MAP - Magazine Alumni Politecnico di Milano #7
Il Magazine dei Designer, Architetti, Ingegneri del Politecnico di Milano - Numero 7 - Primavera 2020
Il Magazine dei Designer, Architetti, Ingegneri del Politecnico di Milano - Numero 7 - Primavera 2020
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
Numero 7 _ Primavera 2020
Tutti i numeri del 5 per mille - Il piano strategico 2020-2022 - Politecnico Mondiale - Il Politecnico in m² - Design lunare - Big Data,
processori e CrossFit: benvenuti al NECSTLab - Polifab, la nostra officina “pulita” - La ricerca politecnica ad alto impatto sociale - 180 anni
sui binari della storia - AirLite: la prima vernice che purifica l’aria ad arte - Yape: l’ultraleggero che ha fatto strada, fino al Giappone - Il
pranzo è servito, dalla stampante 3D - La Grande Muraglia Verde - 150 anni di scienza in una copertina - Luci (politecniche) a San Siro -
La nuova stazione ferroviaria di Sesto San Giovanni: un ponte Politecnico fra storia e futuro - Quando lo Sport è un valore, d’Ateneo -
Un giorno da studente - Stato dell'arte dei cantieri del Poli - Mario Silvestri, l’atomo italiano per la pace - Si fa presto a dire “polipropilene”
1
2
Ferruccio Resta e il Politecnico di domani • Dossier: i numeri del Poli • La nuova piazza Leonardo • Renzo Piano: 100
alberi tra le aule • Gian Paolo Dallara e DynamiΣ: la squadra corse del Poli • PoliSocial: il 5x1000 del Politecnico di
Milano • Gioco di squadra: tutto lo sport del Politecnico • Guido Canali, l’architettura
tra luce e materia • Paola Antonelli, dal Poli al MoMA di New York • Zehus Bike+ e
Volata Cycles, le bici del futuro • Paolo Favole e la passerella sopra Galleria Vittorio Emanuele • Marco Mascetti:
ripensare la Nutella • I mondi migliori di Amalia Ercoli Finzi e Andrea Accomazzo • Nel cielo con Skyward e Airbus
Cari Alumni, vi racconto il Poli di domani: lettera aperta del rettore Ferruccio Resta • La community Alumni raccontata da Enrico Zio • Atlante
geografico degli Alumni • Il Poli che verrà, raccontato dal prorettore delegato Emilio Faroldi • Vita da studente di fine ‘800 • Come si aggiusta
il Duomo di Milano • L’ingegnere del superponte • Una designer per astronauti • La chitarra di Lou Reed, firmata Polimi • Architettura
italiana in Australia • VenTo: la pista ciclabile che parte dal Poli • Fubles, gli ingegneri del calcetto • Il parco termale più grande d’Europa
• Gli ingegneri del tram storico di Milano • Polisocial Award: un premio all’impegno sociale • Nuovo Cinema Anteo • Caro Poli ti scrivo
1 MAP Magazine Alumni Polimi
Quando ero studente al Poli • Dottori di ricerca alle frontiere della conoscenza • Dove si costruisce il futuro del mondo • Poli da Olimpo • Mi
ricordo la Casa dello Studente • La Nuova Biblioteca Storica • Il telescopio che guarda indietro nel tempo • Speciale Forbes: Lorenzo Ferrario,
Gio Pastori • Big (Designer) Data • L’architetto, e il suo bracciale, salvavita • L’ingegnere che pulisce gli oceani • Il nuovo Cantiere Bonardi di
Renzo Piano • L’uomo che sente tutto dell’America • La Gazzetta del Politecnico • Alumni da Podio: Fabio Novembre, Stefano Boeri • Tutte
le Ferrari dell’ing. Fioravanti • I ragazzi del Circles • PoliHub, l’incubatore di talenti • 1968-2018 in Piazza Leonardo • Lettere alla redazione
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
Alumni, il biglietto da visita del Politecnico di Milano - Il Poli sotto la lente d'ingrandimento - Dove va il tuo 5x1000: il Poli per il
sociale - Qui costruiamo il mondo del futuro - Un ingegnere in sala operatoria - Il primo italiano nell’Olimpo dei data scientist -
Made in Italy che fa impazzire il Giappone - Aerei per il futuro - Come ci cureremo nel futuro? - I Navigli del domani - Aeroporto
Marco Polo: destinazione 2027 - Viaggio verso Mercurio Bepicolombo - Campus Bonardi: come sarà nel 2020? - La Gazza del Poli -
Il Mondo Nuovo: un paese senza barriere - La ciclopista più bella del mondo - Tuv Italia - Storia di un fuorisede, di una volta
1
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
Il Poli ai raggi X - Milano si rifà il look - 5 nuove cattedre per il mondo che cambia - Qui costruiamo il mondo del futuro, parte 3 - CIRC eV,
l'economia circolare gira al Politecnico - Galleria del vento - La diversity è pop - L'ingegnere con la testa fra gli asteroidi... - ...E l'ingegnere del
Il Poli sotto la lente d'ingrandimento - Ricerca a alto impatto sociale - Qui costruiamo il mondo del futuro, parte 2 - Un ingegnere in sala
tempo La mano robotica, umana - Infineon - Fabio Cannavale, serial startupper - Mappa di Milano (e dei progetti degli alumni) - Bovisa a
operatoria - Il primo italiano nell’Olimpo dei data scientist - Made in Italy che fa impazzire il Giappone - Il cielo (non) è il limite - Come
colori - Polimisport: sempre in movimento - Giuriati, il centro sportivo si riqualifica al centro del Poli - Anno nuovo, reunion 20 - I giorni di Natta
ci cureremo nel futuro? - I Navigli del domani - Aeroporto Marco Polo: destinazione 2027 - Viaggio verso Mercurio - Milano: come sarà nel
2020? - La Gazza del Poli - Il Mondo Nuovo: un paese senza barriere - La ciclopista più bella del mondo - Storia di un fuorisede, di una volta
1
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
Il Poli ai raggi X - Milano si rifà il look - 5 nuove cattedre per il mondo che cambia - Qui costruiamo il mondo del futuro, parte 3 - CIRC eV,
l'economia circolare gira al Politecnico - Galleria del vento - La diversity è pop - L'ingegnere con la testa fra gli asteroidi... - ...E l'ingegnere del
tempo - La mano robotica, umana - Infineon - Fabio Cannavale, serial startupper - Mappa di Milano (e dei progetti degli alumni) - Bovisa a
colori - Polimisport: sempre in movimento - Giuriati, il centro sportivo si riqualifica al centro del Poli - Anno nuovo, reunion 20 - I giorni di Natta
1
Buona lettura.
Bentornati sulle pagine di MAP, la rivista degli
Alumni del Politecnico di Milano.
Nel 2020 ci aspetta un anno eccezionale e, tra le
cose da ricordare, ricorre il centenario della nascita
dell’Alumnus Vico Magistretti, celebre designer che
progettò la lampada Eclisse che vedete ritratta
in copertina. Magistretti scriveva: “La semplicità
è la cosa più complicata del mondo". L’abbiamo
scelta perché rappresenta anche il nostro sforzo
di raccontarvi la realtà molteplice delle esperienze
politecniche: una realtà eclettica, con una esplicita
tensione all’innovazione, pur nel rispetto delle sue
missioni e tradizioni.
È una tensione spiegata bene dalle parole del
rettore, che in questo numero fa il punto sugli
obiettivi del primo triennio del suo mandato, con
un’analisi dettagliata di quanto è stato fatto.
Vi invitiamo quindi ancora una volta in questo
viaggio attraverso la Didattica, la Ricerca, la
Responsabilità sociale, che sono le chiavi di
lettura che trovate in questo numero. Il viaggio
continua con le storie degli Alumni, dove il fil
rouge è il forte impatto che voi, col vostro lavoro
quotidiano, avete nel panorama dell’Industria
italiana, nel territorio di Milano e dell’Italia,
e nel Mondo. Con On Campus scattiamo una
sfaccettata fotografia che ritrae cosa voglia dire
essere studenti e vivere ogni giorno i luoghi del
Poli, oggi. Vi ritroverete, infine, nella sezione
Community, lo spazio che riserviamo alle vostre
voci (c’è anche un'importante errata corrige del
numero scorso).
Buona lettura!
Federico Colombo
Direttore Magazine Alumni Politecnico di Milano
Dirigente area ricerca, innovazione e rapporti con le imprese
MAP
Magazine Alumni Polimi
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
MAP
Magazine Alumni Polimi
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
MAP
Magazine Alumni Polimi
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
Numero 1 - Primavera 2017
Numero 3 _ Primavera 2018
Numero 4 _ Autunno 2018
Numero 5 _ Primavera 2019
Numero 6 _ Autunno 2019
Numero 6 _ Autunno 2019
Numero 6 _ Autunno 2019
N°1 - PRIMAVERA 2017
N°2 - AUTUNNO 2017
N°3 - PRIMAVERA 2018
N°4 - AUTUNNO 2018
N°5 - PRIMAVERA 2019
N°6 - AUTUNNO 2019
N°7 - PRIMAVERA 2020
PROSSIMO NUMERO
N°8 - AUTUNNO 2020
Unisciti ai 1900 Alumni che rendono possibile la redazione,
la stampa e la distribuzione di MAP.
Modalità di pagamento:
Contributi annuali possibili
· On line: sul portale www.alumni.polimi.it
· Bollettino postale: AlumniPolimi Association – c/c postale: n.46077202
Piazza Leonardo da Vinci 32, 20133 Milano
· Bonifico bancario: Banca popolare di Sondrio Agenzia 21 – Milano
IBAN: IT90S0569601620000010002X32
BIC/SWIFT: POSOIT2108Y
Standard Senior
· Presso il nostro ufficio: Politecnico di Milano, piazza Leonardo da Vinci, 32. Edificio 1, piano terra
Da lunedì a venerdì dalle 9:30 alle 12:30 e dalle 14:00 alle 16:00
70 € 120 € 250€ 500€
Silver
Gold
3
MAP
Magazine Alumni Polimi
La rivista degli architetti,
designer, ingegneri
del Politecnico di Milano
1. DAL RETTORATO
6
14
Federico Colombo
Dirigente Area Ricerca, Innovazione e Corporate Relations,
Politecnico di Milano
Chiara Pesenti
Dirigente Area Comunicazione e Relazioni Esterne,
Politecnico di Milano
Membri del Comitato Editoriale
Alessio Candido
Communication and graphic designer
AlumniPolimi Association - Politecnico di Milano
Ivan Ciceri
Fundraising Manager
Politecnico di Milano
Luca Lorenzo Pagani
Communication Manager
AlumniPolimi Association - Politecnico di Milano
Francesca Saracino
Head of CareerService
Politecnico di Milano
Diego Scaglione
Head of Corporate Relations and Continuing
Education - Politecnico di Milano
Irene Zreick
Coordinamento editoriale MAP
AlumniPolimi Association - Politecnico di Milano
Better Days srl (www.betterdays.it)
TUTTI I
NUMERI
DEL 5X1000
8
POLITECNICO:
A CHE PUNTO
SIAMO
2. DIDATTICA
POLITECNICO
MONDIALE
20
IL POLI IN m²
3. RICERCA
32
4
Progetto grafico: Stefano Bottura
Caporedattore Betterdays: Valerio Millefoglie
Redazione: Carmela Menzella, Giulio Pons, Elisabetta
Limone, Vito Selis, Paola Delicio
Impaginazione: Matteo Gerli, Giulia Cortinovis
Crediti
Si ringraziano: la Fondazione FS Italiane per le foto
da pag. 46 a pag. 49. Lo Studio fotografico Enrico
Cano per la foto a pag. 93. La famiglia del Prof. Mario
Silvestri per le foto alle pagg. 94, 95
Stampa
AGF S.p.A.
Via del Tecchione, 36-36A
20098 - Sesto Ulteriano
San Giuliano Milanese (Mi)
www.agfsolutions.it
Editore e Proprietario
AlumniPolimi Association Politecnico di Milano
Presidente
Prof. Enrico Zio
Delegato del rettore per gli Alumni
Delegato del rettore per il Fundraising individuale
Piazza Leonardo da Vinci, 32 - 20133 Milano
T. +39.02 2399 3941 - F. +39.02 2399 9207
alumni@polimi.it - www.alumni.polimi.it
PIVA 11797980155 - CF 80108350150
Pubblicazione semestrale
Numero 7 - Primavera 2020
Registrazione presso il Tribunale di Milano n°89
del 21 febbraio 2017
26
DESIGN
LUNARE
30 38
BIG DATA,
PROCESSORI
E CROSSFIT:
BENVENUTI
AL NECSTLAB
POLIFAB,
LA NOSTRA
OFFICINA
“PULITA”
4. RESPONSABILTÀ SOCIALE
LA RICERCA
POLITECNICA
AD ALTO
IMPATTO
SOCIALE
5. INDUSTRIA
50
46
180 ANNI
SUI BINARI
DELLA STORIA
56
AIRLITE: LA
PRIMA VERNICE
CHE PURIFICA
L’ARIA AD ARTE
YAPE,
L'ULTRALEGGERO
CHE HA FATTO
STRADA, FINO
AL GIAPPONE
6. NEL MONDO
58 62
68
IL PRANZO
È SERVITO,
DALLA
STAMPANTE 3D
LA GRANDE
MURAGLIA
VERDE
150 ANNI
DI SCIENZA
IN UNA
COPERTINA
7. MILANO, ITALIA
72
LUCI
(POLITECNICHE)
A SAN SIRO
76
LA NUOVA
STAZIONE
DI SESTO
SAN GIOVANNI
8. ON CAMPUS
80
QUANDO
LO SPORT È
UN VALORE,
D’ATENEO
88
STATO
DELL'ARTE
DEI CANTIERI
DEL POLI
9. COMMUNITY
UN GIORNO
DA STUDENTE
94
MARIO
SILVESTRI,
L’ATOMO
ITALIANO
PER LA PACE
+
82
SI FA PRESTO A DIRE “POLIPROPILENE”
5
DAL RETTORATO
1
Lettera Aperta agli Alumni
di Enrico Zio
Presidente Alumni Politecnico di Milano
Delegato del rettore per gli Alumni
Delegato del rettore per il fundraising individuale
5X1000 + 2.000 + 200.000 =
SI PUÒ FARE DI PIÙ
Nel 2019, il Politecnico ha avuto il supporto di circa 2.000 donatori. Noi Alumni
siamo 200.000: il cielo è il limite… o forse neanche quello… per noi Alumni!
Secondo i dati ufficiali dell’Agenzia delle entrate, con
7.642 donatori e 623.880 € totali donati il Politecnico di
Milano è 9° nella classifica 2017 (i dati più aggiornati a
nostra disposizione) dei 458 enti di ricerca scientifica
e università ammessi al beneficio del 5 per mille dal
Ministero dell’Università e della Ricerca. È un sostegno
importante degli Alumni al loro Ateneo e approfitto di questo
spazio editoriale per ringraziare tutti quelli che continuano a
sostenere il Politecnico il loro 5 per mille.
Il Politecnico integra questi fondi con altre risorse, per
dare vita a progetti di ricerca per il bene sociale: dalla
rigenerazione urbana all’inclusione, dallo sviluppo
delle periferie ai servizi alla comunità e al sostegno alla
disabilità, dalla sostenibilità alle emergenze sanitarie,
climatiche e sociali. In concreto, grazie al vostro 5
per mille, nel 2020 al Politecnico 7 gruppi di ricerca
lavoreranno su problematiche di inclusione sociale e, in
tutto, dal 2013, sono 41 progetti di ricerca per il sociale
finanziati in questo modo. Alcune di queste esperienze
di ricerca ve le raccontiamo a partire da pagina 38.
Leggendole avrete l’occasione, ancora una volta, di
vedere come il Politecnico, con la sua Architettura, il suo
Design e la sua Ingegneria, porti avanti la responsabilità
di essere motore di innovazione per l’Italia, con impatto
positivo a 360°. E, come abbiamo spesso scritto in queste
pagine, se ci riesce è anche grazie alla permeabilità tra
Politecnico, territorio e persone, soprattutto voi Alumni,
gli attori che contribuiscono ad innescare e mantenere
vivo questo circolo virtuoso di “cose” che funzionano
“politecnicamente”.
LE DONAZIONI DEL 5 PER MILLE AL POLITECNICO
2017
2016
2015
7.642
donatori
8.069
donatori
7.694
donatori
623.880
totali raccolti
595.963
totali raccolti
564.437
totali raccolti
Il numero di donatori ed il totale raccolto nel 2018 ci
verranno comunicati dal Ministero delle Finanze nella
primavera del 2020
Come sostenere il Politecnico di Milano
Destinare il 5 per mille al Poli è semplice. Basta apporre la tua firma
nel riquadro "Finanziamento della ricerca scientifica e dell'Università"
che figura sui modelli di dichiarazione dei redditi e specificare
il codice fiscale del Politecnico di Milano: 80057930150
⏎
Per informazioni su come sostenere borse di
studio, progetti di ricerca o la riqualificazione
dei Campus, contattaci!
Web → sostieni.polimi.it/it/dona-ora
Mail → sostieni@polimi.it
I donatori del Politecnico nel triennio 2017—2019
Non solo 5 per mille. Il Poli ha tanti donatori, che sostengono numerosi progetti
4.121 DONATORI INDIVIDUALI
che hanno scelto di sostenere
un progetto specifico
4 MAJOR DONORS
(oltre 100.000 €)
18 HIGH VALUE DONORS
(da 10.000 € a 100.000 €)
39 REGULAR DONORS
(da 901 € a 9.999 €)
4.060 ANNUAL GIVERS
( fino a 900 €)
2.216.000 €
551.983 €
219.510 €
496.975 €
tot. → 3.484.468 €
Progetti sostenuti
23.405 DONATORI "5 PER MILLE"
che hanno sostenuto il Poli
con il proprio 5 per mille
tot. → 1.784.280 €
54 AZIENDE DONATRICI
che hanno scelto di sostenere il Poli
tot. → 602.357 €
36.735 DONATORI POLIMIRUN
che hanno sostenuto il Poli con la propria
iscrizione a una edizione della PolimiRun
tot. → 327.237 €
6.198.342 €
BORSE DI STUDIO
tot. → 2.441.977 €
PROGETTI DI RICERCA
tot. → 1.799.402 €
PROGETTO ALUMNI
tot. → 430.270 €
NUOVO CAMPUS PER MILANO
tot. → 1.526.693 €
In questo contesto si innesta il tema
delle donazioni, che rappresenta il
più esplicito endorsement che un
sostenitore del Politecnico possa
offrire: in quanto donatori del
Politecnico (io stesso sono tra loro), ci
si sente partecipi diretti.
Oltre al 5 per mille, il Politecnico ha
numerosi progetti di fundraising,
promossi e finanziati soprattutto
dagli Alumni, che nell’ultimo triennio
hanno risposto con entusiasmo,
contribuendo a raccogliere circa
6.000.000 di euro. I dati che leggete
nelle figure di questa pagina
sono un buon punto di partenza.
Particolarmente significativo è quello
delle borse di studio: oltre 2 milioni
di euro in 3 anni, per un totale di circa
300 borse.
Tra i diversi progetti di borse di
studio, uno di grande fascino è quello
dei Circles, nell’ambito del quale
un gruppo di Alumni contribuisce a
sostenere uno studente meritevole
nella sua carriera di studio, con
una borsa da 20 mila euro e
accompagnandolo in un percorso di
mentoring per i due anni della laurea
magistrale. È un progetto dedicato ai
migliori studenti del Politecnico, ai
quali viene offerta l’opportunità di
confrontarsi con gli Alumni su temi di
orientamento professionale e di vita.
Dal 2016, sono 28 gli Alumni donatori
che hanno aderito e 14 gli studenti che
sono entrati nel programma Circles.
Come ho detto un attimo fa, è un
buon punto di partenza… che mi
porta a rilanciarvi l’invito a sostenere
le iniziative del Politecnico, con il
vostro 5 per mille, con donazioni,
contribuendo a un progetto di
ricerca, offrendo una borsa di studio
o finanziando la riqualificazione dei
campus per i nostri studenti.
Nel 2019, il Politecnico ha avuto il
supporto di circa 2000 donatori. Noi
Alumni siamo 200.000: il cielo è il
limite… o forse neanche quello… per
noi Alumni!
Il prof. Zio, al centro, con gli studenti
vincitori di una borsa Circles e i donatori
7
DAL RETTORATO
POLITECNICO:
A CHE PUNTO
SIAMO
1
Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano, tira
le fila e condivide con gli Alumni i risultati raggiunti
nei primi tre anni del suo mandato. Ci racconta degli
obiettivi che l’Ateneo si era prefissato nel 2017 e di quelli
che ancora rimangono sul tavolo da lavoro
di Ferruccio Resta
Cari Alumni,
A metà del mio mandato, ho pensato
che fosse doveroso tirare le somma di
questi ultimi tre anni passati insieme.
Ho ritenuto opportuno mettere a
confronto gli obiettivi che ci eravamo
dati nel 2017 con i risultati raggiunti
e mostrare con chiarezza quali sono
stati centrati e quali disattesi. Impegni
che abbiamo rispettato nella quasi
totalità dei casi e che sono motivo di
orgoglio e di stima verso tutti i colleghi
che fanno parte di questa grande
squadra di professionisti eccellenti.
Per questo lo scorso febbraio, e per
la prima volta, abbiamo organizzato
un paio di “Incontri di Midterm”,
momenti di confronto rivolti agli
studenti, ai docenti e al personale
tecnico-amministrativo. E che ora
voglio estendere a voi, che siete
parte integrante della nostra grande
comunità.
A fronte di tanti riscontri positivi -
che vanno dall’innovazione didattica
all’arricchimento dell'offerta formativa;
dall’aumento dei finanziamenti europei
per la ricerca all’avvio del primo
fondo di venture capital; dalla crescita
nelle classifiche mondiali di merito
all’aumento del livello di occupazione
dei nostri laureati - esistono questioni
aperte che richiedono un maggiore
impegno da parte nostra.
Mi riferisco al riassetto del Campus
Bassini e al nuovo Dipartimento
di Chimica, un progetto che si
inserisce in un contesto più ampio
di riqualificazione dell’intero Polo
di Città Studi. Che ha già visto il
recupero di piazza Leonardo da Vinci,
la pedonalizzazione e riqualificazione
degli spazi aperti del Campus
Leonardo, l’avvio dei lavori per il nuovo
Campus di Architettura (da un’idea di
Renzo Piano), che inaugureremo tra
qualche mese.
Penso a Bovisa: al progetto di
riqualificazione della Goccia e
all’area dismessa dei Gasometri
che vorremmo trasformare in spazi
dedicati alle startup e allo sport.
Qui Regione Lombardia ha investito
8
5 milioni di euro per la creazione di
uno dei più importanti incubatori di
impresa a livello internazionale e per
un innovativo simulatore di guida utile
allo sviluppo economico e sociale del
territorio. Si tratta cioè di potenziare
quel Distretto di Innovazione che,
negli ultimi anni, ha visto insediarsi
grandi realtà imprenditoriali come
Edison e il Competence Center MADE.
Qui sta prendendo forma l’idea di
un polo di sviluppo tecnologico per
Milano su cui vogliamo continuare a
lavorare.
Penso poi al consolidamento
del rapporto con le imprese e al
proseguimento dei grandi progetti
avviati nell’ultimo triennio: Vodafone
con il 5G, iniziativa che coinvolge
cinque dei nostri dipartimenti
e ben undici gruppi di ricerca;
STMicroelectronics con ampliamento
di Polifab; Eni che dal 2008 rinnova
la fiducia nel nostro Ateneo con
un investimento complessivo di 40
milioni di euro; Asi, Agenzia Spaziale
Italiana, con la quale abbiamo siglato
un accordo per i prossimi 15 anni. Sono
poi diversi gli enti e le aziende che
fanno parte dei nostri Joint Research
Center, partnership strategiche di
medio e lungo periodo. Ed è proprio
per coltivare un legame solido e
duraturo con il settore produttivo che
abbiamo avviato un Corporate Office
che farà da punto di riferimento e da
volano per nuove iniziative.
Penso, non ultimo, alla dimensione
internazionale del nostro Ateneo.
Abbiamo fatto passi da gigante su
questo fronte, rafforzando le alleanze
strategiche con alcune delle migliori
università tecniche straniere e con
l’apertura di una nuova sede a Xi’an.
Ma molto possiamo ancora fare perché
la nostra università si affermi come un
ateneo leader in Europa. Questa è la
missione per i prossimi tre anni. Qui si
concentreranno i nostri sforzi.
Aggiungo la necessità di accrescere
l’impegno pubblico, che per la nostra
università rimane un elemento cardine
e un valore imprescindibile. È stato
da poco inaugurato Off Campus San
Siro, il nuovo spazio del Politecnico
9
di Milano aperto alla città. È il primo
di una serie di luoghi condivisi che
vogliamo creare con l’intento di uscire
dalle sedi storiche del Politecnico
per inserirci ancor più incisivamente
nel territorio e partecipare alle
grandi trasformazioni della nostra
città in quartieri periferici e spesso
problematici. Qui professori e studenti
sviluppano progetti con i residenti e le
associazioni del quartiere.
Credo inoltre che qualsiasi processo
di miglioramento collettivo sia
l’espressione del benessere del
singolo. Per questo vogliamo
continuare a mantenere la persona
al centro delle nostre politiche,
rispondere ai suoi bisogni e valorizzare
il suo talento. Proseguiremmo
dunque lungo la strada aperta da
POP – Pari Opportunità Politecniche
e non mancheranno azioni volte a
riconoscere e a rispettare le diverse
culture e identità che ci caratterizzano
come Ateneo aperto.
Guidati da questi stessi principi
ci impegneremo ancora di più per
rafforzare il livello di personalizzazione
dei percorsi di crescita con particolare
attenzione alla formazione continua,
consapevoli che il mondo di oggi
richieda una maggiore osmosi tra
momenti formativi ed esperienze
lavorative. Ci adopereremo quindi
per aumentare il numero di borse
di dottorato (già cresciute del 28%
nell’ultimo triennio, nonostante
un andamento negativo a livello
nazionale) e promuovere percorsi
di studio personalizzati, grazie alla
capacità di analisi e di gestione dei
dati, nonché ad un uso più consistente
del digitale.
Chiudo dicendo che sono ancora molti
i traguardi che possiamo raggiungere,
ma che non siamo stanchi di provarci.
Guai se ci accontentassimo di dove
siamo ora. Vogliamo guardare avanti
tenendo un occhio sullo specchietto
retrovisore, ma solo perché ci aiuti nel
sorpasso. La benzina che mettiamo
nel motore? Il sostegno della nostra
comunità, il suo instancabile impegno,
l’appoggio dei nostri Alumni.
10
GLI OBIETTIVI (RAGGIUNTI) DEL TRIENNIO (2017—2019)
Cosa ci siamo prefissi di fare, tre anni fa. E cosa abbiamo realizzato
Partiamo dai Ranking Universitari.
Perché è importante confrontarci con gli altri e capire a
che punto siamo rispetto ai nostri benchmark.
QS UNIVERSITY RANKING 2020
7°
6°
20°
ARCHITETTURA
DESIGN
INGEGNERIA
siamo il
149°
ateneo
tra le 1620
top universities
nel mondo
NEL MONDO
+21
posizioni
dal 2017
Questo dato rappresenta l'attrattività del Politecnico di
Milano rispetto al contesto internazionale. Non è solo
un numero: rispecchia una serie di azioni concrete in
quelle che sono le MISSIONI DELL'ATENEO.
FORMAZIONE
RICERCA &
INNOVAZIONE
RESPONSABILITÀ
SOCIALE
ATENEO
INTERNAZIONALE
11
√
√
√
√
√
+100%
30%
5
50
+100%
Quasi ci siamo!
Sarà raggiunto nel 2020
FORMAZIONE
di corsi di studio con un'iniziativa curricolare di
didattica innovativa
di docenti coinvolti in percorsi di formazione
nuovi percorsi di laurea magistrale su tematiche
strategiche
massive online open courses
di studenti coinvolti in competizioni internazionali
Manteniamo alta la qualità
dei docenti, preparati
gli studenti, attrattiva e
internazionale l'offerta
formativa
3 milioni di €
di investimenti in 3 anni
Mettiamo l'etica nella scienza!
META è un gruppo di docenti di architettura, design e ingegneria con esperienza nei campi umanistici e delle scienze sociali.
Ha l'obiettivo di integrare gli studi politecnici con prospettive legate all'etica, alla filosofia, all'epistemologia e ai temi sociali
insiti nei processi scientifici, tecnologici e di innovazione
√
√
√
√
√
+28%
134
+130
+251
2
RICERCA E
INNOVAZIONE
di borse di dottorato di ricerca con istituzioni e
imprese
milioni di euro di finanziamento dalla Commissione
europea
startup innovative incubate e finanziate tramite
PoliHub
brevetti
Quasi ci siamo!
Sarà raggiunto nel 2020
con il nuovo Dipartimento di Chimica
nuove grandi infrastrutture di ricerca
Mettiamo a sistema le
competenze per rispondere
alle sfide di oggi e di domani
Riduciamo la distanza
tra la ricerca scientifica e
l'applicazione industriale
12
√
√
√
√
5
23
2
6
RESPONSABILITÀ
SOCIALE
azioni concrete per promuovere la parità di genere, tra cui l'avvio
del programma POP - Pari Opportunità Politecniche
milioni di euro investiti in borse di studio
milioni di euro investiti in progetti con alto impatto sociale
milioni di euro raccolti attraverso attività di fundraising insieme alla
community degli Alumni
Tracciamo obiettivi
consapevoli per migliorare
il nostro impatto sulla
società
Lo sai che...
al Poli è nato POLIMI 2040, una commissione di docenti con il compito di immaginare l'Ateneo sul lungo periodo.
Come evolverà lo scenario tecnologico e sociale? Come deve rispondere la formazione? Quali saranno le sfide future?
ATENEO
INTERNAZIONALE
E ATTRATTIVITÀ
Siamo al fianco delle migliori università
europee e mondiali in un confronto
multiculturale ed aperto
√
√
√
√
√
5
1
1
4
3
iniziative congiunte con le leghe delle migliori università
in Europa
un nuovo Innovation Hub aperto dal Politecnico di Milano
a Xi’an
nuova collaborazione con la Tsinghua Universiy
nuovi progetti per la qualità degli spazi in Ateneo
nuovi cantieri per Milano e per l’innovazione a favore di
mobilità, sicurezza e beni culturali
Lavoriamo per rendere
più attrattivi ed aperti il
Politecnico e la città di Milano
13
DAL RETTORATO
POLITECNICO
MONDIALE
di Stefano Ronchi
1
Sguardo d’insieme sugli obiettivi e le strategie di
internazionalizzazione del Politecnico di Milano, a
cura di Stefano Ronchi, delegato del rettore agli affari
internazionali
STEFANO RONCHI - 45 anni
Delegato del rettore per gli Affari Internazionali
Presidente del Corso di Laurea in Ingegneria Gestionale
Docente di Gestione e Organizzazione Aziendale
Alumnus Ingegneria Gestionale
14
La mappa delle relazioni internazionali del Politecnico ci mostra le università e i network qualificati a livello globale con i
quali sviluppiamo obiettivi relativi alla didattica e alla ricerca. Le relazioni sono gestite da un team di delegati del rettore
per le relazioni internazionali che operano ciascuno su una precisa area geografica. La strategicità della Cina ha richiesto,
ormai da molti anni, la presenza di un prorettore del Polo Territoriale Cinese.
NORD AMERICA
Gianluca Valenti
collaboriamo con
18 università
EUROPA OCCIDENTALE
Lorenzo Dozio
collaboriamo con
392 università
EUROPA ORIENTALE
Mauro Filippini
collaboriamo con
57 università
INDIA
Alessandro Biamonti
collaboriamo con
14 università
ESTREMO ORIENTE
Marco Imperadori
collaboriamo con
18 università
CINA
Giuliano Noci
Prorettore del Polo
Territoriale Cinese
AFRICA
Niccolò Aste
MEDIO ORIENTE
Davide Ponzini
collaboriamo con
26 università
collaboriamo con
5 università
collaboriamo con
16 università
AMERICA LATINA
Cesare Alippi
collaboriamo con
67 università
SUD EST ASIATICO
Cristiana Bolchini
collaboriamo con
10 università
OCEANIA
Mark Carman
collaboriamo con
9 università
Ai delegati internazionali si aggiungono i delegati per l'attuazione delle strategie di ogni Scuola e i delegati sui progetti specifici:
Marco Bovati e Gabriele Masera per le relazioni internazionali della Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni /
Silvia Ferraris per le relazioni internazionali della Scuola di Design / Gabriele Della Vecchia per le relazioni internazionali della Scuola di
Ingegneria Civile Ambientale e Territoriale / Franco Bernelli-Zazzera per le relazioni internazionali della Scuola di Ingegneria Industriale e
dell'Informazione / Andrea Matta per il progetto strategico di partnership con l'università Jaotong di Shanghai / Davide Fassi per il progetto
strategico di partnership con l'università Shanghai Tongji / Sergio Pignari per il progetto strategico Joint School of Design&Innovation Centre
con l'Università Xi'an Jiaotong / Ingrid Paoletti per delega Expo 2020 - Dubai
Il Politecnico ha avuto sempre una connotazione
internazionale che storicamente
si è concretizzata nell’attività di
ricerca e nelle collaborazioni di molti dei
propri docenti. A partire dagli anni ’80,
l’Ateneo ha investito in modo strutturato
sulla creazione di accordi istituzionali
e di mobilità per i nostri studenti: un
esempio tra tanti è il celebre progetto
Erasmus, ma esistono tanti altri accordi
bilaterali con alcune delle migliori
università, anche al di fuori dell'Europa.
Nel 2004, alla fine di questa prima fase
di internazionalizzazione dedicata prevalentemente
agli scambi, il 10% degli studenti
del Politecnico aveva l’opportunità
di trascorrere parte dei propri studi all’estero.
Nel 2004 si è aperta una seconda
fase, in cui ci siamo focalizzati prevalentemente
sulla nostra capacità di at-
trarre studenti stranieri ai nostri corsi
di laurea magistrale.
È stato inoltre avviato un percorso di
attrazione di docenti internazionali.
Oggi, il 16% dei nostri studenti ha
un’esperienza di studio all’estero, il 27%
degli studenti immatricolati alla laurea
magistrale è straniero, e l’8% della nostra
faculty è internazionale.
Questi risultati hanno aumentato
notevolmente la nostra reputazione
e ci hanno permesso di rafforzare le
relazioni con università e network
qualificati a livello globale. Tutto ciò
ha portato ad esempio alla recente
costituzione di un nuovo campus a
Xi'an, grazie a tutti gli investimenti
effettuai in Cina e alle persone che ci
anno lavorato negli ultimi anni.
15
UN OBIETTIVO DI AMPIO RESPIRO
L’internazionalizzazione non è un
obiettivo di per sé, ma ora deve
diventare un modo di essere, integrato e
radicato nell’organizzazione politecnica
per migliorare continuamente le
nostre attività: abituarsi al confronto
internazionale incoraggia le persone ad
operare e pensare in modo inclusivo,
rispettoso delle diversità e ricco di
stimoli. È anche una strategia che
garantisce all’Ateneo la sostenibilità
nel lungo periodo e un ruolo chiave
all’interno di una arena competitiva
globale. Il Politecnico ha oggi tutte le
carte in regola per ambire a diventare,
nel prossimo decennio, il nodo e la
porta di accesso in Italia per una rete
di opportunità internazionali, capace di
attrarre e condividere, con alcuni partner
selezionati, risorse, infrastrutture,
competenze e persone: un ponte tra il
contesto locale e quello europeo.
COME FARE
Nel prossimo triennio le azioni andranno
nella direzione di aumentare la nostra
capacità di attrarre “cervelli” da tutto il
mondo, con un focus ancora maggiore sul
processo di valutazione per selezionare i
migliori talenti, sia tra gli studenti, sia nel
corpo docente. Contemporaneamente,
noi vogliamo lavorare sull'integrazione
all'interno del campus, sui servizi offerti
a docenti e studenti, e sulle opportunità
di esperienze internazionali, in modo
che diventino il biglietto da visita di un
Ateneo capace di integrare persone
diverse e culture diverse nella nostra
comunità e nella città di Milano. Anche
il nostro impegno nel riqualificare
gli spazi di Ateneo, e quelli pubblici
circostanti va nella direzione di offrire a
tutte le persone che vivono il Politecnico
l’opportunità di essere esposte ad un
contesto paragonabile a quello delle
migliori università nel mondo.
16
GLI ALUMNI STRANIERI
200.000
Totale Alumni
Politecnico di Milano
14.748 (7,4%)
Alumni stranieri
142 Paesi
di provenienza
10 nazionalità più rappresentate
2.176
1.357
995
857
667
Iran
Turchia
Grecia
India
Cina
536
312
294
275
257
Colombia
Francia
Spagna
Russia
Albania
Alumni stranieri laureati al Poli
divisi per decade*
*Ogni unità corrisponde a un laureato e
viceversa. Il dato non tiene contro della
differenza tra triennale/magistrale/ciclo unico.
L’incremento di laureati stranieri nel decennio
2010-2019 corrisponde alla seconda fase di
internazionalizzazione, dal 2004 in avanti.
Decadi
1940
1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010 2020
103 103 221 856 1.074 612 1.290 9.857
Alumni stranieri laureati al Poli
17
Un’altra azione strategica è quella
di potenziare gli accordi con alcune
università partner, per offrire libera
mobilità agli studenti durante il loro
percorso di studi, e per offrire ai
docenti la possibilità di “scambiarsi e/o
condividere” alcuni compiti didattici,
laboratori e attrezzature di ricerca (il
Politecnico ha molto da offrire in termini
di laboratori e strutture di ricerca
allo stato dell’arte), con il notevole
vantaggio di ampliare la reciproca
offerta formativa e capacità di ricerca,
integrando le nostre competenze con
quelle di atenei eccellenti in tutto il
mondo.
CON GLI ALUMNI, COME SEMPRE
Una efficace strategia di internazionalizzazione
passa necessariamente anche
dal rapporto con il mondo industriale e
professionale.
La valorizzazione della community
degli Alumni è un formidabile
strumento in questo senso. Il
numero dei nostri Alumni italiani
e stranieri residenti all’estero è in
continuo aumento. In base ai dati in
nostro possesso, su circa 200.000
Alumni, l’11% risiede all’estero,
una community attiva e partecipe
che rappresenta sia un supporto
concreto, sia un osservatorio
privilegiato su realtà internazionali.
Questa community può diventare un
puntatore efficace per la promozione
del Politecnico all’estero e per
l’apertura di nuove opportunità di
innovazione. Ovunque voi siate nel
mondo, vi invito a entrare in contatto
con noi. Confrontiamoci su come,
insieme, possiamo far diventare il
nostro Politecnico il nodo di una rete
globale senza confini!
18
GLI ALUMNI RESIDENTI ALL'ESTERO
200.000
Totale Alumni
Politecnico di Milano
Italiani
Ingegneri
22.000 (11%)
Alumni residenti
all'estero
Stranieri
Architetti
Designer
77% 23%
77% 15% 8%
Dove vivono
e lavorano
gli Alumni del Poli?
Questi sono i risultati preliminari di uno
studio attualmente in corso e rappresentano
una proiezione di massima, non una statistica
esatta. Inoltre questo dato è per sua natura
soggetto a oscillazioni costanti. Gli Alumni
del Politecnico sono una popolazione in
movimento.
121 Paesi
I Paesi più popolati
12,8%
12,1%
10,6%
9,1%
8,1%
Inghilterra
Svizzera
USA
Francia
Germania
4,4%
3,4%
2,9%
2,8%
2,6%
Spagna
Olanda
Turchia
Belgio
Cina
19
DAL RETTORATO
1
IL POLITECNICO IN
m²
Milano:
Campus Bovisa
Campus Città Studi
Nord Italia:
5 poli territoriali
Cina:
Joint School of Design
and Innovation Centre
(Xi'an)
447.630 m²
40.320 studenti
70.880 m²
3.650 studenti
11.000 m²
2.000 studenti
Quanto è grande il Poli? Quanti m² occupa? Quanti studenti
lo frequentano? Dove sono i campus? Come sono fatti?
Abbiamo provato a rispondere a queste domande con uno
sguardo dall’alto
20
Milano
BOVISA
(Candiani, La Masa e Durando)
209.860 m² totali 16.622 studenti
totali
Aule didattiche
Aule didattiche
Milano
CITTÀ STUDI
(Leonardo e Bonardi)
27.600 m²
Sale per seminari 2.270 m²
Biblioteca e spazi di studio
Laboratori
Bar e mense
Spazio espositivo per mostre
Palestre e campi sportivi
Giardini e
spazi esterni
di relax
Biblioteca e spazi di studio
Laboratori
Bar e mense
Spazio espositivo per mostre
Palestre e
campi sportivi
Giardini e
spazi esterni
di relax
237.698 m²
5.260 m²
23.780 m²
1.090 m²
390 m²
890 m²
32.850 m²
totali
26.800 m²
3.210 m²
21.360 m²
2.800 m²
450 m²
36.000 m²
34.170 m²
triennale triennale
magistrale magistrale
8.041
Ingegneri
4.370
Ingegneri
23.698 studenti
11.134
Ingegneri
5.837
Ingegneri
2.748
Designer
1.456
Designer
3.757
Architetti
5.837
Architetti
17
Architetti
totali
21
COMO
13.000 m² totali 139 studenti
totali
Aule didattiche e
sale studio 3.470 m²
Laboratori 670 m²
Palestra
100 m²
triennale
113
Ingegneri
Giardini e
spazi esterni
di relax
CREMONA
7.790 m²
Aule didattiche 2.260 m²
Biblioteca 180 m²
Laboratori 100 m²
Campi sportivi
9.760 m² totali
620 m²
triennale magistrale
26
Ingegneri
519 studenti
420
Ingegneri
totali
Giardini e
spazi esterni
di relax
12.600 m²
magistrale
99
Ingegneri
22
LECCO
25.150 m² totali 1.515 studenti
totali
Aule didattiche 4.490 m²
Biblioteca e spazi di studio
730 m²
triennale
457
Ingegneri
1
Architetto
Laboratori
1.520 m²
Mensa 277 m²
Palestra e campi sportivi
284 m²
Giardini e
spazi esterni
di relax
MANTOVA
6.780 m²
9.240 m² totali
Aule didattiche 1.575 m²
Biblioteca e spazi di studio 586 m²
triennale magistrale
229
Ingegneri
554 studenti
333
Architetti
828
Architetti
totali
Laboratori 406 m²
Giardini e
spazi esterni
di relax
1.344 m²
magistrale
221
Architetti
23
PIACENZA
13.730 m² totali 923 studenti totali
Aule didattiche 3.040 m²
Biblioteca 45 m²
Laboratori 360 m²
Spazio espositivo per mostre
Giardini e
spazi esterni
di relax
30 m²
4.230 m²
triennale
magistrale
317
Ingegneri
80
Ingegneri
226
Architetti
300
Architetti
Xi’an, Cina
JOINT SCHOOL
OF DESIGN AND
INNOVATION CENTER
(campus del Politecnico di Milano
all’interno della Jiaotong University)
11.000 m² totali 2.000 studenti totali
Aule didattiche 440 m²
in prevalenza cinesi
Spazi di co-working
e spazi di studio
4.150 m²
Laboratori 800 m²
Sala conferenze
520 m²
Palestra
Locale bar/ristoro
110 m²
100 m²
Spazi relax
(ingressi, patii, spazi esterni)
1.000 m²
Double MSc Degree
Ingegneria
Aerospaziale
Ingegneria
Elettrica
Ingegneria
Automatica
Ingegneria
Elettronica
Ingegneria
Ambientale
Ingegneria
Informatica
Ingegneria
Civile
Ingegneria
Meccanica
Ingegneria
Nucleare
Architettura
24
Moony, l'habitat lunare ideato dagli
studenti del corso di Space Design
2
DIDATTICA
DESIGN LUNARE di
Valerio Millefoglie
26
Space 4 InspirAction del Poli è il primo e unico corso
al mondo di Space Design, oggi gli studenti stanno
lavorando a Moony, un prototipo innovativo di base
lunare. Ne parliamo con la docente e Alumna Annalisa
Dominoni
«Lavoriamo
su due fronti:
progettiamo
per lo spazio,
coinvolgendo
aziende terrestri
per creare
benefici anche
sulla Terra»
«Ho sempre avuto la passione per
lo spazio. Ricordo che il 20 luglio
del 1969, data dell’allunaggio, avevo
quattro anni ed ero in vacanza con
i miei genitori a Forte dei Marmi.
Mi ero seduta su un seggiolino,
in strada, perché così pensavo
di riuscire a vedere in diretta, a
occhio nudo, lo sbarco sulla luna».
Ricorda così il suo esordio nello
spazio Annalisa Dominoni che, con
Benedetto Quaquaro, ha ideato nel
2017 lo Space 4 InspirAction, Master
of Science in Integrated Product
Design, il primo e unico corso al
mondo di Space Design. Sviluppato
all’interno della laurea magistrale
internazionale di Integrated Product
Design, è anche l’unico in Europa ad
avere il riconoscimento ed il supporto
dell’ESA. «Insieme all’Agenzia Spaziale
Europea decidiamo ogni anno le
tematiche del corso, che devono
essere in linea con i programmi
strategici di tutte le agenzie spaziali
europee. Poi coinvolgiamo le aziende,
perché ci piace lavorare su due fronti:
progettare per lo spazio, con aziende
terrestri, per creare benefici anche
sulla Terra», spiega Dominoni che,
aggiunge: «Gli studenti accedono in
base alla media. Abbiamo ragazzi da
tutto il mondo e questo è favoloso
perché si formano gruppi di confronto
ANNALISA DOMINONI - 55 anni
Docente di Space Design
Studio (a+b) Dominoni Quaquaro
Alumna Architettura
con culture e preparazioni diverse».
La metodologia elaborata nel corso
si chiama UGD, Usage Gesture Design.
L’idea alla base è che il design
non riguardi solo oggetti, ambienti
e architetture, ma sia capace di
creare anche nuovi comportamenti
e gesti degli astronauti, nati proprio
dall’interazione fra l’uomo, gli
oggetti, gli ambienti e le architetture
progettate. Una tecnologia più umana
e sostenibile, ispirata dallo spazio.
«La microgravità non fa parte della
nostra esperienza quotidiana - spiega
Dominoni - Quando progetti devi
immaginare come ti troveresti tu in
quella situazione, galleggiando con gli
oggetti, e come potresti usarli, cosa
potrebbe accadere. Pensiamo a uno
studente di vent'anni a cui si chiede
di disegnare una sedia: quante sedie
di maestri irraggiungibili ci sono già?
Qui invece si apre un mondo che è
vergine, hanno una grande libertà
creativa, ma devono rispettare dei
confini molto particolari, che sono
quelli della microgravità. Un esempio
di progetto: il primo anno abbiamo
affrontato il tema del cibo realizzando
un packaging commestibile, a forma di
fiore di loto. Grazie al calore del vapore
queste foglie si aprono e fuoriesce il
cibo, che galleggia e viene mangiato
dall’astronauta. Questa immagine,
che sulla Terra non è possibile, sposa
tecnologia e poesia. Pensare a realtà
e ad esperienze diverse può dar vita
a gesti poetici». Lo spazio ha sempre
qualcosa di poetico. Come Moony, un
habitat lunare ideato dagli studenti
del corso di Space Design, sviluppato
all’interno del progetto Igluna,
27
Alcuni capi della collezione Couture in Orbit
a cura di Annalisa Dominoni nati all'interno
della Laurea Magistrale di Design della Moda
promosso da ESA e guidato dallo Swiss
Space Center. Il lavoro coinvolge gli
studenti di tredici università europee
con la finalità di progettare un habitat
adatto ai ghiacciai dei poli lunari, dove
gli astronauti potrebbero permanere
per missioni a breve o lungo termine.
«Dopo aver creato la struttura e la
logistica, tutte le tesi che ora stiamo
sviluppando riguardano gli interni ma
non gli arredi. Sulla Luna siamo tutti
un po’ leggeri, quindi mi sono detta,
pensiamo alla cosa più importante:
arriverà questo equipaggio e la
cosa fondamentale sarà essere
autosufficienti.
Quest’anno, quindi, ci stiamo
concentrando sulla coltivazione, sul
consumo e sulla conservazione del
cibo, ponendo l’attenzione non solo
agli aspetti funzionali ma anche
a quelli emotivi. Vogliamo creare
le condizione che consentano agli
astronauti di vivere bene, dando luogo
a momenti conviviali, e di conseguenza
riuscire a lavorare meglio e con
più successo. Sulla conservazione,
invece di sfruttare l’energia per
creare refrigeratori, utilizziamo
condizionatori esterni sfruttando, con
una serie di filtri, il freddo dello spazio
che si trova all’esterno. Pensando
«Sulla Luna siamo tutti un po’ leggeri.
Mi sono detta: l’equipaggio dovrà
essere autosufficiente. Così stiamo
lavorando sul tema del cibo»
agli abiti, immaginiamo che le
esplorazioni porteranno gli astronauti
a vivere diversi livelli di gravità,
quindi indosseranno abbigliamento
composto da molti strati, da utilizzare
a seconda delle attività da svolgere
e con la possibilità di amplificare i
movimenti tramite protesi integrate».
In tema di abbigliamento, Dominoni
ha curato anche il progetto Couture
in Orbit, nato all’interno della Laurea
magistrale in Design della Moda. Gli
studenti hanno ideato delle collezioni
di abiti da indossare sulla Terra, create
utilizzando tecnologie spaziali. «Nel
2016 abbiamo presentato la collezione
al Museo della Scienza di Londra.
In quei giorni l’ESA ha raggiunto più
di venti milioni di contatti media,
rendendosi conto che utilizzando
linguaggi diversi, come il design, si
può arrivare a un pubblico più vasto.
E si può soprattutto comunicare il
valore della ricerca spaziale, che ha
delle ricadute importanti sulla Terra
e influisce sulle nostre vite anche se
28
"We believe that space innovations will have a strong influence
on how people behave and perform. We also believe that Space
can really inspire designers and help to understand better how
we can be more conscious of the transformation technology
brings”
Dagli appunti della prima lezione del corso di Space Design di
Annalisa Dominoni
non ce ne accorgiamo». Del percorso
al Politecnico, prima come studente
e poi come docente, Annalisa
Dominoni ricorda: «Mi sono iscritta ad
Architettura perché affascinata dalla
figura di Thomas Maldonado, che è
diventato il mio Maestro. Al di là della
grande intelligenza e della sterminata
cultura, mi ha trasmesso l’importanza
di avere una visione e di vivere la vita
con coraggio, passione e ironia. Ciò
che poi distingue la nostra Scuola di
Design è la forte matrice di ingegneria
e di tecnologia, che arricchisce
e ispira i progetti. A un giovane,
oggi, consiglierei di fare esperienze
internazionali, girare il mondo.
Per un progettista, osservare tutto
quello che ci circonda, fino al più
piccolo dettaglio, dovrebbe diventare
naturale e indispensabile come
respirare». E, da studente, com’è
arrivata a lavorare per lo spazio?
«Quando ho deciso di intraprendere
la carriera accademica, avendo la
possibilità di fare un dottorato di
ricerca di tre anni, mi sono chiesta
cosa potessero fare un architetto o un
designer per lo spazio. In quel periodo
l’Agenzia Spaziale Italiana uscì con
un primo bando di utilizzazione
tecnologica della stazione spaziale,
così proposi due progetti: il primo
sistema di abbigliamento per attività
intra-veicolari, coinvolgendo il centro
ricerche Benetton per sviluppare
tessuti innovativi e creare prototipi,
e un progetto con TecnoGym per
realizzare un sistema di attrezzi
ginnici leggeri per l’addestramento
degli astronauti, che potessero
alleggerirsi una volta in orbita.
Li finanziarono entrambi».
Dagli appunti personali di Annalisa
Dominoni recuperiamo le prime
parole pronunciate all’inaugurazione
del corso di Space Design, nel 2017.
Cominciava così: “Welcome to this
first International Master Level
in Product Design for Innovation.
Why Space? We believe that space
innovations will have a strong
influence on how people behave and
perform. We also believe that Space
can really inspire designers and help
to understand better how we can be
more conscious of the transformation
technology brings”.
«Al Poli, Thomas Maldonado mi ha
trasmesso l’importanza di avere una
visione e di vivere la vita con coraggio,
passione e ironia»
29
DIDATTICA
2
BIG DATA, PROCESSORI E
CROSSFIT: BENVENUTI AL
NECSTLAB DEL POLI
Al Dipartimento di Elettronica, Informazione e
Bioingegneria del Politecnico di Milano la formazione
didattica incontra la ricerca e lo sport. Per tenersi
in forma, anche mentalmente
Edificio 20, Dipartimento di Elettronica,
Informazione e Bioingegneria del
Politecnico di Milano. Ci troviamo
al NECSTLab, un laboratorio dove la
ricerca incontra l’insegnamento e
dove hanno luogo eventi accademici,
industriali e attività per la formazione
didattica ma anche umana, per lo
sviluppo di soft skills. Necst suona
come next, ma è l’acronimo di
Novel Emerging Computing System
Technologies. «L’assonanza è voluta»,
spiega l’Alumnus Marco Santambrogio,
professore associato del DEIB e
direttore del NECSTLab, «la computer
science è l’X-factor dell’innovazione,
ci spinge verso il nuovo. Ogni
anno, tra ragazzi che partecipano
continuativamente al laboratorio ed
altri che gravitano attorno ad alcune
delle nostre attività, contiamo circa 100,
120 studenti. Hanno dai 18 ai 30 anni,
dunque dal primo anno della triennale
ai post-doc: ingegneri informatici e
biomedici, a cui si aggiungono anche
ingegneri gestionali, meccanici, fisici,
matematici, ma anche designer e
da poco c’è anche un architetto. Noi
risolviamo problemi e i problemi non
hanno dipartimento di afferenza. Le
aree principali di cui ci occupiamo
sono quella dei software di sicurezza
informatica, gestita dal professor
Stefano Zanero, e quella dell’hardware e
delle infrastrutture di calcolo, gestite da
me. Ci concentriamo in particolare sui
processori, con l’obiettivo di adattarli
alle necessità del dominio. Che sia
tecnologia medica, finanza o machine
learning, noi lavoriamo al miglior
rapporto possibile tra prestazione ed
economia delle risorse. Collaboriamo
con aziende, da Microsoft ad Unicredit,
che presentano problemi legati ai big
data, per cui servono architetture di
calcolo estremamente efficienti». È
il caso di Huxelerate, spin-off nata
proprio all’interno del NECSTLab, che
ha sviluppato un sistema di hardware
e software integrato per l’elaborazione
di grandi quantità di dati genomici che
vengono processati nel minor tempo
possibile. In un campo come quello
della medicina, in cui il tempo gioca
un ruolo fondamentale, Huxelerate
permette di dare risultati in pochi
giorni, dove prima occorrevano mesi.
La tecnologia può essere applicata
a diversi ambiti: dall’immunoterapia
oncologica allo sviluppo di nuovi
di Elisabetta Limone
«La computer
science è
l’X-factor
dell’innovazione,
ci spinge verso il
nuovo»
30
«Ci siamo chiesti:
di cosa hanno bisogno i ragazzi?
L’idea è di aiutarli ad avere una
maggiore consapevolezza di sé»
farmaci per la medicina personalizzata
fino ad altri contesti come la finanza, i
veicoli a guida autonoma e ai big data.
Un altro esempio di collaborazione è
quello tra il NECSTLab e i laboratori
di ricerca di Oracle Corporation,
multinazionale tech specializzata
in database e servizi cloud. “High
Performance Computing: Graph and
Data Analytics” è il nome di un corso
che introduce gli studenti all’analisi dei
grafi e che prevede un contest e delle
internship in azienda. «I grafi - spiega
Santambrogio - sono reti di informazioni,
parole chiave (ad esempio sui social).
Il nostro software analizza la posizione
e la frequenza di una serie di parole
chiave, l’obiettivo è estrarre informazioni
e conoscenze, per un’interpretazione
semantica dei dati. Si chiama Sentiment
Analysis e ci permette ad esempio di
conoscere l’opinione pubblica per fare
delle proiezioni sulle elezioni».
Il NECSTLAb è anche un Camp che
lavora sulle soft skills. Ogni settimana si
tengono sessioni di gruppo di CrossFit
al campo sportivo Giuriati. Ci sono
poi laboratori teatrali per insegnare ai
ragazzi a parlare in pubblico, incontri
con psicologi, nutrizionisti ed esperti
del sonno. «Partiamo dalla domanda:
di cosa hanno bisogno i ragazzi? L’idea
MARCO SANTAMBROGIO - 42 anni
Professore Associato DEIB, direttore NECSTLab
Alumnus Ingegneria Informatica
è di aiutarli ad avere una maggiore
consapevolezza di sé». Tutto è oggetto
di studio, persino la misurazione dei
KPI fisiologici e il modo in cui le attività
sportive e extracurricolari hanno un
effetto positivo sullo studio e sulle
capacità di concentrazione».
Passeggiando in un tardo pomeriggio al
NECSTLAb, si possono incontrare alcuni
studenti come Camilla Dottino, che
sta lavorando a una tesi sulla sicurezza
dei dispositivi medici impiantatili per
la Laurea Magistrale in Ingegneria
Informatica, e Stefano Cagninelli,
studente di Ingegneria Elettrica, che la
sta aiutando a realizzare un dispositivo
medico. «Mi occupo di progettazione
elettronica - dice Stefano - parto dal
disegno dello schema elettrico fino a
realizzare la scheda vera e propria, che
saldo in laboratorio. Ora sto lavorando
sul dispositivo per la tesi di Gaia che
deve essere prototipata». Accanto a loro,
Gaia Businaro, iscritta alla triennale di
Ingegneria Informatica, racconta che al
NECSTLab «impari a vivere l’università
non solo come luogo di esami e di
lezioni, ma anche come luogo capace
di lasciarti qualcosa dal punto di vista
umano ed emotivo».
31
3 RICERCA
POLIFAB,
L’OFFICINA “PULITA”
DEL POLITECNICO DI MILANO
di Irene Zreick
Continua il nostro viaggio attraverso i grandi laboratori
del Poli. Dopo la Galleria del Vento, che vi abbiamo
raccontato nel numero 6, vi diamo il benvenuto a
Polifab, dove si fabbricano dispositivi che spaziano
dalle piattaforme per quantum computing agli “organi
su chip”, a due passi da piazza Leonardo da Vinci
32
«Il Politecnico ha una precisa missione e responsabilità
nei confronti del tessuto sociale, industriale ed
economico in cui è immerso»
Nella pagina accanto una fetta di silicio da 6
pollici con strutture fotolitografate;
Qui un ricercatore al lavoro su un microscopio
elettronico: nel video l’immagine una matrice
di sensori magnetici ad effetto tunnel
Siamo in via Colombo a Milano, nel
cuore dello storico edificio chiamato “il
Cremlino”. Qui, nel 2014, il Politecnico
ha costruito una cleanroom: il direttore,
il prof. Riccardo Bertacco, la definisce
una officina ma, a differenza di una
qualsiasi officina, non c’è traccia di
polvere né macchie di grasso, gli
“operai” indossano tute ultra-pulite
e i manufatti sono in scala nano e
micrometrica.
Polifab è una cleanroom: «I ricercatori
vengono qui per fabbricare (crescere, in
gergo tecnico) materiali con proprietà
e funzionalità controllate e definite
RICCARDO BERTACCO - 51 anni
Docente ordinario del Dipartimento di Fisica
Direttore di Polifab
Alumnus Ingegneria Elettronica
a livello atomico, per progettare
e costruire dispositivi elettronici,
fotonici, biomedici e meccanici alla
micro e nano-scala», spiega Bertacco.
Le applicazioni sono le più svariate:
ci sono gruppi di ricerca che in
Polifab lavorano per emulare su chip
il funzionamento di organi umani.
Alcuni studiano tessuti cardiaci entro
strutture microfluidiche.
«Lo scorso novembre (2019) è arrivato
un gruppo che ci ha chiesto di realizzare
un sistema per la trasmissione di
segnali neurali attraverso un nervo
interrotto», aggiunge Bertacco.
Un altro gruppo sta sviluppando uno
strumento diagnostico per la malaria.
C’è chi realizza circuiti ottici e magnetici
per l’elaborazione dell’informazione.
Altri studiano celle di memoria con
capacità computazionali ispirate al
brain computing. Altri ancora sono
pionieri del quantum computing.
33
« I ricercatori vengono qui per
fabbricare materiali con proprietà
definite a livello atomico, per
progettare e costruire dispositivi
elettronici, fotonici, biomedici e
meccanici alla micro e nano-scala»
UN’OFFICINA PER IL POLI MA ANCHE PER
LE INDUSTRIE E PER IL TERRITORIO
“Polifab è un laboratorio del Politecnico
di Milano, ma è anche a disposizione
delle aziende e degli istituti di ricerca su
tutto il territorio”, aggiunge il direttore;
“il Politecnico ha una precisa missione e
responsabilità nei confronti del tessuto
sociale, industriale e economico in cui è
immerso”. E Polifab è uno degli elementi
che contribuiscono alla sinergia profonda
tra Ateneo e territorio: “Siamo partiti con
un laboratorio orientato a supportare i
gruppi di ricerca, che si è progressivamente
aperto anche al mondo imprenditoriale.
È una sinergia che offre grandi benefici
sia all’ambiente accademico che a quello
industriale. Le aziende vengono in Polifab
per fare ricerca e sviluppo su materiali e
dispositivi innovativi da integrare in nuovi
prodotti. Il contatto con il vivo ambiente
accademico ha effetti “collaterali” di
non secondaria importanza, fra i quali
la possibilità di venire in contatto con
i gruppi di ricerca, i migliori studenti e
ricercatori che lavorano in cleanroom
e che sono portatori di innovazione e
sviluppo culturale. Dal lato nostro, invece,
l’esposizione all’ambiente industriale e la
prossimità con il vivace territorio lombardo
ha ripercussioni positive sulla formazione
degli studenti, sul loro inserimento nel
mondo del lavoro, ma anche sullo sviluppo
di un approccio alla ricerca applicata tipico
del mondo politecnico. I laboratori come
Polifab sono un asset fondamentale per
coltivare questa sinergia. È importante
per tutti che le istituzioni, regionali e
non, colgano questo valore e supportino
la creazione di un sistema della ricerca
integrato fra accademia e mondo
imprenditoriale”.
UN’OFFICINA EUROPEA
Oggi il Politecnico di Milano è in cima alle
classifiche delle università italiane per
capacità di attrarre finanziamenti alla ricerca
dalla Commissione europea. Questo
vale soprattutto per la ricerca di base,
ricerca di base, principalmente orientata
al conseguimento di risultati scientifici
di eccellenza. Uno dei criteri importanti
per accedere a queste risorse è la possibilità
di appoggiarsi a laboratori di ricerca:
“quando un ricercatore scrive un progetto
europeo, deve specificare anche in
quale laboratorio porterà avanti le sue
ricerche: Polifab è un’infrastruttura di riferimento
per tanti ricercatori. In questo
modo è anche uno strumento strategico
per il Politecnico, che aumenta la
sua attrattività verso i migliori scienziati
in Europa. Non è un caso che, in
soli 4 anni, Polifab abbia ospitato attività
legate a cinque progetti ERC”.
UN MODELLO DI EFFICIENZA
Oggi Polifab “vale” circa 10 milioni di
euro, includendo il costo ex-novo per
la fabbricazione dell’infrastruttura e
l’acquisizione degli strumenti che contiene.
La cleanroom comprende, oggi, un’area
classificata ISO06-08 pari a 370 m 2 . Nel
2020 crescerà di altri 250 m 2 grazie alla
partnership avviata con STMicroelectronics
che ha portato alla creazione di un Joint
Research Center sui dispositivi MEMS. Dalla
sua inaugurazione, nel luglio 2015, Polifab
ha accolto circa 200 ricercatori dal Poli e da
altri enti di ricerca, 60 tesisti, 250 studenti,
3 corsi didattici, una media di 18 progetti
di ricerca l’anno, oltre a contratti con altri
istituti di ricerca e con aziende (questi ultimi
valgono circa il 50% del fatturato di Polifab
del 2018 e 2019). I ricavi dai contributi per
l’accesso degli utenti e dai contratti di
ricerca e sviluppo superano i costi vivi di
funzionamento (materiali puri, reagenti,
manutenzioni ordinarie), cosicché i margini
vengono reinvestiti nell’aggiornamento del
parco macchine. “Il Politecnico è un polo
di ricerca autorevole anche perché lavora
in un’ottica di sostenibilità e allo stesso
tempo è in grado di investire nella crescita
dei propri laboratori. In questo senso
Polifab è esemplare: fin dalla nascita si è
dotato di un sistema di amministrazione
e gestione di bilancio trasparente, agile e
flessibile. Le modalità di accesso per ogni
utente (interno, da enti ricerca o aziende),
come pure la gestione dei contratti ed
i relativi costi sono ben normate dal
regolamento dell’infrastruttura. Ciò ha
anche permesso di stabilire una modalità
di rendicontazione dei costi di utilizzo di
Polifab riconosciuta dall’Unione Europea e
diventata un modello per altre cleanroom
italiane». Quanto costa un’ora di lavoro
in cleanroom? «Circa 60 euro. Ogni anno
può variare leggermente, perché dipende
dai costi di gestione e dalle attività: non si
vende un prodotto, Polifab è una risorsa
della collettività e in quanto tale va gestita
e amministrata in modo trasparente e
sostenibile».
Polifab è co-fondatore della rete italiana
di cleanrooms “It-Fab” e partecipa
alla rete europea Euronanolab. Inoltre
è riconosciuto dall’Unione Europea
quale Key Enabling Technology tool per
le piccole e medie imprese. Un’officina,
quindi, ma anche un luogo d’incontro:
dove il mondo della tecnologia e della
ricerca, quello delle aziende e quello
delle istituzioni convergono per forgiare
idee e far crescere persone, con un
impatto positivo per tutti.
34
Testa di misura di un microscopio a forza
atomica durante la caratterizzazione
topografica di strutture su fetta di silicio
Ricercatore impegnato nel trattamento
chimico sotto cappa di fette di silicio
caricate su cassetta
Caricamento di una cassetta di fette di
silicio in un apparato per il risciacquo e
l’asciugatura in azoto
Fetta di silicio con strato di fotoresist
su portacampioni di un apparato per
fotolitografia
Microchip con biosensori su portacampioni
di un microscopio elettronico a scansione
35
DALL'OFFICINA AL PROTOTIPO
Solo nel 2019, dalla cleanroom del Politecnico sono
passati più di 30 progetti. Ve ne raccontiamo alcuni
T-Mek
TMek (www.tmekdiagnostics.com) è
il nome di un test diagnostico rapido
per la malaria sviluppato da un
gruppo interdisciplinare che fa capo
ai proff. G. Ferrari (Elettronica), G.B.
Fiore (Bioingegneria) e R. Bertacco
(Fisica). Il test si fonda sul fatto che
il plasmodio della malaria trasforma
l’emoglobina in cristalli di emozoina,
sostanza paramagnetica che permette
la separazione dei globuli rossi infetti. A
Polifab vengono prodotti dei microchips
sui quali sono posti dei micro-magneti,
capaci di attrarre selettivamente i
globuli rossi infetti in una goccia di
Puoi sostenere
direttamente questo
progetto con una
donazione su:
www.dona.polimi.it
sangue, sfruttando la competizione
fra forza magnetica e gravità. Una
volta attratti i globuli rossi vengono
contati, mediante opportuni elettrodi
posti sopra i concentratori, in modo
da quantificare la parassitemia, ovvero
la percentuale degli infetti rispetto ai
sani. Il test è stato oggetto di una prima
validazione in Camerun nell’Aprile
2019, fornendo risultati incoraggianti:
in soli 10 minuti è in grado di fornire
un risultato quantitativo con un limite
di sensitività di 10 parassiti per microL
di sangue, assenza di falsi negativi e
qualche raro falso positivo.
Immagine del microchip realizzato a Polifab.
A sinistra il chip completo con i contatti
esterni per le misure impedenziometriche
e a destra un ingrandimento di un singolo
micromagnete cilindrico (cerchio grigio
centrale) con elettrodi d’oro anulari esterni
per la conta dei globuli rossi infetti.
SuperPixels
SuperPixels (www.superpixels.org/)
è un progetto europeo FET H2020,
a cui partecipano i gruppi dei proff.
Morichetti e Melloni (Fotonica
Integrata) e del prof. Sampietro
(Elettronica), che mira allo sviluppo di
sensori ottici di nuova generazione in
grado di elaborare simultaneamente
le proprietà di ampiezza, fase e
polarizzazione della luce attraverso
maglie di interferometri programmabili
in guida d’onda. A Polifab vengono
OxiNEMS
Questo progetto europeo FET
(www.oxinems.eu), cui partecipa
il gruppo del Prof. Bertacco, ha lo
scopo di sviluppare dei sensori di
campo magnetico ultrasensibili per
magnetoencefalografia.
A Polifab, vengono realizzati dei risonatori
MEMS (micro-electromechanical system)
sviluppate le tecnologie per la
realizzazione di attuatori (ossicarburo
di silicio) e fotorivelatori (silicio
amorfo) essenziali per il controllo e
la riconfigurazione dinamica di tali
circuiti. Questa tecnologia consentirà
lo sviluppo di sistemi di imaging ad
altissima risoluzione per endoscopia,
il rilevamento di nano-particelle
normalmente invisibili, la visione e le
comunicazioni ottiche attraverso mezzi
turbolenti e diffusivi.
a base silicio che costituiscono il cuore di
tali sensori, con attuazione elettrostatica
e lettura capacitiva del segnale. Il
processo di fabbricazione prevede la
possibilità di realizzare dispositivi MEMS
a singolo layer, a partire da multistrati di
polisilicio su strato sacrificale di ossido
su wafer di silicio.
Immagine di un chip ottico contenente
maglie di interferometri programmabili
e dettaglio di un interferometro in
guida d’onda.
Immagine da microscopio a scansione
elettronico di un particolare del risonatore
“Tang” sviluppato a PolFab, con fattore di
qualità in vuoto dell’ordine di 70.000
36
RESCUE
metrica, noti con il nome di memristor,
realizzati con materiali come il platino,
il titanio e l’ossido di afnio (HfO2).
Una matrice di crosspoint permette la
soluzione di sistemi lineari (Ax = b) e
inversione di matrici in meno di un microsecondo
(un milionesimo di secondo).
È in corso di studio utilizzo delle
stesse matrici crosspoint per circuiti
neuromorfici, dove si imita la modalità
di l’elaborazione dell’informazione da
parte del cervello umano.
Matrice crosspoint di memristor per
applicazioni di calcolo matriciale e
neuromorfico, cioè ispirato al funzionamento
del cervello umano.
Cartilage on a chip: uKNEEque
uKNEEque è un progetto finanziato da
fondazione Cariplo volto allo sviluppo
di un modello di osteoartrosi (OA)
basato su un dispositivo microfluidico.
Il progetto è coordinato dal prof. M.
Rasponi e svolto in collaborazione con
l’ospedale universitario di Basilea. Il
dispositivo permette lo sviluppo di
micro tessuti ingegnerizzati simili alla
cartilagine nativa nei quali è indotto
un fenotipo patologico attraverso
il sovraccarico meccanico, ed usati
per studiare la risposta a diverse
Rescue è un progetto europeo ERC del
Prof. D. Ielmini (DEIB) che studia nuovi
concetti di calcolo basati su dispositivi
di memoria resistiva secondo l’approccio
‘in-memory computing’. Nel progetto
Rescue è stato sviluppato un rivoluzionario
circuito di soluzione di problemi
matriciali in una sola operazione
di calcolo ad alto parallelismo all’interno
di una matrice crosspoint (Fig. 1).
Tali matrici, fabbricate in Polifab, contengono
elementi di memoria nanosoluzione
terapeutiche anti OA. La
miniaturizzazione del dispositivo
permette un ridotto utilizzo di materiale
biologico e reagenti, e tempi di risposta
accelerati, oltre ad un maggior controllo
sulle condizioni sperimentali. A Polifab
si realizzano, attraverso fotolitografia,
gli stampi necessari alla produzione dei
dispositivi. Una tecnica di fotolitografia
multistrato, in particolare, permette
la realizzazione delle geometrie
necessarie all’attuazione meccanica dei
dispositivi stessi.
Sinistra: foto del dispositivo, le camere
interne sono colorate in blu. Centro:
rappresentazione delle camere interne, le
altezze sono rappresentate in scala colore.
Destra: cartilage on chip. Nuclei in blu,
Aggrecano in verde e Collagene di tipo II in
rosso.
37
3 4 RICERCA
RESPONSABILIÀ SOCIALE
5 per mille
Ogni anno migliaia di donatori, soprattutto Alumni, scelgono
di devolvere al Politecnico di Milano il loro 5 per mille.
Queste donazioni immettono nuove energie nella ricerca e
in particolare servono a finanziare progetti ad alto impatto
sociale e ad assumere giovani ricercatori. Vediamo come
2013 2019
3.3 Milioni provenienti dal 5 per mille
più una parte di co-finanziamenti, la cui cifra varia a seconda dei progetti
stanziati dai Dipartimenti coinvolti o da enti e sponsor
+ 130 giovani ricercatori assunti
L’età media dei nuovi ricercatori è di 30 anni
+ 200 docenti e ricercatori a supporto
Provenienti da tutti i dipartimenti del Poli, a supporto dei gruppi di ricerca
Dal 2013 il Politecnico ha ricevuto 3,3
milioni di euro provenienti dalle donazioni
del 5 per mille. I finanziamenti
vengono destinati a progetti di ricerca
selezionati attraverso un concorso
di proposte, il Polisocial Award. Primo
in Italia tra le ini ziative accademiche di
questo tipo, ha l’obiettivo di sostenere
e avviare pro getti di ricerca a alto impatto
sociale, supportando i team di
lavoro dalla fa se di avvio progetto fino
alla conclu sione e anche oltre, anche
in un’ottica di sostenibilità nel tempo.
I progetti che ad oggi ne hanno beneficiato
sono 41, selezionati tra oltre 200 proposte
basate su criteri di multidisciplinarietà,
innovazione e fat tibilità si focalizzano su
temati che di importanza sociale per territori
o fasce di popolazione in difficoltà.
Il Comitato Scientifico istituito ai fini della
valutazione e selezione dei concorrenti
è composto dal rettore del Politecnico
di Milano o da un suo delegato, da docenti
del Politecnico e da membri del Senato
Accademico che operano nell’ambito
delle azioni promosse dall’Ateneo pertinenti
alla specifica tematica scelta ogni
anno per le iniziative Polisocial.
L’iniziativa si prefigge anche l’obiettivo
di dare spazio ai giovani ricercatori, che
nei 6 anni del programma sono stati
oltre 130. Al contempo, si vuole incentivare
un approccio etico al lavoro accademico,
che valorizzi l’impatto sociale
delle competenze politecniche.
38
Devolvi anche tu il tuo 5 per mille
al Politecnico di Milano per sostenere
la ricerca politecnica ad alto impatto sociale
CODICE FISCALE DEL POLITECNICO
80057930150
PERIFERIE
SALUTE
RIGENERAZIONE URBANA
DISABILITÀ
SPORT
INCLUSIONE SOCIALE
MIGRAZIONI
SERVIZI PER LA COMUNITÀ
39
TRA SPORT ED INCLUSIONE:
I progetti vincitori del Polisocial Award 2019
7 RICERCA
Una declinazione sociale della ricerca connessa allo sport: è
questo il tema affrontato dai sette progetti selezionati per il
Polisocial Award 2019, finanziati con i proventi delle donazioni
del 5 per mille che avete versato nel 2017
La call del 2019 era aperta a progetti
che riguardassero l’ambito dello
sport e dell’inclusione sociale. I
progetti selezionati comprendono
pareti di arrampicate per bambini
con paresi cerebrale ed ortesi
per bambini affetti da emiplegia,
progetti di rigenerazione urbana
per recuperare aree male utilizzate,
come lo spazio sottostante un
cavalcavia trasformato in un’area
verde e dedicata agli street sport. Vi
sono poi iniziative che ridefiniscono
certi spazi, come le carceri che
diventano luogo di inclusione o gli
edifici inutilizzati nell’Appennino
umbro-marchigiano, colpito dai
terremoti, riqualificati per unire i
sentieri del turismo lento al percorso
formativo e lavorativo delle fasce
più deboli della popolazione. C’è
poi un progetto che si è focalizzato
sulle Olimpiadi 2026, concentrandosi
in particolare su ciò che avverrà alla
fine della manifestazione, spostando
lo sguardo e la pianificazione un po’
più in là del grande evento, cercando
di lavorare su ciò di cui il territorio
avrà bisogno sul lungo termine.
GIFT | enGIneering For sporT for all
Realizzare e validare sperimentalmente
nuove ortesi che consentano ai bambini
affetti da emiplegia, dunque con un
deficit funzionale, di praticare le attività
sportive proposte nelle ore di ginnastica
e durante il tempo libero. «Spesso utilizzano
ortesi, scarpe correttive, specifiche
per il cammino», spiega la responsabile
scientifica Manuela Galli, «nel
momento in cui devono praticare sport
però queste stesse scarpe non svolgono
più la loro funzione, da qui l’idea di progettare
delle ortesi per facilitare l’attività
sportiva di bambini con disabilità». Si
tratta di soggetti che difficilmente praticano
sport con i loro compagni, rinforzando
un messaggio di separazione tra
normodotati e diversamente abili. Lo
sport da strumento di inclusione diventa
strumento di separazione. Il progetto
GIFT è il primo tassello di una strategia
più ampia, per sensibilizzarne l’ambiente
scolastico sul tema disabilità e sport.
«Lo sport è stato un elemento chiave
della mia infanzia. Ho praticato calcio
a livello agonistico e ciò mi ha formato
e dato volontà anche negli studi e nel
lavoro», racconta Andrea di Francesco,
26 anni, neolaureato in Ingegneria
Gestionale, «questo progetto mi ha
quindi affascinato subito, anche perché
dimostra come il Poli può interagire
con il sistema e come l’innovazione e la
ricerca possano essere un’opportunità
per migliorare la qualità della vita»
3 nuovi assegni di ricerca
Team Politecnico: Manuela Galli, DEIB
(resp. scientifico); Emanuele Lettieri, DIG
(project manager); Francesco Braghin,
DMEC; Giuseppe Andreoni, DESIGN;
Stefano Mariani, DICA; Stefano Tagliabue,
CMIC
40
ACCEPT | Adaptive Climbing for CErebral Palsy Training
ACCEPT è una parete d’arrampicata adattata
e sensorizzata per assistere nella riabilitazione
e analizzare i progressi riabilitativi
di bambini con Cerebral Palsy, la più
frequente malattia neuromotoria infantile.
Questi bambini in molti casi possono
recuperare parte delle capacità neuromotorie
con un intenso lavoro di riabilitazione.
La parete è dunque ideata per ridurre
le diseguaglianze e favorire questo
percorso combinando tecnologia e sport
inclusivo. «Al Technology Transfer Office
del Politecnico ci occupiamo di trasferire
le conoscenze scientifiche e tecnologiche
dal laboratorio al mondo fuori», spiega
Vittoria Roiati, del Technology Transfer
Office. Il progetto si propone di studiare
e realizzare un primo prototipo
che sarà ospitato negli spazi del centro
sportivo PlayMore di Milano, grazie
anche al supporto della fondazione
FightTheStroke. Una seconda fase
prevede la realizzazione di altre pareti
adattate che potranno essere installate
in altri luoghi, da palestre a
ospedali e centri riabilitativi.
«Partecipare a questo progetto per me
è molto importante” spiega Rolando
Brondolin, 28 anni, del NECSTLab dottorando
in Ingegneria dell’Informazione,
«perché è in progetti come questo che
la ricerca riesce a trovare un'applicazione
nella società. La capacità di avere un
impatto diretto è un aspetto da tenere
sempre in considerazione, e allo stesso
tempo da qui si possono trarre spunti
interessanti per affrontare problemi di
ricerca sempre nuovi».
2 nuovi assegni di ricerca
Team Politecnico: Alessandro Colombo,
DEIB (responsabile scientifico); Francesco
Ferrise, DMEC (project manager); Vittoria
Roiati, TTO; Maria Rita Canina, DESIGN;
Marco D. Santambrogio, DEIB
TWIN | Trekking, Walking and cycling for Inclusion
Trekking, cicloturismo, cammini sono declinazioni
turistiche di pratiche sportive
che definiamo turismo sportivo itinerante.
La ricerca si snoda lungo i percorsi lenti
già tracciati come il Sentiero Italia del Club
Alpino Italiano, che in parte coincide con
l’interesse dell’Associazione Via Francigene
e con le grandi ciclovie su cui è impegnata
anche la Federazione Ciclistica Italiana.
Queste reti sentieristiche necessitano
di servizi primari (vitto, alloggio, sanità)
ed accessori (prodotti, assistenza, sicurezza,
formazione, etc.). La loro pianificazione
al momento è precaria e discontinua, quasi
per nulla accessibile ai disabili e affidata
a una frammentaria iniziativa locale. In
questo contesto si inserisce la logica del
progetto TWIN, che si muove secondo approcci
“gemelli”: coinvolgere alcune categorie
sociali deboli a cui affidare le gestione
dei servizi e recuperare edifici inutilizzati
di proprietà pubblica, il tutto in un’area
dell’Appennino umbro-marchigiano, colpito
da terremoti. L’obiettivo è quindi quello
di definire una metodologia teoricooperativa
replicabile per rigenerare edifici
in disuso, la cui gestione di servizi è affidata
a categorie socialmente deboli (disabili,
donne vittime di abusi ma anche professionisti
dell’accoglienza turistica rimasti
senza lavoro a seguito dei fenomeni sismici.
«Un progetto multidisciplinare come
Twin mi consente di imparare moltissimo
perché parte dalle ricerche bibliografiche
per indagare poi il territorio
andando sul campo, per capirlo e
identificare un modello», dice Federica
Bianchi, 27 anni, architetto la più giovane
ricercatrice del team.
3 nuovi assegni di ricerca
Team Politecnico: Paolo Pileri, DAStU
(resp. scientifico); Diana Giudici, DAStU
(project manager); Alessandra Oppio,
DAStU; Giuliana Cardani, DICA; Nicoletta
Di Blas, DEIB; Catherine Dezio, DAStU;
Alessandro Giacomel, DAStU; Rossella
Moscarelli, DAStU; Federica Bianchi,
DAStU
41
FIVE of Olympics’ FLAG |
Framework for Impact eValuation of the Effects of
Olympics For Longterm Achievement of (common)
good
Il progetto, che si articola in 4 cluster
(Milano, Valtellina, Val di Fiemme e
Cortina), sviluppa un framework integrato
di pianificazione strategica e di valutazione
dell’impatto socio-economico e ambientale
delle Olimpiadi 2026, finalizzato
alla valorizzazione del grande evento come
occasione di mitigazione delle fragilità
territoriali e delle disuguaglianze sociali.
Il framework infatti mira a scardinare la
prospettiva con cui fino ad ora sono stati
pianificati e analizzati gli impatti dei
grandi eventi: perché si focalizza non solo
sull’evento ma anche sul post-evento;
e non solo sui luoghi direttamente interessati
ma anche sui territori intermedi,
spesso esclusi.
«Vorremmo definire gli obiettivi di impatto
socio ambientali delle Olimpiadi,
analizzando documenti ma al contempo
sentendo i vari attori coinvolti nella
governance dell'evento olimpico»,
spiega Francesco Gerli, 26 anni, Phd
presso il Dipartimento di Ingegneria
Gestionale, «poi dovremmo iniziare a
definire dei casi pilota. Un ipotetico
scenario potrebbe essere ad esempio
quello di un centro medico per atleti
in Alta Valtellina. Consultando e coinvolgendo
le comunità vorremmo capire
fin da subito i possibili - e i pre-
feriti - scenari sul riutilizzo di quella
infrastruttura. Se il riutilizzo del Centro
Medico come "punto nascita per
le mamme" fosse lo scenario più condiviso
dalla comunità locale dell'Alta
Valtellina, che cosa dovrà cambiare
fin da ora i termini di progettazione e
negli appalti? Lo stesso ragionamento
potrebbe valere per un Palaghiaccio
alla periferia di Milano». Infine,
conclude: «Lavorare per un evento
così grande, che sta per cominciare,
dà sicuramente grande concretezza,
se non urgenza, alla ricerca».
3 nuovi assegni di ricerca
Team Politecnico: Irene Bengo, DIG (resp.
scientifico); Matteo Vincenzo Rocco,
DENG (project manager); Marika Arena,
DIG; Giovanni Azzone, DIG; Alessandro
Balducci, DASTU; Stefano di Vita, DASTU;
Francesco Gerli, DIG
SPèS | SPORT è SOCIETÀ
Rigenerazione sociale, promozione della salute e inclusione urbana, attraverso
la riattivazione del sistema delle infrastrutture sportive degli
oratori milanesi
Il progetto si fonda sulla promozione di
nuove pratiche di inclusione e rigenerazione
sociale attraverso l’attività sportiva
derivante dall’innovazione del sistema
delle infrastrutture sportive degli oratori,
ampiamente diffuso nelle città italiane.
Il progetto tocca diversi ambiti attraverso
un approccio sistemico, ad oggi non
ancora esistente: dalla pianificazione dei
servizi alla riattivazione delle infrastrutture,
includendo riflessioni sullo sport come
parte della “welfare society”, introducendo
l’elemento della valutazione del
benessere psico-fisico, con particolare riferimento
alle fasce deboli della popolazione,
e valorizzando e potenziando il patrimonio
di queste strutture nella città
metropolitana di Milano.
«In quanto proponente, il mio ruolo sarà
quello di supportare la ricerca in special modo
sul fronte dell’analisi e delle strategie di
innovazione del patrimonio - in particolare
ecclesiastico e parrocchiale, a cui gli oratori
fanno riferimento - tematiche approfondite
nel corso della mia ricerca dottorale», spiega
Francesca Daprà, 30 anni, architetto e PhD
presso il Dipartimento di Architettura.
5 nuovi assegni di ricerca
42
Team Politecnico: Stefano Capolongo,
DABC (resp. scientifico); Maria Pilar
Vettori, DABC (project manager); Davide
Allegri, DABC; Maddalena Buffoli, DABC;
Francesca Daprà, DABC; Andrea Rebecchi,
DABC; Mario Calderini, DIG; Veronica
Chiodo, DIG; Gabriele Guzzetti, DIG;
Rossella Onofrio, DIG; Paolo Galuzzi,
DASTU
UNPark Urban Nudging Park | Sport, inclusione e riqualificazione urbana
Il Cavalcavia Serra-Monte Ceneri di Milano
presenta una serie di problemi: dalla sosta
selvaggia a questioni igienico-sanitari fino
all’essere una vera e propria barriera visiva
e fisica. UNPark (Urban Nudging Park) è
uno studio di fattibilità per fasi, che prefigura
scenari di medio-lungo periodo e con
una parte di realizzazione come azione pilota,
per trasformare gli spazi sotto il cavalcavia
in una piastra multifunzionale per street
sport e altre attività sociali ad accessibilità
universale. Il progetto prevede in parallelo
anche il monitoraggio della qualità dell’aria
e ambientale della zona, la sperimentazione
di Nature-Based Solutions e di materiali
innovativi. Così Skate, ballo liscio, ginnastica,
ma anche calcetto, basket e altre attività
a corpo libero conviveranno con device capaci
di assorbire l’inquinamento da anidride
carbonica e sistemi di filtraggio. La popolazione
residente, con particolare attenzione
ai giovani delle scuole, agli anziani e
ai disabili, sarà coinvolta in tutte le fasi del
progetto pilota; compresi gli eventi ludico-sportivi
che faranno rivivere la parte sottostante
il cavalcavia.
«Gli street sport come lo skateboard entrano
in profonda relazione con il paesaggio
urbano e fanno sorgere interrogativi
sulla città», dice Paolo Carli, responsabile
scientifico di UNPark, «la
domanda da cui siamo partiti è questa:
cosa comporta nella città del 2020 avere
delle infrastrutture mono-funzionali?
Un cavalcavia, che vede al di sopra i veicoli
a scorrimento tra le case e sotto un
parcheggio di interscambio che diventa
luogo di degrado ha ancora senso?»
3 nuovi assegni di ricerca
Team Politecnico: Paolo Carli, DAStU (resp.
scientifico); Luigi De Nardo, CMIC (project
manager); Carol Monticelli, ABC; Barbara
Di Prete, DESIGN; Francesco Bruschi, DEIB;
Matteo Clementi, DAStU
ACTS | A Chance Through Sport
Sport ed educazione motoria negli istituti di reclusione: un
progetto di spazi e di reinserimento sociale
Le condizioni di vita nelle carceri italiane
costituiscono una nota emergenza sociale.
Ciò dipende anche dalla carenza di
qualità degli spazi e di occasioni relazionali.
Lo sport è un dispositivo di attivazione
di queste criticità. La ricerca indaga
e agisce proprio il tema dello sport in
carcere come strumento di reinserimento
sociale: tramite la modificazione degli
spazi, lo sviluppo di attività motorie,
il monitoraggio della salute psicofisica, la
narrazione audiovisiva e la sua divulgazione.
Il progetto si svilupperò all’interno
della case di reclusione di Milano-Opera,
Milano-Bollate e all’Istituto Penale
Minorile Beccaria di Milano. Spesso
il culto del corpo, anche in luoghi
come il carcere, è portato all’estremo.
Quali significati porta con sé? Come
costruire dignità al corpo del condannato?
ACTS vuole rispondere a queste
domande.
3 nuovi assegni di ricerca
Team Politecnico: Andrea Di Franco,
DASTU (resp. scientifico); Francesca
Piredda, DESIGN (project manager); Paolo
Bozzuto, DASTU; Luca Mainardi, DEIB;
Matteo Zago, DEIB; Davide Fassi, DESIGN
«L’etimologia ci ricorda che sport significa camminare. La scorsa primavera ho avuto la fortuna
di vivere una partita con una squadra di detenuti. Lì, in quei metri verdi tra muri di cemento,
ho visto che lo sport, uno dei più grandi patrimoni dell’umanità, può essere una via
maestra per proseguire - per tanti ricominciare - un cammino», osserva Matteo Zago, 33 anni,
assegnista di ricerca presso il Laboratorio di Analisi della Postura e del Movimento Luigi
Divieti, Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria. «ACTS è questo - continua
a raccontare - portare lo sport e il movimento dentro i cancelli del carcere, e diffonderne fuori
l’importanza sociale. Salute, benessere psicologico, interazione con ambiente e persone, e
sullo sfondo un orizzonte per vivere, un giorno, in pace».
43
I progetti del 2018:
lavori in corso
Città e Comunità Smart in Africa è il tema sviluppato dai progetti
finanziati con il 5 per mille nel 2018 (che fanno riferimento alle
donazioni del 2016). Ve li abbiamo raccontati nel numero 5 di
MAP, ora vi aggiorniamo sulle attuali fasi di lavoro
BECOMe
3 nuovi assegni di ricerca
e diversi contratti di
collaborazione
Lo studio si focalizza su di un modello di
sviluppo integrato per Mogadiscio, promuovendo
insediamenti sostenibili con
alloggi, spazi imprenditoriali, servizi sociali
e produzione di energia rinnovabile. Attualmente
si stanno sviluppando le regole
realizzative per gli insediamenti urbani e
si stanno finalizzando i calcoli economici
per individuare le condizioni di fattibilità.
«Fare parte di un team multidisciplinare
permette di unire in modo sinergico le
varie capacità ed expertise, permettendo
di uscire anche da quello che è il proprio
raggio di competenza e arricchendosi
delle esperienze»
Giuliana Maria Miglierina, 30 anni, assegnista
di ricerca presso il Dipartimento di
Architettura e Studi Urbani
EMotion
4 nuovi assegni
di ricerca
44
117 km di strada a carreggiata unica che
collega siti di importanza storica ed architettonica
Massaua e Asmara, in Eritrea.
Il progetto vuole valorizzare questo
percorso, che rischia di sparire. La
prima parte di ricerca che comprende
analisi, sopralluoghi e consolidamento
dei rapporti di collaborazione con
gli stakeholders locali si è conclusa. Attualmente
è in corso la validazione delle
prime ipotesi progettuali.
«Si è rivelato un lavoro veramente multidisciplinare,
con un continuo confronto
tra competenze diverse, fortemente ancorate
ai problemi reali della mobilità e della
sostenibilità, della sicurezza delle infrastrutture
e del loro valore come patrimonio
culturale»
Katherina Flores Ferreira, 27 anni, assegnista
di ricerca presso il Dipartimento
di Ingegneria Civile e Ambientale
Boa_Ma_Nhã, Maputo!
Il progetto vuole contribuire allo sviluppo e
alla cultura della pianificazione territoriale
in un’area amministrativamente frammentata
del Mozambico. Conclusa la fase analitica,
si stanno definendo i due prodotti principali
del progetto: le Linee Guida Strategiche
per la Regione Metropolitana di Maputo e il
Progetto di Sviluppo Locale per Namaacha. A
breve il team sarà di nuovo in missione per
presentare l’Assessment Report ai partner
locali e per discutere i prossimi passaggi e
le possibili nuove traiettorie di ricerca ed implementazione
del progetto
«La trovo un’occasione unica di ricerca
trans-disciplinare, di crescita professionale
e umana attorno a tematiche sempre
più urgenti ed attuali in un contesto in
forte evoluzione»
Lorenzo Rinaldi, 26 anni, assegnista di
ricerca presso il Dipartimento di Energia
5 nuovi assegni
di ricerca
SAFARI NJEMA
Circa l’80% della mobilità nelle grandi
città africane si basa su sistemi informali:
quasi la totalità delle famiglie
non ha un’auto e i sistemi di trasporto
pubblico scarseggiano. Il progetto lavora
a scenari di mobilità sostenibili e policy
advisors. Lo scorso gennaio il team
di ricerca ha firmato un Memorandum
of Understandingcon l’Agenzia Metropolitana
dei Trasporti. Ha inoltre stretto
partnership a livello istituzionale con
il Ministero dei Traporti e collaborazioni
accademiche, per organizzare moduli
didattici sui temi oggetto della ricerca.
«Il progetto, altamente interdisciplinare e intersettoriale,
permette agli assegnisti di creare
un framework di collaborazione tra le diverse
discipline. Ha inoltre la potenzialità di
avere un grande impatto sul campo. Ciò permette
a tutti noi il fondamentale esercizio
applicativo dalla ricerca alle pratiche e alle
politiche locali per diversi tipi di attori e istituzioni,
creando davvero una base sostanziale
per la trasformazione delle policy»
Anna Mazzolini, 39 anni, assegnista di
ricerca presso il Dipartimento di Architettura
e Studi Urbani
7 assegni di ricerca
3 borse di dottorato
45
5
INDUSTRIA
180 ANNI
SUI BINARI
DELLA STORIA di
Valerio Millefoglie
Nel 1839 si inaugurava il primo tratto ferroviario italiano.
La Fondazione FS, diretta dall’Alumnus Luigi Cantamessa,
custodisce il patrimonio storico dei viaggi degli italiani e
rimette in moto le piccole stazioni dell’Italia di una volta
46
Il 3 ottobre 1839 partiva da Napoli il
treno diretto a Portici. Con i suoi 7 km
era il primo tratto ferroviario italiano.
A bordo della locomotiva a vapore
denominata Vesuvio sedeva il re
Ferdinando II di Borbone. Poi, con il
regio decreto del 15 giugno 1905, lo
Stato prese in carico la maggior parte
delle linee ferroviarie italiane. Sin
da quel primo viaggio, la storia dei
treni si intreccia con quella dell’Italia:
convogli corazzati portano le truppe
italiane al fronte durante la Prima
Guerra Mondiale, i vagoni degli
anni ’30 accompagnano gli italiani
in vacanza, che per la prima volta
diventano turisti e scoprono
l’Italia che ancora non conoscono, il
boom economico coincide con il boom
del treno Settebello. Tutti questi eventi
sono qualcosa di ancora molto presente
nella sede della Fondazione delle FS,
dove l’Alumnus Luigi Cantamessa,
Direttore Generale, come un archeologo
ferroviario, ha riportato dai suoi viaggi
una serie di reperti, documenti e
arredamenti ritrovati nelle vecchie
stazioni abbandonate.
“Binari senza tempo” è il progetto di
riqualificazione di quasi 600 km di
linea ferroviaria ormai in disuso,
nonché di decine di locomotive
storiche restaurate, e trova la
sua origine proprio nella tesi di
laurea di Cantamessa. «Era una
tesi e si intitolava “Recupero della
competitività ed efficienza sulle linee
ferroviarie a scarso traffico”. Quelle
linee in agonia che appunto, dieci anni
dopo, avrei riaperto». Qual è il valore
della memoria e perché riportarla in
vita? «Se le avessimo abbandonate
sarebbero state ricettacolo di
discariche e di inquinamento.
Qualcuno avrebbe bonificato ponti
e stazioni? Avremmo creato degrado
in contesti panoramici meravigliosi.
Prendendo oggi quei treni lei paga
un biglietto etico per il prezzo e per
l’economia positiva che mette in
circolo. Scendendo, ipotizziamo, in
comuni come quello della Majella, lei
si reca in osteria, compra un regalino,
visita quel museo finanziato magari da
un fondo europeo e dove mai nessuno
entra. Non è turismo d’élite, è il vero
turismo brado, due volte intelligente
perché virtuoso. Quando abbiamo
iniziato nel 2013 contavamo seimila
viaggiatori, oggi sono centomila
all'anno. Questo lavoro dimostra che
nel nostro Paese la speranza può
rinascere, a cura di tutti».
«La mia tesi al
Politecnico era
dedicata a quelle
linee ferroviarie
in agonia che
dieci anni dopo
avrei riaperto.
Segno che chi
crede, può fare»
In alto la rievocazione storica in occasione
dei 100 anni della Napoli-Portici nel 1939,
nella pagina accanto la Ferrovia della
Transiberiana d'Italia, parte del progetto
"Binari senza tempo"
LUIGI CANTAMESSA - 42 anni
Direttore Generale Fondazione Ferrovie dello Stato
Alumnus Ingegneria Civile
47
Salendo su un vagone di memoria
personale, Cantamessa rievoca il
tracciato che, anche attraverso il Poli,
l’ha portato a queste destinazioni. «A
undici anni partecipai a un concorso
nazionale indetto dal ministero,
rivolto ai bambini delle scuole medie.
Dovevamo scrivere un un tema sul
trasporto. Un giorno squilla il telefono
di casa: "Pronto, buongiorno, sono
la segretaria dell’Amministratore
Delegato delle FS, cerchiamo il
signor Luigino, volevo chiedergli la
circonferenza della testa perché stiamo
facendo confezionare un berretto da
capostazione ad hoc”. Mia madre pensò
a uno scherzo». Cantamessa apre
un album fotografico dalla copertina
verde, un archivio privato in cui lo si
ritrova negli scatti del giorno della
premiazione. Su un divano dell’ufficio
dell’amministratore delegato ci sono
lui, i suoi genitori e Mario Schimberni,
l’allora amministratore delegato. «Entrai
in questo palazzo a undici anni, mai
pensando di farne un giorno la mia
seconda casa». Tra le foto spunta la
corrispondenza tra lui bambino e
Schimberni. Ne sceglie una e legge: “Ho
ricevuto la tua lettera del 27 gennaio, ti
ringrazio per la bella fotografia, se avrai
volontà e perseveranza potrai divenire
ingegnere ferroviario o capo stazione
o comunque lavorare nelle FS. Cerca di
studiare con entusiasmo ed intelligenza
e vedrai che certamente realizzerai le
tue aspirazioni e, perché no, ambizioni.
Ti abbraccio, Mario Schimberni, 16
febbraio '89”. Si riannoda alla scelta di
studiare ingegneria al Politecnico: «Io
vengo da una famiglia di commercianti.
Per uno nato a Trescore Balneario, in
provincia di Bergamo, fare l’ingegnere
dello Stato era qualcosa di poco
legittimo. Nella mentalità bergamasca,
quella operosa, della ricca provincia,
bisognava fare l’imprenditore, aprire
una fabbrica, fare il muratore. Io invece
tenni sempre fede alla prima volta in
cui salii su di un treno. Avevo cinque
anni e mi portarono da uno zio che
abitava a Margherita di Savoia. Rivedo
questo treno enorme, possente, che
faceva tremare la terra sotto i piedi e
io piccolo, sproporzionato, passeggero
di un viaggio notturno che mi sarebbe
rimasto scolpito in mente». Al Poli arriva
nel ’96: «Quell’anno era attivo un corso
di studi con indirizzo trasporti. Volevo
fare Ingegneria Meccanica, perché avevo
la fissa della trasmissione del moto, dai
motori alle ruote, ma poi scoprii che
Ingegneria Civile aveva un bel percorso
di economia e pianificazione dei
trasporti e poteva darmi più opportunità
per realizzare ciò che volevo. Appena
laureato, mi dicevo: "dovessi tornare
indietro non lo rifarei più". Oggi alla luce
della mia modesta carriera ringrazio
il Poli per il rigore e la disciplina
che mi hanno insegnato. È il luogo
dove per la prima volta ho imparato
a gestire il tempo e, soprattutto, ad
essere multitasking. I primi anni dovevi
seguire chimica, geometria, algebra
e non potevi soffermarti sei mesi su
ogni materia, dovevi essere capace di
portare avanti tutto. Un esame come
48
Nella pagina accanto, a sinistra, la Ferrovia
del Sebino, in alto quella dell'Irpinia e
in basso quella della Pedemontana del
Friuli. Il progetto “Binari senza tempo”
coinvolge oltre 100 comuni dal nord al sud
della Penisola. Ogni anno si effettuano 90
circolazioni con treno a vapore (dato 2019)
per un totale di 100mila viaggiatori a bordo
dei treni storici e 200mila visitatori del
Museo di Pietrarsa.
Qui sotto, Luigi Cantamessa con il Presidente
Mattarella per le celebrazioni dei 180 anni
dal primo viaggio su rotaia e gli ambienti del
treno presidenziale restaurato
quello di Pianificazione ed Economia
dei Trasporti mi è servito tantissimo
nella vita reale, perché economia e
pianificazione ti danno la possibilità
di cambiare davvero le cose». Tra le
cose ritrovate nelle vecchie stazioni
ne ricorda una in particolare: «Non si
tratta di un oggetto ma di un sistema.
In una casupola di fronte all’isola di
Tavolara, nel Golfo degli Aranci, ho
trovato un foglio di carta che spiegava il
sistema di continuità territoriale con la
Sardegna. Per garantirla, che ci fossero
cento passeggeri o solo uno, vi era un
servizio di nave traghetto collegata a
Civitavecchia, indipendentemente dalle
condizioni del mare. Mi rese sgomento
perché non seguiva l’analisi dei costi
benefici ma un principio costituzionale:
voi sardi siete italiani? Allora avete
diritto di andare a Roma, con qualsiasi
condizione meteo». A riguardo aggiunge
che «l’Osservatorio dei Beni culturali
del Politecnico di Milano, con cui
abbiamo una partnership, ha inserito la
nostra fondazione e il nostro progetto
di digitalizzazione archivistica tra le
best practice italiane proprio perché
ci occupiamo di un recupero delle
tecnologie speculare al recupero di
storie umane». I prossimi obiettivi
strategici riguardano il rilancio di due
treni antesignani dell’odierna Alta
Velocità, l’ETR 250 Arlecchino e l’ETR
300 Settebello. «Sempre nel corso
del 2020 - aggiunge Cantamessa - è
previsto il recupero di un complesso
di Ale601 destinati ad espletare servizi
charter e la flotta degli elettrotreni avrà
sede presso l’ex OGR di Bologna, che
diventerà nuovo Hub manutentivo della
Fondazione FS»
In una foto da lui recuperata
nell’archivio della Fondazione FS si vede
una famiglia affacciata al finestrino di
un treno. Sono Bernardo Mattarella,
tre volte ministro dei trasporti, con la
moglie e il giovane figlio Piersanti. «Per
le celebrazioni dei 180 anni dal primo
viaggio su rotaia abbiamo viaggiato
con il Presidente Mattarella sul treno
presidenziale restaurato, da Napoli a
Portici, portandolo anche in visita al
rinnovato Museo Ferroviario Nazionale
di Pietrarsa. In quell’occasione gli ho
regalato quella foto trovata in archivio.
Il Presidente mi ha detto “C’ero anche
io, solo che ero troppo piccolo e non
arrivavo ad affacciarmi al finestrino”.
Ecco - conclude Cantamessa - la
storia si ricollega, i binari sono fili da
riannodare».
«Il Poli è il luogo
dove ho imparato
a gestire il tempo
e ad essere
multitasking.
Un insegnamento
di vita»
49
5
INDUSTRIA
AIRLITE: LA PRIMA VERNICE
CHE PURIFICA L’ARIA AD ARTE
Secondo le Nazioni Unite è una delle quattro tecnologie
più rilevanti per contrastare l’inquinamento. Ed è tutta
italiana: fra gli ideatori c’è l’Alumnus Antonio Cianci,
che abbiamo incontrato proprio sotto uno dei murales
realizzati con AirLite
di Carmela Menzella
In alto il murales "Antropocene" in via
Viotti a Milano realizzato da Federico
Massa Iena Cruz, con la onlus Worldrise,
utilizzando AirLite
50
“L’uomo ha portato il pianeta oltre i
suoi limiti”, scriveva il premio Nobel
per la chimica Paul Crutzen nel suo
saggio “Benvenuti nell’Antropocene”,
la prima era geologica in cui l’uomo è
la causa principale dei cambiamenti
climatici e territoriali del pianeta. E in
un angolo di pianeta, precisamente in
via Viotti a Milano, zona Lambrate, un
grande murales che prende il nome di
Antropocene ha trasformato la facciata
di un palazzo in cui, racconta un inquilino,
c’erano delle perdite d’acqua, in
un habitat di animali marini che nuotano
in una bottiglia di plastica. A realizzarlo
è stato l’artista Federico Massa
Iena Cruz, con la onlus Worldrise, utilizzando
AirLite, la prima vernice anti-inquinamento.
Sotto il murales ci sono
l’Alumnus Antonio Cianci e Massimo
Bernardoni, i due imprenditori
che hanno dato vita a questa
pittura che sfrutta un meccanismo
completamente naturale per depurare
l’aria dall’88,8% degli agenti
inquinanti, fra cui ossidi di azoto
e formaldeide. Il principio attivo
contenuto nella pittura, a contatto
con la luce, ossida gli inquinanti,
trasformandoli in sali inerti e andando
a rompere la membrana cellulare
anche dei batteri resistenti ad
antibiotici. Guardando il murales, Antonio
Cianci commenta: «Questa forse
oggi è la realizzazione più rappresentativa
di AirLite perché unisce a una
scelta cromatica di grandissimo impatto,
un messaggio legato all’ambiente di
grande profondità; e non solo perché il
tema del murales è l’oceano, ma perché
pone l’accento su come l’inquinamento,
e ciò che di male è stato fatto al
pianeta, con le nuove tecnologie, possa
essere affrontato e in alcuni casi anche
risolto». 100 m² di superficie trattata
con AirLite corrispondono all’aver
piantato un bosco della stessa super-
ficie. «Oggi noi abbiamo un muro che
elimina le sostanze nocive, tutta l’aria
che tocca le pareti diventa aria nuova»,
riflette e aggiunge, «abbiamo materiali
che non sono passivi, cioè non
trasmettono esclusivamente un contributo
estetico ma vivono anche una dimensione
tecnologica. Sin dall’antichità
l’arte è stata vettore di conoscenza,
ecco perché abbiamo pensato all’iniziativa
"Air Is Art", una serie di murales
realizzati da diversi street artist
per veicolare il messaggio dell’inquinamento
in modo non accademico.
Lavorare con l’arte in contesti di riqualificazione
urbana aumenta anche
il senso di orgoglio di chi abita
questi luoghi».
Dal portone di via Viotti escono alcuni
inquilini: un padre con una bambina,
un ragazzo con lo zaino, un uomo con
il cane. Dalla finestra della casa al piano
terra s’intravede un salotto, la televisione
è accesa. E vien da pensare alle
vite che questo murales in qualche
modo difende. Non solo palazzi e paesaggi
urbani. Massimo Bernardoni spiega
che «la pittura è come l’acqua, serve
per fare tutto». E Cianci elenca i luoghi:
«Dal salotto allo studio dentistico,
dall’ufficio di un avvocato all’headquarter
di una grande azienda, fino
al capannone industriale. In ognuna
di queste realizzazioni, AirLite esprime
una sua diversa proprietà. Nella
cucina di un ristorante la virtù è l’assenza
di odore, in un capannone industriale
è apprezzato il fatto che un muro
rimanga pulito più a lungo e che rifletta
la componente calda della luce
del sole, e possa essere usata meno
energia per rinfrescare l’ambiente. Negli
interni elimina batteri, spore e muffe
perché annienta gli agenti patogeni
che portano problemi respiratori quali
asma e irritazioni cutanee degli occhi;
per questo stiamo lavorando anche
in ambito ospedaliero. In Messico
c’è un’indicazione governativa che seleziona
questo prodotto come riferimento
per il contrasto alle funzioni nosocomiali
e stiamo collaborando con molte
residenze sanitarie per anziani, dove riducendo
le componente batteriche dei
volumi, contribuisci a migliorare il benessere
dei residenti».
E il colore si sta spargendo un po’
ovunque, il prodotto si trova infatti in
Europa, Giappone, negli Emirati Arabi e
in Australia. Ma da dove sono partiti?
Nel 2010 Antonio Cianci è Consigliere
«100 m² di superficie trattata con
AirLite corrispondono all’aver
piantato un bosco di esattamente
100 m². Così oggi abbiamo un muro
che respira, e che è bello da vedere»
ANTONIO CIANCI - 52 anni
Co-founder AirLite
Alumnus Ingegneria Elettronica
Qui accanto Cianci, primo da destra, con i
co-fondatori di AirLite Massimo Bernardoni
e Arun Jayadev
51
per l’Innovazione presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri e cura la realizzazione
del progetto Italia degli Innovatori,
una mostra dedicata alle eccellenze
tecnologiche italiane presentata
quell’anno all’Expo di Shangai. Fra
le innovazioni presentate, c’è proprio il
progetto di Massimo Bernardoni. «Insieme
abbiamo iniziato a lavorare sulla
formalizzazione della proprietà intellettuale,
sul brevetto e abbiamo avviato
la parte più difficile e frustrante:
convincere il pubblico. All’esterno non
c’era neanche incredulità ma la totale
mancanza di idea che potesse esistere
qualcosa del genere. Nessuno conosceva
ciò che faceva Massimo perché si
rivolgeva agli esperti del settore, che
però rigettavano l’idea in quanto non
facente parte del loro bagaglio di conoscenze.
Quindi c’era da una parte la
mancanza di fondi e dall’altra l’incredulità
del mercato. Abbiamo aggirato
questa diffidenza lavorando sui beneficiari,
le persone, e comunicandola
attraverso l’arte. Poi, quando tutti
l’hanno scoperta, sono arrivati anche
gli esperti del settore e c’è stato l’effetto
opposto. Oggi riceviamo offerte di
collaborazione da più o meno tutte le
grandi aziende del mondo». Viene da
chiedersi che ruolo abbia avuto in tutto
questo un percorso come quello fatto
al Politecnico. «Ho avuto la fortuna
di seguire Ingegneria Elettronica
nel 1986, primo anno in cui venne introdotto
come corso di studi. Il Poli
offre la capacità di affrontare l’ignoto,
con la consapevolezza di poterlo
comprendere. Ti abitui a comprendere
ciò che non conoscevi, come quando
aprivi il libro di Alonso Finn, “Fisica 3”,
e ti dicevi che non ce l’avresti mai fatta
e invece in due mesi lo padroneggiavi.
Questa capacità ti permette poi sul
lavoro di interloquire togliendoti ogni
paura di non essere in grado di affrontare
un’innovazione tecnologica».
Cianci ha pubblicato nel 2009 anche
il fortunato libro: “Eureka! 100 inventori+100
invenzioni che ci hanno cambiato
la vita”. «Per mantenermi al Poli
- ricorda - insegnavo alle scuole superiori.
In didattica, per far passare la
conoscenza, devi saperla descrivere.
Così mi sono avvicinato alla personalizzazione
della scienza. Quando studiavamo
l’equazione del calore di Fourier
raccontavo agli studenti anche la
storia di Fourier, di questo matematico
che era stato in Egitto ed era malato
di calore, accendeva il camino anche
d’estate, per lui il calore era tutto.
Logico che quell’equazione non poteva
che farla lui! L’aver interpretato e descritto
le frustrazioni di quelli che hanno
avuto successo ci ha aiutato molto,
nei primi tempi di AirLite, a superare le
nostre». E ai giovani studenti di oggi consiglia
«di non farsi sedurre dagli aspetti
tecnici ma andare ad approfondire gli
aspetti teorici che sono a monte. Dunque
non pensare a come costruire un braccio
di robot ma studiare la logica di intelligenza
artificiale che c’è dietro, altrimenti
diventi esecutore. Accompagnerei poi il
percorso tecnico alla comprensione dei
mercati, altrimenti si rischia di essere relegati
nel recinto dei server e laboratori.
Se però riesci ad unire a questo la conoscenza
della vita dell’azienda, è più facile
raggiungere il successo». Una donna in
attesa del tram alla fermata proprio vicino
al murales ha sentito parte dell’intervista.
Si avvicina a Cianci e a Bernardoni
e dice: «Posso chiedere anche io qualcosa?
Ho visto questa meraviglia e volevo
capire quali agenti inquinanti elimina».
E i due, tornano a raccontare il
proprio prodotto.
GLI EFFETTI DEGLI ALBERI SULLA
RIDUZIONE DELLE SOSTANZE INQUINANTI
Gli alberi rimuovono efficacemente
le sostanze inquinanti dall'aria.
Ovviamente, l'efficacia dipende dalle
dimensioni degli alberi: un albero
con un diametro del tronco di 80 cm
rimuove 1,4 kg all'anno, mentre uno
con un diametro del tronco di 8 cm
rimuove 70 volte meno (20 grammi
all'anno) sulla base dei dati dell'USDA
Forest Service. Per i nostri calcoli, si
assume un diametro del tronco di 80
cm, quindi 1,4 kg di sostanze inquinanti
rimosse in un anno. I calcoli sono
stati fatti per gli inquinanti a livello
cumulato, comportando nel dettaglio
una quantità inferiore per l'ossido
di azoto, ma manterremo comunque
questo valore per semplicità. Un albero
elimina 1400 grammi di sostanze
inquinanti all'anno, che corrisponde
(1400 / 365 = 3,83) a 3,83 g / giorno. La
superficie di un albero proiettata sul
terreno è di circa 25 m 2 (un quadrato
di 5 m di lato). Una superficie di 25 m 2
coperta di AirLite elimina (0,154 x 25 =
3,85) 3,85 g / 12 ore. Quindi sia l'albero
che l'AirLite riducono la stessa quantità
di inquinante per la stessa superficie
equivalente.
52
In alto Garage Italia a Milano, sotto il tunnel
del Traforo Umberto I a Roma realizzati con
la vernice Airlite.
«Il Poli ti dà la capacità di affrontare
l’ignoto. Con la consapevolezza di
poterlo comprendere. Anche questa è
innovazione tecnologica»
53
5
INDUSTRIA
YAPE: DALL’ITALIA AL GIAPPONE,
L'ULTRALEGGERO PER IL DELIVERY
HA FATTO STRADA
di Elisabetta Limone
Cammina da solo ma dietro di lui ci sono tutto un
Politecnico e una fabbrica di imprese: storia di Yape, il
veicolo autonomo per le consegne ha iniziato il suo giro
Giappone. Una coppia di anziani
residenti a Minamisōma, cittadina
nella prefettura di Fukushima colpita
nel 2011 da uno tsunami e da un
conseguente disastro nucleare, apre
la porta di casa. Sull’uscio c’è, come lo
definiscono i suoi ideatori, «un piccolo
veicolo autonomo e ultraleggero».
Qualcun altro potrebbe usare la
parola “robot”, vedendo nei due fari
posti fra le linee morbide e ondulate
del design della carenatura, un eco
di volto-robot. Il suo nome ufficiale
è Yape ed è specializzato nella
consegna dell’ultimo miglio, ovvero
l’ultimo tratto di strada compiuto
dalle merci per giungere al domicilio
del cliente. La coppia di Minamisōma,
riconosciuta dal sistema tramite
scansione facciale, solleva il tettuccio
di Yape e rivela il contenuto, in questo
caso un pacco per conto di Japan Post;
che ha partecipato alla partnership
per la prima fase sperimentale del
veicolo in Giappone.
Yape però potrebbe trasportare anche
qualcosa di caldo o di freddo, perché
lo scomparto interno ha la possibilità
di essere climatizzato. A quel punto,
torna fra le strade della cittadina,
tra passanti, semafori, marciapiedi, il
tutto sulle sue due ruote basculanti,
capaci di ammortizzare urti e cambi
di percorso. A concepirlo è stato un
team di ingegneri del Politecnico di
Milano, che l’ha sviluppato e realizzato
nella fabbrica di imprese e-Novia.
«Siamo una fabbrica di imprese e
«L’obiettivo era
definire quale
fosse la mobilità
del futuro per
il trasporto dei
pacchi nelle
nuove città.
Yape è la nostra
risposta»
54
tra i nostri interlocutori privilegiati
ci sono le università. Investiamo ad
esempio nei progetti di ricerca con il
Politecnico di Milano dove, ed è il caso
di Yape, si è ragionato sul tema della
mobilità», racconta Vincenzo Russi, cofondatore
e amministratore delegato
di e-Novia, «ci siamo accorti che i
veicoli analoghi a Yape già esistenti,
a causa delle dimensioni e dell’avere
quattro o sei ruote, avrebbero avuto
problemi a muoversi in un paesaggio
come quello italiano caratterizzato
spesso da strade piccole, centri storici
di origine medievale, su marciapiedi
e viali non certo della grandezza di
quelli californiani». Russi passa poi
a mostrare un altro percorso, quello
codificato per ogni prodotto realizzato
da e-Novia e che, partendo da un’idea
di proprietà intellettuale, giunge al
risultato finale integrando competenze
e settori: «I prodotti sui quali si
lavora oggi presentano complessità e
problematiche tecnologiche che sono
impensabili da risolvere con una sola
forma di ingegneria, di design o di
architettura. Per questo, qui in e-Novia
abbiamo Alumni che sono loro stessi
politecnici, "persone politecniche", cioè
in grado di governare più tecnologie.
I laureati in design, ad esempio,
diventano esperti di economia, di
finanza, di marketing; vanno al di là
della propria competenza specifica per
comprendere fenomeni che toccano
altre discipline. Al nostro interno è
sempre più valorizzata questa figura
straordinaria che caratterizzerà
il futuro, e che il Poli sta facendo
crescere». Ricercatori che sviluppano
capacità imprenditoriali, affiancati
da esperti in marketing, consulenza
legale e finanziaria, vendita nei mercati
internazionali.
VINCENZO RUSSI - 61 anni
Co-founder e CEO e-Novia
Alumnus MIP
55
Caratteristiche Tecniche
Volume Esterno esterno
60 x 70 x 80 cm 3
Peso
Leggero
Kg
20 Kg kg
Kg
Portata Carico Massimo
Carichi Pesanti
Kg
30 Kg kg
Autonomia
40+ km
Km
Interfaccia Uomo-Robot
Luci e frecce di direzione
Vano Portaoggetti
50 x 47 x 45 cm 3
Progettato progettato per trasportare
anche prodotti freschi e e caldi
caldi
Velocità Veloicità
60 Km/h km/h sul sul marciapiede,
20+ Km/h km/h su pista ciclabile
Resistenza
IP64 (ermetico a polveri, fumi e
protetto da spruzzi d’acqua)
Ostacoli Raggiungibili
Gradini fino a 6 cm,
12% di inclinazione
«Può trasportare
posta, medicinali,
gelati, cibi caldi.
E anche più
cose, in una sola
spedizione»
Yape, passando attraverso le strade
cittadine, raggiunge la destinazione e
consegna il pacco
56
«In e-Novia
abbiamo Alumni
politecnici,
persone cioè
in grado di
governare più
tecnologie. Sarà
questa la figura
del futuro»
Yape consegna un pacco per conto di Japan
Post che ha partecipato alla partnership per
la prima fase sperimentale del veicolo in
Giappone
Intanto un esemplare di Yape si
muove lungo uno dei corridoi della
sede di e-Novia a Milano. Dietro di
lui, a seguirlo, c’è l’Alumnus e project
manager Simone Fiorenti. «Questa è la
versione giapponese, appena arrivata
oggi - dice - Più in là c’è la nuova
versione che stiamo utilizzando per dei
test, è dotata di rotelle e sospensioni
più evolute. Tutti i modelli hanno la
peculiarità di rimanere ben bilanciati, in
equilibrio sul posto. Questo garantisce
a Yape massima mobilità e gli permette
di ruotare su di sé, senza attriti sul
cemento. Può navigare sia in ambienti
outdoor che in ambienti molto stretti
o all’interno di campus universitari,
aziende ed edifici molto elevati. In ufficio
può essere utilizzato per portare la
corrispondenza dal piano zero a quello
di destinazione, dato che è in grado
di controllare l’ascensore. L’obiettivo
era definire quale fosse la mobilità del
futuro per il trasporto dei pacchi nelle
nuove città. Ci sono diverse soluzioni,
secondo noi la migliore la risposta è
stata questa: utilizzare un drone di terra,
di piccole dimensioni ed elettrico».
Un altro test, tenutosi all’aeroporto
di Francoforte nel 2019, ha visto Yape
trasportare le valigie dei passeggeri ed
accompagnarli al proprio gate. «Ma può
trasportare anche medicinali, o gelati,
il vano di carico infatti può essere
personalizzato a seconda delle esigenze
e può avere anche più scomparti
interni per portare a termine più
spedizioni in un giro», precisa Fiorenti,
«attualmente stiamo portando avanti
un pilot negli Stati Uniti, in un grosso
centro commerciale. Stiamo lavorando
con il maggior provider di food delivery
europeo, abbiamo altre applicazioni in
Corea ma anche in Italia, a Milano, dove
collaboriamo con Vodafone al progetto
5G, stiamo integrando e sperimentando
le funzionalità sul veicolo con dei test
proprio in Bovisa». Le prove sul nuovo
modello appena giunto dal Giappone
continuano, mentre a un altro piano di
e-Novia si trova invece il team guidato
dall’Alumna Margherita Colleoni, Chief
Design Officer di e-Novia. È grazie al
lavoro del team di Design, anche questo
made in Politecnico, che Yape ha vinto
il German Design Award 2019, uno dei
riconoscimenti più prestigiosi al mondo
nel settore del design industriale.
Colleoni ricorda i primi periodo di prova
del veicolo, «Lo portavamo a girare
per le strade di Milano proprio per
studiare le reazioni delle persone. Tutti
quanti ci domandavano incuriositi cosa
fosse, perché, in qualche modo, Yape
non si rivela. Si scopre cos’è soltanto
all’apertura del vano. Dunque dovevamo
lavorare su un aspetto che non
spaventasse i passanti, che ispirasse
simpatia e avesse un’aria amichevole».
E il valore di questo progetto qual
è? Lo spiega Simone Fiorenti, che
conclude: «Il numero di pacchi spediti
giornalmente è in costante aumento,
a causa dell’effetto Amazon. In poche
ore l’utente può ricevere a casa ciò
che vuole, nel minor tempo possibile.
Ciò può creare problemi logistici
e congestionamenti stradali che
possono essere risolti con questa
tecnologia».
57
6
NEL MODNO
IL PRANZO È SERVITO,
DALLA STAMPANTE 3D
Bistecche di manzo, di pollo, persino di pesce, stampate
con una nuova tecnologia in 3D, utilizzando ingredienti a
base vegetale e una tecnica tramutata dalla biomedicina.
Idea e brevetto sono dell’Alumnus Giuseppe Scionti,
fondatore della startup NovaMeat. Ecco gli ingredienti
per un futuro sostenibile, anche a tavola
di Giulio Pons
In una scodella vengono mescolati
con acqua dei piselli, delle fibre
di alghe, delle proteine del riso e
degli aromi naturali. L’impasto viene
inserito in un estrusore a siringa,
che a sua volta viene collocato
all’interno di una stampante 3D. La
macchina, attivata, inizia a creare
sul piano di stampa dei cerchi
concentrici che lentamente danno
forma a una fetta di carne derivata
da proteine vegetali. Il passaggio
successivo è su un piatto, con olio
e sale. Dietro alla stampante 3D, e
dietro al brevetto e alla tecnologia,
c’è l’Alumnus Giuseppe Scionti,
ingegnere biomedico del Politecnico
di Milano che in Spagna, a Barcellona,
ha fondato la startup NovaMeat. «Il
vantaggio di questo nuovo metodo,
rispetto alle tecniche finora esistenti,
è che la tecnologia funziona con una
varietà di ingredienti e non solo con
soia e grano, che sono limitanti, basti
vedere gli incendi continui in Brasile,
specialmente quelli dell'ultimo anno.
Vogliamo dimostrare che è possibile
difendere la biodiversità utilizzando
ingredienti sostenibili, provenienti da
diverse coltivazioni - spiega Scionti.
Ad esempio in India prenderemo
ingredienti locali, in Africa sosterremo
attraverso la FAO i Paesi con cui
lavoreremo». I calcoli indicano un
58
risparmio del 95% di suolo e del 75% di
acqua, abbattendo così le emissioni di
gas serra dell’87%. La previsione è che
la carne di NovaMeat sarà distribuita
al pubblico entro il 2022, ipotizzando
un costo per macchina di 10, 15 mila
euro, con la capacità di produrre 50
grammi di carne all’ora. Il brevetto, è
da chiarire, non è sulla stampante 3D
ma sulla tecnica di micro-estrusione
in grado di conferire alla bistecca
la consistenza fibrosa della carne.
«Immaginiamo di fornire le licenze ad
aziende, che potranno poi produrla
in larga scala, o a ristoranti per uso
interno». Al momento la startup si
sta concentrando sul dimostrare la
fattibilità del brevetto in piccola scala.
«Stiamo seguendo quattro parametri.
Il primo riguarda la consistenza
fibrosa, la texture della carne, ed è
la fase su cui ci siamo concentrati
GIUSEPPE SCIONTI - 33 anni
NovaMeat, founder
Alumnus Ingegneria Biomedica
all’inizio. Il secondo parametro è
l’apparenza, stiamo lavorando su
prodotti che possano assomigliare alla
carne, anche a livello microscopico.
Ci stiamo ora avvicinando al terzo
parametro, che è quello del sapore,
scegliendo gli ingredienti giusti da
combinare. Il quarto parametro è
quello delle proprietà nutritive. Qui
si aprono scenari nuovi. Vogliamo che
NovaMeat non sia solo un’alternativa
sana alla carne, ma che sia anche
etica, e inoltre che possa sostituirla
con effettivi vantaggi sulla salute. Un
esempio? Integrando ingredienti come
l’omega3, le si può dare proprietà che
la carne non ha».
Sarà quindi possibile fabbricare una
carne ad personam, prescrivibile
per l’alimentazione di un preciso
individuo? Scionti risponde: «Abbiamo
già ricevuto interesse in ambito clinico,
con richieste di lavorare proprio sulle
diete dei pazienti». Romanzando,
potremmo dire che l’intuizione di
Scionti sia nata dal sapersi mettere in
ascolto, perché, come ci racconta lui,
tutto è nato da un orecchio. «Mi sono
specializzato in Ingegneria dei Tessuti,
nello specifico nei polimeri naturali,
59
dunque quei composti di origine
vegetale o animale. A Barcellona ho
realizzato un prototipo non funzionale
di un orecchio umano, in scala
naturale, che poteva essere utile per
rigenerare una parte di un corpo
danneggiato. Costruendo questo
orecchio, composto da materiali molto
simili ai tessuti animali - utilizzando
solo proteine, carboidrati e grassi -
mi sono reso conto che ero riuscito a
trovare una struttura che presentava
forme e consistenze molto naturali.
Ricordo di aver mostrato questo
orecchio a un collega che mi ha detto
che, da quanto sembrasse reale,
faceva impressione. In quel periodo
si cominciava a parlare di biomeat e
di carne del futuro, così mi sono reso
conto che la tecnica poteva essere
sviluppata in campo gastronomico:
replicando il muscolo di una vacca.
Poi, l’interesse dei media, gli inviti
alle conferenze, mi hanno convinto a
brevettare questa tecnologia. Era la
tecnologia giusta, al momento giusto
e con un background accademico,
come il Poli, giusto».
Tornando ancora indietro nel suo
background ricorda: «Da piccolo non
mi piacevano le cose irreversibili.
Non mi piaceva ad esempio l’idea che
perdere un braccio per un incidente
fosse qualcosa di irreparabile. Mio
padre insegnava educazione fisica
e io pensavo a come sistemare i
tendini e i legamenti degli atleti. Nel
momento in cui ho dovuto scegliere
il percorso di laurea mi sono trovato
indeciso fra medicina e bioingegneria.
Con quest’ultima avrei però avuto la
libertà di muovermi in ambiti diversi».
Questo percorso gli è stato utile non
solo in ambito accademico. «Una
buona idea necessita di basi per
poterla spiegare, per far sì che anche
gli altri ci credano. Se non avessi
ricevuto una preparazione teorica
di eccellenza mondiale come quella
del Poli non sarei stato in grado di
trasmettere il valore scientifico della
mia tecnica». Secondo il magazine
ufficiale della Smithsonian Institution
di Washington D.C., Scionti è risultato
essere fra i “Nove innovatori da tenere
d’occhio nel 2019”.
Come si è sentito quando ha saputo di
questa classifica? «Per me è un sogno
aver sviluppato un brevetto da solo,
è un sogno aver fondato una startup,
aver parlato all’Onu, essere stato
60
La stampante 3D crea la bistecca secondo il
progetto realizzato al computer
ospite a Dubai con l’ambasciatore
italiano, però penso che questo sia un
progetto che vada al di là di me, che
sia più grande di me».
Spesso, durante le sue conferenze,
Giuseppe Scionti mostra una slide
che rappresenta la figura di Leonardo
da Vinci e una sua citazione: “No’ si
volta chi a stella è fisso”. Si usa dire
che siamo ciò di cui ci nutriamo,
e oggi questo detto ci impone una
responsabilità nuova. «Siamo la prima
generazione della storia che ha la
possibilità di applicare le conoscenze
tecnologiche per innescare un
grande cambiamento, e potrebbe
essere anche l’ultima occasione per
evitare qualcosa di più grave», dice, e
aggiunge: «studiare la bioingegneria
del futuro significherà lavorare su
applicazioni che avranno impatto
non solo nel campo dell’ingegneria
ambientale ma anche, per dirne
una, nell’ingegneria delle strutture.
Immaginiamo le architetture dei
ponti del domani, non sarà strano
avere connessioni fra bioingegneri
e architetti che studieranno come la
natura stratifichi le proprie strutture
e cosa noi possiamo imparare da
questo per il futuro delle costruzioni».
Pensando proprio a prospettive
lontane, c’è un’ultima domanda da
fare: immagini un mondo in cui la
carne non sarà realmente carne? O,
ancora più distopico, tutto ciò che ci
circonda potrà essere anche altro?
«Gli hamburger sono un’invenzione
dell’uomo, così come le salsicce e
le polpette che abbiamo mangiato
sin da piccoli a casa dei nonni.
Nel futuro non immagino un cibo
Distopico, somministrato cioè in
pillola o attraverso una flebo, ma un
cibo sostenibile. Si creeranno nuove
forme di carne e non è detto che
dovranno essere necessariamente
simili a quelle cui siamo stati abituati.
Le tradizioni rimarranno, le polpette
rimarranno, ma la carne di cui sono
fatte, magari, non sarà quella di
una mucca. Immagino un’industria
alimentare più efficiente, in modo che
le terre potranno bastare per sfamare
i miliardi di persone che avremo nel
2050 continuando a proteggere le
nostre risorse naturali».
61
6
NEL MODNO
LA GRANDE
MURAGLIA VERDE
DELLE CITTÀ di Valerio Millefoglie
Il 23 settembre 2019 l’Alumnus Stefano Boeri ha
presentato il progetto The Great Green Wall of Cities al
Climate Action Summit dell’ONU. Una grande muraglia
verde che fungerà da cordone ecologico per proteggere
il pianeta e l’uomo dai cambiamenti climatici
62
Accanto, il render del progetto The Great
Green Wall of Cities: 500mila ettari di nuove
foreste urbane e 300mila ettari di foreste
naturali da mantenere e ripristinare entro
il 2030, che andranno a collegare 90 città
dall’Africa all’Asia Centrale
Nel 215 a.C. l’imperatore cinese Qin Chi
Huang diede ordine di costruire quella
che nel 2007 è stata inclusa tra le sette
meraviglie del mondo moderno, la Grande
Muraglia Cinese. Tra i problemi del mondo
moderno ci sono i cambiamenti climatici
e una delle azioni per contrastarli sta alla
base di The Great Wall of Cities, la Grande
Muraglia Verde delle città ideata da FAO
con Stefano Boeri, Kew Gardens, Arbor Day
Foundation C40, UN Habitat, Cities4Forests
e SISEF: 500mila ettari di nuove foreste
urbane e 300mila ettari di foreste naturali
da mantenere e ripristinare entro il
2030, che andranno a collegare 90 città
dall’Africa all’Asia Centrale. La proposta
è stata presentata dall’Alumnus Stefano
Boeri lo scorso 23 settembre al Climate
Action Summit delle Nazioni Unite di New
York. «Questo progetto nasce innanzitutto
dalle collaborazioni che abbiamo avuto
grazie al World Forum on Urban Forests,
che si è svolto a Mantova nel 2018 - spiega
Boeri - In quell’occasione, in pochi giorni,
abbiamo avuto architetti, arboricoltori,
accademici, scienziati, rappresentanti
di NGO e di Istituzioni che si sono
confrontati e che hanno portato le loro
esperienze rispetto a questo tema. La
FAO, che insieme a SISEF (Società Italiana
di Selvicoltura) e Politecnico di Milano
fa parte del comitato permanente del
World Forum on Urban Forests, stava già
lavorando al progetto Great Green Wall
e insieme abbiamo provato a pensare a
come le città potessero interagire con
questo sistema». La Grande Muraglia
Verde è un progetto lanciato nel 2007
dall’Unione Africana per contrastare
l’avanzata del deserto e riqualificare
i paesaggi rurali degradati dell’Africa.
L’iniziativa coinvolge oltre venti Paesi
della regione Sahelo-Sahariana nei quali
si estenderà un muro della lunghezza di
oltre 8.000 km: dall’Algeria al Burkina Faso
dall’Egitto alla Nigeria fino al Senegal e alla
Tunisia.
STEFANO BOERI - 63 anni
Stefano Boeri Architetti
Alumnus Architettura
foto di Gianluca Di Iola
63
Il progetto si inserisce nel solco dell'iniziativa
The Great Green Wall lanciato nel 2007
dall'Unione Africana per contrastare
l’avanzata del deserto e riqualificare oltre
20 Paesi della regione Sahelo-Sahariana nei
quali si estenderà un muro della lunghezza
di oltre 8.000 km
«È molto importante costruire nuovi
processi in cui tutti noi, che abitiamo
il pianeta, ci rendiamo conto della
necessità delle piante, per poter
combattere il cambiamento climatico,
per cercare di mitigare gli effetti
dell’inquinamento, per migliorare la
nostra qualità di vita»
64
«Sono stati giorni densi di discussioni
e presentazioni - ricorda Boeri - e noi
(insieme alla FAO e a tutti i partners)
siamo stati chiamati a raccontare
questo progetto che racconta di un
processo di naturalizzazione delle
città, di connessioni verdi, e dove
si costruisce un nuovo rapporto tra
l’uomo, la città e l’ambiente. È molto
importante riuscire a costruire nuovi
processi in cui tutti noi, che abitiamo
il pianeta, ci rendiamo conto della
necessità delle piante, per poter
combattere il cambiamento climatico,
per cercare di mitigare gli effetti
dell’inquinamento, per migliorare
la nostra qualità di vita. Sempre in
occasione del forum, l’architetto
Richard Weller ci ha raccontato del
progetto World Park, che ha ispirato
l’idea di una connessione che andasse
al di la dei confini del continente
africano, ma che potesse connettere
anche l’est asiatico». Secondo le
statistiche la popolazione urbana
aumenterà fino al 60% entro il 2030,
concentrare dunque gli sforzi nelle
aree urbane diventa un nodo centrale
proprio per garantire il successo di
ogni azione mirata ad aumentare la
resilienza delle comunità.
Le città del mondo producono circa
il 70% della CO2 presente nell’atmosfera,
di contro le foreste e i boschi
ne assorbono il 40%; aumentando
dunque le superfici boschive attorno
e all’interno delle città ridurrebbe la
produzione di CO2.
Maria Chiara Pastore, ricercatore
al Politecnico di Milano, spiega il
senso della sfida: «Unire aree che
presentano già una vocazione al tema,
come gli ambiti montani o dove c’è
un ecosistema pronto ad ospitare un
certo tipo di vegetazione, ad habitat
come le città, di solito mai prese in
considerazione e che diventeranno
dei luoghi dove connettere e costruire
centri di innovazione. Dall’Africa
l’idea è di risalire all’est asiatico
immaginando due assi: uno che parte
dall’ovest degli Stati Uniti e scende
fino alla cordigliera della Ande e un
altro che dalla Spagna arriva sino
alla Cina, passando per l’Italia».
Poi, l'architetto Pastore precisa:
«il progetto è ancora in una fase di
concept e di visione, quindi lavoriamo
moltissimo ancora sulla grande scala.
Con il Poli ci concentriamo sulla
pianificazione della parte urbanistica
e della visione strategica. Ad
esempio c’è la necessità di rinnovare
l’interesse e la determinazione delle
persone ad avere il verde come parte
strutturante della città. È difficile
trovare spazio per gli alberi se non
siamo disposti ad avere viali alberati,
che ombreggiano, che perdono le
foglie, e che magari sostituiscono
qualche parcheggio. Un altro ostacolo
è ovviamente il tempo. Per avere un
albero, grande, che ombreggia, che
ha un valore estetico, ambientale,
di grande effetto, ci vogliono a volte
alcuni anni. Oggi noi siamo poco in
grado di aspettare, di vedere i risultati
del lavoro su medio, lungo termine.
E gli alberi sono i primi a subire
l’impazienza». Oltre a contrastare
il cambiamento climatico, gli spazi
verdi potranno innescare anche un
cambiamento sociale contribuendo,
ad esempio con orti comunitari,
65
«Immagino davvero delle foreste in cui finalmente
gli alberi, gli arbusti, gli insetti e gli animali ritrovino
una dimensione di equilibrio e di accettazione della
compresenza con la città»
a scopi ricreativi ed educativi
coinvolgendo le comunità a più livelli.
Ci sono altri due progetti che possono
essere interpretati come tasselli
della Grande Muraglia Verde delle
Città: la ricerca ForestaMi, a cura del
dipartimento di Architettura e Studi
Urbani, di cui Boeri è responsabile
scientifico, e ForestaItalia. Il primo
prevede la messa a dimora di 3
milioni di alberi, un albero per ciascun
residente della città metropolitana di
Milano, con l’obiettivo di migliorare
la salute pubblica, favorire le
connessioni ecologiche, aumentare
le superfici permeabili e promuovere
la transizione ecologica. Con
ForestaItalia si vuole creare una
grande trama di foreste e connessioni
ecologiche che unisca fisicamente le
aree urbane e costiere con la grande
struttura forestale e di aree protette
delle aree interne. Ne “Il barone
rampante” Calvino scriveva: “Chi
vuole guardare bene la terra deve
tenersi alla distanza necessaria”.
L’idea di una grande muraglia verde
capace di abbracciare la Terra è
molto letteraria, allo stesso modo
l’immagine di un bosco verticale
ci porta in un mondo fiabesco. Ci
prendiamo dunque una licenza
poetica e chiediamo a Stefano Boeri
di provare per un attimo a mettersi
nei panni di un narratore e di
immaginare come sarà un futuro in cui
la Grande Muraglia Verde delle Città,
ForestaMI e ForestaItalia saranno
realtà? Come immagina potranno
essere le persone, come il verde
cambierà non solo gli scenari ma la
società? «Non so come narratore, ma
io immagino davvero delle foreste in
cui finalmente gli alberi, gli arbusti,
gli insetti e gli animali ritrovino
una dimensione di equilibrio e di
accettazione della compresenza con
la città. In fondo il bosco verticale
ha proprio cercato di riportare in un
ambiente urbano molto denso un
pezzo complesso di natura».
A fianco, il Bosco Verticale di Milano ideato
e realizzato nel 2014 dallo studio Stefano
Boeri Architetti
66
Tradizione, qualità e innovazione:
nel nostro DNA e nel DNA del Politecnico di Milano.
FULL HYBRID
TOYOTA C-HR 2.0
grazie al nuovo motore
Hybrid Dinamic Force @
da 184 CV assicura
prestazioni superiori, guida
fluida e sicura,consumi
ed emissioni ridotti.
ELETTRICO
LEXUS UX 300e
il primo modello
completamente elettrico
della gamma “Lexus
Electrified” da 204 CV,
con un’autonomia di guida
di 400 Km.
LE SOLUZIONI DI MOBILITÀ ELETTRIFICATA PER UN MONDO SEMPRE PIÙ GREEN
Da tre generazioni coltiviamo questi valori e abbiamo scelto la qualità e la tecnologia elettrificata
delle vetture Toyota e Lexus. Ecco perché Spotorno Car offre agli Alumni del Politecnico speciali condizioni
di acquisto e di assistenza su tutte le nostre automobili.
Verifica la nostra Convenzione sul sito www.spotornocar.it e www.alumni.polimi.it.
Vi aspettiamo nei nostri showroom per un trattamento personalizzato.
NEL MODNO
6
150 ANNI DI SCIENZA
IN UNA COPERTINA
Lo scorso novembre la prestigiosa rivista scientifica
Nature ha celebrato i suoi 150 anni. La copertina è una
rielaborazione grafica di tutte le pubblicazioni apparse
dalla sua nascita, ed è stata affidata all’Alumnus Mauro
Martino, designer esperto di data visualization e reti
neurali
di Valerio Millefoglie
Il 4 novembre 1869 veniva pubblicato
il primo numero di Nature, una delle
più importanti riviste scientifiche a
livello mondiale. Il titolo dell’articolo
di copertina era “Nature: aphorisms by
Goethe”. l’oggetto era molto “politecnico”,
precorrendo i tempi: l’intreccio tra diverse
discipline scientifiche porta a nuove idee
e conoscenze. Oggi, 150 anni dopo, Nature
ha pubblicato un patrimonio di articoli
scientifici che mantiene quella promessa.
La copertina che celebra questi 150 anni
è firmata da Mauro Martino, Alumnus
Designer del Politecnico di Milano: «La
varietà di colori e la loro distribuzione
ricorda l’espressionismo di Pollock e ci
parla della vivacità della scienza, sempre
più multidisciplinare”, commenta. “È
anche un invito a superare le barriere
che talvolta esistono nella ricerca, solo
in questo modo la conoscenza avanza».
Martino, designer pluripremiato e artista,
è fondatore e direttore del Visual Artificial
Intelligence Lab all’IBM Research, con
sede a Cambridge, e Professor of Practice
presso la Northeastern University a
Boston. Lo abbiamo raggiunto per
farci raccontare il suo mondo di data
visualization.
68
MAURO MARTINO - 42 anni
Visual AI Lab IBM, founder and director
Alumnus Design
Prima di parlare del progetto realizzato
per Nature, introduciamo il suo
lavoro. In un’intervista a Repubblica
ha dichiarato: “Mi occupo di design
computazionale. Cerco di tirare fuori la
bellezza dai dati”. Come descriverebbe
il design computazionale e perché i
dati sono belli?
Il design computazionale, o data
visualization, sfrutta le nostre
conoscenze scientifiche su come
funziona la percezione visiva per
convogliare informazioni complesse
in modo chiaro, capace di far
comprendere a un primo sguardo i
pattern contenuti in grandi quantità
di dati. Il termine tecnico è InfoViz,
che sintetizzerei come la capacità di
comunicare bellezza attraverso i codici.
Quando ero visiting professor all’MIT,
con Carlo Ratti, mi sono dedicato
a visualizzare dati provenienti dai
cellulari, ci servivano per raccontare
non solo ciò che le persone facevano
ma anche come vivevano gli spazi,
quindi tantissime visualizzazioni del
mio lavoro sono legate alle città.
Quando poi sono andato a fare il post
doc ad Harvard, il focus si è spostato
sulla visualizzazione dei modelli
matematici a partire dall’elaborazione
dei dati che passano da un cellulare
all’altro, e che ci consentono di
conoscere le interazioni che noi
abbiamo con lo spazio, i luoghi e le
altre persone.
Ed è ciò di cui vi occupate al Visual
Artificial Intelligence Lab IBM?
Sì, facciamo visualizzazioni dei dati ma
anche dei modelli. O, detta in modo più
visionario, attraversiamo le frontiere
cognitive di tutto ciò che si può
raccontare grazie a puntini, quadratini
e lineette. Kandinskij parlava di punto,
linea, superficie. Ecco, sono le stesse
componenti visive e cardini su cui
si può decomporre e destrutturare
qualsiasi mio lavoro.
Parlando dunque del lavoro per Nature,
da dove siete partiti e cosa avete
scoperto?
In questo caso Nature ci ha fornito
gli abstract, i titoli degli articoli e le
key-word di riferimento di ciascuna
pubblicazione dei suoi 150 anni.
Siamo così riusciti a collocare ogni
paper in una disciplina e in relazione
rispetto alle altre. Per questo progetto
ho lavorato in collaborazione con lo
scienziato Albert-László Barabási e
abbiamo scelto il metodo di analisi
del co-citation network: due paper
sono linkati se citati da un terzo paper.
Abbiamo scoperto così che c’erano
tantissimi scienziati che, per avvalorare
le proprie tesi, citavano paper da
campi differenti, un approccio dunque
multidisciplinare.
Le pubblicazioni che hanno avuto
maggiore impatto nella storia sono
proprio quelle che presentano queste
caratteristiche. Faccio un esempio su
tutti, quello del rivoluzionario paper
“Molecular structure of nucleic acids
- a structure for deoxyribose nucleic
acid” del 1953, che ha aperto nuove
prospettive di ricerca nei più svariati
campi. Abbiamo notato una cesura tra
prima e dopo la sua pubblicazione: gli
articoli, di lì in poi, fanno riferimento
a discipline diverse, scienze sociali,
psicologia, discipline umanistiche con
un focus sul riduzionismo, ingegneria
e tecnologia, soprattutto sul tema del
biocomputing.
Questa cesura significa che, in qualche
modo, quel paper ha avuto un impatto
su tutta la comunità scientifica e sul
mondo. Il data visualization ci ha
permesso di cogliere questo fenomeno,
come molti altri.
69
La cover di "nature, 150 years of nature"
realizzata da Mauro Martino
Volendo dare una legenda della
cover: i colori stanno a indicare le
discipline, ogni nodo rappresenta
un paper e i link sono associati alle
citazioni. Le forme che compongono
ricordano quasi delle meduse
variopinte. È un’immagine molto
complessa. Come si fanno a capire
tutte queste informazioni sottintese
solo guardandola?
L’immagine è uno strumento evocativo,
ma non basta: per questo, l’analisi
che abbiamo fatto è raccontata nel
dettaglio in un breve data-film che abbiamo
realizzato e che ci porta dentro
a questa struttura enorme fatta di 150
anni di articoli scientifici (il video si intitola
“A network of science: 150 years
of Nature papers” e si può vedere sul
canale YouTube di Nature, ndr). Spingo
il visitatore a perdersi e poi pian piano
a ritrovare la rotta. La miriade di sfere
e parabole sinuose sono come un flusso
ininterrotto che si sposta in modo
anarchico e selvaggio nei primi minuti
del film. La visione a tutto campo
dell'architettura del network e il suo
dipanarsi nella linea temporale ridanno
poi un filo conduttore al racconto.
La metafora della scienza interconnessa
è simbolicamente rappresentata
dal network.
Sempre per Nature ha realizzato, con
lo scienziato e storico Maximilian
Schich, il tool video Charting Culture,
il cui obiettivo era raccontare la mobilità
culturale e la capacità attrattiva
delle città a partire dalla nascita e
dalla morte di personaggi e intellettuali
storici dal 600 a.c. al 2012. Il video
ha totalizzato più di un milione
di visualizzazioni, un record per il genere
di video e per il canale YouTube
della rivista. Nella descrizione del video
si legge: “Questa animazione distilla
centinaia di anni di cultura in soli
cinque minuti… la mappa rivela gli
hotspot intellettuali e traccia come gli
imperi sorgano e si sbriciolino”. Com’è
nata l’idea e come l’avete sviluppata?
L’idea è partita da una domanda di
Maximilian Schich: se dovessimo
raccontare i movimenti culturali
nella storia, qual è il dato minimo
da cui dovremmo partire? La
risposta è stata: quando un dato
personaggio nasce e muore. Nel
70
Il cambiamento dei movimenti culturali nella storia
dall'anno 300 al 1964 rappresentati nel tool video
Charting Culture
300
953
1715 1964
passato, soprattutto, il luogo in cui
si moriva non era sempre una scelta.
Oggi in America si decide di andare
a trascorrere ad esempio gli ultimi
anni di vita in Florida, perché fa
caldo, perché si sta bene, all’epoca
la morte poteva giungerti dove avevi
scelto di vivere. Per quanto riguarda
poi la visualizzazione dei risultati, la
bellezza di una dataviz nasce dalle
regole che scegliamo di imporre ai
dati. Seguendo queste regole iniziali,
la bellezza emerge spontaneamente.
I dati, senza modelli, senza regole,
non ci parlano, ma se li sappiamo
interrogare e rappresentare rivelano
contenuti nascosti e ci offrono
spiegazioni in chiave antropologica
e semiotica. Nel caso di Charting
Culture, per esempio, un puntino
appare in una mappa ogni volta che
una persona nasce, il puntino si
sposta verso un’altra città mentre
gli anni passano e ad un certo punto
esplode con un bagliore rosso.
Qui è dove quel personaggio muore
e l'ultima traccia rossa si collega
con una parabola al luogo di
nascita. Queste tre semplici regole
fanno emergere pattern molto
interessanti e svelano visivamente
tutti i contenuti del paper scientifico
a cui il video è dedicato.
La mia estetica non segue uno
stile specifico, è piuttosto una
ricerca verso quelle semplici regole
che possano svelare i contenuti
preziosi dei dati. Sono alla ricerca
della semplicità, della poesia, e di
un’unificazione tra scienza e arte.
E se dovessimo visualizzare invece il
suo percorso al Politecnico?
Io sono l’esempio di chi da giovane
non sapeva cosa fare. Mi sono diplomato
con il massimo dei voti, ho
scelto Fisica per ragioni sentimentali,
sono passato a Economia e poi
sono giunto a Design. Il Poli richiama
persone molto serie, con la mente
aperta e pronte a confrontarsi. Ciò
che mi affascinò fu che, alla prima
settimana, sentivo di aver trovato
i migliori amici della mia vita. A chi
si ritrova oggi all’inizio del percorso,
direi di non vedersi focalizzati su
un’unica cosa. La vita è lunga e piena
di sorprese, e ci si può scoprire in
un’altra veste. Qualsiasi cosa studiate,
se non vi piace, cambiatela.
71
7
MILANO ITALIA
LUCI (POLITECNICHE)
A SAN SIRO
di Vito Selis
Uno dei due progetti finalisti del nuovo stadio Meazza di
Milano è a cura di Progetto CMR, studio di progettazione
integrata dell’Alumnus Massimo Roj. Ci siamo fatti
raccontare tutte le idee messe in campo
72
«Milano sta vivendo un momento di
fulgore. Dall’Expo alle Olimpiadi è una
città in continuo divenire. Se in questo
percorso si aggiungesse lo stadio,
sarebbe un modo ulteriore per attirare
capitali e renderla ancora più attraente.
D’altronde le città si modificano e
cambiano. Fino a dieci anni fa, la mia
generazione non aveva visto nulla». A
parlare è Massimo Roj di Progetto CMR,
che con Manica e Sportium ha presentato
uno dei due progetti finalisti per la costruzione
del nuovo stadio Meazza di San
Siro a Milano. Il concept si intitola “Gli
anelli di Milano” proprio perché l’idea
è di rappresentare l’unione delle due
squadre, Milan e Inter, che in comune
hanno la passione per lo sport. Nel
video di presentazione del progetto
compare una scritta in sovrimpressione,
annuncia che lo stadio sarà “al servizio
dell’intera città”. L’architetto Roj lo
spiega così: «Il nostro è un progetto di
rigenerazione urbana, che va a ricucire
un territorio. L’area di San Siro è molto
vasta, conta quasi 45mila abitanti. Presenta
zone popolari come quartieri di
ville e di edifici di prestigio. Nella parte
a nord-ovest si trova la popolazione
media e, ancora, sul fronte di via Novara
«La stadio
deve nascere
dal territorio,
come se dalle
radici della terra
emergessero i
due elementi: gli
anelli, simbolo
dell’unione delle
due squadre della
città»
c’è un incrocio fra classe popolare e classe
media. La grande area su cui oggi sorge
lo stadio, e che attualmente è un grandissimo
parcheggio, andrebbe a connettere
questi lembi di territorio e agirebbe
da integratore sociale. La zona,
ora povera di servizi, grazie alla presenza
di attività commerciali, strutture
alberghiere e attività legate al terziario
amministrativo, potrebbe agevolare
questa integrazione». Sempre nel video
di presentazione del progetto si legge:
“Un parco sostenibile che offra nuovi
posti di lavoro e di intrattenimento”.
Il verde, secondo Roj, creerà un circolo
virtuoso: «Abbiamo previsto 20 ettari di
parco, di cui 7 saranno sospesi andando
a creare il più grande parco pensile
d’Europa. Qui immaginiamo di portare
un pezzo di storia: una porzione
del vecchio campo di calcio, una parte
della curva nord e del secondo anello
arancio. La collina, copertura verde
delle attività commerciali, ospiterà attività
sportive varie: basket, pallavolo,
paddle, running, skateboard, scivoli e
soprattutto tanto verde attrezzato, anche
ad orto urbano che, risalendo verso
quelle che sono le rampe di accesso
allo stadio, porterà filari di vigne e
prodotti tipici lombardi esistenti fino
ad un secolo fa, e che qui rivivranno».
In questa geografia andrà a inserirsi la
struttura dello stadio, «che non deve
atterrare dallo spazio ma deve nascere
anche lei dal territorio, come se dal-
MASSIMO ROJ - 59 anni
Amministratore delegato Progetto CMR
Alumnus Architettura
73
le radici della terra emergessero i due
elementi, gli anelli, simbolo dell’unione
delle due squadre di Milano. Sulla facciata
esterna dei due anelli, su lastre
di acciaio della larghezza di un metro
quadro l’una, saranno riprodotti i volti
di 16mila tifosi, 8mila per squadra. «Le
lastre, appese tramite dei cavi, vibreranno
al movimento naturale del vento
creando un effetto di seconda pelle,
che la trasformerà in un organismo
vivente, un tessuto connettivo che animerà
l’edificio diventando un nuovo
simbolo non solo della città ma anche
delle persone». Come sarà però l’esperienza
una volta all’interno dello stadio?
«Potremo ospitare 60mila tifosi, a
cui offriremo una visibilità nettamente
differente dall’attuale. La forma classica
elicoidale permetterà visibilità da
tutti gli angoli e inoltre, pur mantenendo
la verticalità, il campo da gioco sarà
più vicino, esattamente a 7 metri. Lo
studio dell’inclinazione delle gradinate
è poi particolare, vogliamo aumentare
lo spazio tra una postazione e l’altra
per dare più comodità e libertà di movimento
al tifoso. I posti business viaggeranno
sui due anelli che correranno
a metà della struttura dello stadio.
Oggi gli spazi per i servizi, inclusi i bagni
e i bar, occupano circa 11mila m², la
media europea è di oltre 100mila. Nel
nostro nuovo impianto ne sono previsti
110, 120mila, con ristoranti, bar e i
due musei delle squadre. Il retro delle
gradinate sarà poi trattato con degli
elementi metallici dotati di un meccanismo
rotante a tre facce, due con i
colori delle squadre e una terza fascia
neutra per gli eventi della nazionale».
Il suono in uscita invece sarà inferiore
al 60% rispetto ad ora, «Una copertura
sul lato ovest lo tratterrà all’interno
dell’impianto», puntualizza Roj.
Nella fascia in alto alcune viste dello stadio
e della zona circostante, in quella in basso
la superficie dello stadio e il suo interno
«Si potrà accedere allo stadio sin dal
mattino e, prima di tifare la propria
squadra, si potrà stare con la propria
famiglia»
74
Immaginiamo però un tifoso con un figlio
di tre anni e un padre di settanta.
Oggi ha difficoltà a portarli entrambi
allo stadio, e ciò diventa un limite
perché non è più realmente uno stadio
popolare. Roj risponde così: «Il Decreto
Pisano implica un doppio filtro a trenta
metri dall’accesso allo stadio. Abbiamo
ideato un anello interno, fatto con
un materiale locale, il ceppo di Grè, in
modo da trasformare il muro in arredo
urbano e andando a inserire attività
e servizi che permeeranno l’ingresso
in modo graduale. In questa maniera
anche chi arriva da fuori Milano potrà
entrare già in mattinata e trascorrere
le ore prima della partita con la famiglia».
La parte progettuale e di realizzazione
richiede trenta mesi, con un’eventuale
estensione di sei mesi a seconda
delle autorizzazioni. Il budget
per la realizzazione dell’impianto sportivo,
esclusa la parte esterna che prevede
anche un albergo, è di circa 600
milioni di euro. In tutto ciò, il Politecnico
dov’è? «Il Politecnico è ovunque - confessa
Roj - La maggior parte del team
che lavora sul nuovo stadio si è laureata
ed è cresciuta in questa grande casa.
Abbiamo il Poli nel sangue. Il fatto
ad esempio che per me ogni edificio
debba essere sostenibile, realizzato
con fonti rinnovabili e che sia integrato
nel contesto, è un metodo ereditato
dai miei maestri al Poli (Nardi, Butera,
Tronconi, Helg)». Dopo il percorso al
Poli, che valore ha ripensare a un altro
grande simbolo di Milano? «È il sogno
di una vita. Ho una foto che mi ritrae
a tre anni, a bordo campo, in braccio
al grande capitano Facchetti. A quindici
anni ero in curva, è un luogo per
me sacro, che ho frequentato tantissimo».
Mentre scriviamo intanto, continua
il dialogo tra il Comune di Milano e
le due squadre per capire eventuali alternative
alla demolizione e mantenere
una memoria storica e fisica del vecchio
stadio. Una delle nuove proposte
sorte ad esempio è quella di ridurre la
capienza dell’attuale Meazza per destinarlo
a sport giovanili. Come immagina
dunque il futuro, magari la prima
partita che si disputerà? «Lo stadio dovrebbe
essere finito per il campionato
del 2024. Il primo grande evento ospitato
potrebbe essere il derby e, perché
no, l'apertura delle Olimpiadi. Derby ed
Olimpiadi, viva Milano!»
«In questo
progetto il
Politecnico è
ovunque. La
maggior parte
di chi ci lavora
è cresciuta in
questa grande
casa. Abbiamo il
Poli nel sangue»
75
MLANO ITALIA
7
LA NUOVA STAZIONE
FERROVIARIA DI
SESTO SAN GIOVANNI:
UN PONTE POLITECNICO
FRA STORIA E FUTURO
Sull’area della ex Falck sorgerà la nuova stazione di Sesto: una
passerella sospesa su un’oasi verde di 65 ettari. Il progetto è
stato sviluppato in collaborazione dagli Alumni Renzo Piano
e Ottavio Di Blasi
di Paola Delicio
76
Il render della nuova stazione ferroviaria di
Sesto San Giovanni
«Una grande terrazza panoramica affacciata
sul parco», l’Alumnus Ottavio
Di Blasi descrive così la stazione
che verrà, a Sesto San Giovanni, sull’area
della ex Falck, 1 milione e 400 mila
m 2 riprogettati d zero. «Renzo Piano
ha ideato un progetto basato sulla
rigenerazione di questa parte di periferia,
perché una fabbrica abbandonata
è una periferia. Qui sorgeranno la
Città della Salute e una serie di residenze
che andranno a ricucire il tessuto
urbano, ma soprattutto ci sarà
un parco urbano con tanto verde». Attualmente
Sesto San Giovanni è divisa
dalla ferrovia, il passaggio fra le due
zone è garantita da alcuni sottopassaggi.
«Il tema - spiega Di Blasi - non
è solo quello di fare una bella stazione,
ma anche un’opera che faccia del
bene alla collettività. L’idea infatti è
di mettere in comunicazione non solo
la metropolitana con il piano del ferro
e quello pedonale, ma anche le due
parti di città, connettendole in maniera
più vitale. Sin dal parco sarà visibile
questo tappeto volante, sospeso a
trenta metri di altezza, con una copertura
di 3.000 m 2 di tetto vetrato. Sarà
dotato di celle fotovoltaiche, per cui
dal punto di vista dei consumi la stazione
sarà totalmente autosufficiente».
Il progetto cita le grandi stazioni
di fine ‘800. «A quel tempo l’uso dei
materiali, il vetro e l’acciaio, era inevitabile
se si voleva portare molta luce,
con poco peso, in spazi enormi».
Lungo la camminata sono previsti alcuni
servizi, di solito presenti nelle
stazioni: un bar, una biglietteria, qualche
piccola attività commerciale. «Sia
il progetto preliminare che quello esecutivo
sono stati approvati dalle Ferrovie
dello Stato e dal Comune di Sesto.
Una volta partita la gara per la realizzazione,
(l’uscita del bando è prevista
in primavera, ndr) abbiamo ipotizzato
circa 18 mesi di lavori. La stazione sarà
dunque pronta nel 2022».
«Dal parco
urbano sarà
visibile questo
tappeto volante
di vetro e di
acciaio, sospeso
a trenta metri
di altezza: una
stazione che
connetterà le due
parti di Sesto
San Giovanni»
77
Di Blasi, che vede l’architetto «come
una figura di mediazione fra la base
della collettività e le istituzioni», si
è laureato al Politecnico con una tesi
sul quartiere di Gorla, periferia a
nord di Milano. «L’interesse per il disegno
delle periferie urbane e per le
loro problematiche nasce al Poli. Allora
c’era ancora l’idea che fosse la forma
della città a determinarne la qualità,
una visione forse un po’ parziale,
ma è in quel periodo di studi che è nata
in me l’attenzione verso queste aree
urbane». Fra gli esempi portati da Di
Blasi c’è il progetto del Laboratorio di
Quartiere di Ponte Lambro, altra periferia
milanese di cui si è occupato sin
dai primi anni del duemila. «Lì ho maturato
la consapevolezza che per migliorare
la vita degli abitanti non basta
mettere soldi per riqualificare le case.
Certo, hai una casa più presentabile, la
fogna non perde e i marciapiedi non
presentano buche, ma rimane ancora
tanto da fare. In questi luoghi si ha
solo una delle funzioni che definiscono
la città: il dormire, neanche l’abitare.
La città invece è il luogo delle relazioni
fra le persone, del commercio, dei
paesaggi, è questo mix di funzioni che
la crea. E quasi tutte queste funzioni si
svolgono al piano terra. Nelle periferie
questi piani sono occupati da cantine
o da garage, manca la base stessa del
vivere». Cos’è dunque che può invertire
il meccanismo? «Nel progetto originario
di Ponte Lambro, questi luoghi diventavano
incubatori di imprese, esperimenti
di portierato sociale, ambulatori, asili.
L’idea insomma era di portare delle
funzioni qualificanti nelle periferie, delle
eccellenze, magari incontri con ingegneri,
professionisti; in modo da dare
alla gente delle valide ragioni per invertire
la rotta e muoversi dal centro alla
periferie». E sempre di mobilità parla
quando accenna a una delle idee sorte
durante gli incontri di progettazione
partecipata, fatti in quel periodo con gli
abitanti di Ponte Lambro: «Decidemmo
di spostare la linea dell’autobus da un
percorso più comodo per ATM a uno più
comodo per i residenti. La presenza di
un mezzo pubblico che collega i residenti
con il resto del mondo è capace
di riqualificare una via, ad esempio, fino
ad allora luogo di delinquenza. Ed è
stata una proposta a cui non avevamo
pensato e che ci è stata suggerita dalle
persone. Costo: zero».
78
Al Poli, oltre all’interesse per le periferie,
Di Blasi racconta di aver acquisito
«un abito mentale. Dei filtri per leggere
le cose, legati al concetto di qualità,
di impegno, di bellezza, di rapporti con
gli altri». A convincerlo a intraprendere
il percorso di architettura fu un giro
in una libreria. «Alla fine del liceo
non avevo la minima idea di cosa volessi
fare. Ricordo che trovai questo libro
di un autore russo, a tema Architettura
e Rivoluzione. A colpirmi fu proprio l’intreccio
tra questa materia per me allora
sconosciuta e il sociale». Agli studenti
di oggi dice: «L’architetto tradizionale è
un mestiere di nicchia, ora gli architetti
si occupano di tante altre cose, fanno gli
arredatori, gli allestitori, i web designer e
molte altre cose. Io, si può dire, ho fatto
due facoltà: quella più teorica e tradizionale,
legata all’intellighenzia, e quella sul
cantiere, lavorando dieci anni per Renzo
OTTAVIO DI BLASI - 66 anni
Presidente ODBi&Partners
Alumnus Architettura
Piano. Questo è il segreto, far convivere
il concetto con la pratica. Ed è per questo
che oggi nel Nuovo Campus di Architettura
(anche questo a partire da un’idea donata al
Poli dall’architetto e Alumnus Renzo Piano e
sviluppata negli esecutivi dallo studio Di Blasi,
ne parliamo a pag. 88, ndr) diamo così tanta
importanza ai laboratori». Insomma, si
parte dal Poli per arrivare a una stazione,
come quella di Sesto San Giovanni,
che rimetterà in moto una città.
«Al Poli ho
acquisito un
abito mentale.
Filtri per leggere
le cose, legati
alla qualità,
all’impegno, alla
bellezza e agli
altri»
79
8
ON CAMPUS
QUANDO LO SPORT
È UN VALORE,
D’ATENEO
di Francesco Calvetti
Il senso dello sport in università va
oltre l’eccezionalità di un gesto tecnico,
l’elegante coralità di un’azione
di squadra o la straordinaria performance
di un atleta. Un gesto sportivo
può diventare un gesto sociale, educativo
e formativo; per questo il Politecnico
considera lo sport un elemento
prezioso al servizio della crescita
personale e della comunità. Lo
sport è un valore per chi lo pratica e
uno strumento per l’Ateneo. In questo
senso, l’offerta sportiva del Po-
litecnico ha subito una decisa evoluzione
negli ultimi anni. All’inizio
dello scorso decennio le iniziative
sportive erano quasi esclusivamente
agonistiche e si rivolgevano a un
numero limitato di studenti, peraltro
già praticanti abituali. Progressivamente,
la nostra attenzione si è spostata
verso il coinvolgimento di tutti
gli studenti e della comunità politecnica
nel suo insieme, avendo come
obiettivo soprattutto chi non pratica
abitualmente alcuno sport.
17 maggio 2020
www.polimirun.it
80
VITA NEL CAMPUS
Lo sport è un elemento aggregante di
formidabile forza; non tiene conto dell’estrazione
sociale ed economica, abbatte
le barriere e fa ripartire da una base comune
basata sulle capacità e sull’impegno.
Al Politecnico arrivano studenti da
tutto il mondo. Sono persone che devono
ambientarsi e integrarsi in un contesto
nuovo, che vogliamo sia ospitale ed
accogliente. Vogliamo che l’esperienza
di vita al Politecnico rimanga nella loro
memoria, che ne aumenti la motivazione,
che non sia una parentesi durante la
quale si punti unicamente all’acquisizione
delle, fondamentali, competenze professionali.
Anche perché queste ultime
rischiano poi di risultare sterili se non
trovano alimento in un substrato di capacità
personali complementari e sociali.
Capacità che lo sport, opportunamente
declinato, può sviluppare con grande efficacia.
Chiaramente lo sport ha bisogno
di spazi per essere vissuto. Spazi, servizi
e iniziative di qualità, sia in una prospettiva
di collocamento e attrattività
nazionale ed internazionale, sia per trasmettere
valori di professionalità, rigore
e cura del dettaglio. In questo discorso
si inseriscono gli investimenti fatti per la
riqualificazione del campo sportivo Giuriati
(circa 6.5 milioni di €) e quelli futuri
che trasformeranno l’area dei gasometri
in Bovisa. Restituendo alla città di Milano,
come è nello stile del Politecnico,
spazi rigenerati. Per l’inizio del prossimo
anno accademico il nuovo Giuriati sarà
pronto ad accoglierci. Ci saranno nuove
strutture e nuovi campi. Strutture e campi
esistenti saranno interamente ristrutturati
e riqualificati. Si potranno praticare
gli sport che hanno fatto la tradizione
del Giuriati, insieme a nuovi sport. Siete
tutti invitati.
VALORE COMUNITARIO
Lo sport ha il potere di creare e sviluppare
un senso di appartenenza molto forte.
D’altra parte, l’esperienza della partecipazione
attiva e condivisa a un evento
sportivo insegna anche che le differenze
costituiscono un valore, non creano
divisioni e non negano i principi comuni.
Il senso della comunità è certamente
un valore positivo, e lo è maggiormente
se la comunità non resta chiusa e riconosce
di esistere in un contesto più ampio.
Il successo delle PolimiRun, fenomeno
sportivo universitario senza eguali
al mondo, testimonia tutto questo. La
PolimiRun Spring è una festa che raduna
la comunità del Politecnico (studenti,
dipendenti, Alumni) e grazie al percorso
che attraversa Milano dal Campus
Bovisa al Campus Leonardo, si apre idealmente
e nei fatti alla città. L’edizione
Winter è un’avventura lungo i sentieri tra
lago e collina che abbracciano Lecco in
un percorso circolare con partenza e arrivo
al Campus del Politecnico. Nel 2020
le PolimiRun supereranno la soglia delle
20.000 adesioni. Ma già i numeri del
2019 sono eccezionali: circa 7.000 studenti,
3.000 Alumni, 500 dipendenti oltre
ad altre 7.000 persone che hanno accolto
il nostro invito. È una grande comunità,
giovane ed aperta, con una presenza
femminile (35% alla Spring) e internazionale
(20% alla Winter) a livelli record nel
panorama delle corse di massa.
SOSTEGNO PER L’ATENEO
Per molte persone le PolimiRun sono l’inizio
di un cammino, per alcune una sfida,
per altre un’avventura. Una comunità
così ampia è anche una fonte di sostegno
economico per le iniziative del Politecnico.
Idealmente, iscrivendosi alle Polimi-
Run non si paga una quota di partecipazione.
Iscriversi alle PolimiRun significa
offrire il proprio sostegno dando un contributo,
che quest’anno sarà interamente
devoluto alla riqualificazione del campo
Giuriati. In questo modo, ogni partecipante
diventa protagonista del progetto,
come se avesse posato un mattone o
una piastrella, seminato una zolla, steso
una lista di parquet. E quando entrerà al
nuovo Giuriati, per praticare sport o per
il piacere di vedere realizzato un sogno
condiviso, potrà farlo con grande orgoglio
e soddisfazione.
STRUMENTO DI CRESCITA
PER LO STUDENTE
Lo sport, per sua natura, incarna valori
e presenta sfaccettature che ne fanno
un ineguagliabile strumento di crescita
personale. Per questo motivo le iniziative
sportive del Politecnico non sono mai
fini a se stesse. Sono sempre progettate
con uno scopo, che può essere di carattere
formativo, educativo o sociale. Praticare
lo sport insegna a focalizzarsi sugli
obiettivi, educa al sacrificio e all’etica
del lavoro, insegna a mettere le proprie
abilità al servizio degli altri, sensibilizza
circa l’importanza di uno stile di vita
sano. Lo sport è uno strumento di crescita
personale anche perché obbliga a
confrontarsi con se stessi e con gli altri,
lealmente. Lo sport mette in chiaro che
esiste una classifica, con cui confrontarsi
con realismo, senza nascondersi;
ma insegna anche che si possono spostare
i propri limiti. Grazie alla passione,
all’impegno e con il supporto di istruttori
competenti, vogliamo che le persone imparino
a scoprire le proprie potenzialità.
Raramente queste non si rivelano superiori
alle aspettative, facendo crescere in
questo modo consapevolezza ed autostima.
Tra l’altro, un percorso di questo tipo
è una chiara metafora del processo formativo
che gli studenti intraprendono al
Politecnico.
UNO SCENARIO IN EVOLUZIONE
Per descrivere lo stato dello sport al Politecnico
è certamente possibile fare riferimento
ai numeri. Ma gli indicatori su
impianti, iniziative e partecipanti, per
quanto in fortissima crescita, non dicono
tutto. Il tema fondamentale è diverso:
in Ateneo è cambiata e sta cambiando
la sensibilità verso lo sport. Come conseguenza
nascono continuamente nuovi
progetti ed attività. È un processo che
si auto-alimenta, che appassiona e coinvolge
tutte le componenti della comunità:
studenti e docenti, personale tecnico
ed amministrativo. Oggi è realtà quello
che anni fa era impensabile: dagli eventi
sportivi di massa, ai programmi di sostegno
didattico ed economico agli atleti-sportivi,
alla diffusione dei luoghi dedicati
allo sport, al riconoscimento dello
sport come valore. È un grande punto
d’arrivo, e di partenza.
FRANCESCO CALVETTI - 52 anni
Delegato del rettore alle attività sportive
Docente di geotecnica e Soil-Structure Interaction
Alumnus Ingegneria Civile
81
ON CAMPUS
8
UN GIORNO
DA STUDENTE
(CHE FINISCE
IL GIORNO DOPO)
Il Politecnico di Milano apre alle 7:00. Chiude fra le 20:00
e le 21:30. Il Patio di Architettura è sempre aperto e la
Biblioteca Campus Leonardo chiude a mezzanotte. Queste
ore sono un contenitore di vite. Ecco quelle incontrate in
una normale giornata di studio
di Valerio Millefoglie
Se alle 6:30 del mattino Marta, una studentessa
di primo anno di Ingegneria Civile,
si sveglia con la vista del lago di Como,
alle 8:30 è in un aula del Poli con vista
sulla lezione di Geometria e Algebra
lineare. Alla stessa ora Camilla, al secondo
anno di Magistrale di Ingegneria
Chimica, prende posto a lezione di Cinetica.
«Il luogo dove mi piacerebbe trascorrere
più tempo al Poli è la stanza
per la meditazione e la preghiera che si
trova all’Edificio 9 - confessa - Mi piace
l’idea di uno spazio aperto a tutti».
La giornata da studente più memorabile
che ricorda risale a quando ha passato
l’esame di Impianti Chimici 1, «Perché
poi potevo volare, letteralmente. Appena
finito l’esame ho prenotato un volo
per l’India». C’è chi qui si sente altrove,
e descrive piazza Leonardo come un paesaggio
da cartolina, «Quando c’è bel
tempo il pratone è pieno di gente e non
sembra un’università. Con tutti i baracchini
di cibo da strada e il via vai di persone
sembra un lungomare». Il menù
del pranzo di Paola e Sara, al terzo anno
di Ingegneria Chimica, oggi prevede
pasta e lenticchie e polpette al sugo.
«Al mattino presto non abbiamo troppo
tempo e fantasia per cucinare. Fino alle
undici di sera di solito rimaniamo qui in
zona a studiare e poi andiamo al supermercato
aperto tutta la notte a prendere
qualcosa da bere prima di tornare a
casa».
«Il momento
preferito della
giornata è al
mattino presto,
quando arrivo e
so che avrò da
imparare»
82
sta». Poi, spiegano il modellino su cui
stanno lavorando: «Dobbiamo immaginare
sei aree di Bruxelles, sei angoli
di città rimasti incompleti. Sono tre
giorni che lavoriamo dalle otto del
mattino alle undici di sera. l momenti
preferiti della giornata sono quando
andiamo a prendere un panino al
furgoncino fuori dall’Edificio 1 e quando
siamo sul treno, di ritorno a casa».
Risalendo le scale del patio e soffermandoci
al bancone del chiringuito
fuori dall’edificio, sentiamo la barista
chiedere a un ragazzo dall’aria particolarmente
stanca: «Tutto bene, bello?».
Lui risponde: «è da domenica che dormo
sì e no due ore a notte. Venerdì ho
la consegna di un modellino e ora sto
seguendo un altro laboratorio». Il ragazzo
entrerà poi a tarda sera nella Biblioteca
Campus Leonardo con i luci-
Una panchina fuori dal campus Bonardi
diventa lo scaffale di una libreria,
con una serie di libri e riviste usate
in vendita. Uno studente al terzo anno
di Architettura sfoglia una copia di Domus.
«Il momento preferito della giornata
è al mattino presto, quando arrivo
e so che avrò occasione di imparare».
Lorenzo, al quarto anno di Ingegneria
dei Materiali Nanotecnologia, dopo
pranzo è sulla terrazza del campus
Leonardo. Seduto su una panchina osserva
altri due studenti giocare a pingpong.
«Mi sono distratto guardandoli»,
dice. La sua giornata è iniziata tardi.
«Mi sono svegliato alle sette ma la
prima lezione l’ho fatta alle 12:00». La
vita da studente, quando ci si riesce, è
fatta anche di altro. «Stamattina volevo
andare in palestra ma ieri durante
la lezione di Kick Boxing mi sono fatto
male». Ricorda poi una sessione di
esami cominciata in un tardo pomeriggio
e finita a sera, «Quella volta siamo
usciti dall’aula al tramonto, il Poli era
deserto, c’eravamo solo noi. Era una
bella sensazione, ci sentivi l’eco della
giornata ed era un luogo tutto per te».
Poco più in là un gruppo di studenti
seduto a un tavolozze fra quadernoni
e laptop aperti confessa: «Siamo ingegneri
affascinati dalle vite degli architetti.
Li vediamo più collaborativi
fra loro, più aperti al confronto». Intanto
nel patio di Architettura alcuni
studenti di Architettura, alle prese con
un modellino, commentano: «Gli ingegneri
passano e ci vedono qui all’una
di notte che lavoriamo. Loro tornano
a casa. La nostra casa, ormai, è quedi
sotto il braccio, come se la giornata
stesse cominciando in quel momento.
«Domani è il nostro giorno libero», dicono
due studenti che fan parte del
flusso di ragazzi e ragazze diretti verso
la metropolitana a fine giornata. Cosa
farete? «Studieremo». Appoggiata alla
balaustra che affaccia sul patio di Architettura
c’è Maryam, laureatasi a luglio
dell’anno scorso. Lavora qui vicino
e quando può torna a passeggiare
nei luoghi dello studio. Mentre osserva
gli studenti dice «C’erano tempi in cui
ho trascorso qui una settimana intera
a studiare, giorno e notte. All’ora di
cena c’era chi ordinava la pizza, chi in
tarda serata metteva musica rock per
tenersi sveglio». Poi, dopo un attimo di
silenzio, conclude: «Mi piace tornare e
ricordare una vita qui».
«Mi sono
laureata a
luglio dell’anno
scorso, però mi
piace tornare e
ricordare
una vita qui»
83
ON CAMPUS
8
Ore 9:00
LA BIBLIOTECA
DOVE FARE
LE ORE PICCOLE
di Vito Selis
Inaugurata a giugno 2019, la nuovissima Biblioteca
Campus Leonardo chiude a mezzanotte. L’abbiamo
visitata con una guida speciale: Federico Bucci, delegato
del rettore alle Politiche culturali e prorettore del Polo
territoriale di Mantova
84
«La biblioteca è la vita dello studente,
è qui che si misura l’intensità dello
studio»
Ore 21:00
L’ora di cena è passata da un po’. Eppure
la Biblioteca Campus Leonardo ha
un fuso orario tutto suo, qui non sono
le lancette a dettare il tempo, ma il
ritmo delle pagine voltate. C’è chi arriva
alle 20:00 interpretandole per le otto
del mattino e così ha davanti ore di
studio. La biblioteca apre alle 8:00 e
chiude alle 23:45. La prima cosa che
si legge appena entrati è Welcome to
Milan, scritta su un grande cartonato
in cui si intravede uno skyline della
città. «È un benvenuto pensato per i
nostri studenti internazionali», spiega
Federico Bucci, delegato del rettore
alle Politiche culturali e prorettore
del Polo territoriale di Mantova. «Le
biblioteche sono il tempio del sapere e
proprio con la biblioteca vogliamo dare
il benvenuto a chi arriva a Milano, perché
questo è il luogo che accoglie gli
studenti, ma non solo, con il sapere e
la conoscenza. Vogliamo che tutti sap-
piano che qui c’è un cuore pulsante di
cultura».
Ristrutturata su progetto dell’architetto
Massimo Ferrari, la biblioteca riunisce
i volumi precedentemente custoditi
nelle biblioteche centrali di Ingegneria
e di Architettura e ha raddoppiato i posti
a sedere, dai 268 del 2016 si è passati
oggi a 409. Ogni giorno gli studenti
vengono accolti dai grandi architetti
del passato e del presente: i primi libri
che si incontrano entrando, subito dopo
l’ingresso, fanno parte della collezione
di monografie. Qualcuno sogna
che il proprio nome finisca un giorno
fra questi, come certi grandi architetti
che hanno studiato al Poli da giovani
e che oggi sono un nome in questa
Hall of fame: alla lettera A compare
il nome di Franco Albini, alla lettera
B c’è Piero Bottoni. Due fra i più importanti
architetti Razionalisti italia-
85
ni del XX secolo, che si ritrovano vicino
ai volumi di Alvar Alto, laurea honoris
causa conferitagli proprio dal
Politecnico di Milano nel 1964, o di
Louis Kahn e Kenzo Tange, fra i maggiori
rappresentanti dell’architettura
del Novecento.
E dopo gli uomini, il percorso di libri
continua con un tour geografico: la storia
dell’architettura da ogni parte del
mondo. «Gli studenti avevano bisogno
di un luogo dove prendere libri, ma anche
di un posto dove rimanere», spiega
Bucci, «la biblioteca è la vita dello studente.
Le aule cambiano continuamente,
ma verso la biblioteca si nutre una
sorta di affezione, si cerca di sedersi
nello stesso posto, è una casa. Sono
stati proprio gli studenti a chiedere
uno spazio che avesse la forza del luogo
istituzionale, è qui dentro che si misura
l’intensità dello studio». Secondo
il volere di Gio Ponti, che ha progettato
l’edificio fra il 1953 e il 1963, ogni materiale
utilizzato per la costruzione è anche
materiale di studio. In un articolo
dell’epoca infatti Ponti identificava la
biblioteca stessa come insegnamento
ambientale. Scriveva infatti: “La preparazione
dei futuri architetti, la scuola,
non può svilupparsi senza il contatto
diretto e vitale con la produzione
industriale ed artigiana per l’edilizia”,
per questo la scuola necessita di una
“costituzione interna che ponga in atto
in ogni parte della costruzione stessa
(cioè nelle pareti, nei pavimenti, negli
impianti, nei serramenti, nelle illuminazioni,
nei rivestimenti, nei servizi,
nell’arredamento) la più vasta e continuamente
selezionata campionatura
delle produzioni edilizie”. Così, oggi,
l’insegnamento ambientale è dato dai
tavoli elettrificati, dalla razionalizzazione
degli spazi, dai materiali e dalle
tecniche di costruzione, dall’uso stesso
che si fa degli spazi. I libri a scaffale
sono quelli statisticamente più richiesti
dagli studenti; il resto della collezione
è custodita in depositi esterni. Ci
sono poi angoli eBook, box per lo studio
individuale, due postazioni mobili,
sale per lo studio di gruppo, di cui una
dotata di display Multi-Touch con app
e software integrati per la collaborazione,
dalla scrittura simultanea allo
screensharing; ed è anche pensata per
accogliere temporaneamente docenti,
ricercatori e professionisti che vengono
qui per poco tempo, per una conferenza,
per una lezione o per un meeting.
«In questo modo - conclude Bucci
- è come se la biblioteca diventasse
uno strumento di lavoro». C’è anche
un giardino zen, proprio a ridosso della
sala Guernica. I tagli di luce naturale
entrano dalle finestre a illuminare
lo studio e a ricordarci, con gentilezza,
che c'è un mondo anche fuori.
86
«Welcome to
Milan è un
benvenuto in
quello che è uno
dei cuori pulsanti
di cultura e
sapere della
città»
La Sala Guernica, con una riproduzione del
quadro Guernica di Pablo Picasso realizzata
dal Movimento Studentesco durante l'occupazione
del 1973 per chiedere il reintegro del
Consiglio di Facoltà e continuare a sviluppare
la sperimentazione didattica e scientifica.
Sul numero 0 di MAP, disponibile in pdf sul
sito alumni.polimi.it (inquadrando il QR code
sotto), abbiamo raccontato la storia di quei
giorni intervistando proprio uno degli Alumni
che realizzò il murale
87
8
Vista dell'edificio laboratorio modelli, in
primo piano il piazzale di cantiere futuro
parterre alberato e la grande piazza
alberata, copertura dell'edificio
ON CAMPUS
STATO DELL'ARTE
DEI CANTIERI
DEL POLI
88
Prospetto frontale del nuovo campus di
Architettura Bonardi. In basso, il pratone di
piazza Leonardo da Vinci
Il Politecnico di Milano ha un progetto strategico volto a
riqualificare gli spazi di lavoro, ricerca, didattica e tempo
libero, in una logica internazionale e sempre più aperta al
confronto tra l’università e la città: migliorare la qualità degli
spazi dei nostri Campus e dei quartieri che li circondano
significa incrementare la qualità della vita della città che ci
ospita da oltre 150 anni. Dalle pagine di MAP, continuiamo
a raccontarvi come è cambiato e come continua a cambiare
il quartiere Città Studi attraverso il Campus Leonardo,
piazza Leonardo da Vinci e il nuovo Campus di Architettura
89
Ieri e oggi: piazza Leonardo da Vinci
e il Campus Leonardo
PIAZZA LEONARDO DA VINCI: 2016
Sparite le automobili, riqualificato il
verde e il parterre, la nuova “piazza
Leo” è stata inaugurata nel maggio
2016. I lavori sono costati circa 1 milione
e 800 mila euro, in parte finanziati
dal Politecnico e in parte dal Comune
di Milano, su progetto del Politecnico.
Oggi la nostra “piazza Leo” è
pedonale e popolata in ogni stagione
dell’anno da studenti, cittadini e
visitatori. È un luogo in cui studiare,
pranzare, passare il tempo con i compagni
o in tranquilla solitudine, al riparo
dal traffico della città.
FACCIATA: 2019
Uno degli obiettivi che il Politecnico si
propone è quello di garantire la valorizzazione
e la massima vivibilità degli
spazi, rispettando lo stile originale degli
edifici. L’idea alla base del progetto è che
questi spazi non siano solo dell’Ateneo, ma
un bene comune con un valore storico
e una funzione contemporanea, da fruire
e tutelare collettivamente. Il coordinamento
scientifico e progettuale di questi
lavori è affidato a ViviPolimi, gruppo
composto da architetti che, ogni giorno,
lavorano per dotare l’Ateneo di spazi più
vivibili e moderni.
I GIARDINI DI LEONARDO: 2019
Al centro della riflessione: gli studenti,
la loro vita quotidiana, le loro esigenze
di spazio e il loro modo di vivere gli
spazi del campus. Anche l’interno del
Campus Leonardo è diventato pedonale,
a eccezione naturalmente dei mezzi
di soccorso, dei veicoli necessari alle
attività quotidiane dei vari servizi e laboratori
e ai portatori di disabilità. Sono
state costruite isole a cielo aperto e
altre coperte da pensiline e cablate per
lo studio e il lavoro all’aperto. I lavori
sono stati ultimati nell’estate 2019 e
sono costati 2.229.440 €.
Piazza Leonardo Da Vinci e gli interni del
Campus Leonardo com'erano ieri e come
sono oggi
90
-105
posti auto
-1.400 m²
superficie
asfaltata
920 m²
nuove superfici
a prato con
alberature
400
posti a sedere
60 posti
cablati coperti
130 posti
cablati
scoperti
91
Il nuovo Campus di Architettura
Da una idea donata al Politecnico
dall’Alumnus Renzo Piano, il nuovo
Campus di Architettura rappresenta
una Milano verde, a misura d’uomo,
aperta e internazionale, che fa proprie
e sviluppa le energie creative e
produttive in stretta collaborazione con
il Politecnico. Questo progetto nasce
proprio pensando al ruolo dell’Ateneo
e alla sua posizione rispetto alla
città, come se il Politecnico fosse la
porta di ingresso a Milano. Il nuovo
Campus di Architettura ospiterà un
polo di eccellenza internazionale
per la ricerca e l’innovazione, nuove
aule per rispondere a una crescente
popolazione di studenti e ricercatori,
ma anche un parco aperto a tutti con
100 nuovi alberi e spazi di socialità
recuperati dove prima c’erano edifici e
luoghi di passaggio.
SOSTIENI IL PROGETTO DEL NUOVO
CAMPUS
I lavori verranno completati entro
l’estate 2020 e hanno un costo
stimato di 45 milioni di euro. Il
progetto è finanziato anche grazie
a una raccolta fondi che abbraccia i
valori del Politecnico di Milano e la
sua voglia di restituire qualcosa alla
città diventando parte attiva della sua
crescita. Un ruolo importante in questo
dialogo, ancora una volta, è quello
degli Alumni, che (mentre scriviamo)
hanno contribuito a raccogliere quasi
1.500.000 euro.
Vista della grande aula dell'edificio C, in
primo piano le isole tecnologiche a disegno
del soffitto e sullo sfondo i primi pilotis
della Nave riportati all'origine
92
Il nuovo Campus di Architettura in fase
di costruzione, emerge la caratteristica
forma a petali dell'edificio Trifoglio
Vista dell'edificio aule a quattro livelli
abbracciato da Ponti e Viganò
Oltre 560 donatori*
Quasi 1.500.000 euro donati*
*dati aggiornati a febbraio 2020
SCOPRI COME SOSTENERE
IL PROGETTO
www.sostienicampus.polimi.it
93
79
MARIO SILVESTRI,
COMMUNITY
L’ATOMO ITALIANO
PER LA PACE
di Ernesto Pedrocchi e Guido Possa
L’Alumnus Mario Silvestri, primo docente di Ingegneria
Nucleare al Politecnico di Milano, progettò e curò fino alla
realizzazione l'unico reattore di concezione interamente
italiana del nostro Paese, il reattore CIRENE. Gli Alumni
Ernesto Pedrocchi e Guido Possa, prima allievi di Silvestri
e poi ricercatori al CISE sotto la sua direzione, ci ricordano
il suo lascito di sapere e di impegno civile
Ogni tanto la storia ci regala
figure eccezionali, capaci di offrire
durante la loro vita preziosi lasciti a
contemporanei e postumi. A questa
rara categoria di persone appartiene
senz’altro il prof. Mario Silvestri,
professore di impianti nucleari al
Politecnico per oltre trent’anni.
Assai efficaci nell’evidenziarlo sono
state le testimonianze dei suoi
diretti collaboratori presentate in un
Convegno tenutosi Il 22 novembre
scorso nell’aula magna del Politecnico
di Milano, nel venticinquesimo
anniversario della sua scomparsa.
Silvestri si laurea in Ingegneria
Elettrotecnica con il massimo dei voti
e la lode nel giugno del 1941, qualche
giorno prima di compiere 22 anni.
Viene subito arruolato nell’Esercito e
spedito al fronte in Albania. Congedato
per aver contratto una seria malattia,
viene assunto dall’Edison, allora la
principale impresa italiana nel settore
della produzione di energia elettrica.
Quando la guerra volge al termine
entra a far parte delle formazioni
clandestine che devono proteggere
gli impianti industriali milanesi da
probabili distruzioni da parte dei
tedeschi in ritirata. Il 6 agosto 1945
lo scoppio della bomba atomica di
Hiroshima rivela al mondo le enormi
potenzialità dell’energia nucleare.
Silvestri cerca subito di comprendere
il funzionamento di questo nuovo
ordigno, anche su richiesta del suo
capo, l’ing. De Biasi. Pochi mesi dopo il
prof. Amaldi porta in Italia il Rapporto
Smith, il libro bianco americano
sul progetto Manhattan. Silvestri lo
studia, capisce immediatamente le
grandi possibilità dell’utilizzazione
pacifica dell’energia da fissione
nucleare, in particolare per l’Italia
povera di fonti energetiche primarie,
e con l’istituzione del CISE (Centro
Italiano Studi ed Esperienze), di
cui Silvestri è membro fondatore,
si avvia un centro di ricerca
sull’argomento. L’8 dicembre 1953 il
Presidente Eisenhower con il discorso
all’Assemblea Generale dell’ONU
“Atoms for Peace”, e con la contestuale
liberalizzazione di moltissimi dati
fino ad allora custoditi come segreti
militari, apre all’utilizzazione pacifica
dell’energia nucleare.
Silvestri non perde tempo. Al
Politecnico si fa promotore di studi
nel settore nucleare. Con le sue
94
approfondite conoscenze tecnologiche
individua subito un originale tipo di
reattore nucleare per la produzione
di energia elettrica, adatto alle
particolari condizioni dell’Italia: un
reattore ad uranio naturale, moderato
ad acqua pesante, refrigerato ad
acqua leggera. Alla ricerca, alla
progettazione e alla realizzazione di
questo reattore, denominato CIRENE,
Silvestri dedica tutte le sue energie
per quasi trent’anni. Eccezionale la
sua azione nel settore della ricerca,
in particolare nella fluidodinamica
e nello scambio termico di miscele
acqua-vapore, ricerca svolta presso
i laboratori del CISE, in cui lavorano
sotto la sua direzione alcuni dei primi
ingegneri nucleari del Politecnico.
La qualità delle sperimentazioni è di
assoluto livello internazionale, come
dimostra il fatto che alcuni risultati
vengono utilizzati dalla General Electric
nella progettazione dei suoi reattori
ad acqua bollente. La conduzione
del progetto CIRENE per tanti anni,
in mezzo a difficoltà di ogni genere,
richiede a Silvestri eccezionali doti
di guida e capacità relazionale. La
costruzione di questo reattore
prototipo – l’unico di concezione
interamente italiana - viene ultimata
presso Latina nel 1986. Il reattore
CIRENE non entrerà mai in funzione
per le conseguenze del referendum
antinucleare del novembre 1987.
Oltre che nel nell’insegnamento
universitario e nella gestione del
progetto CIRENE, le eccezionali doti
intellettuali e lo straordinario impegno
del prof. Silvestri si esprimono anche
in un’altra direzione, diversissima
dalle precedenti, quella dell’alta
divulgazione storica. Tra le non poche
pubblicazioni, forse la più significativa
è “La decadenza dell’Europa
Occidentale”, un affresco prodigioso
di 1750 pagine, sintesi originalissima
delle centinaia e centinaia di intricate
vicende europee svoltesi dal 1890 al
1946. Colpisce in particolare l’accorata
puntualizzazione dei gravi errori delle
classi dirigenti europee, che hanno
portato in soli 31 anni, dal 1914 al 1945,
alla rovina dell’Europa Occidentale, con
orribili macelli di giovani soldati, stragi
di popolazioni civili, enormi distruzioni.
Traspare nelle pagine di Silvestri una
silente indignazione, testimonianza
di una profonda passione civile. Forse
il suo lascito più profondo. Teniamo
ad esprimere la nostra gratitudine nei
confronti del prof. Silvestri per come
ci ha fatto crescere. Da lui abbiamo
imparato l’amore per il lavoro ben fatto:
occorre pensarlo bene, progettarlo
bene, eseguirlo bene e infine anche
valorizzarlo bene. Come ingegneri, è
importante che affiniamo la capacità
di ridurre un problema nei suoi
elementi fondamentali, per poterlo
meglio comprendere e risolvere. E
non dobbiamo mai perdere la fiducia
nelle nostre capacità. Il suo esempio è
tutt’oggi di grande attualità.
Nella pagina accanto Mario Silvestri nel
1988 al CNR. In quesata pagina: il Reattore
Nucleare CIRENE; in basso a destra
Silvestri a 17 anni
95
ERRATA CORRIGE:
Dall'articolo "I giorni di Natta" - MAP n° 6
SI FA PRESTO A DIRE
"POLIPROPILENE"
Tantissimi Alumni hanno scritto alla
redazione per segnalarci alcune inesattezze
nell'articolo dedicato a Giulio
Natta nel numero 6 di MAP, edito a ottobre
2019. Prima di tutto, vogliamo ringraziarvi
per l’attenzione con cui leggete
MAP e scusarci per questo errore. Come
molti di voi ci hanno giustamente
fatto notare, l’aver scritto “propilene” al
posto di “polipropilene” (per non parlare
di “isodattilo” al posto di “isotattico”)
ci sarebbe costato la bocciatura
immediata a qualsiasi esame politecnico!
Cogliamo questa occasione per puntualizzare
meglio la scoperta di Giulio Natta. Per
farlo, ci siamo rivolti a Maurizio Masi, docente
del Dipartimento di Chimica, materiali
e Ingegneria Chimica (che proprio dal
Nobel politecnico prende il nome).
«La scoperta di Natta e collaboratori
è relativa al polimero e non al semplice
idrocarburo alifatico insaturo,
all’epoca un “inutile” sottoprodotto
del cracking catalitico. Solitamente,
una reazione di polimerizzazione
non è in grado di controllare la struttura
spaziale del polimero conducendo
ad un sistema il più delle volte
amorfo e gommoso, di nessuna particolare
utilità. L’uso del catalizzatore
stereospecifico di Ziegler, modificato
al Politecnico, portò all’ottenimento
di un polimero a struttura ordinata
regolare, che Natta chiamò “polipropilene
isotattico” per distinguerlo da
quello a struttura amorfa e indicato
come “polipropilene atattico”. Nel
polipropilene isotattico tutti i gruppi
metilici stanno dalla stessa parte del
piano individuato dalla catena principale,
mentre in quello atattico la
distribuzione è casuale.
La struttura chimica ordinata conferisce
al polipropilene isotattico un’elevata
cristallinità foriera delle sue straordinarie
proprietà meccaniche che ne
fanno oggi uno dei polimeri più rilevanti
nell’economia mondiale (se ne producono
al mondo circa 8 kg/anno/abitante
ed economicamente determina
da solo circa lo 0.15% del prodotto interno
lordo dell’intero pianeta)».
c
c
c
c
c
c
c
c
Polipropilene isotattico
cH₃
cH₃
cH₃
cH₃
cH₃
c
c
c
c
c
c
c
c
Polipropilene atattico
cH₃
cH₃
cH₃
96
MAP#7
GRAZIE.
Ringraziamo tutti i colleghi
politecnici che hanno collaborato
alla realizzazione di questo numero.
Oltre al comitato editoriale, ai
docenti e responsabili di progetto già
citati in queste pagine, un
ringraziamento ulteriore ai colleghi
Roberto Biscuola, Martin Broz,
Francesco Bulleri, Serafino Celestino,
Barbara Corallo, Matteo Cervini,
Alessandro Colleoni, Marina Currò,
Alessandra Dal Piva, Stefania
Fornoni, Sara Gennari, Monica
Lancini, Gennaro Leanza, Luisa
Lualdi, Marco Medizza, Giuseppe
Mondini, Manuela Nebuloni, Gianluca
Noto, Barbara Vai, Sabrina Zulian
Alumni, il biglietto da visita del Politecnico di Milano - Il Poli sotto la lente d'ingrandimento - Dove va il tuo 5x1000: il Poli per il
sociale - Qui costruiamo il mondo del futuro - Un ingegnere in sala operatoria - Il primo italiano nell’Olimpo dei data scientist -
Made in Italy che fa impazzire il Giappone - Aerei per il futuro - Come ci cureremo nel futuro? - I Navigli del domani - Aeroporto
Marco Polo: destinazione 2027 - Viaggio verso Mercurio Bepicolombo - Campus Bonardi: come sarà nel 2020? - La Gazza del Poli -
Il Mondo Nuovo: un paese senza barriere - La ciclopista più bella del mondo - Tuv Italia - Storia di un fuorisede, di una volta
Il Poli sotto la lente d'ingrandimento - Ricerca a alto impatto sociale - Qui costruiamo il mondo del futuro, parte 2 - Un ingegnere in sala
operatoria - Il primo italiano nell’Olimpo dei data scientist - Made in Italy che fa impazzire il Giappone - Il cielo (non) è il limite - Come
ci cureremo nel futuro? - I Navigli del domani - Aeroporto Marco Polo: destinazione 2027 - Viaggio verso Mercurio - Milano: come sarà nel
2020? - La Gazza del Poli - Il Mondo Nuovo: un paese senza barriere - La ciclopista più bella del mondo - Storia di un fuorisede, di una volta
Cari Alumni, vi racconto il Poli di domani: lettera aperta del rettore Ferruccio Resta • La community Alumni raccontata da Enrico Zio • Atlante
geografico degli Alumni • Il Poli che verrà, raccontato dal prorettore delegato Emilio Faroldi • Vita da studente di fine ‘800 • Come si aggiusta
il Duomo di Milano • L’ingegnere del superponte • Una designer per astronauti • La chitarra di Lou Reed, firmata Polimi • Architettura
italiana in Australia • VenTo: la pista ciclabile che parte dal Poli • Fubles, gli ingegneri del calcetto • Il parco termale più grande d’Europa
• Gli ingegneri del tram storico di Milano • Polisocial Award: un premio all’impegno sociale • Nuovo Cinema Anteo • Caro Poli ti scrivo
Quando ero studente al Poli • Dottori di ricerca alle frontiere della conoscenza • Dove si costruisce il futuro del mondo • Poli da Olimpo • Mi
ricordo la Casa dello Studente • La Nuova Biblioteca Storica • Il telescopio che guarda indietro nel tempo • Speciale Forbes: Lorenzo Ferrario,
Gio Pastori • Big (Designer) Data • L’architetto, e il suo bracciale, salvavita • L’ingegnere che pulisce gli oceani • Il nuovo Cantiere Bonardi di
Renzo Piano • L’uomo che sente tutto dell’America • La Gazzetta del Politecnico • Alumni da Podio: Fabio Novembre, Stefano Boeri • Tutte
le Ferrari dell’ing. Fioravanti • I ragazzi del Circles • PoliHub, l’incubatore di talenti • 1968-2018 in Piazza Leonardo • Lettere alla redazione
Vuoi ricevere a casa
i prossimi numeri di MAP?
MAP
Magazine Alumni Polimi
MAP
Magazine Alumni Polimi
MAP
Magazine Alumni Polimi
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
Numero 1 - Primavera 2017
Numero 3 _ Primavera 2018
Numero 4 _ Autunno 2018
Ferruccio Resta e il Politecnico di domani • Dossier: i numeri del Poli • La nuova piazza Leonardo • Renzo Piano: 100
alberi tra le aule • Gian Paolo Dallara e DynamiΣ: la squadra corse del Poli • PoliSocial: il 5x1000 del Politecnico di
Milano • Gioco di squadra: tutto lo sport del Politecnico • Guido Canali, l’architettura
tra luce e materia • Paola Antonelli, dal Poli al MoMA di New York • Zehus Bike+ e
Volata Cycles, le bici del futuro • Paolo Favole e la passerella sopra Galleria Vittorio Emanuele • Marco Mascetti:
ripensare la Nutella • I mondi migliori di Amalia Ercoli Finzi e Andrea Accomazzo • Nel cielo con Skyward e Airbus
1
MAP Magazine Alumni Polimi
N°1 - PRIMAVERA 2017
N°2 - AUTUNNO 2017
N°3 - PRIMAVERA 2018
N°4 - AUTUNNO 2018
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
La rivista degli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano
Numero 5 _ Primavera 2019
Numero 6 _ Autunno 2019
1
PROSSIMO NUMERO
N°5 - PRIMAVERA 2019 N°6 - AUTUNNO 2019
N°7 - PRIMAVERA 2020
N°8 - AUTUTNNO 2020
Unisciti ai 1900 Alumni che rendono possibile
la redazione, la stampa e la distribuzione di MAP.
70€ 120€ 250€ 500€
Standard
Senior
Contributi annuali possibili
Silver
Gold
Modalità di pagamento:
· On line: sul portale www.alumni.polimi.it
· Bollettino postale: AlumniPolimi Association – c/c postale: n.46077202
Piazza Leonardo da Vinci 32, 20133 Milano
· Bonifico bancario: Banca popolare di Sondrio Agenzia 21 – Milano
IBAN: IT90S0569601620000010002X32
BIC/SWIFT: POSOIT2108Y
· Presso il nostro ufficio: Politecnico di Milano, piazza Leonardo da Vinci, 32. Edificio 1, piano terra
Da lunedì a venerdì dalle 9:30 alle 12:30 e dalle 14:00 alle 16:00
98
99
Alumni@polimi.it | www.alumni.polimi.it
Alumni - Politecnico di Milano
Alumni Politecnico di Milano
100