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Anno 5 - n. 3
maggio 2019
cercaci su
www.ilquartiere.eu
“Raccontare quel che succede sotto casa come se fosse la cosa più importante del mondo, e i grandi temi del mondo con la semplicità della porta accanto”
ALL’ALBA DI UNA NUOVA ESTATE
I TRE PONTI FRA MANUTENZIONI ORDINARIE E STRAORDINARIE, BANDIERE BLU E PARCHEGGI A PAGAMENTO
Redazione
Dopo il ripristino
del muraglione
sfondato
dalle mareggiate
dell’ottobre scorso e le ultime
operazioni di ripascimento
del litorale, le spiagge
dei Tre Ponti si apprestano
alla consueta, festosa invasione.
Abbiamo “pesato” le
certezze e i dubbi gravanti
sull’imminente stagione
estiva, ascoltando le istanze
degli operatori balneari e
non solo...
» segue a pagina 2
Ultimi preparativi per i balneari della Riviera dei Fiori (foto Sauro Albieri)
SOMMARIO
» FOCUS: LA
RIQUALIFICAZIONE
DEI TRE PONTI p. 2
» TUTELA DEL LITORALE:
L’IMPOTENZA DELLA
BANDIERA BLU p. 3
» IL MITO DELLA COPPA
BORRIN p. 4
» I MIGLIORI ESORDIENTI
LIGURI “ANTICIPANO”
AL 2 GIUGNO p. 5
» LA VERGINE DELLA
MERCEDE E LA GRAZIA
DI GUAYAQUIL p. 6 e 7
» IL LAMPO DI BORROMEO:
TRE LENZUOLA E
L’ANTENNA EIAR p. 8
» FOTONOTIZIE p. 9
» CULTO E CULTURA DEL
PANE NELL’ENTROTERRA
PONENTINO p. 10
» L’EPOPEA DI ENEA E
DELLA SUA SARDENAIRA
OLTREMANICA p. 11
» FINALMENTE RISOLTO IL
GIALLO DEL “LEONE DEL
RONDÒ”! p. 12
SACRO PROFANO
VIVO PER MIRACOLO
PARODI E LA GRAZIA DELLA VERGINE DELLA MERCEDE
L’IMMORTALITÀ DEL MITO BORRIN
È LA CORSA-SIMBOLO DI SAN MARTINO: APPUNTAMENTO FISSATO PER IL 2 GIUGNO
Andrea Gandolfo
Quanto avvenne
nel 1893 a Guayaquil,
in Ecuador,
segnò per
sempre l’esistenza del commerciante
sanremese Giovanni
Parodi. Un’inspiegabile
guarigione dalla febbre
gialla, propiziata da Maria
Vergine della Mercede (cui
si rivolse la moglie disperata),
spinse infatti l’uomo a
compiere un gesto di eterna
devozione...
» segue a pagina 6
Gerson Maceri
Tutto ebbe inizio
con la tragica
scomparsa di un
ragioniere sulle alture
di Sanremo nell’estate
del 1951. Gli amici del quartiere,
volendo eternarne il
ricordo, gli intitolarono una
gara ciclistica assurta ben
presto a “classicissima d’autunno”.
Chi iscriverà il proprio
nome nell’albo d’oro
imitando Redigolo, Zilioli e
Gazzano?
» segue a pagina 4
Alessandro Gazzano (dell’U.S. Sanremese) dedica il trionfo
allo sprint nel 1996 a Mario Cattaneo. Nessun altro ciclista del team
organizzatore ha vinto la Borrin dopo di lui
1
A MARE
FOCUS: LA RIQUALIFICAZIONE DEI TRE PONTI IN TRE PUNTI
RILANCIATE LE IDEE DI UN SENSO UNICO CON L’APERTURA DEL VARCO DI LEVANTE E DELL’INSTALLAZIONE DI DIGHE SOFFOLTE
Redazione
Con l’approssimarsi
della stagione estiva,
“Il Quartiere” ha tastato
il polso delle attività
commerciali connesse,
direttamente o indirettamente,
a quelle balneari,
cercando di delineare
un quadro di appunti
e spunti utili allo sviluppo
di uno degli scorci più
caratteristici (e con un
ampio potenziale inesplorato
e inespresso)
della nostra città.
Corso Mazzini. In
rappresentanza degli
esercenti fronte stadio,
ascoltiamo la dottoressa
Barbara Ramorino della
“Parafarmacia Sanremo”
e Francesco Iavarone, titolare
di “Alimentari da
Fra”. La prima si sofferma
sulla questione dei
parcheggi a pagamento
ai Tre Ponti: «Lo scorso
anno, nel periodo compreso
fra giugno e agosto,
abbiamo rilevato un calo
di affluenza riconducibile
a questo. L’auspicio
è che l’esperimento non
venga ripetuto». Ricordiamo
che, nel 2018, su
centotrenta posti auto
soprastanti le spiagge è
stata applicata una tariffa
oraria di cinquanta centesimi
dal 30 giugno al
31 agosto. Agli indubbi
benefici in termini di ordine
e sicurezza, in molti
hanno contrapposto una
diminuzione più o meno
forte delle presenze.
Il secondo, invece, tira
un sospiro di sollievo:
«Col termine del campionato
di calcio di Serie
D, potrò finalmente
tornare a servire la nostra
clientela domenicale
senza restrizioni di
sorta». Il riferimento è
alle frequenti ordinanze
che vietano la vendita
di bevande alcoliche
nei locali stanti nel raggio
dello stadio “Comunale”
in occasione delle
partite di cartello. Legittimi
i motivi di sicurezza
e ordine pubblico che
spingono molti sindaci
in tutta Italia a queste
determinazioni ma altrettanto
rispettabile è il
malcontento di chi, come
Francesco, si trova “blindato”
a fronte di una presenza
media sugli spalti,
quest’anno per l’Unione
Sanremo, di soli trecento
(e sempre piuttosto composti)
spettatori.
I balneari. Fra gli operatori
dei Tre Ponti, è
l’autorevole voce di Giacomo
Mercurio (“3pontibeach”
e CNA Balneatori)
a restituirci gli umori
della “vigilia”: «Sfogliando
i vari programmi elettorali,
ho letto più volte,
Inserzione a pagamento a cura di Mercedes Bresso
Il mare dei ‘Tre Ponti’ è da Bandiera Blu
(foto tratta dalla pagina Facebook ‘3pontibeachsanremo’
per gentile concessione di Giacomo Mercurio)
genericamente, dell’importanza
del turismo
balneare. Ma quali sono
le proposte per lo sviluppo
dello stesso? Qual è
l’impegno concreto contro,
per esempio, l’erosione?
Sanremo non ha
mai avuto un balneare
come assessore al turismo,
un’interesse forte e
una regia chiara su questi
temi. Eppure, in città,
sono una cinquantina le
aziende operanti nel settore
con un picco di cinquecento
occupati!».
Guai a nominare, allora,
la “Bandiera Blu”,
ultimo fiore all’occhiello
cittadino: «Attorno a
questo riconoscimento
c’è molta disinformazione.
Molti turisti e residenti
storceranno il naso
quando anche quest’anno
noteranno quel paio
di divieti di balneazione
che ogni estate, fisiologicamente,
viene emanato.
Questo perché non sanno
che la qualità delle acque
è solo una delle tante
voci che concorrono
all’assegnazione: ci sono
educazione ambientale
e informazione, gestione
ambientale, servizi e
sicurezza… Qualcuno,
questa “Bandiera Blu”,
la sventola in maniera
ingannevole!». Per completezza
d’informazione,
riportiamo che il totale
di bandiere assegnate ai
comuni costieri italiani
è stato di 183 (più otto
rispetto al 2018), con la
Liguria sempre in testa
a quota trenta seguita, a
debita distanza, dalla Toscana
a diciannove.
Ma è sul tema dei parcheggi
a pagamento che
Mercurio snocciola il
maggior numero di argomenti:
«Non abbiamo
ancora avuto comunicazioni
ufficiali in merito
per quest’anno. L’ordine
pubblico e la sicurezza?
Si potrebbero garantire
con la sola presenza dei
vigili, senza le tariffe che
A “MONTE“
TUTELA DEL LITORALE: L’IMPOTENZA DELLA BANDIERA BLU
IL MAYDAY DI MERCURIO: «ASSESSORATO AL TURISMO A UN BALNEARE E MEGARIPASCIMENTO ATTINGENDO AL GRETO DELL’ARMEA!»
invece che regolarizzare
la situazione allontanano
la clientela». La soluzione,
dunque? «Rendere
a senso unico la circolazione
dei Tre Ponti (ndr:
da ponente verso Arma)
con l’apertura del varco
a levante. Abbiamo chiesto
al comune di regolarlo
attraverso un impianto
semaforico ma pare
che l’ANAS non gradisca.
Abbiamo prospettato
allora l’ipotesi di una
rotonda, di una bretella…
Il dialogo proseguirà
dopo le elezioni».
Tuttavia il problema
più pressante, già citato
in avvio di intervista,
sembra essere quello
dell’erosione del litorale:
«I Tre Ponti hanno un
fondale sabbioso che digrada
dolcemente e che
potrebbe essere adatto
a ospitare delle dighe
soffolte a quindici, venti
metri da riva. Inoltre
si potrebbe procedere a
un robusto ripascimento
attingendo ai detriti,
ai ciottoli e ai pietroni
Tutta la magia dei Tre Ponti nel magnifico scatto di Sauro Albieri
del letto dell’Armea. Perdendo
superficie e con la
mannaia del parcheggio
non libero, è chiaro come
il trend degli incassi non
possa che essere negativo
e portare a conseguenze
nefaste per le nostre attività».
Cosa chiederanno,
dunque, i balneari al Sindaco
che verrà eletto di
qui a massimo un mese?
«Un’attenzione particolare
ai nostri problemi,
il reinvestimento degli
onerosi canoni versati
in opere di manutenzione
– attenzione: non in
rattoppi! - e l’alleggerimento
della situazione
economica delle spiagge
pertinenziali, gravate da
costi extra e dunque bisognose
di sgravi e agevolazioni».
Vox populi. In zona
intercettiamo anche coloro
che si crogioleranno
presto al solleone dei Tre
Ponti. E, manco a dirlo,
il tema-principe è quello
dei parcheggi a pagamento.
«Pago “volentieri”,
la tariffa è popolare
– apre Francesco – ma
in cambio vorrei ottenere
un servizio, non incastrarmi
in un Far West
di motorini pigiati ovunque».
«Cinquanta centesimi
all’ora è un furto
legalizzato – irrompe
Marco – ma la soluzione
più ovvia e semplice sarebbe
quella di interdire
l’accesso alle auto in zona
Tre Ponti: si organizzi
piuttosto un bus navetta
con partenza… Che ne
I lavori in corso ai Tre Ponti
fino a qualche giorno fa
so, da piazza Colombo!».
«Gratuito?», chiediamo
dopo un istante di esitazione.
«Certo, anche se...
– si incarta – magari solo
per i residenti!». Il partito
dei “contro” poggia su
un’indignazione istintiva,
quello dei “pro” raccoglie
i più raziocinanti
e, probabilmente, gli
scooterizzati. A mettere
d’accordo tutti ecco la
sportivissima Roberta:
«Se si abita a San Martino
o in centro, perché
non andare in spiaggia a
piedi o in bici godendosi
il panorama della nostra
ciclabile?». Stavolta
nessuno, nemmeno
Francesco e Marco, ha
argomenti utili per controbattere.
Annuiscono
in silenzio. Sanno che
fra tutte le soluzioni più
o meno realistiche, quella
proposta dalla ragazza
è quella di maggior buon
senso. Dunque, quella
teoricamente di più
semplice (e proprio per
questo anche, concretamente,
di più difficile) realizzazione.
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2 3
SPORT
IL MITO DELLA COPPA BORRIN, CLASSICISSIMA D’AUTUNNO!
ORIGINI E STORIA DELLA “MINI MILANO-SANREMO”. I TRIONFI MEMORABILI, DA REDIGOLO A GAZZANO PASSANDO PER ZILIOLI
Gerson Maceri
Luigi Borrin. Minorato
da una «duplice gibbosità»
– così “L’Eco della
Riviera” del 30 agosto
1951 –, da una «salute
cagionevole» e ultimamente
pure da «squilibri
nervosi», il trentatreenne
ragioniere domiciliato a
San Martino aveva deciso,
assieme a un amico,
di affittare una stanza in
una baita a Monte Bignone
e qui ritemprarsi immerso
in una serena frescura.
Nell’afosa notte fra sabato
25 e domenica 26
agosto, tuttavia, un’agitata
insonnia gli sbarrò gli
occhi fino all’alba. Un’ora,
massimo due di dormiveglia.
Poi, alle 7:30,
lo scatto all’insaputa del
compagno: giù dal letto,
fuori dal casolare, stralunato.
Una donna lo
Inserzione a pagamento a cura di Monica Albarelli
ospitò, tazza di caffè alla
mano, ma lo vide ben
presto fuggire arrancando
fra le frasche.
Ridestatosi quando ormai
era troppo tardi per
prenderne la scia, il sodale
allertò subito i familiari
e i numerosissimi
amici di Luigi (affetti
che «aveva saputo crearsi
grazie al suo animo buono
e generoso»). Si formò
così una vera e propria
carovana che, prontamente,
s’inerpicò a Bignone
già nel pomeriggio
e perlustrò i boschi fino
a notte fonda. Niente. Di
Borrin nessuna traccia
fino alle 13:30 di lunedì,
quando un conoscente ne
rinvenne il cadavere in
località Sappe di Verezzo
San Donato. «Giaceva
bocconi in una fascia
e doveva essere deceduto
da molte ore in seguito
a una paralisi cardiaca
La volatona che decise la quarta Coppa Borrin nel 1954. Il chiavarese Diego Raffetto conquistò la sua
17esima corsa stagionale superando Benito Miolli dell’U.S. Sanremese
– così ha diagnosticato il
dottore – che lo ha colto
mentre stava forse dirigendosi
verso casa per
raggiungere i suoi cari».
L’omaggio degli sportivi
del quartiere. La tragica
scomparsa del giovane
destò sgomento fra
i conoscenti, ma anche
il desiderio commosso
di eternarne, con un
sorriso, il ricordo. Si disputò
così domenica 14
ottobre la “1a coppa Luigi
Borrin” di ciclismo,
gara riservata agli “Allievi”
sull’anello Sanremo
(San Martino) – Arma di
Taggia – Poggio – Sanremo
(circonvallazione)
– Ospedaletti (circuito)
– Sanremo (San Martino).
Tre giri, centootto
chilometri, altimetria
nervosa. Per i trentasette
partenti (molti provenienti
da Veneto, Emilia,
Lombardia e Piemonte)
la “Ciclistica Sanremo”,
società organizzatrice,
mise in palio un mon-
tepremi di sessantamila
lire (diecimila al primo),
garantendosi perfino il
patrocinio della “Gazzetta
dello Sport”.
Il primo vincitore. Una
pioggia fitta bagnò il “via”
dato dallo starter Pietro
Borrin (fratello di Luigi)
davanti al Bar Emilio alle
13:45. Gruppo compatto
fino alla prima scalata
della “Guardia”, sulle cui
rampe allungò il primo
plotone di otto attaccanti.
Le scaramucce proseguirono
fino in cima al
Poggio, poi sulle pendenze
di Ospedaletti. Scatti
e controscatti. Gruppi di
testa e all’inseguimento
frazionatissimi. Primo
giro (37 km) a 37 orari di
media. I primi ritiri.
Galloni tentò di salutare
la compagnia durante
il secondo passaggio sul
“circuito”, accumulò un
vantaggio massimo di un
minuto e venti secondi
ad Arma ma fu raggiunto
e superato dal veneto
La partenza della quarta Coppa Borrin (1954) davanti a Villa Mercede
Varago sull’ultima ascesa
alla “Guardia”. A ruota
del rimontante si portarono
gli alfieri della Ciclistica
Sanremo Cassini
(capitano) e Redigolo che,
sfruttando la conoscenza
del percorso, si gettarono
disinvoltamente in
picchiata fra le curve del
Poggio e presero il comando.
Galloni accusò
e uscì repentinamente di
scena. Varago resse fino
all’estrema impennata di
Ospedaletti poi mollò la
presa finendo risucchiato
anche da Vallepiane.
Allo sprint si presentarono
i due contrattaccanti:
Redigolo partì ai duecento
metri lasciando a un
Cassini dai quadricipiti
cementificati la piazza
d’onore. «Gli altri arrivarono
con notevoli distacchi,
alcuni quando le luci
della sera illuminavano il
corso Cavallotti».
Ordine di arrivo: 1°
Steno Redigolo (Ciclistica
Sanremo) in 3 ore e
27 minuti alla media di
31,440 km/h; 2° Dario
Cassini (Ciclistica Sanremo)
a mezza macchina;
3° Armando Vallepiane
(S.C. Cugge Sanremo) a
3’. Partiti in 37, arrivati
in 21.
Il campionato italiano
“Allievi”. La nona edizione
(quella del 1959) valse
una maglia tricolore
I MIGLIORI ESORDIENTI LIGURI “ANTICIPANO” AL 2 GIUGNO
SESSANTOTTESIMA EDIZIONE NEL RICORDO DI MARIO CATTANEO. TRAGUARDO SUL FALSOPIANO DI VIA LAMARMORA DOPO 41,5 KM
Ottobre 1979. Sulla linea di partenza della Borrin in fondo a via della Repubblica si riconoscono,
fra gli altri, Maggiorino Rambaldi (all’estrema sinistra), Mauro Aretuso (quintultimo), poi Fulvio Franco,
Marco Cavicchia e infine il presidente Andrea Zaborra.
per la categoria “Allievi”.
Centodue fra i migliori
prospetti italiani si sfidarono
così sui nervosissimi
centodieci chilometri
del percorso Sanremo –
Andora – Sanremo – San
Giacomo – San Bartolomeo
– Foce – Ospedaletti
(circuito) – Sanremo (via
Roma, altezza palazzo
Guidi).
La svolta si ebbe attorno
all’ottantesimo chilometro,
sul falsopiano
del “giro dell’isola”: in
quel tratto, infatti, l’outsider
Italo Zilioli strappò
la corsa spingendo
un 56/14. Alle sue spalle
restò aggrappato il solo
Tapparello. Accordo e
cambi regolari, fra i due;
a Capo Nero il vantaggio
sugli inseguitori mon-
tò a quaranta secondi.
Un margine rassicurante
da gestire fino al vialone
d’arrivo (lo stesso della
“Classicissima” ma attraversato
in senso inverso):
rimasto a ruota del
compagno di fuga fino
ai duecento metri, Zilioli
si produsse in un poderoso
scatto portandosi
tutto a sinistra e volando
indisturbato verso il traguardo.
Ordine di arrivo: 1° Italo
Zilioli (V.C. Glos Torino)
in 2 ore, 39 minuti
e 9 secondi alla media
di 40,716 km/h; 2° Luigi
Tapparello (V.C. Bassano);
3° Danilo Grassi
(S.C. Giannoni Magnago).
La seconda (e ultima)
vittoria sanremese.
Inserzione a pagamento a cura di Emanuela Valentino
Per ritrovare un profeta
in patria nell’albo d’oro
della corsa bisogna scorrere
la storia della “Borrin”
fino al 29 settembre
1996 (edizione riservata
agli Esordienti), quando
Alessandro Gazzano
della Sanremese Ciclismo
regolò in volata un
gruppone compatto di
sessanta corridori provenienti
da tutto il nord
Italia sul traguardo di via
Lamarmora. A completare
il podio, Matteo Stuani
della Caramagna Imperia
e Davide Lambiase
della Ciclistica Arma.
La sessantottesima
edizione nel ricordo di
Mario Cattaneo. Quella
che andrà in scena domenica
2 giugno sarà la
prima “Coppa Borrin”
senza lo storico presidente
dell’Unione Sportiva
Sanremese sezione Ciclismo.
In sua memoria e
con un velo di commozione,
dunque, gli organizzatori
e gli atleti sfileranno
lungo i 41,5 km
del percorso che assegnerà
al vincitore il titolo
di campione regionale
“Esordienti”. Il “via ufficioso”
verrà dato in via
Lamarmora poco dopo
le 11. Dopo la passerella
di via della Repubblica
e di corso Mazzini, ecco
lo start ufficiale davanti
al “Comunale” (11:30). Il
gruppo procederà verso
Arma di Taggia (rotonda
Rossat) per poi dirigersi
verso via San Francesco,
bivio Levà, via Goffredo
Mameli, piazza Spinola
e via Levà. L’anello verrà
ripetuto tre volte con
l’opportunità per i fuggitivi
di avvantaggiarsi
sui numerosi saliscendi
armesi. Terminati i giri,
il ritorno a Sanremo sul
percorso dell’andata, con
l’arrivo in cima al primo
tratto di via Lamarmora,
rettilineo in falsopiano
lungo trecento metri probabilmente
indigesto ai
velocisti puri e più adatto
quindi ai finisseur.
Alcune informazioni
storiche sono state rinvenute
all’interno di documenti
custoditi all’interno
della Biblioteca Civica
di Sanremo.
Inserzione a pagamento a cura di Flavio Di Malta
4
5
STORIA
LA VERGINE DELLA MERCEDE E LA GRAZIA DI GUAYAQUIL
UNA GUARIGIONE MIRACOLOSA DALLA FEBBRE GIALLA INDUSSE L’EMIGRANTE SANREMESE A ERIGERE LA PRIMA CHIESA DEL RIONE
Andrea Gandolfo
La storia della chiesa di
San Martino a Sanremo
è legata alle vicende della
famiglia matuziana dei
Parodi, il cui esponente
Giovanni, detto “Jan”,
era emigrato in Ecuador
con la moglie Luigia
Goeta in cerca di fortuna,
stabilendosi nel 1888
nel paese sudamericano,
dove i due coniugi sanremesi
avevano impiantato
un’attività commerciale.
Quando si trovavano
nella città di Guayaquil,
durante un afoso inverno
tropicale del 1893, Giovanni
Parodi fu colpito
da un violento attacco di
febbre gialla che lo ridusse
in fin di vita, tanto che
i medici accorsi subito al
suo capezzale non nascosero
la loro viva preoccupazione
sulle condizioni
disperate del paziente,
al quale gli stessi dottori
non diedero più di un
giorno di vita.
Profondamente sgomenta
e affranta, la signora
Parodi, che era
una donna estremamente
pia e devota, decise
di recarsi presso la vicina
cattedrale di Nostra
Signora della Mercede,
una madonna assai venerata
nei paesi di cultura
iberica e alla quale si
suole attribuire il potere
di proteggere gli schiavi
e i prigionieri in genere;
rivoltasi a Maria Vergine
della Mercede, Luigia
Goeta implorò la grazia
per suo marito, pronunciando
solenne voto che,
al ritorno in patria, lei e il
suo consorte si sarebbero
fatti promotori dell’erezione
di una chiesa dedicata
alla Madonna della
L’Iglesia de la Merced a Guayaquil
Mercede nel loro rione
d’origine, che era appunto
quello di San Martino
a Sanremo. Nella notte
successiva all’accorata
preghiera della signora
Goeta, Giovanni Parodi
si sentì miracolosamente
molto meglio, tanto che
quando, la mattina dopo,
il medico curante giunse
nella sua abitazione per
constatare il decesso del
paziente, trovò Giovanni
perfettamente ristabilito
e in ottime condizioni di
salute.
Rientrati in Italia intorno
al 1900, i coniugi
Parodi decisero di esaudire
il voto fatto alla Madonna
della Mercede in
Ecuador e diedero incarico
nel 1903 all’ingegnere
nizzardo Giulio
Franco Gilli, che aveva
già eretto per il Parodi la
Villa Mercede, di costruire
una chiesa a fianco del
parco della stessa villa,
da mettere a disposizione
dell’ormai numerosa
popolazione del quartiere
di San Martino, che
lamentava da tempo la
mancanza di un luogo
di culto nel rione. Il nuovo
edificio sacro, prospiciente
corso Cavallotti e
dedicato, come promesso
a Guayaquil dalla signora
Parodi, a Nostra Signora
della Mercede, fu
solennemente consacrato
dal vescovo di Ventimiglia
Ambrogio Daffra nel
1903. Officiata nei primi
anni come semplice cappella
e affidata alle cure
dei padri dell’Opera della
Divina Provvidenza di
don Luigi Orione, che vi
celebravano una messa
mattutina nei giorni feriali
e le sacre funzioni la
domenica, la chiesa, allo
scopo di garantire alla
popolazione del quartiere
un più capillare servizio
religioso, fu data in
gestione negli anni Venti
ai frati minori francescani,
alla cui curia provinciale
di Genova venne
donata con regolare atto
dai coniugi Parodi nel
1935, rimanendo quindi
affidata alla loro cura
spirituale fino ai giorni
nostri.
Nel 1937, per via
dell’incremento demografico
del quartiere che
aveva reso insufficiente
la capienza della vecchia
chiesa, all’unica navata
centrale ne venne aggiunta
un’altra aperta sul
lato sinistro del fabbricato,
progettata dall’architetto
Silvio Gabbrielli
e poi demolita alla metà
degli anni Ottanta del secolo
scorso allo scopo di
ampliare ulteriormente
l’edificio per renderlo più
adeguato alle esigenze
VIAGGIO ALLE ORIGINI DELLA DEVOZIONE DI JAN PARODI
CORREVA L’ANNO 1903. CONCEPITA COME CAPPELLA CON UN’UNICA NAVATA CENTRALE, LA STRUTTURA FU IN SEGUITO AMPLIATA
del numero sempre più
alto di fedeli del quartiere.
Il 31 ottobre 1938
il vescovo di Ventimiglia
Agostino Rousset aveva
eretto la chiesa a parrocchia,
affidata dallo stesso
presule ai frati minori
francescani, proprietari
dell’edificio sacro, al
quale fu trasferito, su autorizzazione
della Congregazione
concistoriale,
il beneficio parrocchiale
dalla chiesa di Santo
Stefano, in modo tale da
alleviare il disagio dei
numerosi fedeli che avevano
incontrato notevoli
difficoltà a raggiungere
le rispettive parrocchie
per adempiere le pratiche
religiose, e in particolare
quelli del rione
San Martino e della collina
di Peiranze verso la
chiesa di Santa Maria degli
Angeli.
Tra le opere d’arte
presenti all’interno della
chiesa si segnalano
in particolare il dipinto
Estasi di santa Rita da
Cascia, realizzato da G.
Tutte le foto presenti a pagina 6 e 7 sono tratte da Facebook (‘Parrocchia N.S. della Mercede Sanremo’)
Rolando nel 1941 e collocato
sopra l’altare sul
lato destro della navata
centrale, una statua
in gesso della Madonna
della Mercede, eseguita
da un gruppo di artisti
spagnoli di Barcellona e
posta sopra l’altare maggiore,
un grande Crocifisso
ligneo, collocato sulla
parete destra della navata
centrale, un dipinto
in cui è raffigurata Santa
Elisabetta d’Ungheria,
patrona dell’Ordine
francescano secolare,
una statua lignea di san
Francesco d’Assisi, realizzata
da Luigi Santifaller
di Ortisei, due statue
in legno raffiguranti rispettivamente
San Giuseppe
e Sant’Antonio da
Padova, e quattordici caratteristici
quadretti della
Via Crucis.
Inserzione a pagamento a cura di Giovanni Nezzo
6 7
MEMORIE
IL LAMPO DI BORROMEO: TRE LENZUOLA E L’ANTENNA EIAR Ultimi AGGIORNAMENTI DA VILLA NOBEL ROTTA SU CRYPTOWORLD
L’ESCAMOTAGE DI CARLO USANNA, ICONA RESISTENZIALE DI SAN MARTINO, INTERDÌ LE CANNONIERE FRANCESI NELL’APRILE 1945
Alfredo Schiavi
Quel continuo frastuono…
Quegli scoppi tremendi…
Quella continua
paura che toccasse a te
ed ai tuoi cari. Bisognava
assolutamente che finissero.
Sanremo aveva
cessato di essere la città
amata dai ricchi borghesi
o statisti o re o imperatori.
Era la città che ospitava
i famosi “maiali” della
Regia Marina e aveva un
deposito di siluri proprio
in centro, vicino a un
convento. Ma questo non
era un segreto. Lo sapevano
anche gli inglesi e
gli americani ed i vicini
francesi... e le bombe perforanti
delle navi alleate
non risparmiavano la città
dei fiori.
«Cerchiamo tre lenzuola
matrimoniali e facciamone
una sola!» fu
l’illuminazione di un ragazzo
diciassettenne. Ma
sorse subito un problema...
logistico. Le lenzuola,
meglio rubarle da un
filo steso in campagna?
Sfilarle da sotto gli occhi
della mamma? Acquistarle
al mercato?
Chissà come, quelle
tre lenzuola comparvero
come per miracolo e un
paio di ragazzi si diedero
da fare nell’effettuare
l’operazione (laboriosa
ma piuttosto semplice)
di cucitura col filo da
rete da pescatori. Si trattava
di farne un bandierone
bianco, vistosamente
grande, da issare
sull’antenna dell’EIAR
(Ente Italiano Audizioni
Radiofoniche, oggi RAI)
Nella vignetta di Claudio della Croce, Carlo Usanna (‘Borromeo’)
e il primo giornale di quartiere (‘Pro San Martino’)
che svettava coi suoi circa
settanta metri in fondo a
via Ansaldi, qui a Sanremo,
nel quartiere San
Martino. Un bandierone
che rivelasse a quelle
due maledette cannoniere
francesi, che bombardavano
senza ratio Sanremo,
che qui ormai era
tutto pacifico, che i nazifascisti
se n’erano andati
già da un giorno e
che quindi era inutile che
queste due navi sprecassero
munizioni, distruggessero
case e aumentassero
il conto delle vittime
e dei danni.
Così, dunque, fu fatto:
le tre lenzuola erano
diventate, per volere di
un ragazzo di San Martino,
un’enorme bandiera
bianca che persino
un tale seduto sul bagnasciuga
della Corsica
avrebbe potuto notare.
Non a caso, dopo poche
ore, quel frastuono finì.
Si può dire allora senza
retorica alcuna che
quel manipolo di ragazzi
del quartiere San Martino
(fra ideatori ed esecutori,
nemmeno una
decina) salvò Sanremo,
o quantomeno contribuì
a farlo. Ci si chiede ancora
se il loro capo, un
certo “Borromeo” (alias
di Carlo Usanna), avesse
trovato ispirazione dalla
lettura de “I ragazzi della
via Pal” dell’ungherese
Ferenc Molnar o se fu
tutto frutto del suo ingegno.
Quel che è certo è
che “Borromeo” guidava
un gruppo di ragazzi del
quartiere in azioni non
prettamente guerresche
durante l’occupazione
nazifascista di Sanremo
(1943-1945). Nello specifico,
li guidava in azioni
propagandistiche, come
l’affissione notturna di
volantini, sui muri e sulle
porte delle abitazioni
del quartiere San Martino,
che esaltavano le gesta
dei partigiani della Ia
Zona Liguria e denunciavano
gli eccidi e le violenze
degli occupanti. Non
avendo a disposizione
colla, utilizzavano farina
bollita.
Si trattava di adolescenti
che non raggiungevano
nemmeno i diciotto
anni. Erano sostenuti da
Umberto Farina, gerente
di un negozio in Sanremo
che sapeva usare il
ciclostile e cominciò per
questo a tracciare con
la punta arrotondata su
carta cerata le prime parole
d’ordine clandestine:
«Via i tedeschi dall’Italia
e via i fascisti loro alleati».
Stampava girando la
manovella di notte, nel
silenzio del negozio, e
a operazione terminata
Borromeo passava a ritirare.
Non pago, fu poi
redattore e stampatore di
un foglietto fronte-retro
intitolato “La voce della
Democrazia”, che dal 1°
novembre del 1944 fu l’unica
voce libera del quartiere:
informava i cittadini
e li teneva all’erta.
Al fianco di quei giovani
coraggiosi, staffettisti del
doposcuola all’insaputa
dei genitori, c’era perfino
un cappellano, padre
Anselmo Perrone, falsa
identità cospirativa.
II suo vero nome era fra
Michele, francescano, ed
era il vice parroco della
chiesetta dei francescani
che si trovava (e si trova
ancora oggi) in corso Cavallotti.
Ma tornando alle lenzuola...
Chissà dov’è finita
quella vistosa bandiera
bianca che salvò Sanremo
da ulteriori tragedie
di guerra! La dovessimo
per magia ritrovare, non
esiteremmo a custodirla
in una teca all’ingresso
di Palazzo Bellevue (il
Municipio di Sanremo)
corredata da una breve
scritta: «Ai ragazzi del
quartiere di San Martino,
la città riconoscente».
Tutto ciò accadde
nell’aprile del 1945. Questo
mio scritto ha compiuto
sette anni. “Borromeo”
ci ha lasciati da tre.
Il Sud Est quando era ancora ‘Bar Ristorante delle Candele’.
Sullo sfondo, a destra, si intravede la ‘mitica’ antenna EIAR-RAI
Redazione
È in corso l’opera di restauro
del magnifico affresco
che decora il soffitto
della sala al piano terra.
Dopo la risistemazione del
giardino, dunque, un ulteriore
passo verso il ritorno
all’antico splendore del
prestigioso edificio, reso
possibile dal nuovo gestore
“Prime Quality” (incaricato
per nove anni) e dal suo
amministratore delegato
Gianmaria Leto. Restate
aggiornati sulle pagine Facebook
“Il Quartiere” (su
cui potrete rileggere l’intervista
rilasciataci proprio
da Leto in occasione
dell’ultimo numero di febbraio)
e “Villa Nobel” (per
seguire le notizie relative
ad eventi e aperture).
Redazione
È appena stato pubblicato
su Amazon il libro
del 25enne sanremese
Alessio Ferraro “Sognando
la luna: il mio viaggio
nel Cryptoworld”. Lo scopo
dell’autore è quello di
esplorare ed esplicare al
grande pubblico il mondo
delle criptovalute, oscuro
ai più ma oggetto di
discussione (anche feroce)
negli ultimi tempi, e
di aiutare a comprendere
la tecnologia Blockchain,
rivoluzionaria e, al tempo
stesso, ancora incompresa.
Con un linguaggio
semplice, Alessio spiega
nozioni apparentemente
difficili da interpretare
come quelle di Bitcoin,
IN BREVE
Crypto, Smart Contract e
Blockchain.
Nel corso della narrazione,
non mancano cenni
più generali sulla matematica,
sull’economia,
sulla finanza e aneddoti
sulle esperienze di Ferraro,
passato dalla pura speculazione
all’amore per
queste nuove tecnologie.
Inserzione a pagamento a cura di Luca Garibaldi
8
9
GASTROSOFIA
CULTO E CULTURA DEL PANE NELL’ENTROTERRA PONENTINO
LE RIVISITAZIONI CONTADINE DI UN ALIMENTO CHE, SEPPUR RAFFERMO, SAPEVA RESTITUIRE UN’ESPLOSIONE DI PROFUMI E SAPORI
Laura Parigi
Laura Parigi,
studentessa sanremese
della facoltà di Scienze
Alimentazione e Gastronomia
all’Università San Raffaele
Roma.
Un tempo non si parlava
di “panino” ma di
pane e companatico o di
fette di pane farcite.
L’usanza di bagnare
con acqua le fette di pane
raffermo, indurito, per
riutilizzarle e gustarle
con farciture varie, è radicata
nella cultura contadina
dell’entroterra del
Ponente ligure, secondo
cui nulla del pane si buttava
via. Un alimento di
cui si doveva e si deve
aver cura e rispetto.
Pane appena sfornato
o pane del giorno precedente,
secco ma opportunamente
ammorbidito
e condito, a pezzi o affettato,
abbracciava pietanze
casalinghe semplici,
autentiche specificità
gastronomiche locali. Il
pane “nudo” si vestiva di
consistenze morbide ed
eclettiche, tramandate
fino ad oggi di generazione
in generazione. Eccovi
alcuni esempi.
Una ricotta caprina
d’alpeggio fermentata, il
bruss, con erbe e spezie,
dal sapore leggermente
piccante e dal colore
quasi grigio, conservata
in vasi di vetro coperti di
olio extravergine, spalmato
su ‘bruschette’ di
pane triorese o carpasino
d’ordiu strofinate con
aglio, era ed è vera delizia,
così come il burro di
latte di pecora brigasca in
alta valle Argentina o di
capra in alta valle d’Arroscia,
prodotti dalla schiuma
del latte, recuperata
in una conca di terracotta,
poi battuta nella bireira.
Degne di alta considerazione
sono la crema di
olive cultivar taggiasche
‘Bistecca’ alla sanremasca e ‘bruschette’ ponentine
e le pumatte secche, conservate
in olio EVO.
Molto invitanti e profumate
le fette di pane
sfregate con il raro aglio
di Vessalico o condite
con agliata del Ponente,
diversa dalla genovese
e simile alla provenzale
‘rouille’ con uova.
La crema del Mar Ligure,
densa, scura, dal
forte odore di angiùe salate,
l’acciugata, che un
tempo farciva il pane di
pescatori imperiesi e savonesi
e discendeva dal
‘garum’ romano, si gusta
oggi molto volentieri
su crostini abbrustoliti,
oltre che nel condijun di
verdure fresche dell’orto,
sulla sardenaira e sulla
pasta. Infine pane raffermo
inumidito, impreziosito
con pestùn di fave, di
origine saracena, alternativa
al pesto genovese,
è ricetta primaverile antica,
fresca, aromatizzata
con aglio e menta appena
raccolta ed arricchita con
pecorino d’alpeggio.
Pan e pumatta preparato
con il pane tondeggiante
de basure di
Triora, offre una valida
alternativa al “panino”
con il pomodoro per il sapore
particolare delle fette
artigianali a base di farina
integrale, spolverate
di crusca, ben irrorate di
olio nostrano. Un poco
di basilico o una spolverata
di origano di montagna
profumano sapientemente
di “terra nostra” il
pane casereccio contadino,
ancora oggi impastato,
lievitato e cotto secondo
la consuetudine di un
tempo, venduto in foglie
di castagno.
La ‘bistecca alla sanremasca’
è invece un “panino”
imbottito semplice,
gustoso e profumato.
Il pane di san Romolo,
dal taglio quadrangolare
e dalla crosta croccante,
preparato a mano e
spolverato con semola
alla base, cotto in un antico
forno a legna, con
marchio DE.CO., dalla
ricetta “segreta”, ineguagliabile,
è apprezzato da
residenti e turisti.
La piccola frazione sulle
alture di Sanremo, a
768 m di altitudine, che
prende nome dal santo
vescovo protettore della
città dei Fiori, propone
una specialità tipica me-
‘Bistecca’ alla sanremasca e ‘bruschette’ ponentine
diterranea con pomodoro
cuor di bue, sale, basilico
in foglia piccola,
abbondante olio extravergine
d’oliva taggiasca,
in dialetto pan e pumatta.
Il pomodoro, maturo,
è spegazà, mai tagliato a
fette né fatto a tocchetti:
la tradizione vuole che
sia schiacciato con il pollice.
Si sbrignacca infatti
in una specie di ‘bistecca’
rossa, pastosa, all’interno
del pane “bucato”
e privato di tutta la mollica.
Le due sciappe sovrapposte,
intrise d’olio,
pressate sul pomodoro
con forza ed appiattite,
si portano alla bocca con
le mani, senza tovagliolo.
Se non ci si unge di olio
GASTRONOMIA
L’EPOPEA DI ENEA E DELLA SUA SARDENAIRA OLTREMANICA
STORIA DI UN PIONIERE SANREMESE DELLA PANIFICAZIONE E DINTORNI DAGLI INIZI (UN BAR IN VIA MONTÀ NEL 1958) A OGGI
“fino ai gomiti”, come dicono
gli anziani, non si
sta gustando il vero “panino
della memoria”, con
il pomodoro. Per grandi
e piccini il pan c’ha prima
murdà a te inamùa
resta il preferito da consumare
sul prato di San
Romolo oppure in spiaggia,
in estate e non solo.
Quelle sopra riportate
sono alcune delle ricette
dei semplici, sopravvissute
nel presente, dagli
ingredienti essenziali,
che trasmettono saggezza
contadina e si concretizzano
in un’esplosione
di profumi e sapori, al
tempo stesso delicati e
accesi, “dolci” e piccanti.
Ricette a base di pane,
“belle e buone”.
Redazione
(con Martina Tarantino)
A San Martino, dici
«gastronomia» e l’acquolina
in bocca ti porta a
strascicare la “a” – alla
Homer Simpson – fino
a sospirare «Enea». Sotto
quell’insegna moderna
che recita “Enea Sardenaira”,
campeggiante
in cima al primo tratto
di via Lamarmora, si nasconde
infatti un pezzo
di storia sanremese della
“ristorazione e dintorni”.
Enea e Silvana, i pionieri
dell’attività, aprirono
la loro prima attività
nel lontano 1958. Si trattava
di un baretto all’inizio
di via Montà, proprio
di fronte al mercato
annonario, con un ampio
dehor che permetteva
a diverse orchestrine di
intrattenere la clientela
(pure internazionale) la
sera. Ma è nel 1964 che il
pezzo forte della casa viene
consacrato addirittura
sul piccolo schermo: merito
di un documentario
della “British Pathé” che
presenta una succulenta
e ancora fumante “sardenaira”
di Enea e Silvana
al grande pubblico.
I due, forse anche in
virtù del successo televi-
sivo riscosso, decisero di
dedicarsi a tempo pieno
al forno e di spostare la
loro attività in via Margotti,
a Baragallo. Infine,
nel 1998, il trasferimento
definitivo a San Martino
con l’abbandono dell’ingrosso
e la prosecuzione
della tradizione familiare
grazie anche all’impegno
della figlia Nadia, del
marito Tonino e della nipote
Martina.
Ultima in ordine di
tempo a riconoscere
la bontà e la continuità
del loro lavoro è stata,
nel 2018, la troupe della
“Prova del cuoco”, fortunata
trasmissione RAI.
I fiori di zucca ripieni.
Abbiamo chiesto proprio
a Martina e, per suo tramite,
allo staff intero, di
svelarci qualche segreto
delle prelibatezze di
“Enea”. Ne è uscito qualche
appunto sulla preparazione
dei fiori di zucca
ripieni che – ne siamo
certi – perfezioneranno
la tecnica dei più e met-
1958, l’anno in cui tutto ebbe inizio. Agli estremi Silvana ed Enea, al centro un cantante d’orchestrina,
a completare il quadro tre turisti inglesi
1964, il documentario British Pathé immortala Enea e Silvana
e la loro ‘sardenaira’ destinata a diventare ben presto leggendaria
teranno alla prova gli
eventuali neofiti pronti a
cimentarvisi.
«Per prima cosa bisogna
pulire i fiori di zucca
senza utilizzare l’acqua.
È necessario togliere il
pistillo e il gambo del
fiore. Da parte si prepara
il ripieno quindi in
una ciotola mettiamo le
patate, precedentemente
bollite e schiacciate,
vi aggiungiamo del grana,
della mortadella a
dadini, un po’ di noce
moscata, pepe e sale. Incorporiamo
poi le uova e
creiamo un ripieno omogeneo.
Delicatamente riempiamo
i fiori cercano di
mantenere la loro forma
originale e stando molto
attenti
a non romperli. Prepariamo
una placca da
forno con della carta forno
su cui adagiamo i fiori
ripieni e li cuociamo
per 15/20 min nel forno
a 200°».
Le colonne portanti del forno in uno scatto più recente
10 11
RACCONTI
FINALMENTE RISOLTO IL GIALLO DEL “LEONE DEL RONDÒ”!
L’ESITO DELL’INDAGINE DELLA 1 a A DELL’ISTITUTO COMPRENSIVO CENTRO LEVANTE SULLA SPARIZIONE DEL FELIDE MUNICIPALE
Coordinati dalla professoressa
Monica Cassese,
gli alunni hanno
partecipato al concorso
letterario “San Giovanni
Bosco” bandito dal centro
di formazione professionale
CNOS-FAP – Istituto
Don Bosco di Vallecrosia,
in collaborazione e
col patrocinio del comune
di Vallecrosia. Siamo lieti
di condividere coi nostri
giovani scrittori la gioia e
l’orgoglio per aver riportato,
grazie al testo che
segue, un meritatissimo
successo!
Qualche tempo fa rondò
Garibaldi aveva una
rotonda impreziosita da
un’aiuola in cui troneggiava
uno splendido leone
arrampicato su una
palma. Ogni notte il leone
si svegliava e girava
per tutta Sanremo; uno
dei suoi posti preferiti
era il Forte di Santa Tecla:
con tutto quello spazio
pieno di verde poteva
giocare in tranquillità;
gli piaceva tanto anche
quel negozio di caramelle
davanti all’Ariston, lì
poteva mangiare dolci a
volontà. Qualche volta se
ne portava un po’ sotto la
sua palma per mangiarli
di giorno, perché restare
fermo in quel posto era
molto faticoso e noioso.
Dalla sua palma vedeva
tante persone in macchina
che sputavano un
fumo che lui odiava ma
che doveva sopportare in
silenzio. Tra tutte quelle
persone c’erano i bambini:
loro sì che lo ammiravano,
al contrario degli
adulti che continuavano
a guardare la strada senza
distrarsi un attimo.
Una sera d’estate il leone,
girando per Sanremo,
incontrò una bambina
sperduta che sembrava
molto spaventata ma che
lo guardò dritto negli occhi.
Il leone per la prima
volta era davvero guardato
e, vista la reazione
della bambina, decise
di rivolgerle la parola:
«Non ti spaventare, io
sono buono, non ti farò
nulla!». La bambina allora
gli fece un sorriso e
il leone le chiese: «Come
ti chiami? Quanti anni
hai? Perché sei in giro da
sola?». La bambina gli rispose:
«Mi chiamo Azzurra,
ho otto anni ed
ero al Moac con i miei
genitori quando all’improvviso
mi sono persa e
ho pensato di raggiungere
casa da sola!». E il leone:
«Non pensi sia pericoloso
alla tua età andare
in giro da sola? Ti ricordi
la via di casa?». Azzurra
rispose: «Certo! Spesso
torno a casa a piedi con
mia mamma! Ma ora
con questo buio…». Il leone
la interruppe dicendo:
«Ti accompagnerò a
casa, però nel buio solo
tu, per questa volta, potrai
vedermi mentre gli
altri non lo potranno
fare». Azzurra ringraziò
per la gentilezza il leone
e insieme si avviarono
per la strada di casa.
A un tratto, un gruppo
di malviventi sbucò sulla
strada cercando di afferrare
la bambina per un
braccio. Dal buio balzò
fuori il leone che li spaventò
con il suo ruggito
L’installazione artistica al centro
del rondò Garibaldi.
Era il 2014. Dov’è finito il leone?
(foto tratta da Facebook)
facendoli correre via terrorizzati.
Azzurra ringraziò
il suo amico per
averla salvata e gli disse:
«Non so come avrei fatto
senza di te! Non dimenticherò
mai il tuo gesto,
forse un giorno ti potrò
aiutare io stessa». Così
la bambina giunse a casa
sana e salva.
Qualche tempo dopo
Azzurra al telegiornale
sentì che in tutta la città
cercavano una bestia
che di notte si aggirava
per le vie del centro
ringhiando e ruggendo.
Azzurra riconobbe dalla
descrizione il suo amico.
La sera stessa la bambina
raggiunse il rondò Garibaldi
e disse al leone:
«Amico, ho una brutta
notizia, al telegiornale
ho sentito dire che ti vogliono
catturare, devi assolutamente
scappare».
Il leone rispose: «Grazie
per avermelo detto, farò
molta attenzione».
EDITORE DIMA S.R.L.S.
“Il Quartiere”
Testata giornalistica registrata
presso il Tribunale di Sanremo.
Numero di registrazione 1/13 del
29-04-2013.
DIRETTORE RESPONSABILE
Paolo Staltari
staltari@ilquartiere.eu
REDAZIONE
Flavio Di Malta
dimalta@ilquartiere.eu
Alessandro Ruggiero
ruggiero@ilquartiere.eu
Da quella sera, il leone
non si fece più vedere
sull’aiuola di rondò
Garibaldi, ma continuò
segretamente a far visita
alla sua speciale e coraggiosa
amica.
Alfredo Schiavi
schiavi@ilquartiere.eu
Gerson Maceri
gerson.maceri@gmail.com
HANNO COLLABORATO A
QUESTO NUMERO
Sauro Albieri
Monica Cassese e la 1 a A
Andrea Gandolfo
Stefania Manelli
Laura Parigi
Mario Pesante
Martina Tarantino
Non importa che i sogni
siano realtà, l’importante
è che quando siamo
nel buio ci salvino la
vita.
ELABORAZIONE GRAFICA
ellelle studio
Via Pallavicino 6 - Sanremo
CONTATTI
Via della Repubblica, 40 - Sanremo
T. 0184 508892
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canale - IL QUARTIERE
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