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ADRIANO CLAUDIO MARITAN

RICORDO DI UNA VITA TESTIMONE DI UN’EPOCA 1939-2019 Questo non è libro di storia. E’ una raccolta di memorie, uno scorrere di episodi, fatti e personaggi così come il protagonista li ha conosciuti, o direttamente o attraverso altre persone. E’ questo il “profumo” delle vicende del passato cui accenna il prof Alessandro Barbero nella sua celebre distinzione tra Storia e Memoria: “Tra storia e memoria c’è una grossissima differenza. Le memoria è individuale, è quella delle persone, delle famiglie. La memoria conserva delle cose che la storia fa fatica a recuperare: le emozioni i sentimenti, le sensazioni. Cosa provava un padre, una madre quando il figlio partiva, decideva di unirsi a una banda partigiana o, al contrario, di unirsi ai fascisti? La memoria è questo. E ho fatto un esempio che riguarda la storia della resistenza perché si tratta di un argomento che è rimasto enormemente calcificato. Ancora oggi le famiglie italiane si dividono tra quelle che a quei tempi stavano coi partigiani e chi invece stava dall’altra parte, con le camicie nere. La storia invece consiste nel cercare di capire le ragioni sia degli uni che degli altri, consiste nel cercare di comprendere il perché sono successe quelle cose, chi era coinvolto da una parte e dall’altra. Chi aveva ragione e chi aveva torto interessano alla storia allo stesso modo. In sostanza la memoria è sempre di qualcuno ed è divisiva. Solo la storia consente di arrivare ad un quadro di insieme e ricomporre le tante esperienze diverse, perdendo però, spesso, il “profumo”. (Prof. Alessandro Barbero - Docente, storico, scrittore. Premio Strega 1996, premio Le Goff 2012, premio Alassio 2018, Cavaliere dell’ordine delle arti e delle lettere francese nel 2005. Intervista al sito Byoblu, 19 aprile 2019)

RICORDO DI UNA VITA TESTIMONE DI UN’EPOCA 1939-2019

Questo non è libro di storia. E’ una raccolta di memorie, uno scorrere di episodi, fatti e personaggi così come il protagonista li ha conosciuti, o direttamente o attraverso altre persone. E’ questo il “profumo” delle vicende del passato cui accenna il prof Alessandro Barbero nella sua celebre distinzione tra Storia e Memoria:

“Tra storia e memoria c’è una grossissima differenza. Le memoria è individuale, è quella delle persone, delle famiglie. La memoria conserva delle cose che la storia fa fatica a recuperare: le emozioni i sentimenti, le sensazioni. Cosa provava un padre, una madre quando il figlio partiva, decideva di unirsi a una banda partigiana o, al contrario, di unirsi ai fascisti? La memoria è questo. E ho fatto un esempio che riguarda la storia della resistenza perché si tratta di un argomento che è rimasto enormemente calcificato. Ancora oggi le famiglie italiane si dividono tra quelle che a quei tempi stavano coi partigiani e chi invece stava dall’altra parte, con le camicie nere. La storia invece consiste nel cercare di capire le ragioni sia degli uni che degli altri, consiste nel cercare di comprendere il perché sono successe quelle cose, chi era coinvolto da una parte e dall’altra. Chi aveva ragione e chi aveva torto interessano alla storia allo stesso modo. In sostanza la memoria è sempre di qualcuno ed è divisiva.
Solo la storia consente di arrivare ad un quadro di insieme e ricomporre le tante esperienze diverse, perdendo però, spesso, il “profumo”.

(Prof. Alessandro Barbero - Docente, storico, scrittore. Premio Strega 1996, premio Le Goff 2012, premio Alassio 2018, Cavaliere dell’ordine delle arti e delle lettere francese nel 2005. Intervista al sito Byoblu, 19 aprile 2019)

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Privilegiato? Ad esempio?

Te lo spiego subito. Quando ero malato, e non era cosa rara, essendo appunto nipote di bidella, le maestre

mi portavano a casa i compiti e noi in cambio offrivamo loro il pranzo. Ricordo a questo proposito, sarà

stato…fammi pensare, sì, il ’46, un episodio veramente increscioso: era una caldissima giornata estiva; una

supplente vestita con una giacchina fatta all’uncinetto, forse troppo aperta per l’epoca, venne a fare visita a

casa nostra. Evidentemente fu notata dai vicini perché, subito dopo, ci fu una protesta a scuola per la “mise”

troppo discinta della ragazza. La poveretta, in men che non si dica, fu licenziata in tronco!

Però… non sarà una tragedia ma sicuramente un ricordo triste, che rimane impresso.

Aspetta, a proposito di tragedia, che ti racconto della mia prima comunione. Mia zia era sarta, invece di

farmi un vestito in tinta unita mi fece un vestito bianco e celeste, modello unico, anche troppo! Il fotografo

si rifiutava di fare la foto di gruppo: questo bambino vestito in bianco col giubbino celeste in mezzo agli altri

stonava paurosamente. Mi ricordo che si perse molto tempo finchè a qualcuno non venne l’idea, di ovviare

agli inconvenienti fotografici mettendomi davanti alla tonaca nera del parroco. Sicchè, quando la foto fu

fatta, è iniziò a circolare, tutta Casalserugo mormorò di questo bambino, nipote della bidella, che era

addirittura più importante del prete! Sono cose che da piccoli si sentono molto, te le fanno pesare!

Un altro episodio che avrebbe potuto essere tragico è stato quando, all’età di sette anni, rincorrendo il

pallone caduto in acqua, cascai nel fosso: ho ancora davanti a me, dopo così tanto tempo, l’immagine

dell’acqua fangosa sopra la mia testa e sento ancora il senso di soffocamento. Non bastasse, il mio

compagno di giochi era balbuziente e, complice l’agitazione del momento, non riusciva a spiegare

l’accaduto ai possibili soccorritori. Per fortuna un passante, un certo Olindo, vide l’acqua agitarsi e, pur non

scorgendomi, perchè stavo sotto l’acqua torbida, prese un rastrello e lo ficcò dentro al fosso. Mi aggrappai

disperato e lui mi tirò su.

Proprio una gran paura ma anche una gran fortuna quella volta. Avete sempre abitato a

Ronchi?

Per l’infanzia si. Avrò avuto invece nove anni quando ci trasferimmo da Ronchi a Casale, in una abitazione

che era stata di proprietà dei Ruffatti. Era una casetta piccola: Cucina e pranzo sotto, camera unica in alto.

E basta

La tua famiglia?

Come ti ho detto ero figlio unico. Mio padre era nato nel 1908 e all’epoca faceva lo stradino e il becchino.

Anzi: il soprannome della mia famiglia (coeonèo – colonnello) deriva proprio dal mestiere di becchino che i

miei antenati svolgevano da tempo immemorabile. Infatti all’epoca remota, quando si entrava in cimitero, si

notava il custode/becchino, vestito con una specie di mantello decorato, e un arnese, tipo una mazza in

mano. Ebbene: devi sapere che il custode aveva il diritto di impedire con le buone o con le cattive l’ingresso

al cimitero di chi, a suo avviso, non era abbigliato in modo adeguato al luogo. Mi hanno sempre raccontato

dunque che questo mio avo (il nonno o il bisnonno, e chi lo sa?) per come era vestito, la corporatura,

l’irascibilità e l’autorità, insomma per tutti questi motivi la gente finì per chiamarlo appunto “coenèo”! Mio

padre fu il primo a smettere il mestiere di becchino per fare il messo comunale.

Dunque tuo padre da becchino diventò messo comunale.

Si, un’altra specie di tragedia famigliare, almeno così fu vissuta da mia madre.

Ah, e perché?

L’assunzione di papà fu una specie di lotta paesana, perché in un piccolo borgo dove si era quasi tutti

parenti, a concorrere per lo stesso posto erano in due: mio padre e mio zio (che era pure più istruito).

Dunque mia madre ha visto in feroce concorrenza tra loro il marito e il fratello. Immaginatevi la povera

donna, tirata in mezzo ad una questione che ben presto divenne motivo di aspra contesa allargata a tutto il

paese, un trambusto notevole del quale si conserva traccia negli archivi del comune.

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