kirghizstan1
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l il fotoreportage
l di Piero Papa
Tra le montagne del Tian Shan,
il ghiacciaio Inilchek, è il sesto
ghiacciaio non polare più lungo
del mondo con uno sviluppo di oltre
60 chilometri e una superficie
di 17 kmq. In alcuni punti raggiunge
addirittura i 200 metri di spessore
Ad Osh, la seconda città del Paese, c’è ancora una grande statua di Lenin, ma è una
delle poche rimaste in Asia centrale. Ora l’obiettivo è guardare con una nuova sensibilità
al territorio e favorire un turismo sostenibile e rispettoso delle risorse naturali, che è ancora
molto contenuto
A zonzo nella steppa del Kirghizistan
dove l’Urss non è altro che un ricordo
Nella foto grande, un’altra veduta del ghiacciaio Inilchek; qui sotto,
la torre di Burana, un minareto di 25 metri, quanto resta, insieme a pochi
altri ruderi, dell’antica città di Balasagun; più sotto, la yurta, una tenda
circolare coperta da enormi teli di lana infeltrita: l’abitazione è ancora
molto utilizzata dagli allevatori nomadi della steppa
E nelle valli dello Shamshy
vive il leopardo delle nevi
n n La via della seta – l’aggrovigliato nastro di piste attraversato per secoli
da carovane di uomini e merci – è una presenza ancora percettibile sugli
altopiani del Kirghizistan. Se ci si sposta all’ombra delle vette più alte dell’Asia
centrale (il Tien Shan, le antiche montagne celesti cinesi e il selvaggio
Pamir) si ha la sensazione di immergersi nella stessa luce e di respirare la
medesima polvere che accompagnava gli antichi commercianti. Viaggiare
attraverso questo Paese dell’Asia centrale significa dover assecondare per
giorni la sua infinita steppa, plasmarsi alle continue asperità del terreno e
farsi coprire dalla sua sabbia. Qui ogni incontro rivela il contrasto della storia
trascorsa con l’attuale e continuo cambiamento. Il suo passato di Repubblica
socialista dell’Urss è ancora evidente nei discorsi e nelle strade delle città,
una presenza sussurrata ma non più così ingombrante. Ad Osh, seconda
città del Paese, la piazza con la grande statua di Lenin, una delle ultime
dell’Asia centale, può ospitare una manifestazione di protesta contro l’attuale
governo, come una sfilata di moda in abiti tradizionali. Ora il Kirghizistan
desidera guardare con nuova sensibilità al suo territorio e favorire un turismo
sostenibile e rispettoso delle risorse naturali. Il turismo è una presenza molto
contenuta, che si perde stagionalmente nel silenzio dei grandi spazi e nel
frastuono delle montagne, che qui raggiungono i settemila metri di quota. Ed
è percorrendo le valli dello Shamshy in cui vive ancora il leopardo delle nevi o
arrivando in cima al Khan-Tenrgy Peak – attraversando uno dei sistemi glaciali
più complessi e integri dell’Asia centrale – che si percepisce la fragilità e la
bellezza di questo Paese. Con un cielo, il cielo kirghizo, che procura nitidezza
agli elementi naturali e ricopre i ricordi di un silenzioso blu. (p.p.)
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Diffuso
in tutta l’Asia
centrale,
il Kok-Boru
è lo sport
nazionale del
Kirghizistan:
due squadre
a cavallo
si contendono
una pelle
di ovino
tentando
di lanciarla
nella porta
avversaria
fotoreportage l Piero Papa
Sopra, il punto di atterraggio per l’elicottero
al Northern Inylchek camp; qui, una mandria
di yak pascola a fine estate nei pressi del campo base
per il Lenin Peak, a 4100 metri di quota.
Nella pagina a fianco, sopra, il pascolo brado
dei cavalli; sotto, il Song Kol, secondo lago
per estensione del Kirghizistan, si trova
a 3.016 metri di quota
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fotoreportage l Piero Papa
Nella foto grande,
alcune modelle
in abiti tradizionali;
nelle altre foto,
dall’alto e verso
destra, I tornanti
del Taldyk Pass,
l’Ak-Sai base
camp, un fiume
nella Ukh Dobo
Valley, il museo
archeologico
di Osh, gli oggetti
di un piccolo
antiquario
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