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LUCIANO TARULLO<br />
Il cantautore originario di Agropoli (Salerno) pubblica l’album<br />
“L’isola”, una miscela di cantautorato e rock come insegna la migliore<br />
tradizione musicale italiana<br />
Vuoi raccontare la tua storia?<br />
Ho incontrato la musica a 15<br />
anni e da quel momento non l’ho<br />
più lasciata. A tal proposito tutte<br />
le mie scelte, anche di studio e<br />
professionali, sono state fatte in<br />
un’unica direzione e con un unico<br />
obiettivo, quello di far diventare<br />
questa passione un lavoro, e a oggi<br />
posso dire di avercela fatta anche<br />
se la strada è ancora lunga. Di<br />
conseguenza tutta la mia “storia”<br />
è parte integrante di questo lavoro<br />
discografico. C’è dentro un po’<br />
tutto il percorso artistico e umano<br />
che ho compiuto da quando<br />
ho iniziato a suonare fino ad oggi.<br />
L’isola non è altro che la mia vita,<br />
il luogo dove sono cresciuto, le<br />
esperienze che ho fatto, le persone<br />
che ho incontrato sulla mia strada.<br />
La proiezione del mio mondo<br />
interiore e la visione di ciò che mi<br />
circonda.<br />
Questo disco nasce da una lunga<br />
gestazione: a cosa è dovuta questa<br />
elaborazione?<br />
Prima di tutto credo che per realizzare<br />
un lavoro discografico di<br />
qualità serva del tempo. Ho scelto<br />
di non avere fretta. Ho scelto di<br />
far uscire un lavoro che mi rappresentasse<br />
in tutto e per tutto.<br />
Diciamo che il lavoro più lungo<br />
è stato quello che ha riguardato<br />
la pre-produzione, e quindi la<br />
scelta dei brani, il lavoro di arrangiamento,<br />
la scelta dei musicisti,<br />
dello studio di registrazione. Tutte<br />
componenti fondamentali per<br />
la riuscita di un album. Anche la<br />
parte di mix e master è stata abbastanza<br />
lunga proprio perché c’era<br />
la voglia di non lasciare niente al<br />
caso. A tutto questo va aggiunto<br />
poi soprattutto il fatto che si tratta<br />
di un auto-produzione, e quindi<br />
come potete ben capire i sacrifici<br />
si moltiplicano. Questo per quanto<br />
riguarda la parte della produzione.<br />
Dal punto di vista artistico<br />
inoltre, ho deciso di inserire anche<br />
dei brani che ho scritto quasi agli<br />
inizi. Canzoni che avevo paura di<br />
lasciare per sempre nel cassetto.<br />
E anche per questo motivo che<br />
questo album rappresenta per me<br />
tutto un percorso che parte da<br />
lontano e arriva fino a qui. Un<br />
percorso che rappresenta soltanto<br />
l’inizio.<br />
Dici di non esserti curato molto<br />
delle mode. Quali sono state le<br />
tue fonti di ispirazione?<br />
Sì in effetti è stato così. Questo<br />
assolutamente non per snobismo<br />
oppure perché non ci siano<br />
oggi dei riferimenti importanti<br />
da prendere in considerazione,<br />
anzi. È stato soltanto un voler approcciarsi<br />
alle canzoni in maniera<br />
diversa. Ho curato tutti gli arrangiamenti<br />
pensando al vestito migliore<br />
che andasse bene per ogni<br />
singolo brano dell’album. Questo<br />
per me significa “non seguire le<br />
mode”. Ciò non significa che non<br />
ci siano dei riferimenti importanti<br />
nella mia musica, anzi. Battisti, De<br />
Gregori, Vasco in primis. E poi il<br />
rock, soprattutto il sound legato<br />
agli anni 80’ e 90’.<br />
Visto che il disco si chiama “L’isola”…<br />
Tre dischi da portare su<br />
un’isola deserta?<br />
Risposta difficile. Mi gioco tre album<br />
degli artisti che ho citato nella<br />
risposta precedente, Il mio canto<br />
libero di Battisti, Rimmel di De<br />
Gregori e Gli spari sopra di Vasco.<br />
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