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Ottopagine Storie 08

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Otto<br />

<strong>Storie</strong><br />

pagine<br />

8<br />

UrbanistiCa<br />

Casi chiusi<br />

Quei delitti impuniti nelle città


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

terremoto<br />

avellino<br />

40 anni dopo<br />

Edifici inagibili dal 1980, stanno lì<br />

a ricordare i buffoni che fanno politica<br />

di Paola Iandolo<br />

Reportage di Orlando Matarazzo<br />

ibuchi neri. nero come il<br />

vuoto che hanno dentro.<br />

nero come l'immagine<br />

che di delinea. nero come<br />

la muffa calcificata sui<br />

muri. E’ questo lo scenario<br />

di alcuni luoghi simbolo di<br />

avellino che a 40 anni dal sisma<br />

è ancora sotto gli occhi di tutti.<br />

i palazzi decadenti o incompleti<br />

si trovano in questi posti che dovrebbero<br />

rappresentare la nostra<br />

città.


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

invece la porta del capoluogo si<br />

apre su un paesaggio impossibile.<br />

in via Francesco tedesco un<br />

dedalo di case diroccate a destra<br />

e sinistra ti conduce dritto nella<br />

nuovissima e moderna piazza Libertà.<br />

Un rettilineo di case abbandonate<br />

molto simili a quelle bombardate<br />

in siria.<br />

benvenuti nella città di avellino,<br />

si legge a un certo punto su un<br />

cartellone digitale.<br />

beh, altro che benvenuto. ad<br />

avellino si entra con un pugno<br />

nell'occhio. scheletri di cemento<br />

che purtroppo raffigurano il lato<br />

buio della città e della politica<br />

che l'ha governata fin negli ultimi<br />

decenni. Una cartolina dai<br />

colori sbiaditi dal tempo, datata<br />

1980. il palazzo trevisani, all'ini-


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

zio di corso Vittorio Emanuele, è<br />

rimasto un gigante ferito appoggiato<br />

all'elegante palazzo Valentino.<br />

Percorrendo qualche altro<br />

metro lungo il salotto buono, ci<br />

sono i palazzi sandulli e nittolo,<br />

edifici che ospitavano negozi<br />

storici come quello di abbigliamento<br />

di italia silvestri, accanto<br />

alla Chiesa del rosario.<br />

anche il simbolo della movida<br />

dei giovani anni '90, il bar Frap's,<br />

aspetta ancora di essere demolito<br />

e ricostruito. Dopo i numerosi<br />

cedimenti di intonaco dal balcone<br />

del primo piano, le amministrazioni<br />

passate, hanno<br />

provato a rimetterlo a posto. a<br />

riqualificare la zona situata al<br />

centro del corso. Ma nella zona<br />

c'è molto da fare.<br />

ad onor del vero anche il sindaco<br />

Gianluca Festa ha provato a


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

mettere mano ai buchi neri della<br />

città. O almeno lo ha annunciato.<br />

“Vogliamo cancellare una volta<br />

per tutte i segni del post terremoto”.<br />

Ma per mettersi alle spalle definitivamente<br />

il periodo più buio<br />

della storia dell'irpinia ci vuole<br />

una seria progettazione e un consulente<br />

con esperienza, ma soprattutto<br />

con le idee chiare. Gli<br />

strumenti e le potenzialità economiche<br />

per mettere in piedi un<br />

grande piano di riqualificazione<br />

pare che siano tra gli obiettivi<br />

imminenti del primo cittadino.<br />

impegno ambizioso, visto anche<br />

il permanere di complessi contenziosi<br />

con i privati sui quali,<br />

però, le diverse parti in causa si<br />

dichiarano più che fiduciose.<br />

noi lo siamo più di loro.


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

Mastella<br />

e i mamozi<br />

dimenticati<br />

Eterne incompiute, ereditate o no<br />

fanno vergogna e aspettano risposte<br />

di Mariateresa De Lucia<br />

è l'eterna incompiuta.<br />

L'altra un monumento al<br />

degrado e all'abbandono.<br />

Entrambe rappresentano<br />

esempi di cattiva amministrazione,<br />

fallimenti della L'una<br />

politica.<br />

Il Mamozio e Malies. Detti così, uno accanto<br />

all'altro, due bei nomi per una storia.<br />

Favola triste di una rinascita urbana<br />

mai partorita.<br />

La struttura di fronte al Duomo, nata<br />

come innovativo progetto urbano e ora<br />

tristemente nota come il “mamozio”, e la<br />

galleria commerciale Malies, moderna<br />

evoluzione del colorato mercato dei commestibili<br />

sono solo due, non le uniche,


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

strutture abbandonate nella città.<br />

Progetti ambiziosi, strutture centralissime<br />

nate con l'intenzione di cambiare la vita ai<br />

beneventani. Ora ultradecennali piaghe<br />

buone per litigare in campagna elettorale,<br />

rinfacciandosi errori e annunciando progetti<br />

destinati a finire bloccati nelle differenze<br />

che passano tra le parole e i fatti.<br />

Le storie sono presto detto. Impantanate<br />

tra le maglie della burocrazia e sempre<br />

pronte alla chimerica svolta.<br />

La galleria commerciale Malies nasce con<br />

l'idea di riqualificare il vecchio mercato<br />

dei commestibili. Nel dicembre del 2007<br />

si inaugura una struttura moderna e ambiziosa<br />

che nel giro di pochi anni viene<br />

abbandonata, giorno dopo giorno, dalle<br />

attività commerciali che vi avevano sede,<br />

fino a diventare spazio di degrado e vandalismo<br />

tanto da rendersi necessaria una<br />

recinzione.<br />

Intanto Recinzione ora sfondata che svela<br />

uno spettacolo di degrado raccapricciante.<br />

Non solo macerie e distruzione ma<br />

animali morti, siringhe abbandonate e un<br />

tanfo insopportabile.


Le incompiute. il Malies


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

Il Comune deve battagliare non poco per<br />

rientrare in possesso dello spazio affidato<br />

in project financing ad un consorzio. Ora,<br />

però, la svolta sembra vicina.<br />

Un finanziamento della Regione di un<br />

milione di euro potrebbe riuscire a far tornare<br />

il luogo alla funzione originaria di<br />

mercato ortofrutticolo, da destinare a<br />

esposizione e vendita dei prodotti agricoli<br />

delle contrade. E il Comune ha già avviato<br />

la procedura aperta per l’affidamento dei<br />

lavori con la pubblicazione del bando per<br />

la riqualificazione e il recupero della struttura<br />

di via Rummo.<br />

Finanziamento che ancora si cerca, invece,<br />

per l'incompiuta di fronte al Duomo.<br />

Come si cerca pure un'idea per il suo utilizzo.<br />

Perché l'originaria proposta di farne<br />

un museo con al centro (tra i due piani)<br />

una piazza, sembra destinata al fallimento,<br />

nonostante le sollecitazioni del<br />

progettista Isola che con il collega Gabetti<br />

ideò la struttura ben 19 anni fa.<br />

Insomma occorrono ancora troppi fondi<br />

per finire i lavori e non si sa che fare dello<br />

spazio.<br />

Davvero due pasticciacci brutti. Chissà se<br />

mai riusciranno a vedere la luce.


Le incompiute. il museo mai nato


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

L’oro nero di napoli<br />

i progetti<br />

nati sbagliati<br />

Mostri abbandonati senza pudore<br />

serviti solo a propaganda e clientele<br />

di Claudio Mazzone<br />

Ogni città ha i suoi mostri,<br />

convive con i suoi fantasmi,<br />

è costretta a fare i<br />

conti con i fallimenti di<br />

progetti nati già sbagliati.<br />

Purtroppo Napoli spesso<br />

chiude gli occhi, si volta altrove, si distrae<br />

e viene distratta da altro e quelle enormi<br />

cicatrici che sono sotto gli occhi di tutti diventano<br />

invisibili e non turbano più le coscienze,<br />

non indignano, non creano<br />

rabbia. Nella città dove lo spazio si riempie<br />

in maniera tanto spedita quanto innaturale,<br />

restano gli scempi di strutture<br />

abbandonate, che nel loro aspetto postapocalittico<br />

mostrano quanto un fallimento<br />

urbanistico possa pesare sulle vite<br />

di intere comunità e sullo sviluppo di un<br />

intero quartiere.


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

Dal centro alla periferia, la mappa dei palazzi<br />

abbandonati di Napoli è un utile disegno<br />

delle occasioni perdute in questa<br />

città da sempre pronta a confrontarsi con<br />

i fallimenti senza mai venirne a capo.<br />

A Piscinola il Polifunzionale, un palazzo<br />

enorme che poteva assumere tante di<br />

quelle funzioni da rimanere vuoto e senza<br />

alcun utilizzo, mostra quanto possa essere<br />

cieca la politica urbanistica e quanti danni<br />

può fare la mancanza di visione di una<br />

classe dirigente.<br />

Piani su piani di finestre rotte, di vetrate<br />

distrutte, di polvere, ruggine, regnatele e<br />

rifiuti. Piani di sogni mai realizzati e di<br />

progetti mai finiti. Un palazzo che fu<br />

anche il set della serie poliziesca “La<br />

Squadra” ma che oggi resta un guscio<br />

vuoto, anzi una cicatrice piena di un pus<br />

che fuoriesce putrescente e maleodorante.<br />

In un quartiere nel quale il “si potrebbe<br />

fare” è stato ripetuto così tante volte che<br />

ormai nessuno si aspetta più niente e quel<br />

palazzo ricoperto di erbacce, materassi, rifiuti<br />

bruciati, è lì a ricordare che l’apocalisse<br />

da qui, da questa periferia difficile e<br />

complicata, è già passata e ha lasciato<br />

segni che tutti fanno finta di non vedere.<br />

Il centro Polifunzionale, chiamato il<br />

“Lotto 14B” sarebbe dovuta essere una<br />

struttura finalizzata all’istruzione, alla socialità<br />

per l’intero quartiere, allo sport.<br />

All’interno un teatro, campi da calcio, da<br />

basket e una piscina coperta. Del Polifunzionale<br />

resta una biblioteca nella torre con<br />

le ascensori rotte, un teatro, il TAN, “Teatro<br />

Area Nord, che resta l’unica forma di<br />

vita e di speranza in quello che è ormai<br />

un segnale del fallimento del nostro presente.<br />

Purtroppo tutto si è arenato e nonostante<br />

l’impegno civile di alcuni questo<br />

palazzo resta un fantasma, uno scheletro<br />

vuoto che al posto di diventare un catalizzatore<br />

di sviluppo e riqualificazione si


il video dello scempio


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

è trasformato in un acceleratore di degrado<br />

e abbandono.<br />

Ma a Napoli di occasione perse e di progetti<br />

finiti male non se ne trovano solo in<br />

periferia ma anche in pieno centro, in quei<br />

quartieri dove da sempre la mancanza di<br />

spazio ha rappresentano una realtà con la<br />

quale i napoletani devono fare i conti.<br />

Nei Quartieri Spagnoli, a ridosso di quella<br />

Chiaia che si sta confermando, anche in<br />

questo millennio, uno dei salotti buoni di<br />

Napoli, sorge una struttura che ormai è<br />

diventata un rifugio per gatti e una discarica<br />

a cielo aperto che mostra, con cinica<br />

evidenza, l’incapacità di riconsegnare gli<br />

spazi vuoti alla cittadinanza. È l’ex mercato<br />

coperto di Sant’Anna a Palazzo una<br />

struttura che non ha mai svolto alcuna<br />

funzione pubblica, da sempre al centro di<br />

sopralluoghi, progetti, sogni e riqualificazioni<br />

visionarie della politica di tutti i colori<br />

e che invece resta chiusa, trasformata<br />

in una discarica abusiva a cielo aperto, nonostante<br />

la street-art abbia provato a rendere<br />

questo spazio parte del quartiere,<br />

questa struttura resta isolata, vuota, spogliata<br />

anche qui uno scheletro senza funzioni<br />

in una città che ha bisogno di spazi.<br />

L’abbandono arriva ovunque, soprattuto<br />

in una città che è cresciuta disordinata e<br />

anarchica nel tempo. Anche nel quartiere<br />

collinare, a due passi da quella piazza<br />

Medaglie d’Oro che è da decenni uno dei<br />

punti nevralgici del Vomero, c’è uno dei<br />

tanti sogni infranti, una cicatrice che a vederla<br />

oggi fa ancora più male, perché è<br />

stata anche riqualificata, una struttura che<br />

sprizza messaggi positivi e vivaci da tutte<br />

le pareti. La sottostazione elettrica dell’Atan<br />

era una vecchia stazione per i filobus<br />

lasciata all’abbandono e al degrado e


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

si era trasformata in un ricettacolo di<br />

spazzatura. Nel 2011 divenne di proprietà<br />

della Municipalità Vomero-Arennala e si<br />

puntò tantissimo per far avere anche a<br />

questa zona un centro polifunzionale.<br />

L’idea era quella di creare “una Casa dei<br />

Diritti”, come si capisce dalle frasi sulle<br />

facciate. I lavori sono stati fatti e ora la<br />

struttura appare nuova e pronta per essere<br />

utilizzata. Purtroppo però resta vuota<br />

senza funzioni, pronta a tornare ad essere<br />

nelle braccia di quel degrado frutto dell’indifferenza.<br />

I lavori, come si legge su un<br />

cartone appeso alla porta d’ingresso, sono<br />

costati 370mila euro ma la struttura non è<br />

mai entrata in funzione.<br />

Bastano tre storie di tre strutture in tre<br />

quartieri diversi per storia e per geografia,<br />

sia fisica che economica, per avere un<br />

quadro già chiaro di come l’apocalisse a<br />

Napoli sia rappresentata dalle “riqualificazione<br />

urbana”. I progetti futuristi restano<br />

luminosi, ordinati e puliti nei<br />

rendering, nella realtà prevale il grigio, il<br />

non finito, i vetri rotti e lo spreco.<br />

Ogni comunità porta visibili le piaghe di<br />

questo sviluppo mancato e dei fallimenti<br />

raggiunti; piaghe alle quali dopo un po’<br />

ci si abitua, che non fanno più male e che<br />

non vengono neanche più viste, eppure<br />

sono lì aspettano solo che qualcuno se ne<br />

accorga, le racconti, le analizzi e provi finalmente<br />

a curarle.


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

La storia<br />

sotto<br />

i piedi<br />

Edifici secolari lasciati in rovina:<br />

la grande sconfitta di De Luca


di Elvira Cuciniello<br />

e Federica D’Ambro<br />

Una storia che può essere<br />

ancora raccontata.<br />

Gli edifici<br />

Mondo non sono più<br />

di proprietà del Comune<br />

di Salerno. A<br />

chiarirlo, ancora una volta, il consigliere<br />

comunale di “Salerno di<br />

Tutti”, Gianpaolo Lambiase. Rispose<br />

per le rime, già nel novembre<br />

2019, all’assessore all’urbanistica<br />

Domenico De Maio, chiarendo che<br />

“dal 2010 il complesso di edifici<br />

dell’ex carcere maschile e femminile<br />

è del Demanio dello Stato”.


Una questione complessa<br />

e fatta di<br />

grandi progetti che<br />

hanno coinvolto architetti<br />

e ingegneri,<br />

anche giapponesi,<br />

iniziata negli anni ’90. Tanti buoni<br />

propositi che puntavano alla riqualificazione<br />

del centro storico alto di<br />

Salerno ma che, negli anni, non<br />

sono mai stati realizzati<br />

Era l’era del primo mandato da sindaco<br />

di Vincenzo De Luca e, di progetti<br />

di riqualificazione del<br />

complesso degli edifici mondo (conosciuto<br />

anche con il nome di complesso<br />

delle ex-carceri e di<br />

"complesso di Sant'Antonio, denominazioni<br />

con cui viene escluso palazzo<br />

San Massimo) già si<br />

discuteva. Vennero coinvolti architetti,<br />

progettisti, ingegneri ma alla<br />

fine quei prgetti non sono mai<br />

usciti da Palazzo di Città. Ancora<br />

oggi, restano nell’abbandono e nel<br />

degrado. Il consigliere Lambiase,<br />

ha messo in evidenzia l’uso improprio<br />

dei fondi europei destinati alla<br />

riqualificazione del centro storico.<br />

All’epoca, infatti, quei fondi furono<br />

impiegati in grande parte per la costruzione<br />

di Piazza della Libertà<br />

che, a distanza di più di 10 anni,<br />

ancora deve essere completata.<br />

Piazza della Libertà al posto degli<br />

Edifici Mondo. Il Crescent al posto<br />

di tanti altri edifici storici che restano<br />

nell’ombra. È ed è stata una<br />

questione di scelte. Come ha spiegato<br />

il consigliere, “l’atto integra-


tivo del contratto di compravendita<br />

del 21 novembre 2000 dava al<br />

Comune un termine di 10 anni per<br />

l’attuazione di un programma di<br />

recupero dell’ex carcere complesso.<br />

La mancata utilizzazione dei beni<br />

immobili compravenduti tra Demanio<br />

e Comune prevede la risoluzione<br />

automatica di diritto del<br />

contratto di acquisto. Dal 2010<br />

quindi il complesso è di proprietà<br />

del Demanio”. Altri fondi europei<br />

erano stati stanziati per la riqualificazione<br />

del centro storico alto.<br />

Fondi che non dovrebbero arrivare<br />

agli enti pubblici prima del 2025.<br />

Così, sulla base di una scelta e del<br />

tempo perso, alcuni degli edifici<br />

che hanno segnato la storia della<br />

città di Salerno restano inutilizzati<br />

e nascosti dall’incuria. Abbandonati<br />

e fatiscenti ma con una storia<br />

che potrebbe essere ancora raccontata.<br />

Non solo il complesso degli<br />

Edifici Mondo ma anche Palazzo<br />

San Massimo, Palazzo Genovese,<br />

Palazzo Ruggi d’Aragona, l’ex cinema<br />

Astra, Forte La Carnale e<br />

Torre Angellara.<br />

tanti buoni<br />

proprositi che<br />

puntavano alla<br />

riqualificazione<br />

del centro storico<br />

ma che, nel corso<br />

degli anni, non<br />

sono mai stati<br />

realizzati


Otto<br />

pagine <strong>Storie</strong><br />

asoli 500 metri dalla<br />

foce del fiume irno<br />

ecco fare capolino<br />

l’ennesimo abbandono.<br />

Questa volta è<br />

Forte la Carnale, la<br />

torre che si erge sul colle omonimo<br />

in pieno centro cittadino. La struttura,<br />

costruita nel 1569 dall’imprenditore<br />

di Coperchia andrea Di<br />

Gaeta per volere del viceré spagnolo<br />

Pedro de ribeira, si presenta<br />

a pianta quadrata con merlature ed<br />

un torrino superiore, dove, con ogni<br />

probabilità, trovavano alloggio i<br />

soldati. nel 1647 il Forte divenne la<br />

sede del comando di ippolito da Pastena,<br />

il Masaniello salernitano,<br />

che utilizzò il forte come base di comando<br />

per la rivolta contro il viceregno<br />

spagnolo e gli attacchi da<br />

parte della flotta francese. Durante<br />

il regno borbonico il Forte fu munito<br />

di cannoni a presidio della


Forte La Carnale<br />

i<br />

-<br />

-<br />

città. Dopo l'unità d'italia e fino al<br />

1924 il forte perse la sua funzione<br />

di guardia per diventare deposito<br />

di munizioni, destinazione che la fa<br />

oggi indicare spesso come la Polveriera.<br />

nell'immediato dopoguerra<br />

la torre rischiò l'abbattimento<br />

quando fu presentato alla Giunta<br />

Comunale il progetto di quella che<br />

sarebbe diventata la chiesa di santa<br />

Maria ad Martyres. il progetto fortunatamente<br />

fu accantonato e la<br />

chiesa fu edificata in un terreno<br />

adiacente ai piedi della torre Oggi<br />

la roccaforte è totalmente dimenticata,<br />

per qualche anno è stata una<br />

discoteca che poi ha chiuso. Di recente<br />

è balzata agli onori della cronaca<br />

locale, nel luglio del 2017, a<br />

causa di un incendio che distrusse<br />

buona parte della vegetazione che<br />

la circonda.


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

Pochi passi e in pieno<br />

centro troviamo un altro<br />

gioiello, in questo caso<br />

semi abbandonato. E’<br />

Palazzo Genovese, a<br />

Largo Campo, che oggi<br />

fa solo da contorno alla movida salernitana.<br />

Eppure è uno dei palazzi<br />

più signorili che si apre su una<br />

piazza rispetto ad altri che sono, invece,<br />

incastonati tra stradine strette<br />

e vicoli nascosti.<br />

La struttura è stata realizzata nel<br />

1744 da una nobile famiglia, i Pinto,<br />

che poi lo hanno ceduto ai Padri teresiani.<br />

in seguito sono stati effettuati<br />

diversi interventi di<br />

ristrutturazione che hanno visto<br />

anche un ampliamento del palazzo.<br />

strutturalmente l’edificio si presenta<br />

a pianta rettangolare con cortile<br />

interno su cui si apre la


Palazzo Genovese<br />

È uno dei palazzi<br />

più signorili che si<br />

apre su una piazza,<br />

rispetto ad altri che<br />

sono, invece,<br />

incastonati tra stradine<br />

strette e vicoli<br />

nascosti.<br />

monumentale scala a due rampe su<br />

volte rampanti. Le strutture verticali<br />

sono in muratura di tufo ed i<br />

solai in legno coperti da volte a crociere<br />

e a vela e da pavimenti in<br />

marmo e marmette di graniglia colorata.<br />

Durante l’operazione avalanche il<br />

palazzo subì notevoli danni a causa<br />

dei bombardamenti, in quel periodo<br />

la struttura era utilizzata<br />

come scuola media. Per molti anni<br />

rimase abbandonato e solo nel 1994<br />

è stato ristrutturato ma l’edificio è<br />

aperto solo per le mostre temporanee<br />

che si tengono in due sale, dove<br />

una volta invece c’erano le stalle.<br />

ad oggi Palazzo Genovese viene<br />

utilizzato soprattutto nei mesi in<br />

cui si svolge l’evento di “Luci d’artista”<br />

che lo vede “protagonista” a<br />

reggere le luminarie, per il resto<br />

dell’anno purtroppo non svolge<br />

altre funzioni.


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

Dietro quella porta<br />

immersa tra il degrado<br />

e l’abbandono<br />

in pieno<br />

centro cittadino, si<br />

nasconde una sala<br />

cinematografica composta da ben<br />

400 posti a sedere.<br />

L’ex cinema astra ha chiuso nel<br />

febbraio del 1991 e da allora il locale,<br />

situato in via torretta alle<br />

spalle de La Feltrinelli, è rimasto<br />

tristemente abbandonato.<br />

negli anni ‘30 la struttura è perlopiù<br />

una sala teatrale di proprietà<br />

della famiglia rago, negli anni ’50<br />

viene acquistata dalla famiglia adinolfi<br />

che lo trasformano in una sala<br />

cinematografica. resiste addirittura<br />

al terremoto dell’irpinia nel 1980


Cinema astra<br />

“<br />

negli anni ‘30 la struttura<br />

è perlopiù una<br />

sala teatrale di proprietà<br />

della famiglia<br />

rago, negli anni ’50<br />

viene acquistata dalla<br />

famiglia adinolfi che<br />

lo trasformano in una<br />

sala cinematografica.<br />

”<br />

per poi riaprire dopo i lavori di ristrutturazione.<br />

negli anni ’90<br />

l’astra finì insieme al Mini, Metropol<br />

e Vittoria nella contesa tra gli<br />

eredi adinolfi.<br />

Per le altre sale si è trovata una soluzione<br />

vendendo, soltanto la sala<br />

di via torretta è rimasta invenduta<br />

e nel totale abbandono.<br />

ad oggi, dopo 29 anni dalla sua<br />

chiusura, quell’ingresso si apre soltanto<br />

per gli interventi di derattizzazione<br />

ma purtroppo all’interno è<br />

in grave stato di abbandono. negli<br />

ultimi anni si parlava di rivedere<br />

l’uso dell’ormai ex cinema astra,<br />

l’idea era quella di sfruttare la centralità<br />

dello stabile e destinarlo al<br />

turismo.


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

di Federica D’Ambro<br />

altro patrimonio dimenticato<br />

è Palazzo san Massimo,<br />

una struttura<br />

millenaria situata nella<br />

parte alta del centro storico<br />

di salerno. sembra<br />

che l’edificio fosse stato fondato tra<br />

l’861 e l’865 dal principe Gualfiero, e<br />

conserva ancora il suo fascino medioevale,<br />

ad oggi il Palazzo mostra evidenti<br />

segni di degrado e abbandono. Le finestre<br />

sono in parte murate e l’erba è cresciuta<br />

intorno nascondendo le bellezze<br />

che ancora conserva. La struttura architettonica<br />

del palazzo costituisce uno dei<br />

primi esempi altomedievali, i fusti<br />

delle colonne sono tutti diversi ed in<br />

marmo di diversa qualità, i capitelli<br />

sono tutti uguali di ordine corinzio.<br />

negli anni c’è stato un cambio di proprietà<br />

frazionata, quando la città stava<br />

per cadere nelle mani dei normanni.<br />

Gisulfo ii, ultimo principe longobardo<br />

di salerno, donò la propria parte alla<br />

badia della ss. trinità di Cava de’tirreni.


Palazzo san Massimo<br />

“<br />

Divenuto proprietà del<br />

Comune di salerno, a<br />

cui ancora oggi appartiene,<br />

negli anni trenta<br />

venne adibito a scuola<br />

media, per poi cadere in<br />

abbandono dal dopoguerra.<br />

”<br />

il piano nobile, in parte compromesso<br />

dal plesso per le aule scolastiche e da<br />

lavori di adeguamento, presenta ancora<br />

sostanziali tracce del valore di una<br />

volta. Di grande bellezza e ricchezza<br />

storica sono i balconi dai quali è possibile<br />

vedere le costiere Cilentana e<br />

amalfitana. Divenuto proprietà del Comune<br />

di salerno, a cui ancora oggi appartiene,<br />

negli anni trenta venne<br />

adibito a scuola media, per poi cadere<br />

in abbandono dal dopoguerra. nonostante<br />

la sua grandissima importanza<br />

storica ed artistica, la struttura è tuttora<br />

in attesa di un restauro che restituisca<br />

dignità al Palazzo. Come per altre strutture<br />

collocate nel centro storico, anche<br />

in questo caso Palazzo san Massimo è<br />

meta di molti turisti che purtroppo non<br />

hanno il piacere di visitarlo né di apprezzarne<br />

la bellezza di cui tanto si è<br />

parlato.


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

il maestoso Palazzo ruggi d’aragona<br />

si trova in via tasso, nel<br />

cuore della città antica dove una<br />

volta risiedevano solo famiglie<br />

nobili tra cui proprio i ruggi.<br />

Oggi è ricoperto di erbacce e in<br />

parte abbandonato. Per tre giorni fu accolto<br />

anche l’imperatore Carlo V di ritorno<br />

da tunisi, ospite del Principe<br />

Ferrante sanseverino. nel settecento fu<br />

ristrutturato e in quel periodo assume<br />

uno stile barocco. il Palazzo fu danneggiato<br />

nel 1943 dai bombardaenti alleati<br />

e nel 1980 dal terremoto dell’irpinia. n<br />

egli anni’30, durante il Fascismo, fu adibito<br />

a scuola, per poi essere abbandonato.<br />

i lavori di restauro cominciarono<br />

solo nei primi anni ‘90. Parte del Palazzo,<br />

dal 2011, è occupato dalla sovrintendenza<br />

per i beni architettonici e<br />

paesaggistici di salerno e avellino l palazzo<br />

è composto da due sezioni, quella


Palazzo ruggi d’aragona<br />

nel cortile si trova<br />

la “Fontana del nettuno”:<br />

realizzata nel<br />

1935, è costituita da<br />

una vasca semicircolare<br />

in cui sono<br />

collocati nettuno,<br />

un fanciullo, un cavallo<br />

e una sirena.<br />

meridionale che costeggia i Gradoni<br />

della Lama e quello settentrionale che<br />

si estende quasi fino a via trotula De<br />

ruggiero. il monumentale ingresso, in<br />

conci di pietra di tipo fasciato, dava accesso<br />

alla corte interna e da qui ai percorsi<br />

orizzontali fatti di innumerevoli<br />

ambienti. La facciata di fronte all’ingresso<br />

è divisa in due zone: a sinistra<br />

un fabbricato mentre a destra c’è la facciata<br />

d’ingresso a due piani. inoltre nel<br />

cortile si trova la monumentale “Fontana<br />

del nettuno”: realizzata nel 1935, è<br />

costituita da una vasca semicircolare in<br />

cui sono collocati nettuno, un fanciullo,<br />

un cavallo e una sirena. tutte le<br />

figure sono avvolte da onde marine<br />

scolpite in pietra e arenaria e da uno<br />

stemma a cartoccio con un leone rampante,<br />

una scena fortemente ispirata<br />

alla Fontana di trevi. Un vero e proprio<br />

monumento artistico in pieno centro<br />

cittadino che però allo stesso tempo è<br />

diventato invisibile. Da anni è interessato<br />

da lavori di ristrutturazione. La<br />

stessa fontana del nettuno versa in<br />

condizioni di abbandono, e la si può<br />

vedere solo attraverso il cancello.


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

di Federica D’Ambro<br />

Posta ad est di salerno si<br />

cambia torre ma non<br />

cambia il triste scenario<br />

che si presenta un po’<br />

più fuori salerno. E’<br />

torre angellara che, insieme<br />

con La Carnale e la Crestarella<br />

di Vietri sul Mare, era la più<br />

imponente fra le opere di difesa<br />

contro i turchi erette in provincia.<br />

Per molti anni la torre è stata utilizzata<br />

come alloggio per i militari,<br />

poi abbandonata. E’ stata di proprietà<br />

della Marina Militare di napoli<br />

fino al 2014 quando, grazie alle<br />

nuove norme in merito al federalismo<br />

demaniale, è stata acquisita<br />

gratuitamente dal comune di salerno.<br />

nel 2016 è stata inserita nel<br />

progetto “Valore Paese” promosso<br />

dall’agenzia del Demanio per la


torre angellara<br />

tra le idee avanzate<br />

c’era quella di farne<br />

una galleria d’arte affacciata<br />

sul mare ora<br />

resta solo una struttura<br />

di passaggio per<br />

qualche avventore<br />

distratto che, forse,<br />

non ricorda nemmeno<br />

il passato importante<br />

che si porta<br />

dietro.<br />

concessione di immobili inutilizzati<br />

a gestori privati e successivamente<br />

nel progetto “Cammini e<br />

Percorsi”. tra le idee avanzate c’era<br />

quella di farne una galleria d’arte<br />

affacciata sul mare ora resta solo<br />

una struttura di passaggio per qualche<br />

avventore distratto che, forse,<br />

non ricorda nemmeno il passato<br />

importante che si porta dietro. E’<br />

l’ennesimo scempio a cui si deve<br />

assistere, un destino impietoso per<br />

il condottiero maestoso che ha difeso<br />

le vite di molti salernitani e<br />

che di certo non meritava tale ringraziamento.


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

Ci spostiamo di qualche<br />

chilometro ed ecco un<br />

altro pezzo di salerno<br />

chiuso e dimenticato.<br />

E’ il Casino sociale,<br />

adiacente al monumentale<br />

teatro Verdi, un tempo era<br />

uno dei luoghi più esclusivi in<br />

città, adesso gli unici ad abitarlo<br />

sono le tarme.<br />

La “nobile Casina salernitana” fu<br />

fondata nel 1832 per avere uno strumento<br />

di controllo, infatti il Presidente<br />

era l’itendente di Polizia, che<br />

controllava le iscrizioni e che si leggessero<br />

solo i giornali Ufficiali del<br />

regno borbonico. nel 1862 fu redatto<br />

un nuovo statuto, che definì il<br />

nuovo nome “Casina dei nobili e<br />

Club dei signori”, con la Presidenza<br />

di Don Federico Vernieri.


Casino sociale<br />

nel 1943, in seguito<br />

allo sbarco delle<br />

truppe alleate le sale<br />

furono occupate e il<br />

circolo si trasferì a Palazzo<br />

Luciani, per poi<br />

ritornare nella sede<br />

originale nel 1945,<br />

quando fu deciso di<br />

rinominarlo “Casino<br />

sociale”<br />

L’anno prima il sindaco Matteo Luciani<br />

deliberò la costruzione del<br />

teatro Giuseppe Verdi, che prevedeva<br />

gli annessi locali destinati al<br />

Circolo, sede inaugurata nel 1872.<br />

nel 1943, in seguito allo sbarco<br />

delle truppe alleate le sale furono<br />

occupate e il circolo si trasferì a Palazzo<br />

Luciani, per poi ritornare<br />

nella sede originale nel 1945,<br />

quando fu deciso di rinominarlo<br />

“Casino sociale”.<br />

nel 1980 il terremoto dell’irpinia<br />

causò la chiusura del teatro Verdi e<br />

il suo adeguamento, riducendo gli<br />

spazi destinati al Circolo. La sua<br />

bellezza svanisce nel 2012, anno che<br />

segna la chiusura dei suoi spazi.<br />

Cancellati 150 anni di mondanità e<br />

borghesia. nel frattempo l’amministrazione<br />

rivendica il pagamento<br />

dei crediti per mancati versamenti<br />

del canone di locazione e la passata<br />

gestione del Casino sociale vuole,<br />

invece, il risarcimento del danno<br />

d’immagine subito con lo sfratto e<br />

che ammonta a 10 milioni di euro.


Le radici<br />

e la voglia<br />

di farcela<br />

Leonardo Tudisco, in arte Slayv,<br />

spiega la sua musica e il Fortore<br />

di Mariateresa De Lucia<br />

non è<br />

morto e oggi mi<br />

sento portavoce<br />

di questa zona!<br />

Ho voglia di farcela.<br />

Davvero! E “IlFortore<br />

voglio portare la mia zona con me”.<br />

Parola di Leonardo Tudisco, in arte<br />

Slayv, giovanissima voce rap trap che<br />

da una delle aree più interne del Sannio<br />

parla di rinascita e voglia di emergere.<br />

Da un piccolo centro, Montefalcone di<br />

Val Fortore, Slayv lancia il suo messaggio<br />

pronto a conquistare fans e portare


alla ribalta il suo paese.<br />

Da qualche settimana è uscito il suo ultimo<br />

singolo: V A M (Vado al Massimo).<br />

“Il brano è ispirato dalla voglia di emergere –<br />

ci racconta -, dalla voglia di partire dal nulla e<br />

arrivare in alto. La voglia di rivalsa. Di “vendetta”<br />

se si può dire così. Però in chiave moderna.<br />

È proprio quando non hai niente che<br />

sai quello che vuoi. Tutta questa situazione è<br />

stata costantemente animata da una ragazza<br />

praticamente bellissima. Da far cambiare il<br />

battito del cuore, da far sbandare la testa solo<br />

a guardarla. Il titolo è vado al massimo. Perché<br />

non ho<br />

tempo, vado di<br />

fretta. Ho voglia<br />

di farcela.<br />

Davvero! E voglio<br />

portare la<br />

mia zona con<br />

me. Il Fortore<br />

non è morto, e<br />

ad oggi mi<br />

sento portavoce<br />

di questa<br />

zona! Ho il<br />

supporto di<br />

tutti i paesini<br />

che lo abitano,<br />

ed è già la vittoria<br />

più bella!<br />

In più è un<br />

pezzo fresco,<br />

da club, che<br />

può far muovere la gente. L’ho scritto in un<br />

momento bellissimo e pieno di emozioni positive!<br />

E il pezzo sta già andando forte”.<br />

Slayv ama la musica, “E' il mio linguaggio già<br />

da un po’ di anni” ci dice per raccontare il suo<br />

ultimo lavoro tutto made in Sannio.<br />

V A M (Vado al Massimo) è prodotto dall’etichetta<br />

personale ed indipendente SLV, base<br />

prodotta da Nathys. Lo scatto fotografico<br />

della cover è stato realizzato da Moskappa<br />

negli studi della Black Diamond Agency, outfit<br />

completamente a cura di Manuel Store.<br />

Una storia di riscatto ed energia, di un sogno<br />

entusiasmante che dimostra tutta la vitalità di<br />

quelle aree interne troppo spesso dimenticate.


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

Campania<br />

Che mare fa<br />

La doppia faccia della costa,<br />

i dati choc di Goletta Verde<br />

di Sara Botte<br />

Dalle spiagge più belle<br />

d'Italia ai livelli di inquinamento<br />

da record.<br />

E' la doppia<br />

faccia della costa<br />

Campana. Il quadro<br />

emerso dal monitoraggio sulle coste<br />

di Goletta Verde lancia l'allarme.<br />

Presentati a Salerno i risultati della<br />

storica campagna di Legambiente.<br />

Nella regione 14 punti, sui 31 campionati,<br />

risultano essere oltre i limiti<br />

di legge.


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

Dieci quelli fortemente inquinati,<br />

tra questi per l'undicesimo anno di<br />

seguito maglia nera alla foce del<br />

fiume Irno a Salerno, del Savone a<br />

Mondragone, del fiume Sarno tra<br />

Castellamare e Torre Annunziata,<br />

della foce del canale di Licola a Pozzuoli<br />

e della Foce del torrente Asa a<br />

Pontecagnano. Nel mirino le condizioni<br />

della depurazione che deve diventare<br />

tema prioritario dell'agenda<br />

politica regionale, denuncia il presidente<br />

di Legambiente Campania<br />

Mariateresa Imparato.<br />

“Ancora una situazione critica alle<br />

foci dei fiumi, dei torrenti, della<br />

costa Campana e ci sono dei malati<br />

cronici. Una situazione che denunciamo<br />

da tempo e che deve essere al<br />

centro della priorità politica. Si accendano<br />

i riflettori sulla depurazione<br />

e sulla qualità delle acque”.<br />

Intanto sono tredici i monitoraggi<br />

sui punti effettuati nella provincia di<br />

Salerno, tra questi almeno cinque<br />

sono fortemente inquinati. Indagati<br />

principali foci e torrenti dove vengono<br />

ritrovati sempre più spesso<br />

scarichi abusivi.<br />

“Un'emergenza che rileva come<br />

poco o niente sia stato fatto dalle<br />

istituzioni – chiosa il presidente di<br />

Legambiente Campania. Noi proseguiamo<br />

con le nostre azioni di denuncia<br />

chiedendo l'applicazione<br />

della legge sugli Ecoreati per risolvere<br />

le criticità che ancora minacciano<br />

la qualità e la salute dei nostri


Una situazione che<br />

denunciamo da tempo<br />

e che deve essere al<br />

centro della priorità<br />

politica. si accendano<br />

i riflettori sulla depurazione<br />

e sulla qualità<br />

delle acque<br />

mari. Occhi puntati - continua la<br />

presidente Mariateresa Imparato -<br />

anche sui 475 scarichi in mare di<br />

acque reflue e altre tipologie di apporti<br />

censiti dall'Arpac. Le nostre<br />

foci troppo spesso diventano fogne<br />

a cielo aperto. Al di là di annunci e<br />

inaugurazioni è ora che la Regione<br />

Campania metta in atto al più presto<br />

un'efficace e adeguata azione di prevenzione”.<br />

E dopo le frane in Costiera Amalfitana,<br />

causate proprio dalle costruzioni<br />

abusive, proseguono poi anche<br />

i controlli sul territorio da parte<br />

della Capitaneria di Porto di Salerno<br />

che procederà anche con una mappatura<br />

di tutta la costa per evitare<br />

scempi in riva al mare.


salerno<br />

Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

L’africa<br />

e il grande<br />

cuore<br />

di tina<br />

Da 17 anni in Congo<br />

la manager si racconta<br />

di Federica Inverso<br />

Gli animi sensibili sono<br />

cosa rara e quando si ha<br />

la fortuna di conoscerne<br />

uno lo si riconosce<br />

subito. Tina Ciaparrone<br />

è una donna che ha<br />

fatto della sua vita una missione di<br />

gentilezza, di opportunità e di<br />

devozione agli altri. Lei, padovana di<br />

nascita e salernitana d’adozione, dopo<br />

aver lavorato per tanto tempo per una<br />

società italiana parte per il Congo e di<br />

lì, si può dire, non torna più.


Vivo sperando che ogni<br />

giorno non passi<br />

inutilmente


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

Ma più che il mal d’Africa a<br />

contagiare Tina è la meraviglia, la<br />

grandezza di una terra che aveva<br />

troppo potenziale e, forse, bisogno<br />

di una persona in più che ci<br />

credesse.<br />

Lei, insignita del titolo di Cavaliere<br />

al Merito della Repubblica Italiana e<br />

premiata per la buona governance<br />

dall’ONG, oggi è una manager a<br />

capo di diverse aziende. La Texico<br />

S.A, la Sesco, il centro servizi “Il<br />

Planetario”, il centro linguistico Celi,<br />

sono solo alcune delle realtà a cui ha<br />

dato vita, garantendo posti di<br />

lavoro, evoluzione e soprattutto<br />

internazionalizzazione, con un<br />

grande e attento lavoro di inclusione<br />

e parità.<br />

Quando sei partita alla volta del<br />

territorio africano avevi intenzione<br />

di rimanere lì?<br />

Com’è nato l’amore per questa terra<br />

e quando hai capito che sarebbe<br />

diventata la tua nuova casa?<br />

Appena sono arrivata in Africa non<br />

immaginavo di poterci rimane. Ho<br />

da sempre avuto il desiderio di<br />

rendermi conto del mondo che mi<br />

circondava e di quanto fosse grande.<br />

Sono partita perché la società per cui<br />

lavoravo mi mandò in missione per<br />

due settimane e mezzo.<br />

Con il passare del tempo ho iniziato<br />

ad apprezzare l’Africa, il suo vero<br />

cuore, il centro. Quello che più mi<br />

colpì non era tanto il luogo quanto<br />

l’apertura mentale delle persone che<br />

qui abitavano e la loro accoglienza.<br />

La capacità degli abitanti di


mostrarsi per quello che realmente<br />

erano. L’amore per questa terra<br />

nasce da qui. Una terra così fertile<br />

che sembra quasi la natura abbia<br />

pensato alle difficoltà degli africani<br />

donando loro un suolo così fertile.<br />

Una terra capace di produrre<br />

qualsiasi frutto, di darti la<br />

dimensione dello spazio, la vastità.<br />

Dove l’opera dell’uomo non è stata<br />

così invasiva. Ho capito che sarebbe<br />

diventata la mia nuova casa quando<br />

ho pensato che qui avrei potuto<br />

mettere la mia pietra e manifestarmi<br />

per quella che ero, senza cliché.<br />

Ho cambiato completamente lavoro,<br />

ero responsabile del settore estero di<br />

una società italiana, ma qui ho<br />

costituito la mia società.<br />

Sono stata, poi, chiamata per<br />

dirigere altre imprese.<br />

Cambiare completamente lavoro è<br />

stato un lusso che mi ha permesso<br />

solo questo Paese. Mi è stato<br />

concesso di sbagliare, di provare, di<br />

esprimermi anche in altri campi.<br />

L’africa mi ha permesso di essere<br />

insegnante e allieva. Mi sono sentita<br />

libera di esprimere me stessa e<br />

questa libertà di espressione mi ha<br />

dato la possibilità di sceglierla come<br />

mia seconda casa. Ma c’è un ma.<br />

Quando si hanno più case non ci si<br />

sente mai realmente a casa da<br />

nessuna parte.<br />

Quello che manca è riuscire a<br />

mettere radici profonde, sentirsi a<br />

casa ma sempre ospite. E questo lo<br />

vivo in Italia, poiché dopo 17 anni<br />

qui a Kinshasa ci sono elementi che<br />

non mi appartengono più e lo vivo<br />

in Africa, la terra che ho scelto e che<br />

mi ha accolto ma con cui ho delle<br />

profonde differenze su come<br />

concepire la vita.<br />

Una dicotomia che mi impedisce di<br />

sentimi dappertutto a casa mia.


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

Cosa vuol dire lavorare a Kinshasa<br />

e come sei riuscita ad arrivare dove<br />

sei?<br />

Lavorare a Kinshasa è una sfida e<br />

una scommessa, una condivisione,<br />

un progetto, è amare le persone con<br />

cui sei. Quello che mi ha sempre<br />

colpito di questo continente è la<br />

possibilità di poterti mettere in<br />

gioco. Una dimensione di versatilità<br />

dove puoi cambiare la tua esistenza.<br />

L’Africa è il mondo del possibile e<br />

dell’incredibile. Noi che come<br />

europei siamo così legati all’idea del<br />

futuro, qui impariamo a vivere alla<br />

giornata. Lavorare in Africa è anche<br />

incoscienza, pensare di dover<br />

lasciare un segno della tua presenza<br />

in questo posto. Spesso mi chiedo<br />

come sono riuscita ad arrivare dove<br />

sono.<br />

Ma in effetti dove sono? E dove sono<br />

arrivata? La mia vita è un percorso e<br />

io non sono arrivata, Sento di aver<br />

dato delle possibilità così come a me<br />

ne sono state date. Appena arrivai in<br />

Africa, vedendo anche la situazione<br />

sociale, ho vissuto mesi di grande<br />

angoscia. Una discrasia tra quello<br />

che volevo fare e quello che era<br />

realmente necessario. Tutto quello<br />

che facevo mi sembrava poco. Poi ho<br />

iniziato ad avere un equilibrio<br />

imparando a misurare i risultati<br />

quotidianamente. Tentando di capire<br />

che non ero lì per salvare il mondo,<br />

ma che mi veniva chiesto di dare il<br />

mio contributo. Piccolo o grande che


sia. Vivo sperando che ogni giorno<br />

non passi inutilmente.<br />

il tuo cuore dove si trova? Hai mai<br />

pensato di tornare in italia? Come<br />

vedi il tuo futuro?<br />

Il mio cuore appartiene al mondo.<br />

Considero l’Africa una tappa della<br />

mia vita, ma sono una peregrina.<br />

Devo conoscere tante persone e<br />

vedere ancora tanti luoghi. L’Italia<br />

rimane però il mio paese, nulla<br />

cambierà questo. Ritorno nella mia<br />

patria due volte l’anno e ogni volta<br />

mi emoziono. Ho i legami, il mio<br />

passato, e il passato non va mai<br />

cancellato. Noi siamo una risultante<br />

di quei tempi lontani. Mi piace<br />

tornare e parlare con le persone, per<br />

scoprire quanto a volte la distanza ci<br />

faccia sentire diversi, per poi<br />

riconoscerci dopo un gesto. Le<br />

persone cambiano ma abbiamo<br />

sempre qualcosa che ci identifica.<br />

Penso di ritornare a casa, prima o<br />

poi. Intendo trascorrere molti giorni<br />

della mia vita nella casa dei nonni a<br />

Salerno, che ho fatto anche<br />

ristrutturare. Il mio futuro lo<br />

immagino forse a Faiano, in una casa<br />

d’accoglienza. Ma è una domanda a<br />

cui rispondo solo per un mero<br />

esercizio intellettuale, perché so che<br />

tutto quello che dico, poi, alla fine,<br />

non rispecchierà la realtà e farò<br />

tutt’altro. Immagino di tornare a<br />

casa, questo si, ma qui c’è ancora<br />

tanto da fare. Questo paese ha un<br />

grande futuro.


Otto<br />

pagine<br />

<strong>Storie</strong><br />

Cava de’ tirreni<br />

La “bambina<br />

di legno”<br />

senza<br />

Giustizia<br />

Arianna era nata sana,<br />

la famiglia combatte da 15 anni<br />

di Filippo Notari<br />

La decisione presa dai<br />

giudici della Corte<br />

d'Appello di Salerno ha<br />

raggelato il sangue di<br />

Eugenio e Matilde, i genitori<br />

di Arianna<br />

Manzo, la “bimba di legno” protagonista<br />

di una storia tristissima<br />

che si protrae da 15 anni. La ragazza<br />

nativa di Cava de' Tirreni<br />

aveva tre mesi quando fu costretta<br />

a un ricovero che le avrebbe cambiato<br />

per sempre la vita.


Costretta a vivere<br />

su una sedia a rotelle<br />

per un presunto<br />

errore medico<br />

dopo un ricovero<br />

al “Cardarelli”<br />

quando aveva<br />

tre mesi<br />

<strong>Storie</strong><br />

Otto<br />

pagine<br />

in primo grado<br />

il tribunale di salerno<br />

ha condannato<br />

l’azienda a pagare<br />

tre milioni di euro.<br />

Ma dopo l’appello<br />

tutto resta fermo,<br />

compresa la promessa<br />

della regione<br />

Le cure somministratele al “Cardarelli”,<br />

infatti, secondo i consulenti<br />

tecnici nominati dal Tribunale di Salerno<br />

le hanno provocato “un danno<br />

irreversibile al sistema nervoso centrale”.<br />

Oggi Arianna è costretta a vivere<br />

su una sedia a rotelle.<br />

Le sue condizioni di salute sono<br />

precarie e avrebbe bisogno di cure<br />

specifiche per provare a migliorare.<br />

Ma la situazione economica della famiglia<br />

non permette di garantirle<br />

cure continuative. Il papà di Arianna<br />

non lavora più dal 2005 per prestare<br />

assistenza alla figlia; mamma Matilde<br />

lavora part-time in una casa di<br />

cura per anziani.<br />

Un contesto reso ancora più difficile<br />

dall'evoluzione della vicenda giudiziaria.<br />

Nello scorso mese di novembre,<br />

infatti, la seconda sezione civile<br />

del Tribunale di Salerno aveva con-


dannato il “Cardarelli” a pagare un<br />

risarcimento di circa 3 milioni di<br />

euro alla famiglia Manzo. Cifra che<br />

sarebbe servita per curare Arianna,<br />

garantirle una casa senza barriere architettoniche<br />

e un'auto con sollevatore<br />

per permetterle di uscire. Uno<br />

spiraglio di luce che s'è subito richiuso.<br />

La sentenza è stata impugnata in<br />

Appello dall'azienda ospedaliera napoletana<br />

che, nel presentare ricorso,<br />

ha chiesto anche una sospensiva del<br />

pagamento. La richiesta è rimasta al<br />

vaglio dei giudici per oltre due settimane,<br />

nel corso delle quali i genitori<br />

di Arianna hanno iniziato lo sciopero<br />

della fame, presidiando l'ingresso<br />

della Corte d'Appello di<br />

Salerno. Contestualmente, affiancati<br />

dal proprio legale Mario Cicchetti,<br />

hanno chiesto aiuto al governatore<br />

della Campania, Vincenzo De Luca<br />

che, dopo qualche giorno, ha ricevuto<br />

a Palazzo Santa Lucia la famiglia.<br />

Un incontro ch'era stato<br />

considerato proficuo dalla famiglia<br />

Manzo: a Napoli, infatti, De Luca<br />

aveva garantito il proprio impegno<br />

affinché si potesse giungere a un atto<br />

transattivo con il “Cardarelli” che tenesse<br />

conto di quanto stabilito dalla<br />

sentenza di primo grado.Ma proprio<br />

quando la svolta sembrava essere vicina,<br />

i genitori di Arianna hanno incassato<br />

due colpi durissimi.<br />

La Corte d'Appello di Salerno ha accolto<br />

la richiesta di sospensiva del<br />

pagamento del risarcimento che ha<br />

bloccato anche l'iter immaginato da<br />

De Luca per risolvere la vicenda.<br />

Adesso a settembre è in programma<br />

una nuova udienza. L'ennesima di<br />

una storia infinita.

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