Jaguar Issue 7 IT
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Street
fashion
L'XK120 di Gandy luccica nel
quartiere creativo di Londra
Nr.
7
Creare un’assassina
L’ideatore di Villanelle
riscrive le regole per dare
vita all'assassina glamour
di Killing Eve
La via del gusto
Viaggio gourmet con
la Jaguar I-PACE a
Portland, Oregon, il
paradiso dei buongustai
Contenuti
66
Nr. 7
In questo
numero
La creatività è sempre stata il
cuore di Jaguar. Dall’iconica
silhoutte dell'E-Type al World Car of
the Year 2019 – l’I-PACE 100%
elettrica – il marchio ha sempre
creduto nelle parole del suo
fondatore, Sir William Lyons, che la
reputa “come nessun altro”.
È questo spirito di ingegno e
individualità che celebriamo in
Jaguar Magazine. Persone creative
che sfidando le convenzioni e
cambiano il modo in cui viviamo e
guardiamo il mondo. Alcuni con
piccoli contributi, alcuni su vasta
scala. Altri cercano di migliorare le
eccellenze o compiono enormi passi
avanti in nuovi territori. Tutti usano
la propria creatività per evolversi e
favorire il progresso.
In questo numero, incontriamo
persone stimolanti dal mondo del
design, la tecnologia, la filantropia,
la ristorazione e la letteratura,
visitiamo hub creativi e diamo uno
sguardo al futuro. Goditi il viaggio.
Derek Harbinson
Editor
10 Selezionatori
Il nostro gruppo di esperti
sceglie il meglio del meglio
tra arte, moda e design
16 Assassina doc
Luke Jennings racconta come
ha creato l'assassina più amata,
Villanelle di Killling Eve
20 Scegli la via
Costruire un marchio di gioielli
basato su un libro: la Divina
Commedia di Dante
22 Gourmetlandia
Viaggio nel paradiso dei
buongustai, Portland, Oregon,
con la splendida Jaguar I-PACE
32 Lusso oggi
Superstar dell'interior design,
Joyce Wang spiega la
metamorfosi del lusso
40 Arte e mente
In Place of War contrappone la
creatività ai conflitti nelle zone
di pericolo nel mondo
46 Dreamspace
Il nuovo design director Julian
Thomson e lo studio top-secret
dove nascono le Jaguar di
domani
58
6 / Jaguar Magazine
22
40
FOTO: REBECCA NAYLOR, DAVID RYLE, JAMIE CULLEN, BRYCE DUFFY, JACOB
SIMKIN, TOM VAN SCHELVEN, BELLA HOWARD, BEN EINE /EINEDESIGNS.COM
50 Senza tempo
David Gandy e l’epica Jaguar
XK120: un tocco cool all’hub
creativo di Londra
58 Robotestro?
I computer stanno per
sviluppare la creatività umana?
E cosa significherà per noi?
64 Scegli la via
Lo stilista senza stoffa, i cui
capi firmati esistono solo nel
mondo virtuale
66 Tra i girasoli
Con la Jaguar XE ad Arles,
patria di Van Gogh e del
famoso festival della fotografia
16
50
76 In numeri
I risultati di una stagione con il
team Panasonic Jaguar Racing
Formula E
78 Oltre l’orizzonte
Uno sguardo al mondo tra
30 anni. In questo numero:
il mondo della moda
Jaguar Magazine / 7
BRYCE DUFFY
Bryce scatta foto da oltre 20 anni e ha fotografato personaggi
del calibro di Lady Gaga, Rami Malekm, Jamie Lee Curtis ed
Elon Musk. Il suo lavoro è apparso su Wired, The Atlantic,
The New Yorker e Rolling Stone. Vive a Pasadena, in California,
e gestisce l’agenzia fotografica DS Reps da New York,
San Francisco e Los Angeles.
MARCUS DU SAUTOY
Professore Simonyi di Public Understanding
of Science all'Università di Oxford, Marcus è
autore di bestseller e conduttore. Collabora
spesso con gli artisti nell'esplorazione delle
connessioni tra matematica e musica.
In questo numero, scrive dell'ascesa
dell'intelligenza artificiale, chiedendosi
se i computer potranno mai essere
creativi come gli esseri umani.
LE PERSONE
dietro la storia
SUZANNE IMRE
Suzanne, che ha
intervistato l’interior
designer Joyce Wang per
questo numero, ha curato
la rivista e il sito web di
Livingetc per 17 anni.
Esperta di stile leader di
tendenze, è consulente
di settore di molti marchi
di lifestyle ed editoria.
BILL DUNN
L’editor di «Selezionatori», Bill, è
legato alle Jaguar dall’età di 6 anni,
quando ascoltava Tusk dei Fleetwood
Mac in Stereo8 accovacciato nella
E-Type Serie 3 V12 di suo padre. Ha
intervistato star del calibro di Hunter
S Thompson e David Bowie e lavorato
per Esquire e GQ.
DAVID RYLE
David, nel cui portfolio spiccano marchi tra
cui Rapha, Emirates, Sky TV ed Expedia,
ha fotografato anche celebrità del calibro
di Matthew Williamson e Calvin Harris.
Noto per il suo stile, che sintetizza luce
e colore, i sui scatti sono stati esibiti agli
International Photography Awards e
all'Association of Photographers Awards.
BELLA HOWARD
Appassionata di riviste vintage e band anni '90, la
fotografa di moda Bella ha lavorato con Jorja Smith,
M.I.A., Billie Eilish, Lucien Clarke, Bret Easton Ellis. Si
divide tra Londra e Los Angeles e tra i suoi soggetti
preferiti figurano Lana Del Rey e Courtney Love. La
sua estetica dalla vena ottimista gli è valsa il plauso
di British Vogue, i-D, Dazed e Purple.
Editor Derek Harbinson
Managing editor Sachin Rao
Deputy editor Marisa Cannon
Group copy editor Bryony Coleman
Creative director Kris Short
Picture editor Rebecca Naylor
Account manager Hannah McDonald,
Adrianna Juraszek
Business & strategy director
Ann Hartland
Production controller John Morecraft
Production director Vanessa Salter
Consultant director Kerry Smith
Advertising director
Alisa Stamenkovic
Per pubblicità in Jaguar Magazine,
tel: +44 (0)20 7550 8170, email:
alisa.stamenkovic@cedarcom.co.uk
Cedar Communications Ltd
CEO Clare Broadbent
Global business development director
Christina da Silva
Creative director Stuart Purcell
Commercial director Justine Daly
Finance director Jane Moffett
Compliance director Karen Huxley
Per Jaguar
Global communications
senior manager Chas Hallett
Customer experience director
Fiona Pargeter
Cedar Communications Limited
85 Strand, London WC2R 0DW
Tel: +44 (0)20 7550 8000
cedarcom.co.uk
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Jaguar Magazine viene pubblicato due volte all’anno da Cedar Communications Limited, 85 Strand, London WC2R 0DW per conto di Jaguar, Abbey Road, Whitley, Coventry CV3 4LF.
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8 / Jaguar Magazine
Selezionatori
Il migliore dai migliori. I nostri esperti doc scelgono le cose più belle dal mondo
dell’arte, del design, del cibo e della moda
A cura di Bill Dunn Ritratti illustrati Paul Ryding
MODA
Phoebe Gormley
Fondatrice e tailor-in-chief di
Gormley and Gamble, la prima
sartoria per donne a Savile Row
gormleyandgamble.com
Scelta: pantofole in velluto di
Penelope Chilvers
«Mi piace che siano uniche, divertenti e originali, pur
restando un classico rivisitato. Non le ha nessun altro e
sono molto “me”. Le tengo nel negozio a Savile Row e le
indosso quasi tutte le volte che non sono in vena di tacchi.
Sono mitiche abbinate a un abito».
penelopechilvers.com
10 / Jaguar Magazine
DESIGN
Bill Amberg
stilista di pellame, le cui opere hanno
trasformato l'uso del materiale e la
cui borsa Rocket è nelle collezioni
permanenti di V&A Londra e del
MoMA New York
billamberg.com
Scelta: scrittoio di Sebastian Cox
«Sebastian è un uomo così intelligente, con un
tocco così speciale. Le sue opere sono
davvero belle, tutti pezzi squisiti. Il suo
approccio è leggero, anche alla sostenibilità.
Nella fattoria di suo padre nel Kent ha un
bosco dove taglia e prepara il legno
per le sue creazioni. Promuove il
legno britannico attraverso il
design, la creazione e la fresatura.
Ho scelto questo scrittoio Bayleaf in
noce, perché gli scrittoi sono mobili
molto intimi e personali. Un buon
scrittoio ti aiuta a lavorare e devi
creare una connessione. Come tutte
le belle opere, non reclama la tua attenzione,
ma quando ti avvicini ti accorgi che i dettagli
sono proprio belli. Il modo in cui si fondono
alzata intrecciata e struttura, in cui scorrono
i cassetti...L’adoro».
sebastiancox.co.uk
Jaguar Magazine / 11
NEVI DEL KILIMANJARO, 1972/2003 © PETER BEARD, PER GENTILE CONCESSIONE DI PETER BEARD STUDIO
12 / Jaguar Magazine
Selezionatori
ARTE
Steve McPherson
Artista e scultore pluripremiato
che utilizza soprattutto scarti
di plastica dal mare
stevemcpherson.co.uk
Scelta: Peter Beard, fotografo
«Peter Beard è stato per me fonte
d’ispirazione fin dalla tarda adolescenza
alla scuola d'arte, intorno al
1990. È un personaggio incredibile, un
avventuriero vero in tutti i sensi. Del
suo lavoro mi ha attratto subito
la massa di informazioni, pensieri,
testi, immagini e oggetti trovati e
i suoi autoscatti: tutto composto e
compresso nei suoi diari visivi giganti.
Questi libri pulsano di dettagli della
sua vita e le esperienze che ha vissuto
tra le culture e le storie delle sue
dimore in Kenya e negli Stati Uniti.
Sembra che per Beard i dettagli
e i drammi della vita siano uno
spettacolo da immortalare e conservare
in questi cupi, ma celebrativi,
tomi tombali. Ho avuto la fortuna di
imbattermi in Beard a un’esposizione
a New York nel 1997. Ero come un
adolescente con il suo idolo e riuscivo
a malapena a conversare».
peterbeard.com
Jaguar Magazine / 13
CIBO
Georgianna Hiliadaki
Executive chef e co-fondatrice
di The Modern Greek Food Group,
il cui vanto, The Funky Gourmet
ad Atene, ha 2 stelle Michelin
funkygourmet.com
Scelta: Ferran Adrià, pioniere
culinario «Senza dubbio, Ferran
Adrià è il padre della moderna
gastronomia. Per il suo genio
culinario si è distinto come uno
degli chef più influenti di tutti
i tempi e il padre della cucina
d'avanguardia. La missione di
Ferran è scoprire “i limiti
dell'esperienza gastronomica”
ed è evidente che ci è riuscito.
Lavorare nella sua cucina al famoso
El Bulli nel 2005 è stata una svolta
per la mia carriera e per sviluppare
il concetto culinario di cucina greca
d'avanguardia. Ferran mi ha detto:
“Devi essere organizzato per
essere anarchico”. Questo
semplice consiglio si è dimostrato
saggio in molte occasioni nella mia
vita culinaria. É difficile scegliere
un unico dei suoi copyright, ma
direi che il caviale con nocciole
del suo menù di chiusura del 2011
è stato uno dei suoi climax».
El Bulli riaprirà a febbraio 2020, come
elBulli1846, un «laboratorio e museo
sull'innovazione culinaria».
elbullifoundation.com
14 / Jaguar Magazine
Selezionatori
ARTE
Grant Gibson
Esperto di design,
architettura e artigianato,
ospita l'acclamato
podcast Material Matters
instagram: grant_on_design
Scelta: Morten Klitgaard,
artista vetro
«La gentrificazione e
l'aumento dei prezzi degli immobili rendono
difficile la professione di artista o produttore a
Londra. Quindi è giusto celebrare aziende come
London Glassblowing, che quest'anno festeggia
10 anni della galleria con atelier a Southwark.
Fondata nel 1976 da Peter Layton, un pioniere
del movimento del vetro nel Regno Unito,
l'azienda è stata a lungo un vivaio per nuovi
talenti fornendo, strutture ad artisti residenti.
Sceglierne uno è antipatico, ma sono un grande
fan di Morten Klitgaard, un artista danese che
sperimenta la rinuncia alla trasparenza del
materiale e crea pezzi dall’aspetto smaltato
e butterato. Roba affascinante».
mortenklitgaard.com
MODA
Tanja Martin
IMMAGINI: ADAM GOLDBERG/A LIFE WORTH EATING; DORTE KROGH; A COLLECTED MAN
Stilista per Pharrell,
Cillian Murphy,
Michael Fassbender,
Colin Firth e
Kit Harrington
Scelta: il trench di
Burberry, rivisitato
da Riccardo Tisci
«Quest’inverno la
tendenza per i capispalla è il
trench. E io scelgo Burberry.
L'arrivo dell'ex direttore creativo
di Givenchy, Riccardo Tisci,
da Burberry potrebbe aver
decretato la rinascita di questo
versatile capospalla, la cui
praticità rafforza la popolarità
del marchio. Il classico trench per
l'autunno/inverno
2019 in versione
oversize ha una
vestibilità più rilassata,
quindi si può indossare
con capi di sartoria o
più informali. Creato
per i soldati della
prima guerra mondiale
da indossare in
trincea, è ancora pratico
(la manica raglan, la mantellina
posteriore, la pattina frangivento,
le linguette ai polsini), ma ora è
probabile vederlo abbinato sia a
un paio di Converse e una midi
T-shirt nera, sia a un abito e un
paio di francesine».
burberry.com
Jaguar Magazine / 15
UCCIDI!
Luke Jennings, creatore dell'assassina più amata al mondo, spiega
il fascino di Villanelle di Killing Eve e come l'adattamento TV dei
romanzi originali ha decretato il casting
Storia Olly Richards
Q
uando Luke Jennings ha iniziato a vagliare le idee
per il personaggio di Villanelle, l’iconica assassina della
hit TV Killing Eve, aveva due parole in mente:
«Inauditamente divertente».
Benché esistano altre parole per descriverla, queste due
sono le più adatte. Sia nel romanzo originale di Jennings,
Codename Villanelle, sia nell’interpretazione televisiva di
Jodie Comer, Villanelle può toglierti il fiato per l’orrore
e allo stesso tempo farti ridere a crepapelle.
Orfana russa, strappata al carcere
da un’organizzazione criminale segreta
e addestrata per diventare un killer,
Villanelle ama il suo lavoro, e si diletta in
un inseguimento «gatto al topo» con Eve
Polastri, agente MI5 incaricata di
rintracciarla. Senza dubbio è una delle
criminali immaginarie più carismatiche
dell’ultimo decennio.
Quando ha iniziato a scrivere il primo
racconto di Villanelle nel 2013, Jennings
era già uno scrittore di successo (il suo
libro, Atlantic, era stato anche nominato
per il Booker Prize), ma voleva scrivere qualcosa mirato
esclusivamente all’intrattenimento, con personaggi che
non seguissero i tropi classici del genere crime-thriller.
Così nacque Villanelle.
«Mi è esplosa in mente così com’è», spiega Jennings.
«Avevo letto molto sulla psicopatia. Stavo pensando a
come si possa diventare come lei, cosa poteva esserle
accaduto da bambina per trasformarla nell’adulta che
è». Non voleva creare il tipico psicopatico da schermo,
che agisce senza sentimenti o emozioni. Ha letto studi
sugli psicopatici che sono consapevoli della loro
patologia ma non se ne vergognano e teorie che
sostengono che gli psicopatici possono provare amore
o empatia ma compartimentarli. Voleva creare un
personaggio che fosse un assassino terrificante, ma
sufficientemente consapevole da sapere esattamente chi
era e non se ne scusasse. In pratica,
voleva creare il peggior tipo di mostro:
uno senza un fine o un movente, che
commette atti terribili semplicemente
perché ama farlo.
Il DNA di Villanelle è scaturito dalla
fusione di una serie di cose. In parte,
Jennings si è ispirato alla vita di Idoia
López Riaño, un commando del gruppo
separatista basco Eta negli anni ‘80.
Meglio conosciuta come La Tigresa,
seduceva i poliziotti spagnoli per
poi ucciderli, formalmente in nome
dell’indipendenza basca. «Mi ha affascinato»,
dice Jennings. «Era articolata e attraente, una
donna che avrebbe potuto avere successo nella vita...
Apparentemente però le piaceva proprio uccidere.
Jennings l’ha usata per plasmare gli elaborati e
oscuramente comici omicidi di Villanelle, che sono
sempre molto più complicati di quanto sia necessario,
perché, per dirla con le parole di Jennings, le piace il
fatto di uccidere.
16 / Jaguar Magazine
Intervista
Istinto omicida
Luke Jennings (a fianco) dice
che Villanelle, interpretata da
Jodie Comer (sinistra), «gli è
esplosa» in mente
«Stavo pensando a
come si possa
diventare come lei,
cosa le era successo
da bambina per
trasformarla
nell’adulta che è»
Jaguar Magazine / 17
18 / Jaguar Magazine
«Dal primo
fotogramma,
Jodie Comer
aveva il
controllo»
Luke Jennings
Intervista
FOTO: STUART CLARKE/SHUTTERSTOCK (P.16); TOM VAN SCHELVEN (P.17-18); BBC (P.19)
Un’altra ispirazione per Villanelle è venuta dalla
precedente occupazione di Jennings come critico di
danza per The Observer (ha scritto la sua ultima
recensione all’inizio di quest’anno). «I mondi dei libri
di Villanelle, e la serie, sono molto teatrali,» dice. «Sono
intrisi di artificio. Non sono fatti per essere realistici.
Credo che sia anche per il mio amore per il mondo
dello spettacolo».
Nelle intenzioni di Jennings Villanelle doveva diventare
più di un semplice personaggio sulla carta. «L’obiettivo
era la TV», spiega. «Per questo l’ho scritto in stile episodico
e molto visivo». Ha pubblicato quattro romanzi su
Amazon Kindle tra il 2014 e il 2016, per avere qualcosa a
cui i produttori potessero accedere e leggere rapidamente.
Il piano ha funzionato. Le storie sono state opzionate dalla
Sid Gentle Films nel 2016, che ha affidato alla talentuosa
Phoebe Waller-Bridge, allora poco
nota, l’adattamento per lo schermo.
«Phoebe era conosciuta da una
piccola cerchia di persone allora»,
dice Jennings. Il one-woman show
della Waller-Bridge, Fleabag, che
sarebbe diventato una serie di
successo rendendo famoso il suo
mondo, era stato acclamato al
Festival di Edimburgo e stava per
fare la scalata al Soho Theatre di
Londra, ma lei non era la regina
della scrittura che è ora.
«Phoebe ha subito capito l’essenza
di Villanelle», dice Jennings. «Ha
parlato molto della ‘gloria’ di
Villanelle, riferendosi all’eccesso
assoluto del suo modo di vivere e
la sua completa mancanza di
pentimento. Ha visto questo
personaggio senza limiti e
perfettamente in linea con il suo desiderio di
scrivere senza limiti».
Poi è arrivato il momento di scegliere Villanelle.
Jennings non aveva mai scritto pensando a qualcuno di
specifico. «Guardava con gli occhi dei personaggi» così
non immaginava i loro volti, solo cosa provavano.
Dall’audizione di Jodie Comer, però, capì che incarnava
proprio ciò che provava. La Comer non era molto
famosa. Aveva recitato in spettacoli come Doctor Foster,
The White Princess, My Mad Fat Diarya, anche l’episodio
obbligatorio di Casualty, ma la 24enne nativa di
Liverpool non era un nome noto a molti. Con il suo
accento marcato e il viso gentile, non sembrava ‘una
killer russa sociopatica’... fino al momento dell’audizione.
«È stata brillante», dice Jennings dell’audizione, che
ha entusiasmato l’intera produzione. «Ci ha mostrato
Assassina silenziosa Jodie Comer
«nell’instabile» Villanelle
un caos ordinato... Dal suo primo fotogramma, aveva il
controllo della situazione». La scena che la Comer ha
recitato per l’audizione era la sequenza ormai classica in
cui Villanelle, vestita con un grande abito frivolo rosa,
viene valutata da uno psichiatra e dà tutte le risposte
giuste ma in un modo che suggerisce che deve
sicuramente essere rinchiusa. «Deve essere allo stesso
tempo molto ordinata e instabile», dice Jennings. «C’era
qualcosa di completamente fuori fase in lei. Si è calata
nella parte in un modo che ha reso suo il personaggio fin
dall’inizio. Ha detto lei».
Giunta alla seconda stagione, la Comer continua a
rivendicare la paternità di Villanelle. Anche se non dà
il titolo della serie, Eve, interpretata dalla brillante
Sandra Oh nominata agli Emmy, ne è diventata il cuore.
Il personaggio senza limiti di Villanelle ha portato la
serie a un enorme successo. La
prima stagione è stata acclamata da
pubblico e critica, e la seconda
stagione attesa col fiato sospeso,
scritta da Emerald Fennell e uscita
ad aprile, ha avuto recensioni anche
migliori.
Da ben voluta attrice britannica
la Comer è ora una star internazionale.
Quest’anno ha vinto un premio
Bafta per l’interpretazione di Villanelle
e nel 2020 sarà nell’action-commedy
di Ryan Reynolds Free Guy e in
Death on the Nile, il classico della
Christie adattato da Kenneth
Branagh. Tutto grazie a una killer
pazza con un’eccellente gusto per la
moda.
Jennings ammette allegramente
che ora esistono due Villanelle.
Una è la sua creazione, che è
riapparsa all’inizio di quest’anno in Killing Eve: No
Tomorrow, il sequel della collezione Codename: Villanelle.
E l’altra è la creatura di Phoebe Waller-Bridge e Jodie
Comer, che si discosta da quella dei suoi libri. «Io la vedo
così: esistono nello stesso universo e si completano a
vicenda. Se ti piacciono le serie TV, poi puoi leggere i
libri, e viceversa» dice. Killing Eve tornerà per una nuova
serie scritta da Suzanne Heathcote nel 2020 (Fear
The Walking Dead).
La serie potrebbe andare oltre la terza stagione, ma
Villanelle ha già una vita al di là del libro e della serie,
grazie all’interpretazione della Comer «Penso che il
pubblico la ami perché ha deciso che le regole non fanno
per lei...Non per gli omicidi che commette», spiega
Jennings, ponderando le sue parole. «La amano perché
si fa largo tra le stronzate della vita».
J
Jaguar Magazine / 19
/ SCEGLI LA VIA
Per non perderti lungo il tuo percorso
1 Rosh Mahtani
La fondatrice del marchio di gioielli
britannico Alighieri vince l’oro
Storia Nathaniel Handy Fotografia Elliott Wilcox
Rosh Mahtani dice che ama
«essere attratta nell'universo degli
altri», non semplicemente acquistare
qualcosa. Con il suo marchio
di gioielli Alighieri, fa proprio
questo. «Da bambina, in Zambia,
realizzavo i miei gioielli con le
conchiglie, i ramoscelli e i fili che
trovavo», ricorda la 25enne. I suoi
clienti ora provano la stessa eccitazione
per aver trovato qualcosa
di autentico e talismanico. Ogni
pezzo, prodotto ad Hatton Garden
a Londra, si ispira a un canto della
Divina Commedia di Dante
Alighieri, da cui il nome del
marchio. «È la storia di un uomo
che si è perso e cerca di ritrovare
la strada», spiega Mahtani, che
non ha ricevuto una formazione
sull’arte della gioielleria. «Mi sono
sentita così dopo l'università, dove
ho studiato francese e italiano:
come se fossi nella selva oscura
dell'eroe di Dante. Ho iniziato a
creare gioielli per gioco, con la
cera». I suoi pezzi, con la loro
imperfezione organica, come se
fossero oggetti trovati, pepite
d'oro setacciate da un fiume
primordiale, ora li indossano
personaggi del calibro di Reed
Morano, Olivia Wilde ed Elisabeth
Moss. Alighieri ha visto una crescita
annua del 500%, dalla nascita
5 anni fa. Eppure, nonostante il
successo, le creazioni di Mahtani
sono crude, personali, spudoratamente
intrise d’arte e ispirate alla
condizione umana. «I gioielli sono
storie che si tramandano di generazione
in generazione, come
fossero ricette» dice. «Creano
J
un legame tra le persone».
20 / Jaguar Magazine
Luci scintillanti, grande città Arlene
Schnitzer Concert Hall; (accanto)
Tasty n Daughter: cocktail Coffee
Pick-Me-Up e Smoke Stack, con
brioche, polpetta di salsiccia,
mozzarella, uovo fritto e sciroppo
d’acero e jalapeño
22 / Jaguar Magazine
Viaggi
CUCINE IN
FERMENTO
Con ristoranti e food truck pionieristici che producono
lunghe code, Portland, Oregon, è un paradiso gourmet
controcultura. Visitiamo la città nella Jaguar I-PACE
elettrica per conoscere le sue stelle
Storia Danielle Centoni Fotografia Bryce Duffy
na delle cose più affascinanti
delle città da visitare è che
spesso hanno un piatto iconico. San
Francisco ha la pasta madre, New York la pizza, New
Orleans il gumbo (tra moltissime altre cose). È come se
ogni luogo offrisse un souvenir commestibile, un piatto
che ti colloca in un punto particolare del globo e
dice: «Sei qui».
E poi c'è Portland, Oregon. Una città nel nord-ovest
del Pacifico degli Stati Uniti che è riuscita a distinguersi
nella mappa culinaria, senza un piatto che la rappresenti.
Eppure, i turisti accorrono in massa solo per mangiare,
attirati da una scena gastronomica fresca, accessibile e
sperimentale, che non si prende troppo sul serio.
Ebbene, ciò che manca alla città in fatto di piatti
iconici è compensato dal suo spirito indipendente e
controculturale. Questo luogo ha dato i natali a Voodoo
Doughnut, dove leccornie fritte sono asperse di polvere
di gomma da masticare o Kool-Aid all’uva. Qui è dove
ha iniziato l’asso del gelato Salt & Straw con creazioni
geniali come il Frekled Chocolate e lo Zucchini Bread.
Sempre qui chioschi come Gumba producono tenera
pasta fatta a mano cosparsa di fiori commestibili e
birrerie come 10 Barrel proliferano, creando
Jaguar Magazine / 23
Picchi gastronomici (senso orario da sinistra) Laangban:
kanom krok, riso croccante con crema di cocco galangal
e ceviche di capesante; Churchgate Station; mi-cuit di
salmone a Le Pigeon, con nettarine, pomodori Sungold,
cuori di palma e vinaigrette al nori; Gabriel Rucker
comunità. Portland ha uno spirito pionieristico. È una
città curiosa e affamata, piena di creativi indipendenti
che amano vivere fuori dagli schemi».
Qui, ha avuto l’occasione perfetta per aprire il suo
locale, dove servire crostate e tremolanti soufflé al limone
insieme a spuntini salati come losmørbrød e lo storione
arrostito lentamente.
«Sembrava il posto perfetto per la mia luncheonette
di pasticceria franco-norvegese», dice. «Era una
scommessa, ma, fortunatamente, Maurice è piaciuto e
ora è la mia casa».
birre stagionali originali con drupacee e achillee, per
citarne un paio.
Mangiare a Portland non era così entusiasmante in
passato. Quando mi sono trasferito qui nel 2005, la scena
gastronomica era agli albori. Ora, è difficile tenere il
passo. Ma come ha fatto questa città verdeggiante,
costellata di ponti, a diventare una meta dove creatività
e azzardo abbondano?
Caffè doc
Di proprietà della chef Kirsten Murray, Maurice, nel
centro di Portland, è un gioiellino di caffetteria, un'oasi
di calma in centro città. La Murray è arrivata a Portland
nel 2008, vantando un passato stellato Michelin, che
include l’incarico alla Gramercy Tavern and Aquavit a
Manhattan e il periodo in Alsazia con la famosa chef
Christine Ferber. Anche se l'ambizioso ristorante che l'ha
reclutata, West, si è rivelato dimenticabile, i suoi dessert
non lo erano, e la chef gentile e talentuosa ha trovato
presto un seguito entusiasta.
Con la Jaguar I-PACE elettrica attraverso la città, per
arrivare in tempo per una tazza di tè Ceylon e una fetta
di morbidissima quiche. La Murray mi racconta perché
è rimasta a Portland: «Mi sono innamorata della
Fascino puro
Di nuovo al posto di guida, mi dirigo dall'altra parte del
fiume per incontrare John Gorham, uno chef che è stato
determinante per la reputazione culinaria di Portland per
la sua creatività 'fai-da-te'. L'I-PACE si muove agilissima
verso Hawthorne Bridge. Dei 12 ponti della città sul fiume
Willamette, l’Hawthorne è il più antico, 109 anni, e uno
dei quattro ponti levatoi per il transito delle barche. Nelle
auto di fascia più bassa, la griglia sul suo fondo stradale
rende il passaggio rumoroso, ma non la I-PACE: un tocco
di pedale e supera un ingombrante bus TriMet.
Tasty n Daughters è l'ispirata rivisitazione di Gorham
della tipica taverna americana, uno spazio intimo con
pannelli scuri illuminati da ampi raggi di luce naturale.
Entrando nel ristorante, l'aroma di aglio e pomodori
riempie l’ambiente, col sottofondo di bevande shackerate
e il chiacchierio dei commensali. Il menù è una fusione
internazionale di comfort food, cibo dell’anima, come
la shakshuka marocchina e il pide turco, oltre a pollo fritto
croccante tra friabili biscotti del sud. È un menù senza
confini, creato con un tripudio di ingredienti locali
freschi e profumati.
Il ristorante è un rebrand dell’acclamatissimo Tasty n
Sons, ora chiuso, e parte dell'impero di nove ristoranti che
Gorham e la moglie, Renee, gestiscono con gusto.
Gorham ha fatto molta strada dal suo arrivo all’inizio del
2000, quando la prima ondata di chef si presentò a
Portland, pronta a sfruttare tutte le credenziali alimentari
della città.
«Così gran parte di questa creatività è il frutto di una
sottovalutazione del mercato immobiliare», spiega
Gorham. «È stato facile avere un'idea e metterla in pratica
senza investitori: hai un chiaro filo conduttore di idee
creative dagli chef. Più partner hai, più la creatività
viene soffocata».
Affitti e licenze a basso prezzo e la profusione di
prodotti locali a portata di mano, hanno reso Portland
24 / Jaguar Magazine
Viaggi
«Mi piace quando la gente
mi dice: ‘Wow, questo è
cibo indiano?’»
Troy MacLarty
Jaguar Magazine / 25
Affitti e licenze
ribassati: Portland è
stata il trampolino di
lancio per molti chef
Avanguardia (senso orario dall’alto) 10 Barrel; insegna col cervo bianco di
Portland attraverso il parabrezza dell'I-PACE; Voodoo doughnuts, con le
ciambelle glassate di Diablos Rex, Grape Ape e Marshall Mathers
il trampolino di lancio ideale per gli chef. Forti
dell’esperienza in cucine top di New York, Chicago e San
Francisco, si sono lanciati su Portland, hanno aperto i
loro locali e acceso i riflettori sulla città.
«Prima di allora c’erano tre attori principali, ma
erano estremamente “Nord-Ovest”, dice Gorham.
«Non c'era diversità. I piatti preparati da quei tre
ristoranti erano pressoché indistinguibili tra loro.
Ora siamo passati da tre ottimi ristoranti a tre ottimi
ristoranti a ogni isolato».
Oltre i limiti
La città ha fatto parecchia strada nell'ultimo decennio,
e il suo entusiasmo per la cucina internazionale le è valso
un posto sulla scena mondiale. Troy MacLarty, chefproprietario
di due ristoranti Bollywood Theater e il
26 / Jaguar Magazine
Viaggi
Portlandia
ARBORBoutique, mercati per buongustai
LODGE e ristoranti hipster a iosa
WOODLAWN
Figura Laura Cattaneo
NORTHWEST INDUSTRIAL
NORTHWEST
PORTLAND
OVERLOOK
ALBERTA
Mississippi Ave
1
Slabtown 2
Moda Center
NORTHWEST
DISTRICT
5
3
NE 28th Ave
White Stag
4
Portland Art Museum
Washington Park
DOWN
9
TOWN 8
7
6
Tom McCall Waterfront Park
Portland Farmers Market
HOSFORD-ABERNETHY
BROOKLYN
1.Mississippi Avenue
Quartiere alternativo con negozi eclettici 2. Slabtown Shopping di classe e ritrovi per colazione a iosa
3. Moda Center Arena sportiva coperta per hockey su ghiaccio, basketball e spettacoli
4. NE 28th Avenue Detta 'restaurant row' dai locali,
offre di tutto dal Cajun creolo ai negozi di cioccolata artigianali
5. Cervo bianco L’iconica insegna 'Portland Oregon' creata dall’azienda
White Stag Sportswear è ora di proprietà della città
6. Tom McCall Waterfront Park Parco di oltre 160.000 metri quadrati popolare tra
jogger, skateboarder e ciclisti 7. Portland Art Museum Fondato nel 1892, il 7° museo più antico degli USA ospita oltre 50.000 opere
8. Portland Farmers Market Oltre 200 bancarelle vendono prodotti freschi nel weekend e il mercoledì9. Washington Park Ospita
l’Oregon Zoo, il Portland Japanese Garden e l’Hoyt Arboretum
10. St Johns Bridge Ponte in acciaio sul Willamette River
Jaguar Magazine / 27
Touring party (in alto) Kirsten Murray, Maurice; (in alto a destra) vista
del St Johns Bridge; (sopra) l'I-PACE al Lucas Salon di Portland
28 / Jaguar Magazine
Viaggi
Ora di cena (sotto) sorbetti al finocchio e acero, pastella di torta di
carote e nocciole pralinate e fragole e latte di cocco di Salt & Straw;
(in basso a sinistra) Cheesecake al pepe nero di Maurice, smorbrod
con ricotta, carote julienne, prugne e grani di pepe rosa e quiche alle
erbe con zucchine e timo
Churchgate Station Supper Club, è uno chef locale
votato all'autenticità. Come Gorham, MacLarty, faceva
parte dei talenti arrivati a Portland all’inizio del 2000.
Ma sette anni fa l'allievo di Chez Panisse ha abbandonato
il cibo italiano ultra-stagionale per cui era conosciuto
per lo street food indiano.
Guido l'I-PACE nella vivace Southeast Division
Avenue, una strada del quartiere un tempo sonnacchiosa
che ha vissuto un vera rinascita e ora è un trionfo di locali
gourmet. Parcheggio davanti al più grande dei due
ristoranti Bollywood Theater di MacLarty e sbircio i
commensali che si servono entusiasti di aloo tikki e
involtinikati a piene mani. MacLarty è accanto, nella
cucina a vista dell’intimo Churchgate Station, che
accoglie solo su prenotazione.
«Ammettiamolo, le prospettive per un bianco che
cucina cibo indiano non sono rosee,» dice con disinvolta
onestà. Ma il suo approccio alla cucina è di totale rispetto.
Ha fatto ricerche, sperimentato e viaggiato e portato il
suo staff in India ogni anno. Ha collaborato con una
cooperativa per acquistare le spezie dai coltivatori indiani
e garantire loro un salario di sussistenza. Dato che gli
indiani nel settore tech di Seattle spesso si fanno tre ore di
viaggio per fare incetta di piatti che non trovano da
nessun’altra parte, deve essere piuttosto bravo.
«È bello proporre alle persone cose nuove ed è
importante che possano comprendere meglio ciò che
pensavano di sapere», dice MacLarty. «Mi piace quando
la gente viene e dice: ‘Wow, questo è cibo indiano?’»
Questa interazione è il motivo per cui ha aperto
Churchgate Station nel 2018, dove prepara pasti di più
portate in stile familiare due sere a settimana, usando cibo
e narrazione per presentare ai commensali la vastità della
cucina stagionale dell’India.
Mentre MacLarty «assembla» la prima portata della
serata, una ciotola gigante di Bhel salad a base di mais
grigliato, mango verde, spezie chaat appena macinate e sev
croccante, dice: «Ogni ingrediente per il menù, eccetto i
limoni, proviene da coltivatori diretti».
Movimento vivace
La città vanta anche una ritrovata reputazione per la
cucina thailandese, grazie ad Akkapong (Conte)
Ninsom, nativo di Bangkok. Guido tra la fila di ristoranti
di Northeast 28th Avenue, tra cui gelaterie, gastronomie,
birrerie e una varietà di ristoranti e chioschi. Nel 2011,
Ninsom ha aperto il suo locale informale PaaDee nel
cuore di questo crogiolo, con piatti grondanti salsa di
pesce, oltre al prevedibile pad thai.
Quando arrivo da PaaDee, il giovane Ninsom, con
un berretto da baseball in testa, mi viene incontro e mi
saluta con un sorriso e un abbraccio. Mi conduce
attraverso una porta segreta da Langbaan, il suo locale
di fascia alta per menù degustazione, per guardare il
Jaguar Magazine / 29
Carne informale (da sinistra)
Matt Vicedomini; ‘Whole Shebang’
al Matt’s BBQ; bar del 10 Barrel
suo team che prepara la cena. Dalle casse arriva musica
hip-hop, mentre i giovani chef trasformano lo spazio
solitamente sereno, rifinito con legno rustico e lastre in
cemento, in una sinfonia di utensili al lavoro. Il
Langbaan è un locale tra i più ambiti di Portland.
«Le persone qui sono preparate sul cibo e sanno com'è
negli altri paesi», dice Ninsom. «Noi offriamo loro una
varietà più ampia. Una volta, abbiamo creato un menù
basato su una poesia scritta da un re. Ci piace mostrare
ai clienti cosa facciamo, perché e da dove viene,
insomma che non raffazzoniamo un’accozzaglia di
ingredienti a caso».
Dopo il successo di Langbaan, Ninsom ha
cambiato orientamento, aprendo un locale supercasual,
con servizio al bancone, Hat Yai. Tra le
specialità, pollo fritto croccante servito con curry in
stile malese e morbidi roti dal sud della Thailandia.
Il ristorante è diventato così popolare che ha aperto
una seconda sede.
E dopo? Nel 2019, Ninsom, insieme a Matt Vicedomini
del Matt’s BBQ, uno dei migliori chioschi di Portland,
ed Eric Nelson, uno dei baristi più famosi in città, ha
aperto Eem, un mashup Texas-Thai-Tiki dove i clienti
fanno code per ore. É così popolare che stanno già
lavorando a una seconda sede.
«I ristoranti sono ottimi per collaborare», dice
Vicedomini quando più tardi vado al suo chiosco stile
Texas sulla North Mississippi Avenue. Il rilassato
trentenne ha aperto Matt’s BBQ nel 2015 con un
budget ristrettissimo. Da allora, il suo piatto “Whole
Shebang”, con costine morbide come burro, sfilacci di
maiale affumicato e succulente salsicce piccanti, è
diventato uno dei piatti più popolari in città e produce
code lunghissime all'ora di pranzo. Ora fornisce anche
le carni affumicate che Ninsom combina con i sapori
thailandesi a Eem. «Non vuole un ristorante tutto suo?»
chiedo. «Assolutamente no», dice. «Questo posto è
unico. Un'esperienza favolosa per turisti e residenti.
30 / Jaguar Magazine
Viaggi
«Abbiamo fatto una
cena basata sulla
poesia di un re»
Akkapong ‘Earl’ Ninsom
Puoi bere una birra, è adatto per le famiglie e c’è
qualcosa per tutti».
Crescere
Guido l'I-PACE nel cuore di Portland, finendo il mio tour
dove è iniziata la folle ascesa della città. Le Pigeon ha
aperto nel 2006 su un tratto anonimo di Burnside
Avenue, ad est del fiume. Con al timone un giovane chef
sconosciuto, Gabriel Rucker, e traffico pedonale minimo,
pochi avrebbero potuto prevedere che questo ristorante
senza pretese sarebbe diventato il più famoso della città.
Un anno dopo, Rucker è stato nominato uno dei Best
New Chef da Food & Wine Magazine, con nomination per
il premio James Beard Rising Star Chef of the Year. Ha
vinto il prestigioso titolo nel 2011 e, nel 2013, ha vinto il
premio Best Chef: North-West della fondazione.
Incontro Ruker al Le Pigeon poche ore prima del
servizio. Esperto multi-tasker, mentre chiacchieriamo,
mette sulla griglia una costata, da servire con una ricca
salsa al chorizo, tortino di ciliege e frittelle di pane di
farina di mais «La mia cucina è più raffinata» dice,
valutando le influenze da quando è arrivato a Portland.
«Ora c’è molta più concorrenza, più locali di fascia alta
tra cui scegliere».
Non si preoccupa che un campo di gioco affollato possa
soffocare lo spirito audace di Portland. «Significa solo che
dobbiamo impegnarci di più per distinguerci», dice.
«A Le Pigeon siamo fedeli alle nostre radici, creando piatti
vivaci e innovativi, ma in termini di tecnica, presentazione
ed esecuzione siamo cresciuti, il che vale per la città di
Portland in generale”.
J
Jaguar Magazine / 31
Lusso
personale
Cosa significa lusso in questi tempi
mutevoli? Joyce Wang, che ha progettato
gli interni di hotel, ristoranti e case in tutto
il mondo, sta abbattendo i confini per il
suo uso di materiali e spazi
Storia Suzanne Imre
»
32 / Jaguar Magazine
Design
Design
«Devi saper vivere e amare
la vita per comprendere
davvero il lusso»
Jaguar Magazine / 33
Una ragazza danza a piedi nudi sul terrazzo di un
ristorante con intarsi in ottone, fa un salto mortale oltre
gli sgabelli in pelle fatti su misura del bar Perspex, quindi
si raffredda la mano in una vasca di marmo rosso ancora
in parte inserita nel pezzo grezzo da cui è ottenuta.
Questo racconto visivo unico dà la misura
dell'impressionante mole di hotel, ristoranti e opere
residenziali dell’interior designer di Hong Kong Joyce
Wang sul suo sito web. Naturalmente, ha i piedi ben
piantati per terra quando la incontriamo, ma è il suo
impegno ostinato a svelare l'inaspettato nei materiali di
lusso che l'ha collocata prepo-tentemente sulla
scena del design internazionale.
Con sontuosi progetti che spaziano dal
Mandarin Oriental di Londra e i club benessere
privati Equinox, ai famosi ristoranti Mott 32 in tutto il
mondo e gli attici in grattacieli residenziali, la Wang ha
stabilito alti standard per la moderna
ristorazione e il vivere bene. «Devi saper vivere
e amare la vita per comprendere davvero il
lusso», osserva.
I suoi spazi elegantemente concepiti variano
per dimensioni e funzione, ma trasudano di
storia culturale, che ne rispecchia la posizione.
«Non l'ho mai sentito prima», dice. «Ma la
descrizione mi piace molto». Ed è vero.
Ispirandosi alla vista dalle finestre della
Penthouse suite del Mandarin Oriental, la
Wang ha usato carta da parati in sughero con
foglie argento che rimandano agli alberi fuori,
mentre a Hong Kong, per il bar del
pluripremiato Mott 32, si è ispirata alle
spezierie cinesi,
con catene in metallo che riecheggiano la storia del
villaggio di pescatori che fu e propaganda graffiti che
allude al patrimonio politico della colonia.
Con una tale sensibilità verso la storia e la cultura, non
sorprende che la Wang sia cresciuta nell’amore per il
design e l'antiquariato, combinati con una brama per i
viaggi. Nata a Honolulu da genitori di Shanghai, la sua
famiglia si è trasferita a Hong Kong prima del collegio nel
Regno Unito, seguito dall'università a Boston, e infine dal
Master al Royal College of Art. Ha quindi vissuto per due anni a
Los Angeles, dove ha completato il suo primo grande incarico:
riprogettare.
34 / Jaguar Magazine
Design
Ambizioni da loft Il ristorante da 242
posti Mott 32, al piano del casinò del
The Palazzo a Las Vegas, fonde lo
stile industriale spazioso newyorkese
con elementi imperiali cinesi
dote», dice con enfasi. «Riuscire a capire le persone e
quindi, creare un linguaggio che li stimoli». Il suo
approccio intuitivo l'ha resa sensibile alle risposte delle
persone ai materiali e, data quest’era così tecnologica,
al bisogno della giusta consistenza e di autenticità.
«Il lusso oggi è la sensazione di comfort e privacy»,
spiega. «Una volta era questione di spendere per
materiali costosi, oggi invece ciò che è strutturato e
autentico è un lusso raro». Rimpiange i film vecchio stile,
«realistici e granulosi», ora che tutto è ad alta definizione,
liscio e lucido, e sente che lo stesso sta accadendo in altri
settori della creatività.
Spiega la tendenza della Wang a
usare materie prime a cui torna
sempre nei suoi progetti e, in particolare, il
suo amore per il metallo. «Amo usare il metallo, ma
in modo morbido», dice parlando della spettacolare
e ampia scala circolare con balaustre realizzate con
cinque chilometri di cavi di un appartamento a tre
piani di Shanghai.
l'interno del Roosevelt Hotel su Hollywood Boulevard.
La Wang sostiene che l’ha «plasmata». «Mi ha fatto
pensare in modo diverso, mi ha aperto la mente,
ampliando il modo di usare materiali diversi», spiega. «A
Los Angeles la mentalità è molto diversa rispetto a Hong
Kong e dovevo capire le persone. Qual era il loro stile di
vita? Cosa desideravo nel profondo? In che tipo di case
aspiravano a vivere? Era questo che mi interessava».
È stato questo desiderio di «indossare la pelle» dei suoi
clienti e dei loro clienti che ha innalzato la Wang a
grandi altezze e l’ha spinta a creare il Wang Studio nel
2011, con sedi a Londra e Hong Kong. «Questa è la vera
La Wang ha infatti inserito tre tipi di metallo nello schema, lamiera,
metallo logorato dalle intemperie e cavi, e ha utilizzato lamiera piegata
per modellare una scala curva fino al tetto e sottili lastre di acciaio corten per
rivestire le pareti. Sembra duro e crudo? Il risultato è sorprendentemente
morbido e la leggerezza del tocco della Wang rende lo spazio squisitamente
sensuale e femminile.
«Mi infastidisco quando qualcuno dice: “Oh, il tuo lavoro è industrialchic”»,
ammette la Wang. «Mi ritraggo. Non voglio vivere in uno spazio
industriale, ma imparare
a usare il metallo per far sentire la gente a proprio agio». »
Jaguar Magazine / 35
Rifare la storia
E by Equinox St James presenta forme
a serpentina in metallo in contrasto con
l’interno più tradizionale in marmo
dell'ex banca
Le superfici dure sono un liet-motiv nel lavoro della
Wang: dai blocchi di ardesia da contrasto a un soppalco
sospeso in metallo all'Equinox St James di Londra, ai
pannelli di onice girevoli e il lampadario fatto di catene,
che creano l’ambiente edonistico-grintoso del Mott 32
di Las Vegas. La Wang, però, alleggerisce sempre il suo
lavoro con la giusta fluidità. Così l'ardesia nera si fonde
con pannelli di calda quercia, e le lastre di onice cedono
il posto a paralumi di piume ispirati a showgirl.
Come fa la Wang a dividersi tra due atelier in
due continenti e una miriade di progetti? I viaggi
regolari a Londra da Hong Kong aiutano, ma la
comunicazione è essenziale. «Le due sedi si ispirano a
vicenda», spiega. «Facciamo viaggi aziendali ogni anno
e, anche se dividiamo i progetti per regione, mi piace
condividere le idee».
I suoi viaggi sono anche fonte d’ispirazione per altri
versi. A New York, la Wang gravita a Brooklyn per
evitare il sistema stradale di Manhattan e ama le
prospettive dalla High Line, mentre reputa Hong Kong
il massimo per il cibo di strada. Quando è nel Regno
Unito, la Wang visita sempre una proprietà del National
Trust («Si può imparare così tanto da un'autentica
cucina del XVII secolo»), ma è Londra la più amata di
questa designer giramondo.
«Lavorare in città era un sogno che non pensavo si
avverasse così presto», spiega. «Ma quando il Mandarin
Oriental Hyde Park ci ha invitato a proporre un progetto,
uno dei requisiti era avere una sede a Londra. Ormai
sono 5 anni e siamo ben sistemati. Incontro persone che
fanno cose incredibili, che lavorano con il metallo, o con
la pietra o il tessuto. C'è molta richiesta per creazioni
che non esistono a Hong Kong. É un vantaggio per il
nostro studio».
L’artigianalità gioca un ruolo importante al Wang
Studio. Le nuove tecnologie hanno permesso ai designer
di adottare un approccio più sperimentale ai materiali
tradizionali, che la Wang accoglie a braccia aperte. Cita
come esempio l'artigiano britannico Stuart Fox, che
lavora con finiture classiche come gli specchi, ma
trasforma superfici umili in texture ultraterrene e senza
tempo. Pannelli di vetro curvi o intriganti design con
piume, come ha fatto per la Penthouse del Mandarin
36 / Jaguar Magazine
Design
Mondo Wang
Con cosa disegni?
Una penna nera.
Ti piace lavorare in ambienti
specifici?
Posso lavorare ovunque, ma amo
stare con la gente.
Qual è il tuo momento preferito
del giorno? Sono un gufo
notturno. È molto utile se devo
parlare con Londra.
Hai una routine di viaggio?
Evito di lavorare in volo, sono
contenta che il Wi-Fi a bordo non
sia ancora diffuso. Leggo, guardo
un film o dormo.
Qual è il tuo dispositivo più utile?
Il mio iPhone.
Come ti rilassi?
Faccio un bagno. Limito le
fragranze al minimo e amo la
biancheria. Un bel tappetino e
l’accappatoio sono un must.
Hai un itinerario preferito?
Il tratto per Devon.
Le siepi sono così alte e amo
accelerare giù per quelle
corsie strette.
STANLEY CHENG (P.33 E P37); JAMES MCDONALD (P.38)
«È una gioia trovare
persone aperte alla
sperimentazione»
Oriental, crea nuove entusiasmanti finiture che elevano
il lusso a livelli superiori.
La Wang ama anche il lavoro del designer di lampade
Chris Cox e ha utilizzato in molti progetti le sue
creazioni ispirate alla natura in metalli di lusso come il
ferro bronzato e la lastre d'argento anticate, tra cui un
delicato lampadario su misura decorato con calligrafia
giapponese. «È una tale gioia trovare persone aperte
alla sperimentazione», riflette.
Secondo la Wang, il concetto di lusso sta cambiando
rapidamente. Se prima significava opulenza e grandi
proporzioni, ora significa meno formalità e più intimità.
Assume anche significati diversi nelle diverse fasi della
vita. Per la Wang, madre di tre bambini piccoli, il lusso
in una casa non è definito dall'eleganza di un divano ma
dalla sua capacità di creare l'ambiente giusto per una
determinata persona. «Il lusso a casa mia è un momento
per me, o con mio marito o i miei figli», spiega. «Sono
ambienti in cui mi sento bene, sia che guardi un film con
mio marito, o faccia il bagno ai miei figli, mentre li
guardo divertirsi».
Nel mondo della Wang, sono la tattilità e il realismo
della vita a dare i risultati più riusciti. Costoso non è
sinonimo di ideale e il prezzo deve essere comunque
commisurato al valore dell’oggetto. «Il mio studio sa
distinguere tra ciò che è costoso ma vale la spesa e ciò
che non lo è», spiega. «Il denaro va speso per cose
tangibili, dalle maniglie delle porte ai copriletto e la
biancheria, perché ne puoi apprezzare la materialità».
La Wang non condivide nemmeno le spese folli,
soprattutto date le implicazioni ambientali spesso
associate a questi «capricci». Lei e il suo team iniziano
i progetti cercando materiali locali e che riflettano il
contesto. Inoltre, hanno notato che i clienti sono più
consapevoli della provenienza dei prodotti e alcuni
definiscono per contratto un certo chilometraggio per
»
Jaguar Magazine / 37
Stai tranquillo
Per la Entertainment Suite,
Mandarin Oriental Hong Kong, e la
lobby principale, Hyde Park, la
Wang ha scelto un’intima opulenza
l’approvvigionamento dei pezzi. «Negli ultimi anni è
diventato sempre più importante e, ad essere onesti,
otteniamo risultati migliori con questo approccio», dice
la Wang. «Non c’è migliore alternativa allo spedire
qualcosa da un capo all'altro del mondo».
Quindi, dove risiede il futuro del design di lusso?
Dall’esperienza acquisita dai suoi molti e diversificati
progetti, la Wang lo colloca nel tempo libero e la
creazione di spazi intimi che riscrivono il concetto di
vacanza di lusso. Il suo sogno è progettare un resort o
un rifugio in armonia con il paesaggio naturale e che
abbatta i confini sia letteralmente che figurativamente.
«Le pareti possono essere pannelli, anziché muri. Gli
ospiti possono fare il bagno all’aperto e l’atmosfera deve
essere più naturale», dice entusiasta. «Mi piace l'idea di
pensare in modo diverso, senza regole». Sembra il
progetto di lusso perfetto.
J
38 / Jaguar Magazine
Design
Jaguar Magazine / 39
FATE
ARTE
NON
GUERRA
L'organizzazione mondiale In Place of War sostiene la creatività
per favorire il cambiamento positivo in alcune zone di conflitto.
Il CEO, Ruth Daniel, ci spiega come l'arte può cambiare la vita
Storia Geoff Poulton
»
40 / Jaguar Magazine
Mondo
Jaguar Magazine / 41
Goma non era un posto facile in cui
essere nel 2009. Truppe armate e carri
armati delle NU lungo le strade, eredità
di anni di guerre civili con milioni di
vittime, mentre vie, edifici e vegetazione
erano coperti di nero per l'eruzione del
vulcano Nyiragongo, con fiumi di lava
che inghiottivano la città congolese.
«Non avevo mai visto niente di simile»,
dice Ruth Daniel. «Sembravano scene
da un film-catastrofe».
Ma tra la sofferenza e la distruzione,
il popolo di Goma trovò il modo di riunirsi, esprimersi
e divertirsi. La Daniel ricorda un raduno di migliaia di
persone per assistere a uno spettacolo teatrale all'aperto.
Circondati dalla sporcizia, giovani e meno giovani
stavano seduti o in piedi attorno a un palco improvvisato,
affascinati dallo spettacolo e felici di interagire.
«Anche se il contesto era estremamente complicato, la
loro volontà di cimentarsi con l'arte era entusiasmante»,
dice la Daniel. «Era arte in azione, che faceva davvero
la differenza. Per me è stato l'inizio di un viaggio».
La Daniel era stata nella Repubblica Democratica del
Congo per un progetto di ricerca dell'Università di
Manchester sul ruolo dell'arte nei luoghi di conflitto. Il
progetto, «In Place of War», è poi diventato
un'organizzazione che utilizza la creatività per generare
un cambiamento positivo nelle zone di conflitto. La
Daniel è il CEO di In Place of War, che collabora con
leader e artisti della comunità locale in oltre 20 paesi,
per creare spazi culturali, come studi musicali e teatri,
formare imprenditori creativi e promuovere la
collaborazione artistica. Ha attirato sostenitori, quali
Brian Eno e Desmond Tutu, e ha portato la Daniel e la
sua squadra in alcuni dei luoghi più pericolosi al mondo.
Ci racconta le sue visite nel quartiere impoverito di
Lavender Hill, nel sud-est di Città del Capo, dove In
Place of War era stato invitato per vedere il lavoro del
capo gang riformato Turner Adams e se potevano
aiutare la comunità. «Niente posti di lavoro, né mezzi
42 / Jaguar Magazine
Mondo
Il potere del popolo Foto piccola:
Ruth Daniel con giovani ugandesi.
Al centro: alcuni musicisti internazionali
SYMBIZ in Uganda
nel 2018. Pagina precedente:
La pop star ghanese Wiyaala
per l'iniziativa musicale GRRRL
pubblici. Gang violente sono la norma e il tasso di
omicidi e il consumo di droga sono elevati. La visita è
stata un'esperienza intensa perché poteva accadere qualcosa
in qualsiasi momento.» Eppure la maggior parte
delle persone era felice che fossero lì. «Ci dicevano solo:
Grazie di essere venuti, nessun altro lo fa».
Questo è un modello che vede spesso. Nonostante la
violenza prevalga in molte delle aree in cui lavora, la
Daniel dice però di aver incontrato pochissima resistenza
ai suoi sforzi. «Sì, ci sono stati momenti difficili, mi
hanno puntato una pistola contro. Ma va bene. Siamo
sempre con gente del posto molto rispettata nelle
comunità che visitiamo. Molte persone si sentono
dimenticate: apprezzano che mostriamo solidarietà,
cerchiamo di aiutare».
La Daniel voleva operare cambiamenti fin da giovane.
«I miei genitori erano molto attivi in politica. A circa 13
anni mio padre mi citò una frase che aveva sentito: puoi
fare soldi, fare la storia o fare arte. Mi colpì moltissimo».
All’università, la Daniel si è lanciata nella vibrante
scena musicale di Manchester. Ha fatto tour con vari
gruppi, tra cui la band punk The Fall, prima di fondare
la sua etichetta a 22 anni, e ha contribuito a istituire un
evento musicale alternativo, l’Un-Convention. «L'industria
stava subendo una trasformazione digitale. Era
entusiasmante, potevamo raggiungere nuove audience,
incoraggiare la collaborazione. Presto abbiamo avuto
visitatori da diversi paesi che volevano portare il festival
nella loro città e abbiamo coinvolto musicisti come Jarvis
Cocker e Billy Bragg.»
Poi è arrivata la svolta per la Daniel. L'Un-Convention
l'ha portata a Bogotà, Colombia, dove Martin Giraldo
l'ha invitata a Medellin, marchiata da Time magazine
negli anni ‘90 «la città più pericolosa al mondo» per via
delle connessioni col cartello della droga, perché potesse
vedere l'impatto dell'hip-hop sulle gang di Comuna 13.
«Eccomi lì, che stavo per entrare in quel quartiere con
Andrew Loog Oldham, una figura importante della
musica britannica, ex manager dei Rolling Stones, e ci
chiedono di firmare dei moduli su dove inviare
eventualmente i nostri cadaveri. Era surreale.» A
»
Jaguar Magazine / 43
Comuna 13, la Daniel vide quanto potesse essere
radicale l'impatto della musica. «L'avevo sempre vista
come intrattenimento, ma ora sentivo la gente dire: “Se
non fosse per l'hip-hop, sarei morto”. Aiutava i giovani
a uscire dalle gang e dava loro un’altra identità, un modo
diverso di esprimersi e collaborare per creare musica».
La Daniel fu ispirata a unire il suo amore per la musica
con la potenza del teatro che aveva sperimentato fin dai
primi lavori con In Place of War. «Tutte le forme d'arte
possono aiutare chi vive in aree colpite da conflitti», dice.
«Non importa quanto grave sia la situazione, le persone
creano arte sempre. Il significato varia in base alla
situazione: nel pieno del conflitto serve come distrazione;
più il conflitto è lontano, più l'arte serve a capire e
superare ciò che è successo».
In Place of War opera in modo organico, attraverso
presentazioni da una rete in costante evoluzione di oltre
«L’ARTE APRE
SPAZI PER LA
CONVERSAZIONE»
Ruth Daniel
80 change-maker in tutto il mondo, persone collegate
all’arte che cercano di aiutare le comunità locali. I rapporti
dell'organizzazione con città o paesi spesso durano molti
anni. In Uganda, ad esempio, In Place of War ha lavorato
per oltre un decennio, creando spazi culturali, programmi
imprenditoriali, un festival musicale e persino un gruppo
teatrale, volto a cambiare la percezione dei sopravvissuti
ai conflitti con disabilità. La Daniel cita l'esempio di MC
Benny, un artista hip-hop locale nella città di Gulu, che
44 / Jaguar Magazine
Mondo
Progetti di In Place of War
in Uganda: danza e musica
per il cambiamento sociale
FOTO: JACOB SIMKIN (P.40); KATIE DERVIN (P.42-45)
ora gestisce un’azienda agricola dove lavorano altri 15
artisti. Con i soldi guadagnati organizzano corsi hip-hop
in una prigione locale, incoraggiando giovani criminali a
votarsi alla musica, anziché al crimine.
La Daniel spiega che questi progetti sono vitali per chi
deve convivere coi conflitti. «Per me, il suono degli spari
in Palestina era allarmante, ma per chi vive lì, è
normale.» In Place of War ha avviato numerosi progetti
nella regione, in particolare il Palestine Music Expo, con
cui ha contribuito a sostenere gli artisti palestinesi.
L'organizzazione ha aiutato a raccogliere oltre 300.000
dollari di attrezzature musicali per spazi culturali in
tutta l'area, compresi i campi profughi, e formatori per
organizzare regolarmente laboratori.
L'organizzazione mira a superare le frontiere il più spesso
possibile, coinvolgendo i suoi change-maker nei progetti
nei diversi paesi. Forse l'esempio migliore è GRRRL, una
collaborazione internazionale di musica elettronica che
consente alle donne in aree di conflitto di raccontare le loro
storie. Sotto la guida della brasiliana Laima Leyton,
membro della band belga Soulwax, oltre 40 donne da paesi
come Zimbabwe, Bangladesh e Venezuela hanno contribuito
a un progetto di musica e tour che ha prodotto un
album, oltre a concerti dal vivo dai bar di East London ai
Giochi del Commonwealth in Australia. «Le donne
provenienti da luoghi come questi sono tra le persone più
emarginate al mondo», dice la Daniel. «GRRRL permette
loro di riunirsi, esprimersi e ispirare gli altri».
La Daniel spiega che i mesi o persino gli anni di lavoro
necessari per creare tali progetti sono sempre gratificanti
e, nonostante la sua grande esperienza, i risultati
continuano a stupirla. «Il potere dell'arte mi sbalordisce
sempre. Apre uno spazio per conversazioni che
altrimenti non ci sarebbero. E se non puoi essere creativo,
qual è il significato della vita?»
J
www.inplaceofwar.net
Jaguar Magazine / 45
Spazio
creativo
Julian Thomson, design director,
svela i dettagli sul nuovo studio di
design di Jaguar pronto ad aprire
Storia Tom Morris Fotografia Damian Russell
Da qualche settimana nel suo nuovo ruolo di design
director in Jaguar, Julian Thomson è seduto nel suo
studio nuovo di zecca al campus dell’azienda a Gaydon,
nella campagna del Warwickshire. Subentra al suo
predecessore di lungo corso Ian Callum in quello che è
in assoluto il primo spazio su misura creato da Jaguar,
dove il team di progettazione può sognare e creare i
modelli futuri. Sono al via molti nuovi inizi e nell’aria
c’è un’atmosfera da «primo giorno di scuola». «È un
nuovo capitolo», riflette Thomson.
Benché nuovo nel ruolo, Thomson è uno dei membri
più accreditati del team di progettazione. Si è unito a
Jaguar 20 anni fa, dopo aver acquisito esperienza con
Ford e Lotus. Insieme a Callum ha assistito alla
trasformazione di Jaguar da marchio di tradizione
britannica a marchio di lusso all’avanguardia con il
lancio delle auto sportive F-TYPE e, più di recente, della
World Car of the Year 2019, l’I-PACE 100% elettrica.
Come director of advanced design, Thomson ha
collaborato attivamente allo sviluppo delle concept car
sportive XF (X250) e C-X75, che descrive come il
progetto a cui si sente più legato.
46 / Jaguar Magazine
Design
Jaguar Magazine / 47
Delizie di design
1/Articolo tech col miglior design?
Le moto KTM: ho la 1290 Super
Adventure S e l’EXC 200. Sono
dinamiche e ribelli e amo la
determinazione dei progettisti.
2/Artista preferito?
Peter Blake, adoro la copertina
dell’album Sgt. Pepper.
3/Il libro che l’ha
influenzata di più?
Il pianeta delle scimmie di
Pierre Boulle, autore anche
di Ponte sul fiume Kwai.
Trattano di pregiudizi e
repressione di una nazione
di minoranze.
4/Marchio di moda
più apprezzato?
Patagonia o Adidas.
Mi interessa il comportamento
dei marchi, cosa rappresentano,
la collaborazione e come usano
la tecnologia. Sono cose a cui
pensiamo molto quando
creiamo auto di lusso.
5/Ristorante preferito?
Il Re Gallo, a Castellina in
Chianti, Italia. Ordinerei la
pasta al ragù di cinghiale e
pollo con tartufi freschi.
Sogni in grande. Il nuovo centro di design Jaguar (destra)
soddisfa le ambizioni di Thomson
Competenze ed esperienza hanno posto Thomson
nella posizione per guidare Jaguar nel futuro. È davvero
entusiasta, ma consapevole della trasformazione in atto.
«Il mondo sta cambiando molto rapidamente e ora il
marchio deve adeguarsi» dice.
«Le nuove sfide in termini di elettrificazione e automazione
sono molte, ma anche i clienti stanno cambiando.
Dobbiamo mantenere il marchio stabile e su una traiettoria
forte, conservando però il nostro spessore».
Adattarsi alle aspettative dei clienti è essenziale per il
ruolo di capo del design. La sostenibilità è in cima alle
priorità ed è culminata nel lancio dell’I-PACE nel 2018,
che doveva essere un’auto elettrica con la sensibilità
«Jaguar».
«È stato un ottimo esempio di come ci stiamo
adattando a un mondo in evoluzione, pur creando
un’auto di lusso», dice. Anche l’automazione è fonte di
problemi per un marchio tradizionalmente orientato
all’emozionante esperienza della guida. «Jaguar è
sinonimo di guida dinamica. Le auto con un certo grado
di automazione consentono esperienze di guida
altrettanto appaganti? Queste sono le problematiche su
cui stiamo riflettendo», dice.
Bisogna considerare anche l’ascesa di startup
trascinanti come Rivian e Nio, che hanno fuso queste
48 / Jaguar Magazine
Design
«I nostri valori di bellezza, design,
understatement e innovazione
valgono ancora oggi»
sfide nella loro proposta e nei valori del marchio fin
dall’inizio. Thomson, tuttavia, è imperturbabile. «Sono
allettanti per i clienti giovani, ma noi siamo un marchio
con un’enorme eredità di cui siamo fieri», afferma.
«Quando William Lyons l’ha creato così tanti anni fa, i
nostri valori erano bellezza, design, understatement e
innovazione. Hanno ancora valore nel mondo
moderno».
Indubbiamente il design è più importante che mai
per il marchio. Quando ha iniziato, dopo la laurea in
Vehicle Design del Royal College of Art,
Thomson ricorda che la reputazione e le prestazioni
erano gli elementi richiesti dalla maggioranza degli
acquirenti di auto. I leader di mercato oggi si
differenziano per il design, quindi il settore è molto
più creativo e presta molta attenzione agli interni, i
materiali e le interfacce che non esistevano 20 anni fa.
Le nuove strutture di alto livello ne sono la
testimonianza. L’architettura è stata progettata
pensando al processo di modellazione dell’argilla,
ovvero una struttura abbastanza grande da consentire
di lavorare 20 modelli full-size
contemporaneamente. Ospita due studi principali,
Studio 3 e Studio 4, come i numeri delle Jaguar D-type
che hanno vinto a Le Mans nel 1957 e 1956. Al centro
c’è un hub collaborativo chiamato «Heart Space»
attorno a cui ruotano team tecnici per interni,
esterni, colori, materiali, visualizza-zione di design e
progettazione, oltre a robotica leader di settore,
apparecchiature VR e un display 4K a parete da 11
metri, «The Electric». I modelli si possono
facilmente portare fuori per vederli alla luce naturale e
da varie distanze e angolazioni. «Non volevamo
oscurare tutte le finestre», dice Thomson. «Vogliamo
poter guardare fuori e vedere il cielo e gli alberi».
Il team di 280 persone è strategicamente ospitato sotto
un unico tetto, che Thomson paragona a un terminal
d’aeroporto «conviviale», con progettisti, modellatori e
ingegneri a stretto contatto. «Se un modellatore di argilla
ha un problema o un’idea, può chiamare il progettista,
che poi coinvolge l’ingegnere,» dice. In questo modo
anche Thomson partecipa attivamente al processo di
progettazione quotidiano: «Questa vicinanza mi consente
di girare per la struttura, parlare con le persone e
guardare le cose. É la parte migliore del mio lavoro».
L’ascesa di Thomson a design director segna un nuovo
capitolo per Jaguar e il coronamento di un sogno
d’infanzia. Ricorda che disegnava auto quando aveva
solo cinque o sei anni. Decenni dopo, quale eredità
vorrebbe lasciare al marchio? «Mi piacerebbe
consolidare ulteriormente l’amore per Jaguar. Voglio
creare momenti mozzafiato», dice. «In sostanza, voglio
ispirare le persone.»
J
Jaguar Magazine / 49
CLASSICO
CON STILE
David Gandy e la sua Jaguar XK120
hanno molto in comune. Li incontriamo
a Londra e scopriamo uno stile moderno
sotto la superficie patinata
Storia Andrew Dickens Fotografia Bella Howard
50 / Jaguar Magazine
Persone
S
horeditch il lunedì pullula di gente trendy. Calderone
creativo a Londra est, attira persone che vanno al lavoro
a passo di valzer con un caffè da 4,50 euro in una mano
e un pizzico di zeitgeist nell’altra.
Oggi, però, trendy o no, i loro sguardi sono attratti da
due icone nelle stradine del quartiere: il megamodello
David Gandy e la sua Jaguar XK120 del 1954
amorevolmente restaurata di recente. Contro lo sfondo
ruvido decorato con graffiti e una pioggia costante che
ingrigisce la luce, hanno un aspetto patinato prima
ancora di andare in stampa, come usciti da un servizio
fotografico anni ’50. »
OPERA: MR CENZ (MRCENZ.COM)
52 / Jaguar Magazine
OPERA: MR CENZ (MRCENZ.COM)
Persone
Street art La XK120 di David Gandy
sembra a casa nel quartiere creativo,
dove vecchio e nuovo si fondono
Fabbrica di sogni
Jaguar Classic plasma fantasie
Jaguar Classic restaura,
ricrea e ricostruisce i veicoli
che hanno reso Jaguar ciò
che è oggi. Dalla XK120 di
David Gandy all’E-Type Zero
100% elettrica, gli artigiani
di Jaguar Classic sono fissati
con la qualità e l’autenticità.
Per Gandy, sembra un gioco: si alza, si siede, ammicca.
Ma parla anche. E non sono chiacchiere futili: offre
spunti creativi al team intorno a sé e stronca sul nascere
un allestimento che non gli piace. Dire che Gandy ha da
offrire ben più di ciò che attira lo sguardo è
un’affermazione forte, perché l’occhio vede 1,92 cm di
abbronzata bellezza mascolina. Ci sono statue romane
meno cesellate. Ma, per lui, fare il modello non basta.
E non basterà mai.
«Ogni scatto è una discussione», spiega. «Devi essere
deciso. Quando hai un marchio, ne sei responsabile. Si
tratta di qualcosa che ho costruito in 17 anni e, dopo così
tanto tempo, sai distinguere ciò che è buono da ciò che
non lo è. «Ancora oggi quando vado alle riunioni la
gente dice: ‘Perché c’è lui alla riunione? Perché ha voce
in capitolo? A volte è molto difficile. Ma in fondo siamo
solo esseri umani: stereotipiamo e cataloghiamo tutti».
Oggi, quando parla, la gente ascolta, perché lui è
David Gandy. Si è guadagnato il rispetto in questi 17
anni, lavorando con molti dei più grandi marchi e
fotografi del pianeta.
Incredibilmente e impercettibilmente, è ancora nervoso
prima di ogni scatto. Odia i red carpet. Non ama essere
fotografato. Così crea un personaggio, dice, come Reg
Dwight che diventa Elton John sul palco, solo senza
cantare e con una postura migliore.
«Mi piace sentire le farfalle nello stomaco», dice.
«Non so se è adrenalina. Amo pungolarmi, uscire dalla
mia zona di comfort».
Gandy è entrato nel mondo della moda per un colpo
di fortuna. Nel 2001 il suo coinquilino lo iscrisse, a sua
insaputa, a un concorso per modelli alla TV britannica,
che vinse. Ma la fortuna non c’entra col modo in cui ha
saputo far fruttare quell’opportunità. Divenuto il volto
di Dolce & Gabbana nel 2006, dopo il successo della
campagna Light Blue del marchio, è il volto (e torso)
maschile più famoso del settore.
Prendendo esempio dalle top model donne, voleva
creare il suo marchio, gestirlo e instaurare collaborazioni
a lungo termine. («Come ha detto Cindy Crawford,
voglio un matrimonio, non una botta e via.») Ci è
VIVERE LA STORIA
Jaguar Classic offre anche
l’opportunità di visitare la
struttura all’avanguardia di
Coventry, per vedere da
vicino circa 500 veicoli
iconici e incontrare le persone
incredibili che li restaurano e
li ricostruiscono.
Per ulteriori informazioni sui
veicoli disponibili, i servizi di
restauro personalizzati e i
tour, contatta Jaguar Classic.
»
Jaguar Magazine / 53
OPERA: JIMMY C (AKAJIMMYC.COM)
Foto perfetta «Non ho uno stilista, mai
avuto», dice Gandy. «So cosa funziona
per me»
riuscito e poi ha collaborato con marchi del calibro
di D&G, Breitling (per cui ha diretto un cortometraggio)
e, ovviamente, Jaguar.
Queste cose, abiti, orologi, auto, dice, sono tutte sue
passioni. E la passione alimenta la sua creatività. «Penso
di esprimere la mia creatività soprattutto attraverso il mio
stile», dice. «Non ho uno stilista, mai avuto. Ho sempre
avuto uno spiccato estro stilistico. So cosa funziona per
me e per i marchi».
Ha offerto tale conoscenza ad aziende come il gigante
UK Marks & Spencer e Aspinal of London, contribuendo
a creare linee di abbigliamento.
«La gente dice sempre: ‘Non crei veramente qualcosa
per M&S, vero?’». «E Io: ‘Sono proprio io, sono il direttore
creativo’ Ho scritto per Vogue, Vanity Fair, The Telegraph e
GQ e la gente chiede: ‘Usi un ghost writer?’ Non credono
che io faccia davvero qualcosa».
Gandy è un tipo pratico. Ci ripariamo dalla pioggia in
un bar locale e parliamo della XK120 sotto la pioggia. Ci
sono volute 2.700 ore di duro lavoro e di concentrazione
di Gandy e Jaguar Classic per portarla al suo attuale stato
glorioso: l’obiettivo è partecipare alla Mille Miglia 2020
da Brescia a Roma. Gandy ha la patente da corsa ed è
stato molto coinvolto, fino a un certo punto...
«Il problema è,» ridacchia, «che quando provo a
progettare un’auto, sembra quella che ho disegnato a
cinque anni. Sono piuttosto artistico, ma non serve. In
fondo sono un direttore creativo. Non disegno i vestiti di
M&S, riunisco la direzione e dò indicazioni agli stilisti».
La sua storia d’amore con le auto inizia presto.
Cresciuto nell’Essex, era difficile non subire il fascino
dello stabilimento Ford a Dagenham. Lui e i suoi amici
avevano tutti un’auto (anche se diverse). «Il nonno del
mio amico aveva una vecchia Datsun in cui mi sedevo»,
ricorda. «Giocavamo a Top Trumps e facevamo testacoda
con i go-kart. La mia prima auto fu una Ford Fiesta
del 1988. I finestrini elettrici erano inservibili, ma
l’adoravo. Alcuni papà dei miei amici lavoravano in Ford
e avevano belle auto. La mia era la peggio».
54 / Jaguar Magazine
Persone
Chiedo se ha altre passioni infantili che ancora
perdurano. Senza esitazione, dice: «Gli animali».
Sotto il tavolo si drizzano un paio di orecchie.
Appartengono al mio Cockapoo di otto mesi, Brewster,
che ci ha pazientemente seguito sotto la pioggia ed è stato
appena premiato con una vigorosa asciugatura al bar. Per
tutta la mattinata, Gandy ha fatto molte domande su
Brewster quante ne ho io su Gandy. Ambasciatore di
Battersea Dogs & Cats Home a Londra, adottava
regolarmente cani senzatetto.
«Ho sempre amato gli animali», dice. «Sono cresciuto
con i cani e a 15 anni lavoravo in un centro per cani nei
fine settimana. Quando ero single e viaggiavo per il
mondo non potevo avere un cane. La gente pensava che
fosse strano che parlassi di cani, ma non ne avessi uno,
ma cercavo di spiegare cosa sia la proprietà responsabile.
Se non stai molto a casa, non dovresti avere un cane».
Alla fine, uno dei suoi cani adottivi restò per sempre.
Gandy aveva iniziato una relazione con Stephanie
Mendoros e si innamorarono di Dora, un meticcio di età
incerta (anche se Gandy fece analizzare il suo DNA per
assicurarsi che il regime di addestramento fosse adatto).
Da capogiro
È difficile non fissare l’XK120,
anche quando la possiedi!
Fu un momento clou in un periodo di cambiamento per
Gandy, che poco dopo diventò padre di Matilda. Dora
fu una buona palestra per la paternità.
«Ti prepara alle responsabilità», dice. «Devi essere a
casa a una certa ora, li devi nutrire. Un bambino crescerà
e diventerà indipendente, ma un cane avrà sempre
bisogno di te come il primo giorno».
Gandy è riservato sulla sua vita privata. Il suo livello di
fama, dice, è confortevole. Non dirà mai di no a una chat
o a una foto, ma non ostenta la sua famiglia, soprattutto
sui social media. Usciti dal bar, però, mentre facciamo
due passi per le strade del quartiere, interrotti solo una
volta dai gridolini allegri di qualche fan, si apre su ciò che
significano per lui.
«Matilda viene sempre con noi, come Dora», dice.
«Viaggiamo come un vero e proprio branco. Lo adoro.
Sono via ora e oggi dovevo lavorare, quindi non ho visto
»
Jaguar Magazine / 55
Dettagli chic
La XK120 del 1954 è stata riportata
all’antica gloria e monta molti elementi
su misura, tra cui sedili con motivi
a reticolo e volante più piccolo per
ospitare la stazza da 1,92 di David
Gandy
MIKKELLER BAR LONDRA; BEN EINE (EINESIGNS.COM)
56 / Jaguar Magazine
Persone
«C’è un momento in cui devi
stravolgere tutto. Ora preferisco
stare dietro la macchina
fotografica»
Poster boy
Gandy, appassionato di auto, ha fatto
molta strada da quando guidava una
Ford Fiesta del 1988
Matilda stamattina. E mi sento tipo: ‘Cosa faccio?’
Mi manca non vedere la mia piccola che mi fa un gran
sorriso. Il lavoro non ti dà le stesse gioie, non le puoi
comprare. Non si può spiegare l’amore per un figlio: è
travolgente. Lei è il nostro cucciolo e spero che crescerà
forte».
Gandy non ha bisogno di lavorare, vuole lavorare.
E l’attività di modello sta diventando una parte sempre
più marginale di quel lavoro. Ha anche un piano
quinquennale, che ha sempre avuto e, secondo lui, tutti
dovremmo avere. Non svelerà i dettagli, però, come un
cattivo di Bond che sta per far fuori 007 in modo
stravagante ed eludibile. Ma gli indizi spuntano ovunque.
«Arriva un momento in cui devi stravolgere le cose»,
dice. «Ora preferisco stare dietro la macchina fotografica.
Uno dei motivi è che l’industria è completamente
cambiata. La creatività fotografica di alto livello di cinque
o dieci anni fa non c’è più. Vlogger e influencer fanno un
sacco di scatti da soli. Non capiscono cosa significhi avere
un art director e un fotografo straordinari.
«Forse farò qualcosa da solo. D’altro canto mi piace
molto lavorare con altre persone. Vedere l’impatto che
puoi ottenere per un grande marchio facendo le cose per
bene è davvero appagante».
Qualunque cosa faccia, guarderà avanti. È ispirato,
dice, dalla storia di Londra e la sua energia creativa.
Lavora prevalentemente con marchi che coltivano un
forte patrimonio. Ma sa che loro e lui, come tutti, hanno
bisogno di evolversi per sopravvivere.
«Sono per l’innovazione, il cambiamento», dice. «Non
puoi stare fermo, devi andare avanti. Il patrimonio
culturale è una grande risorsa, ma l’importante è come
lo trasponi nell'era moderna.»
Accanto all’XK120, icona di un passato esaltante
rinnovata con la tecnologia moderna, non potrebbe
offrirci una rappresentazione migliore.
J
Jaguar Magazine / 57
DIPINTI
COI
NUMERI
I computer possono diventare
più creativi dell’uomo? Autore di
The Creativity Code, Marcus
du Sautoy esplora il futuro
dell’intelligenza artificiale (AI)
Illustrazione Jamie Cullen
58 / Jaguar Magazine
Tech
Le macchine possono fare cose straordinarie, precluse
agli uomini. Le auto si muovono più velocemente di
qualsiasi animale. Una calcolatrice può eseguire calcoli
a velocità ineguagliabili per l’uomo. Uno scanner fMRI
può «guardarti» dentro. Le macchine volano. Ma, alla
base di queste conquiste, c’è l'ingegno umano che ha
creato il loro potere. Alle macchine devi dire cosa fare.
Quindi come potrà mai una macchina compiere imprese
che sorprendano il suo creatore?
+ZMI\Q^Q\o [QOVQÅKI QVNZIVOMZM TM ZMOWTM 8MV[IZM N]WZQ
dagli schemi. Fare qualcosa che ci sorprenda. Ha un
valore tale che ci fa vedere il mondo in un modo nuovo.
Una macchina potrebbe mai farlo?
In informatica questo è un mantra da molti anni. Se
scrivi un codice per far fare qualcosa a una macchina,
scrivi tutte le istruzioni che dicono alla macchina cosa
NIZM QV WOVQ [KMVIZQW KPM XW\ZMJJM ^MZQÅKIZ[Q ;M LW^M[[Q
programmare un computer per giocare a tris, il programma
consisterebbe in molte stringhe di codice con istruzioni
tipo: se il tuo avversario fa una croce in centro, tu fai un
cerchio in un angolo. Ma negli ultimi anni, c'è stato un
cambiamento nel tipo di codici scritti.
4W [\QTM LQ KWLQÅKI \WXLW_V QV K]Q LQKQIUW ITTI
macchina cosa fare, è stato sostituito da un nuovo
IXXZWKKQW JW\\WU]X 1T KWLQKM ^QMVM [KZQ\\W QV UWLW
tale che, invece di sapere come risolvere un problema
ÅV LITTQVQbQW QUXIZI I ZQ[WT^MZTW 1T KWLQKM [Q M^WT^M M
KIUJQI Y]IVLW QVKWV\ZI V]W^M [ÅLM 1UXIZI LIOTQ MZZWZQ
proprio come noi. Se sbaglia, il codice è in grado di
ZQ[KZQ^MZ[Q 8] UWLQÅKIZM Q XIZIUM\ZQ QV UWLW KPM [M
il problema si ripete, la nuova versione aggiornata del
codice non sbaglierà la volta successiva. Questo nuovo
tipo di codice, chiamato apprendimento automatico, è
modellato sul meccanismo di apprendimento e sviluppo
degli esseri umani. Se mettiamo la mano sul fuoco, il
cervello aggiorna rapidamente il suo codice in modo da
riconoscere i segnali di avvertimento la volta successiva
ed evitare di farlo di nuovo.
Jaguar Magazine / 59
Il punto di svolta sta nel capire come scrivere un codice
che può imparare. L'idea non è nuova, il codice che
'imparò' a giocare a tris è stato inventato nel 1960 da
Donald Michie, ma il vero potere dell'apprendimento
automatico ha interessato solo di recente il mainstream.
Ciò che è cambiato è che ora è disponibile un ricco
ambiente digitale in cui il codice può vagare e imparare.
L'enorme numero di immagini digitali online, ad es., ha
consentito al software di distinguere tra l'immagine di un
KIVM M LQ ]V OI\\W KW[I KPM TI KWLQÅKI \WXLW_V VWV MZI
riuscita a fare.
Se il codice impara, cambia, si sviluppa, muta, a un
certo punto potrebbe iniziare a fare cose che sorprendono
l’autore del codice originale. Improvvisamente, il codice
X] M[[MZM KZMI\Q^W 1V NWVLW ]VI LMTTM LMÅVQbQWVQ LQ
creatività è che si tratti della realizzazione di qualcosa di
V]W^W [WZXZMVLMV\M M LQ ^ITWZM 4W [\QTM LQ KWLQÅKI \WX
down limitava il fattore sorpresa, ma ora, se il codice
muta, può sorprenderci.
Ma la novità non garantisce valore. Il valore è molto
[XMKQÅKW K]T\]ZITUMV\M [\WZQKIUMV\M M XMZ[WVITUMV\M
Potrei scrivere una poesia di enorme valore per me, ma
di poco valore per il resto del mondo. In questo caso
l'apprendimento automatico potrebbe essere davvero la
svolta: se gli forniamo dati per capire ciò che apprezziamo,
XW\ZMJJM ZQ][KQZM I QLMV\QÅKIZM QV Y]MQ LI\Q Q UIZKI\WZQ
chiave per creare qualcosa a cui entrambi diamo valore.
Un team di Microsoft e la Delft University of Technology
ha creato un algoritmo per analizzare 346 dipinti di
Rembrandt e imparare che cosa rende un Rembrandt
La forma più rara di
creatività è qualcosa che
spunta apparentemente
dal nulla
così speciale. Oltre a utilizzare il processo di apprendimento
per riconoscere un Rembrandt, ha anche creato un’opera
che potrebbe verosimilmente essere attribuita alla scuola
di Rembrandt, se non a Rembrandt stesso.
Tuttavia, non vogliamo semplicemente pastiche, o più
imitazioni, ma l'innovazione. Molti credono che sia
QUXW[[QJQTM ;M ]VI UIKKPQVI LM^M WXMZIZM MV\ZW Q KWVÅVQ
di un sistema che comprendiamo, in che modo può
uscirne e mostrarci qualcosa di nuovo?
Uno dei sottoprodotti interessanti del tentativo di
trovare il codice della creatività è che ci spinge, in qualità
di esseri umani, a cercare di capire cosa ci induce a
compiere un passo trasformazionale verso il nuovo. La
[KQMVbQI\I KWOVQ\Q^I 5IZOIZM\ *WLMV PI QLMV\QÅKI\W \ZM
tipi di creatività. Il primo è la creatività esplorativa, in
cui qualcuno porta le regole del gioco all'estremo, e in
questo un computer potrebbe eccellere.
Poi c'è la creatività combinatoria, per cui due mondi
prima non correlati vengono sintetizzati per creare
qualcosa di nuovo, come la cucina fusion, l'arte di
combinare stili di cucina di due culture diverse. O fusioni
60 / Jaguar Magazine
Tech
creative simili in musica, pittura, architettura e persino
nella scrittura. La cosa entusiasmante è che, comprendendo
come questa fusione possa portare all'innovazione
W\\MVQIUW ]V UWLMTTW XMZ KWLQÅKIZM \ITM KZMI\Q^Q\o 1T
ZQKMZKI\WZM )T .ZIVKWQ[ 8IKPM\ PI KMZKI\W LQ Å[[IZM
questo processo nella sua Flow Machine, che analizzando
uno stile ne apprende le regole e le applica a una serie
di dati completamente diversi. Così, a una macchina si
potrebbe 'insegnare' la musica serialista di Schoenberg,
quindi chiederle di suonare il blues con questo stile. I
risultati degli esperimenti artistici, spesso, sono un
fallimento, ma a volte, incredibilmente nuovo.
»
Jaguar Magazine / 61
Tech
Penso però che la forma di creatività più intrigante,
stimolante e rara sia la terza nella lista della Boden: la
creatività trasformazionale, il momento in cui vedi un
cambiamento di fase, ovvero quando qualcosa di nuovo
che pare spuntare dal nulla cambia la tua prospettiva sul
mondo, come il cubismo in pittura, o il movimento
modernista in letteratura. Nel mio campo, la matematica,
tale momento di trasformazione per me corrisponde a
quello in cui matematici creavano i numeri immaginari,
come la radice quadrata di meno uno.
-L MKKW TI [ÅLI XMZ TI UIKKPQVI ;M TI ZMOWTI v KPM \]\\Q
i numeri al quadrato sono positivi, come potrebbe mai
uscire dallo schema e scoprire numeri immaginari? Beh,
dobbiamo chiederci come siamo usciti dallo schema.
;MUXTQKM XZMVLMVLW TM ZMOWTM LMTTW [KPMUI I\\]ITM M XWQ
infrangendone o cambiandone alcune per vedere cosa
succede. La maggior parte delle volte lo schema viene solo
compresso, senza ottenere nulla di positivo. Ma talvolta,
ottieni qualcosa di nuovo che non si comprime. Credo che
questo tipo di creatività si possa ottenere da una macchina.
Quindi, creare un codice che inizia a fare cose per cui
non lo abbiamo programmato dovrebbe impensierirci?
Certamente non dobbiamo essere concilianti e la società
deve comprendere come queste nuove idee stanno
cambiando il mondo. Ma nei decenni a venire, questa
nuova tecnologia sarà uno strumento straordinario per
ampliare la nostra creatività, anziché una minaccia.
Come quando abbiamo inventato il telescopio o la
fotocamera. Con i nuovi strumenti potremo approfondire
il nostro codice umano e scoprire ciò che ci manca.
Troppo spesso gli esseri umani restano incastrati nei
UWLQ LQ XMV[IZM ;MO]QIUW ^MKKPQM ZW]\QVM KPM PIVVW
funzionato in passato e continuiamo a ripeterle. Cadiamo
nella trappola di comportarci più come macchine. Lo
psicologo Carl Rogers crede che la creatività consista
nell’attivare i nostri mondi interiori per elevare la nostra
esperienza cosciente del mondo. La nuova Al sarà un
potente strumento per aiutarci a farlo.
Il momento clou, forse inverosimile, anche se non vedo
XMZKPu [IZo Y]IVLW )T LQ^MV\MZo KW[z [WÅ[\QKI\I LI
iniziare a sviluppare il suo mondo interiore. È a quel
X]V\W KPM TM M][QWVQ KZMI\Q^M XW\ZMJJMZW QV ]T\QUI
analisi, essere la chiave per capire cosa si prova ad essere
una macchina cosciente.
J
THE CREATIVITY CODE
(Fourth Estate, 2019)
Marcus du Sautoy è Professore
Simonyi di Public Understanding
of Science e Professore di
Matematica all’Università di Oxford
62 / Jaguar Magazine
/
SCEGLI LA VIA
Per non perderti lungo il tuo percorso
2 Kerry Murphy
Vedi doppio? Pioniere dell’alta moda
digitale, prevede un mercato enorme
Storia Nathaniel Handy
Foto Henri Verhoef & Leroy van Drie
Dato che i confini tra mondo
digitale e mondo fisico
continuano a confondersi, anche
l’approccio ad arte, cultura e
industria ha iniziato a cambiare.
Al summit Ethereal digital
technology 2019, «Iridescence»,
il primo capo blockchain 100%
digitale al mondo, è stato venduto
a 9.500 dollari. Se la couture
digitale 3D di fascia alta si può
usare per vestire una versione
avatar di te stesso, la tecnologia
blockchain consente la
crittografia con una codifica
univoca, come la criptovaluta.
Così puoi creare un esemplare
unico, un oggetto da collezione
digitale. «Non creiamo affatto
capi reali, ma solo per l’identità
virtuale», spiega Kerry Murphy,
co-fondatore (con Amber Slooten
e Kevin van Kleef) della casa di
moda digitale The Fabricant, che
ha collaborato con l’artista del
filtro Instagram Johanna
Jaskowska per creare Iridescence.
«I nostri clienti vogliono la
possibilità di indossare questi capi
in digitale e contenuti da postare
su Instagram», aggiunge. Ma la
moda virtuale offre un altro
vantaggio vitale: la sostenibilità.
Murphy, cresciuto in Finlandia,
ricorda l’impatto che un
laboratorio di T-shirt ebbe su di
lui: «C’erano chili di tessuti gettati
in un angolo. Ho chiesto, che ne
fate? Mi risposero: ‘Li buttiamo
via’.» L’abbigliamento digitale può
plasmare l’industria della moda
e contribuire a ridurre gli scarti.
Curarsi per l’era digitale non è
J
mai stato tanto mirato.
64 / Jaguar Magazine
Scat ti
d’arte
Da 50 anni la città di Arles ospita un
importante festival di fotografia.
Il fotografo David Ryle si reca con la Jaguar
XE là dove l’arte è storia, presente e futuro,
per comporre una lettera d’amore.
Visitare Arles è un pellegrinaggio per molti artisti,
non da ultimo per il noto festival di fotografia annuale
Les Rencontres d’Arles. Ma è anche la città dove Van
Gogh ha trascorso un anno felice, dipingendo alcune
delle sue opere più amate e che sperava sarebbe diventata
«un rifugio e un riparo» per gli artisti.
Sono stato ad Arles l’ultima volta circa 10 anni fa per
il festival e sprigionava lo stesso fascino e genio di adesso.
Les Rencontres d’Arles attira visitatori in questo angolo
di Provence da mezzo secolo, ma ho sempre pensato che
la città, con i suoi maestosi monumenti romani e la sua
erosa bellezza bucolica, meriti altrettanta attenzione.
C’è una tale intimità, ed è una delizia da fotografare in
estate, nelle languide giornate assolate e con la sua
affascinante architettura.
La luce è fondamentale per un fotografo, e Arles ha una
luminescenza incredibile. I suoi abitanti sembrano immaginare
la loro città natale come un santuario bohemienne,
rifugio per nomadi e vagabondi con una sensibilità
artistica. Affissioni, mostre formali o arte di strada, c’è un
senso di creatività collettiva unico al mondo.
66 / Jaguar Magazine
Arti
Prima di arrivare ad Arles, ho guidato fino a questo punto panoramico su un
altopiano vicino a Les Baux-de-Provence, che troneggia sul villaggio medievale.
Mi piace come, a quest’ora del mattino, il sole inizia a diffondere la sua luce sulla
valle, dando agli alberi un ricco bagliore e alla pietra una brillante luminosità, in
contrasto con l’ombra cupa delle rocce.
Jaguar Magazine / 67
I girasoli hanno un significato speciale per gli artisti che
vengono ad Arles. Van Gogh li dipinse per la prima volta a
Parigi, e tornò sul soggetto quando si trasferì ad Arles nel
1888, usando palette di gialli vivaci e verdi torbidi, simili a
quelli in questa foto. L’ho scattata guidando la Jaguar XE
verso Arles, attraverso i campi di girasole di Fontvieille,
e ho usato i petali per disgregare l’immagine e creare
un’esplosione di colori.
Passeggiando per la città, dettagli eccentrici come questo
sono ovunque. Mi è piaciuta molto l’inquadratura rossa
audace e sobria di questo poster e il modo in cui l’albero
si sporge sullo scatto. L’affascinante mix di natura e arte
umana con un muro decadente sullo sfondo è una
rappresentazione realistica delfascino di Arles.
68 / Jaguar Magazine
L’anfiteatro romano è probabilmente l’opera più
sorprendente della città. Oggi, invece di corse di carri e
battaglie di gladiatori, ospita corride pasquali ed estive,
produzioni teatrali all’aperto e concerti. In questo scatto
(sopra), mi è piaciuto molto il contrasto tra le moderne
tribune in acciaio e l’antico muro di pietra dietro, con la
metà superiore del Luma Arles di Frank Gehry che buca il
paesaggio urbano. Racconta una storia della città e dà un
senso alle sue proporzioni e alle sue opere di architettura.
Jaguar Magazine / 69
Arles è un dedalo di vicoli stretti e
tortuosi intarsiati di gallerie, negozi
e porte in legno decorate che
conducono in case luminose e ariose.
Amo l’atmosfera e la suggestività che
evoca questo scatto: la consistenza
delle pareti in pietra, le persiane in
legno imbiancate a calce e il modo
in cui la luce colpisce e si riflette sul
muro, esaltando i lampioni ornati sul
muro opposto.
La vista dalla sommità del
Municipio è un buon promemoria
per ricordarti che sei nel
Mediterraneo: i tetti di tegole in
terracotta, le facciate dilavate
dalla pioggia e il cielo ceruleo.
Una vista come questa è tipica
solo dell’Europa meridionale. In
La Place de la République
(estrema destra), mi piace come
il sole inondi ogni dove, tranne
l’ombra dell’obelisco, affollata di
turisti in cerca di riparo.
»
70 / Jaguar Magazine
Jaguar Magazine / 71
Van Gogh dipinse il Ponte Langlois
di Arles dallo stesso punto in cui ho
scattato questa foto, appena 131 anni
fa. Allora, il canale era usato per
lavare il bucato e le lenzuola venivano
stese sulla riva.
Oggi, i jogger gli passano accanto e
i turisti scattano selfie con lo storico
ponte sulla nuova replica in cemento
che lo precede.
72 / Jaguar Magazine
Arti
Street art e affissioni fanno parte
del tessuto della città. Fotografi
rappresentati al festival Rencontres
e non corteggiano i passanti con
poster colorati e accattivanti del loro
lavoro. Sono appesi frettolosamente,
ma sono vero cibo per la mente.
All’esterno della galleria Comme
Si Particulière, l’immagine dell’icona
francese del XIX secolo Sarah
Bernhardt (destra) è nota ai locali.
Dell’artista di strada 13 bis, questa
versione emana un romanticismo
misterioso e pare anacronistica
accanto all’XE, che con la sua fisicità
ti fa sfrecciare indietro alla realtà.
»
Jaguar Magazine / 73
74 / Jaguar Magazine
Zigzagando per il centro della
città, il colore intenso dell’auto in
contrasto con le pallide facciate
di pietra sbiadite mi ha ricordato
il thriller cult di Nicolas Roeg
degli anni ’70 Don’t Look Now, in
cui Donald Sutherland vede più
volte una bambina in rosso tra i
vicoli di Venezia. L’XE si infila
nelle strette curve di Arles, passa
accanto ai pedoni e sguscia via
dalla vista abilmente come la
bambina del film.
Arti
Luma Arles di Frank Gehry aprirà
nell’estate 2020. Con i suoi 56 metri
sarà una delle strutture più alte della
città e fungerà da centro artistico,
ospitando mostre, attività di ricerca
e formazione. Questa sinuosa torre
rivestita in alluminio è un’incongrua,
forse aggressiva, aggiunta allo skyline,
ma al crepuscolo i pannelli deformi
riflettono le tonalità lavanda e rosee
del tramonto dando al cielo azzurro
una lucentezza metallica. Uno stacco
totale dalle basse strutture su cui
troneggia, afferma chiaramente che
Arles non è da sottovalutare, il suo
spirito creativo è vivo e vegeto.
L’ARTS RESOURCE BUILDING PROGETTATO DA FRANK GEHRY.
LUMA ARLES, PARC DES ATELIERS, ARLES, FRANCIA
Jaguar Magazine / 75
Guidati per vincere
Panasonic Jaguar Racing lancia I-TYPE 4, la sua nuova
auto da corsa per il campionato di Formula E. Siamo
certi che la stagione 2019 sarà la migliore per il team
lnfografica Valerio Pellegrini
QUESTIONE DI SECONDI
28 secondi nella vita di un'auto da corsa 1-TYPE 3
Os
2,85
1,400
giri effettuati
dal propulsore
elettricot
216
Distanza (m)
percorsa alla
massima velocità
62
Velocità
(km/h)
raggiunta
da fermi
•
(
ANDIAMO AVANTI
120 .......................................................................................................... .
Punti ottenuti dal pilota Mitch Evans in ogni stagione
100 ............................................................................................................ .
2017
80 .......... - 2018
ro .
- 2019
.8 60 ................................................... .
:;:; e:,
a.
Primo posto
2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13
----------Gara----------
76 /Joguru-Magazine
Gara
CIRCUITO DI ALLENAMENTO
45
durata di ogni gara, in minuti
•
Potenza (kW)
disponibile in
Attack Mode
I
• Quantità di energia
(kW) recuperata per
giro nel circuito più
efficiente dal punto di
vista energetico (Roma)
12
28
32
80
carreggiate visitate durante la stagione
ore necessarie per preparare
un'auto prima della gara
personale che viaggia con il team Jaguar
numero di sorpassi nella gara di
Berlino, il massimo d1 quals1as1
circuito del calendario
• Potenza extra (kW)
ottenuta da un pilota
grazie ai Fanboost
ottenuti sui social media
-384 angoli affrontati da ogni auto
Aumento (%) della
potenza delle auto
da corsa Gen2
rispetto alla scorsa
Potenza massima (kW)
a cui le squadre sono
autorizzate a correre
attualmente
•
SULLA BUONA STRADA
PER IL SUCCESSO
Quantità di energia
----------------- ---I
utilizzabile (kWh)
1
della batteria di
un'auto
I
•
Aumento (%) della
quantità di energia
utilizzabile delle
batterie Gen2
1,956
gin percorsi
dalle auto
Jaguar
o
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e
o
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tO
O)
2,834
lia percorse
auto Jaguar
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,-
n. 3
Joguor Magazine/ 77
OLTRE L’ORIZZONTE
In ogni numero chiediamo ad esperti come sarà il loro mondo tra 30 anni
Questa volta: Moda e vestiario
Illustrazione Bewilder
Non lavi la tua camicia firmata da sei settimane. È
ancora fresca e pulita come il primo giorno e tutto il
tempo che l’hai indossata ha depurato l’aria della tua
casa e migliorato il tuo sistema immunitario. Quando
hai voglia di un cambio di stile, la porti in un negozio
dove viene scomposta e trasformata in un capo nuovo
mentre bevi un caffè. E forse sarà realizzata in materiale
organico e vivente.
Riavvolgi 30 anni di industria della moda e vedrai che
è una macchina reattiva, che offre tendenze in
evoluzione in base alla domanda. Ma, in termini di
sostenibilità, nella sua catena di fornitura si sprecano
enormi quantità di energia e si creano montagne di
rifiuti. Ora, designer innovativi, startup tecnologiche e
scienziati dei materiali stanno reinventando processi che
in 30 anni cambieranno radicalmente l’industria della
moda. Nel 2049, i capi dovranno avere più requisiti:
ridurre al minimo consumo di energia e scarti, evitare
l'inquinamento dei sistemi idrici ed essere facili da
riciclare su larga scala. E, soprattutto, queste innovazioni
dovranno essere disponibili per tutti.
“Moda sostenibile” è un ossimoro: è quasi impossibile
garantire un impatto zero creando capi nuovi. Ma gli
innovatori della moda stanno iniziando ad adottare un
approccio circolare, per cui gli oggetti sono fatti per
essere rifatti. Un modo per raggiungere l’obiettivo è
ottenere tessuti da materiali organici. Entro il 2049,
potremmo produrre stoffa da batteri e funghi. Lo stilista
Piero D’Angelo ha già creato capi biotech dalla
coltivazione di muffe melmose e di lichene. Ritiene che
le loro proprietà, tra cui l'assorbimento di inquinanti
dall'atmosfera, si potrebbero estrarre per l’uso scalabile.
Si potrebbero anche utilizzare come sistemi per allertare
chi li indossa della presenza di aria inquinata. Sono in
corso ricerche anche sui capi che potrebbero fungere da
vettori di benefici per salute e benessere. Il body Skin II
di Rosie Broadhead e del microbiologo Christopher
Callewaert utilizza batteri probiotici contro gli odori e
per favorire il rinnovamento cellulare. Date le proprietà
deodoranti, il capo riduce la frequenza di lavaggio, una
tendenza che sarà la norma in futuro, per risparmiare
acqua e ridurre l'uso globale di detersivi.
A Hong Kong, alt: è un negozio esperienziale di riciclo
degli indumenti, dove i tessuti vengono scomposti in
fibre, ricomposti in nuovi tessuti e quindi in nuovi capi
in 4 ore, un sistema che i fondatori sono sicuri si potrebbe
replicare su vasta scala.
“Entro il 2049 potremmo produrre
stoffe da batteri e funghi ”
La diffusione del commercio elettronico e mobile crea
sfide e potenziali innovazioni. Realtà aumentata e virtuale
potrebbero risolvere il problema dell’eccesso di resi e
creare, ante-acquisto, corrispondenze personalizzabili
per i futuri consumatori. Diffondere tali strumenti in
collaborazione con i marchi potrebbe contribuire a
garantire l’inclusione della fascia più bassa della scala
economica nel futuro della moda sostenibile.
Non sappiamo come saranno i capi del 2049,
dipenderà dalla creatività degli stilisti. Ma i materiali, i
processi e gli strumenti che useranno per stimolare la
creatività stanno già prendendo forma e spingendo la
moda verso un futuro entusiasmante e sostenibile.
J
Louise Stuart Trainor , una
forecaster di moda leader, ha
passato 10 anni nell’agenzia di
tendenze globali WGSN per
creare il noto report “Futurist”
78 / Jaguar Magazine