghra.<br />
Fig. 24 - Shows XRD scan for ore sample from Wadi Kharag.<br />
Fig.25 - Shows XRD scan for ore sample from Wadi Al-Nasib.<br />
Fig. 26 - Shows XRD scan for ore sample from Serabit Al-Khadem area.
Fig. 27 - Shows XRD scan for slag sample from Wadi Al-Nasib.<br />
mainly of Copper (Cu), Cuprite (Cu 2<br />
O), minor of Tephroite<br />
(Mn2SiO 4<br />
), and traces of Piustite (FeO), Calcite (CaCO 3<br />
),<br />
Atacamite(Cu 2<br />
(OH) 3 Cl), Deweylite (4MgO 3.<br />
SiO 2<br />
.6H 2<br />
O), Silver<br />
Cyanate (AgOCN). Serabit Al-Khadem ore forms mainly of<br />
Lime (CaO), Paratacamite(Cu 2<br />
(OH )3<br />
Cl), minor of Piustite<br />
(FeO) and Tephroite (Mn 2<br />
SiO 4<br />
).<br />
The presence of copper as a major element in the rock of<br />
Wadi El-Nasib indicates that the rock of this area was rich<br />
with the deposits of copper more than others, this result<br />
confirms the results of Stereo microscope investigations and<br />
XRF analysis, and also it confirms the previous studies which<br />
were occurred by the pioneers scientists and researchers.<br />
Cuprite was found as a major element in the rock of Wadi<br />
El-Nasib, it is the most widely occurring alteration mineral<br />
of copper. Cuprite is formed as a result of reaction between<br />
copper deposits that present in rock and oxygen.<br />
The presence of Lime (CaO) as a major element in the rock<br />
of Wadi El-Maghara and Serabit El-Khadem, also the presence<br />
of Calcite (CaCO 3<br />
) as a minor compound in the rock and<br />
slag of Wadi El-Nasib confirmed Stereo microscope investigations<br />
and XRF analysis results (Figs.13-22 &Table 1).<br />
The existence of Piustite (FeO), Kaolinite(Al 2<br />
Si 2<br />
O 5<br />
(OH) 4<br />
and Quartz (SiO 2<br />
), as minor compounds in the rock of Wadi<br />
El-Maghara and Serabit El-Khadem helped in formation of<br />
turquoise in those two areas, these compounds include the<br />
main elements, which composed turquoise.<br />
From XRD analysis results we can say the indications about<br />
the existence of the main compounds of turquoise composition<br />
such as P 2<br />
O 5<br />
, Al 2<br />
O 3<br />
, Fe2O 3<br />
and CuO are found obviously<br />
in the rock of Serabit El-Khadem and El- Maghara, but the<br />
indications about copper mining in Serabit El-Khadim are<br />
less clear. In contrast the copper is found more clearly in<br />
Wadi Kharag, Wadi El-Nasib and less in wadi El-Maghara.<br />
These results confirm XRF analysis (Table 1).<br />
Metallurgy investigations<br />
In the early 19th century, Ruppell noted a large slag heap<br />
at Bir Nasib, immediately next to the ancient well which is<br />
still up till now in the region. Petrie 1906 [Petrie W. M. F.,<br />
1906], surveyed this slag heap and his calculations of about<br />
100,000 tons of slag, was recently confirmed by Bachmann,<br />
who calculated the quantity of metallic copper produced at<br />
Bir El-Nasib as about 5000 tons- a huge quantity of copper<br />
for ancient times.<br />
Bachmann also established that the Egyptian smelting slag<br />
at Bir El-Nasib is manganese rich of fayalite type, as which<br />
be expected considering the close relation between manganese<br />
deposits and copper mineralization typical of this area<br />
[Rothenberg B., 1987].<br />
In 1967 Rothenberg investigated this slag; it was turned out<br />
to be natural nodules of Hematite and manganese, common<br />
in the Nubian sandstone horizon of Sinai and Arabah [Rothenberg<br />
B., 1970, Rothenberg B., 1972]. Rothenberg surveys<br />
1978, in Bir Nasib cleared several trial trenches at different<br />
parts of the slag heap, utilizing some of the large pits<br />
dug previously by treasure hunting Bedouin [Rothenberg B.,<br />
1987]. He found a scarab and glass bead in the top layer of<br />
the slag dating according to Schulman to the new kingdom,<br />
also there was locally manufactured pottery of typical Egyptian<br />
shapes, although a recent investigation of slags from<br />
Bir El-Nasib in south Sinai show the production of unfluxed<br />
copper in pre-dynastic times and the use of iron ore fluxes<br />
by some unspecified times during the old kingdom.<br />
Rothenberg trial trenches in Bir El-Nasib area provided definitive<br />
stratigraphic and ceramic evidence for a new kingdom<br />
date for the site’s top layers and it seems reasonable<br />
to assume that the lower layers belong to earlier periods<br />
of the pharaonic copper industries at Bir El-Nasib. These<br />
are probably related to the hieroglyphic and proto-Sinaitic<br />
rock engravings of the middle kingdom found on the hills<br />
surrounding the valley of Bir El-Nasib.<br />
My investigations and researches in that area confirmed Rothenberg<br />
results, I found big amounts of ancient metallurgy<br />
tools spired on the surface of the region everywhere, such<br />
as different kinds of pottery, fragments of glass and slags,<br />
debris of pottery vessels in different shapes and styles, also<br />
a lot of proto-Sinaitic inscriptions engraved on the rock surfaces.<br />
Also I noticed a lot of holes in situ (hole in the ground<br />
with the depth of 70-80 cm), whereas the first smelting processes<br />
of copper were occurred. After that copper smelting<br />
developed from the initial use of small (hole in the ground)<br />
or bowl furnaces to advanced, technologically sophisticated<br />
shaft furnaces.<br />
A long Wadi Kharag area we can see copper smelting slag,<br />
fragments of copper casting crucibles and furnace fragments<br />
accompanied by Egyptian sherds, it is a clear evidence<br />
of copper smelting in situ.<br />
Stereo microscope investigations (Figs 21, 22) show the<br />
different colours and composition of the slag sample from<br />
Wadi El-Nasib.<br />
XRF analysis results of the slag samples (table 1), show that<br />
copper content in the slag of Wadi El-Maghara site has decreased<br />
to (0.02) in comparison to the slag of Wadi El-Nasib<br />
(0.41), and to (0.28 for the slag of Wadi Kharag, but the<br />
analysis didn’t indicate any trace of copper content in the<br />
slag of Serabit El-Khadem (0.00). While Mn concentration<br />
increased in the slag samples of Wadi El-Maghara to 56.20,<br />
in the slag of Wadi Al-Nasib to (46.85) and in the slag of<br />
Wadi Kharag to (26.68), but it decreased in the slag sample<br />
of El- Serabit to (0.17). Fe dramatically increased in the slag<br />
of Serabit El-Khadim to (9.13), in the slag of Wadi El-Nasib<br />
to (6.22) and in the slag of Wadi Kharag to (5.97). Also the<br />
element of P was existenced in the slag sample of Wadi El-<br />
Maghara to (0.24).<br />
The amount of Ca was found in the ore and slag samples of<br />
Serabit El-Khadem (5.88), (3.71), and it was existence in a<br />
small amount in the ore of El- Maghara (1.31), these results<br />
are confirmed and supported by XRD analysis results.<br />
X-ray analysis results of Wadi Al-Nasib slag sample declared<br />
that it forms mainly of Orthoclase (KAlSi3O8), minor of<br />
Quartz (SiO2), Silicon Oxide (SiO2), Calcite (CaCO3), and<br />
traces of Aluminum Oxide (Al2O3), Tephroite (Mn2SiO4) and<br />
Andradite (3CaO.Fe2O3.3SiO2) ( Fig. 27& table 2).<br />
John F. Merkel occurred an experimental simulations and<br />
reconstruction of ancient copper smelting generated new<br />
data against which to evaluate the archaeo-metallurgical<br />
32 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 33<br />
evidence. He proved that during over 2000 years from the<br />
chalcolithic period through the late bronze age, copper<br />
smelting developed from the initial use of small (hole in<br />
the ground) or bowl furnaces to advanced, technologically<br />
sophisticated shaft furnaces capable of operating with large<br />
slag weights up to 25kg, the best preserved examples of<br />
new kingdom copper smelting furnaces with slag tapping capabilities<br />
are at Timna [John F. M., 1995, John F. M., 1990].<br />
Also Rothenberg and others studied the ancient Mining and<br />
Metallurgy activities in Timna, they studied each step in the<br />
ancient production of copper, from mining to final casting,<br />
is present at Timna [Rothenberg B., 1983, Rothenberg B.,<br />
1985, Rothenberg B., 1990, Rothenberg B., 1995, Lupu A.,<br />
and Rothenberg B., 1970, Bachmann, H. G., 1978, Craddock<br />
P. T., 1980, Craddock P. T., 1988].<br />
CONCLUSION<br />
The study proved that the cisterns were in fact mining shafts<br />
and also the gallery openings in the sandstone walls of<br />
valleys were true mining quarries dispersed surrounding the<br />
main area of mining in Serabit El-khdim and Wadi El-Nasib.<br />
The investigations carried out on same Ore and Slag samples<br />
from the selected four sites in south Sinai, have shown<br />
that the combination of Stereo microscope, XRF and XRD<br />
analysis is well suitable for the characterization of Ore and<br />
Slag samples.<br />
Results of investigations of sites in south Sinai cleared the<br />
difference between the sites of turquoise and the sites of<br />
copper.<br />
The investigations and analysis obtained results declared<br />
that, the indications about the existence of turquoise deposits<br />
in the rocks of Serabit El- Khadem and Wadi El-Maghara<br />
are clearer; but the indications about copper mining in<br />
Serabit El-Khadim are less clear. In contrast the copper is<br />
found more clearly in Wadi Kharag, wadi El -Nasib and less<br />
in wadi El-Maghara.<br />
From the previous results we can deduced that Serabit<br />
El-Khadem was the main area to get turquoise during the<br />
middle and new kingdom, but Wadi El-Maghara was the oldest<br />
area to have Turquaise and copper in ancient ages. The<br />
others two areas Wadi Kharag, Wadi El-Nasib were rich mines<br />
to have the copper.<br />
After all of these studies we can deduce that Wadi El- Nasib<br />
area was used as a Centre of copper smelting and it was the<br />
largest in the old world.<br />
Abstract<br />
Egyptians probably drew their first supplies of copper as native metal and<br />
step by step from the abundant malachite stones found in south Sinai region<br />
and in the hills near Red Sea in the eastern desert.<br />
There was integrated between the mines of copper and the mines of turquoise<br />
in the literature studies of south Sinai, especially in wadi El-Maghara, Wadi<br />
El-Nasib, Wadi Kharag and serabit El-Khadim, so this study tries to clear this<br />
point and determine exactly the mines of copper and the mines of turquoise.<br />
The study aims to investigate the source zones for copper in south Sinai,<br />
Egypt during the pharaonic ages, to determine the extent of a manufacturing<br />
centre and its position and to know the systems of metallurgical works, fire<br />
places, furnaces, etc.<br />
To achieve that the study had two main aspects: first, a serious survey to<br />
investigate of the mines of south Sinai was a cured; several different mining<br />
features were randomly chosen for excavation such as open cisterns, plates<br />
and galleries, collected every small things and fine details of the mining<br />
technology used at these sites.<br />
Secondly: Careful investigations by a serial of different analytical techniques<br />
for Ore and slag samples from the selected mines have been applied; the<br />
obtained information can be married up and exploited to determine exactly<br />
the main activity for each site.<br />
Keywords<br />
South Sinai; copper ore; turquoise; slag; analysis; stereo microscope;<br />
XRF; XRD<br />
References<br />
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Timna site 39, archaeo-metallurgy, IAMS Mongraph no.<br />
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Charles B. & Dominique V. (1997) The Middle Kingdom Temple<br />
of Hathor at Serabit el-Khadim, in The temple in Ancient Egypt,<br />
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Craddock P. T. (1980) The composition of copper produced at<br />
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Craddock P. T. (1988) The composition of Metal artifacts from<br />
site T200 and from adjacent sites in the Wadi Timna andArabah,<br />
In The Egyptian Mining temple at Timna (B. Rothenberg ed.,)<br />
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Konrad J. A. (1999) Copper, its trade, Manufacture, Use and<br />
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Muhly J. (1984) Bibliotheca Orientalis XLI, p. 290.<br />
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Rothenberg B. (1995) Archaeo-metallurgical survey methodology,<br />
In Proceedings of the 1st international conference on ancient<br />
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New York University Press, p. 40.<br />
https:// www.sinaiwikipedia<br />
https://www.mindat.org/min-4060.html<br />
http://www.geographia.com/egypt/sinai/serabit.htm<br />
Author<br />
Mohamed M. Megahed<br />
mmm03@fayoum.edu.eg<br />
Faculty of Archaeology, Fayoum University, Egypt
TECHNOLOGYforALL<br />
TFA<br />
TECHNOLOGYforALL<br />
2<br />
TECHNO<br />
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TECHNO<br />
34 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
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LOGYforALL<br />
LOGYforALL<br />
8<br />
1
AGORÀ<br />
XXVI Salone Internazionale del Restauro,<br />
dei Musei e delle Imprese Culturali di Ferrara<br />
- Il Salone Internazionale del Restauro,<br />
dei Musei e delle Imprese Culturali nel segno<br />
delle novità.<br />
Si preannunciano grandi novità per il Salone<br />
Internazionale del Restauro, dei Musei e<br />
delle Imprese Culturali: la XXVI edizione,<br />
che quest’anno si terrà nel mese di settembre<br />
dal 18 al 20, sarà l’edizione che darà il<br />
via ad un nuovo ciclo volto al rinnovamento,<br />
grazie al cambio di gestione della manifestazione<br />
che sarà promossa e organizzata<br />
direttamente da Ferrara Fiere Congressi<br />
Srl, gruppo BolognaFiere, proprietaria da<br />
sempre del marchio.<br />
Ferrara Fiere, assumendo in proprio la gestione<br />
dell’evento, ha individuato nell’abbinamento<br />
del Salone del Restauro alla manifestazione<br />
internazionale REMTECHEXPO<br />
– evento dedicato alla riqualificazione del<br />
territorio e alla bonifica dei siti contaminati<br />
– l’opportunità di offrire agli espositori<br />
presenti un pubblico più ampio di visitatori<br />
specializzati (ingegneri, architetti, geometri<br />
e altri addetti del settore); sono, infatti,<br />
numerosi i punti in comune tra le due manifestazioni:<br />
dalla sismica alla rigenerazione<br />
urbana, dai temi inerenti la tutela ambientale<br />
all’industria sostenibile. Ciascuno dei<br />
due eventi manterrà in ogni caso la propria<br />
autonomia, il proprio staff e il proprio comitato<br />
scientifico.<br />
Riconosciuto come l’evento di riferimento<br />
nazionale nell’ambito dei beni culturali,<br />
quest’anno il Salone del Restauro, avendo<br />
ottenuto il riconoscimento, attraverso la<br />
certificazione ISFCERT, di manifestazione<br />
internazionale è pronto a rafforzare e potenziare<br />
il percorso di internazionalizzazione,<br />
attraverso la promozione e la partecipazione,<br />
anche mediante collettive di<br />
operatori, a fiere ed eventi all’estero – il<br />
primo dei quali sarà rappresentato dalla<br />
partecipazione a Heritage Istanbul 2019<br />
(11-13 aprile 2019) in collaborazione con<br />
Assorestauro e ICE.<br />
Sono quindi previste azioni mirate di outgoing,<br />
in paesi individuati come strategici<br />
per il settore (a titolo esemplificativo<br />
Turchia, Russia, Germania, Cuba, Libano,<br />
Israele, USA, India e Cina) e di incoming a<br />
Ferrara di delegazioni e operatori esteri<br />
durante i giorni della fiera, al fine di favorire<br />
le dinamiche economiche fra operatori<br />
attraverso l’organizzazione di matching tra<br />
domanda e offerta.<br />
Per quanto attiene i settori merceologici<br />
dell’esposizione, è previsto un ampliamento<br />
e una diversificazione delle aree tematiche,<br />
con particolare riguardo all’innovazione<br />
dei materiali, ai software e alle nuove<br />
tecnologie, all’impiantistica, al restauro<br />
delle auto d’epoca, al trasporto di opere<br />
d’arte, al turismo esperienzale.<br />
Parallelamente si implementerà un’azione<br />
divulgativa ed informativa presso le Scuole<br />
(Licei artistici, Accademie, Scuole di Restauro)<br />
affinché la visita degli studenti al<br />
Salone venga inserita come una delle prime<br />
attività didattiche all’inizio dell’anno scolastico.<br />
Sono in via di definizione ulteriori e rafforzati<br />
accordi con il MiBAC in primis e con le<br />
principali Associazioni di riferimento quali<br />
Assorestauro, CNA, GBC Italia, Federculture<br />
e Icom.<br />
Le Giornate del Restauro e del Patrimonio<br />
Culturale.<br />
Continua la preziosa collaborazione con<br />
l’Università di Ferrara, da anni importante<br />
partner nell’organizzazione convegnistica,<br />
in modo particolare con il Dipartimento<br />
di Architettura che dal 28 al 30 marzo<br />
presenterà le “Giornate del Restauro e del<br />
Patrimonio Culturale”. Saranno tre giorni di<br />
convegni, mostre, dibattiti e tavoli di lavoro<br />
in un evento che anticiperà i contenuti<br />
del XXVI Salone del Restauro, dei Musei e<br />
delle Imprese Culturali. Nella cornice di Palazzo<br />
Tassoni Estense, nel cuore del centro<br />
storico di Ferrara, si svolgeranno numerosi<br />
momenti di riflessione sui temi del restauro,<br />
del patrimonio architettonico, del progetto,<br />
della ricerca e della governance dei<br />
territori con tre focus dedicati all’attuale<br />
dibattito su Palazzo dei Diamanti, al territorio<br />
emiliano colpito dagli eventi sismici del<br />
2012 e alla VII edizione del Premio Domus<br />
Restauro e Conservazione Fassa Bortolo.<br />
Per gli eventi proposti è in corso la richiesta<br />
di accreditamento all’Ordine degli Architetti<br />
P.P.C. di Ferrara.<br />
Le Giornate del Restauro e del Patrimonio<br />
Culturale si svolgeranno dal 28 al 30 marzo<br />
presso Palazzo Tassoni Estense (Via della<br />
Ghiara 36, Ferrara).<br />
Informazioni<br />
Salone Internazionale del Restauro, dei Musei<br />
e delle Imprese Culturali – XXVI Edizione<br />
Dal 18 al 20 settembre 2019<br />
Ferrara Fiere, Via della Fiera 11, Ferrara<br />
info@salonedelrestauro.com<br />
www.salonedelrestauro.com/new/it/<br />
home/<br />
Via Indipendenza, 106<br />
46028 Sermide - Mantova - Italy<br />
Phone +39.0386.62628<br />
info@geogra.it<br />
www.geogra.it<br />
36 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
37<br />
PhD Technology Driven Sciences: Technologies<br />
for Cultural Heritage (Tech4Culture)<br />
- IL'Università di Torino, con il supporto della<br />
Commissione europea e della Fondazione<br />
Compagnia di San Paolo, ha lanciato "PhD<br />
Technology Driven Sciences: Technologies for<br />
Cutlural Heritage (Tech4Culture)", un nuovo<br />
programma di dottorato in "Heritage Sciences"<br />
specificamente incentrato sulle tecnologie<br />
applicate ai Beni Culturali.<br />
Tech4Culture mira a creare esperti in grado<br />
di sviluppare soluzioni tecnologiche per il restauro,<br />
la diagnostica, l'uso e la promozione<br />
del patrimonio culturale, con un impatto diretto<br />
sia sui sistemi di ricerca regionale che<br />
nazionale.<br />
Il progetto pone particolare attenzione nel<br />
coinvolgere settori chiave e aziende di ambito<br />
non-accademico e a fornire un'eccellente<br />
formazione ai dottorandi per l'acquisizione<br />
di competenze interdisciplinari e trasferibili.<br />
Attraverso due inviti a presentare candidature,<br />
il Dottorato attirerà diciotto ricercatori<br />
transnazionali incoming “alle prime armi”<br />
offrendo loro l'opportunità di svolgere i propri<br />
progetti di ricerca, di seguire una formazione<br />
scientifica interdisciplinare unica, una<br />
formazione complementare sulle competenze<br />
trasversali e per fare brevi visite scientifiche<br />
e periodi di distacco in università nazionali,<br />
centri di ricerca e nel settore privato.<br />
La prima Call for Applications è stata pubblicata<br />
a Marzo <strong>2018</strong>. Sono state assegnate<br />
8 borse di studio. L'attuale seconda Call for<br />
Applications del Programma di Dottorato Tech4Culture<br />
offre fino a 10borse di studio per<br />
ricercatori transnazionali che non abbiano<br />
superato i quattro anni di attività come ricercatori.<br />
Il bando è pubblicato sul sito di Tech4Culture<br />
(tech4culture.unito.it). Qualsiasi aggiunta,<br />
modifica o aggiornamento relativa al presente<br />
bando verranno pubblicati sulla stessa pagina<br />
web. A tutti gli effetti, questo bando costituisce<br />
un avviso ufficiale. Un Application<br />
Package, inclusa la Guida per i candidati, è<br />
disponibile sul sito Web di Tech4Culture. Prima<br />
di inviare la presentazione della domanda,<br />
i candidati sono fortemente incoraggiati<br />
a visitare il sito web, consultare l’Application<br />
package, scaricare la seconda Call for<br />
Applications e leggere la Guida per i candidati.<br />
I candidati premiati potranno iniziare<br />
i corsi a Torino a partire dal 1° novembre<br />
2019: iscritti come dottorandi, firmeranno<br />
un contratto di lavoro ("Assegno di ricerca")<br />
con l'Università di Torino. Il programma di<br />
Dottorato durerà tre anni.<br />
Scadenza<br />
Il termine per la presentazione della domanda<br />
è il 7 maggio 2019, alle ore 12:00 (ora<br />
dell'Europa centrale).<br />
I candidati sono vivamente incoraggiati a<br />
presentare le loro domande il prima possibile<br />
ed evitare di inviare la domanda i giorni<br />
prossimi alla scadenza del bando stesso.<br />
Scarica il bando<br />
https://tech4culture.unito.it/wp-content/<br />
uploads/2019/02/Tech4Culture_CALL-FOR-<br />
APPLICATIONS-2019.pdf<br />
www.tech4culture.unito.it<br />
Field School of Digital Archaeology - Aprirà<br />
a maggio la prima edizione della Field School<br />
of Digital Archaeology promossa daUna_Quantum<br />
Inc., a Bomarzo (VT). Un cantiere didattico<br />
innovativo in cui al tradizionale scavo<br />
archeologico verranno applicate le più avanzate<br />
tecnologie digitali. Le attività di scavo si<br />
svolgeranno nella necropoli etrusca di Trocchi,<br />
dirimpetto l’area della riserva naturalistica di<br />
Monte Casoli.<br />
L’area, indagata in parte nel corso dell’Ottocento<br />
dal principe Stanislao Poniatowski e<br />
da Camillo Borghese, ha restituito materiali<br />
di pregio oggi conservati nei musei di tutto il<br />
mondo. L’indagine si concentrerà sul primo livello<br />
della necropoli interessato dalla presenza<br />
di tombe a camera con dromos d’accesso e<br />
tombe a facciata rupestre.<br />
La Field School of Digital Archaeology è aperta<br />
a tutti gli studenti, archeologi, dottorandi e<br />
ricercatori in settori affini che siano interessati<br />
ad acquisire le competenze basilari in merito<br />
all’applicazione degli strumenti digitali<br />
all’intero processo archeologico: dallo scavo<br />
all’elaborazione e gestione dei dati, senza<br />
tralasciare i fondamentali aspetti della valorizzazione<br />
e della fruizione dei beni culturali.<br />
Le tecnologie digitali si mostrano, infatti,<br />
come una risorsa sempre più rilevante all’interno<br />
dello studio e della divulgazione del nostro<br />
patrimonio culturale; pertanto la necessità<br />
di acquisire tali competenze da parte dei<br />
professionisti del settore è ormai indiscutibile.<br />
L’ampia offerta didattica che affianca la campagna<br />
di scavo e ricognizione archeologica<br />
della Field School of Digital Archaeology mira<br />
a fornire ai partecipanti le conoscenze per utilizzare<br />
in autonomia gli strumenti digitali più<br />
rilevanti in ambito culturale.<br />
I corsi prenderanno spunto dai dati emersi<br />
durante lo scavo della Necropoli. Tra i corsi<br />
in programma: Gis, modellazione e stampa<br />
3D, fotogrammetria, rilevamento con drone.<br />
L’obiettivo finale della ricerca è promuovere<br />
la fruizione della necropoli, documentando e<br />
riproducendo le tombe scavate e gli oggetti<br />
rinvenuti in 3D. Non solo: attraverso sistemi<br />
sostenibili e duraturi, Una_Quantum Inc. elaborerà<br />
un progetto di musealizzazione digitale<br />
del territorio. Inoltre, durante la Field School<br />
of Archaeology, sul campo e nei locali adibiti<br />
a deposito presso Palazzo Orsini di Bomarzo<br />
(VT), si avrà l’opportunità di lavorare direttamente<br />
sui reperti provenienti dalla Necropoli<br />
di Trocchi. Studio dei materiali, disegno<br />
archeologico, schedature e catalogazione dei<br />
reperti saranno alcune delle attività previste<br />
nel Laboratorio di Analisi dei Materiali, con<br />
particolare attenzione alla ceramica.<br />
La campagna di scavo si svolge in regime di<br />
concessione rilasciata dal Ministero per i<br />
Beni e le Attività Culturali ed è promossa da<br />
Una_Quantum Inc. La rete dell’Associazione<br />
Una_Quantum inc. è costituita da archeologi<br />
professionisti e programmatori da anni impegnati<br />
nello sviluppo e nell’insegnamento<br />
di tecnologie open source applicate ai beni<br />
culturali. In tale direzione UQ ha sviluppato<br />
PyArchInit, un plugin per Q Geographic Information<br />
System (QGIS) specifico per l’archeologia.<br />
Gli affiliati ad Una_Quantum inc., in Italia<br />
e in Europa, lavorano nella convinzione che gli<br />
strumenti digitali open source siano il futuro<br />
dell’archeologia e della divulgazione del patrimonio<br />
culturale.<br />
Per tale motivo, la diffusione delle potenzialità<br />
delle tecnologie applicate all’archeologia e<br />
ai beni culturali è uno dei principali obiettivi<br />
dell’Associazione Una Quantum Inc.; tra gli<br />
ultimi impegni che hanno coinvolto il team si<br />
rintracciano: Circuiti, il ciclo di workshop gratuiti<br />
svolto presso il Museo Nazionale Etrusco<br />
di Villa Giulia a Roma e Sistemi multimediali<br />
per la museologia, pacchetto di corsi riconosciuti<br />
dal MiBAC, con sede il Museo delle Civiltà<br />
di Roma.<br />
Le attività di scavo e la didattica, in lingua<br />
inglese, della Field School of Digital Archaeology,<br />
si svolgeranno dal lunedì al venerdì, lasciando<br />
libero il weekend; con partecipazione<br />
facoltativa, nel fine settimana, saranno organizzate<br />
visite ed escursioni nei principali siti<br />
di interesse storico-artistico e archeologico, a<br />
Bomarzo e dintorni.<br />
Nella quota di partecipazione sono incluse le<br />
attività di scavo, spese di vitto e alloggio, l’intera<br />
offerta formativa di Una_Quantum inc. e<br />
materiali didattici.<br />
www.unaquantum.com
AGORÀ<br />
A Roma il Museo Radici del Presente tra<br />
storia, inclusione sociale e accessibilità<br />
culturale. - Innovazione e offerta culturale,<br />
accessibilità e tour per i diversamente abili<br />
al Museo "Radici del Presente", che ospita<br />
una delle collezioni archeologiche tra le più<br />
interessanti dell'Urbe.<br />
Roma è la città eterna per eccellenza, unica<br />
nel suo genere e custode di numerosi tesori<br />
archeologici a cielo aperto, anche se molte<br />
delle preziose testimonianze artistiche e<br />
culturali della città antica sono conservate<br />
nei palazzi più importanti della capitale e<br />
nei luoghi più insoliti, che aspettano solo di<br />
essere scoperti.<br />
Tra questi nel cuore del centro storio, caratterizzato<br />
da una scenografia millenaria che si<br />
apre sulla Colonna Traiana, i Fori Imperiali e<br />
il Monumento a Vittorio Emanuele II, ha sede<br />
in piazza Venezia il palazzo delle Assicurazioni<br />
Generali che ospita il Museo “Radici del<br />
Presente”. Il Museo, che dal 2012 emerge<br />
come una delle realtà più consolidate e innovative<br />
nel panorama culturale della città,<br />
presenta una ricca collezione archeologica di<br />
circa 300 opere d’arte di età romana- imperiale<br />
come: colonne, capitelli, frammenti di<br />
cornici, sculture, ritratti e utensili in ceramica,<br />
ma anche iscrizioni funerarie di sarcofagi<br />
databili tutti tra il II e il V secolo d.C., ad eccezione<br />
di un rilievo greco del IV secolo a.C.<br />
La Collezione archeologica Radici del Presente<br />
è formata da tre nuclei principali: il primo<br />
riguarda i reperti provenienti dagli scavi<br />
effettuati in occasione della costruzione del<br />
Palazzo delle Assicurazioni Generali (inaugurato<br />
nel 1906), il secondo si concentra sui reperti<br />
rivenuti a Palazzo Poli in Piazza di Spagna<br />
e il terzo comprende altre opere ritrovate<br />
a Palazzo Merolli in via delle Cannelle.<br />
Il Museo, che si contraddistingue per l’offerta<br />
culturale nel sistema museale della città<br />
di Roma, predilige l’impostazione didattica<br />
ed è rivolto principalmente alle scuole in<br />
base all’ordine delle classi.<br />
Proprio per incentivare e coinvolgere i giovani<br />
visitatori la collezione archeologica Radici<br />
del Presente, totalmente gratuita e visitabile<br />
solo su prenotazione, guarda alla ricerca,<br />
alla comunicazione e all’accessibilità con<br />
continuo impegno e valorizzazione.<br />
Infatti proprio dallo scorso anno il museo ha<br />
investito tanto sui progetti di inclusione sociale<br />
e a luglio del <strong>2018</strong>, dopo l’approvazione<br />
della Soprintendenza archeologica di Roma,<br />
sono iniziati i primi percorsi dedicati a gruppi<br />
di persone non vedenti. Per favorire l’accessibilità,<br />
grazie anche alla collaborazione con<br />
le associazioni di settore, i nuovi percorsi<br />
realizzati per i non vedenti raccontano il Vivere<br />
a Roma- usi e costumi degli antichi romani,<br />
le Epigrafie funerarie e la Colonna Traiana<br />
con un approfondimento architettonico<br />
sull’opera e il rapporto con la spiritualità e il<br />
mondo dell’aldilà.<br />
Ricostruzione dell' immagine tattile della colonna<br />
Traiana, la fuga e suicidio dei Daci.jpg<br />
Ricostruzione dell'immagine tattile della colonna<br />
Traiana, la fuga e suicidio dei Daci.<br />
Per ogni percorso il visitatore ha la possibilità<br />
di toccare direttamente alcuni pezzi selezionati,<br />
affiancati anche da disegni tattili che<br />
riproducono fedelmente altri reperti, in questo<br />
modo i partecipanti entrano in diretto<br />
contatto con la storia e la materia dell’opera<br />
in un viaggio tra le antichità romane nelle<br />
sale del Museo.<br />
Tra qualche mese saranno inaugurati anche i<br />
tour per i non udenti, realizzati non solo da<br />
operatori specializzati nel linguaggio dei segni,<br />
ma anche da ragazzi con disabilità uditive<br />
che verranno formati su specifici percorsi<br />
e che condurranno i vari gruppi nel mondo di<br />
Radici de Presente. Negli ultimi anni il Museo<br />
Radici del Presente ha confermato e ampliato,<br />
con qualche migliaio di nuovi visitatori,<br />
l’interesse attorno all’intera collezione che<br />
si articola in diverse sale.<br />
Queste ultime, visibili anche virtualmente<br />
sul sito www.radicidelpresente.it, raccontano<br />
differenti tematiche come: il contesto<br />
dello scavo archeologico, gli ambienti della<br />
vita quotidiana nella Roma antica, gli spazi<br />
pubblici, il mondo dell’oltretomba con i<br />
suoi riti e le sue credenze, I riti di sepoltura<br />
nell’antica Roma, L’identità nel mondo funerario,<br />
Il passato come memoria del futuro,<br />
I sarcofagi della collezione Merolli-Fata e le<br />
epigrafi funerarie.<br />
Di particolare risalto è invece la sala E dedicata<br />
agli edifici pubblici e ai luoghi delle<br />
divinità, lo spazio in questione, dopo il riallestimento<br />
dello scorso anno caratterizzato<br />
da una vera e propria scena teatrale con due<br />
colonne sulla parete di fondo, ha accolto e<br />
ospitato manifestazioni ed eventi di beneficenza.<br />
Visitare la collezione archeologica Radici<br />
del Presente vuol dire coniugare non solo<br />
passato e presente attraverso la didattica,<br />
l’innovazione culturale e l’accessibilità, ma<br />
anche aprire il museo come luogo di dibattito<br />
e aggregazione, soprattutto nei confronti di<br />
coloro che hanno una differente percezione<br />
della vita.<br />
Visita al Museo<br />
Per prenotare la visita guidata gratuita al<br />
museo Radici del Presente<br />
scrivi una mail a: info@radicidelpresente.it<br />
Oppure chiama il numero verde: 800 360 622<br />
attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 9:30<br />
alle ore 18:00<br />
Le visite guidate al museo sono rivolte a<br />
gruppi di minimo 8 massimo 20 persone.<br />
Per le scuole in visita la museo, il percorso<br />
espositivo prevede la possibilità di accogliere<br />
fino a due classi per un massimo di 45-50<br />
studenti.<br />
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38 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 39
40 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong><br />
2
019<br />
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REALIZZA UNA RETE DI SERVIZIO DIGITALE<br />
L’introduzione di modalità digitali di lavoro nelle operazioni<br />
sul campo ha il potenziale per offrire enormi<br />
risparmi in termini di efficienza e rimuovere alcuni<br />
degli ostacoli derivanti dalla gestione di una rete di<br />
installazioni ereditate dal passato, espandendo ed investendo<br />
in nuove infrastrutture.<br />
L’ultimo decennio ha portato considerevoli cambiamenti<br />
nel modo di operare delle aziende di servizi. La<br />
digitalizzazione ha creato nuovi modi di prestare servizio<br />
ai consumatori, dai rendicontì mobili - lista movimenti<br />
ad una fatturazione accurata. Un nuovo modo<br />
di lavorare sembra sia stato costruito raccogliendo,<br />
interpretando e condividendo dati digitali.<br />
Sostituire i metodi tradizionali con i metodi digitali di<br />
lavoro può essere fondamentale per risparmiare sui<br />
costi, migliorare gli standard di sicurezza e ridurre la<br />
probabilità di un incidente, così come a ridurre i costi<br />
operativi.<br />
Dalle aree rurali a quelle urbane, dai cantieri alle<br />
aree residenziali, dalle città costruite agli aeroporti<br />
affollati, sono disponibili diverse soluzioni per supportare<br />
le aziende i di servizi pubblici nello svolgimento<br />
delle attività quotidiane e ottenere dati di localizzazione<br />
accurati in qualsiasi ambiente.<br />
Scopri come sostituire i flussi di lavoro su supporto<br />
cartaceo con quello digitale, compilando il form<br />
e scaricando l'e-book a questo link.<br />
che consente al tecnico rilevatore di pubblicare i propri<br />
modelli 3D e alle committenze di visualizzarli facilmente<br />
via web, effettuare delle analisi qualitative e<br />
quantitative, interrogare i modelli stessi, farne sezioni,<br />
misure di lunghezze, aree, volumi. Solo con l’utilizzo<br />
di un browser, senza quindi installare nessun software<br />
ad-hoc, è possibile vedere e utilizzare i risultati di un<br />
rilievo 3D anche complesso.<br />
Nel caso in figura, a titolo di esempio, un rilievo particolarmente<br />
articolato, in cui è stato riprodotto l’esterno<br />
della struttura con fotogrammetria da drone,<br />
mentre l’interno con circa 20 scansioni da Laser Scanner<br />
terrestre. Le due tecniche ci hanno consentito di<br />
ottenere due modelli separati, che sono stati processati<br />
indipendentemente, quindi registrati e georiferiti con<br />
una poligonale di appoggio molto accurata.<br />
Il risultato è un unico modello 3D della struttura che<br />
3DHosting gestisce consentendo di visualizzare anche<br />
indipendentemente l’interno e l’esterno.<br />
www.gter.it/3dhosting/<br />
APP MUSEO SANNITICO – DEAF EXPERIENCE<br />
www.leica-geosystems.it<br />
3DHOSTING: MODELLI 3D FRUIBILI PER TUTTI<br />
Un rilievo tridimensionale è spesso una fonte di informazioni<br />
particolarmente ricca, in molti e diversi<br />
campi applicativi. In particolare quando si tratta di<br />
effettuare rilievi di strutture, sia al fine del monitoraggio<br />
sia per scopi di restauro o conservazione, il modello<br />
3D è un patrimonio decisivo per la pianificazione<br />
delle attività.<br />
Lo scoglio importante riguarda la fruibilità di tale patrimonio.<br />
Non tutti infatti possono gestire un modello<br />
3D, aprirlo, interrogarlo. Servono pc performanti e<br />
software ad-hoc e non tutte le professionalità sono<br />
tenute ad avere competenze in questo campo.<br />
In questo contesto nasce 3DHosting, un servizio web<br />
Una nuova App accessibile al Museo Sannitico di Campobasso.<br />
Nell’ambito del progetto “SMART CULTURAL HE-<br />
RITAGE 4 ALL”, la nuova App pensata per non udenti che<br />
introduce i visitatori nel settore protostorico del Museo.<br />
Con uno storytelling visivo.<br />
Dopo aver realizzato e lanciato al Museo Sannitico di<br />
Campobasso l’App Museo Sannitico BLIND EXPERIENCE,<br />
Heritage insieme a Polo Museale del Molise e Università<br />
degli Studi del Molise, lancia l’App Museo Sannitico<br />
42 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 43<br />
DEAF EXPERIENCE, un nuovo strumento per esplorare il<br />
museo, concepito e sviluppato in particolare per l’accessibilità<br />
alle persone con disabilità uditive.<br />
Mercoledì 12 dicembre, alla presenza delle Istituzioni e<br />
di un folto pubblico, le due app sono state presentate<br />
ufficialmente al Museo Sannitico di Campobasso ricevendo<br />
un importante riconoscimento: il Presidente della<br />
Repubblica Sergio Mattarella ha conferito la medaglia di<br />
rappresentanza all’evento di presentazione.<br />
Le due applicazioni innovative in termini di accessibilità<br />
museale e tecnologie applicate a contenuti culturali, in<br />
particolare per le persone con disabilità visive, e uditive<br />
sono parte del progetto Smart Cultural Heritage 4 All,<br />
un format per la fruizione di musei, mostre e siti archeologici,<br />
concepito e sviluppato per migliorare l’accessibilità<br />
alle persone con disabilità e limitazioni funzionali.<br />
Il progetto è condotto all’interno di un protocollo d’intesa<br />
tra Università degli Studi del Molise, Polo Museale<br />
del Molise, Heritage Srl e Centro Orientamento Ausili<br />
Tecnologici Onlus, e con la collaborazione della Associazione<br />
Italiana Ciechi e Ipovedenti..<br />
Con l’App BLIND EXPERIENCE si può esplorare il Museo<br />
attraverso due percorsi immersivi:<br />
• Sanniti Experience: il percorso multisensoriale che si<br />
sviluppa nelle sale del settore sannitico del Museo, con<br />
uno storytelling emozionale sulla storia dei Sanniti e<br />
della loro epica lotta con i Romani.<br />
• In viaggio con Asparukh: il percorso multisensoriale che<br />
si sviluppa nelle sale del settore medievale del Museo,<br />
con uno storytelling emozionale concepito a partire dalle<br />
scoperte archeologiche della piana di Campochiaro.<br />
Con l’App DEAF EXPERIENCE si può esplorare il Museo<br />
nel settore protostorico.<br />
Il visitatore è invitato in un percorso nelle sale che riguardano<br />
i ritrovamenti più antichi, seguendo l’allestimento<br />
e le vetrine, fino ad arrivare all’esperienza emozionale<br />
vera e propria: uno storytelling visivo. Tik & Tuk,<br />
un video che, tramite una tecnica di fast motion applicata<br />
ad un disegno in movimento sull’idea delle pitture<br />
rupestri, racconta l’invenzione del bronzo in modo innovativo,<br />
anche attraverso i colori.<br />
Scaricando l’App, nella sezione VISITA, si possono seguire<br />
le tappe del percorso e visionare il video, della<br />
durata di 6 minuti, con lo storytelling visivo dell’Età del<br />
Bronzo.<br />
I percorsi immersivi multisensoriali delle due App sono<br />
un tipo di esperienza rivolta a tutti coloro che vogliono<br />
sperimentare una visita educativa, coinvolgente e ispirata<br />
ai principi dell’accessibilità universale.<br />
Le due App sono gratuitamente scaricabili da App Store<br />
o Google Play<br />
Superiore, di un gruppo<br />
umano di cacciatori-raccoglitori<br />
nomadi nell’Appennino<br />
piacentino.<br />
La scoperta è stata<br />
possibile grazie all’Università<br />
di Ferrara e ad<br />
un’equipe di ricercatori<br />
provenienti dal Laboratorio<br />
di Palinologia e<br />
Paleoecologia del CNR<br />
di Milano, dall’Università<br />
di Padova, dal laboratorio<br />
del CEDAD (Università del Salento – Lecce) e<br />
dall’Università di New York. Nel territorio dell’Appennino<br />
Settentrionale, Piovesello rappresenta un esempio<br />
unico di frequentazione umana in alta quota durante<br />
una fase di raffreddamento climatico, documentando<br />
inoltre la mobilità dei gruppi umani paleolitici dalla<br />
Provenza all’Italia Settentrionale. Per saperne di più, è<br />
disponibile un articolo sulla rivista internazionale “Quaternary<br />
Research”.<br />
Il progetto “Paleo APPennino – il Piovesello tra Preistoria<br />
ed Era multimediale” si propone di creare una rete<br />
virtuale tra musei e siti archeologici per rendere fruibili<br />
le realtà preistoriche del piacentino, fino ad ora rimaste<br />
appannaggio di pochi specialisti. È stato proposto<br />
dall’associazione culturale Augusta Veleiatium di Piacenza,<br />
vantando il supporto finanziario dell’Università<br />
di Ferrara, del Museo Archeologico della Val Tidone e<br />
del Museo e Parco archeologico di Travo.<br />
A partire dal sito di Piovesello, saranno coinvolti i principali<br />
luoghi legati alla cultura dell’Appennino. Sono in<br />
corso diverse iniziative e attività divulgative, grazie al<br />
Comune di Ferriere, al Gruppo Archeologico della Val<br />
Nure e al CNA di Piacenza. Il fine ultimo sarà l’integrazione<br />
dei beni del territorio con il Sistema Museale piacentino<br />
attraverso l’applicazione QuickMuseum, sviluppata<br />
dalla società ARTernative di Parma. Essa spingerà i<br />
visitatori a spostarsi da un luogo all’altro attraverso attività<br />
multimediali ed interattive per grandi e bambini.<br />
www.quickmuseum.it/<br />
PRODOTTI “MADE IN ITALY” STONEX: SERIE S900 GNSS<br />
E X300 LASER SCANNER<br />
I ricevitori Stonex GNSS della serie S900 sono i primi<br />
www.heritage-srl.it<br />
PALEOAPPENNINO: LA TECNOLOGIA PER LA FRUIZIONE<br />
DI BENI ARCHEOLOGICI E PAESAGGISTICI<br />
Da un’idea dell’Università di Ferrara nasce un’applicazione<br />
interattiva che dà voce ai “siti invisibili”. Il sito di<br />
Piovesello testimonia il passaggio, durante il Paleolitico
AZIENDE E PRODOTTI<br />
ricevitori GNSS presenti sul mercato del Surveying con<br />
il marchio Made in Italy, che ne garantisce la qualità e<br />
le prestazioni.<br />
I ricevitori GNSS della serie S900 sono in grado di supportare<br />
più costellazioni satellitari (GPS, GLONASS, BEI-<br />
DOU e GALILEO, inclusa la correzione L-Band) e hanno<br />
una bolla elettronica che ne facilita le misurazioni. Le<br />
due batterie intelligenti e la certificazione IP67, rendono<br />
questi ricevitori idonei a lavorare ovunque. Il ricevitore<br />
S900A è inoltre dotato del servizio di correzione<br />
GNSS Globale Atlas che garantisce posizionamenti precisi<br />
in qualsiasi condizione.<br />
Non è la prima volta che Stonex rilascia un prodotto<br />
“Made in Italy”, già nel 2013 è stato realizzato il Laser<br />
Scanner X300 che ancora oggi fa parte della vasta<br />
gamma di prodotti offerta da Stonex. La facilità d’uso,<br />
l’affidabilità e il prezzo rendono X300 un prodotto altamente<br />
competitivo. X300 è inoltre dotato di una gamma<br />
di accessori come il framework per facilitare le scansioni<br />
di volte e tunnel e di un kit Gps per collegare un<br />
ricevitore GNSS con facilità.<br />
Scopri i prodotti Stonex Made in Italy<br />
www.stonex.it<br />
Tra le loro preziose applicazioni:<br />
4 verifiche di ponti e cavalcavia<br />
4 prove di carico<br />
4 stima parametri modali e frequenza di risonanza<br />
4 deformazioni di dighe<br />
4 monitoraggio frane, valanghe e smottamenti<br />
monitoraggio vibrazioni<br />
video del rilievo: https://youtu.be/mVmhUx209j4<br />
www.codevintec.it<br />
RILIEVO AD ALTISSIMA PRECISIONE, RISPETTO TOTALE<br />
DEL PONTE IN FERRO DEL 1889<br />
Codevintec ha svolto una dimostrazione pratica con<br />
l’Interferometro Radar da terra Metasensing sul ponte<br />
San Michele - capolavoro riconosciuto di archeologia industriale<br />
- candidato nella lista UNESCO dei patrimoni<br />
dell'umanità.<br />
La dimostrazione è nata da una idea di Tecno In SpA,<br />
società multinazionale di servizi di ingegneria che sul<br />
medesimo ponte sta eseguendo un monitoraggio altimetrico<br />
e planoaltimetrico.<br />
Costruito tra il 1887 e il 1889, è un ponte ad arco in<br />
ferro a due piani, ferroviario e stradale. Fu tra i primi<br />
esempi di costruzione a sfruttare l’innovativa teoria<br />
dell’ellisse di elasticità.<br />
Obiettivo della dimostrazione era illustrare la capacità<br />
dell’interferometro di studiare il comportamento dinamico<br />
di una struttura “complessa” come quella del<br />
Ponte San Michele.<br />
Infatti, questi strumenti, così compatti e rapidi da installare,<br />
rilevano con precisioni del centesimo di millimetro.<br />
Anche da 4 km di distanza.<br />
44 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>
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Infrastructure and Technology
EVENTI<br />
27 - 29 MARZO 2019<br />
Dalla conoscenza alla<br />
valorizzazione: il ruolo<br />
dell’archeometria nei Musei<br />
Reggio Calabria (Italia)<br />
https://bit.ly/2H4yKyg<br />
11 - 13 APRILE 2019<br />
Fiera Internazionale<br />
Heritage Instanbul 2019<br />
Istanbul (Turchia)<br />
http://www.expoheritage.<br />
com/<br />
8-10 MAGGIO 2019<br />
GEORES 2019<br />
Milano (Italia)<br />
www.geores19.polimi.it/<br />
24-27 GIUGNO 2019<br />
SALENTO AVR<br />
Lecce (Italia)<br />
www.salentoavr.it/<br />
1-5 SETTEMBRE 2019<br />
27th international CIPA<br />
symposium<br />
Avila (Spagna)<br />
www.cipa2019.org<br />
1 - 7 SEPTEMBER 2019<br />
ICOM General Conference<br />
Kyoto (Japan)<br />
www.icom-kyoto-2019.org/<br />
15 - 20 SETTEMBRE 2019<br />
19°Conferenza<br />
Internazionale NIR<br />
Queensland (Australia)<br />
www.nir2019.com/<br />
18 - 20 SETTEMBRE 2019<br />
Salone Internazionale del<br />
Restauro, dei Musei e della<br />
Imprese Culturali<br />
Ferrara (Italy)<br />
www.salonedelrestauro.<br />
com/<br />
30 SEPTEMBER - 2<br />
OCTOBER 2019<br />
Heritage Middle East:<br />
securing the future for the<br />
past<br />
Abu Dhabi (UAE)<br />
https://bit.ly/2OshGBK<br />
23-25 OTTOBRE 2019<br />
Conferenza Nazionale AIPnD<br />
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