La Lettera dicembre 2019
Bollettino Parrocchiale di Palazzago e Burligo di Dicembre 2019
Bollettino Parrocchiale di Palazzago e Burligo di Dicembre 2019
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DICEMBRE
2019
La lettera
anno XXXIII
numero 4
Bollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo
Orari Sante Messe Palazzago
Sabato
ore 17.00 Beita
ore 19.00 Chiesa Parrocchiale
Domenica
ore 08.00 Montebello
ore 10.30 Chiesa Parrocchiale
ore 18.00 Chiesa Parrocchiale
Giorni Feriali
Lunedì ore 09.00 Chiesa Parrocchiale
Martedì ore 16.30 Precornelli
Mercoledì ore 16.30 Montebello
Giovedì ore 09.00 Chiesa Parrocchiale
Venerdì ore 16.30 Ca’ Rosso
Orari Sante Messe Burligo
Sabato
ore 18.00 Chiesa Parrocchiale
Domenica
ore 09.00 Collepedrino
ore 10.30 Chiesa Parrocchiale
Giorni Feriali
Lunedì ore 17.00 Chiesa Parrocchiale
Martedì ore 17.00 Acqua
Mercoledì ore 17.00 Chiesa Parrocchiale
Giovedì ore 17.00 Chiesa Parrocchiale
Venerdì ore 17.00 Chiesa Parrocchiale
Recapiti
Don Giuseppe 035.550336-347.1133405
Don Roberto 035.540059-348.3824454
Don Giampaolo 338.1107970
Don Paolo 035.550081
www.oratoriopalazzago.it
parrocchia@oratoriopalazzago.it
segreteria@oratoriopalazzago.it
palazzago@diocesibg.it
ADORAZIONE DEI MAGI
Olio su tela,
ambito bergamasco 1700-1749
Restauro 2009
E’ una festa di panneggi e di colori
l’arrivo dei magi
nel luogo dove si trovano
Maria e il Bambino:
una casa, guardando le pareti;
una stalla, guardando le travi di legno;
un tempio, guardando le colonne
che inquadrano l’evento,
perché siamo di fronte al “nuovo” che fa
crollare la sapienza pagana.
Le mani di Maria donano all’umanità
il Figlio da lei generato
nello Spirito Santo;
lo cullano, nel gesto tipico della mamma
che protegge il frutto del grembo;
e lo offrono, nel gesto tipico di chi non
tiene gelosamente per sé un regalo
che è per il mondo intero.
Anche il cielo, con gli Angeli in festa,
non può che partecipare a questo evento,
perché Dio ha fatto casa tra gli uomini.
Al centro, proprio l’incontro tra le mani
del saggio che offrono
e il Bambino che, con gli stessi colori,
diventa il vero dono per gli uomini.
Uomini venuti da lontano, i Magi, perché
ogni uomo è sempre lontano;
uomini capaci di buttarsi a terra, perché
ogni uomo è capace di Dio; uomini che
lasciano doni -oro, incenso e mirraperché
hanno accolto il tesoro, Gesù.
Quasi nascosto, in ombra, Giuseppe,
abituato al silenzio che non è assenza ma
luogo dei sogni e della Parola.
Gli altri segni, quelli del potere e della
gloria sono a terra: un Bambino,
che sembra anche sorridere,
disarma re e potenti:
“ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili”.
Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 19) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00.
Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,...
[Editoriale]
Difetto di fabbrica
“Magi, voi siete i santi più nostri, naufraghi sempre in questo infinito, eppure sempre a tentare, a chiedere,
a fissare gli abissi del cielo fino a bruciarsi gli occhi del cuore”.
D. M.Turoldo
Seguiamo, in questo tempo,
i Magi, ritrovando nel loro
stesso viaggio il senso del
nostro cammino di cercatori…cercati.
Siamo tutti cercatori di vita, di
amore, di cura, di futuro, affamati
di felicità e mendicanti
di cielo. La felicità è un sogno
che ci accomuna tutti. E’ un
bisogno che ci rende appassionati
e insoddisfatti, e perciò
sempre inquieti, ansiosi
e, a volte, anche delusi. Si direbbe
che l’opera più geniale
che Dio ha creato – l’uomo,
sua immagine e somiglianza
– abbia un grande ‘difetto di
fabbrica’: un bisogno insaziabile
di un di più e di un oltre,
sempre più oltre.
La fede dà a questo “oltre” il
nome giusto: Dio.
Tuttavia Dio non rimane distante,
impassibile, indisponibile,
ma in Gesù si mette
sulle tracce dell’uomo. E lo
cerca. Ecco: cercatori -i Magi,
gli uomini- cercati.
Allora quello che abbiamo
appena chiamato ‘difetto di
fabbrica’, forse più propriamente
lo dovremmo definire
il ‘marchio’ di produzione, la
firma che Dio ha apposto al
suo capolavoro.
Dio ci ha fatto così: finiti, ma
con un infinito vuoto dentro,
che solo Lui può colmare,
poiché solo Dio è l’Infinito,
l’Eterno, l’Assoluto.
Buon Natale
come cercatori… cercati.
La Lettera
dicembre ‘19
[3]
Chi cerchi?
[Tempo di Avvento Natale]
Siamo tutti cercatori cercati
Sempre dal Vangelo che ci guida in questo anno pastorale, raccogliamo la domanda “Chi cerchi?”
Ricordarci scambievolmente che siamo cercatori di Colui che ci ha già trovati è il compito di ognuno
per l’altro, per gli altri. Celebrare Natale sarà regalarci questo stupore e offrirlo con umiltà e gioia
a chi non riesce a crederci. In questo modo già risponderemo alla voce che ci invia come testimoni
del Vangelo, risponderemo alla missione che ci è data. Intanto, di Domenica in Domenica, scorrendo
i Vangeli ci lasciamo raggiungere dalla Voce della parola che annuncia.
I domenica d’Avvento (Mt 24, 37-44)
La Voce della Parola annuncia:
viene il Figlio dell’uomo!
la dimensione antropologica
è tradotta nell’ATTESA
II domenica d’Avvento (Lc 1, 26-38)
La Voce della Parola annuncia:
nulla è impossibile a Dio!
la dimensione antropologica
è tradotta nella GENERATIVITA’
III domenica d’Avvento (Mt 11, 2-11)
La Voce della Parola annuncia:
sei tu colui che deve venire?
la dimensione antropologica
è tradotta nell’DOMANDE
IV domenica d’Avvento (Mt 1, 18-24)
La Voce della Parola annuncia:
non temere!
la dimensione antropologica
è tradotta nella PAURE
Natale (Lc 2, 1-14)
La Voce della Parola annuncia:
è nato per voi un Salvatore!
la dimensione antropologica
è tradotta nell’GIOIA
La Lettera
[4]
dicembre ‘19
Epifania (Mt 2, 1-12)
La Voce della Parola annuncia:
videro il bambino e lo adorarono
la dimensione antropologica
è tradotta nella RICONOSCIMENTO
Ogni settimana sarà abbinata anche alla stella e ad
alcune piccole statue dei tre magi (chi meglio di loro
incarna questa dimensione di cercatori cercati?) Invitiamo
i ragazzi a costruire con queste un piccolo presepe
(aggiungendole alla natività dello scorso anno)
che sarà portato in chiesa parrocchiale Domenica
29 dicembre alla messa delle 10.30. Faremo anche
le premiazioni nel giorno dell’Epifania, il 6 gennaio.
Una preghiera per l’Avvento
Tardi ti amai...
Tardi ti amai,
bellezza così antica e così nuova,
tardi ti amai.
Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori.
Lì ti cercavo.
Deforme, mi gettavo sulle belle forme
delle tue creature.
Eri con me, e non ero con te.
Mi tenevano lontano da te
le tue creature,
inesistenti se non esistessero in te.
Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia
sordità;
balenasti, e il tuo splendore
dissipò la mia cecità;
diffondesti la tua fragranza,
e respirai e anelo verso di te,
gustai e ho fame e sete;
mi toccasti,
e arsi di desiderio
della tua pace.
Sant’Agostino di Ippona
Le altre proposte sono:
• Preghiera in famiglia (con il libretto proposto dalla Diocesi);
• l’ora di adorazione quotidiana “Venite adoremus” e quella festiva dalle 17.00 alle 18.00;
• il mercoledì in Oratorio per i ragazzi;
• la preghiera del lunedì per gli adolescenti, il ritiro del 6 dicembre e le confessioni;
• la raccolta per l’Istituto Effetà di Betlemme;
• il concorso presepi on line e con i presepi “mobili”;
• la con-vivenza giovani in Casa di Comunità (dal 1 dicembre);
• il presepe vivente all’Epifania;
• i gruppi di preghiera nelle case;
• i ritiri degli anni dei sacramenti e i relativi incontri con i genitori;
• il camposcuola adolescenti a Sassello (sulle orme della Beata Chiara Luce Badano) e a Nizza.
La Lettera
dicembre ‘19
[5]
Parrocchia dove sei?
Il Vescovo Francesco ha affidato una relazione
d’inizio anno pastorale, nel cui titolo c’è la prospettiva
del cammino della nostra Chiesa.
La figura di parrocchia con connotazione
missionaria e il ministero presbiterale.
Abbiamo vissuto l’incontro dei Consigli riuniti e
successivamente del Consiglio Pastorale, alla luce di
ciò che il Vescovo sta chiedendo alla Parrocchie e ai
diversi Consigli, per arrivare ad alcune (poche) scelte
“generative” capaci di alimentare speranza nelle
nostre Parrocchie, nel concreto servizio dei presbiteri
e nel cammino di tutta la Diocesi.
Nei prossimi mesi, i Consigli e gli organismi
diocesani lavoreranno sul materiale raccolto, per
arrivare a giugno a individuare le scelte “generative” da condividere con tutte le parrocchie nel corso del
Pellegrinaggio Pastorale che inizierà nell’ottobre del 2020.
Abbiamo avviato i lavori con il materiale posto nella cartelletta per ciascun membro e che in parte
affidiamo a tutti in queste pagine, perché ci sia una comunione di intenti più allargata.
La prospettiva cui lavoriamo è
per il futuro della parrocchia,
creando condizioni relazionali
di prossimità, vicinanza, fraternità.
È un nostro preciso dovere
immaginare il futuro delle
nostre parrocchie, chiederci
cosa il Signore si attende da
noi in questa situazione, considerare
la difficoltà dell’oggi
come un’opportunità che ci
permette di ripensare la nostra
pastorale e preparare un
futuro alla trasmissione della
fede nella nostra terra. Non
si tratta di avere chissà quali
conoscenze o quali doti che
ci facciano intravedere
il
futuro. Basta
semplicemente
avere fede
nel Signore
risorto che
accompagna
la sua Chiesa lungo la storia.
Basta prenderci cura sul serio
dei fratelli e delle sorelle che il
Signore ci ha affidato. (Cataldo
Naro)
La genesi di questa prospettiva
Si tratta di due fiumi che
confluiscono a formarne uno
solo: il ministero presbiterale
e la parrocchia. Questa immagine
rivela una prassi e un
convincimento diffuso: il prete
è per la parrocchia e la parrocchia
non si concepisce senza il
prete. Ne conseguono criteri e
scelte che ispirano la ministerialità
presbiterale, la distribuzione
del clero in diocesi e
quindi le destinazioni e gli incarichi.
Di fatto la situazione
è più variegata e può essere
rappresentata da questi numeri,
aggiornati al 30 ottobre
2018.
Un quadro sintetico del nostro
presbiterio diocesano mostra
le seguenti caratteristiche.
Una diminuzione globale dei
sacerdoti. Nel 2008 erano
859. Nel 2019 sono 732. Di
essi 159 sono sopra i 75 anni.
Una diminuzione dei sacerdoti
parroci. Nel 2013 erano 303.
Nel 2019 sono
267 (in più i
due parroci religiosi)
Una diminuzione
dei
sacerdoti che
operano fuori
diocesi: Nel
La Lettera
[6]
dicembre ‘19
2013 erano 88. Nel 2019 sono
57 (di cui 4 studenti). Una diminuzione
dei sacerdoti giovani
(nati dopo il 1978): oggi
sono 95, di cui 50 sono curati
dell’oratorio
Al fenomeno della riduzione
numerica del clero la nostra
diocesi sta provvedendo con
queste scelte. L’affidamento di
più parrocchie ad un solo parroco
Nel 2013 erano 62. Nel
2019 sono 77. L’incremento
delle Unità Pastorali. Nel 2017
erano 16. Nel 2019 sono 25. La
richiesta ai preti giovani di vivere
un secondo mandato come
curati dell’oratorio. I curati giovani
presenti a tempo pieno in
oratorio sono 50. In 8 anni i curati
sono diminuiti di 56 unità.
L’affidamento progressivo ai
laici di alcuni Uffici di Curia.
Economo. Direttore Ufficio
pastorale scolastica. Un coinvolgimento
crescente di religiosi
nell’aiuto alle parrocchie.
I religiosi che collaborano con
le parrocchie sono 19. La riduzione
dei sacerdoti impegnati
in Curia Nel 2011: 40. Nel
2018: 31 L’avvio delle équipes
educative, anche per sostenere
le parrocchie dove non è più
presente il curato dell’oratorio.
Ad oggi ne sono state avviate
75, e altre 10 sono in fase di
avviamento.
...Alla luce di tutto questo e dei
molti documenti usciti, emergono
i lineamenti del volto
missionario della parrocchia
che prende sempre più la forma
di una “Fraternità ospitale
e prossima, generata dal Vangelo
e dalla Grazia”. Il n.13 del
documento CEI offre indicazioni
essenziali in questa direzione.
Si tratta di generare,
alimentare e sviluppare relazioni
nel segno della fraternità
evangelica e quindi alimentata
dal Vangelo e dalla Grazia,
capaci di manifestare un’attenzione
altrettanto evangelica
nei confronti di coloro che
sperimentano condizioni di
povertà, fragilità, esclusione
e nello stesso tempo capaci di
una presenza “prossima” sulle
“soglie, terre, periferie esistenziali”
abitate da tutti.
«lo sogno te, parrocchia, come lievito madre di relazioni.
Luogo di comunione dove sperimentare nuove forme di accoglienza, di cura reciproca» .
Di fronte ai profondi cambiamenti
che oggi investono la realtà
ecclesiale è lecito chiedersi
se la parrocchia costituisca ancora
un punto di riferimento
essenziale per la pastorale.
Negli Orientamenti pastorali per
il primo decennio del Duemila i
vescovi italiani dichiaravano: «Ci
sembra fecondo recuperare la
centralità della parrocchia e rileggere
la sua funzione storica
concreta a partire dall’eucaristia,
fonte e manifestazione del
raduno dei figli di Dio e vero antidoto
alla loro dispersione nel
pellegrinaggio verso il Regno
». La parrocchia, dunque, resta.
Ma qual è la sua identità?
Dov’ è oggi la parrocchia? Qual è
il suo ruolo in un tempo di complessità,
che sembra relegare la
comunità cristiana all’ insignificanza
istituzionale? Giovanni
Paolo II, parlando ai parroci di
Roma, affermava: «La parrocchia
deve cercare se stessa fuori
di se stessa»”. Forse è giunto
in modo improrogabile il tempo
in cui mettersi alla ricerca di una
più significativa identità della
parrocchia. Questo perché oggi,
nonostante tanti sforzi e tante
attività pastorali, la parrocchia
rischia di essere tagliata fuori
dalle relazioni ordinarie della
La Lettera
dicembre ‘19
[7]
gente oppure di limitarsi a svolgere,
anche se egregiamente,
una distribuzione di servizi sociali.
Che sia forse da cercare
altrove, al di là di un semplice
fare, di un semplice organizzarsi,
il cuore dell’identità della comunità
cristiana?
Partendo dalle narrazioni della
nostra esperienza di parrocchia
ci siamo chiesti:
Come vivi la tua comunità parrocchiale?
Scegli una delle seguenti immagini
per descriverlo.
A) Il castello: luogo di difesa e di attacco.
B) Il grattacielo: luogo di anonimato.
C) Il gazebo: luogo con pochi confini definiti e scarsa identità.
D) La tenda: luogo senza radici.
E) Le villette a schiera: luogo di compartimenti stagni.
F) La casa: luogo della famiglia.
Il lavoro di gruppo ha fatto
emergere che ognuno di noi
sogna la parrocchia con l’immagine
della casa, come una
grande famiglia, dove si respira
un clima di accoglienza e di
condivisione, dove si vivono
relazioni di affetto e di cura
reciproca, dove si ricercano gli
stessi valori. Per qualcuno vivere
la vita della comunità è
come sentirsi “a casa” perché i
rapporti con gli altri sono familiari
e confidenziali. Per qualcuno
l’intento è di rendere la parrocchia
una grande famiglia,
in cui tutti possono crescere
nella fede in Gesù e sperimentare
dei legami di fraternità
e di solidarietà. Realizzare
questo non è compito facile
e tutti ne siamo consapevoli,
ma, discutendo nei lavori
di gruppo, sono emersi alcuni
atteggiamenti che ci possono
facilitare in questo cammino.
L’accoglienza, l’apertura, la testimonianza
e la gioia sembrano
essere le qualità che ci possono
aiutare a instaurare e a
migliorare le nostre relazioni, a
offrire un esempio di vita retto
e onesto per diventare luce e
attrazione per gli altri. A volte
occorre cambiare anche il nostro
modo di comunicare per
avvicinarci alle nuove generazioni,
ai giovani che aspettano
da noi una testimonianza credibile.
La parrocchia offre tante
possibilità e propone tante attività
in cui ciascuno di noi può
sentirsi coinvolto. Far parte di
un gruppo ci dà la possibilità di
dedicarci agli altri, di metterci
La Lettera
[8]
dicembre ‘19
al servizio di chi ha bisogno, è
come gettare dei piccoli semi,
nella speranza che il nostro
entusiasmo e la nostra passione
uniti alla preghiera possano
portare frutto. La parrocchia
ha in sé la forza di una
comunità che ci sostiene, ma
anche una grande responsabilità
che è quella di cercare di
vivere il vangelo di Gesù. Dobbiamo
essere dei cristiani che
annunciano, ma soprattutto
che vivono il vangelo nella loro
quotidianità, nel loro ambiente
di lavoro, a casa, a scuola,
nel tempo libero, confidando
nell’aiuto della Grazia per arrivare
al cuore delle persone,
ad una conversione vera. Alla
luce di quanto emerso, don
Giuseppe ribadisce che siamo
tutti strumenti nelle mani del
Signore che, grazie a noi, attraverso
noi e nonostante noi,
apre sempre percorsi e strade
nuove.
Nel lavoro di gruppo, sono
emerse anche delle criticità
rispetto all’idea di parrocchia,
perché non sempre c’è disponibilità
e apertura. A volte entrare
a far parte di un gruppo
non è facile, ci si sente giudicati
o si avverte un clima di
diffidenza, oppure c’è poca comunicazione
e collaborazione
tra i vari gruppi. La sensazione
è quella di un frazionamento e
non di una comunione, come
può suggerire l’immagine delle
case a schiera. L’idea di fondo
può essere positiva, perché
ognuno di noi ha dei carismi,
delle attitudini che può esprimere
al meglio in un certo
gruppo, ma tutto deve concorrere
ad una unità di intenti e ad
un’unica identità cristiana. A
proposito di identità cristiana,
qualcuno nel gruppo ha sollevato
la necessità di difendere
la nostra fede, la nostra tradizione
cristiana, fortificare il nostro
credo come cristiani; per
questi non è da scartare completamente
neanche l’idea di
una parrocchia come castello
e roccaforte che salvaguarda
il nostro credo. Nelle questioni
attuali, come il flusso dei
migranti, i cristiani sono divisi
ed è come se ci fossero tante
crepe e fessure nella casa che
è la chiesa. Vista dall’esterno,
la parrocchia può essere paragonata
ad un palazzo, come
una sorta di organizzazione di
cui non si conosce l’identità,
che risulta anonima, che non
interessa. Inoltre emergono
anche delle considerazioni su
chi non frequenta la vita della
parrocchia, ma giudica e critica
il suo operato, perché è sempre
presente il rischio di identificare
la chiesa con le persone
che possono sbagliare e di non
guardare al suo fondamento
che è la fede in Cristo. Le
immagini del gazebo e della
tenda esprimono qualcosa di
provvisorio, che appunto non
ha fondamento, ma qualcuno
vede anche la possibilità di
una parrocchia che può diventare
un rifugio, un luogo dove
trovare riparo e conforto nei
periodi difficili della vita. Inoltre
la tenda si può spostare ed
è bello immaginare una parrocchia
in movimento, che si
fa vicina a tante situazioni esistenziali
di bisogno. A tal proposito
si propone di concretizzare
la prossimità, l’ospitalità
e la fraternità nelle nostre relazioni,
cercando di sostenere
le situazioni di fragilità, di
debolezza, di solitudine in cui
possono trovarsi gli anziani o
i sofferenti. Accorgersi dell’altro
e dare una mano con gratuità
genera speranza. Donare
del tempo all’altro e prendersi
cura di lui può generare lo stupore
di scoprire la presenza del
Signore nel volto del fratello.
Patrizia
La Lettera
dicembre ‘19
[9]
La domenica della Parola
“Abbiamo bisogno di entrare
in confidenza costante con
la Sacra Scrittura, altrimenti il
cuore resta freddo e gli occhi
rimangono chiusi, colpiti come
siamo da innumerevoli cecità”.
Papa Francesco fa fare un ulteriore
passo avanti alla Chiesa,
spronandola ad andare alle
sorgenti della fede, quelle che
La Lettera
dicembre ‘19
[10]
danno senso, vita e prospettiva
a gesti destinati altrimenti a
essere riti sterili. Con la Lettera
apostolica pubblicata in forma
di Motu proprio Aperuit iilis
(Aprì loro le menti per comprendere
le Scritture: sono le
parole con cui san Luca narra
gli ultimi gesti del Signore risorto
prima dell’Ascensione)
papa Francesco istituisce la
Domenica della Parola, uguale
in tutto il mondo. Sarà a gennaio,
la terza domenica del
tempo ordinario, e avrà una
forte «valenza ecumenica»,
visto il periodo scelto, segnato
dal dialogo con gli ebrei e le altre
confessioni cristiane. Monsignor
Rino Fisichella, presidente
del Pontificio consiglio
per la promozione della nuova
evangelizzazione, spiega che
il documento «non arriva inaspettato».
«Già a conclusione
dell’Anno Santo straordinario
della misericordia», puntualizza,
«con la Lettera Misericordia
et misera, del 20 novembre
2016, aveva detto che
avrebbe avuto piacere che si
continuasse quella spiritualità
anche attraverso una sottolineatura
maggiore della Parola
di Dio. E poi ha accolto le tante
richieste che gli sono giunte
in tal senso». «Credo inoltre»,
prosegue monsignor Fisichella,
«che con questa Domenica
della Parola papa Francesco
abbia voluto dare continuità
agli insegnamenti del Vaticano
II. Nella Costituzione Dei Verbum,
del 18 novembre 1965,
che parla della Parola di Dio, il
Concilio ci dice una cosa molto
importante: che il popolo cristiano
si nutre sia della Santa
Eucaristia sia della Parola di
vita, la Parola viva che ci viene
offerta nella proclamazione
della Sacra Scrittura».
Cosa si propone con questa
novità?
«Vuole rafforzare le molte iniziative
che già ci sono in giro
per il mondo e dare nuovo impulso
alla pastorale».
Per esempio?
«Suggerisce che i vescovi, in
questa Domenica, possano
istituire il ministero del lettorato
che, come si sa, subisce
una flessione. Ricorda i ministri
straordinari della Comunione
e dice che potrebbero
esserci anche ministri straordinari
della proclamazione della
parola di Dio e invita a istituire
dei corsi di preparazione
per quanti possano accedere a
questo servizio. Come si vede,
si tratta di un impegno pastorale
importante. A volte c’è una
improvvisazione, nelle nostre
comunità, nel proclamare la
Parola di Dio. Invece deve essere
valorizzato al massimo il
momento in cui la Parola di Dio
viene proclamata e viene letta
nella liturgia. E poi il Papa dà
anche dei suggerimenti perché
i parroci e i sacerdoti, in quella
domenica, possano divulgare
maggiormente la Bibbia, magari
regalandone un libro, in
modo che il popolo possa riavere
con più forza la Scrittura
tra le mani ed essere consapevole
che è una Parola viva e
noi abbiamo la responsabilità
di mantenerla tale».
In Aperuit illis papa Francesco
parla anche delle omelie?
«Si rivolge ai sacerdoti perché,
loro per primi, riflettano e studino
la Parola di Dio per saperla
poi spiegare al popolo che
ha il diritto di ascoltarla. E poi,
il Papa fa una notazione importante
perché richiama anche
i catechisti ad avere sempre
di più tra le mani la Sacra
Scrittura. Questo per far sì che
la catechesi, lungi dall’essere
una esperienza scolastica,
possa diventare sempre di più,
come è nella sua stessa natura,
un luogo dove si incontra
realmente il Signore che parla
con noi».
A quali immagini ricorre il
Papa?
«A tre immagini bibliche complementari
tra di loro. La prima
è quella di Gesù che si accosta
ai discepoli di Emmaus che non
lo riconoscono e spiega loro le
Scritture. Questo ci dice che la
Parola trova il suo pieno significato
quando è posta alla luce
di Cristo. La seconda immagine
è presa dal libro di Neemia,
dove viene raccontato che il
popolo, di ritorno dall’esilio,
ritrova e riscopre i rotoli della
Torah. Neemia proclama la
Parola e tutto il popolo ascolta,
piange e fa festa: è il segno
dell’unità. La Scrittura realizza
l’unità del popolo, perché
questa Parola di Dio consente
di avere quella norma che è
la regola di vita per i cristiani.
L’ultima immagine è quella dal
profeta Ezechiele, quando Dio
gli chiede di mangiare il rotolo
del libro perché si nutra e il
profeta lo trova dolce come il
miele. Il Papa accosta questa
immagine a quella dell’Apocalisse,
dove si dice ugualmente
che il libro che viene
assaporato è dolce, ma una
volta che scende nelle viscere
è molto amaro. Francesco
prende queste due espressioni,
la dolcezza e l’amarezza,
per dire che i cristiani
sono chiamati a condividere
la Parola di Dio perché è un
balsamo e un sollievo per la
vita cristiana. Dall’altra parte,
però, l’amarezza è il richiamo
a quanti non conoscono questa
Parola, a quanti la rifiutano
o non la vogliono mettere
in pratica».
La Lettera
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[11]
Veder cadere le foglie…
Spoliazione
o preludio di accensioni?
[Ognissanti e Defunti]
dunque godiamo di questa raccolta e, in unico
sguardo, contempliamo le vite colme di frutti di
coloro che hanno vissuto una vita legata a Gesù,
una vita che ha abitato in Lui, nella sua Parola,
nei suoi insegnamenti ed è diventata una vita
simile alla sua. Il verbo decisivo per dire la qualità
del rapporto tra Gesù-vite e i suoi discepoli è
menein che significa rimanere, ma anche dimorare,
stare di casa:
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non
può portare frutto da se stesso se non rimane
nella vite, così neanche voi se non rimanete in
me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me,
e io in lui, porta molto frutto, perché senza di
me non potete far nulla (vv. 4-5).
Con la solennità di Ognissanti abbiamo iniziato Possiamo pensare al paradiso come ad un luogo
di raccolta, dove finalmente ritrovarsi; come
un percorso di preghiera e meditazione su alcuni
temi importanti della nostra fede: la risurrezione
dai morti che ci è promessa, il paradiso cui sta che non finirà mai.
casa che ci accoglie e ci pone al sicuro; come fe-
siamo destinati, la speranza che siamo chiamati
a testimoniare a tutti.
pano già del cielo - sono quei cristiani che con-
I santi dunque - che sono coloro che parteci-
L’abbiamo fatto partendo da una bella metafora
che consiste nella stagione dell’anno in cui È particolarmente bello ricordare ciò che la giotinuamente
agiscono per noi, a nostro favore.
riprendiamo sempre questa meditazione, cioè vane santa Teresa di Lisieux diceva della sua
l’autunno. Anche i segni posti in chiesa parrocchiale
- uva, botti, foglie, rami spogli… - ci del bene sulla terra”. Diceva così perché sapeva
speranza più grande: “Passerò il mio cielo a far
hanno rimandato all’autunno quando, dalle viti che nel mondo di Dio ciò che non termina mai
finalmente cariche di acini maturi e dolci si portano
i frutti nei tini per essere spremuti e dare smettere di amare coloro che ha conosciuto
è proprio l’amore e che chi è con Dio non può
poi il vero frutto della vite: il vino buono che rallegra
in ogni momento le tavole ed è il segno
sulla terra e che ancora vivono sulla terra.
per eccellenza della festa.
Nel giorno della commemorazione dei defunti,
Così, possiamo guardare ai santi come ai tralci
carichi che vengono raccolti nei magazzini di sieduta da Mons. Patrizio Rota Scalabrini, nella
dopo la messa al cimitero del pomeriggio pre-
Dio. Non a caso, un giorno, Gesù si era paragonato
alla vite e aveva visto nei suoi discepoli i li e le sorelle che ci hanno lasciato nell’ultimo
celebrazione serale abbiamo ricordato i fratel-
tralci chiamati a stare attaccati a Lui, a prendere
costantemente da Lui la linfa vitale per po-
abbiamo consegnato ai familiari una lampada
anno. Al termine, come è ormai tradizione,
ter effettivamente dare frutto (cfr Gv 15). Noi preparata per l’occasione e un cartoncino con la
La Lettera
[12] dicembre ‘19
preghiera di un teologo belga, Jacques Leclercq
(1891-1971) che ci consegna ciò che conta
veramente: scoprire di essere al mondo come
figli di Dio, destinatari e insieme testimoni del
suo amore; scoprire che la nostra vita ha valore
nella misura in cui esprime il legame con Gesù, il
Figlio che ci ha fatto figli e dà frutti simili a quelli
che la sua stessa vita ha donato...
Credo, sì io credo, che un giorno,
il tuo giorno, o mio Dio,
avanzerò verso di te coi miei passi titubanti,
con tutte le mie lacrime nel palmo della mano,
e questo cuore meraviglioso che tu ci hai donato,
questo cuore troppo grande per noi,
perché è fatto per te…
Un giorno io verrò,
e tu leggerai sul mio viso
tutto lo sconforto, tutte le lotte,
tutti gli scacchi dei cammini della libertà.
E vedrai tutto il mio peccato.
Ma io so, mio Dio,
che non è grave il peccato,
quando si è alla tua presenza.
Poiché è davanti agli uomini che si è umiliati.
Ma davanti a te, è meraviglioso esser così poveri,
perché si è tanto amati!
Un giorno, il tuo giorno, mio Dio,
io verrò verso di te.
E nella autentica esplosione della mia resurrezione,
saprò allora che la tenerezza sei tu,
che la mia libertà sei ancora tu.
Verrò verso di te, o mio Dio,
e tu mi donerai il tuo volto.
Verrò verso di te con il mio sogno più folle:
portarti il mondo fra le braccia.
Verrò verso di te, e griderò a piena voce
tutta la verità della vita sulla terra.
Ti griderò il mio grido,
che viene dal profondo dei secoli:
“Padre! Ho tentato di essere un uomo,
e sono diventato tuo figlio!”.
Nella settimana successiva abbiamo celebrato
al Cimitero continuando il nostro itinerario.
La parola autunno ha dentro il verbo augere che
significa far crescere e il termine munus che significa
dono e insieme anche potere: l’autunno
dunque è stagione che ha il potere e il dono di
farci crescere, farci diventare grandi, adulti. È la
stagione in cui le cose non sono più così facili da
ottenere come in estate, comincia a far freddo
e la luce non è più quella di prima, richiede fare i
conti con il limite...
Ma c’è un modo più sereno di guardare all’autunno
e dunque anche al morire. È evidente
nella notissima poesia San Martino di Giosuè
Carducci (1835-1907)
La nebbia a gl’irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il
mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
su l’uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.
L’andamento sereno della poesia sembra non
mostrare una dimensione drammatica della
La Lettera
dicembre ‘19
[13]
giorno dei traslochi, dell’abbandono delle case
da parte di quei contadini che non possedevano
nulla ed erano alla mercé dei loro padroni: ci
racconta di queste vicende anche l’amatissimo
film di Ermanno Olmi L’albero degli zoccoli...
Sì, l’autunno con il cadere delle foglie ci rimanda
alla nostra precarietà. Ne è consapevole un
autore nato in Grecia ma di origine turca, Nazim
Hikmet (1902-1963), quando scrive una poesia
intitolata Veder cadere le foglie...
Veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali
Soprattutto se sono ippocastani
soprattutto se passano dei bimbi
soprattutto se il cielo è sereno
soprattutto se ho avuto, quel giorno,
una buona notizia
soprattutto se il cuore, quel giorno,
non mi fa male
soprattutto se credo, quel giorno,
che quella che amo mi ami
soprattutto se quel giorno
mi sento d’accordo
con gli uomini e con me stesso.
Veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali
dei viali d’ippocastani.
stagione autunnale che invece è presente. Lo
è nell’ultima strofa che parla di esuli - certo, i
pensieri - e di migrazione - certo, di uccelli neri
(forse le rondini?). Ma non possiamo non tenere
presente che il giorno di San Martino, l’11 novembre,
non era solo il giorno in cui si celebrava
la maturazione del vino nuovo ma era anche il
Nelle parole di questa poesia c’è come un grido,
un’obiezione tragica alla vita, potremmo dire
anche a Dio: perché la vicenda umana ha in sé
delle esperienze così entusiasmanti da convincere
l’uomo ad amarla e poi delle smentite così
crudeli? Perché i giochi di bambini sereni, una
bella notizia che rende sereno il giorno, l’amore
tra un uomo e una donna, la convivenza pacifica
debbano trovare, prima o poi, la smentita
della caducità? Perché tutto ciò che è buono è
così fragile e presto se ne va? Ma non saremmo
uomini se non avessimo il senso della caducità,
del tempo che passa e che ci trasforma. Almeno
questo è importante saperlo: l’uomo, a differenza
di ogni altra creatura, ha il senso della
morte.
Tale domanda nasce abbastanza presto anche
nei cuccioli d’uomo: i pedagogisti dicono verso i
tre anni. Ed è importante che ci sia perché questo
determina un modo diverso da tutti gli altri
esseri viventi di affrontare l’avventura dell’e-
La Lettera
dicembre ‘19
[14]
sistenza. Fare visita al cimitero, andare sulle
tombe dei nostri cari, in questi giorni di autunno
e del ricordo liturgico dei santi e dei defunti ha
proprio una funzione di umanizzazione. D’altra
parte il termine uomo non ha la sua origine in
homo e cioè essere proveniente dalla terra e
destinato alla terra, essere caduco? È proprio
così: homo, viene da humus, cioè terra. Le foglie
cadano a terra e anche noi siamo terrestri,
segnati dal limite. Sapienza è accettare il limite
e decidere di sé dentro il limite. Stoltezza è non
accettare il limite e pretendere di vivere sempre,
senza dover fare i conti con la fragilità.
Dio è l’eterno che ha deciso di chinarsi su di noi
e di farci istruiti del mistero del tempo da vivere
nella riconoscenza e nella misericordia.
L’autunno dunque è la stagione della caducità
e della fragilità ma è il tempo in cui diventiamo
più facilmente capaci di interiorità, magari anche
di pentimento rispetto al tempo sprecato.
È il tempo in cui scopriamo ciò che vale davvero
la pena vivere, a che cosa puntare per evitare
che la nostra esistenza sia una scatola vuota,
non abbia un senso degno di ciò che abita
il nostro cuore. Dunque coloro che sono morti
ci insegnano certamente almeno questo: che
il tempo non va buttato, lasciato passare nella
superficialità e alla ricerca di ciò che non riempie
di significato i giorni, che vale la pena cercare di
amare, di costruirsi una sapienza che supera la
tentazione del risentimento o del rimpianto ma
che ci permette di vivere in profondità.
Allora l’autunno non è solo la stagione triste: è
anche la stagione in cui comprendiamo il valore
delle cose. Non è solo decadenza ma è insegnamento.
È ciò che ci affida la poesia di un prete
poeta milanese, don Angelo Casati (n. 1931).
Non chiamate decadente questo autunno,
mi abbevero
alla festa dei colori,
chiazze gialle, rossi accesi
su brividi di cielo azzurro
tavolozza dell’inedito.
Non chiamate decadente questo autunno,
le foglie e il loro volteggiare lieve
sospeso nell’aria.
Spoliazione
o preludio di accensioni?
La Lettera
dicembre ‘19
[15]
Vanitas e Memento mori
[a cura di don Giampaolo]
Accettare il limite e far diventare
la consapevolezza del limite
occasione di saggezza è
un invito che viene da tempi
antichi, anche prima del cristianesimo.
Nel cammino che
i credenti hanno fatto nella
storia, hanno espresso questo
in diversi modi e con arte.
Per esempio, la figura di santa
Maria Maddalena è stata protagonista
di questo richiamo.
Il nostro vescovo Francesco
ha scritto a tutta la comunità
diocesana la lettera pastorale
per questo anno 2019-2020
che ha come titolo Una voce
che invia e che rimanda proprio
alla figura di Maria di Magdala
come colei che ha ascoltato la
voce di Gesù che la mandava a
dare l’annuncio della sua risurrezione
agli apostoli, il Vangelo
- e cioè la buona notizia - che
la morte non aveva sopraffatto
Gesù.
La tradizione esegetica e spirituale
aveva identificato la
Maddalena nella peccatrice di
cui parla il vangelo di Luca al
capitolo 7 la quale entra nella
sala dove Gesù è a banchetto
e comincia a lavarne i piedi con
le sue lacrime e poi a ungerli di
profumo. Questi gesti provocano
scandalo nei commensali
e soprattutto nel padrone
di casa, il fariseo Simone, che
pensa di aver sopravvalutato
Gesù poiché un bravo maestro
di Israele mai si sarebbe lasciato
toccare da una peccatrice!
La risposta del Signore chiede
a Simone un cambio radicale di
sguardo: Sono perdonati i suoi
molti peccati, perché ha molto
amato. Invece colui al quale
si perdona poco, ama poco (Lc
7,47).
Poco dopo, all’inizio del capitolo
8, il Vangelo di Luca parla
di Maria di Magdala come una
delle prime discepole di Gesù e
nota che il Signore l’aveva liberata
da sette demoni. Così, partendo
da san Gregorio Magno
(540-604), della Maddalena e
della peccatrice di cui il Vangelo
aveva appena narrato è stato
fatto un unico personaggio.
LA MADDALENA PENITENTE
DI CARAVAGGIO
L’immaginazione degli artisti
andò a considerare la Maddalena
come colei che aveva
scoperto, alla luce dell’incontro
con Cristo, ciò che davvero
conta nella vita e ciò che
invece si rivela inutile: la ricchezza,
l’apparenza, il potere,
tutte cose che aveva cercato
La Lettera
dicembre ‘19
[16]
con la sua abilità di seduttrice
nella vita precedente alla sua
conversione. Guardando alla
vicenda della peccatrice/Maddalena
dunque, saggezza diventa
il riconoscimento che bisogna
cambiare vita: non una
vita impostata sull’avere, sul
possedere, sul potere ma una
vita come quella di Gesù, povera,
umile, buona, generosa...
Così la Maddalena è diventata
figura della vanità e cioè dell’inutilità
e inanità delle cose,
figura della vanitas. Vanitas è
la parola che nella traduzione
latina della Bibbia traduce una
parola ebraica presente in uno
dei libri dei Sapienti di Israele, il
libro del Qoèlet: questa parola
è hebel che in ebraico significa:
soffio, respiro, e anche fame di
vento.
Vanitas vanitatum è la tradu-
zione di hebel hebelim, in italiano
vanità delle vanità. L’espressione,
insomma, ci vuole
comunicare che tutto è fragile
ed esposto ad una fine rapida.
Questa parola fa risuonare una
delle vicende più conosciute
da tutti: la storia di Abele il cui
nome è appunto soffio. Qoèlet
dunque afferma che tutto è
sotto il segno della precarietà
e della piccolezza. Insieme
però fa una scelta: egli preferisce
Abele a Caino. Caino è colui
che ha ucciso per affermarsi.
Abele è invece il fragile che non
ha usato violenza. Tutto è hebel,
tutto è limitato e dunque è
importante cogliere da questo
una lezione di profonda umiltà.
Il limite però, invece di provocare
una reazione di risentimento,
di rabbia e violenza, ci può
rendere pacifici. Come Abele. È
così che siamo chiamati a vivere
dentro la storia, dentro la
quotidianità. Dentro i limiti del
nostro vivere non maledire la
vita ma accoglierla: questa è la
prospettiva di Qoèlet.
Tornando alla Maddalena ci
può insegnare molto un’opera
d’arte famosa: la Maddalena
penitente del Caravaggio
(1570-1610) conservata a
Roma, alla Galleria Doria-Pamphilj
e datata nell’anno 1597. Il
dipinto ci presenta una giovane
e bellissima donna seduta su
una sedia con il capo chino, le
braccia conserte, i capelli spettinati
e gli occhi chiusi. È vestita
sontuosamente da broccati
e velluti ma si comprende che
queste vesti saranno oggetti
di rinuncia come già
i gioielli - catena e
braccialetto d’oro,
collana e orecchini
di perle - che stanno
già per terra, sul pavimento.
È evidente
che la giovane donna
se ne sia appena
liberata perché ha
compreso che quegli
oggetti la ponevano
in un rapporto
falso con la vita.
Ai suoi piedi c’è un
vasetto che contiene
dell’unguento -
quello che lei aveva
in parte usato per
profumare i piedi di
Gesù e che è diventato
il suo segno identificativo
- descritto in modo che si noti
come la luce lo attraversi e lo
renda trasparente. Sopra di lei
c’è una luce che attraversa lo
spazio. Maurizio Calvesi, grande
studioso del Caravaggio, ne
ravvisa una valenza simbolica:
è la luce della Grazia che visita
la Maddalena e le apre gli
occhi sulla vita. Lei è sinceramente
pentita di come fino a
quel momento ha vissuto: ne
è segno una lacrima che esce
dal suo occhio destro e riga il
volto.
Questo tema della vanitas,
proprio al tempo del Caravaggio,
aveva avuto una ripresa
significativa per opera di alcuni
santi, tra i quali certamente
san Filippo Neri (1515-1595),
il quale, dopo aver compiuto
vent’anni, ha vissuto tutta la
sua vita a Roma ed è proprio
a Roma che il pittore di origini
bergamasche risiedeva quando
realizzò la sua Maddalena.
Prima di morire, san Filippo, il
quale si dilettava nello scrivere
poesie e canzoni, volle distruggere
tutto quello che aveva
scritto. Sosteneva che la sua
esperienza spirituale dovesse
rimanere segreta poiché descriveva
un’intimità profonda
tra lui e Dio. Non proprio tutto
fu dato alle fiamme. Dei pochi
scritti rimasti fa parte questa
preghiera-meditazione che
evoca i motivi del dipinto di cui
abbiamo parlato finora... Forse
qualcuno di noi ricorda una
versione di questo scritto in
forma di canzone realizzata da
Angelo Branduardi che ha fatto
parte della colonna sonora
del film dedicato al Neri intitolato
State buoni se potete...
Vanità di vanità. / Ogni cosa è vanità.
Tutto il Mondo, e ciò che ha / Ogni cosa è vanità.
Se del mondo i favor suoi / T’alzeran fin dove vuoi.
Alla morte, che sarà? / Ogni cosa è vanità.
Se regnassi ben mill’anni / Sano, lieto, senz’affanni.
Alla morte, che sarà? / Ogni cosa è vanità.
Se tu avessi d’ogn’intorno / Mille servi, notte e giorno,
Alla morte, che sarà? / Ogni cosa è vanità. [...]
La Lettera
dicembre ‘19
[17]
Suor Rosa Lisa
San Salvador
Dicembre 2019
Carissimi amici di Palazzago,
vengo a voi con questo mio scritto, ho davanti a me i tanti volti che ho nuovamente incontrato,
tutto è un dono.
Il mio cuore si riempie di gioia, posso dire che non sono sola in questa terra Salvadoregna, ognuno
di voi è espressione di amicizia e famigliarità.
Come pure voglio ringraziare il parroco don Giuseppe e con lui tutta la comunità parrocchiale.
Ho ricevuto tanti gesti, di affetto, solidarietà, amicizia, accoglienza, tutto questo mi fa sentire sempre più
una di voi.
Ricordo quando sono partita da Palazzago per Guatemala e rileggendo un poco la mia storia, posso
dire che Dio mi ha amato senza riserva, la grazia dello Spirito che sempre mi ha accompagnato,
in tanti momenti difficili.
Anche voi fate parte di questa storia, le vostre preghiere, il ricordo mi aiuta a continuare con amore
ciò che Dio mi ha chiamato a vivere con fedeltà e con entusiasmo.
Grazie per la vostra generosità e solidarietà.
Grazie perché sapete amare senza fare discriminazione.
Grazie perché sapete accogliere con un cuore grande questi nostri fratelli.
Grazie perché fate tutto senza nessun interesse.
Grazie per il vostro impegno, tempo, sacrifici.
Grazie per essere ciascuno di voi un regalo di Dio nei nostri cammini.
Ringrazio così ogni gruppo, famiglie, persone, che hanno condiviso con me, siete delle gocce di speranza
e vita in mezzo a tanta morte e aggressività: che questa luce di amore e bontà non si spenga.
Grazie a ognuno di voi.
Vi faccio tanti auguri di Buon Natale, che il Bambino Gesù possa nascere nei vostri cuori e famiglie,
per essere nel mondo, nella società una piccola Nazareth.
Vi abbraccio e ringrazio a tutti, ricordiamoci nella preghiera sempre con amicizia.
Suor Rosa Lisa
La Lettera
dicembre ‘19
[18]
Il museo parrocchiale
Quella che un tempo era l’abitazione del Parroco,
poi del curato, poi del sagrista, da diversi anni
è il Museo Parrocchiale. Addossato alla Chiesa,
nel lato est, vi si accede da una porta non molto
grande, la stessa che poi introduce alla torre
campanaria; i piani con otto vani, sono collegati
da una scala in legno, un po’ ripida in effetti,
come lo erano quelle dei secoli scorsi. Don Elio
Artifoni, già prevosto di Palazzago dal 2000 al
2008, volle raccogliere qui molti oggetti liturgici
- stendardi, croci astili, candelabri, pissidi, messali…
- opere d’arte - quadri, statue, manufatti…-
vesti liturgiche - pianete, dalmatiche,
camici, cotte, piviali, veli omerali… - mobili
e oggetti della tradizione contadina e casalinga,
ricreando anche lo studio del Parroco,
la cucina e la camera da letto.
E’ sempre bello accompagnare i piccoli della
scuola dell’Infanzia che, nell’ambito della
conoscenza del territorio, visitano la Chiesa,
il Museo e il campanile; ma vedo anche
stupore nelle persone più adulte, mentre
rivedono alcuni oggetti della loro infanzia,
ricordano quando facevano il chierichetto e
conoscono un po’ di storia e situazioni dei
secoli passati.
Il Museo venne inaugurato il 26 giugno
2003 con la benedizione di Mons. Roberto
Amadei (siamo nel decimo anniversario
della sua morte), di cui è custodita
una veste a lui appartenuta, gentilmente
concessa dal segretario Mons. Alessandro
Locatelli. Negli ultimi anni sono
entrati alcuni oggetti donati da Mons.
Daniele Rota cui siamo sempre riconoscenti,
anche per i mobili della Casa di
Comunità e per la Veronica del Guercino.
Un passaggio
tra le foto
delle diverse
sale ci dà l’idea
della ricchezza
di storia,
di cultura e di
spiritualità qui
concentrate e, magari,
crea il desiderio
di conoscerlo maggiormente.
Durante
le visite programmate,
colgo sempre
espressioni del
tipo: “non sapevo
che fosse così bello”,
“non l’avevo mai
visto”, “abbiamo qui
un tesoro...”
La Lettera
dicembre ‘19
[19]
Madonna del Rosario
[di Andrea Alborghetti]
Anche quest’anno, nella mattinata
della prima di domenica di
ottobre, si è svolta la celebrazione
eucaristica e la processione in
occasione della festa della Madonna
del Rosario, molto cara
a tutti i palazzaghesi. Alla celebrazione
erano presenti, oltre
ad un notevole numero di fedeli
e di bambini della catechesi, diversi
sacerdoti legati
alla parrocchia
di Palazzago per
il ministero svolto,
in particolare
don Elio Artifoni,
già nostro parroco
dal 2000 al 2008
e don Eliseo Pasinelli,
parroco dal
1984 al 1993, attualmente
prevosto di S. Anna
in Borgo Palazzo. Mons. Ubaldo
Nava, anch’egli presente, è stato
ricordato per il suo 55esimo
anniversario di sacerdozio e per
la preziosa collaborazione con la
nostra parrocchia soprattutto
durante i momenti delle confessioni
comunitarie. Don Mario
Morè, parroco dal 1993 al 2000,
non ha potuto partecipare, ma
è stato ugualmente ricordato.
Suor Mariagrazia Rota Bulò ha
festeggiato i trent’anni dei voti
perpetui.
Nell’omelia, don Eliseo ha voluto
ricordare, alla luce della Parola
proclamata, l’importanza dell’ascolto.
Gesù stesso, quando era
bambino, ha imparato a pregare
così, con la preghiera per eccellenza
della tradizione ebraica:
“Ascolta Israele, il Signore è
nostro Dio, il Signore è uno” (Dt
6,4). Dobbiamo allenarci sempre
di più ad ascoltare: solo così
riconosceremo di essere veramente
amati e perdonati dal
Signore. “È Lui che cambia la
nostra vita!”. Non bisogna mai
uscire dalla chiesa non rinnova-
La Lettera
dicembre ‘19
[22]
ti – continua don Eliseo -, senza
sentire l’abbraccio del Signore
che ci rigenera nell’Amore. A
questa provocazione è seguita
una breve suggestione legata
alla preghiera del S. Rosario. Infatti
all’apparenza può sembrare
una preghiera incentrata tanto
sul parlare, sul dire tante Ave
Maria. Ma essa è innanzitutto
una preghiera di ascolto, perché
riunisce i misteri della vita
di Cristo, dall’Annunciazione alla
sua morte e risurrezione. Come
Maria ha ascoltato l’annuncio
dell’angelo, così anche noi prima
ascoltiamo e solo in un secondo
momento diciamo, risignificando
dentro un preciso contesto la
nostra preghiera di supplica e di
lode.
Lo sguardo umanamente materno
di Maria ricorda certamente
quello delle mamme nei
confronti dei propri figli anche
se, nella sua immensa umiltà
di discepola prediletta di Dio, ci
testimonia che, attraverso di lei,
si può arrivare più facilmente a
contemplare lo sguardo di Gesù,
fatto uomo ma “della stessa sostanza
del Padre”. Maria si pone
come l’intermediaria per eccellenza,
colei che nella sua grande
umiltà è in grado di “mettersi da
parte” per farci vedere il Figlio
Gesù. Non stanchiamoci, allora,
di lasciarci indirizzare da lei
nella ricerca del volto di Cristo.
Impariamo ad essere umili e docili,
come lo è stata lei durante la
sua vita. Sforziamoci di ascoltare:
non può esistere una ricerca
autentica se non c’è ascolto, fiducia
e senso di totale gratuità.
Questi sono i segreti per una
ricerca efficace della propria
vocazione e per sentirsi veri cristiani
amati dal Signore.
La preghiera è continuata con
la processione: gli Alpini hanno
portato il trono con la statua
della Madonna, il cui
manto si apre a raccogliere
il mondo intero.
Altre immagini di Maria
con il manto allargato
(Madonna della Misericordia)
sono state
portate dai gruppi dei
ragazzi della catechesi,
mentre il cammino era scandito
dalla preghiera, dai canti e dalle
note della Banda G.Rossini.
Dopo la benedizione abbiamo
regalato ai festeggiati una formella
del portale di San Zeno a
Verona, montata al centro della
palla (il quadrato di stoffa ricamata
che copre il calice nella celebrazione),
insieme ai biscotti di
San Giovanni.
La festa è continuata con il
pranzo all’area socio ricreativa,
al quale han preso parte 200
persone, rinnovando gli auguri
ai sacerdoti e alla suora e il grazie
agli sponsor della Festa di
Comunità che ha avuto lì il suo
termine ufficiale.
La Lettera
dicembre ‘19
[23]
Grazie!
Veramente privilegiato mi sono
sentito, insieme a don Elio e a
don Ubaldo, di partecipare alla
Festa della Madonna del S. Rosario.
Fra l’altro ricorreva anche
il 35mo anniversario del mio ingresso
a Palazzago.
Ho visto tanti progressi nella Parrocchia, tanto entusiasmo, nonostante i tempi difficili che viviamo.
Grazie a don Giuseppe per la guida saggia, intelligente, vigorosa e piena di iniziative belle
e adatte a far nascer e crescere la fede in Gesù. Davvero Dio ci ama e dona a ciascuno la forza di
testimoniare la gioia di essere amati e abbracciati da Lui.
In particolare devo sottolineare la mia gioiosa sorpresa nel vedere i bambini del catechismo (così
attenti nella Messa) che in processione hanno portato delle bellissime immagini della Madonna
che col suo manto copre tutti i bisognosi. Hanno fatto l’esperienza di che cosa significa dire quello
che siamo e quello in cui crediamo, senza vergogna.
Grazie per il bel pranzo e per il regalo, che mi farà ricordare il vostro affetto quando lo poserò sul
calice nella s. Messa.
Un cordiale saluto a tutti, specialmente a quelli che ho potuto incontrare e salutare, senza dimenticare
gli altri.
Don Eliseo
Spesso ad una suora si chiede: “Cos’hai sentito, come hai capito che Gesù ti chiamava?”
Una ragazzina di 18 anni cosa sogna per il suo futuro? Tante cose, ma soprattutto sogna l’amore;
vuole amare ed essere amata; magari avere un ragazzo con cui condividere questo sogno per tutta
la vita.
Può succedere però che la ragazzina non riesca a trovare l’amore che cerca in nessuna situazione
della sua vita quotidiana fin quando non si trova a vivere delle esperienze accanto a delle suore. Lì
scatta qualcosa che le fa pensare che quel Gesù che le suore stanno seguendo forse sta chiamando
anche lei e si rende conto di conoscerlo poco perché aveva sempre cercato di evitarlo; in chiesa
a volte ci andava solo per ubbidire alla mamma; diceva che il fumo
delle candele le faceva male.
Domenica 6 ottobre, in occasione della festa della Madonna del Rosario
e degli anniversari di sacerdozio e di vita consacrata, don Eliseo
nell’omelia ricordava l’importanza dell’ascolto della Parola di Dio invitando
ad imitare Gesù anche nella formula di esortazione all’ascolto
“SHEMA’ ISRAEL”... “ASCOLTA ISRAELE “...
Anch’io, cioè quella ragazzina, molti anni fa ho cominciato a mettermi
in ascolto di quel Dio che mi stava chiamando. Non è che all’improvviso
ho sentito la Sua voce venire dalle nubi, ma l’esempio di alcune
suore e di bravi sacerdoti mi ha aiutato a capire quello che il Signore
mi stava dicendo.
Oggi con questo scritto colgo l’occasione per esprimere la mia gratitudine
a don Giuseppe e alla comunità di Palazzago per avermi invitato
alla celebrazione dell’Eucaristia per ringraziare insieme il Signore
per il prezioso dono della vocazione e per aver condiviso nella gioia il momento conviviale della
giornata.
Ringrazio anche i miei coscritti del 63 per la loro assidua vicinanza, la simpatia e la profonda amicizia
che non mancano mai di esprimere con gesti molto carini.
Con affetto sr. Maria Grazia
La Lettera
dicembre ‘19
[24]
Festa di San Carlo
Per la festa di San Carlo Borromeo, patrono della Comunità di Burligo, abbiamo invitato a presiedere
la concelebrazione (la processione è stata sospesa per il maltempo) don Carlo Nava, Vicerettore della
Scuola Vocazioni Giovanili e Superiore della Comunità dei preti del Paradiso. Il testo che riportiamo vuole
essere un approfondimento della figura del Santo e una sorta di vademecum per il cammino comunitario.
Don Carlo parte da due domande:
1. Che cosa significa per
una Comunità Cristiana avere
un Patrono?
2. Quali sono i tratti della
santità di S. Carlo che oggi la
Comunità parrocchiale di Burligo
è chiamata a testimoniare?
Che cosa significa per una Comunità
Cristiana avere un Patrono?
Avere un Patrono per una Comunità
cristiana oggi può avere
un duplice significato.
Perché questo custodisca
la Comunità. Lui che già
guarda il Signore possa intercedere
per la Parrocchia e i
suoi abitanti. S. Carlo è vostro
PROTETTORE.
Perché la conoscenza
del Patrono possa favorire il
nostro stare dietro al Signore,
perché guardando a questo
fratello che nella sua vita ha
interpretato con frutto il Vangelo,
anche noi come singoli e
come comunità gli possiamo
stare dietro. S. Carlo è per voi
MODELLO di vita cristiana.
Quali sono i tratti della santità
di S. Carlo che oggi la Comunità
parrocchiale di Burligo è
chiamata a testimoniare?
Alla luce del carisma spirituale
di S. Carlo mi permetto di
suggerirvi quattro parole che
possono essere significative
per la vostra testimonianza
cristiana.
SILENZIO
Conosciamo tutti il grande
amore che S. Carlo aveva per
il crocifisso. Le sue biografie
ci raccontano di lunghi tempi
di preghiera silenziosa di fronte
al Crocifisso, di meditazioni
prolungate e ci raccontano
anche di un San Carlo parco
di parole, capace di dire la parola
giusta al momento giusto,
non certamente dedito al
chiacchiericcio e al pettegolezzo.
Spesso infatti è descritto
come un uomo severo, intendendo
un uomo pienamente
presente a se stesso, con un
fine ben chiaro per la propria
vita e tutto proteso a raggiungerlo.
Siamo dentro un tempo dominato
dal rumore e dalla fretta.
Ascoltiamo dalla mattina alla
sera quando andiamo a letto
tantissime parole e tutte passano
così in fretta, tanto che
non abbiamo la possibilità di
trattenerle, di farle nostre. Il
mondo oggi corre. Non va al
passo dell’uomo.
Seguire Gesù, attraverso la
santità di San Carlo, significherà
imparare ad andare un
po’ più lenti. Significherà imparare
a distinguere ciò che è
necessario nella nostra vita da
ciò che non lo è. Correre per ciò
che vale.
Seguire Gesù, attraverso la
santità di San Carlo, significherà
trovare dentro la nostra
giornata degli spazi di silenzio
per poter ascoltare la Parola
che salva, per poterci mettere
in ascolto della parola di Dio
che illumina il nostro cammino,
che purifica la nostra vita,
che scalda il nostro cuore. Ed
insegnare ai nostri figli e ai nostri
nipoti a fare lo stesso. Siamo
tutti iper connessi e que-
La Lettera
dicembre ‘19
[25]
sto ci distoglie dalla relazione
che ci fa noi stessi che è quella
con Dio.
Seguire Gesù, attraverso la
santità di San Carlo, significherà
dare il giusto peso alle
parole. Lo sappiamo: ci sono
parole che aprono e parole
che chiudono, ci sono parole
che danno vita e parole che
consegnano morte, ci sono
parole che feriscono e parole
che nutrono. Sentirne
tutta la responsabilità
prima di parlare, non
usare la parola con
superficialità. Il vostro
patrono vi invita a non
fare pettegolezzi, a
non chiacchierare invano.
Dunque silenzio.
SUDARE
S. Carlo era un gran
lavoratore, instancabile,
addirittura fino alla sua
morte. Non gli ha mai fatto
paura la fatica, il sacrificio. È
famoso per la sua vita ascetica.
Anche queste parole, sudare –
fatica – sacrificio – ascesi, oggi
non son più tanto di moda. Il
benessere oggi spesso viene
inteso anche come assenza
di fatica. L’industria tecnologica
produce anche a partire da
questa affermazione, ricerca
la maggiore comodità.
Ma chi in mezzo a noi ha qualche
capello grigio sa bene che
senza fatica, senza sacrificio
non si diventa grandi, si muore.
Che se vuoi ottenere un obiettivo,
un frutto devi mettere in
conto un po’ di fatica. I bergamaschi
sono famosi perché
instancabili lavoratori.
Da una parte c’è un contesto
che ci illude che la vita è possibile
senza fatica, dall’altra c’è
la realtà che ci fa dire che se
non fai fatica prima devi farla
dopo e che la vita ha in sé questo
inevitabile tratto.
Ciò che desideriamo lo si ottiene
con impegno, con dedizione,
con sacrificio.
Seguire Gesù, attraverso la
santità di San Carlo, significherà
essere testimoni proprio
di questo: di una vita vissuta
con impegno, con generosità,
con dedizione.
Seguire Gesù, attraverso la
santità di San Carlo, significherà
non sostituirci ai nostri
figli e ai nostri nipoti nel far
fatica ma abilitarli alla vita attraverso
le fatiche quotidiane.
AMARE e LASCIARSI AMARE
San Carlo ha dato la Sua vita
per il Signore, per la chiesa, per
la sua chiesa di Milano, per la
riforma della Chiesa, perché
venisse attuato il Concilio e lo
ha fatto fino alla fine. Potremmo
dire che la sua vita non può
essere distinta da questa sua
passione. È dentro, è legata.
Quella di San Carlo è stata
una vita appassionante e appassionata.
E tutto
questo nasceva da un
amore grande percepito,
un amore grande
che veniva prima. Da
una parola che lo ha
raggiunto, lo ha scelto,
chiamato, convertito,
mandato. Un amore
tanto grande che vale
l’offerta della vita.
Così San Carlo prega
di fronte al Crocifisso:
E il vostro amore si è
talmente impadronito del mio
cuore che, quand’anche non ci
fosse il Paradiso, io Vi amerei
lo stesso.
Dunque una vita spesa con
amore perché consapevole di
essere amata.
Ci sono tante persone oggi
che vivono una sorta di tristezza
di fondo, quasi di noia,
La Lettera
dicembre ‘19
[26]
che fanno fatica a percepire il
senso e l’orientamento della
loro vite, il perché vivono (meglio
ancora il per chi vivono). Le
giornate diventano un peso e
gli avvenimenti hanno
sempre il profilo di un
cielo plumbeo. Ci sono
persone che hanno una
bassa stima di sé, che
pensano di non valere,
che vivono una sorta di
minorità.
San Carlo vi invita a
lasciarvi amare, a diventare
sempre più
consapevoli che Dio
c’è e vi ama in modo
straordinario. Vi invita
ad aprire gli occhi, anche
quelli del cuore, e
vedere gli abbondanti segni
del suo amore dentro la vostra
storia, ad intuirla come
storia sacra, di relazione privilegiata
con il Signore, di
storia abitata dalla Sua presenza.
E conseguentemente vi invita
ad amare, a mettere in
tutto ciò che fate amore. Dalle
cose più semplici e piccole
alle faccende più importanti.
Un conto è cucinare con
amore, un conto è cucinare
senza amore (lavare i piatti,
custodire la Chiesa, fare
il chierichetto, andare a
scuola...).
PERDERE
La vicenda di San Carlo è una
continua perdita. A nove anni
perde la mamma, a vent’anni il
padre, a 24 il fratello Federico.
E poi la sua gente, il suo popolo
al tempo della peste. Ma perde
anche un certo tipo di vita scegliendo
una vita austera.
La nostra vita si apre con tante
possibilità ma poi piano piano
si chiude. C’è chi vive con tanti
rimpianti rispetto alla possibilità
perse, c’è chi vive addirittura
con risentimento convinto
che la vita non gli ha dato
ciò che meritava, c’è chi vive
facendo finta di niente, non
volendo guardare in faccia alla
realtà per quello che è.
C’è chi invece accetta ed accoglie
la vita per quello che è
e che può dare.
Accettare una malattia, accogliere
pur nel dolore la morte
del proprio congiunto, accettare
che le forze vengano meno
e che non si possa fare quello
che si faceva una volta,
accettare che i figli
se ne vadano e facciano
la loro strada non è
un processo facile né
immediato. Eppure è
nella fede la chiamata
della nostra vita.
Nella vita non vince chi
vince ma vince chi perde.
Guardate a Gesù in
croce, guardate a San
Carlo. Hanno vinto
perché hanno perso.
Seguire Gesù, attraverso
la santità di San
Carlo, significherà allora per
tutti noi accogliere la vita e
tutto ciò che ci offre alla luce
della fede in Cristo morto e risorto.
Non vivere di rimpianti
o risentimenti ma guardare
con speranza e fiducia all’oggi
e all’avvenire, convinti che per
noi cristiani le cose più belle
stanno davanti a noi, le cose
più belle stanno per avvenire.
Conclusione.
Silenzio, sudare, amare e lasciarsi
amare. Questa è la via
che San Carlo ha tracciato nella
sua esistenza e per la vostra
Comunità.
La Lettera
dicembre ‘19
[27]
Parrocchie San Giovanni Battista, Palazzago e San Carlo, Burligo
Artefede11
[Un tuffo nelle chiese
contemporanee]
[28] dicembre ‘19
Continuiamo il percorso comunitario, alla scoperta dei luoghi della fede,
vicini e lontani, testimonianze di spiritualità, arte e passione per Dio
ne ai territori, alla loro storia e croce.
e per l’uomo.
alle loro peculiarità; sono progettate
all’interno di un con-
della cro-
Nei bracci
11 tappa: Domenica testo 27/10/2019
più ampio, il centro pastorale,
ce, sono
con chiesa, abitazione disposti
Chiese contemporanee: del sacerdote e locali per la i quattro
-San Giovanni pastorale (aule, XXIII bar, saloni…); lucernari
a Paderno utilizzano di nel Seriate loro insieme un che permetto
materiale (pietra, cemento,
Arch. legno) che viene presentato l’ingresso
della
La ripresa del percorso
Mario
Artefede
ci ha fatto incontrare con
con lavorazioni diverse dentro
Botta e fuori; non hanno campanile; luce in
due chiese contemporanee,
vedono una unità di intenti tra m o d o
un salto rispetto a ciò che fino
architettura e opere artistiche esclusivamente
a questo momento avevamo
(Botta Mario e Vangi Giuliano a
incontrato. Abbiamo avuto
Seriate, Belloni Paolo e Piccoli zenitale,
la possibilità di entrare in linguaggi
e materiali nuovi che
Riccardo a Cavernago)
ovvero
dall’alto al basso in modo
-S. Marco e S. Giovanni Ma vediamole a Cavernago
più da vicino.
Arch. Paolo Belloni
declinano il desiderio delle Comunità
di costruire la Casa di
perfettamente verticale. La
Programma: La Chiesa di Seriate ore 14.45 progettata luce, riflettendosi sui pannelli
di legno a bande orizzontali
Ritrovo
Dio tra le case degli uomini.
dal Botta con si mezzi presenta propri come a un
Seriate,
Ci sono alcune particolarità
enorme zona prisma Paderno, di pietra rossa ricoperti con foglie d’oro delle
Via Po 25. Visita guidata e poi
che ritornano nella Chiesa San spostamento di Verona, con a piani Cavernago geometrici per pareti, crea una dimensione di
Giovanni XXIII a Paderno di Seriate
(consacrata nel 2004) e
l’altra rigorosamente visita. definiti, sbocciato
dietro in base l’antica all’orario, chiesa di connubio di cielo e terra.
accoglienza e di calore, in un
Merenda,
in
di San Marco e San Giovanni
Sant’Alessandro uno dei centri pastorali. e in dialogo La pianta quadrata presenta
Battista a Cavernago (consacrata
nel 2018). Ad esempio
con la stessa, inserito in uno un’irregolarità in corrispondenza
del presbiterio dove
spazio verde, dove ancora
che nascono con un’attenzio-
scorrono le rogge d’acqua. Botta inserisce una doppia abside
in pietra di Verona, scolpi-
A pianta quadrata di 25 metri
per lato,
raggiunge
ta dal toscano Giuliano Vangi,
che rappresenta la crocifissione
l’altezza di
di Cristo, accompagnato da
23 metri. un gruppo di donne addolorate.
Man mano
La scena evangelica, tutta-
che l’altezza
via, è ambientata a Seriate: si
aumenta, possono distinguere il campavia,
l’edificio è nile della parrocchia di San Cristoforo,
scavato geometricamente
sugli spigoli
di modo
che nella parte
alta termini
in forma di
la parrocchia del San-
tissimo Redentore e la nuova
chiesa. Il bassorilievo, dalla
composizione semplice e vuota,
colpisce con il grande Cristo
scolpito nella parte centrale
in negativo, quasi affidando il
La Lettera
passaggio dalla morte alla vita
nella luce della risurrezione.
Davanti si apre il presbiterio
semicircolare con l’ambone,
l’altare, la sede e il tabernacolo.
Accanto, sempre dello
scultore Vangi, una statua della
Madonna con Bambino che
non passa inosservata per il
colore e l’interpretazione: una
moderna litania a Maria, turris
eburnea.
A Cavernago l’intero complesso
è realizzato con cemento
armato a vista opportunamente
texturizzato, il colore è quello
della terra arata asciugata
dai raggi del sole. L’obiettivo è
stato quello di risolvere con un
unico materiale le tre funzioni
principali: struttura, isolamento,
finitura. Un grande occhio
aperto verso l’alto e verso
ovest che rappresenta un elemento
di proiezione simbolica
verso il cielo, permette un
abbondante ingresso di luce
molto concentrata. L’aula presbiteriale
ospita ambone, altare,
sede e tabernacolo ed è caratterizzata
da uno spazio che
si compone di piani orizzontali
e verticali. Ogni singolo elemento
assume la scala dimensionale
dell’intero presbiterio
senza perdere la propria autonomia
funzionale e liturgica.
Certo, appena si varca la soglia
della nuovissima
chiesa
l’occhio
cade subito
su un punto:
il tabernacolo.
L’artista
Riccardo
Piccoli, che
ha realizzato
anche la Via
Crucis con
garze retroilluminate di volti
che si sovrappongono al volto
del Cristo e l’immagine dedicata
a Maria, ce lo affida come un
roveto ardente, inserito nella
struttura, fatto di garza dipinta
di rosso che avvolge il vetro
incassato nella muratura dietro
l’altare. Un led interno permette
un effetto di piena trasparenza:
si vede così il calice
disegnato in vetro dallo stesso
artista e la ciotola per la distribuzione
dell’Eucaristia. Il rosso,
che rimanda alla luce dei lumini
che in tante chiese ancora segnalano
la presenza dell’ostia
consacrata nel tabernacolo,
è anche un colore simbolicamente
pregno di echi: richiama
il fatto che lì non sono custoditi
simboli, ma il corpo reale di Cristo.
È un rosso
intenso, che
attira e insieme
richiama il
passaggio attraverso
una
ferita; un rosso
che scopre
e nello stesso
vela e protegge.
Un punto
pulsante dentro
l’architettura; un cuore che
richiama l’evidenza di Colui che
è presente.
L’altare è un parallelepipedo
“radicato” direttamente nel
terreno. Attorno all’altare è
cresciuto il nuovo edificio. La
parte emergente è a base quadrata
di dimensioni 120×120
ad enfatizzare la sua centralità.
Il fonte battesimale si trova in
prossimità dell’ingresso ma,
grazie ad un avanzamento di
quest’ultimo, si trova in una
posizione relativamente baricentrica
per favorire la necessaria
partecipazione durante la
celebrazione di questo sacramento.
Se l’altare è radicato nel terreno
e il fonte battesimale cerca
una relazione tra terra e cielo,
l’ambone, il luogo della parola,
è concettualmente e fisicamente
relazionato con il cielo,
con l’alto, non tocca il suolo ma
è sospeso ed è illuminato da
un importante lucernario che
capta la luce naturale.
Come possiamo dire al termine
del nostro tour? Certamente
interessante, anche se ci sono
alcune perplessità tra i partecipanti
e che avranno bisogno
di tempo. Sicuramente però, la
conoscenza di queste chiese
ci aiuta a entrare nei linguaggi
che caratterizzano il presente,
restituendoci quel dialogo
mai finito tra il sentimento del
sacro e le sue espressioni e la
concretezza di uno spazio da
abitare.
Per andare oltre.
La Lettera
dicembre ‘19
[29]
Ado e dintorni
[A cura di Luca e animatori Ado]
Piove piove… dopotutto la
calda estate è finita, ma ci
restano i tanti ricordi delle
avventure che noi animatori
degli adolescenti
e i nostri ragazzi abbiamo
affrontato, a volte
con fatica e sacrificio, ma
sempre ripagati da grandi
soddisfazioni e complimenti;
ricordiamo in
particolare il CRE, il mare
adolescenti, la biciclettata,
la festa di comunità…
insomma, le attività non
sono mancate.
Con l’arrivo dell’autunno
riprende l’anno catechistico,
così come i nostri
incontri adolescenti e giovani
del lunedì sera. Il 30
settembre abbiamo iniziato
con una cena insieme
e un gioco a squadre
in oratorio, in cui i ragazzi
si sono sfidati in prove
culturali. Una delle novità
di quest’anno è rappresentata…
dalla cena. Infatti,
la pizza non viene
più ordinata e fatta portare
da pizzerie esterne,
ma il nostro cibo ora possiamo
“farlo in casa”. Con
il Giropizza dell’oratorio
ora i ragazzi nei particolari
appuntamenti dell’anno
(oltre che nelle aperture
del weekend) possono
usufruire della pizzeria
nel nuovo locale, dove si
è respirata fin da subito
un’atmosfera accogliente
e di festa. Non a caso diversi
di loro fanno anche
La Lettera
[30] dicembre ‘19
parte del gruppo di volontari
per il servizio ai tavoli
con i taglieri, e perché no,
anche per fare i pizzaioli.
Come ormai da tradizione
i nostri incontri sono
caratterizzati da un momento
iniziale di preghiera
tutti insieme, dove percorriamo
a tappe la vita
di una persona che si è
distinta per la sua forte
fede in Cristo malgrado
una vita difficile e dolorosa.
Quest’anno ci siamo
concentrati sulla figura
di Chiara “Luce” Badano,
una ragazza originaria di
Sassello, in provincia di
Savona, deceduta poco
prima di compiere 19 anni
a causa di un osteosarcoma.
Nonostante la sua
malattia Chiara non ha
mai perso la fiducia nel
Vangelo, che lei chiamava
“uno straordinario messaggio”,
ma al contrario
ripeteva spesso: “Dio mi
ama immensamente”.
Dopo il momento insieme,
suddivisi per annate,
gli adolescenti partecipano
alle attività che noi
animatori proponiamo
loro, riguardanti temi di
attualità o di particolare
interesse per la loro delicata
età, cercando di creare
spunti di riflessione e
dibattito.
Ma oltre ai classici incontri,
sono distribuiti durante
l’anno anche degli
appuntamenti particolari.
Il 19 ottobre c’è stata la festa
per i ragazzi del 2005 per il loro
passaggio da terza media agli
adolescenti. Anche in questo
caso abbiamo mangiato al Giropizza
e abbiamo organizzato
per loro e per i più grandi un
gioco investigativo. Lunedì 21
ottobre siamo andati a Prezzate
per la veglia missionaria,
dove erano proposte delle
testimonianze di esperienze
vissute in missione nei paesi
più poveri. Eravamo in pochi,
è vero, ma dobbiamo anche
dire che gli unici adolescenti
presenti erano di Palazzago.
Infine, sabato 9 novembre abbiamo
dedicato il nostro pomeriggio
alla raccolta di San
Martino, raccogliendo viveri
per i poveri e vestiti per la Caritas,
che li distribuirà a chi ne ha
più bisogno. In questa occasione,
e siamo orgogliosi di dirlo,
eravamo in tanti. Con le nostre
macchine e con quelle di alcuni
genitori cariche di ragazzi abbiamo
percorso tutto il paese
suonando ogni campanello,
portando così in oratorio un
totale di circa 900 chili di cibo
e parecchi sacchi colmi di indumenti.
Con l’avanzare dell’autunno
si avvicina il primo periodo intenso
dell’anno: il Natale, che
porta con sé attività importanti
come le confessioni assieme
agli adolescenti delle parrocchie
vicine, il ritiro di Natale per
focalizzarci sul vero senso di
questa festa, e il camposcuola
invernale (26-29 dicembre),
che ha come mete Nizza, Cannes
e Montecarlo, passando
per il paese di Chiara Badano,
Sassello. Poi arriverà il Corso
centrale animatori, nel gennaio
2020, a Bergamo. Anche lì non
mancheremo di esserci con alcuni
adolescenti.
Soddisfatti dell’avvio degli incontri,
ci auguriamo che il percorso
continui come è iniziato,
e che il nostro oratorio sia
sempre più un punto di riferimento
per i ragazzi e per tutta
la comunità.
La Lettera
dicembre ‘19
[31]
Madonna de la Salette
[A cura di Raffaele]
Madonna ai veggenti.
Il 19 settembre 1846 Melania
Calvat, assieme a Massimo
Giraud, raccontarono di
aver ricevuto un messaggio
e un segreto durante una
apparizione della Madonna.
Tale rivelazione fu dichiarata
autentica con l’imprimatur
del Vescovo di Lecce nel
1879.
Prendendo spunto da questo
testo, Don Gigi ha spiegato il
messaggio interpretandolo
nel contesto dell’epoca e attualizzandolo
ai nostri giorni,
aiutandoci a riflettere su
tante tematiche.
Domenica 22 settembre a Beita
gnato anche nel triduo in pre-
Nonostante il maltempo
abbiamo celebrato la festa parazione alla festa, con le sue abbia impedito lo svolgersi
della Madonna de La Salette a riflessioni ha commentato in della processione, la festa è
cui è dedicata la chiesa. modo chiaro e semplice una stata molto bella e partecipata.
La celebrazione, presieduta da parte della rivelazione della
Don Gigi e che ha avuto Don
Roberto come concelebrante,
ha radunato i molti fedeli
e devoti della zona, tanto da
riempire la chiesa provvisoria
che in questo periodo sopperisce
alla chiesa della frazione,
in attesa che terminino i lavori
di restauro.
Don Gigi, che ci ha accompa-
La Lettera
Pillole
Festa della terza età nel solco di un programma consolidato: concelebrazione e unzione degli infermi,
pranzo e pomeriggio insieme, il tutto preceduto dal porta a porta per gli inviti, la preparazione
dei doni e il trasporto. Cura e attenzione condivisi da volontari e Amministrazione locale.
La Giornata missionaria mondiale ha visto
nella nostra Comunità due missionarie
di Villaregia, Paola e Geisiani. La loro
testimonianza durante le celebrazioni ha
dato voce al tema dell’ottobre missionario
straordinario voluto da papa Francesco:
“Battezzati e inviati.” Come non ricordare
quella caramella passata di bocca in bocca
di una decina di bambini perché tutti
ne potessero gustare il dolce almeno per
un po’? Il battesimo ci ha fatto un regalo
che diventa responsabilità: non possiamo
trattenere ciò che abbiamo gratuitamente
ricevuto. Anche la Veglia missionaria vissuta
con le parrocchie della Fraternità a
Prezzate ci ha fatto respirare questi temi,
trasformandoli in preghiera e adorazione.
Alcune giovani coppie che avevano partecipato nei primi mesi del 2019 al percorso di preparazione
al matrimonio cristiano, si danno appuntamento una volta al mese: per ritrovarsi e condividere i
primi passi nel matrimonio e per riflettere insieme, partendo o terminando con un buon… giropizza.
Del resto nel matrimonio si condivide tutto.
La Lettera
dicembre ‘19
[33]
Continuiamo a celebrare alla
Beita nella struttura provvisoria
che fa da chiesa, in attesa che i
lavori di ristrutturazione interna
ci riconsegnino la chiesa della
Madonna de la Salette bella e
accogliente. Certo, siamo anche
in attesa di qualche benefattore
per poter finire i lavori…
“La musica di Dio” proposta dall’Assessorato
alla Cultura del Comune,
nella sua XIII edizione ci ha tuffato nelle
ultime sette parole di Gesù in croce,
attraverso l’opera di F.J.Haydn interpretata
dal Quartetto d’archi Cèsar e
dal Soprano Maria Pia Gandolfi. Al termine
sono risuonate parole e musica
di Mons. Egidio Corbetta con quello
che è un brano rappresentativo del
Maestro, “Dolce memoria”, ricordato
anche in questo concerto nel X anniversario
della morte.
I catechisti della Fraternità sono andati “a scuola”,
scegliendo, per tre lunedì, a Brembate, un corso specifico
tra quelli proposti: 1.Metodologia della catechesi
“Come si fa catechesi ?”; 2. Antropologia: Fede
e Scienza “La scienza una porta al mistero di Dio”; 3.
Sacramentaria “Battesimo”; 4. Bibbia e catechesi “Il
soffio dello Spirito ”; 5. Arte e catechesi “La fotografia
nella catechesi”. Tutto questo nella consapevolezza
che la formazione è per un catechista questione di
fondo, importante e necessaria. Le serate sono state
occasione preziosa di scambio e confronto capace di
incrociare i nostri vissuti pastorali e le domande che
nascono nell’incontro con coloro che la Chiesa ci affida
e, insieme, risorsa di senso e di contenuto a nutrimento
della nostra fede.
Il “giropizza” sta girando bene grazie ai
40 volontari che si alternano nelle diverse
serate soddisfacendo così le diverse
richieste (i “sabato” di terza media,
i compleanni, il ritrovo tra famiglie,
l’asporto…) e i palati più fini.
La Lettera
[34] dicembre ‘19
Concludiamo un anno, il 110° della Canonica, diventata con il restauro, Casa di Comunità. Ci piacerebbe
anche concludere i pagamenti, ma ci vorranno altri anni. Nel frattempo: Avanti, forza e coraggio…
Nella solennità di Cristo Re la Banda”
G.Rossini” e i Cori hanno animato la celebrazione
nel ricordo della Patrona della
musica, Santa Cecilia. Un insieme sorprendente
e coinvolgente che diventa anche
segno di ciò che è il cammino comunitario.
Sono ripartiti i Gruppi nelle case, prendendo come
traccia il percorso proposto dalla Diocesi, alla luce
della lettera del Vescovo. Così, con la guida di diversi
laici che ormai sono esperti in questo ambito,
abbiamo approfondito alcune pagine evangeliche
di “missione”, con lo stile che fa partire e
arrivare alla vita, incontrando la Parola. Nei mesi
del prossimo anno ci saranno i Gruppi nella Casa,
nella Casa di Comunità, per un confronto più allargato
13 gennaio, 3 febbraio, 1 marzo e 23 marzo.
Grazie anche a tutti gli sponsor della Festa di Comunità.
La Lettera
dicembre ‘19
[35]
PUOI ANCHE TU…TI ASPETTIAMO
Puoi anche tu imparare l’arte musicale.
Il Corpo Musicale “G. Rossini di Palazzago” ti offre questa possibilità.
Ti aspetta un ambiente tranquillo, disponibile, semplice, sano e sereno con docenti giovani
molto preparati che ti possono insegnare le note musicali e l’approccio ad uno strumento
che desideri imparare a suonare.
Il corso, organizzato dal Corpo Musicale, è sempre aperto, già tanti giovani lo stanno frequentando, ci puoi stare anche
tu, può essere l’occasione per fare una scelta che ti sarà utile nella vita.
In questo ambientesi sono create nuove amicizie, anche matrimoni, hanno imparato ragazzi che oggi suonano a livello
nazionale ed internazionale, si è trovato lavoro e tante conoscenze.
Ti si offrono altre possibilità come attività culturali, ricreative, sociali e viaggiare come si è già fatto: in Italia, in mezza
Europa e uno anche negli Stati Uniti.
Puoi partecipare anche tu. Ti aspettiamo
Il Direttivo - Corpo Musicale “G. Rossini” di Palazzago
Per informazioni
contattare:
Ferruccio
335.692217
Anna
333.6331797
...particolari del museo parrocchiale
Battesimi
Domenica 13 ottobre, ore 11.30
Sofia Boaro,
di Manuele e Chiara Crippa,
nata il 10 giugno 2019
Sofia
Domenica 27 ottobre ore 10.30
Gaia Bonfanti, di Fulvio e Stefania Bosoni,
nata il 4 giugno 2019
Mia Cortinovis, di Marco e Monica Pessina,
nata il 13 settembre 2019
Gaia
Mia
Matrimoni
Alberto Mazzoleni e Valentina Baitelli
16 Settembre 2019
Parrocchiale San Giacomo Apostolo,
Selino Alto
Giorgio Boffetti e Eleonora Marchioro
20 settembre 2019
Barzana
La Lettera
dicembre ‘19
[37]
Defunti
FRANCA NATIli ved. Barca
di anni 79,
deceduta a Palazzago
il 18 settembre.
Funerata a Gromlongo
il 20 settembre 2019.
Le ceneri a Roma.
Ciao Mamma!
LUCIA CASTELLI ved. Bonacina, di
anni 89, deceduta a Ponte San Pietro
il 5 ottobre, funerata e sepolta a
Palazzago l’8 ottobre 2019.
L’amore di una mamma è insostituibile
ed il tuo ci manca. Viviamo ricordando
le tue parole, i tuoi insegnamenti
e il tuo modo di affrontare la
vita. Dal cielo proteggici,
la tua famiglia
MASSIMILIANO MANGILI
detto Massimo, di anni 53,
deceduto a Capriate il 5 novembre,
funerato a Palazzago
il 7 novembre 2019.
Le ceneri il 9 novembre
Tu che ora sei nell’eterno riempi di
pace chi quaggiù ti ha tanto amato.
Con affetto, la tua famiglia
LUIGINA DEHÒ ved. Rota Bulò,
detta Luisa, di anni 92,
deceduta a Capriate il 5 novembre,
funerata a Palazzago
il 7 novembre 2019.
Le ceneri il 14 novembre 2019.
Ricordando la nostra mamma Luisa,
che ha vissuto una lunga vita laboriosa,
circondata dall’affetto dei figli,
nipoti, parenti e tutti i vicini di casa.
Con affetto famiglie
Rota Bulò e Galbusera
Casa Funeraria
I dieci anni vissuti nella famiglia della
figlia, a Palazzago, fanno sentire anche
della nostra Comunità
MADDALENA BRUMANA
detta ELENA di anni 87,
deceduta il 4 novembre a Bergamo
e funerata a Costa Imagna
il 7 novembre 2019.
Pensatemi perché nel pensiero c’è
l’amore. Ricordatemi perché nel ricordo
c’è la vita. Vivete perché nella
vita ci sono anch’io.
GIUSEPPE CAZZANIGA
di anni 71,
deceduto a Ponte San Pietro
il 23 novembre,
funerato a Palazzago
il 25 novembre.
Le ceneri a Romano di Lombardia.
“Il valore di una persona risiede in ciò
che è capace di dare e non in ciò che è
capace di prendere” A. Einstein
Grati per tutto ciò che ci hai donato
ed insegnato, certi che non mancherai
di proteggerci ancora dal cielo.
I tuoi cari
AMEDEO MANGILI di anni 47,
deceduto l’11 novembre,
funerato e sepolto a Palazzago
il 13 novembre 2019.
Io vi amerò al di là della vita.
L’amore è l’anima
e l’anima non muore.
Con affetto, i tuoi cari
La tua vita: una rosa sbocciata di colore bianco:
Il gambo: il tuo carattere, il tuo Dna, il tuo lavoro
Il corpo del fiore: la tua famiglia unica con Francesca
I petali: le tue dolcissime figlie Denise e Lisa
Le spine: la sofferenza della vita, la malattia improvvisa
Il profumo: l’alito e la leggerezza di Dio su di te
... vola, vola, vola in alto in SKY nel blu dipinto di blu verso i nuovi
orizzonti La Lettera ed i nuovi - cieli bollettino della vita... Palazzago cm.9h x 5,5
Marco 348 710 99 87
Emilio 348 710 99 85
STEFANO DONIZETTI
di anni 80,
deceduto a Capriate il 21 novembre,
funerato e sepolto a Barzana
marco@rotaservizifunebri.it il 23 novembre 2019.
emilio@rotaservizifunebri.it Riposa in pace
... dal 1969
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La Lettera
dicembre ‘19
[38]
Anniversari
BENEDETTI CATERINA
in MAZZOLENI
(4-12-1999 – 4-12-2019)
Ti portiamo nel cuore con l’amore di
sempre. Veglia su di noi e proteggici.
Con affetto, i tuoi cari
MANZONI FRANCO
(2-01-1994
2-01-2020)
La semplicità e l’amore
che ci hai sempre donato
rimarranno vivi nei nostri
cuori.
I tuoi cari
PANZA ANGELO
(26-12-2018 – 26-12-2019)
È un anno che ci hai lasciati, ma non
bastano le parole per dirti quello che
sei stato per tutti noi. Rimarrai sempre
nei nostri pensieri,
Con immutato amore,
La tua famiglia
RIPAMONTI
ANGELO
(4-1-2000
4-1-2020)
TESTA FIORINA
vedova RIPAMONTI
(10-11-2011
10-11-2019)
MALVESTITI LUIGI
(10-10-2009 – 10-10-2019)
Il tempo passa ma voi vivete sempre nei nostri
cuori e nei nostri ricordi.
Con amore, i vostri cari
Coloro che amiamo e che abbiamo
perduto non sono più dov’erano, ma
sono dovunque noi siamo (S. Agostino).
Con affetto, i tuoi cari
PANZA CARLO
(9-12-2014 – 9-12-2019)
Nel silenzio dei nostri cuori e pensieri
sentiamo viva la tua presenza
che ci sostiene nel difficile cammino
della vita.
Con affetto, i tuoi cari
CIMADORO
BERNARDO
(2014 – 2019)
ANNA IELLINA
in CIMADORO
(2008 – 2019)
Siete sempre presenti nei nostri pensieri e nei
nostri cuori.
I vostri cari
CASTAGNETO EMANUELLA
in MAZZOLENI
(19-12-2013
19-12-2019)
“Coloro che ci hanno lasciato
non sono degli assenti,
ma degli invisibili, che tengono
i loro occhi pieni di
luce fissi nei nostri pieni di
lacrime.” (Cat. Sant’Agostino)
In ricordo della nostra
dolce mamma
CASTELLI SANTINA
(2008- 2019)
BUTTA ELIA
(2012 – 2019)
BUTTA CARLO
(2012 – 2019)
Il tempo passa, ma non cancella il vostro caro ricordo che vive in noi.
I vostri cari
La Lettera
dicembre ‘19
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