Il Quartiere - Anno V - Numero V
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Anno 5 - n. 5
ottobre / novembre 2019
cercaci su
www.ilquartiere.eu
“Raccontare quel che succede sotto casa come se fosse la cosa più importante del mondo, e i grandi temi del mondo con la semplicità della porta accanto”
CONTAINER E PASCOLI-BIS, VAR!
SUD-EST SGOMBERATO ENTRO L’AUTUNNO 2020 MA C’È IL TIMORE PER EVENTUALI NUOVI CASI D’INAGIBILITÀ
Redazione
Sui prefabbricati della
passeggiata Sud-Est,
lo scetticismo ha ceduto
il passo a un’accettazione
tendente all’approvazione.
Dalle stanze dei
bottoni di palazzo Bellevue
giungono rassicurazioni rispetto
a una prossima scadenza
dell’emergenza-Pascoli,
ma l’impossibilità di
escludere nuovi casi simili
impone una progettazione
urgente...
» segue a pagina 2
SOMMARIO
» «UN ALTRO “CASO PASCOLI”
È POSSIBILE...»: GLI SCENARI
p. 2
» RIVELAZIONE
PREFABBRICATI: UN’ODE
ALLA PRECARIETÀ
p. 3
» BOOM DEL CICLOTURISMO:
NON SOLO LA PISTA
COSTIERA
p. 4
» ACQUOLINA ALLA
PONENTINA: PIZZATE,
FUGASSE & CO.
p. 5
» DAI CANTI ORFICI AGLI
INCANTI SFERICI: MAGIE
LIBRARIE!
p. 6
» CALVINO L’EVERSIVO: FU
UN PAROLIERE ANTI-
CANZONETTE
p. 7
» CIAK, SI GIOCA! A
NOVEMBRE IL SECONDO
“CARUGGI PLAY”
p. 8
SPORTURISMO
DOPPIA CICLABILE
ALL’ASSALTO DELL’ENTROTERRA CON E-BIKE E MTB
Flavio Di Malta
LUDOLAND
CARUGGI PLAY, IL RITORNO
NON SOLO NERD. AL “CHIMICAND” LA REUNION PER I GIOCHI DA TAVOLO E DI RUOLO
Redazione
Un settore dalle
cifre in imperterrita
ascesa e
che trova un anfiteatro
naturale ideale nella
morfologia del nostro comprensorio.
Il boom del cicloturismo,
fenomeno nazionale,
si sta rivelando un
volano importante per le
presenze in città, producendo
un indotto inaspettato.
Ed esistono ancora enormi
margini...
» segue a pagina 4
Nell’ormai noto
covo di via Lamarmora,
l’“Associazione
Culturale
Ricreativa Caruggi and
Dragons” replica il fortunato
appuntamento del 2018 dedicato
a un’ampia gamma di
giochi. Attesi oltre duecento
partecipanti: raddoppiano,
allora, anche i giorni di gara
(16 e 17 novembre) e le aree
ludiche, sempre all’insegna
dell’aggregazione!
» segue a pagina 8
Uno scatto del primo Caruggi Play realizzato nel 2018
da Mad Photography di Davide Di Fazio
1
ISTRUZIONE
«UN ALTRO “CASO PASCOLI” È POSSIBILE...»: GLI SCENARI
GIORGIO TRUCCO, EMINENZA GRIGIA DEL BIANCHERI-BIS: «NEL 2020 STOP CONTAINER, REDISTRIBUZIONE ALUNNI E NUOVA SEDE»
Redazione
Avvertenza. Per le vie
cittadine e nelle piazze
virtuali, è tutto un
mormorio stucchevole,
un borbottio astioso,
un pontificare ostentato;
proliferano improvvisati
sindaci messianici, assessori
illuminati, geometri-architetti-ingegneri
salvifici… Al tempo delle
fake news, ognuno può
millantare competenze e
costruirvi su le proprie
verità.
“Il Quartiere”, fedele
alla sua missione originaria,
ha cercato – a
bocce più ferme di quanto
fossero anche solo un
mese fa – di approfondire
la vicenda “Pascoli” proponendovi
un campione
eterogeneo ma significativo
di interviste, cercando
di registrare una voce
autorevole per ogni cate-
goria gravitante attorno
al fatto di cronaca. Torneremo
sulla vicenda,
rimediando ad eventuali
dimenticanze, anche nel
numero natalizio, anche
grazie alle vostre segnalazioni
e opinioni che
continueremo a ricevere
a info@ilquartiere.eu.
Giorgio Trucco, consigliere
comunale di
maggioranza del Biancheri-bis
ma già assessore
ai lavori pubblici
dell’amministrazione
precedente, è senz’altro
uno dei “testimoni” più
informati sui fatti della
“Pascoli”.
Prima della “perizia
definitiva” avevate già
avuto sentore dei seri
problemi strutturali della
scuola? «No, nessun segnale
particolare. Da oltre
vent’anni, tuttavia, è
ben nota l’inadeguatezza
dell’edificio».
Sussiste il rischio di
nuovi casi simili, nel territorio
comunale?
«È possibile, vista l’età
degli edifici».
L’immaginifico popolo
dei social è sembrato
aver pronte mille soluzioni,
dai locali della stazione
ferroviaria a villa
Mercede…
«Non se ne sarebbero
potute ricavare aule abbastanza
capienti e, comunque,
sarebbero stati
necessari lavori di adeguamento
troppo onerosi».
Guardiamo, ormai,
all’anno scolastico
2020/21: resterà in piedi
la “scuola del Sud-Est”?
«No, la soluzione dei
prefabbricati è temporanea,
annuale. Confidiamo
di trovare una sistemazione
agli alunni
dell’ormai ex “Pascoli”
all’interno di aule di plessi
scolastici già esistenti».
Il degrado dell’ormai ex Pascoli in tutta la sua evidenza sul lato sud
Non ci sono proprio
margini per il recupero,
anche parziale, della vecchia
struttura affacciata
su corso Cavallotti?
«Siamo in attesa di verificare
la relazione che
un ingegnere, professore
dell’Università degli Studi
di Genova, ci fornirà
entro novembre. Ma
non possiamo prescindere
dalla progettazione e realizzazione
di una nuova
scuola».
Sara Moraglia, vicaria
per la “Pascoli” del dirigente
scolastico Anna
Maria Fogliarini, è invece
la portabandiera delle
istanze di chi nei prefabbricati
vive la quotidianità
scolastica e di chi fra le
vecchie murature aveva
potuto osservare, prima
da alunno che da docente,
certe criticità.
«Scale, pavimenti e soffitti,
viste le condizioni in
cui si trovavano, avrebbero
potuto causare seri
problemi in casi di emergenza;
abbiamo visto
fare a più riprese verifiche
strutturali e mettere
in opera nel tempo lavori
di miglioramento all’impianto
elettrico, ai pavimenti,
ai soffitti... ma
nulla di pienamente risolutivo
e migliorativo».
La soluzione rappresentata
dai prefabbricati,
dunque, può essere definito
con un sorriso un
“salto di qualità”?
«Noi registriamo il gradimento
degli studenti,
della maggior parte dei
docenti e del personale
scolastico. Certamente i
disagi sono molto contenuti
rispetto a quelli che
avrebbero potuto verificarsi
a seguito della paventata
dislocazione delle
classi in punti diversi della
città».
Mettiamo in ordine e
nero su bianco, allora,
pro e contro dell’attuale
situazione…
«Sintetizzerei i vantaggi
così: posizione, salute
e sicurezza, aule ampie e
luminose, certamente migliori
delle aule del plesso
Pascoli in corso Cavallotti,
servizi per i ragazzi
finalmente funzionanti.
Fanno da contraltare
l’insufficienza degli spazi
per tutte le attività, la
necessità di dover andare
nel palazzetto di Villa
Ormond per le attività
motorie e la suddivisione
in quattro moduli (per
ragioni di sicurezza) che
non facilita gli spostamenti
dei fruitori».
Sono undici i mesi che
ci separano dall’inizio
del prossimo anno scolastico:
un tempo sufficiente
per pianificare al
meglio un “ritorno alla
normalità”?
«Auspico che la sistemazione
nei container
possa essere superata per
poter restituire alla città
uno spazio che deve
essere riportato alla sua
destinazione originaria.
Se l’edificio della “Pascoli”
in corso Cavallotti, a
seguito della nuova perizia
affidata nei primi di
settembre, potrà essere
considerato nuovamente
agibile, confido che l’amministrazione
metta in
atto interventi tali da ristruttare
almeno due pia-
2
RIVELAZIONE PREFABBRICATI: UN’ODE ALLA PRECARIETÀ
SALVAGUARDATI TRAFFICO E COESIONE DEL CORPO DOCENTE. MA LE ATTIVITÀ ADIACENTI NON CI STANNO: INCASSI IN NETTO CALO
ni dell’edificio nel modo
più funzionale, per poter
accogliere i nostri alunni
in una scuola degna di
tale nome».
Ipotizziamo lo scenario
peggiore, una “Pascoli”
irrecuperabile nella
sua totalità. Quali le alternative?
«Penso a villa Zirio
che, ristrutturata in tutti
i suoi piani, consentirebbe
di accogliere al
meglio gli studenti, i docenti
ed il personale amministrativo.
Poiché si sta
ipotizzando di ridurre da
quattro a tre gli istituti
comprensivi della città,
bisogna comunque ipotizzare
soluzioni che non
penalizzino la zona a levante
della città, il quartiere
di San Martino e le
frazioni di Poggio e Verezzo».
Erika Cagnati, docente
della scuola primaria
Scorci spettrali a Sud-Est, fra prefabbricati, giostre e giochi
dell’Istituto Comprensivo
Sanremo Levante,
riprende molti dei concetti
espressi dalla collega
vicaria, offrendo un
approfondimento e un
ulteriore spunto di riflessione.
Il primo va a rimpinguare,
in maniera accalorata,
la difesa della
soluzione-prefabbricati:
«Attualmente il riscontro
è più che positivo, chi
se ne lamenta o è in mala
fede o non ha compreso
che quella attuale è l’opzione
migliore per salvaguardare
l’integrità e la
coesione del corpo docente,
che altrimenti si sarebbe
spezzettato, e per
le famiglie, che avrebbero
dovuto attraversare la
città per raggiungere edifici
dislocati fuori dalla
zona di Levante».
Il secondo riguarda il
concetto di preservazione
della continuità:
«Anche a costo di sostare
nei prefabbricati
ancora un anno o il tempo
necessario, credo che
l’obiettivo finale da perseguire
sia quello di salvare
la scuola media a levante,
pena la disgregazione di
un corpo docente che lavora
da anni in senso longitudinale,
cioè dall’infanzia
proprio alla scuola
secondaria di primo grado,
per dare una continuità
al progetto formativo
che l’Istituto Comprensivo
offre ai suoi studenti».
Fabrizio Barozzi, titolare
della giostra per
bambini “La Sirenetta”
di Portosole, è invece di
diverso avviso e non condivide,
evidentemente, le
buone sensazioni e l’ottimismo
dei suoi nuovi
“coinquilini”.
La posa dei container
sul lungomare è stata discussa,
concertata con
coloro che già vi possedevano
un’attività?
«No, nessuno ci ha contattato
in merito. Abbiamo
appreso la notizia da
Facebook… Avrei certamente
preferito un’altra
soluzione e lo stesso potrebbero
dire i miei clienti».
Ci lascia intendere che
il volume di affari, negli
ultimi mesi, sia diminuito…
«È così. Parlerei di un
notevole calo d’incassi
a partire dal 19 agosto,
data d’inizio dei lavori.
D’altra parte, posizionando
lì i container, è stato di
fatto tolto tutto lo spazio
davanti ai giochi, un’area
dove i bimbi potevano
tranquillamente andare
in bici, giocare a pallone e
rincorrersi in totale tranquillità
perché costantemente
sotto lo sguardo
dei genitori».
La chiusura è un auspicio:
«Non resta che augurarmi
che l’amministrazione
mantenga quanto
promesso, ovvero che non
prolunghi questo disagio
oltre l’anno».
3
SPORT
BOOM DEL CICLOTURISMO: NON SOLO LA PISTA COSTIERA
IL “PRODOTTO INTERNO BICI” SI IMPENNA E SANREMO, COL SUO ENTROTERRA ANCORA INESPLORATO, PUÒ ESSERE PROTAGONISTA
Flavio Di Malta
Settantasette milioni
di presenze solo nel
2018, cifra che rappresenta
l’8,4% dell’intero
movimento turistico
italiano; oltre sette miliardi
e mezzo di euro
annui di P.I.B. (felice
acronimo di Legambiente
per Prodotto Interno
Bici); il 41% di crescita
del settore nell’ultimo
quinquennio.
Sono solo alcune delle
cifre legate al cicloturismo
in Italia, un’attività
in continua evoluzione
che trova nella nostra
città, nel suo parco costiero
e nel suo entroterra
una splendida cornice
naturale.
Quei ventiquattro chilometri
tracciati sull’ex
sedime ferroviario,
inaugurati nella tarda
primavera del 2009,
hanno via via fatto maturare
una certa consapevolezza.
Attività che
vi insistono come noleggiatori
e ristoratori si
sono moltiplicati, sfruttando
fra le tante l’onda
lunga del “Big Start” del
98° Giro d’Italia, quello
del 2015, aperto il 9
maggio proprio da una
cronometro sui primi
17,4 chilometri a partire
da San Lorenzo al Mare.
Uno spottone televisivo
con regia RAI che, diffuso
in mondovisione,
ha fatto impennare definitivamente
le presenze
nazionali e internazionali.
Satura, trafficatissima,
non più sufficiente come
attrattiva per il cicloturista
di medio-alta esperienza,
la “Pista Ciclabile
del parco costiero
Riviera dei Fiori”, conosciuta
al di là dei confini
semplicemente come
“Cycling Riviera”, è stata
affiancata dalla “Pista
Ciclabile dell’entroterra”,
una rete di sentieri
sterrati di eterogenea
difficoltà che tanto si
arrampicano sulle vet-
te che ci “incoronano”
quanto si tuffano a picco
verso il mar Ligure.
Il paradiso, insomma,
del cicloturista “adrenalinico”.
Esemplifichiamo
partendo proprio dalla
nostra San Martino.
Dopo un breve warm up
sulla ciclabile costiera,
ci si inerpica sul Poggio
con pausa obbligata per
ammirare il golfo dalla
Madonna della Guardia.
Si prosegue in uno
scenario sempre più rurale
verso Ceriana che,
nascosta alla vista dei
pirati un tempo, spunta
oggi all’improvviso
dietro all’ultimo crinale,
maestosa e slanciata,
impreziosita da molteplici
campanili che si
La ‘Via del Sale’, una novantina di chilometri
tutti d’un fiato fra Limone e Sanremo
stagliano su un borgo
medievale che conserva
tutte le peculiarità artistiche
e architettoniche
del tempo. C’è pure
lo spazio per una pausa
gastronomica in paese,
per assaporare la tipica
salsiccia unta, perché
no, dal tradizionale olio
EVO, prima di scoprire
le “terre bianche”, i saliscendi
polverosi, la flora
spontanea mediterranea
fra cui si annidano piante
di fichi ricche di saporitissimi
frutti selvatici.
E perché non riscoprire
mulattiere e sentieri
di quella Bussana
Vecchia che sì, si trova
dietro l’angolo, ma della
quale in pochi conoscono
i segreti più reconditi?
Qualcuno obietterà: il
cicloturismo è un affare
riservato ai soli sportivi.
Pregiudizio da sfatare:
con le nuove biciclette
a pedalata assistita,
elettriche, più comunemente
conosciute come
“e-bike”, la salita diventa
formalità appannaggio
di tutti e la discesa,
quindi, un piacere da
consumare senza doveri.
Altri contesteranno:
i percorsi sono sconosciuti
e comunque privi
di manutenzione. Sbagliato.
Sono in gran parte
segnalati (i comuni
dell’imperiese, specie
Sanremo e Bordighera,
si stanno muovendo, investendo
decine di migliaia
di euro: hanno subodorato
l’indotto…) e
possono essere affrontati
in compagnia di guide
specializzate che operano
a chiamata sul territorio.
Si è accennato all’indotto.
Non solo guide
ma negozi di attrezzatura
tecnica, pezzi di
ricambio, riparazioni,
noleggiatori che forniscono
mezzi a chi, turista
che viene da lontano,
non li ha, ristoratori di
piccolo, medio e grosso
calibro (a seconda
del dispendio calorico),
campeggi, hotel…
E non dimentichiamoci,
nel ventunesimo secolo,
del risvolto social: ogni
esperienza, infatti, viene
amplificata da foto, video,
commenti che vengono
veicolati e condivisi
sulle varie piattaforme
e che, sempre più spesso,
sono flash entusiastici,
affetto per l’accoglienza
solare ricevuta, esaltazione
per il puro piacere
sportivo.
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4
ACQUOLINA ALLA PONENTINA: PIZZATE, FUGASSE & CO.
Laura Parigi
Sottile e croccante,
spessa o soffice, farcita,
arricchita o aromatizzata,
la focaccia è ricetta
popolare antichissima –
pensiamo alla “offa” lievitata,
alla “placenta”
non lievitata, alla liba di
cereali offerta agli dei –
e pure molto versatile,
con una particolare storia
da raccontare. Una
storia che differisce per
ogni regione d’Italia, legata
a varie leggende che
ruotano attorno a eventi
curiosi, anche miracolosi,
e a persone intente a
lavorare, a pregare, a vivere
la loro quotidianità.
Ha rappresentato infatti
a lungo un alimento
sostanzioso ed energetico
utile a sostenere,
spesso da solo, una faticosa
giornata lavorativa.
La cottura di un primitivo
impasto, appiattito
e sottile, avveniva molto
probabilmente sopra
una pietra piatta arroventata.
Le prime focacce
si dice siano precedenti
alla scoperta della
lievitazione e all’invenzione
del forno.
Oggi, quando si parla
di focaccia, è impossibile
prescindere dalla
Liguria, con la sua preli-
GASTRONOMIA
E L’AFFONDAR LE DITA NELL’IMPASTO, INONDANDO I BUCHI DI OLIO EVO SOTTO UNA GRANDINATA DI SALE GROSSO, M’È SAPIDO
Una splendida sardenaira
infornata da una nostra lettrice, Stefania Manelli
bata fugassa “pizzicata”
o la sfiziosa coi buchi, là
dove il panificatore ha
affondato le dita, colmi
di olio EVO e arricchiti
da grani di sale grosso:
esse sono sapientemente
preparate in testi rettangolari
in ghisa, tipici
del centro Italia, morbide
all’interno e croccanti
all’esterno, con la crosta
fragrante, tagliate a
pezzi quadrangolari da
gustare al momento con
cappuccino, caffellatte o
con un bicchiere di vino
bianco (alla genovese, u
gianchettu).
Ancora successivamente
al XVI secolo, i
primi documenti relativi
alla preparazione di
pizze e focacce descrivono
una pizza che non
è ancora quella che intendiamo
oggi. Si tratta,
piuttosto, di una specie
di “pita”, infornata,
o “pinsa” cioè pigiata,
schiacciata, per cui, per
traslazione, “pizza” potrebbe
anche significare
schiacciata di farina.
La pizza bianca romana
si rivela appunto discendente
dalla pinsa
mediterranea, ma è alta
e soffice; la fugassa, che
si avvicina molto alla
schiacciata toscana, è
invece più bassa e dorata.
Le varianti italiane di
focaccia con condimenti
in superficie sono innumerevoli:
sardenaira
sanremasca, pissalandrea
imperiese, pissaladière
provenzale, machetusa
apricalese...
Tutte creazioni marinaresche
assolutamente
prive di formaggio che
si somigliano, certo, ma
non sono affatto uguali
allo sfincione o ‘faccia di
vecchia’ di Palermo, alle
focacce baresi e messinesi,
sopra le quali invece
si adagiano provola o
caciocavallo.
Le focacce con ciccioli
di maiale piacentine,
calabresi o sarde, la pinza
veneta con salame e
pancetta o le scacce siciliane
arrotolate con salsiccia
e ricotta si ergono
anch’esse a regine dello
street food, così come,
ancora, la ripiena di verdure
pugliese e quella di
radicchio veneta.
Nel ponente ligure
non esistono focacce ripiene
tradizionali – ricordiamo
a questo proposito
solo la focaccia
levantina con la prescinsêua
di Recco – ma
piuttosto “pizzate” (da
“pissa”, il cui significato
è “pezza” in genovese)
o focacce arricchite solo
nella parte alta, dove pomodoro,
acciughe, olive
taggiasche, spicchi d’aglio
vestiti e origano
guarniscono e profumano
un impasto molto
diverso da quello della
pizza napoletana.
La pizza vera e propria
è una soltanto, quella
campana, con pasta
morbida, cotta in tempi
rapidissimi grazie all’e-
levatissimo calore del
forno; il trancio, che non
si regge da solo se sollevato
dal piatto, con pomodoro
fresco, basilico
e mozzarella, va gustato
appena uscito dal forno
a legna, molto caldo.
Le altre sono focacce
con farcitura, cotte
in teglia, erroneamente
chiamate pizze: la pizza
“verace” entra direttamente
in contatto con la
base del forno.
Questo, insomma, è
uno dei tanti sguardi
che possiamo lanciare
al nostro ragguardevole
patrimonio gastronomico,
un panorama nel
quale l’olio d’oliva extravergine
del luogo la fa
da padrone, soprattutto
nelle regioni marittime.
Pensare (o ripensare) il
cibo come principio generatore
di un’identità
territoriale, all’interno
di un discorso più ampio
sul “farsi parte” di
un territorio, è una delle
scelte più interessanti a
disposizione del consumatore
alimentare contemporaneo
e per questo
merita una particolare
attenzione. È così che
con un morso si entra in
contatto con un pezzo di
storia locale, regionale,
nazionale.
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5
NOVITÀ EDITORIALI
DAI CANTI ORFICI AGLI INCANTI SFERICI: MAGIE LIBRARIE!
IL noto POETA E FILOLOGO FABIO BARRICALLA RILANCIA L’OPERA DI DINO CAMPANA; IL NOSTRO REDATTORE TRIPLICA I “PIONIERI”
Gerson Maceri
Fra i tumultuosi flutti
d’inizio Novecento, Dino
Campana si dimenò – citiamo
Giovanni Boine –
come «una nave ebbra e
disancorata», come «un
gabbiano tra raffica e cavalloni»,
riponendo in
quel fascio di manoscritti
che assunse il titolo di
“Canti Orfici” tutti i tormenti
derivanti da una
spasmodica sensibilità
onirica-allucinatoria.
Nel suo prosimetro, infatti,
si intersecano flussi
di coscienza disturbati
da influssi di incoscienza
e reflussi di incoscienza
placati da influssi di coscienza;
si distende l’eco
di puntini di sospensione,
o di reticenza, ora catalettici,
ora traslucidi; si
frantuma la sintassi, saltano
in aria vocaboli e
intere proposizioni.
Tipica «scrittura dei
pazzi», diagnosticò ancora
Boine, inaugurando
(nolente, certo) un
refrain che ha finito per
svilire, se non liquidare,
l’alto profilo letterario
del “poeta di Marradi”
(altra abusatissima etichettatura
semplicistica).
Essersi occupato di un
autore non certo “coro-
nato” amplifica, dunque,
i meriti di Fabio Barricalla,
curatore della nuova
edizione dei “Canti
Orfici” per la “Atene Edizioni”
di Angelo Giudici.
Il poeta e filologo sanremese,
profondendo un
commovente sforzo empatico,
ha riconosciuto
e preservato gli “errori
d’autore”, non semplici
refusi ma più d’una volta
spie, indicatori biografici,
culturali, psicologici.
Ha inchiostrato
chiaramente, non eluso,
le zone d’ombra dell’opera
precaria di un autore
precario. Ha esplorato
uno spazio psichico con
la familiarità di un “fratello”,
con la confidenza
che può permettersi un
sodale da bar, con la meraviglia
di un incontro
inatteso sul selciato.
Di particolare interesse
risulta infine anche il
dipanamento del fil rouge
che legò Campana alla
Liguria, specialmente a
quella Genova portuale
che rappresentò il suo
personalissimo bivio fra
armonia intermittente
e lacerante disarmonia
col mondo. Per questo i
“Canti Orfici” inaugurano
una collana che, con
estrema sagacia ludolinguistica,
Barricalla ha
denominato “Liguria. La
mezzaluna fertile”.
I “Canti Orfici” di Dino
Campana, nella nuova
edizione curata da Fabio
Barricalla, sono disponibili
presso la “Libreria
Atene” di Arma di Taggia,
via Queirolo 49, e
nelle migliori librerie del
comprensorio sanremese.
Redazione
“Riviera dei Fiori e Costa
Azzurra nel pallone” va
a completare idealmente
una trilogia sferica e
periferica di cui fanno
parte anche “I pionieri
del football ponentino”
e “Il tempio del calcio
sanremese”. Frutto di
un imperterrito lavoro
di ricerca ancora sanremocentrica,
sì, ma più
apertamente extracomprensoriale,
l’ultimo volume
di Gerson Maceri si
compone di 180 pagine,
32 fotografie (molte delle
quali inedite), tabellini,
apparato statistico e indice
dei nomi.
Si notano due parti distinte:
la prima, dal titolo
evocativo di “Le ritardate”,
approfondisce il tema
delle origini del calcio
cittadino già trattato ne
“I pionieri” aggiungendovi
ampia aneddotica
sulla scoperta e sulla diffusione
del football fra
Albenga e Cannes a partire
dal 1889; la seconda
si riannoda al filo della
cronistoria de “I pionieri”
descrivendo le parabole
delle maggiori rappresentanti
provinciali (Sanremese,
Imperia e Ventimigliese
in primis, ma anche
Bordighera e Dianese) dal
1922 al 1926.
Di straordinaria importanza
è l’ampio resoconto
cronachistico e
statistico del primissimo
campionato F.I.G.C.
svoltosi in provincia (allora,
nel 1922, ancora di
Porto Maurizio), un minitorneo
ignorato dalla
totalità delle fonti esistenti
ma infarcito di
memorabili stramberie e
incongruenze.
Innumerevoli le chicche:
da un Felice Levratto
in maglia granata ventimigliese
nel 1924 alla
Nazionale opposta ai
frontalieri nel 1925 (con
“falso storico” rivelato
annesso), passando per il
disvelamento dell’illecito
che nel 1926 negò la “prima
cadetteria” al ponente
e per… la squadra di
Joseph Pulitzer. Sì, proprio
il noto giornalista ed
editore di origini ungheresi
cui venne intitolata
la più prestigiosa onorificenza
statunitense dedicata
appunto all’editoria.
Cosa c’entri con la storia
del football locale è tutto
da scoprire e gustare nelle
pagine di “Riviera dei
Fiori e Costa Azzurra nel
pallone”, disponibile su
eBay e su Amazon, sulla
pagina Facebook “I pionieri
del football ponentino”
e su richiesta a gerson.maceri@gmail.com.
6
CALVINO L’EVERSIVO: fu un PAROLIERE ANTI-CANZONETTE
ILLUMINIAMO UN SEGMENTO SEMISCONOSCIUTO DELLA SUA CARRIERA: SCRISSE TESTI (ANCHE SCOMODI) PER I “CANTACRONACHE”
Gerson Maceri
Il fil rouge del Calvino
paroliere inizia a dipanarsi
da un groviglio di
suggestioni, come quella
“lirica” presente nella
matuzianissima città
invisibile di Zora, le cui
«figure che si succedono
come in una partitura
musicale» rimandano
ai “carugi” della città
vecchia, agli archi fra
le abitazioni (legature
di valore delle note) e ai
lampioni (chiavi di fa e di
sol lucenti).
Proprio nell’intrico
della Pigna, probabilmente,
riecheggiò anche
quel litanico coro che, ne
“L’uomo che chiamava
Teresa”, «convenne che -
Te - andava detto basso e
lungo, - re - acuto e lungo,
- sa - basso e breve»;
echi vagabondi e sonorità
soffuse che assursero
a colonne sonore ne “Le
notti dell’UNPA”, turbate
dalle cantilene lagnose
di Bellomo, dal motivetto
fischiato da Biancone
e dal “canterellare” con
un accenno al fox-trot di
Palladiani.
Ma è tempo – tiranno,
da prassi, come lo
spazio – di sfumare certe
note letterarie e di virare
decisi verso il 1957,
verso Torino. Perché si
preparò qui, sottilmente,
il tentativo eversivo
di “rovesciare” la canzonetta
di consumo (anche
e soprattutto festivaliera)
da parte dei “Cantacronache”,
un gruppone
nel quale, oltre alle figure
autorevoli (fra le altre)
di Umberto Eco, Gianni
Rodari, Franco Fortini,
Michele Straniero e Sergio
Liberovici, si stagliava
quella già imponente
di Italo Calvino.
Oscillante fra rimembranze
resistenziali e
rimbombi cupi del boom
economico, solo la produzione
di quest’ultimo
(e davvero poco altro)
scampò al dissolvimento,
avvenuto già nel 1962,
di quell’effimera utopia
musicale.
“Oltre il ponte”, scritta
nel 1958 e musicata
da Liberovici nel 1959,
primeggia per longevità:
la cover dei Modena
City Ramblers contenuta
nell’album “Appunti
partigiani”, infatti, è
datata 2005 e poggia su
una base tradizionale
irlandese. Il ponte, per
l’“io cantante”, non rappresenta
soltanto il tenue,
forse ormai sfumato
confine fra «tutto il male
[che] avevamo di fronte»
e «tutto il bene [che]
avevamo nel cuore», ma
anche la distanza, dolorosamente
incolmabile,
fra i pensieri e le speranze
di allora e quelli
di una nuova generazione
adagiata nella propria
comfort zone.
«Non è detto che fossimo
santi, l’eroismo non è
sovrumano».
“Dove vola l’avvoltoio?”
(su cui aleggia “Ultimo
viene il corvo”; 1958),
invece, ispirò manifestamente
il corregionale Fabrizio
De André. Quelle
«carpe e trote / non più
i corpi dei soldati» che
si dibattevano nelle correnti
calviniane, difatti,
nel torrente de “La guerra
di Piero” (1964) si scoprirono
«lucci argentati
/ non più i cadaveri dei
soldati». Filastrocheggiante
fra allitterazioni e
onomatopee («Dove vola
l’avvoltoio? / Avvoltoio
vola via, / vola via dalla
terra mia, / che è la terra
dell’amor»), la canzone –
di più: un flautato inno
pacifista – s’inchiostra
fino a farsi “cartone sonoro”,
vignetta stilizzata,
fumetto fulminante.
Lo spartito tematico
varia con la “marcovaldiana”
“Il padrone del
mondo” (1959), in cui il
leitmotiv è la contemporaneità.
L’estraniamento
trasognante di un ciclista
mattiniero è il prologo
al grigio ingresso
in fabbrica, è il delirio di
una fraintesa onnipotenza
(«Io sono il padrone
del mondo, ah! Il padrone
/ e basta che alzi una
leva e vi spengo la luna.
/ Ridò fuoco al sole buttandoci
dentro il carbone»)
che sfocia in slancio
ingenuamente anarchico
(«Sono io / che disturbo
il riposo di voi che tenete
in mano i comandi /
del potere o magari soltanto
vi fate illusione di
tenerli...»). Tanto che i
veri “padroni del mondo”,
adagiati sui loro teporosi
scranni, si chiedono
se questa canzone
sia «l’annuncio che non
conteremo più niente» o
CULTURA
se invece – ne intuiamo il
sospiro di sorniona consapevolezza
– «è qualcuno
che vuol canzonare se
stesso cantando?».
La chiusura, attraverso
un molleggiare pudico
e accorto, balza da “Chi
non lavora non fa l’amore”
di Adriano Celentano
(1968) a “Canzone triste”
di Calvino per la voce di
Margot Galante Garrone
(1958), in cui è piuttosto
chi lavora a non poter
fare l’amore perché
«… lei s’alzava all’alba /
prendeva il tram, correva
al suo lavoro. / Lui aveva
il turno che finisce all’alba
/ entrava in letto e lei
n’era già fuori».
«Soltanto un bacio in
fretta posso darti...».
Amori difficili, insomma,
nella cintura torinese,
fra una stretta alla
cinghia e fugaci sbottonature.
Cosicché l’avventura
di due sposi – così
come quella dei reduci
– assurge a paradigma
della compressione del
presente fra un passato
che non ammette dissolvenze
e un futuro recalcitrante.
7
VIA LAMARMORA SUGLI SCUDI
CIAK, SI GIOCA! A NOVEMBRE IL SECONDO “CARUGGI PLAY”
C'È GIÀ GRANDE FERMENTO AL “CHIMICAND” PER IL REPLAY DELL’ATTESISSIMA RASSEGNA DEDICATA AI GIOCHI DA TAVOLO E DI RUOLO
Redazione
Vi piacerebbe (ri)approcciare
il mondo dei
giochi da tavolo e di ruolo,
accantonando i consunti
“classici” come
Monopoli, Scarabeo,
Tombola, Risiko o Trivial
Pursuit a vantaggio
di nuovi, accattivanti titoli
2.0? L’iniziativa “Caruggi
Play” è ciò che fa
per voi!
L’“Associazione Culturale
Ricreativa Caruggi
and Dragons”, infatti,
è pronta a bissare il successo
della prima edizione
della manifestazione
con un evento 2019 spalmato
su due giorni (sabato
16 e domenica 17
novembre) al Chimicand
di via Lamarmora 28/40.
Lo scorso anno, infatti,
gli oltre cento partecipanti
nella sola giornata
di apertura avevano indotto
gli organizzatori a
dilatare fino a dieci ore il
tempo di gioco!
Due istantanee di 'Caruggi Play' 2018
realizzate da Mad Photography di Davide Di Fazio
Scopo del week-end,
come sempre, sarà quello
di promuovere capillarmente
la pratica di
giochi-novità, di quei
fenomeni in palpabile
espansione a partire
dalle grandi fiere di tutta
Italia. Il tutto, ovviamente,
all’insegna del
divertimento e dell’aggregazione.
All’interno
degli ampi spazi del Chimicand,
dunque, verranno
allestite differenti
aree a seconda della
tipologia di “sfida”: dai
giochi semplici e veloci,
alla portata di grandi e
piccini, fino ad arrivare a
quelli più articolati, che
richiedono un grande
sforzo di concentrazione,
dalla durata prolungata
e, magari, l’utilizzo
di miniature per i personaggi.
Non mancheranno
nemmeno giochi
più dinamici, incentrati
sulla prontezza di riflessi
o sulla capacità di improvvisazione
e comunicazione,
determinanti
nello stabilire quale tra i
giocatori conquisterà l’agognata
vittoria!
Due giorni, venti ore,
nessun limite d’età e ingresso
assolutamente libero:
che aspetti?
Se sei un appassionato
di vecchia data o un
novizio particolarmente
entusiasta, inoltre,
avrai la possibilità di informarti
sulle attività
dell’associazione, iscriverti
ed entrare così a far
parte di una grande famiglia
che – non spoilereremo
oltre – si raduna
più volte all’anno proponendo
appuntamenti
ogni volta partecipatissimi
e originali.
EDITORE DIMA S.R.L.S.
“Il Quartiere”
Testata giornalistica registrata
presso il Tribunale di Sanremo.
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