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MAGAZINE
Numero 26 - luglio-agosto 2019
ELEVIOLE?
tu sei come il vento
SZLUG
PAOLO GERSON
KAPUT BLUE
MAIONE
sommario
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Eleviole?
Szlug
Paolo Gerson
Kaput Blue
Maione
Luframilia
Management #5mc
Brunori Sas #qcs
Questa non è una testata giornalistica poiché viene aggiornata
senza alcuna periodicità. Non può pertanto
considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge
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ELEVIOLE?
tu sei come il vento
Chi è Eleviole?
Mia nonna mi diceva sempre “tu
sei come il vento” nel senso che
riuscivo rapidamente a creare
scompiglio per poi sparire. Sono
una curiosa, vulcanica, che si innamora
di tutto ma solo per cinque
minuti.
“Dove non si tocca” è il nuovo disco della cantautrice pop (ma anche medico
veterinario), che presenta anche il video “Tanti auguri”: due chiacchiere
sulla nonna, la malinconia, l’insonnia
Quali sono le sensazioni e le
emozioni dominanti che hanno
accompagnato il tuo ultimo disco,
“Dove non si tocca”?
Sicuramente la malinconia, ma
quella ispirata, che fa bene. Poi il
senso di protezione verso ciò che
di bello abbiamo nel quotidiano.
C’è la nostalgia della fanciullezza
perduta ma anche la consapevolezza
che da grandi siamo più forti.
Come nasce “Tanti auguri”?
Tanti auguri è dedicata al periodo
in cui ho sofferto di insonnia. Chi
è insonne lo sa, di notte i mostri
diventano giganti e poi spariscono
nonappena arriva la luce. Il tempo
degli insonni è dilatato, quasi irreale.
In questo tempo “nutriamo” le
nostre stesse paure.
Mi ha incuriosito molto anche
il video, in particolare la parte
“misteriosa” con la maschera
da corvo… Mi vuoi raccontare
qualcosa del concept?
È basato sulla linea sottile tra il
mondo reale e quello onirico, tutte
e tre le figure hanno un velo di
inquietudine anche se in modo
diverso. Sono ovviamente sempre
io, ad interpretarle tutte, come
ad avvalorare la tesi che siamo gli
autori dei nostri stessi incubi. Il
corvo è sicuramente quella più tetra
delle tre. Tutti i luoghi in cui
abbiamo girato sono abbandonati
e li ho cercati personalmente. Ricchi
di suggestioni, soprattutto oniriche.
Nella tua pagina Facebook sono
elencati i tuoi gusti musicali, che
viaggiano agili da Sergio Endrigo
ai Sigur Ros. Ma se dovessi
scegliere un singolo artista con
cui fare un duetto, chi sarebbe?
Uno dei più grandi cantautori viventi,
Samuele Bersani.
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SZLUG
“Protect us” è il nuovo singolo del giovane producer
calabrese Francesco Saporito, accompagnato
da un video visionario e apocalittico
Vuoi raccontarci la tua storia?
Io provengo dal rock, ma non
dal rock dei guitar heroes. Infatti
il mio chitarrista preferito è The
Edge degli U2, un esploratore di
suoni più che delle sei corde. Diciamo
che la scintilla fu accesa
da mio padre che ogni domenica
mattina mi faceva ascoltare gruppi
come Pink Floyd e, appunto,
gli U2. Fui da subito rapito dai
suoni più che dalle melodie o dai
testi (l’organo iniziale di Where
the streets have no name mi met-
te i brividi ancora oggi). E questo
fascino è rimasto nel tempo.
Poi scoprii che dietro il suono dei
gruppi che più mi piacevano c’era
un tale Brian Eno. Da lì si aprì un
mondo. E iniziai a sperimentare la
contaminazione tra rock ed elettronica.
Quindi nuovi strumenti,
le prime DAW, le Drum machines,
maree di Plugins e librerie di suoni
alla ricerca di quello che doveva
essere il mio suono.
Come nasce “Protect us”?
Stavo esplorando da un po’ di
tempo nuovi tipi di sonorità. Volevo
mescolare diversi mondi e
scenari. La “durezza” europea, le
ritmiche africane e orientali (ho
ascoltato, selezionato e tagliuzzato
centinaia di sample: da voci di
bambini pigmei fino a strumenti
quasi arcaici) e le suggestioni oniriche
mediterranee. Da sfondo a
tutto questo i “Paddoni” di synth
tipici della West coast americana.
Volevo evocare sensazioni diverse
e magari contrastanti. C’è un lavoro
di ricerca che si traduce nella
selezioni di tutta una serie di elementi
che vanno ad arricchire o
in alcuni casi anche a sviluppare
quella che è l’idea iniziale.
Da cosa vorresti essere protetto?
Be’ ci sarebbero un po’ di cose che
forse in una risposta secca non ci
starebbero tutte. Magari, e questo
è un tema che affiora anche
nel brano e nel video, la perdita di
quei punti di riferimento che sono
stati fissi e stabili per intere generazioni
puo produrre destabilizzazione.
Da una parte i cambiamenti
sono eccitanti, ma possono
risolversi anche in situazioni non
proprio idilliache. E poi la disumanizzazione
costante: la trasformazione
e la concezione dell’individuo
sempre meno in quanto tale
e sempre più come consumatore
(la rivelazione di Tyler Durden in
Fight club).
Nel video ci sono forti presenze
“materiali” umane, ma nessuna
persona. Che cosa volevate
rappresentare e perché?
Un senso di angoscia, di fuga,
di ricerca di protezione. Ma
senza riuscirci. Si trovano rovine,
cimiteri industriali, posti
abbandonati. Tutto è il resto
di qualcosa che fu. Quindi direi
questo: la fuga senza trovare
un approdo. E come si diceva in
precedenza, la perdita di punti di
riferimento. E allora ci si rivolge
a un’entità superiore, oppure dobbiamo
guardarci dentro per trovare
qualcosa che ci guidi.
Quali saranno i prossimi passi
della tua carriera?
Sto lavorando a un ep, che mi piacerebbe
anche portare dal vivo,
magari in una serie di piccoli
showcase da abbinare a un concept
visual da definire. E poi continuare
a esplorare nuovo paesaggi
sonori ed estetici. Una cosa che
cercherò di evitare assolutamente
è quella di definirmi in un suono:
certo manterrò dei “trademarks”
ma in generale mi piace sentirmi
libero totalmente di esplorare.
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PAOLO GERSON
Dopo quattro anni di silenzio l’esordio da solista per l’ex frontman dell’omonima
band punk, anticipato dal video “Silenzio per favore”
Tanti anni di carriera punk e ora
una svolta cantautorale. Puoi
spiegare che cosa ti ha spinto a
questa scelta?
Avevo in pancia da parecchi anni
dei brani che con i Gerson non
riuscivano a prendere forma .
cio parte della seconda categoria.
Dopo non avere fatto nulla per
quattro anni qualcosa nella testa
mi si è smosso.
Benché suoni siano più da cantautore
rock che punk, mi sembra
che la rabbia, in pezzi come
“Colpa degli altri”, sia un po’ la
stessa di sempre. Sbaglio?
Si giusto, vivo nello stesso mondo
di prima cambia un po’ la scatola
ma all’interno si trova più o meno
sempre lo stesso contenuto.
Come nasce “Silenzio per favore”,
canzone protagonista anche
del tuo ultimo video?
Tornando a una delle domande
precedenti trovo spesso fuori luogo
tutte queste informazioni che
di continuo arrivano ai nostri cervelli
sempre più consumati. E non
mi riferisco a i social e alla rete solamente
ma anche alla vita reale.
Che cosa pensi della musica italiana
oggi?
Non sono mai stato un grande
ascoltatore di musica , quella poca
che ascolto arriva dai miei dischi .
Se devo basarmisu quello che sento
in diffusione al bar mentre bevo
il caffè o al supermercato mentre
faccio la spesa, non è di mio gusto
ora come non lo era dieci anni fa.
Ho poi passato un breve periodo
di ispirazione dove sono riuscito a
mettere insieme qualche altro brano.
La mia non è sicuramente una
carriera, non so se farò altro o in
caso quando lo farò.
Quali sono state le motivazioni
fondamentali del tuo disco “Le
ultime dal suolo in alta fedeltà”?
Abbiamo tutti prima o poi qualcosa
da dire, c’è poi chi lo fa sempre
o chi lo fa ogni tanto. Io fac-
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KAPUT BLUE
“FINGO” è il nuovo singolo di Antonio Caputo, soul-singer pugliese che
torna così sulle scene a poco più di un anno di distanza dall’ottimo disco
d’esordio “Far”
Qual è la tua storia?
Ho sempre amato Stevie Wonder e
Mariah Carey, scrivo sin da piccolissimo
ma nel 2017 gli Uponcue
mi invitano negli studi di Angapp
Music (label). Dopo tanto studio,
decidiamo di riunire demo e idee
varie nel progetto urban “Kaput
Blue”. Solitamente le mie parole
hanno forte amore per le differenze,
stralci complicati di vita quotidiana,
personale o di altri. A Marzo
2018 esce “LIU”, primo brano
scritto e cantato sotto nome “Kaput
Blue” anticipando l’uscita del
mio primo ep “FAR”. “Booty Call”
aggiunge la 32esima posizione
nella classifica di musica indipendente
MEI accanto ad artisti quali
Ghemon e Boomdabash. Son stato
selezionato da Sony/ATV per il
“Songwriting Camp” organizzato
per Puglia Sounds e ne esco vincitore
assistendo autori in fase di
scrittura e co-scrivendo canzoni
per artisti già noti. Ho suonato al
Reset Festival 2018, condivido il
palco con Venerus (Asian Fake)
per la data zero del suo tour “A
che punto è il tour” ed ho partecipato
al Farcisentire Festival 2019.
Credete basti? (ride)
Vorrei sapere come nasce “FIN-
GO”
Ero a casa mia e ho cominciato
suonando qualcosa di comodo
sulla mia tastiera. Mi son venute
in mente una serie di cose che
solitamente mostriamo con orgoglio
ma che in realtà son bugie.
Probabilmente una parte di me ne
voleva parlare, non so dirti bene il
processo mentale. Fatto sta che sta
canzone suonava tanto onesta e
anche ad Angapp Music (etichetta)
è piaciuta.
Quanto spesso ti capita di “fingere”?
E quante volte ti dai dello
stronzo, come nella canzone?
Mi capita di fingere quanto tutti
quanti, semplicemente ho deciso
di dirlo a me stesso tramite questa
canzone. Proprio con FINGO decido
di far cadere qualsiasi tipo di
maschera e ammettere, come penso
tutti dovrebbero fare, di aver
finto tante volte nella vita.
Hai scelto di cantare in italiano:
scelta definitiva? E cosa ti ha
portato a questa decisione?
Sento la necessità di parlare direttamente
a tutti i miei sostenitori
senza che vadano a cercare il significato
dei miei testi e senza neanche
voler spiegare troppo. Questa
cosa mi ha divertito un sacco.
E al momento ti direi che mi va di
fare questo; se tra qualche mese
mi andrà di scrivere e cantare in
spagnolo lo farò senza troppi dubbi.
Che cosa succederà ora a Kaput
Blue? Quali sono le prossime
mosse che ti attendono?
A breve ci sarà una traccia molto...
“colorata”. Non posso ancora svelare
nient’altro ma vi dico solo di
tenervi belli pronti.
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MAIONE
“Parola di Franz” è il nuovo disco del cantautore e chitarrista, un “edificio
di emozioni” e un’ “illusione matura” nelle sue stesse parole
Ci vuoi raccontare chi sei?
Sono uno dei tanti musicisti che
cercano di fare il proprio lavoro
un po’ faticosamente ma cocciutamente.
Cerco di resistere, oggi
per fare questo mestiere, più che
artisti o artigiani, bisogna essere
partigiani… Credo in quello che
sto facendo ma con la consapevolezza
che il mercato è oltremodo
saturo, soprattutto di prodotti fabbricati
in serie e destinati all’usa
e getta. La velocità e la frenesia
di consumare tutto quello che c’è
da consumare ci ha inghiottiti. I
circuiti dove si fa attenzione a un
minimo di qualità sono pochi e
per questo è molto difficile entrarci.
A chi non piacerebbe avere una
Major alle spalle e tutto uno staff
a disposizione, dover solamente
impegnarsi alla scrittura?! Per andare
avanti devi solo pensare che
quello che stai facendo in arte fa
parte della tua vita e del tuo destino,
di quello che hai scoperto di
essere, la tua natura, il motivo per
cui sei nato. Poi può sempre capitare
un colpo di fortuna… Magari,
perché no?!
Che cos’è successo da “Assassini
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si nasce” a “Parola di Franz!”?
Da “Assassini si nasce” a “Parola
di Franz!” ci sono stati concerti,
sconcerti, apprezzamenti e ripensamenti.
Ma è tutto normale...
“Parola di Franz!” è il nuovo disco.
Con quali premesse e idee
hai approcciato questo lavoro?
Ah, nessuna premessa o scelta
aprioristica. Ho semplicemente
aspettato che mi venisse l’ispirazione
e la voglia di progettare un
nuovo edificio di emozioni. Per
me “Parola di Franz” è un’ illusione
matura, un mondo che prevalentemente
si batte (con le sue tematiche),
contro l’omologazione e
il pensiero unico dominante. Ovviamente
il cd contiene anche brani
che esulano da queste tematiche,
come TIEMP’, LE COSE GIÀ
DETTE, TUTTO QUELLO CHE
MI MANCA É UN ATTIMO.
Invece, la canzone che dà il titolo
al cd, tratta di scene da un manicomio.
È una storia vera. Franz
(da me denominato tale) è un personaggio
realmente esistito, che
ho conosciuto personalmente...
Per quanto riguarda il discorso
musicale, credo e so di aver mantenuto
il mio stile, anche se nel
secondo cd ci sono più parole e
meno schitarrate. Tutto il progetto
è stato realizzato a budget molto
ridotto, ed è stato possibile anche
grazie alla preziosa collaborazione
di Giuseppe Rotondi, co-produttore
e co-arrangiatore, nonché
batterista, percussionista e fonico.
Come nasce “Atto di dolore”?
Voglio subito sottolineare che non
ho voluto citare né Guccini né l’
immenso Nietzsche. ATTO DI
DOLORE è un brano provocatorio,
forse ironico, ma sicuramente
amaro. Quel “dio è morto” di cui
parlo, “uno e trino, dio quattrino”
è il surrogato di tutte le divinità
fallite, quel dio che ha definitivamente
trasformato i reali bisogni
dell’umanità, e gli stessi uomini in
merce, quel dio contraddittorio di
cui siamo adulatori e al contempo
schiavi. Aggiungo che io sono
un non credente, ma essendo un
occidentale, sono inevitabilmente
immerso nella cultura cristiana.
Vuoi vedere che pur non volendo
ho scritto una canzone cristiana?!
Ah ah ah. Potrei dire molto altro,
ma so che il tempo e lo spazio a
disposizione sono tirati. Credo di
essermi già dilungato abbastanza.
Quali saranno le tue prossime
mosse?
Le mie prossime mosse? Continuare
a camminare sul ciglio del
burrone. Scherzi a parte, spero
non siano mosse epilettiche...
#ètuttoinutilemavafatto
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LUFRAMILIA
Davide Bolignano inaugura il proprio progetto con “L’Eremita Postmoderno”,
un singolo curioso e interessante che prelude a un album dai colori
“sfumati”
Ci racconti chi è “L’eremita postmoderno”?
E in che rapporti è
con te?
È un personaggio che è scivolato
fuori dalla mia mente, dal mio inconscio.
Mi sembra di aver iniziato
a scrivere il testo ancora prima
di decidere questo titolo e plasmare
questo personaggio. Quindi le
parole sono state veicolo. L’Eremita
Postmoderno è una qualsiasi
persona che si possa essere sentita,
anche soltanto per un attimo,
“sola” in mezzo al caos artificiale,
è bloccata nel suo limbo, nel suo
utero, ma vorrebbe nascere e liberare
se stesso, fare la sua rivoluzione
all’interno della realtà. È un
tentativo, è una porta semi aperta.
Il rapporto che ha con me, è sicuramente
qualcosa di in parte autobiografico,
è una proiezione delle
mie sensazioni, è un dialogo ancora
aperto tra me, le mie sperenze e
le mie parti oscure.
Ho letto che la canzone è nata in
maniera graduale e un po’ sofferta.
Scrivi sempre così oppure
è stata un’eccezione?
Penso non ci sia una regola in che
cosa una persona può trovare “l’ispirazione”.
Per quanto mi riguarda
mi sento molto più connesso
alle atmosfere tristi e più cupe.
Solitamente non decido a priori
“devo scrivere una canzone triste
o felice” ma mi sono sempre fatto
guidare dalle mie sensazioni, dalle
“atmosfere mentali” che sento.
Per ora le canzoni che scrivo e che
poi ho l’istinto e la voglia di coltivare,
arrangiare e registrare, sono
brani che attingono dalle tonalità
chiaroscure del nostro mondo interiore.
Alla fine è necessità. Non
escludo che in futuro possa trovare
ispirazione dalla felicità, chi lo
sa!
Ho letto anche che hai iniziato
a scrivere in italiano prendendo
appunti vocali. Quindi ora immagino
il tuo smartphone pieno
di mozziconi di canzoni da completare…
È così oppure sei uno
metodico e hai travasato tutto e
salvato tutto in bella copia?
La bella copia? Non riuscivo a farla
neanche a scuola ahah! Sono un
caos di disordine, partendo dagli
spazi in cui vivo sino alle mie
stanze mentali! È un casino! ho
bozze di canzoni scritte e registrate
nel mio PC, nel mio smartphone,
anzi in tanti cellulari ahah,
perché magari dopo un tot di tempo
ti capita di cambiare telefono,
e a quel punto ti ritrovi con tanti
piccoli frammenti di canzoni un
po’ di qua e un po’ di là, tra i quali
fare ordine sembra un’impresa.
Ma i brani con cui entri davvero
in connessione, restano con te, è
un imprinting, e basta prendersi
il tempo che serve, tirare il giusto
filo nel groviglio, per ritrovare
quello che cerchi. Il disordine è
per i disordinati, bisogna saperci
dialogare, il paradossale equilibrio
del caos. Mi avete proprio centrato
con questa domanda!
Raccontaci il tuo primo album,
sulla base di quello che hai già
realizzato e di come vorresti che
fosse…
Avevo scritto una ventina di brani,
trai quali ho scelto tredici tracce.
L’idea di fare un mio album
era lí con me da quando sono un
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agazzino, ho già registrato e fatto
dischi per altri progetti in cui
suono la chitarra, ma mai avevo
avuto il coraggio di fare qualcosa
di completamente mio. Finché
questa piccola scintilla è iniziata a
bruciare di più, e ho condiviso gli
scheletri dei miei brani con l’ingegnere
del suono e caro amico
Alessio Mauro, di Reggio Cala-
bria, e con lui
abbiamo trovato
una sinergia
a dir poco
perfetta nel mirare
a ottenere
il suono che
avevamo in testa,
ed è iniziato
un lavoro di
pre-produzione,
e poi di arrangiamento
e registrazione.
E
fino a ora è stata
un’esperienza
incredibile,
adoro
stare in
studio,
mentre
registri
e vedi
piano
piano prendere forma
quello che anni prima era
stata soltanto una tua sensazione,
che poi è diventata
una canzone abbozzata
in una memo vocale, e adesso è in
studio e inizia a suonare come immaginavi
e a volte oltre la tua immaginazione.
Attualmente il disco
è in fase di mix. Abbiamo lanciato
soltanto “L’Eremita Postmoderno”
come singolo di debutto, ed è
una traccia che sarà contenuta anche
in questo mio primo full length.
L’ album ha già un titolo. Non
voglio anticiparvi troppo... vi dico
che possiamo considerarlo come
una... sfumatura... tra due colori
estremi. Presto saprete di più!
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MANAGEMENT
#5minuticon
Luca Romagnoli e Marco ‘Diniz’ Di Nardo hanno dato vita nel 2012 al
progetto Management del dolore post operatorio, diventato poi solo Management.
Con quattro album all’attivo e uno quasi pronto per essere pubblicato,
sono tornati con il singolo “Saturno fa l’Hula Hoop”. Li abbiamo
intervistatiasi per tatuaggi”
“Saturno fa l’Hula Hoop” è un
brano pop spaziale: ci si muove
tra le pareti di casa e il sistema
solare, tra i sentimenti e la forza
che move il sole e le altre stelle…
da dove è nata l’idea di questo
pezzo?
Ci ha sempre affascinato l’idea di
un universo che si emoziona insieme
a noi. Niente di religioso,
solo la vita che si emoziona con
la vita. Le stelle e i pianeti che si
emozionano per un bacio, il cielo
e il tramonto che si fanno più
belli per illuminare due amanti.
Una energia positiva cosmica che
si irradia dal cuore delle cose, sia
esso pieno di sangue o di terra o
di magma e fuoco. E’ con questo
tipo di pensiero che poi, OVVIA-
MENTE, si arriva molto facilmente
e felicemente alla conclusione
che tutte le cose e le persone del
mondo sono meravigliose ed importanti,
che non c’è differenza tra
nessun essere vivente, che dobbiamo
rispettare ed amare tutti i
pianeti e tutte le forme di vita, ma
anche una pozzanghera, una pietra,
una zolla di terra.
Il vostro percorso artistico ha
visto venir meno una parte del
nome originario e aumentare
una consapevolezza mescolata a
spunti di riflessione. Kate Moss
è il primo singolo con cui siete
tornati nel 2018. Si parla di photoshop,
social, follower e di tutto
ciò che si può fare online per
sembrare migliori. Che rapporto
avete con i social network?
Non sappiamo proprio come si
usano. Stiamo pagando milio-
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ni di euro per farcelo insegnare,
ma proprio non ci entra in testa.
I selfie però ci escono benissimo,
facciamo solo quelli. Sarà perché
siamo belli?!
Una delle vostre caratteristiche è
che avete sempre suonato molto,
lasciando da parte artifici sono-
rità sintetiche. Sarà così anche
nei brani del prossimo album?
Forse no
“E siamo come le piante infestanti
che più ci tagli le gambe e
più cresciamo forte” è una delle
frasi cult del vostro album Naufragando,
che appartiene al singolo
“Esagerare sempre” e che è
tutt’ora tra i più ascoltati su Spotify.
La tenacia è una delle vostre
caratteristiche principali?
Quando nella vita ami quello che
fai, tutto quello che ti gira intorno
conta relativamente. La musica
riesce a dare grandissime soddisfazioni
ma anche molti pensieri,
molto stress. Ma se sei convinto al
cento per cento di non poter fare
altro, vai avanti e basta, e ti rinforzi
nutrendoti di tutte le cose che ti
succedono, belle e brutte. E’ una
cosa che viene da dentro, se non
viene da dentro è meglio che lasci
perdere dall’inizio.
È il momento della playlist: ci lasciate
qualche brano che proprio
proprio i nostri lettori non possono
non ascoltare quest’estate?
Ascoltate solamente “Saturno fa
l’Hula Hoop” dei Management! A
loop, finchè non vi vengono i cerchi
alla testa.
Chiara Orsetti
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BRUNORI SAS
“COME STAI”
#quellochesentivo
di Chiara Orsetti
Giusto a metà di Vol. 1, disco d’esordio di Dario Brunori, in arte Brunori
Sas, uscito nel 2009 c’è “Come stai”, pubblicata anche come singolo e video
(con la regia di Giacomo Triglia)
Banalità. Si rispondono sempre
banalità quando qualcuno ci
chiede “Come stai?”. E banalità
ci aspettiamo, non siamo pronti
ad accettare una vera risposta,
una vera ammissione di tristezza,
smarrimento, disagio.
Come stai?
È la frase d’esordio nel mondo che
ho intorno
Tutto bene, ho una casa
E sto lavorando ogni giorno
Che cosa vuoi che dica? Di cosa
vuoi che parli?
È il mutuo il pensiero peggiore del
mondo che ho intorno
Tasso fisso, con l’Euribor c’è chi sta
impazzendo da un anno
A tante, troppe persone ogni giorno
chiediamo di non raccontarci
come si sentono chiedendo loro
come stanno. Eppure ogni tanto
la sensazione di rispondere, spiazzando
l’interlocutore, costringendolo
a rimanere sul punto e a non
proseguire la conversazione nel
modo sperato, viene fuori.
Che cosa vuoi che scriva?
Di cosa vuoi che canti?/Di com’è
facile andare quando non sai guidare/Di
com’è triste il Natale senza
mio padre
Viaggiare sempre in superficie è
rassicurante, non smuove il fondale,
non rivela quanto abbiamo
cercato di insabbiare e mascherare.
“Come stai”? “Che ha fatto l’Italia”?
“Dove vai in ferie”?
Il calcio è la sola religione del
mondo che ho intorno
Una pizza, una birra e poi andremo
a ballare giù al mare
Rispondere a una domanda che
viene dall’esterno comporta aver
chiaro quello che è dentro. E se
dentro il cambiamento comincia,
anche rispondere “bene, grazie”
non somiglierà più a una bugia.
Che cosa vuoi che dica? Di cosa
vuoi che parli?/Di com’è grande il
mare quando non sai nuotare
Di come navigare al rallentatore
Forse dentro me cambiano le cose
Dentro al mio giardino nascono le
rose
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