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#3DMAGAZINE_n17

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io”, un premio letterario e ho capito<br />

che scrivere poteva essere una forma<br />

terapeutica. Ho voluto raccontare un<br />

po’ la nostra vita insieme con vari<br />

salti temporali, intervallati da capitoli<br />

in corsivo che mostrano me e i nostri<br />

figli oggi».<br />

Nel primo di questi, Alessandro<br />

narra dell’idea di portare i ragazzi<br />

alle Maldive per Natale. «È stato il<br />

mio primo atto di resilienza. Subito<br />

dopo il funerale di Francesca,<br />

Angelica ha chiamato la madre<br />

sul cellulare. Non avendo risposta<br />

ha esclamato “Io non viaggerò<br />

più senza la mamma”. Ho dovuto<br />

inventare su due piedi la pazzia di<br />

andare alle Maldive. In realtà non<br />

ne avevo alcuna intenzione ma<br />

lei il giorno dopo, contenta, lo ha<br />

detto a tutti. Mi è toccato farlo e<br />

successivamente sono stato felice del<br />

viaggio».<br />

Quello di Milan è un racconto<br />

sulla vita. «Il mio libro, come molti<br />

© Ph. Guido Leonardi<br />

hanno notato, è un Inno alla vita<br />

anche se parla di una persona che<br />

non c’è più. La mia idea è quella<br />

di mostrare come essa sia sempre<br />

straordinaria. Volevo anche lasciare<br />

ai nostri figli il racconto della loro<br />

madre e del suo essere una donna<br />

eccezionali».<br />

“Mi vivi dentro” rappresenta quasi<br />

una scelta di vita «perché Francesca<br />

mi ha insegnato a ridere sempre e a<br />

guardare il bicchiere mezzo pieno.<br />

Prima di conoscerla, non ero così e<br />

ho deciso di non essere pessimista.<br />

A maggior ragione adesso che ho<br />

due bambini, che amo chiamare<br />

pettirossi perché sono piccoli e<br />

hanno bisogno di protezione. Ma<br />

sono anche la positività del futuro<br />

e la forza. I bambini, anche se<br />

sei un po’ giù, non ti consentono<br />

di abbatterti più di tanto e ti<br />

richiamano al bello della vita e alle<br />

cose da fare. Sono una fonte di<br />

preoccupazione e allo stesso tempo<br />

di grande forza». Il dolore di certo<br />

non è scomparso. «Quando è morta<br />

Francesca, mi sono trovato di fronte<br />

ad un muro. Potevo sperare che si<br />

spostasse o cercare di abbatterlo a<br />

testate. Invece, ho intrapreso la via<br />

della Resilienza per attraversare<br />

il muro trovando dei pertugi.<br />

Resilienza significa riconoscere il<br />

dolore, camminare a braccetto con<br />

lui senza che ti faccia lo sgambetto».<br />

Due anni prima di morire, Francesca<br />

pubblica “Wondy: Ovvero, come<br />

si diventa supereroi per guarire<br />

dal cancro”, dove con autoironia<br />

parla della malattia e il paragone<br />

con la conduttrice de “Le Iene”<br />

sembra immediato. «Quando ho<br />

visto la mia amica Nadia Toffa in<br />

tv che raccontava della scoperta<br />

del tumore e le ho sentito dire<br />

“Chi combatte il cancro è figo”, ho<br />

esclamato “Brava”. Francesca, dal<br />

canto suo, non associava l’immagine<br />

del guerriero a quella del malato<br />

perché in battaglia se non si vince,<br />

si è perdenti. L’idea di raccontarsi,<br />

ha spinto Francesca a creare un blog<br />

molto seguito per cui sarebbe stata<br />

dalla parte di Nadia». Per quanto<br />

riguarda le polemiche rivolte alla<br />

Toffa, Milan aggiunge:<br />

«Francesca fu accusata di essersi<br />

inventata tutto e c’era chi le diceva<br />

“Se ridi così, non è possibile che<br />

hai avuto un cancro”. Per questo<br />

ho detto a Nadia di non curarsi di<br />

loro. Vorrei, tra l’altro, capire quale<br />

sia il vantaggio per una persona<br />

nell’inventarsi un tumore». #<br />

#3D MAGAZINE 25

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