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Stanze dell'ecomuseo della laguna di Venezia

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Stanze dell’ecomuseo della laguna di Venezia

Rooms of the Ecomuseum of the Venice Lagoon

Musei della cultura materiale, delle produzioni e del territorio

Museums of Material Culture of Production and of the Territory

a cura di

edited by

Francesco Calzolaio


Giuseppe Scaboro

Assessore alle Politiche Comunitarie e Attività Produttive

Councillor responsible for Productive Activities and for European Union

Politics

Nicola Funari

Assessore alla Cultura e Patrimonio Culturale Museale

Councillor responsible for Culture and Museum Cultural Heritage

Il progetto è stato realizzato con il supporto finanziario dell’Unione

Europea: Programma “Cultura 2000”, ultimato il 31.12.06

This project was created with the financial support of the European

Union: “Cultura 2000” program, completed on 31.12.06

Edizioni EditGraf, e-mail: editgraf.ve@libero.it

Progetto grafico/Graphics: Francesco Calzolaio

Impaginazione/Page make-up: Elena Marini e Luca Zanatta

www.francescocalzolaio.it

Traduzioni dall’italiano/English translation by: Veronica Harkins, Maxine Jones,

Jennifer Knaeble, Vanessa Palomba, Joanne Vanin.

I disegni cartografici sono stati messi a disposizione del Progetto dalla Provincia

di Venezia.

Le immagini sono dell’archivio di ciascun autore se non diversamente indicato.

Cartographic drawings for the maps were provided by the Province of Venice.

Images are from each author’s archive unless otherwise indicated.

ISBN

Copyright © 2008 by Provincia di Venezia, Francesco Calzolaio


INDICE / INDEX

Nicola Funari e Giuseppe Scaboro

5

Guida ai musei lagunari della cultura materiale

Guide to the Lagoon Museums of material culture

Francesco Calzolaio

9

Stanze dell’ecomuseo

Rooms of the Ecomuseum

Valeria Vianello

21

Museo civico della laguna sud

South Lagoon Civic Museum

Gianpaolo Rallo

33

Museo del territorio delle valli e della laguna di Venezia

Venice Lagoon Extensive Fishery Farms Museum

Federica Rossi

43

Museo della calzatura

Footwear Museum

Luigino Fattoretto

51

Museo dell’agricoltura e del villano

Agricultural and Villagers’ Museum

Mauro Bon e Monica Da Cortà Fumei

59

Museo di storia naturale

Museum of Natural History

Silvio Fuso

75

Museo del vetro

Glass Museum

Gloria Vidali

89

Museo provinciale di Torcello

Provincial Museum of Torcello

Paola Chiapperino e Anna Prendin

101

Museo del merletto

Lace Museum

Gerolamo Fazzini

109

Isola del Lazzaretto Nuovo

Lazzaretto Nuovo Island

Rudy Guastadisegni; Ernesto Muliere e Cristiano Patrese

117

Museo storico navale / Museo dell’Arsenale

Historical Naval Museum / The Arsenal Museum

Dino Casagrande

130

Museo della bonifica

Land Drainage and Reclamation Museum

Moreno De Angelis

139

Ecomuseo Ad Mira Brenta

The Ecomuseum Ad Mira Brenta

Diego Fontanari e Mario Galzigna

145

Museo del manicomio di San Servolo

San Servolo Mental Institute Museum

Giuseppe Scaboro

151

Museo di Marghera

Museum of Marghera

Luigi Fozzati, Federica Varosio, Francesca Zannovello

159

Isola del Lazzaretto Vecchio

Lazzaretto Vecchio Island

Eusebi Casanelles i Rahola e Jaume Matamala

167

Il sistema del Museo della Scienza e della Tecnica della Catalogna

System of the Museum of Science and Technology of Catalogna


4


guida ai musei lagunari della cultura materiale

guide to the lagoon museums of material culture

Nicola Funari e Giuseppe Scaboro

5


6

Pagina precedente: vista

aerea della laguna nord

di Venezia, sullo sfondo

Burano e Torcello.

Sotto: vista dall’alto,

dell’Arsenale di Venezia.

Foto © F. Calzolaio

Previous page: aerial

view of the northern

Venice Lagoon, in the

background, Burano and

Torcello.

Below: aerial view of the

Arsenal of Venice.

Le vicende storiche d’Italia la caratterizzano

in modo del tutto peculiare rispetto ad altri

paesi europei di più lunga e matura tradizione

nazionale; nel nostro Paese la frammentazione

del potere politico ha fatto sì che la produzione

e i valori culturali siano sempre stati policentrici

e l’antagonismo tra i molteplici attori sulla scena

si è manifestato fortemente in culture “locali”

di alto livello qualitativo che hanno modellato

la struttura stessa delle nostre città e il rapporto

con il territorio.

Questa forte caratterizzazione “locale” della

cultura italiana è chiaramente leggibile anche

nei nostri musei che, per la maggior parte,

hanno formato le loro collezioni in stretta

relazione con il territorio circostante, con le

sue vicende storiche, economiche e sociali,

rendendo possibile ancor oggi, anche grazie

alle norme di tutela già operanti negli stati

preunitari, la lettura del continuum tra opera

e contesto. Ciò è particolarmente evidente per

quei musei che sono nati dalle grandi collezioni

nobiliari delle potenti famiglie, ma è leggibile

anche per i numerosi musei sorti nell’Ottocento

postunitario con fortissime vocazioni di

conservazione della memoria e dell’identità

delle collettività locali, come accadde anche

per il Museo Provinciale di Torcello. Più

recentemente, ma pur tuttavia sempre con forti

connotazioni di recupero ed enfatizzazione

delle caratteristiche locali, si è prestata maggiore

attenzione alla cultura materiale intesa come

testimone delle vicende socio-economiche del

territorio, espressione della vita della comunità,

ed in particolare del passaggio da un’economia

agricola ad un'economia industriale.

Attraverso la memoria della nostra storia più

recente possiamo ritrovare valori unificanti per

definire percorsi culturali rivolti alla conoscenza

e alla riscoperta di ambienti, luoghi e spazi ove

si sono sviluppati ed espressi nuovi rapporti

sociali, nuove definizioni di comunità, dove

tecniche di produzione hanno conformato

il territorio e le sue infrastrutture in nuovi

assetti e con una velocità di trasformazione non

sperimentata in precedenza.

Sempre tenendo conto però che restano

presenti, visibili e operanti testimonianze e

memorie di più antica data che non possono

essere trascurate se si vuole consentire la

lettura della storia di una comunità. Sarebbe

impensabile ad esempio disgiungere le vicende

dell’Arsenale e dell’area di Porto Marghera dalla

storia della fortuna e del declino della città di

Venezia come centro di potenza economica e

commerciale nel Meditteraneo.

Ed è difficile non pensare che queste due

aree possano diventare fonte della ricchezza

del patrimonio di un Ecomuseo creato da

una collettività che lavora all’interno di un

determinato territorio. L’Ecomuseo diventa

la rappresentazione di un puzzle di patrimoni

naturali e culturali, di vita quotidiana e di filiere

possibili.

L’Ecomuseo lagunare può comprendere

benissimo oltre i già citati Museo di Torcello, di

Marghera e dell’Arsenale anche il Museo della

laguna sud, il Museo del territorio delle valli

e della laguna di Venezia, il Museo “Ad Mira

Brenta”, il Museo della calzatura, il Museo di

storia naturale a Venezia, il Museo del vetro a

Murano, il Museo della bonifica di San Donà

di Piave, il Museo del merletto a Burano, l’isola

del Lazzaretto Nuovo e Vecchio, il Museo

del manicomio di San Servolo e il Museo

archeologico di Altino.

E’ un progetto interessante da seguire, da

portare in porto tramite una collaborazione tra

settore pubblico, settore privato e associazioni

di “volontariato”.


The events which mark Italy’s history distinguish it

in a markedly different manner from other European

countries which possess a longer and more established

national tradition; in Italy, the fragmented nature

of political power has meant that production and

cultural values have always been polycentric in

nature, with the rivalry between the many players

on the scene leading to the development of strongly

“local” cultures of a high quality - cultures which

have fashioned the very structures of our cities and our

relationship to the territory.

This strongly “local” nature of Italian culture is also

clearly evident in our museums, whose collections are

closely bound and related to the surrounding territory

and its historical, social and economic development.

Therefore it is still possible today, also owing to the

protective measures which had already been applied in

the pre-unification states, to perceive and understand

the continuum between the work and the context

from which it arises. This is particularly apparent

in the museums which came into being with the

large collections of the nobility donated by powerful

families, but can also be seen in the numerous museums

which sprung up in the nineteenth century after the

unification of Italy with the intent of preserving

the memory and identity of local communities, an

example being that of the Provincial Museum of

Torcello. In more recent years, still maintaining this

strong underlying desire to reclaim and highlight the

features which characterize local identity, material

culture has again become the subject of attention,

perceived in terms of a culture which illustrates the

socio-economic history of the territory - one which

embodies the expression of community life - and in

particular, recounts the passage from an agricultural

to an industrial economy.

Recalling the memory of our most recent history allows

us to rediscover unifying values with which to define

and identify cultural itineraries aimed at the discovery

and understanding of the environment, places

and spaces where new social relationships and new

definitions of community have developed and found

expression and where production techniques have

rearranged, reshaped and transformed the structure

and lay-out of the territory and its infrastructures at a

rate never witnessed before. That said, one must always

keep in mind the fact that evidence and traces of a

more distant past remain present, visible and operative

and these must not be neglected if the aim is to allow

for the overall, comprehensive understanding of the

history of a community. It would be unthinkable, for

example, to separate the history of the Arsenale and the

area of Porto Marghera from the story of the rise and

fall of the city of Venice as a centre of economic and

commercial power in the Mediterranean: it would

be diffcult not to consider these two areas as sources

which can contribute to the patrimonial wealth of

an Ecomuseum created by a community working

within a given territory. The Ecomuseum becomes a

representation of a patchwork of natural and cultural

heritages, of daily life and future activities.

Besides the previously mentioned Museums of Torcello,

Marghera and the Arsenale, the Lagoon Ecomuseum

can easily include; the South Lagoon Civic Museum;

the Venice Lagoon Extensive Fishery Farms Museum;

the Ad Mira Brenta Museum; the Footwear Museum;

The Venice Museum of Natural History; The

Glass Museum, Murano; the Land Drainage and

Reclamation Museum of San Donà di Piave; the Lace

Museum, Burano; the islands of Lazzaretto Nuovo

and Vecchio, The Mental Institution Museum and

the Archaeology Museum of Altino. It is a stimulating

and interesting project to follow and see through, in

collaboration with the public and private sector and

voluntary associations.

Il paraboloide dei

Complessi a Porto

Marghera.

Foto © Immobiliare

Veneziana

The paraboloid of

Complessi in Porto

Marghera.

guida ai musei lagunari

7


8


stanze dell’ecomuseo

rooms of the ecomuseum

Francesco Calzolaio

9


10

Pagina precedente:

mappa del territorio

lagunare di Sebastiano

Alberti, fine XVII secolo,

BMCVE, P.D., C 856.4.

Sotto: una nave da

crociera in uscita dal

bacino di San Marco,

©foto MSC Spa.

Previous page: map of

the lagoon territory by

Sebastiano Alberto, late

17th c.

Below: a cruise ship

leaving Saint Mark’s

Basin.

“La laguna di Venezia rappresenta un paesaggio

e un territorio particolare, dove si intrecciano

realtà produttive diverse che si dispiegano su un

tempo lungo e danno vita ad una stratificazione

complessa. Ciò è attestato dallo stesso numero di

musei e di esposizioni che trovano spazio nelle

pagine che seguono. E’ allora opportuno costruire

una lettura integrata dei diversi fenomeni, un

itinerario che colleghi le diverse esperienze museali,

trasformandole in antenne di un percorso che dia

conto di un paesaggio antropizzato complesso.

E’ il problema che pone questo volume: una

questione culturale che si trasforma in un tema

pratico di valorizzazione del patrimonio a fini

di sviluppo locale”.

Renato Covino

Presidente AiPAi

(Associazione italiana Patrimonio di

Archeologia industriale)

Venezia giace incastonata nella sua laguna, dove

terra e mare s’intrecciano indistricabilmente

con l’azione costante dell’uomo, che da sempre

tenta di controllarne il fragile equilibrio. La

storia dell’evoluzione della linea tra terra ed

acqua si racconta in un enorme patrimonio

iconografico. il territorio che genera l’ecotono

lagunare è vasto, dalle Alpi al golfo adriatico.

La storia della laguna si fonda sulla progressiva

razionalizzazione dell’interscambio tra le acque,

che vengono dal bacino scolante e dal mare,

per calmierarne gli effetti delle inondazioni

fluviali e delle maree, e per consolidare la

vita quotidiana e la produzione industriale

ed artigiana, attorno al complesso confine tra

terra ed acqua.

il territorio lagunare è stato oggetto di

continue modifiche fisiche per adattarlo agli

usi produttivi e per governarne le dinamiche

ambientali. Prezioso patrimonio culturale

rimangono le tecnologie di trasformazione

storica e d’industrializzazione del territorio, le

bonifiche, la difesa dal mare con i “murazzi”,

la costruzione degli argini e delle banchine.

Patrimonio sono anche le attività che

storicamente si sono insediate dentro e ai bordi

della laguna per un suo dinamico e sinergico

sfruttamento produttivo, come le saline e le

valli da pesca.

Le problematiche relative alla fruizione del

patrimonio culturale in laguna sono soprattutto

legate alla sovraesposizione dell’area marciana,

che è confliggente con la vita quotidiana dei

cittadini e con la salvaguardia del patrimonio.

La musealizzazione della città è oggetto di

acceso dibattito ed evidentemente l’ipotesi

ecomuseale si propone come uno strumento di

diversione e ridistribuzione del flusso turistico

verso mete sottoutilizzate e decentralizzate.

L’ecomuseo è uno strumento di tutela,

conoscenza e valorizzazione del patrimonio

creato da una collettività che lavora all’interno

di un determinato territorio, come ha

evidenziato il progetto europeo “Patrimonio

industriale tra terra e mare: per una rete

europea di ecomusei” nel cui alveo si inserisce

questo quaderno. La nozione di “territorio

culturale” si è molto avvicinata al concetto di

“ecomuseo”.


“The Venetian Lagoon represents a unique

landscape and territory, where a good number of

productive realities that have been put in place

over a long period of time meet and give life to

a complex stratification. This is testified by the

same number of museums and expositions found

in the following pages. it is therefore opportune

to develop an integrated reading of the different

phenomenon, an itinerary that connects the

different museum realities, transforming them into

satellites of a journey that gives an account of a

complex anthropical landscape. This book presents

an issue: a cultural issue that is transformed into a

practical subject that values heritage resulting in

local development”.

Renato Covino

Aipai President

stanze dell’ecomuseo

Venice is inserted in the lagoon, where land and

sea have become inextricable due to constant

intervention on the part of man that has always

attempted to maintain control of the fragile

equilibrium. The history of the evolution of the

boundaries between land and sea is illustrated

through a vast iconographic heritage. The

territory which gives rise to the eco-system of

the lagoon is an immense one; it extends from

the Alps to the Adriatic gulf. The story of the

lagoon can not be isolated from the progressive

rationalization of the exchanges between the

waters from the lagoon, from the basin and from

the sea, aiming to minimize their effects - those

due to flooding by the rivers as well as by the sea

- and to consolidate, day to day life and artisan

and industrial production around the complex

limits between land and sea.

The territory of the lagoon has been subject to constant

physical alterations in order to adapt it to productive

uses and to control environmental risks.

Historical transformation and industrialization

technologies of the territory, drainage, defence

against the sea by means of protection walls, the

building of dikes and quais – all constitute an

invaluable cultural heritage. The activities that

historically settled within and at the banks of the

lagoon and constituted a dynamic and interactive

mode of productive exploitation also represent

heritage: for instance, salt works and fishing

in the marshes.

The problems related to the exploitation of the

lagoon’s cultural heritage are linked first of all to

the « over-exhibition » of the San Marco area,

which comes into conflict with the daily life of

the city’s inhabitants and with the conservation

of its heritage. The transformation of the city into

a huge museum is a hotly debated topic, and obviously

the hypothesis of the Ecomuseum appears

to be an instrument with the purpose of diverting

and redistributing the flux of tourists towards

under-exploited and decentralized destinations.

The ecomuseum is an instrument of guardianship,

knowledge, and valorisation of a patrimony

which has been created by a community working

within a particular territory as pointed out

by the European project “Industrial Patrimony

between Land and Sea: for a network of Ecomuseums.”

The notion of “cultural territory” can be

associated with the idea of an “ecomuseum”.

As underlined by this European project, today

ecomuseums appear to be the most suitable places

for hosting the entire set of cultural values that

the historical growth of the same territory proves

as being compatible.

In this way ecomuseums function as instruments

for a new and dynamic organisation of territories,

through a well-balanced enhancement of

L’Italia in miniatura,

parco tematico, Viserba

di Rimini. Foto © Italia

in Miniatura.

Il rischio di riduzione a

parco monotematico è

sempre presente nella

discussione sul futuro

di Venezia: questa

guida è l’invito alla

razionalizzazione di

un diverso sistema di

fruizione culturale.

Italy in miniature, theme

park, Viserba, Rimini.

When discussing the

future of Venice, the

risk of her adaptation

to a monothematic park

is ever present: this

guide is an invitation

to the rationalization of

a different system of

cultural fruition.

11


12

La Città della Scienza di

Bagnoli, plastico del

progetto, Pica Ciamarra

Associati.

The City of Science in

Bagnoli, model of the

project, Pica Ciamarra

Associati.

Oggi gli ecomusei appaiono come il luogo

più adeguato per accogliere tutto l’insieme

di valori culturali dei quali la crescita storica

nello stesso territorio spiega la fondamentale

compatibilità.

in questo senso gli ecomusei fungono da

strumento per una nuova strutturazione

dinamica dei territori, attraverso un’equilibrata

valorizzazione delle loro ricchezze provenienti

dall’intreccio tra una natura relativamente

“intatta”, con la stratificazione storica del

patrimonio costruito e con le caratteristiche

delle trasformazioni indotte dalle dinamiche

economiche. L’ecomuseo diventa un

insostituibile strumento per la riconciliazione

di quelle risorse e della loro promozione, come

basi di uno sviluppo locale sostenibile. in questo

senso già esistono vari centri interpretativi sul

territorio, spesso sotto utilizzati, e dunque si

tratta di razionalizzare l’offerta museale diffusa,

in un sistema fisico e virtuale.

“La denominazione di ecomuseo mantiene,

ancora oggi, il suo carico di magia, pur avvolto

in un’atmosfera sfumata. La magia è evidente

per l’interesse che il termine ed il concetto

suscitano ancora all’inizio del ventunesimo

secolo”, come dice il prof. Louis Bergeron

nel suo intervento al convegno sul tema

promosso dall’Aipai (“Gli ecomusei, oggi, in

Europa” Terni, 7 maggio 2008): per l’autorità

e la distanza critica prendiamo il filo del suo

discorso e lo seguiamo in una rapida sintesi

delle esperienze ecomuseale europee.

“L’invenzione del concetto e della parola

appartiene all’etnologo e museologo Georges-

Henri Rivière, che ha creato nel 1937 il Musée

des Arts et Traditions Populaires di Parigi.

L’ultima tappa della maturazione del concetto di

ecomuseo è coincisa con l’estensione delle aree

di applicazione dell’ecomuseo dall’agricoltura

e dai tipi di vita rurale, o dall’artigianato e

dalle attività e processi preindustriali, ai settori

dell’industrializzazione. Assistiamo, quindi,

ad una seconda “nascita” che ha trovato la sua

espressione nella creazione, attorno al 1973,

dell’Ecomuseo di Le Creusot in Borgogna”,

che il prof. Bergeron ha presieduto dal 1995

al 2004.

“Fedeli eredi della dottrina ecomuseale

hanno levato la loro voce, in italia”, oltre ad

“altri esempi davvero notevoli come quelli di

ironbridge in inghilterra o del Bergslagen in

Svezia.”

“Le prime a diffondere, al di fuori dei

confini francesi, la pratica degli ecomusei

sono state la Provincia di Torino e la Regione

Piemonte” ed anche la “Provincia di Novara

e il Consorzio Cusio Turismo, per il lancio,

nel 1994, del progetto dell’Ecomuseo del Lago

d’Orta e Mottarone. La rete dell’Ecomuseo era

immaginata come un fitto tessuto che intreccia aree

e temi. Un uso particolarmente caratteristico

era quello del termine di sistema museale come

proposta culturale multipla disperso sul territorio.

A questo punto è ovvio il rapporto genealogico

con il Museo della Ciencia i de la Tecnica di

Catalonia, di cui il fondatore e presidente,

ama parlare della sua rete come di un «museo

sistema»”. Casanelles ne descrive la genealogia

nella postfazione del nostro libro.

“L’enumerazione di tutte le realizzazioni

italiane nel campo che ci interessa non

sarebbe ragionevole. Voglio fare riferimento

all’iniziativa capitanata dal Prof. Giovanni

Luigi Fontana, nel quadro del MUTiV –

MUseo Territoriale dell’industria Vicentina”,

confluito nella Rete Museale Altovicentino.

“Sono cinquanta testimonianze di archeologia

industriale nel comprensorio del Comune di

Schio, in parallelo con quasi un altro centinaio

di esperienze nell’insieme delle tre vallate

dell’Alto Vicentino. Ma anche all’iniziativa

particolarmente originale promossa dall’Arch.

Francesco Calzolaio per la costruzione di una

rete ecomuseale attorno alla Laguna di Venezia

a partire da la rete dei musei che esistono e

che occorre mettere a sistema, radicando

l’ecomuseo della laguna nella razionalizzazione

di un’offerta esistente e sotto utlizzata, dalle

straordinarie potenzialità.”

Con il conforto di questo autorevole

incoraggiamento proponiamo di realizzare

in laguna un percorso molto simile a quello

di altre regioni italiane, dalla Lombardia

all’Umbria, dal Piemonte al Friuli, che

hanno con la loro attività legilativa definito

lo scenario complessivo della rete ecomuseale

del patrimonio pubblico, sempre dando alle


their patrimony based on an intertwining of a

relatively “unimpaired” nature, the historical

stratification of a constructed legacy and economic

success. From here the ecomuseum becomes

an irreplaceable tool for the reconciliation of such

resources and for their promotion as foundations

for local sustainable development. In these terms,

various interpretative centres exist in the often

under utilized territory. One of the suggested

methods is that of reorganising the museum offer,

in particular by placing them within a physical

and virtual network.

“ Still today, the name “Ecomuseum” maintains

its magic, even if enveloped in a hazy atmosphere.

This magic is manifest in the interest that the

term and concept continues to evoke even at

the beginning of the twenty-first century”, as

professor Louis Bergeron states in his speech at the

conference given on the subject presented by Aipai

(“Ecomuseums in Europe today”, Terni, May 7,

2008). As Bergeron is a man of great prestige

and an authority on the subject, we will follow

the thread of his speech in order to contrive a brief

synthesis of the European ecomuseum experience.

“The invention of the concept and word belongs

to ethnologist and museologist, Georges-Henri

Rivière who created the Musée des Arts et

Traditions Populaires of Paris.

The last stage of maturation of the ecomuseum

concept coincides with the extension of its

application to include agriculture and rural life,

the cottage industry, pre-industrial activities and

processes, and sectors of industrialization. We

therefore witness a second “birth” that has found its

expression in the creation of the Ecomuseum of Le

Creusot in Borgogna circa 1973”, which professor

Bergeron presided over from 1995 to 2004.

“Faithful heirs of the ecomuseum doctrine have

spoken out in Italy,” apart from, “other notable

examples such as Ironbridge in England or

Bergslagen in Sweden”.

“The first to spread the practice of ecomuseum outside

of French borders were the Province of Torino and

the Piemonte Region” and also the “Province of

Novara and the Cusio Consortium Tourism, for

the launching of the project “Ecomuseum of Orta

and Mottarone Lake in 1994. The Ecomuseum

network was imagined as a tight knit fabric that

intertwines areas and themes. A particularly

characteristic use was that of the linguistic terms of

the multiple cultural museum system proposal

dispersed within the territory. At this point, the

genealogical relationship with the Museum of

Ciencia and of Technology of Catalonia is clear.

Its founder and president, who is now presides over

the International Committee for the Conservation

of Industrial Heritage (TICCIH), loves to speak

about his network as a “museum system”. He

describes this genealogy in the afterward of our

book.

“The enumeration of all the Italian accomplishments

in the area that interests us would not be reasonable.

I would like to make reference to the initiative

lead by Professor Giovanni Luigi Fontana, within

MUTIV – The Territorial Museum of Vicentine

Industry. There are fifty testimonies of industrial

archaeology in the district of the Municipality of

Schio. They exist along side almost one hundred

others comprised in the three Alto Vicentino valleys.

Also, included in the venture is the particularly

creative initiative promoted by Francesco Calzolaio

for the construction of an ecomuseum network

around the Venetian Lagoon. Its routes are

shown here, beginning with the existing network

of museums that need to be placed within the

system, rooting the Lagoon ecomuseum within the

rationalization of an existing and under-utilized

reality of extraordinary potential.”

With the support of this authoritative

encouragement, we propose to create a course that

is very similar to that of other Italian regions in

the lagoon. Those regions include from Lombardia

to Umbria, from Piemonte to Friuli, those

regions that, with their legislative activities, have

Una stanza

dell'ecomuseo torinese:

Scopriminiera di

Prali, parte delle reti

ecomuseali della

Provincia di Torino e della

Regione Piemonte.

Foto @ Marco Saroldi

per Eco e Narciso /

Fotografia.

A room in the

Ecomuseum of Turin:

Scopriminiera (Mine

Discovery) of Prali, a

part of the Province

of Turin and of the

Piedmont Region

ecomuseum network.

stanze dell’ecomuseo

13


14

La Sala dei fuochi,

Manifattura dei Marinati

di Comacchio.

Foto © Archivio del Parco

del Delta del Po.

The Sala dei fuochi,

Manufacturing of

Marinated Fish,

Comacchio.

Amministrazioni Locali il ruolo prioritario

di coordinamento dell’offerta culturale

territoriale.

La nozione di ecomuseo è dunque utilizzata

nella valorizzazione del territorio antropizzato,

che s’impernia sul patrimonio di archeologia

industriale, non solo come snodo decisivo

per la qualità della trasformazione storica del

territorio, ma anche come risorsa strategica,

a partire dalla rifunzionalizzazzione dei

manufatti dismessi.

il loro recupero è evidentemente aperto ad

una molteplicità di usi produttivi, abitativi,

culturali, ma sempre deve essere capace

di valorizzare la stratificazione storica. il

territorio diviene un palinsesto laddove questa

stratificazione è la base per una rete di fruizione

culturale e turistica.

L’ecomuseo diviene uno strumento di

appropriazione del sistema culturale territoriale,

sia per turisti che per cittadini,

attraverso un apparato di comunicazione

che avviene a vari livelli ed è rivolta ad un

pubblico di specialisti e di profani. La capacità

di comunicare a questi ultimi è decisiva

per ampliare il bacino di utenza culturale,

mentre la capacità di comunicare ai primi

è determinante per definire le coordinate

scientifiche del discorso.

in un territorio ricco di dispositivi museali

diffusi come la laguna di Venezia, l’ecomuseo

è fatto di stanze che costituiscono i nodi

della rete, che sono sopratutto edifici museali

esistenti e musei di sito, di proprietà di vare

amministrazioni territoriali. in entrambi i

casi la museologia più avvertita trasforma

il sistema espositivo in uno strumento di

comunicazione complesso, capace di rendere

facilmente comprensibile un sistema di senso

che altrimenti sarebbe riservato agli addetti

ai lavori. Per far questo occorre fondare

la comunicazione sull’esperienza diretta e

multisensoriale offerta al visitatore. Esperienza

che deve essere alla base della percezione di

ciascuna stanza ecomuseale come della rete

stessa.

il singolo reperto in questo senso è la componente

fondamentale del dispositivo museale, ma non è

l’unica. Oltre che rispettare l’aura degli oggetti

è determinante, infatti, rendere conto del loro

contesto produttivo ed ambientale, in modi che

lascino partecipare il visitatore di un’esperienza

semplice e diretta, laddove processi complessi

vengano raccontati in maniera intuitiva. in

questo senso bisogna far tesoro della ricchezza

comunicativa propria di musei della scienza e

centri ambientali, dove diorami e ricostruzioni

al naturale sono spesso accompagnati da

esperienze interattive acustiche e cromatiche. in

modo particolare nei musei della scienza e nei

centri interpretatitivi si è elaborata una strategia

comunicativa capace di tenere assieme il rispetto

per il valore dell’oggetto e per la comunicazione

di quel valore. La ricchezza della partecipazione

all’esperienza culturale non si ferma in questi

casi alla partecipazione estatica, ma coinvolge il

corpo ed i sensi attraverso un’esperienza hands on

ma anche hearts e minds on, che sia cioè capace

di innescare un rapporto conoscitivo attraverso

la partecipazione diretta. La comunicazione

diviene interattiva ed unica, tralasciando l’abuso

delle tecniche informatiche in esperienze che si

possono fare agevolmente davanti al computer

di casa. L’intero dispositivo museale comunica


defined the public patrimony’s complex scenario

of the ecomuseum network and that have always

given the leading role of coordination of cultural

territorial proposals to Local Administration.

By now the notion of ecomuseum is used in a variety

of ways to improve an anthropized territory.

It is hinged on the heritage of industrial archaeology

not only as a decisive node in the quality of

the territory’s historical transformation but also

as a strategic resource that starts by rendering local,

disused industries functional again.

Re-utilization can take various forms (e.g., for

production, residential or cultural purposes), but

must be capable of communicating and improving

historical stratification. In this way the territory

becomes a palimpsest where this stratification

serves as a base for a network of flourishing

cultural and tourist activities.

The proper communication of information becomes

an instrument of appropriation for both

tourists and citizens. This communication takes

place by means of a communication system that

unfolds on various levels and is directed at a public

composed both of specialists in the field as well

as laypeople. Reaching the latter is important for

broadening the cultural body of users, whereas

proper communication with specialists working

in the field is indispensable for coordinating scientific

aspects.

In a territory which is rich in museum dispositives

such as that of the Venetian Lagoon, the ecomuseum

consists of various rooms that serve as crucial nodes

in a network system composed above all of existing

museum buildings and site museums which are the

property of various administrative territories.. In

both cases the most discerning museology transforms

the exhibition space into a complex communication

instrument that can facilitate the comprehension of

a system otherwise inaccessible to the larger public.

In order for this to take place, the establishment of

a visitor-based communicative system structured on

a direct and multi-sensory experience is essential.

Experience must be perceived as the fundamental

aspect of each room in the ecomuseum and must be

at the core of the ecomuseum network itself.

In this sense each single object becomes an essential

component of the museum system, but not the

only one. In addition to observing the quality and

value each object represents, visitors should be instructed

as to the industrial and environmental

context in which the object was produced, allowing

them to participate in a simple and direct learning

experience where intuitive methods are used

for explaining complex processes. To this end, the

success of communicative methods used in science

and environmental museums should be included

in the curatorial planning of ecomuseums. In environmental

museums or centres, often models and

natural reconstructions are accompanied by interactive

listening experiences and visual aides. With

science museums, a communicative strategy, which

is capable of both sustaining respect for the value of

objects on display and effectively communicating

such value to visitors, is usually employed. The visitor

does not participate in the cultural experience

as a mere onlooker. The experience also involves the

body and the senses through a hands-on (as well

as hearts-on and minds-on) experience, one that

is capable of igniting cognitive experience through

direct participation. The communication process

becomes interactive and singular, and limits the

overuse of computer technologies in experiences

that could be easily carried out at home or on any

personal computer. The museum system as a whole

aims to communicate to the general public the significance

of the objects on display, through physical

and sensory experiences.

This guide aims at describing the benefits of museums

dedicated to culture material, to industry,

and to the territory of the Venice lagoon, and hopes

to broaden the body of museum goers and users, in

addition to launching the development of an integrated

network of museums in the lagoon territory;

a network that, on the one hand, can intercept and

direct the flow of tourism which is today excessively

Le Dressanes, museo

navale nell’antico

Arsenale di Barcellona.

Foto © Jaume Matamala.

Le Dressanes, the naval

museum located in the

old Arsenal of Barcelona.

stanze dell’ecomuseo

15


16

Museo della Scienza

e della Tecnica della

Catalogna, Teulada

Terrassa. Foto © Museo

della Scienza e della

Tecnica della Catalogna

Science and Technology

Museum of Catalogna,

Teulada Terrassa.

al pubblico di non addetti ai lavori il significato

degli oggetti esposti in esperienze fisiche ed

emozionali.

Questa guida intende descrivere l’offerta

museale dedicata alla cultura materiale, alle

produzioni ed al territorio nella laguna di

Venezia, con l’intento di ampliare il bacino

di utenza di ciascun museo, e di avviare la

costituzione di una rete integrata dei musei

nel territorio lagunare. Una rete capace

d’intercettare e divergere il flusso turistico

oggi eccessivamente concentrato sull’area

culturale marciana da un lato, e dall’altro

capace di ampliare la coscienza e la conoscenza

del proprio territorio dei cittadini che vivono

attorno alla laguna.

La post-fazione di Eusebi Casanelles i Rahola ci

accompagna nel percorso che, dalla realizzazione

del museo della scienza e della tecnica in

Catalogna, ha portato alla strutturazione

dell’intero sistema museale dedicato al territorio

catalano. Un sistema che può essere prototipo

per altri siti, per i quali Casanelles ha uno

sguardo privilegiato, essendo anche presidente

dell’associazione mondiale per la conservazione

del patrimonio industriale (TiCCiH, The

International Committee for the Conservation of

the Industrial Heritage).

La necessità di fare sistema è evidente anche

in laguna per il fatto che i musei della cultura

materiale sono oggi marginali nella fruizione

turistica, sia perché la spesa procapite per

la cultura è molto bassa, sia perché sono

previlegiati dai flussi i musei legati all’area

marciana. Troppo spesso dunque la fruizione

turistica veneziana si ferma ad una generica

esperienza della città come museo, esasperando

i conflitti tra vita quotidiana dei cittadini ed i

“turisti per caso”.

E’ assai significativa in questo senso l’immagine

pubblicitaria del free climber, che scala la parete

artificiale a picco sulla città da un’altissima nave

in crociera sul bacino. A corredo dell’immagine lo

slogan della compagnia recita: “hai mai guardato

piazza San Marco da qui?”. Venezia è sempre

stata città-porto dunque le navi, anche grandi,

fanno parte attiva del paesaggio, e gli danno lo

spessore del movimento e del cambiamento.

Ma quella scalata rappresenta bene il conflitto

tra gli usi degli abitanti e quelli dei turisti,

gli uni soprattutto legati ad una percezione

quotidiana della città, gli altri ad una percezione

mirabolante. Queste due esperienze confliggono

quando i secondi sono portati a trascurare la

complessità del vivere nella città lagunare, di chi

l’ha costruita e la manutende quotidianamente.

i parchi tematici sono uno strumento di

edutainement, utili a educare e conoscere

divertendosi. Venezia è condannata a essere

esperita come un parco tematico da alcune

categorie di visitatori ed il conflitto con la

città viva è evidente. Molto è stato fatto

ed altrettanto occorre fare per mantenere

dinamicamente l’equilibrio tra gli usi dei

cittadini e dei foresti.

il sistema ecomuseale offre un’esperienza di

visita che va nella direzione opposta di quello

scalatore, e cioè cerca di dare un’immagine,

attuale ed accessibile, di una miriade di luoghi

e di attività che intessono la policentrica rete

“minore” e misconosciuta, straordinariamente

legati alla laguna ed ai suoi abitanti. Una

risposta a questa immagine consumistica

ed avventurosa della città non può essere


concentrated in the area around St. Marks Square,

and on the other hand, one that can broaden citizens’

consciousness and understanding of the lagoon

territory. The catalogue concludes with an

afterward by Eusebi Casanelles I Riola, who leads

us through the development process of the Science

and Technological Museum in Catalonia and the

structuring of the entire museum system dedicated

to the Catalan territory. Such a system can be read

as a prototype for other sites, for which Casanelles

gives us his precious insight as President of the

TICCIH.

It is evident that a system for the lagoon area needs

to be established. This is due to the fact that cultural

museums of today hold a marginal position in aiding

the development of tourism, both because of the

low level of available funds for culture and for the

fact that the museums located in the centre of Venice

(or more precisely around St. Mark’s Square)

maintain an evident and privileged position. Too

often tourism in Venice stops at a generic experiencing

of the city as a type of museum, exasperating

the conflicts that exist between the everyday life of

citizens and “casual tourism.”

In this sense the image of the free climbing tourist

who descends the artificial walls of the city from

atop a cruise ship docked in the Venice bay, is extremely

significant. The tour company advertisement

goes something like: “Have you ever had a

view on St. Mark’s Square from here?” Venice has

always been a city-port where boats and ships of all

kinds, including very large ones, have constituted

an active part of its scenery, adding to the depth of

the city’s movement and change. Such scaling, however,

represents the conflict that exists between how

the city is used by its citizens and how tourists use

it: the former are tied to a daily-life perception of

the city, the latter to an adventurous and exhilarating

experience. These two experiences emerge all the

more when tourists and visitors are led to neglect

the complexity of life in the lagoon city and to dismiss

the people responsible for its construction and

daily up-keep.

Thematic parks are an “edutainment” instrument,

useful for educating, learning and entertaining.

Venice is condemned to being considered a thematic

park by a variety of tourists. The conflict

with real city life is evident. Much has been done

and just as much more needs to be accomplished

in order to dynamically maintain the equilibrium

between citizen and tourist uses of the city.

The ecomuseum offers a different kind of visiting

experience than that of the “free climber” and

strives to give a current and accessible image of

the myriad of places and activities making up the

“minor” and misunderstood polycentric network,

one which is inextricably intertwined with the lagoon

and the lagoon’s inhabitants. A response to

this consumerist and adventurous image of the city

cannot simply be of a controversial or ideological

nature, but in a free market society, must be competitive

with respect to the product. In other words,

communicative and structural instruments need to

be provided to those who wish to promote and support

awareness for the original cultural complexity

of the anthropic lagoon area. One such instrument

is the optimisation of the museum network, one

that offers much more than unique and adventurous

views of St. Mark’s Square.

The chapters describing the museums presented in

this guide are the result of an extensive collaborative

effort on the part of the many editors who

carried out the complex job of gathering together

the material to be included, material which had

often already been written by museum staff for

other projects, supported by the work of the editorial

staff who brought the guide to its final stages.

The sequence of the chapters is organised in such

a way as to illustrate and highlight the differences

that exist between these collections, which

have been brought together within a common

framework. Each chapter, edited by the staff of

the respective museums, describes one particular

museum in detail; the structure adopted is the

La rampa di accesso

al Museo della Scienza

(Caixa Museum) di

Barcellona.

Foto © F. Calzolaio

The access ramp of the

Science Museum (Caixa

Museum) of Barcelona.

stanze dell’ecomuseo

17


Mappa del percorso delle

18 semplicemente polemica o ideologica, ma,

stanze dell’ecomuseo

della laguna.

in un regime di libero mercato, deve essere

Map of the itenerary

competitiva sul prodotto. in altre parole

of the Rooms of the bisogna dare strumenti comunicativi e

Ecomuseums of the

strutturali ai tanti che desiderano promuovere

Lagoon.

una consapevolezza della complessità culturale

originale del sistema antropico lagunare. Uno

di questi strumenti è la razionalizzazione della

rete museale dedicata a quella complessità.

Musei che offrono molto più che un’originale

ed avventuroso punto di vista su piazza San

Marco, e che dunque sono affascinanti per

ciascun turista, compresi coloro che arrivano

con le grandi navi da crociera.

Le schede sui musei presentati in questa

guida sono frutto di un lavoro complesso

ed interattivo tra i tanti curatori: da un lato

di raccolta dei materiali spesso già prodotti

per analoghe esigenze di comunicazione da

parte di ciascuno staff museale; dall’altro di

elaborazione ed impaginazione da parte della

redazione. La trama delle schede dei capitoli

è costruita al fine di rendere le differenze delle

collezioni in un quadro comune. il volume è

articolato in schede che descrivono i singoli

musei, curate dai rispettivi staff. i contributi

sono organizzati secondo una matrice comune,

per renderli comparabili ed esaustivi; infatti,

la descrizione di ciascun museo è articolata

in una scheda sintetica, in una descrizione

analitica dell’attività del museo in generale e

poi in particolare di ciascuna delle sue sezioni,

nonché nel racconto delle eventuali mostre

temporanee e dei futuri progetti.

i musei sono diversi tra loro, ma hanno unità

di luogo e soggetto, sono tutti musei affacciati

direttamente sulla laguna o su un affuente

diretto, e trattano di un comune argomento,

o meglio di insiemi di argomenti concatenati:

le produzioni, la cultura materiale ed il

territorio. i modi e le articolazioni dei racconti

espositivi sono assai diversi, così come sono

diverse le istituzioni che li hanno promossi e li

gestiscono: dalle amministrazioni comunali a

quella provinciale, da associazioni senza scopo

di lucro a fondazioni private.

i musei delle produzioni, dedicati alla calzatura,

al merletto e al vetro, raccontano della

specializzazione produttiva di un’asta fluviale

e di due arcipelaghi lagunari, essi enfatizzano

la grande abilità artigianale della filiera

produttiva e presentano pezzi artistici di valore

assoluto. il Museo Storico Navale racconta la

storia delle produzioni navali in laguna ed in

italia, ed arriva a rappresentare il carattere più

autentico di una città anfibia come Venezia.

il museo è in attesa di una sua estensione

all’interno dell’antico recinto dell’Arsenale,

introdotta qui dall’Ammiraglio Direttore del

Centro Studi Militari Marittimi.

Gli altri musei presentati sono tutti dedicati, ad

un tempo, alla cultura materiale e al territorio

che l’ha prodotta; essi raccontano delle

trasformazioni della complessa interazione tra

le attività dell’uomo ed il proprio ambiente,

attorno al bordo tra terra ed acqua. il Museo

della laguna sud di Chioggia, il Museo del

territorio delle valli di Campagna Lupia, il

Museo di storia naturale, il Museo di Torcello

e quello del Lazzaretto Nuovo accompagnano

il visitatore in un percorso unico che parte

da persistenze archeologiche per arrivare a

raccontare le attività quotidiane di cittadini

e “foresti”, assieme ad una descrizione


same for all the museums to allow for easy consultation.

Each chapter begins with a brief outline

of details regarding the museum and a general

description, and goes on to give a more detailed

account of the individual sections, including

further information regarding temporary exhibitions

and future projects.

The museums do differ quite considerably from

each other, yet they share two distinct features;

they all overlook either the lagoon or one of its direct

tributaries and focus on a common theme - or

rather a series of themes - which are interlinked;

production, material culture and territory. The

variety which can be found in the descriptions of

the museums, in terms of organization, content

and style, reflects the diverse nature of the various

institutions which manage and promote the

museums themselves, which range from local and

provincial governments to non-profit associations

and private foundations.

The production museums, dedicated to footwear,

lace making and glass, recount and illustrate the

productive specialisations of a river stem and two

lagoon archipelagos; they highlight the high level

of craftsmanship involved in the production process

and exhibit priceless works of art. The Historical

Naval Museum describes the history of naval

production in the Venice Lagoon and in Italy and,

in what is essentially an amphibious city such as

Venice, can be considered one of the most representative

and key features of the ecomuseum system.

An extension to The Naval Museum inside the old

boundary walls of the Arsenale, introduced here by

the Admiral, Director of the Maritime Military

Study Center, is in the pipeline.

The other museums presented here can all be considered

museums of both material culture and of

the territory that has produced that culture; they

illustrate the transformation which the complex

interaction between human activity and the surrounding

environment has brought about along

the border between land and sea.

The South Lagoon Civic Museum of Chioggia,

the Fishery Farms Museum of Campagna Lupia,

the Museum of Torcello and that of Lazzaretto

Nuovo bring the visitor on an unforgettable journey,

one which takes archaeology as its starting

point and arrives at a portrayal of the everyday

life of citizens and “foreigners”, together with a

description of the natural environment in which

they operate, both as it is now and as it almost

was in the past. These museums chronicle a history

that belongs both to the distant past and the

present-day. It is a history that can lead us back to

the conditions of daily life on which the extraordinary

qualities of the territory and its productive

activities in the Venice Lagoon are based. Apart

from those museums of material culture, production

and territory that directly overlook the lagoon,

there are others that can be seen as gateways

to further networks connected to the ecomuseum

system of the lagoon. Two museums which could

be seen in this light include the Land Drainage

and Reclamation Museum in San Donà and the

Mental Institution Museum on the island of San

Servolo: a further two examples of museums which

could perform this function include the Industrial

Museum of Porto Marghera and the National

Archaeological Museum of the City and Lagoon

of Venice on the island of Lazzaretto Vecchio,

both in the planning and construction phase. The

Ecomuseum Ad Mira Brenta can be considered

a gateway to environmental educational centres:

the museum, lacking a vast permanent collection,

relies on interactive devices and displays which

take their inspiration from science museums and

environmental centres. In this case the use of the

term “ecomuseum” should not perplex the reader,

as the term ecomuseum implies a network, rather

than a single room or museum.

There can be no doubt that the group of museums

represented here offer the possibility to discover the

fascinating world of the lagoon, each representing

different stages of a captivating journey. Some of

the museums are isolated from the steady stream

of visitors that flock to the more central points of

the lagoon, but represent an important resource for

the ecomuseum system. These museums decided to

be included in our guide and we hope other museums

and institutions will soon be able to join in

and contribute to the establishment of the ecomuseum

system, with the aim of providing citizens

and visitors to the lagoon new ways to learn about

the evolution and development of the lagoon territory

following an itinerary which, travelling on

a boat of low environmental impact, is certain to

be an exhilarating adventure, one that can also be

followed via the pages of the guide book, by reading

the descriptions of each museum as rooms of

the larger lagoon ecomuseum system. The lagoon

network can become the prototype of a national

network of coastal ecomuseums, rooted in the extensive

and extraordinary heritage of the Cathedrals

of Industrial Archaeology.

stanze dell’ecomuseo

19


20

L’itinerario tra le

cattedrali del mare

descritto nell’altro

quaderno della collana

dell’ecomuseo della

laguna.

The itinerary taking in

the Coastal Cathedrals

described in the other

book in the Lagoon

Ecomuseum series.

dell’ambiente naturale in cui essi operano, ora

quasi come allora. Questi musei ci parlano di

una storia antica ma attuale, la cui comprensione

ci riporta alle condizioni di vita quotidiana

su cui si fondano le straordinarie qualità del

territorio e delle produzioni nella laguna di

Venezia. Oltre ai musei della cultura materiale,

delle produzioni e del territorio direttamente

affacciati sull’acqua, ce ne sono altri che possono

identificare le porte di accesso ad ulteriori reti,

collegate con il sistema dell’ecomuseo della

laguna. Due possibili direzioni sono indicate dal

Museo della bonifica a San Donà e dal Museo

del manicomio nell’isola di San Servolo. Altre

due sono rappresentate dai musei ancora in via

di definizione: il Museo dell’industria a Porto

Marghera ed il Museo della laguna nell’isola del

Lazzaretto Vecchio. Una porta verso i centri di

educazione ambientale è l’ecomuseo Ad Mira

Brenta, che non avendo una collezione antica

si affda a dispositivi interattivi ispirati ai musei

della scienza e/o ai centri ambientali. il termine

“ecomuseo” usato qui per una singola stanza,

non confonda il lettore, perché evidentemente

intendiamo l’ecomuseo come rete e non come

un singolo nodo.

L’insieme delle stanze presentate senza

dubbio costituisce la possibilità di scoprire

l’affascinante mondo della laguna, nelle tappe

di un affascinante viaggio. Alcuni musei

soffrono di un isolamento dai grandi flussi che,

al contrario, sono una risorsa del sistema. Essi

hanno deciso di partecipare alla nostra guida

come presto speriamo possano contribuire a

fondare il sistema ecomuseale, con quanti altri

musei ed istituzioni vorranno prenderne parte,

al fine di dare a cittadini e “foresti” ulteriori

strumenti di consapevolezza dell’evoluzione

del territorio lagunare, in un percorso che con

un’imbarcazione a basso impatto ambientale

potrebbe essere un’avventura entusiasmante,

e che ora il lettore può fare lungo le pagine

che descrivono ciascun museo come stanze del

sistema ecomuseale della laguna.

Questa rete lagunare può divenire prototipo

di una rete nazionale degli ecomusei costieri,

radicato nel diffuso e straordinario patrimonio

delle cattedrali dell’archeologia industriale.


museo civico della laguna sud

south lagoon civic museum

21


Valeria Vianello

Il Museo Civico della Laguna Sud ha sede

a Chioggia nell’ex chiesa “San Francesco fuori

le mura”: è un museo etnografico che permette

di ricostruire le trasformazioni ambientali

e la storia evolutiva del popolo che è vissuto

nel Veneto Meridionale e nell’emisfero

sud della Laguna di Venezia. Al momento

dell’inaugurazione, il 31 maggio 1997, il

Museo Civico della Laguna Sud constava

di sole tre sezioni (archeologica, medievale,

etnografica), ma nel corso degli anni ha visto

arricchire il proprio patrimonio grazie a

ritrovamenti, lasciti e donazioni private. Tra i

soggetti che hanno collaborato all’allestimento

iniziale del Museo bisogna citare i donatori

privati ed alcuni esperti di cultura locale.

Relativamente alla mostra “La Torre delle

Bebe. Frammenti di vita del Medioevo”

bisogna ringraziare il Gruppo Archeologico

“Fossa Clodia” che ha messo a disposizione del

Museo il proprio materiale, la Soprintendenza

per i Beni Archeologici del Veneto ed alcuni

suoi collaboratori che hanno contribuito


Indirizzo / address: Campo Marconi 1, Chioggia

tel. 041 5500911, fax 041/5509581

e-mail: museo@chioggia.org

Orari: dal 1 settembre al 11 giugno: dal martedì al

sabato 9-13 e dal giovedì alla domenica 15-18

Dal 12 giugno al 31 agosto: dal martedì al sabato

9-13 e dal giovedì alla domenica 19.30-23.30.

Chiusura: lunedì e domenica mattina. Il Museo

rimane aperto anche nei giorni festivi tranne il

25 dicembre, il 1° gennaio e Pasqua / Opening

times: from September 1st to June 11th and:

from Tuesday to Saturday 9a.m.-1p.m.; from

Thursday to Sunday 3p.m.-6p.m. From June

12th to August 31st: from Tuesday to Saturday

9a.m.-1p.m. and from Thursday to Sunday

7.30p.m.-11.30 p.m. Closed: Sunday and

Monday mornings. The Museum also remains

open on public holidays, except on December

25th, January 1st and Easter.

Sezioni: Archeologica, Medievale, Etnografica,

Pinacoteca / Sections: Archaeological, Medieval,

Ethnographical, Picture Gallery.

Il Museo Civico della Laguna Sud è gestito dal

Comune di Chioggia. Tutto il personale del museo

fa capo all’Ufficio Cultura del Comune con sede

presso la Biblioteca Civica.

The South Lagoon Civic Museum is managed by the

City of Chioggia. All museum personnel refer to the

City’s Cultural office situated at the Civic Library.

Rete di riferimento / reference network:

SBMP Sistema Bibliotecario Museale Provinciale

museo civico della laguna sud

23

The South Lagoon Civic Museum is located in

the ex-monastery of “San Francesco fuori le muri”

in Chioggia. It is an ethnographic museum which

reconstructs the environmental transformations and

evolving history of the people who have inhabited the

Southern Veneto region and the southern hemisphere

of the Venice Lagoon. At the time of its inauguration

on 31 May, 1997, the South Lagoon Civic Museum

contained only three sections (archaeological, medieval,

and ethnographic), but over the course of time its

patrimony has broadened thanks to findings, bequests

and private donations. Collaborators for the initial

installation of the museum included private donators as

well as local culture experts. We would like to thank the

Archaeological Group “Fossa Clodia” for the exhibition

"La Torre delle Bebe. Frammenti di vita del Medioevo"

and for providing the museum with valuable material.

We would also like to thank the Department for the

Preservation of Archaeological Heritage of the Region

of Veneto, and collaborators who helped in classifying

archaeological findings. For the organisation of the

exhibition “Chioggia città d’arte, percorsi devozionali

e scene di vita urbana nella collezione civica”, which

Pagina precedente: la chiesa di San

Francesco fuori le mura, sede del Museo

Civico della Laguna Sud di Chioggia.

Foto © F. Calzolaio.

Sopra: pianta dei tre piani del museo.

Previous page: San Francesco church, the

seat of the South Lagoon Civic Museum

in Chioggia.

Above: plan showing the three floors of

the museum.


24

La pinacoteca; la sezione archeologica.

Foto © F. Calzolaio.

View of the Picture Gallery;

the museum’s archaeological section.

alla classificazione dei reperti trovati dagli

archeologi. All’organizzazione della mostra

“Chioggia città d’arte, percorsi devozionali e

scene di vita urbana nella collezione civica”

che raccoglie le tele più belle della Collezione

Civica, hanno collaborato la Sopraintendenza

per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico

di Venezia, il personale delle

Gallerie dell’Accademia, studiosi locali e

l’architetto Pizzarello in qualità di curatore

dell’allestimento. Il Museo Civico di Chioggia

ha come istituzioni di riferimento la Regione

del Veneto e la Soprintendenza Archeologica

del Veneto.

L’ allestimento museale segue per l’esposizione

criteri tipologici e topografici: pertanto il

piano terra ospita, una sezione archeologica,

e una mostra permanente intitolata “La Torre

delle Bebe. Frammenti di vita del Medioevo”

allestita nel 2005 con materiale rinvenuto

durante gli scavi condotti presso la Torre delle

Bebe, un’antica fortificazione.

Al primo piano c’è la sala denominata

Cristoforo Sabbadino, in onore dell’ingegnere

idraulico nato a Chioggia nel 1489, che

disegnò nel 1557 la prima pianta topografica

della città di Chioggia. Nella stessa sala sono

esposti frammenti di ceramica medievale

e rinascimentale, una colubrina in bronzo

d’epoca cinquecentesca, le antiche misure del

grano, il plastico di un fondamento di saline

ed una collezione di monete. L’ultimo piano

ospita una ricca sezione etnografica dedicata

alla cantieristica e marineria locale e anche

una preziosa collezione civica “Chioggia città

d’arte, percorsi devozionali e scene di vita

urbana nella collezione civica”. La sezione

etnografica, da un paio d’anni, trova la

propria continuazione in una sorta di “Museo

Galleggiante”, annesso al museo in un’ansa del

vicino Canal Vena, costituito da una serie di

imbarcazioni tipiche.


contains some of the most beautiful paintings from the

Civic Collection, we wish to thank the Department for

the Preservation of Archaeological Heritage of Historical,

Artistic and Ethno-anthropological Heritage of Venice,

the staff of the Gallerie dell’Accademia in Venice, local

scholars, and architect Pizzarello who served as the

exhibition curator. The Civic Museum of Chioggia is

an institution of the Veneto Regional Authority and

the Department for the Preservation of Archaeological

Heritage of Veneto.

The museum’s exhibition space is organised according to

both typological and topographical criteria. The ground

floor hosts an archaeological section and a permanent

exhibition entitled “La Torre delle Bebe. Frammenti

di vita del Medioevo”, which opened in 2005 with a

collection of findings from excavations conducted around

the ancient fortification of the Torre delle Bebe.

Located on the first floor is the room named after

Cristoforo Sabbadino, the hydraulic engineer born in

Chioggia in 1489 and author of the first map of the

city of Chioggia produced in 1557. On exhibit in the

same room are fragments of Medieval and Renaissance

ceramics, a bronze culverin from the 16th century,

ancient grain measuring instruments, a model of a salt

foundation, and a collection of coins. The top floor of the

museum hosts a splendid ethnographic section dedicated

to local ship and marine building as well as a valuable

civic collection entitled “Chioggia città d’arte, percorsi

devozionali e scene di vita urbana nella collezione civica”

Chioggia, city of art, devotional routes and scenes of

urban life in the civic collection. Over the past few years

the ethnographic section has been expanded to include

a sort of “Museo Galleggiante”, or Floating Museum,

annexed to the museum along the nearby Canal Vena

and composed of a series of typical boats.

Sala della raccolta archeologica;

ingresso del museo. Foto © F. Calzolaio.

Room displaying archaeological

collection;

museum entrance.

museo civico della laguna sud

25

Archaeological Section

The ground floor of the Chioggia Civic Museum

houses an archaeological section which begins with

illustrations and explanatory panels depicting the

transformations that occurred along the coastal shores

of the High Adriatic from the Bronze Age up to the

19th century. The panels and illustrations point out

hydraulic technologies used by the population who

first settled in the lagoon area south of Venice. They

also depict how these systems were used to render the

swampy environment, a marshland poorly suited for

supporting stable settlements, more liveable. Chioggia

and its surrounding areas can be identified with the

Fossa Clodia, a channel of trade existing within the

Peutinger Table (itinerarium of the Roman road

network), and were sure to have functioned as transit

stations within a vast network of lagoon channels or

shipways linking the cities of Ravenna and Aquileia.

The numerous findings of amphorae and anchors have

helped scholars not only to retrace ancient shipping


26

Vaso anforaceo età tardoantica, ritrovato

tra Chioggia e Malamocco dal club

subacqueo San Marco;

piatto carenato con frate e scritta

“amore”, ritrovato nel sito delle Bebe,

epoca XV secolo.

Amphoral jar from Late Antiquity, found

between Chioggia and Malamocco by the

San Marco Scuba Club;

carinated plate showing an image of a

monk and the inscription “amore”, found

at the Bebe site, 15th century.

Sezione archeologica

Il piano terra del Museo Civico di Chioggia

ospita una sezione archeologica che, partendo

dall’illustrazione attraverso pannelli esplicativi

delle trasformazioni che il litorale costiero

dell’Alto Adriatico ha subito dall’età del

bronzo al XIX secolo, mette in risalto quali

siano state le tecnologie idrauliche utilizzate

dalle popolazione che per prime si sono

stabilite nelle zone lagunari a sud di Venezia

per rendere abitabile un ambiente paludoso

poco adatto per accogliere insediamenti stabili.

Identificabile con la Fossa Clodia, un canale

commerciale inserito addirittura all’interno

della Tabula Peutingeriana, Chioggia e le

zone limitrofe furono sicuramente stazioni di

transito all’interno di una vasta rete di

canali lagunari che mettevano in diretta

comunicazione le città di Ravenna ed Aquileia.

Numerosi ritrovamenti di anfore e ancore

hanno, infatti, permesso di risalire non solo

alle rotte commerciali battute dalle navi in

Adriatico in epoca antica ma anche di capire

quali erano i prodotti allora maggiormente

commercializzati. In fondo una piccola area

è dedicata alle anfore rinvenute nel mare

antistante a Chioggia, databili fra il I sec a. C. e

il III sec. d.C. Le vetrine centrali raccolgono la

Collezione numismatica di Vincenzo Bellemo,

illustre collezionista chioggiotto vissuto

nell’Ottocento, che comprende esemplari di

epoca greca e romana e una stadera in bronzo

a due pesate, ritrovata in mare da un pescatore

chioggiotto, databile al I sec. d.C. Nell’ala a

destra è visibile la ricostruzione dello scafo

di una nave oneraria romana del I sec. d.C.

con all’interno alcune anfore originali e alcuni

oggetti che fungevano da zavorra: anelli in

piombo e macine da grano. In questa sezione

si possono osservare ancore originali, pesi

in pietra e a destra alcuni ceppi di ancora in

piombo di epoca romana rinvenuti in mare.

Sezione Medioevale

La mostra “La Torre delle Bebe. Frammenti

di vita del Medioevo”, inaugurata nella

primavera del 2005 e divenuta permanente,

vuole essere uno stimolo per gli storici locali

a riscrivere alcune pagine della storia di


trade routes in the Adriatic but also to identify the

types of goods which were most traded during those

times. At the back of this section there lies a small

area dedicated to amphorae found off the shores of

Chioggia, the majority of which can be dated between

the first century B.C. and the third century A.D. The

central glass cases display the Numismatic Collection of

Vincenzo Bellemo, an illustrious 19th century collector

from Chioggia. The collection contains objects from

Greek and Roman times, as well as a bronze steelyard

(balance) with two weights (first century A.D.) which

was found in the sea by a Chioggian fisherman.

Displayed in the right wing is a reconstruction of the

hull of a first century A.D. Roman merchant ship

housing several original amphorae and objects used as

ballasts: lead rings and grain millstones. This section

also includes a collection of objects retrieved from the

sea, such as original anchors, stone weights, and lead

anchor stocks dating to Roman times.

Medieval Section

The exhibition entitled “La Torre delle Bebe. Frammenti

di vita del Medioveo”, “The Bebe Tower. Fragments

of Medieval life” which was inaugurated in the spring

of 2005 and is now a permanent collection, is meant

as an impetus for local historians to reconsider certain

pages on the history of Medieval Clugia. On the upper

floor of this section reconstructions of the Dondi Astrario

can be found. This prototype, the only functioning

one left in Italy, replicates in exact detail the original

(1364) made by the Chioggian G. Dondi, one of the

most versatile men of his time. The astrario indicates

the time, day, and month, as well as eclipses and names

of saints, and is the work of the “Gruppo Astrario”, a

group of teaching professors from the Cavanis Institute

in Chioggia. These scholars completely reconstructed the

astrario by hand over the course of four years.

The first floor of the Medieval section hosts the

Cristoforo Sabbadino room, named after the famous

hydraulic engineer from Chioggia who served the

Serenissima Republic during the 16th century. The

works by Sabbadino include two giant-sized drawings,

dated 1557, which represent the first map of the city of

Chioggia and a hydraulic project. This section contains

in-situ findings from the Medieval, Renaissance, and

Modern periods. The shrines exhibit earthenware

of Italian and European craftsmanship as well as

engravings of Clodiense workmanship also found

in-situ and dating from the 14th to 17th centuries.

Coins dated from 1100 to 1900 and belonging to the

Venetian Republic, Mantua, Milan, Lucca and the

Casa Savoia are on exhibit in the centre of the room,

in addition to a selection of early paper specimens, a

salt scale, and liquid measures belonging to the Civic

Collection. On the wall opposite the entrance is a model

of a fondamento di saline or salt foundation.

Ricostruzione in scala reale dello spaccato

di un relitto di nave oneraria romana del

I secolo d.C;

suppellettili di uso domestico rinvenute

nel sito della Bebe, metà XIV secolo.

Foto © F. Calzolaio.

A full-scale reconstruction of the crosssection

of a Roman merchant wreck from

the 1st c. A.D;

domestic objects found at the Bebe site,

second half of 14th c.

museo civico della laguna sud

27


28

Sala dedicata a Cristoforo Sabbadino;

plastico di un fondamento di saline.

Foto © F. Calzolaio.

The Cristoforo Sabbadino room;

model of a salt foundation.

Clugia Medievale. Al piano superiore si passa

davanti alla ricostruzione dell’Astrario Dondi;

questo prototipo, unico funzionante in Italia,

è perfettamente uguale all’originario che fu

ultimato nel 1364 dal chioggiotto G. Dondi,

una delle personalità più poliedriche del suo

tempo. L’Astrario capace di indicare ora,

giorno, mese, eclissi e nome del santo, è opera

del “Gruppo Astrario” costituito da alcuni

docenti dell’Istituto Cavanis di Chioggia

che hanno il merito di averlo ricostruito,

interamente a mano, in 4 anni di lavoro.

Il primo piano del Museo ospita una sala

intitolata a Cristoforo Sabbadino, famoso

ingegnere idraulico chioggiotto a servizio

della Serenissima Repubblica nel XVI secolo.

Opera del Sabbadino sono due gigantografie

disegnate nel 1557 ed esposte al museo,

esse rappresentano rispettivamente la prima

pianta della città di Chioggia ed un progetto

idraulico. Questa sezione raccoglie reperti di

epoca medievale, rinascimentale e moderna

rinvenuti in loco. Le teche espongono

maioliche di manifattura italiana e europea

e graffte di manifattura clodiense rinvenute

in loco e collocabili cronologicamente tra

il XIV ed il XVII secolo. Le monete esposte

al centro della sala, databili tra il 1100 ed il

1900, sono appartenenti alla Repubblica

Veneziana, a Mantova, Milano, Lucca e alla

Casa Savoia, i primi esemplari di carta, una

bilancia per il sale, infine le misure per liquidi

appartenenti alla Collezione Civica. Sulla

parete di fonte all’ingresso è visibile il plastico

di un “fondamento di saline”. Famosa per il

Sal Clugiae, citato addirittura dallo storico

Cassiodoro nell’VI sec. d. C, la città di Chioggia

in epoca medievale, era infatti annoverata tra i

più importanti produttori di sale.

Sezione etnografica

La sezione etnografica raccoglie reperti

appartenenti alla marineria e cantieristica

locale e databili dal 1700 ai nostri giorni.

Vicino all’ingresso della prima ala è visibile

un’imbarcazione locale “la marota”, si tratta

di una barca d’appoggio che, fornita di fori

nei fianchi, veniva usata per mantenere vivo

il pesce pescato fino all’arrivo al mercato.


The city of Chioggia, famous for the Sal Clugiae,

cited also by the 6th century historian Cassiodoro,

was counted among the most important salt producers

during Medieval times.

Ethnographic Section

The museum’s ethnographic section contains findings

from local marine and shipbuilding industries which

can be dated from the 1700s to the present. On display

near the entrance to the first room is an example of the

local boat called la marota, used as a support boat,

with holes lining its side to keep fish alive and fresh

until reaching the market place. On the side walls

there are photographs and tools which were used by

master shipbuilders during the various phases of local

ship construction: various sized saws, axes, etc. In

the middle of the room one finds shrines containing

further instruments used for boat making, as well as

small models of typical boats such as the characteristic

18th and 19th c. Bragozzo, visible in all its splendour

among the docked boats that make up the Floating

Museum. In the second wing of the room, important

shipping equipment is on display and includes sails,

nets, and floating gear in cork and glass. On the

wall to the right are the only found specimens of the

“Penèlo”, the famous weather vane produced locally

and hung on a ship’s mast. In the centre of the room

other small models of local boats, such as the bragagna

and the topo, show how fishing has always been a

principal resource for the Chioggian people.

Further along this side of the room, one encounters

two display cases containing a collection of famous

Chioggian terracotta pipes dating from the second half

of the 18th century to the mid 20th century. Just beyond

the pipe display is the well-known instrument used by

the canevini, or ropemakers, for shaping their ropes.

At the end of the room there are a series of dioramas:

one of the squero, a small Venetian boatyard, and

three relating to the different fishing methods used in

the lagoon, and finally the famous wicker vieri used

for fishing moleche (soft-shell crabs).

Astrario Dondi, copia dell’originario;

bilancia per il sale. Foto © F. Calzolaio.

Astrario Dondi, copy of the original;

salt scale.

museo civico della laguna sud

29

Picture Gallery

The main wing of the second and last floor of the

museum is dedicated to the permanent exhibition

entitled “Chioggia città d’arte, percorsi devozionali

e scene di vita urbana nella collezione civica”,

“Chioggia, city of art, devotional routes and scenes

of urban life in the civic collection”. This exhibition

consists of a picture gallery containing paintings by

19th century local artists, as well as two panels and

a fresco dated between the late 14th and early 15th

centuries. The paintings are divided into three sections:

urban life, everyday scenes, and religious life. Here

interesting pages of Chioggian history are revealed

through colourful glimpses of the city, ordinary scenes


30

Modellino ricostruttivo di macchina per

il sollevamento di elementi pesanti, età

romana;

sezione etnografica. Foto © F. Calzolaio.

Reconstructed model of a machine used

for lifting heavy objects, Roman period;

the museum’s ethnographic section.

Sulle pareti laterali si alternano documenti

fotografici e strumenti utilizzati dalle

maestranze di cantiere nelle varie fasi di

costruzione delle imbarcazioni locali: le seghe

di diverse grandezze, le asce, ecc. Al centro di

questa ala sono visibili alcune teche contenenti

altri stumenti usati in cantiere e non mancano

modellini di barche tipiche ed in particolare

il caratteristico Bragozzo, imbarcazione

locale del XVIII e XIX sec., visibile in tutto

il suo splendore, ormeggiato tra le barche che

costituiscono il Museo Galleggiante. Nella

seconda ala sono visibili alcuni elementi

fondamentali delle imbarcazioni: le vele, le

reti, i galleggianti delle reti in sughero o vetro,

mentre a destra, appesi alla parete sono visibili

gli unici esemplari del “Penèlo”, il famoso

segnavento di produzione locale che veniva

appeso all’albero delle imbarcazioni. Al centro

i modellini di altre imbarcazioni locali come

la bragagna e il topo, evidenziano come la

pesca fosse stata, da sempre, una delle risorse

primarie del popolo chioggiotto.

Proseguendo sullo stesso lato due vetrine

espongono le famose pipe chioggiotte in

terracotta databili fra la metà del 1700 ed il

1950 e poco oltre è esposto il famoso strumento

utilizzato dai canevini per forgiare le corde. In

fondo si possono vedere alcuni diorami: uno

relativo allo squero, cantiere in cui venivano

fabbricate le imbarcazioni, e tre relativi alle

diverse metodologie di pesca attuate in laguna

e infine i famosi “vieri” in vimini usati per

l’allevamento di “moleche”.

Pinacoteca

L’ala centrale del secondo ed ultimo piano

del Museo, è occupata dalla mostra, divenuta

permanente, “Chioggia città d’arte, percorsi

devozionali e scene di vita urbana nella

collezione civica”. Si tratta di una sorta di

pinacoteca cittadina che raccoglie tele di artisti

locali del XIX secolo, ma anche due tavole ed

un affresco della fine del 1300 ed inizi 1400. Le

opere pittoriche sono suddivise in tre sezioni:

la vita urbana, la scena quotidiana e la vita

religiosa. Qui attraverso i colori degli scorci di

città, le scene di vita quotidiana di un vivace

borgo di pescatori, l’austerità di alcuni ritratti


of a lively fishing village, austere portraits of several

important city figures, and certain sacred religious

paintings.

Temporary Exhibitions

The exhibition “La Chioggia di Leonardo Bazzaro.

Materia, senso e poesia del Colore”, “Leonardo

Bazzaro’s Chioggia. Matter, sense and poetry of

Color”, is a dedication to the painter Bazzaro, a

representative of Lombard naturalism, and presents

a panorama of the artist’s work with emphasis on

Chioggia-based paintings (53 paintings total, 40 of

which are scenes of Chioggia). Not to be missed are

the many unprecedented works on public display for

the first time. In 2001 the museum hosted another

show entitled “Chioggia nell’Ottocento nell’archivio

di Tomaso Filippi”, “19th century Chioggia from

the Tomaso Filippi archive”. In recent years the

creation of a new exhibition room in the museum has

given artists (painters, sculptors, writers, craftsmen

and poets), as well as the public, a new space in which

to display and view artworks. Numerous events

were organized at the museum in 2005: “Antico &

Comisso – legni e gente di mare,” an exhibition of

wood works by artist Roberto Antico (5-27 February,

2005); “Frammenti di Mare”, an exhibition on the

mycological collection “Dal Gesso” restored by the

Gruppo Naturalisti Lenneo (5-25 March, 2005);

the International Exhibition on Figurative Art by

Bavarian artists, organised by the City of Chioggia

Council for Culture Offce, the City of Piove di Sacco,

and by the Gruppo Artisti of Saccisica; the “Bernie

Show”, the 11th edition of the illustration competition

for children, sponsored by the City of Chioggia (10-

26 July, 2005).

Diorama delle metodologie di pesca.

Foto © F. Calzolaio.

Tavola “Giustizia in trono tra i Santi Felice

e Fortunato”, 1436-1437 Ercole da Fiore?

Diorama of a “squero” (Venetian boat

yard) and fishing methods.

The “Giustizia in trono tra I Santi Felice

e Fortunato” panel, 1436-1437 Ercole da

Fiore?

museo civico della laguna sud

31

Plans and Projects

Plans are being elaborated to broaden the museum’s

educational offerings through the development of

intriguing programmes and interesting hands-on

workshops. Should the civic collection be moved to

a new location, it is possible that the ethnographic

section would be reorganised and designed, given

that past donations have significantly increased the

museum’s patrimony.


di importanti personaggi della vita civica, la

sacralità di alcune tele di stampo religioso sarà

possibile leggere alcune interessanti pagine

della storia della città di Chioggia.

32

Olio su tela “Veduta di fondamenta

Marangoni”, Dario Galimberti secondo

quarto del secolo XX.

Olio su tela “Aggiustando le reti”,

Leonardo Bazzaro, 1920.

Oil on canvas, “Veduta di fondamenta

Marangoni,” Dario Galimberti, late 20th c.

Oil on canvas, “Aggiustando le reti,”

Leonardo Bazzaro, 1920.

Mostre temporanee

La mostra “La Chioggia di Leonardo Bazzaro.

Materia, senso e poesia del Colore” è stata

dedicata al pittore Bazzaro, esponente del

naturalismo lombardo presentando una

panoramica della sua pittura, con attenzione

particolare ai dipinti a tema chioggiotto (53

dipinti di cui 40 chioggiotti). Da sottolineare

la presenza di parecchi inediti, mai presentati

precedentemente al pubblico. Nel 2001

il museo ha accolto un’ulteriore mostra:

“Chioggia nell’Ottocento nell’archivio di

Tomaso Filippi”. Negli ultimi anni, grazie alla

creazione di una sala mostre annessa al museo

è stato possibile offrire agli artisti (pittori,

scultori, scrittori, artigiani e poeti) e non solo

un nuovo spazio per esprimere la propria arte.

Numerosi pertanto sono stati gli appuntamenti

proposti nel 2005: “Antico & Comisso - legni

e gente di mare”, esposizione di legni artistici

opera di Roberto Antico (5 -27 febbraio

2005); “Frammenti di Mare” esposizione della

collezione micologica Dal Gesso restaurata

dal Gruppo Naturalisti Linneo (5-25 marzo

2005); Mostra internazionale di arti figurative

esposizione di artisti bavaresi organizzata

dall’Assessorato alla Cultura del Comune di

Chioggia, dal Comune di Piove di Sacco e dal

Gruppo Artisti della Saccisica; “Bernie Show”

undicesimo concorso di illustrazione per

l’infanzia patrocinato dal Comune di Chioggia

(10 – 26 luglio 2005).

Piani e progetti

Stiamo lavorando per ampliare l’offerta

didattica con percorsi accattivanti e laboratori

d’attività manuale interessanti e coinvolgenti.

Nel caso di un trasferimento della collezione

civica in un’altra sede si potrebbe attuare un

nuovo allestimento della sezione etnografica

dato che altre donazioni, ora in deposito,

hanno aumentato il patrimonio del nostro

museo.


museo del territorio delle valli e della laguna

venice lagoon extensive fishery farms museum

33


Giampaolo Rallo

L’attuale istituzione museale nasce in Laguna di

Venezia nel contesto dell’area protetta denominata

“Valle dell’Averto”, sita in una delle numerose

valli da pesca dell’Estuario Veneto, cioè in un

compendio lagunare in cui da secoli si esercita

l’attività di “vallicoltura”.

Il biotopo denominato Valle Averto è una zona

umida che si estende su circa 540 ettari composti

di vasti laghi e specchi d’acqua salmastra, laghetti

e canali d’acqua dolce, parte del Dosso di Lugo,

manufatti di interesse storico-architettonico di

utilizzo idraulico-vallivo, alcuni immobili storici

(tra cui l’originario “casone” di valle noto anche

come “Casone dell’Averto, Cason Vecchio o Cason

Diedo-Bettoni”, i casoni vallivi, il complesso

edilizio denominato “Casa di caccia Bruzzone” con

il casone da “massàro” denominato “Cà Tiepola”),

parte dei “cippi di conterminazione” che delimitano

la Laguna di Venezia e delle peschiere di valle.

Già dall’inizio delle attività di gestione inerenti

l’area protetta ci si trovò di fronte ad una

importante, seppur piccola, presenza di reperti

etnografici, in parte ancora usati o di recente


Indirizzo / address: Valle dell’Averto, Cà Tiepola

Via Pignara 4, 30010 Lugo di Campagnalupia

tel. 041 5185068, fax 041 5185377

e mail: rnaverto@ve.nettuno.it

Percorso di visita: Edificio rurale-vallivo

di Cà Tiepola, Strutture espositive lignee

all’aperto, Percorso etnografico-vallivo,

Percorso naturalistico in valle / Itinerary: Cà

Tiepola, Open-air Wooden Exhibition Buildings

Ethnographic –Aquaculture itinerary, Nature trail

in the salt-marshes.

Rete di riferimento / reference network:

SBMP Sistema Bibliotecario Museale Provinciale

museo del territorio delle valli

The present museum was founded in the Venetian

Lagoon within the conservation area known as “Valle

dell’Averto”. This spot is surrounded by many fishery

farms of the Veneto Estuary; a lagoon plexus in which

“vallicoltura” (traditional salt-marsh aquaculture

in Adriatic regions) has been practised for centuries.

The habitat called Valle Averto is a wetland covering

roughly 540 hectares; it includes vast lakes, expanses

of brackish water, ponds and fresh-water canals.

The area is also occupied by a part of the Dosso di

Lugo, and waterway constructions of historical and

architectural interest, as well as by heritage buildings

(amongst which the fish-farm grange known as Casone

dell’Averto, Cason Vecchio or Cason Diedo-Bettoni”,

the smaller lodges, the group of buildings known as the

“Casa di caccia Buzzone” (Buzzone Hunting Lodge)

with its hunting hide “massaro” called Ca’ Tiepola. We

can also find the Venetian lagoon boundary markers,

as well as those of the fishery farms. Right from the very

first stages in setting up this conservation area, those

involved dealt with a large number of ethnographic

Pagina precedente, sopra: Cà Tiepola,

sede attuale del Museo, nella “casa da

massaro” tipica costruzione rurale della

terraferma veneziana.

sotto: sede futura del Museo presso

la ex Scuola Elementare di Lova di

Campagnalupia.

Sopra: “Cavàna” per il ricovero delle

barche da caccia e pesca in laguna.

Sotto: Visione delle cassettiere contenenti

le collezioni ceramiche rinascimentali.

Previous page above: Cà Tiepola,

presently the Museum, typical Venetian

mainland rural construction, historically

assigned as “casa da massaro”. below:

future Museum site in the former Lova di

Campagnalupia Elementary School.

Above: “Cavàna”, or typical construction

used to shelter hunting and fishing boats

in the Venetian Lagoon.

Below: View of display cases containing

Renaissance pottery collections.

35


36

Stampi da caccia per anatre: particolare

delle vetrine espositive;

stampi da caccia per “tressàme” (ovvero

trampolieri): particolare delle vetrine

espositive.

Duck hunting decoys: display case detail;

wader hunting decoys: display case

detail.

dismissione nelle attività di gestione valliva. Fu

così che, sia attraverso l’Ente proprietario di parte

del compendio denominato Valle dell’Averto, che

soprattutto con l’impegno personale, si dette avvio

a raccogliere, restaurare, catalogare ed in piccola

parte anche esporre manufatti, attrezzi e quant’altro

inerente la cultura materiale e l’etnografia legata

alla pesca ed alle attività connesse, reperibili nelle

zone vallive lagunari e peri-lagunari veneziane.

Negli anni successivi ci si rese conto che tale

operazione di raccolta fu di estrema importanza

ed urgenza, dal momento che gran parte della

plurisecolare cultura ittico-valliva e lagunare stava

subendo rapido declino e repentini cambiamenti a

causa delle nuove tecnologie di acquacoltura e di

nuove tecniche e sistemi di pesca. Si è andati, infatti,

gradualmente, verso disuso, perdita e/o scomparsa

della maggior parte di tecniche, manufatti, attrezzi

ed esperienze che per secoli erano sopravvissuti,

conservati e tramandati nell’Estuario Veneto.

E’ così che nasce l’idea di dar corpo all’attuale

istituzione museale, che nasce ufficialmente nel

1996, a seguito del riconoscimento pubblico

accordato dalla Regione del Veneto.

Attualmente l’istituzione museale è in completo

riordino, con la dislocazione tematica distribuita sia

per temi che in luoghi diversi, che abbracciano la

gronda lagunare-valliva lungo la “Brenta Novissima”.

Nell’ambito dell’esposizione museale offerta dal

Museo viene inserita anche la rappresentazione

di alcuni degli antichi mestieri delle valli da pesca

e delle zone lagunari. Si tratta dei mestieri legati

all’uso delle erbe e piante di valle e di laguna, e

quant’altro di utilizzo vallivo-peschereccio.

Cà Tiepola è un caratteristico edificio rurale,

ascrivibile al XVII ed in origine “casa da massaro”

della famiglia patrizia Tiepolo. In questo edificio

sono esposti soprattutto materiali di uso tradizionale

per la pesca e la caccia nelle zone umide costiere ed

una parte cartacea di foto, cartografie e documenti

storici. La pesca viene rappresentata attraverso

l’esposizione di vari manufatti, quali:

- fiocine di vario tipo: da anguille o “bisàti”, da

storioni, da passere di mare “pàssarìni”, da fiume,

da scoglio, da rane, dell’interno del Veneto, di tipo

“comacino”, Laguna di Lesina, ed extraitaliane;

sono esposti anche esemplari molto antichi;

- reti, come bartovelli, trattoline;


artefacts, some of which had just been discarded or

were still being used in aquaculture-related activities.

Thus, owing to the involvement of the body owning

the area called Valle dell’Averto and, above all, to the

effort of individuals, the conservation project that took

shape involved: collecting, restoring and cataloguing

artefacts, alongside the creation of small-scale displays of

devices, tools and other items related to the culture and

ethnography of fishing and related activities, including

whichever objects were to be found in the fishery farms

of the lagoon proper and the outlying areas. Over the

following years it became apparent that this project was

in fact an urgent task – the centuries-old aquaculture

and fishing activities in the lagoon were undergoing

a process of rapid decline and drastic change due to

the introduction of new aquaculture technologies and

fishing methods. The area has witnessed the steady

disappearance, loss or obsolescence of a vast part of

the techniques, devices, tools and know-how that had

been kept alive and handed down from generation to

generation in the Veneto Estuary. It was with this in

mind that the idea to set up the present museum came

about. It was founded in 1996, following approval

from the Veneto Regional Authority. At present the

museum is in complete reorganization, with the

thematic distribution being allocated both by subject

and venue, that take in the lagoon-valle borders along

the “Brenta Novissima”. Part of what the Museum

offers visitors is a display of some of the trades and crafts

traditionally found on the aquaculture estates and in

lagoon areas. These trades often involved the herbs

and plants growing in the aquaculture estates and

lagoon, alongside those trades more specifically related

to aquaculture.

Fiocine da pesca: particolare delle vetrine

espositive;

“Linguète” per la costruzione delle

reti da pesca: particolare delle

vetrine espositive.

Fishing harpoons: display case detail;

“Linguète” used for the construction of

fishing nets: display case detail.

museo del territorio delle valli

37

Ca’ Tiepola is a typical rural construction which can

be dated back to the 1600’s; it was originally a ‘casa

da massaro’ belonging to the noble Tiepolo family. This

building houses the collection of objects used in fishing

and hunting in the coastal marshes, alongside a section

where photographs, maps and historical documents are

on display. The fishing display is made up a number of

devices, such as:

- fishing-spears of different types: for eels (“bisàti”),

sturgeon, and plaice; river, rock and lagoon spears;

those used for catching frogs, those used inland (the

‘comacino’ and Lago di Lesina varieties) as well as

foreign models; some of the pieces on show are very

old;

- a range of nets (“bartovelli” and “trattoline” types);

- containers for fish, including some examples of

‘burcèlla’, the fish baskets from Chioggia;

- tools used for making and mending nets, the typical

linguètte weaving bobbins, knives for cutting the cords

and wooden floats;

- a range of oar-rests and bailing-out scoops;


38

“Colaùro”, tipico manufatto usato per la

cattura del pesce nelle valli da pesca;

“Cavàna”, ovvero tipico manufatto per il

ricovero delle barche da caccia e pesca in

Laguna di Venezia

“Colaùro”, a typical construction used

for capturing fish in the lagoon fishing

grounds;

“Cavàna”, or typical construction used to

shelter hunting and fishing boats in the

Venetian Lagoon.

- contenitori per pesce, tra cui alcuni esemplari di

“burcèlla”, canestri da pesce di Chioggia;

- attrezzi per la realizzazione ed il rammendo di

reti, cioè le caratteristiche “linguètte”, coltellini per

il taglio dei fili per reti e tondini di legno;

- vari tipi di “forcole” e “sessole” da barca;

- tipologie varie di “rastrello” da pesca a mano,

anticamente usate per la raccolta di varie specie di

molluschi.

La caccia di valle viene rappresentata soprattutto

da una ricca e nutrita raccolta di caratteristici

“stampi”, utilizzati un tempo per la tipica caccia di

valle, databili dal XIX Secolo al primo dopoguerra,

e da una particolare rassegna di attrezzi utilizzati

per la cattura di mammiferi. Altra sala espositiva è

dedicata ai documenti ed all’evoluzione storica del

territorio. Un aspetto particolare trattato è proprio

quello relativo agli interventi idraulici conseguenti

alla realizzazione della Brenta Novissima ed agli

“A Qe”, sorta di documenti cartacei con funzione

esattoriale emanati dalla Repubblica di Venezia.

Particolare attenzione, poi, viene data proprio

al problema delle valli, ed in particolare a Valle

dell’Averto, di cui viene documentata la presenza

dal 1491.

I padiglioni lignei realizzati all’aperto, immersi nel

verde del Dosso di Lugo, sono dedicati all’ostensione

dei reperti e manufatti ittico-vallivi di notevole

mole, come barche, “marotte” e “vieri”.

Il primo padiglione è dedicato alle più tradizionali

barche lagunari veneziane, dalla più classica

“Gòndola” al “Sàndolo di Burano”.

Il secondo padiglione ospita quattro imbarcazioni

particolari, di uso prettamente vallivo-peschereccio,

le “marotte”, usate per lo stoccaggio ed il trasporto

del pesce vivo, dalle valli ai mercati ittici. Sono

poi esposti due “vieri” in vimini, caratteristici

contenitori per pesci. Alla parete sono esposte

alcune “vòleghe”, grossi guadini in legno di salice

usati per la raccolta del pesce.

Il terzo padiglione ospita due caratteristiche barche

da entroterra fluviale: per la pesca nel Po e per la

raccolta delle erbe palustri nelle “Valli Veronesi”.

A questo padiglione ne succede un quarto che

ospita un “Tòpo”, imbarcazione tipica lagunare,

adatta sia alla pesca che al trasporto di materiali.

A corredo dell’imbarcazione c’è una piccola

maròtta da trasporto di “portolàta” e proveniente


- different types of rakes used in manual fishing,

traditionally used for collecting various varieties of

shellfish.

The part of the museum dedicated to hunting boasts

a considerable number of interesting decoys, which

were once used for marshland hunting. The items

on show date from the 1800’s to the first half of the

20th century; particularly fascinating are the devices

used for trapping mammals. A further room houses

documents and an account of the way the territory has

changed through history. Tax documents issued by the

Venetian Republic tell the story of the works carried

out to create the Brenta Novissima Canal and the “A

Qe”. In a section of its own, the phenomenon of the

aquaculture estates is explored, in particular Valle

dell’Averto, which documentation allows us to trace

back as far as 1491.

These wooden outbuildings nestled in the vegetation of

the Dosso di Lugo houses the large artefacts and devices

used in the fishery farms: boats, “marotte” (small

barges) and “vieri” (baskets).

The first of these is occupied by the traditional water

vessels of the Venetian lagoon; ranging from the

renowned “Gòndola” to the “Sàndolo di Burano”.

The second shed houses four more unusual vessels used

exclusively for marshland aquaculture and fishing: the

“marotte” whose function was storing and transporting

live fish from the farms to the fish markets. There are

also two wickerwork “vieri” on show, the traditional

containers for carrying fish. Hanging on the nearby

wall are some large “vòleghe”, willow-basketwork

chases used for scooping up fish.

On display in the third of the sheds are two vessels used

on internal waterways: one for fishing on the Po, and

another used for gathering wetland herbs in the “Valli

Veronesi”.

In the next outbuilding a “Tòpo” is housed; a

characteristic lagoon boat used both for fishing and for

transporting goods. Part of the vessel’s gear is an onboard

lighter (“marotta di portolata”) from Chioggia.

Alongside, some oar-rests used for vessels of this size can

also be seen.

The fifth shed is dedicated to the “Bragòzzetto”, one

of the most common fishing vessels used in the lagoon

and in the open sea. To the left of the vessel some of

the equipment used on board is on show, including a

traditional 1950’s “penèlo” from Chioggia.

The last of the sheds, the sixth of the exhibition sequence,

houses a “caorlìna” used in the lagoon both for fishing

and for transport.

Along the open-air trail a variety of smaller unusual

vessels of different origins can be seen.

“Lavorièro” ovvero parte di manufatto del

“colaùro” di valle;

Stazione di pesca di una valle.

“Lavorièro”, or a part of the “colaùro”

construction used in the fishery farms of

the Venetian Lagoon;

A lagoon fishing station.

museo del territorio delle valli

39

The ethnographic and naturalistic journey through the

fishery farms environment is a place in which visitors


da Chioggia. Sono inoltre esposti alcuni esemplari

di “forcola” usati per portare a remi imbarcazioni

di tale stazza.

Il quinto padiglione dell’itinerario è dedicato al

“Bragòzzetto”, una tra le più tipiche imbarcazioni

da pesca in mare ed in laguna. Nella parete di

sinistra sono esposti alcuni materiali d’uso di

bordo, ed un caratteristico “penèlo”, risalente agli

anni ‘50, proveniente da Chioggia.

L’ultimo nuovo padiglione, il sesto dell’itinerario, è

dedicato alla “caorlìna”, caratteristica imbarcazione

lagunare adatta sia per la pesca che per trasporto.

Nell’ambito del percorso all’aperto si inseriscono

anche alcune barche di dimensioni minori e

peculiari per tipologie e provenienza.

40

Cippo di Conterminazione Lagunare del

1791 (particolare);

Cippo di Conterminazione Lagunare

del 1791.

Lagoon Boundary Stone, 1791;

Lagoon Boundary Stone, 1791

Il percorso etnografico-vallivo e naturalistico

si propone di far scoprire gli ambienti storicoetnografici

della zona umida realmente esistiti

e collocati nel loro specifico e peculiare posto di

origine.

Il primo lotto di ripristino e restauro ha preso in

considerazione la ricostruzione della stazione di

pesca valliva classica al “colauro” con la realizzazione

della “cavana” in cannucciato, di ben due lavorieri

realizzati interamente con le loro tipologie

caratteristiche, e cioè in cannuccia palustre (grisiòe

da fissùra), legno e legature a mano. La stazione

di pesca è, poi, corredata di manufatti ad essa

collegati e peculiari quale affiancamento lavorativo

al “colauro”, cioè dei “vieri” da “lavoriero”, delle

“marotte”, delle “voleghe” e del caratteristico

“Sàndolo vallesano”.

Un altro punto significativo di valorizzazione

storico-valliva, realizzato nella zona umida vera

e propria, è dedicato alla Conterminazione

lagunare realizzata dalla Repubblica di Venezia, e

qui evidenziata da alcuni cippi di pietra d’Istria,

risalenti all’ultima Conterminazione del 1791

e serviti per la terminazione ed esclusione del

Dosso di Lugo. Qui, con l’ausilio di un'apposita

passerella in legno e metallo e di uno specifico

camminamento ligneo inserito tra il canneto e

l’acqua, si può agevolmente osservare da vicino

la struttura del monumentale cippo marmoreo

e le iscrizioni originali. Il punto di osservazione

è corredato di una apposita struttura espositiva,

realizzata su un particolare supporto ligneo.


can discover the historical and ethnographic context

of the wetland culture that existed in this unique

context.

The first plot to have undergone renovation and

refurbishment is the fishery farm station, which features

the distinctive canals linking the pools (“colauro”), a

reed-thatched boat-shelter (“cavana”) and two arrowhead-shaped

fish-catching chambers (lavorieri) entirely

reconstructed with all the most characteristic features

and materials: reed-thatching, woodwork and handbinding.

The fishing lodge is equipped with all the

distinctive items used by the workers for the tasks in

the “colauro”, these include the wickerwork fish baskets

(“vieri”), “marotte” (vessels with tanks for transporting

fish ), chases (“voleghe”) and the characteristic vessel

called “Sàndolo vallesano”.

Another significant historical aspect of fishery farms

heritage, that has been created right inside the saltmarsh

area, are the features relating to the lagoon

boundaries laid out by the Venetian Republic: these

include some Istria-stone markers that were laid during

the last procedures in 1791 and served to both mark

out and cut off the Dosso di Lugo. A special metal

and wood walkway has been built through the reed

beds and above the water allowing visitors to admire

the marble monument and the old inscriptions. The

observation point also features a display facility, for

which a special wooden structure has been built.

“Regata coi batèi a pàradèo”,

manifestazione dedicata alla riscoperta

dei caratteristici modi di voga delle aree

vallive della Laguna medio-inferiore di

Venezia;

Particolare di un “batèo”, sorta di

“sàndolo màscarèta” in uso nelle aree

vallive della Laguna medio-inferiore di

Venezia.

“Regata coi batèi a pàradèo”, celebration

dedicated to the rediscovery of

characteristic ways of rowing in the midinferior

fishery farms of the Venetian

Lagoon;

Detail of a “batèo”, a type of “sàndolo

màscarèta” used in the mid-inferior

fishery farms of the Venetian Lagoon.

museo del territorio delle valli

41



museo della calzatura

footwear museum

43


Federica Rossi

Il Museo Rossimoda è nato nel 1995

dall’iniziativa di Luigino Rossi, presidente e

amministratore delegato del calzaturificio.

A tale scopo è stato acquistato il complesso di

Villa Foscarini, una dimora storica seicentesca

lungo le rive del fiume Brenta.

Con la collaborazione della Soprintendenza

alle Belle Arti sono state restaurate Villa

Padronale e Foresteria destinando la prima

a Museo d’Impresa e la seconda a Centro

Congressi. Attualmente la Rossimoda è

passata di proprietà al gruppo finanziario

francese LVMH, che si è assunto l’onere di

continuare la missione culturale intrapresa dal

suo fondatore.

La collezione è costituita da circa 1700

modelli di calzature femminili di lusso griffate,

prodotte dall’azienda dal 1946 fino ad oggi.

I pezzi prima dell’esposizione facevano parte

del materiale conservato nei magazzini della

Rossimoda. Ad ogni stagione la raccolta viene

arricchita con gli elementi più rappresentativi

delle nuove collezioni.


Indirizzo / address: Museo della Calzatura,

c/o Villa Foscarini Rossi, Via Doge Pisani 1/2

30027 Stra, Venezia

Orari: da aprile ad ottobre

martedì-venerdì 9.00-12.30, 14.30-18.00,

venerdì 10.00-12.30, 14.30-18.00,

sabato 14.00-18.00

domenica e festivi 14.30-18.00 solo visite guidate,

lunedì 9.00–13.00.

Da novembre a marzo: lunedì-venerdì 9.00–13.00.

Chiuso sabato, domenica e festivi / Opening

times: from April to October, Tuesday-Friday

9.00a.m.-12.30p.m., 2.30p.m.-6.00p.m., Friday

10.00a.m.-12.30p.m., 2.30p.m.-6p.m., Saturday

2.00p.m.-6.00p.m. Sundays and public holidays

2.30pm-6.00p.m. guided tours, Monday9.00a.m.-

1.00p.m. From November to March: Monday-Friday

9.00a.m.-1.00p.m. Closed on public holidays,

Saturdays and Sundays.

Percorso di visita: Scarpe antiche, Collezione

Rossimoda, Laboratorio, Cappella / Exhibitions:

18th/19th century shoes, Rossimoda Collection,

Shoe design/Cobbler’s Workshop, Chapel

Cristina Rossi: Direttore / Director

Federica Rossi: Curatore / Curator

Federica Martini: Responsabile didattica, bookshop,

biglietteria e contabilità / Responsible for didactics,

the bookshop, the ticket office and accounting.

Rete di riferimento / reference network:

Associazione Museimpresa.

museo della calzatura

45

The museum was founded in 1995 on the initiative

of Luigino Rossi, president of the Rossimoda footwear

factory. The estate of Villa Foscarini, a historic 16th

century residence situated along the banks of the river

Brenta, was bought to house the museum.

In collaboration with the State Department of Fine

Arts the central portion of the Villa and the lodge

have been restored: the former houses the company’s

museum, while the later is now a congress centre.

Rossimoda is currently owned by the French finance

company LVMH, who have taken on the responsibility

of continuing the cultural mission undertaken by the

museum’s founder.

The collection consists of around 1,700 models

of designer luxury women’s shoes produced by the

company from 1946 until now. Before becoming

part of the museum’s exhibition, the shoes had been

stored in the company’s warehouse. Every season, the

collection is up-dated with the most exemplary models

of the new collection.

Alongside the footwear exhibition is Luigino Rossi’s

noteworthy private collection of modern and

contemporary art, pieced together over the years

Pagina precedente: Villa Foscarini, la

sede del museo della calzatura.

Sopra: piante del museo. Pianta del

secondo piano, pianta del primo piano,

pianta del piano terra.

Previous page: Villa Foscarini, the seat of

the Footwear Museum.

Above: plan of the three floors of the

museum.


46

Facciata del museo dal parco della villa.

Il complesso di Villa Foscarini Rossi visto

dall’alto: sono evidenti la villa padronale,

la foresteria, le vecchie scuderie e il parco.

Facade of the museum from the park.

Aerial view of Villa Foscarini Rossi: the

Villa, the Foresteria, the old stables and

the park are visible.

Il Museo ospita inoltre una piccola ma preziosa

raccolta di calzature veneziane del ’700 e

dell’800 di proprietà del signor Rossi.

All’interno di una sala è stato allestito anche

un piccolo laboratorio con l’intento di dare

rilevanza al diverso modo di creare le calzature

nel passato e ai giorni nostri: un deschetto da

calzolaio dei primi del ‘900 con i suoi attrezzi

e le sue forme di legno testimonia l’attività dei

nostri nonni, mentre il tavolo del modellista

con le tavole colori, i cataloghi, gli accessori

e gli stampi documentano l’evoluzione dei

tempi moderni.

Della selezione del materiale si è interessato

direttamente il fondatore, supportato dai

suoi collaboratori, soprattutto da coloro che

si occupano della progettazione dei modelli, i

più qualificati nel valutarne i pregi. L’intento

di Luigino Rossi è stato inizialmente quello di

raccontare il percorso fatto dalla sua famiglia,

ormai giunta alla terza generazione, e la storia

delle sue collaborazioni con le più grandi case

di moda (Rossimoda ha lavorato con Christian

Dior, Fendi, Anne Klein, Ungaro, Genny,

Richard Tyler, Vera Wang, Calvin Klein, Yves

Saint Laurent, Porsche Design fino ad arrivare

alle collaborazioni tuttora attive: Christian

Lacroix, Marc by Marc Jacobs, Loewe, Emilio

Pucci, Givenchy, Kenzo, Donna Karan e

Celine, l’ultimo acquisto dell’azienda).

La Rossimoda rappresenta inoltre l’azienda

leader del distretto calzaturiero della riviera

del Brenta, famoso in tutto il mondo per la

sua produzione di scarpe femminili di lusso e

griffate. Con il suo museo, unico nella zona,

svolge anche il compito di divulgare i “saperi”

del territorio e di diffondere la conoscenza delle

tradizioni di cui i calzaturieri sono gli eredi (le

competenze acquisite vantano origini antiche,

testimoniate sin dal 1260 con la Scuola dei

“Calegheri” veneziani, poi trasferitisi in

terraferma durante le invasioni napoleoniche).

Il museo funge quindi da testimonianza

del loro “saper fare” e degli elevati standard

qualitativi raggiunti, che rappresentano la loro

maggiore fonte di competitività in ambito

internazionale. Esso documenta inoltre,

attraverso l’accessorio “scarpa”, l’evoluzione

del costume nella seconda metà del secolo,


during his extensive travels and with the help of his

friends in the art and fashion world. The dominant

theme which runs through the works is that of shoes,

interpreted in the most diverse manner by artists of

the calibre of Allen Jones and Jim Dine. The museum

also houses a small but highly valuable collection of

Venetian footwear from the 18th and 19th century

which belongs to Mr. Rossi

One room was given over to the creation of a small

laboratory to illustrate shoemaking techniques of the

past and present: a cobbler’s bench from the early

nineteen hundreds, together with instruments and

wooden lasts used at the time, illustrate how shoes

were made in our grandfathers’ time, while the shoe

designer’s table equipped with colour tables, catalogues,

accessories and modern shoe lasts demonstrate the

evolution of shoemaking in modern times.

The items were chosen by Mr. Rossi, with the help of

members of his design team, especially those involved

in the design of new models, as they were the most

qualified to evaluate the strengths and qualities of

the items to be displayed. Initially the aim of Luigino

Rossi, president of the Rossimoda footwear factory,

was to recount the story of his family business which

now spans three generations, and the history of the

family’s collaboration with the greatest fashion houses:

Rossimoda has worked with Christian Dior, Fendi,

Anne Klein; Ungaro, Genny, Richard Tyler, Vera

Wang, Calvin Klein. Yves Saint Laurent, Porsche

Design and still currently works in collaboration with

Christian Lacroix, Marc by Marc Jacobs, Loewe,

Emilio Pucci, Givenchy, Kenzo, Donna Karen and

Celine, the most recent acquisition of the company.

Rossimoda is the leading company of footwear

manufacturers of the Brenta Riviera, famous

throughout the world for the production of luxury

designer shoes. With its museum, one of a kind in the

area, it carries out the task of publicizing the territory’s

know how as well as bringing to light the traditions

inherited by modern day footwear manufacturers:

the expertise acquired boasts very old origins which

can be traced back to 1260, the year in which the

Venetian “Scuola di Calagheri” (Shoemaker School)

was founded: the school was subsequently moved to

the mainland during the Napoleonic invasions. The

museum, therefore, acts as a testimony to their know

how and to the high standards achieved, standards

which represent their most important source of

competitiveness in an international market.

Through an exploration of shoes as an accessory, the

museum illustrates the evolution of customs and

clothing in the second half of the 20th century,

providing an impression of our history where social,

economic and cultural influences have undoubtedly

left their mark.

The collection was initially put together providing a

Saletta gotica.

La stanza di Emilio Pucci e Marc by Marc

Jacobs.

The Gothic Room.

Emilio Pucci and Marc by Marc Jacobs’

room.

museo della calzatura

47


48

Stanza Porsche Design.

Il salone Dior.

Porsche Design Room.

The Dior hall.

fornendo uno spaccato della nostra storia, in

cui le influenze sociali, economiche e culturali

hanno indubbiamente lasciato il segno.

Inizialmente nata come “salotto buono” per

ospitare clienti importanti e licenziatari di

griffe, la collezione ha ora ampliato il suo bacino

d’utenza, rivolgendosi anche alle scuole (grazie

a laboratori didattici appropriati) e ai turisti

occasionali (il complesso di Villa Foscarini è

conosciuto soprattutto per i pregevoli affreschi

di epoca seicentesca ed è inserito in un circuito

di Ville venete aperte al pubblico).

Oltre a questo di fondamentale importanza

è il ruolo svolto dal museo rispetto all’area:

documenta la creatività del distretto nel

corso del tempo e funge da collante tra le

innumerevoli piccole e medie imprese situate

nella zona che, dal museo, si sentono in

qualche modo rappresentate. Viene infatti

utilizzato in diverse occasioni come degna

conclusione delle visite alle loro aziende (di

fondamentale importanza a tale riguardo è

la collaborazione con l’Acrib, l’associazione

calzaturieri della riviera del Brenta, che da

quarant’anni si occupa della promozione del

distretto in ambito internazionale).

Ultimo, ma forse principale, è il compito

di rappresentare un grande stimolo per le

produzioni future. Il distretto ospita una

scuola di modellisti, famosa in tutto il mondo,

che dal 1923 si occupa della formazione dei

futuri designer della calzatura. Gli studenti,

frequentemente, visitano il museo con l’intento

di osservare dal vivo i pezzi più interessanti

della raccolta per poi trarne ispirazione.

Per raggiungere gli obiettivi proposti,

Rossimoda ha selezionato attentamente tra i

pezzi conservati dall’azienda, scegliendo quelli

più significativi da esporre, sia in termini di

creatività, che d’artigianato d’alta qualità,

d’innovazione tecnologica e di sfruttamento di

nuovi materiali.

L’allestimento, per essere coerente con gli

intenti, è stato organizzato seguendo un

percorso tematico, che valorizza il contributo

delle singole case di moda ed evidenzia,

quindi, oltre alle peculiarità dell’estro creativo

dei singoli stilisti, la capacità dell’azienda nell’

essere flessibile: sapersi adattare per poter


reception room where important clients and brand

licensees would be received. It now attracts a wider

audience, and is currently directed at school groupsowing

to the educational workshops held by the

museum- and at tourists, as the Villa Foscarini estate

is chiefly known for its exquisite 16th century frescoes

and is part of a route of Veneto Villas open to the

public.

Another aspect of fundamental importance to

underline is the role played by the museum in relation

to the surrounding area: it documents the creative

activity in the region over time and serves as a link

which unites the many small and medium sized

enterprises of the area. These businesses also feel that

in some ways the museum speaks for them: in actual

fact, a visit to the museum is often considered an

appropriate way to conclude clients’ visits to their own

factories. In this respect the museum’s collaboration

with Acrib, the association of footwear manufactures

of the Brenta Riviera which has been promoting the

region on an international level, plays a vital role.

Finally, one of the most important roles the museum

plays is to provide incentives for future production. The

area has a world famous school of shoe design which

has been training future footwear designers since 1923

and students pay frequent visits to the museum with

the aim of drawing inspiration from the observation

of the most interesting items on exhibit.

In order to reach proposed objectives, 1,700 models

produced by Rossimoda over sixty years of business

were placed on exhibit in the Villa. The items to

be displayed were carefully chosen from the models

which had been kept by the company. Those which

expressed the highest levels of creativity, craftsmanship,

technological innovation and creative use of new

materials were selected.

The exhibition follows a thematic path. In keeping with

the original objective in relation to the purpose of the

museum, the exhibition underlines the contribution

of each fashion house: as a result it highlights both the

distinctive creative flair of the individual designers as

well as the ability of the company to remain flexible

and ready to simultaneously adapt to the needs of the

various fashion houses in the best way.

Only in the case of Yves Saint Laurent does the

exhibition examine the stylistic development of one

label over time: the 38 year collaboration with the

great French designer enables the company to exhibit

an extremely significant slice of fashion history.

Naturally the museum is directed, to specific visitors:

important clients, owners of fashion labels and their

employees (particularly stylists and designers), schools,

those with a passion for shoes (footwear is often the

object of passionate devotion which can often border

on obsession: not just among women) and visitors who

happen upon the museum on their tour of the region.

Il capostipite Narciso Rossi al deschetto

da calzolaio.

Il laboratorio.

Narciso Rossi, the progenitor, at the

shoemaker’s table.

The workshop.

museo della calzatura

49


rispondere contemporaneamente e in modo

adeguato alle esigenze differenti delle diverse

case di moda.

Solo nel caso di Yves Saint Laurent l’esposizione

ha anche un occhio di riguardo all’evoluzione

stilistica della “griffe” nel corso del tempo : i 38

anni di rapporti con il grande stilista francese,

permettono di esporre in modo adeguato uno

spaccato di storia del costume estremamente

significativo.

50

Forme di calzature depositate nel

laboratorio. Foto © M. E. Smith

“Riflessi veneziani”, modello realizzato da

Luigina Bigon. Foto © M. E. Smith

Footwear lasts in the laboratory.

“Riflessi veneziani”, model created by

Luigina Bigon.


museo dell’agricoltura e del villano

agricultural and villagers’ museum

51


Luigino Fattoretto

Il museo raccoglie una collezione di

oggetti che raccontano le antiche tecniche

dell’agricoltura, e delle attività connesse,

fino a descrivere molti minuti gesti della vita

quotidiana del fattore, fin quasi ai giorni nostri.

Nella villa risiedono i proprietari del museo

ed in effetti la villa stessa è parte integrante

della narrazione museale. Non si può non

parlare del “Museo del Villano” senza prima

accennare alla villa che lo ospita. Riportiamo

le date più significative della storia della Villa

Badoer Fattoretto.

1518: Giacomo Badoer denuncia nella

condizione 381R 352c 138R 418 (le condizioni

corrispondono alle odierne denunce dei

redditi): “in isola di Sambruson sopra la Brenta

vecchia drio la fornasa: casa brusada con cortivo

e brolo di campi uno e mezzo sopra i quali mai

pagà daie” (tradotto: in località di Sambruson

sopra l’argine vecchio del Brenta, dietro la

fornace, casa bruciata da incendio con cortile

e prato di campi uno e mezzo sui quali mai

pagato tasse).


Indirizzo / address: Villa Badoer Fattoretto

Via Ettore Tito, 2

30031 Dolo, Venezia

tel. +39.041.410.113

e-mail: villabadoer@fattoretto.com

Orari: nei mesi di Aprile, Maggio, Giugno,

Settembre, Ottobre, tutte le domeniche e le

festività con visita accompagnata ai seguenti turni:

15.00 – 16.30 – 18.00

Durante il resto dell’anno per su prenotazione /

Opening times: During the months of April, May,

June, September, October, Sundays and public

holidays with guided tours at the following times

3p.m., 4.30p.m., 6p.m.

During the rest of the year visits are possible on

request, booking required.

Proprietario / owner: Luigino Fattoretto

Curatore visite / tour curator: Associazione

Culturale “Nelle Ville del Brenta”.

“Nelle Ville del Brenta” Cultural Association.

tel. +39.347.82.43.292

e-mail: villedelbrenta@libero.it

museo dell’agricoltura

Pagina precedente e sopra: facciata del

museo dal parco della Villa.

Foto © M.E. Smith

Salone centrale di Villa Badoer Fattoretto.

Foto © F. Calzolaio.

Previous page and above: front view of

the museum as seen from the park of the

Villa.

Main Hall of Villa Badoer Fattoretto.

53

The museum comprises a collection of objects relating

to ancient agricultural methods and related activities

which describe the minute details of the daily life of a

farmer until recent times. The villa is the home of the

proprietors of the museum and is an integral part of

the museum itself.

It is impossible to speak of this museum without first

referring to the Villa in which it is housed, Villa

Badoer Fattoretto. The key dates in the history of the

Villa include;

1518: Giacomo Badoer declares in the condition

381R 352c 138R 418 (the conditions are the

equivalent of today’s income-tax return) “on the

island of Sambruson, on the old Brenta behind the

foundry: house complete with a courtyard and one

and a half cultivated fields: on which taxes have

never been paid”.

1711: Bernardo Badoer, son of Giacomo, deceased,

declares” Estate of the old house:

Casa domenicale with a barchessa, (porticoed stablebarn),

courtyard, vegetable garden and garden,

small church for my own personal use. Adjoining


54

Attrezzi del falegname e del riparatore

di carrozze, aratri in legno, seminatrici a

spaglio in legno e a forma di violino;

sotto: L’originale cucina con antico

camino, spiedi, pentole in rame, mantici

da fuoco e un’allegoria del mare dello

scultore Toni Benetton del 1964.

Foto © F. Calzolaio.

Carpenter’s tools and tools used to repair

carriages, wooden ploughs, sowing

machines;

below: the original kitchen, with old

fireplace, spits and copper pots, bellows

and an allegory of the sea by sculptor

Toni Benetton, 1964.

1711: Bernardo Badoer fu Giacomo denuncia:

“beni della vecchia casa: casa domenicale con

barchesse, cortil, orto e giardin, chiesuola per mio

uso. Contigua: casa per abitazion del fattor e

casetta per giardiniere”.

1846: (25 Febbraio) gli eredi Badoer vendono

a Giacinto Foratti

1884: (30 Dicembre) acquista il conte

Vincenzo Ferrari Bravo.

1903: (24 Gennaio) compera il barone Carlo

de Chantal.

1945: (1 Luglio) la villa viene acquistata da

Ulderico Fattoretto ed oggi ne è proprietario

il figlio Luigino.

Durante l’ ultima guerra mondiale la villa fu

requisita e trasformata in ospedale militare

tedesco e poi dal comando inglese in

magazzino-deposito subendo un immaginabile

deterioramento.

La villa è stata restaurata ed abbellita nel 1964

dall’ arch. Piero Pra con la consulenza degli

architetti Asso e Staubler della Soprintendenza

ai monumenti di Venezia.

Come si può notare nelle “denunce” fin dal

1518 veniva data importanza ai campi che

attorniavano la casa e che costituivano fonte

di reddito. Se ne deduce quindi che la “villa”

era luogo di lavoro e magazzino di merci e

materiali per l’attività nei campi, era officina

per la riparazione degli attrezzi dei contadini,

i quali vivevano numerosi attorno a questo

fabbricato, nonché residenza estiva di patrizi

veneziani.

Attorno alle ville di questo tipo nascono così

dei borghi di paese che presto prenderanno

il nome di “villaggi” i cui abitanti verranno

individuati come villani.

Il Sig. Luigino Fattoretto, di origini mezzadre

e “villane”, come va orgogliosamente

ricordando, nell’intento di trasmettere ai

propri discendenti lo spirito che ha animato le

generazioni precedenti, ha così allestito questa

raccolta di attrezzi, strumenti e documenti

denominandola “Museo del Villano” .

La raccolta è composta da una collezione di

circa 20.000 oggetti in attesa di catalogazione

ed è esposta in otto sale di Villa Badoer

Fattoretto per complessivi 1.000 mq.


the aforementioned property: a house which serves as

the residence of the bailiff and a small cottage for the

gardener”.

1846: (February 2nd) The heirs of Badoer sell the

property to Giacinto Foratti.

1884: (December 30th) The property is purchased by

Count Vincenzo Ferrari Bravo.

1903: (January 24th) Baron Carlo de Chantal

acquires the property.

1945: (July 1st) The Villa is purchased by Ulderico

Fattoretto and today is the property of his son

Luigino.

The Villa was requisitioned during WWII: it was first

converted into a military hospital for the German

army and was subsequently used as a warehouse and

depot by the English army, enduring the wear and

tear inevitable in such circumstances. The Villa was

restored and refurbished in 1964 by the architect

Piero Pra, in collaboration with the architects Asso

and Staubler of the Department for the Preservation

of Historical Monuments of Venice .

The “declaration” reveals that, from 1518, considerable

importance was attached to the fields surrounding the

villa and indicates the fields as a source of revenue

for the Villa. From this we can conclude that the

“villa” functioned as a workplace, a storehouse for the

goods and materials necessary for any farming activity

carried out in the fields, and a workshop for the repair

of local farmers’ tools and instruments -many of whom

lived near the Villa, which also served as a summer

residence for the Venetian nobility.

In this manner, small communities sprung up around

such villas; these communities soon become known as

“villaggi” (villages) and their inhabitants known as

“villani” .

Luigino Fattoretto, who can trace his origins back to

the sharecroppers of the past, proudly declares himself

to be a “villano”. He put together this collection of

instruments, tools and documents, which he called

“Il Museo del Villano”, in order to pass the spirit

and history of previous generations on to his own

descendants.

The collection is comprised of about 20,000 objects

which have yet to be classified and catalogued and is

displayed in 8 rooms of the Villa Badoer Fattoretto,

covering an area of 1,000 metres squared.

I gioghi e gli attrezzi da stalla, macine del

grano in pietra (uguali le usavano anche

i romani), pompe per l’acqua, paioli per il

bucato. Foto © M.E. Smith

“Il Cantinone” con i rami per formaggi e

le carrozze, alle pareti editti veneziani, un

libretto universitario con voti e firme degli

insegnanti. Foto © F. Calzolaio.

Yolks and barn implements wheat

grindstones (the same as the

Romans used), water pumps, laundry

cauldrons.

“Il Cantinone” with branches used to

filter cheese, carriages and, on the

walls, Venetian legal documents.

museo dell’agricoltura

55

The Museum

For the last sixty years, the Villa has been the property

of the Fattoretto family. Ulderico, Luigino’s father,

bought the property since, as a farmer and wine

merchant, he required a location for a wine cellar on

the banks of the Brenta; until thirty years ago wine

was transported to Venice by waterways rather than

by road, hence the necessity of storing the wine near a

river, for easy transportation.


56

Attrezzi del bottaio e antichi lumi;

sotto: martelli e incudini del ramaio e

attrezzi del corder, piastre per cuocere

l’Ostia del Santissimo e il pane azimo

ebraico (epoca 1600). Foto © F. Calzolaio.

Cooper’s tools and antique lamps;

below: coppersmith’s hammers and

ropemaker’s tools plates for cooking

the Holy Host and azimo bread

(1600's).

Il Museo

Percorriamo gli ultimi 60 anni della villa, da

quando ne è proprietaria la famiglia Fattoretto.

Ulderico, padre di Luigino, la acquista perché,

agricoltore e commerciante di vini, ha bisogno

di uno spazio per la cantina e di un affaccio sul

Brenta. Fino a 30 anni fa era il corso d’acqua

– e non la strada – la via per portare i vini a

Venezia.

Il figlio Luigino, classe 1939, non solo eredita e

conduce con successo l’attività del padre, ma da

il via ad una grande impresa culturale. A partire

dagli anni 70 inizia a collezionare manufatti e

strumenti della vita del contadino e del villano.

Oggi la sua collezione conta migliaia di pezzi –

più di ventimila – che riguardano ogni aspetto

dell’esistenza quotidiana degli ultimi tre secoli.

In una prima sala, denominata “degli editti”

trovano posto una interessantissima raccolta

di lettere dogali, avvisi, notificazioni ed atti

riguardanti la Riviera del Brenta e l’entroterra

veneziano, tra gli altri molti del periodo

napoleonico, di cui uno emesso durante l’unico

giorno di permanenza di Napoleone in Palazzo

Reale di Stra; orologi da torre e da campanile,

strumenti musicali a fiato e a corda, tra cui

spicca una rara ottocentesca Ghironda o viola

da orbi. Ci sono carrozze e calessi (anche quello

che salvò la vita al suo proprietario, nel 1917,

quando riuscì ad essere più veloce delle granate

austriache, a Caporetto). Tra le carrozze va

segnalato un restauratissimo Phaiton, mezzo

sovente adoperato dalle “signorine da marito”,

in quanto da esse condotto.

La casa del custode, poi, è piena degli attrezzi

in uso agli artigiani e ai contadini come una

delle prime trebbiatrici a motore che sgranava

le pannocchie di mais funzionando a petrolio,

o una serie completa di pompe da travaso del

vino (addirittura 16). E ancora aratri “a mano”,

seminatrici, torni, morse, seghe, trapani,

incudini e martelli, attrezzi del ramaio, del

vetraio, del cordaio, del muratore, del barbiere,

che va ricordato, era anche dentista….

Nella barchessa sono conservati madie,

gramole, torchi per la pasta, matterelli e anche

l’immenso “piatto” circolare, in legno, su cui,

tre volte al giorno le donne di casa Fattoretto

scodellavano la polenta: in famiglia c’erano


Luigino, Ulderico’ son, born in 1939, not only

inherited and successfully managed his father’s

business, but also established an important cultural

enterprise. From the 1970s onwards, he began to

collect artefacts, tools and instruments related to the

life of farmers and village life. Today his collection

comprises over twenty thousand pieces relating to all

aspects of daily life over the last three centuries.

The exhibition housed in the first room contains a

variety of legal documents, including a fascinating

collection of letters, dogali, notices, deeds and legal

documents relating to the Brenta Riviera and the

Venetian hinterland. Also displayed are bell tower and

tower clocks: wind and string instruments including

a rare eighteenth century hurdy-gurdy, as well as

carriages and gigs, including the one which saved the

life of the Villa’s owner when, in 1917, it helped him

outrun the Austrian grenades at Caporetto.

The lodge is filled with the tools and implements used

by craftsmen and farmers, including the first engine

driven threshing machine, which ran on petrol, used

to shell the ears of corn. Also displayed is a series of

pumps used for decanting wine (sixteen in all), hand

ploughs, sowing machines, lathes, vice-grips, saws,

drills, anvils and hammers and the implements used

by the mason and the barber (who, it should be

recalled, also filled in as the dentist).

The barchessa contains kneading troughs, kneading

machines, pasta presses and rolling pins as well as an

immense circular wooden “plate” on which the women

of the Fattoretto household would pore polenta three

times a day (there were forty five mouths to feed in the

family). The room also contains one of the first models

of a washing machine - a hand operated machine

made entirely of wood, as well as coffee grinders, irons

(some dating from 1500) warming pans for carriages

and hand warmers, often used during lengthy religious

services.

The exhibition in the barn features equipment used

for the breeding of silk worms and the spinning and

weaving of cloth. Also displayed are children’s toys

from a century ago, including a striking and original

pram made especially for twins and a bicycle whose

design is ahead of its time – it would seem that even

one hundred years ago some people could afford to

exercise in the privacy of their own rooms.

The museum also possesses some curious and intriguing

items, such as the price list from two brothels from the

30s. Finally, the visitor can visit the “knife grinder

room” complete with foot pedal and hand crank

operated grindstones and instruments employed by the

cobbler when travelling from door to door to make

and mend shoes. The museum, with its wealth of

exhibits, promises the visitor a long and fascinating

visit.

Sala dei ferri da stiro con stufa da

sartoria per tenere i ferri caldi, attrezzi

da cucina, registratore di cassa e

“sbuzzer” (mortaio per togliere i ricci alle

castagne e fare la farina);

sotto: Spasisi, Cyclette, Carrozzella per

gemelli, antenato del flipper e giochi per

bambini, presse e attrezzi del tipografo,

forme per cappelli con relativa macchina

per cucire, forme e banchi da lavoro del

calzolaio. Foto © F. Calzolaio.

The room containing irons and

kitchen implements, "Spasisi",

Bicycle, Pram for twins, an old pinball

machine and children's toys;

below: printer's presses and tools,

hat blocks with respective sowing

machine, shoemaker's tools.

museo dell’agricoltura

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58

“Buratti”, seminatrici in legno, erpici,

falci, roncole per il grano e battitori del

grano sull’aia;

sotto: una collezione di raganelle racoette

provenienti dalla Toscana, Friuli, Trentino

e Veneto. Foto © M.E. Smith

Sieves and wooden sowing machines,

sickles and billhooks for wheat;

below: a collection of racoette sickles

from Tuscany, Friuli, Trentino and

Veneto.

45 bocche da sfamare... Nella stessa stanza è

presente una delle prime lavatrici (tutta in legno

e funzionante a mano), macinini da caffè, ferri

da stiro (alcuni risalenti al 1500), scaldini da

carrozza e per le mani, spesso utilizzati durante

le lunghe funzioni religiose, una collezione di

cavatappi ed un’altra di pentole in rame.

Nel fienile si trova tutto il necessario per

l’allevamento dei bacchi da seta, la lavorazione

della canapa, la filatura e la tessitura, con una

completa raccolta di arcolai e ancora tutto

l’occorrente all’orologiaio, al tipografo e al

capellaio. Ma anche giocattoli per bambini di

un secolo fa, una singolare carrozzella in legno

per gemelli e una cyclette ante litteram: anche

un secolo fa chi poteva permetterselo faceva

ginnastica in camera.

Aggiungiamoci anche qualche “carta” curiosa,

come il listino prezzi di un paio di case chiuse

degli anni ’30. E la stanza dell’arrotino, con mole

a manovella e a pedale; o tutto l’armamentario

con cui si muoveva il ciabattino, andando di

casa in casa per riparare o confezionare le scarpe.

Quanto basta per una lunga, appassionante

visita.


museo di storia naturale

museum of natural history

59


Mauro Bon e Monica Da Cortà Fumei

Il Museo di Storia Naturale di Venezia ha

sede nel Fontego dei Turchi, sul Canal Grande,

uno dei più noti edifici civili di Venezia risalente

al XII-XIII secolo. Acquistato dal Comune per

farne la sede del Museo Correr, fu ampiamente

rimaneggiato. Nel 1922, le collezioni d’arte e

di storia furono trasferite a palazzo Ducale

e nel fontego rimasero quelle naturalistiche

ed etnografiche. Nel 1923 veniva istituito il

Museo di Storia Naturale, aperto al pubblico

nel 1928, in cui confluirono le preziose

raccolte dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere

ed Arti. Gestito dall’Assessorato alla Pubblica

Istruzione del Comune fino al 1995, è poi

entrato a far parte del sistema dei Musei Civici

Veneziani.

Il Museo ospita molteplici collezioni e

un’importante biblioteca; è sede anche di

attività di monitoraggio ed indagine sulla

Laguna di Venezia e la sua fauna.

Oltre due milioni di pezzi costituiscono il

patrimonio del Museo: collezioni zoologiche,

botaniche e una raccolta micologica. Notevole


Indirizzo / address: Santa Croce 1730,

30125 Venezia, tel. ++39041 2750206,

fax ++39041 721000,

www.msn.ve.it

web sites: www.museiciviciveneziani.it

Orari: da martedì a venerdì 9/13 , sabato e

domenica 10/16. Chiuso lunedì e 25 dicembre, 1

gennaio, 1 maggio. Apertura parziale e ingresso

libero, fino al completamento del nuovo allestimento

/ Opening times: Tuesday to Friday 9a.m.-1p.m.,

Saturday and Sunday 10am-4pm. Closed; Mondays,

December 25th, January 1st, May 1st. Partial

opening and free entrance until the renovation work

has been completed.

Sezioni: La Laguna di Venezia, Sulle tracce della

vita, ovvero la Paleontologia, Raccogliere per

stupire, raccogliere per studiare, ovvero l’evoluzione

del collezionismo naturalistico, Le strategie della

vita, ovvero forma e funzione negli esseri viventi /

Sections: The Venice Lagoon, Paleontology Section,

“Collecting to astonish, collecting to study: the

evolution of naturalistic collections,” Strategies of

life - forms and function in living beings”.

G. Romanelli: Direttore Musei Civici Veneziani

E. Ratti: Dirigente Area scientifica

M. Bon: Conservatore per la Zoologia

dei Vertebrati

L. Mizzan: Conservatore per la Biologia Marina

Rete di riferimento / reference network:

Musei Civici Veneziani

museo di storia naturale

61

The Museum of Natural History of Venice is housed

in the Fondego dei Turchi on the Grand Canal, one of

the most notable civic buildings of Venice, which dates

from the twelfth-thirteenth centuries. It underwent

extensive restoration work when it was bought by the

Municipality of Venice to house the Correr Museum.

In 1922 the art and history collections were moved

to the Palazzo Ducale, while the ethnographic and

naturalistic collections remained in the Fondego. The

Museum of Natural History was founded in 1923

and opened to the public in 1928, bringing together

the important collections of the Istituto Veneto di

Scienze, Lettere ed Arti (The Veneto Institute of

Science, Literature and the Arts). The museum was

managed by the Public Educational Board of the

Municipality of Venice until 1995, when it became

part of the Civic Venetian Museums system.

The museum hosts a number of exhibitions and an

extensive library and is also the headquarters of the

offces which monitor and study the Venetian Lagoon

and its fauna.

The museum’s collections are made up of over two

Pagina precedente: un’immagine del

Fondaco dei Turchi sul Canal Grande,

sede del Museo di Storia Naturale.

Foto © M. E. Smith

Sopra: Progetto del nuovo allestimento,

pianta del mezzanino, pianta del primo

piano, pianta del piano terra.

Previous Page: photo of the Fondaco dei

Turchi on the Grand Canal, where the

Museum of Natural History is housed.

Above: renovation project, floor plan

of the mezzanine floor, first floor and

ground floor.


62

Modello di sandolo della Piave;

modello di bragagna;

modello di batello da ami;

Collezione Ninni.

Model of a sandolo used on the Piave river;

Model of a bragagna;

Model of a fishing boat;

The Ninni collection.

anche la collezione di piante e pesci fossili.

Tra le raccolte ottocentesche si ricordano:

quella mineralogica, i preparati anatomici,

la collezione del paleontologo ed etnologo

G. Ligabue, che comprende l’Ouranosaurus

nigeriensis, dinosauro erbivoro del Cretacico e

i resti del coccodrillo Sarchosuchus imperator.

Il patrimonio del Museo comprende anche la

raccolta dei modelli di imbarcazioni e strumenti

di pesca in uso nella laguna di Venezia e una

collezione di trofei di caccia africani.

Il Museo è oggi interessato da un grande

progetto di riallestimento: le vaste collezioni

consentiranno di sviluppare quattro ampie aree

tematiche, dunque quattro musei in uno. Una

delle novità sarà l’ampia sezione dedicata alla

laguna offrendo, tra l’altro, una sorta di chiave

di accesso per comprendere la città nella sua

complessa morfologia.

Altra radicale innovazione coinvolge il piano

che ospiterà le altre sezioni: la sala dedicata

al dinosauro e alla spedizione sahariana di

G. Ligabue diventa il portale di accesso alla

sezione paleontologica. Si apre poi il percorso

sugli esploratori e collezionisti veneti Miani e

De Reali, e una sala dedicata a un collezionista

di oggi, G. Ligabue, introduce alla formazione

e allo sviluppo della museologia naturalistica.

Segue poi l’innovativa sezione dedicata alle

Strategie della vita che offre una stimolante

chiave di lettura della complessità della natura

e delle forme viventi. Nel contesto di un

allestimento accorto e scenografico, il continuo

ricorso a esempi di animali ed organismi marini

o terresti, stimola nel visitatore un processo

deduttivo, finalizzato a comprendere in modo

efficace e immediato concetti scientificamente

complessi.

L’approccio comunicativo del museo lo rende

terreno ideale per condividere esperienze e

momenti di aggregazione: si rivolge a utenti

di età diversa. L’informazione punterà sulla

fruibilità immediata del museo, sulla possibilità

di scelta dei percorsi, e su una serie di offerte

che potranno prevedere esperienze laboratoriali

e di animazione, o attività di aggregazione.

Il bacino di utenza, su base regionale, potrà

essere esteso al target dei turisti estivi balneari.


million pieces including the zoological collection,

the botanic collection and the malacology collection,

together with a considerable collection of fish and

plant fossils. The eighteenth century collections

include the mineralogical collection, anatomical

preparations and the collection of the palaeontologist

and ethnologist G.Ligabue, which includes the

skeleton of the Ouranosaurus nigeris, a herbivore

dinosaur of the Cretaceous Period, and the remains

of the giant crocodile, Sarchosuchus imperator.

The Museum also comprises a collection of boats and

fishing instruments used in the Venice lagoon, and a

collection of hunting trophies.

The museum is currently working on an extensive

project aimed at rebuilding and renovating the

exhibition spaces. The vast collections will allow for

the development of four large areas, each with a

separate theme, essentially creating four museums in

one.

One of the new exhibition areas will be dedicated to

the lagoon which will, among other things, provide a

key to understanding the city in terms of its intricate

morphology.

Further radical innovations have been carried out

on the floor which will house the other sections: the

room dedicated to dinosaurs and G. Ligabue’s Sahara

expedition becomes the gateway to the palaeontology

section, leading on to the exhibitions devoted to the

Venetian explorers and collectors Miani and De

Reali. A room dedicated to one of today’s collectors,

G. Ligabue, introduces visitors to the foundations

and development of naturalistic museology, while

the innovative section dedicated to “The Strategies of

Life” offers a stimulating analysis of the complexity of

nature and all forms of life. Throughout this carefully

assembled atmospheric display, visitors are continually

presented with examples of land and marine life which

permit them, by process of deduction, to understand

complex scientific concepts in a straightforward and

immediate way.

The communicative approach of the museum makes

it an ideal place to meet and enjoy some time together

and is directed to visitors of all ages. Information

provided for the public will focus on the accessibility

of the museum, the possibility to choose different tours

and a series of services including seminars, workshops

and meetings.

The catchment area in terms of potential visitors could

be extended to include tourists visiting the beach

resorts of the Veneto throughout the summer.

Attività didattica del museo.

Gioco interattivo dell'acquario delle

tegnùe.

Sala della spedizione G. Ligabue.

Children attending an educational

workshop in the museum.

Acquarium interactive game recreating

the underwater world of the tegnùe.

The room dedicated to the G.Ligabue

expeditions.

museo di storia naturale

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64

Diorama con modelli di reti;

modello di seraggia;

Collezione Ninni.

Diorama displaying models of nets;

model of a seraggia;

The Ninni collection.

La Laguna di Venezia

Le aree del piano ammezzato saranno assegnate

alla prima delle quattro grandi sezioni del

museo, dedicata alla Laguna di Venezia. Vi si

presentano gli aspetti più tipici e caratterizzanti

del territorio lagunare, quasi un invito ad

esplorare di persona questo ecosistema

complesso e affascinante.

Il percorso si snoderà lungo dieci sale e sarà

articolato in tre sottosezioni.

1. Origine ed evoluzione

Si tratta di un inquadramento morfologico,

geografico ed ecologico delle lagune in genere

e della Laguna di Venezia in particolare.

L’allestimento, che si avvale anche di

supporti tecnologici e interattivi, ripercorre

cronologicamente il succedersi dei processi alla

base della sua formazione, fino ai più recenti

interventi antropici, che ne hanno modificato

l’evoluzione.

2. Uomo e laguna. La pesca

Questa sotto-sezione esemplifica lo stretto

rapporto uomo-ambiente, attraverso la pesca.

Lo spunto è dato dalla preziosa collezione

etnografica di modelli di imbarcazioni e

attrezzi da pesca commissionati nel XIX secolo

da A. Pericle Ninni per le sue ricerche in

campo naturalistico ed etnografico, realizzati

dal modellista navale A. Marella e donati dallo

stesso Ninni al Museo nel 1880. La collezione

è fonte storiografica di primaria importanza

ed è una delle prime ricerche di etnologia

marittima del nostro Paese.

Attraverso i modelli si analizzano le varie

tecniche di pesca, ma si approfondiscono

aspetti relativi alla storia naturale del pesce

pescato e/o allevato e aspetti etnografici. È

organizzato in modo da valorizzare i modelli di

Marella, utilizzandoli per trattare temi collegati

sia a livello naturalistico che etnografico.

3. Dentro la laguna

L’allestimento si conclude con una suggestiva

rappresentazione dell’attuale ecosistema

della Laguna di Venezia: il visitatore entra in

un percorso ideale dal mare alla terraferma

attraverso i diversi ambienti che costituiscono

la laguna. L’allestimento prevede soluzioni

capaci di restituire una percezione immediata

del sistema laguna nel suo complesso.


The Venice Lagoon

The mezzanine floor will host the first of the four

large sections of the museum, dedicated to the Venice

Lagoon. The aspects which typify and characterize the

lagoon territory are presented, and may just result in

visitors wishing to explore this complex and fascinating

ecosystem in person.

The exhibition extends over ten rooms and is divided

into three sections.

1. The Origins and Evolution of the Lagoon

A morphological, geographical and ecological overview

of lagoon environments, with a particular focus on the

Venice Lagoon. The exhibition, which uses technological

and interactive supports, follows the various phases of

the lagoon’s formation in chronological order, right

up to the most recent structural interventions which

have changed the course of its evolution.

2. Man and the Lagoon: Fishing in the Lagoon

This sub-section illustrates the close relationship

between man and his environment through an

exploration of fishing activities in the lagoon. The

inspiration and focal point of the section is the prized

ethnographical collection of model boats and fishing

equipment commissioned by A. Pericle Ninni in the

nineteenth century, for his research in the field of

ethnographic and naturalistic studies. The models

were built by the naval model-maker A. Marella

and donated to the museum by Ninni in 1880. The

collection is one of major historiographical importance

and is one of the first studies of maritime ethnology

carried out in Italy. Various fishing techniques are

analysed using the models: also featured is an in-depth

study of aspects relating to the natural history of the

fish caught and/or farmed as well as the ethnographical

aspects of the area. The arrangement of the exhibition

exploits Marella’s models to their full potential, using

them to examine related themes on both a naturalistic

and ethnographic level.

3. Inside the Lagoon

The exhibition concludes with a suggestive

representation of the current ecosystem of the Venice

Lagoon. The visitor travels along an ideal “route”

which takes him/her from the sea to the mainland,

passing through the various environments which

make up the Lagoon. The exhibition will provide

the opportunity to perceive the lagoon system in its

entirety.

Disegni di mormora e lucerna.

Disegni © G. D'Este.

Conchiglia di Rapana venosa.

Lucerna and Striped bream drawings.

“Rapana venosa” whelk shell.

museo di storia naturale

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Cranio di Sarcosuchus.

Scheletro di Ouranosaurus nigeriensis.

Sarcosuchus skull.

Ouranosaurus nigeriensis skeleton.

Sulla tracce della vita, ovvero la Paleontologia

Il percorso si svolgerà con la guida dei fossili,

che costituiscono le tracce per comprendere

la formazione e la storia della vita sulla Terra,

dalla comparsa dei primi organismi viventi

visibili a occhio nudo (700 milioni di anni fa)

a quella dell’uomo (Homo sapiens), 40 mila

anni fa. Il percorso si sviluppa in quattro sale e

tre sottosezioni.

1 Alla ricerca dei dinosauri: la prima sala, di

grande effetto scenico, è quella dedicata alla

Spedizione Ligabue che nel 1973 portò alla

luce vari reperti di oltre 100 milioni d’anni fa

tra cui lo scheletro quasi intero di un dinosauro

di oltre 7 metri, Ouranosaurus nigeriensis, e il

cranio del gigantesco coccodrillo Sarchosuchus

imperator. Già allestita come unità espositiva

a sé stante, diventa nel nuovo progetto il

portale d’accesso a questa sezione e introduce

il visitatore al tema dei fossili, trattato nella

successiva sottosezione.

2 I fossili: vengono qui affrontati alcuni

argomenti tipici della Paleontologia, dalla

formazione dei fossili alla loro interpretazione,

partendo dall’immaginario collettivo passato

e presente, fino ad arrivare alla definizione

scientifica attuale, alle possibili eccezioni

e curiosità. La complessità dei contenuti

è mediata da apparati di comunicazione e

dalla possibilità di sperimentazioni pratiche e

interattive.

3 La storia della vita: compreso il concetto e

il ruolo dei fossili, è possibile “camminare nel

tempo”, seguendo le loro tracce: un percorso

cronologico che si snoda attraverso le sale

mostrando esempi significativi di fossili,

ricostruzioni di organismi e ambienti nei

diversi periodi geologici.

Gli icnofossili, cioè impronte fossili lasciate

da diversi organismi nel corso dell’evoluzione,

accompagnano il visitatore lungo questo

particolare viaggio, che inizia dalla comparsa

della vita sulla Terra e arriva all’evoluzione

dell’uomo. Una fascia attrezzata segue tutto

il percorso scandendo il passare del tempo

geologico, con una successione di testi e

immagini che descrivono le variazioni della

posizione geografica di oceani e continenti nel

corso delle Ere geologiche (Paleogeografia).


The Palaeontology Section

The fossils guide the visitor through the exhibition as

it unfolds, as they provide the trail which allows us

to understand the formation of our planet and the

history of life on earth, from the appearance of the

first living organisms visible to the human eye 700

million years ago, to that of man (Homo Sapiens)

40 thousand years ago.

The exhibition is housed in four rooms and three subsections.

1 In search of dinosaurs: the first room, one of great

dramatic effect, is dedicated to the Ligabue expedition

which, in 1973, unearthed various finds from over

100 million years ago. Among these were the almost

intact skeleton of a dinosaur over 7 metres tall called

the Ouranosaurus nigeriensis and the skull of a

gigantic crocodile, the Sarchosuchus imperator. These

had already been arranged as individual displays and

now, in the new project, become the gateway to this

section, introducing visitors to the theme of fossils

which is explored in the subsections which follow.

2 The Fossils: this subsection explores some of the

principal themes in palaeontology, from the formation

of fossils to their interpretation. It begins from the

perception of fossils in the collective imagination

of past and present, arriving at current scientific

definitions and descriptions, with possible exceptions

and oddities. The presence of information displays

and interactive, hands-on activities help visitors to

grasp the complex and intricate nature of the articles

displayed.

3 The history of life: Once the concept and role of

fossils has been understood, it is possible to “ walk

through time” following their tracks. The fossils are

displayed in chronological order from room to room.

The exhibition features a large number of fossils as

well as reconstructions of various organisms and

environments of the different geological periods.

The ichnofossils, the fossilised imprints left by different

organisms in the course of evolution, accompany the

visitor along this unique journey, which begins with

the appearance of the first life forms on earth and

continues until the evolution of man. Wall displays

hung throughout the rooms count down the passing of

geological time, with a series of explanatory texts and

images describing the variations in the geographic

position of the oceans and continents throughout the

various geological ages (Paleogeography).

Ouranosaurus nigeriensis;

cranio di Benthosuchus;

Collezione G. Ligabue.

Ouranosaurus nigeriensis;

Benthosuchus skull;

G. Ligabue collection.

museo di storia naturale

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Edizione cinquecentesca conservata in

biblioteca.

Mummia di coccodrillo, collezione Miani.

15th century book, museum library.

Crocodile mummy, Miani collection.

Raccogliere per stupire, raccogliere per

studiare: ovvero l’evoluzione del collezionismo

naturalistico

Questa sezione offrirà un percorso che illustra

l’evoluzione del collezionismo ed è dedicata

agli esploratori di ieri e di oggi, alle collezioni

e ai Musei di Storia Naturale e si articola in sei

sale e due sottosezioni.

1 Esploratori veneziani: tre sale presentano

le collezioni di G. Miani e G. De Reali,

singolari figure di esploratori veneziani

vissuti tra il secondo Ottocento e l’inizio

del Novecento. L’allestimento ricostruisce

l’originaria disposizione della sala, ricalcando

sostanzialmente quella proposta dallo stesso

Miani. Segue una sala dedicata a G. Ligabue,

grande esploratore e collezionista di oggi. Vi

sono esposti reperti archeologici appartenenti

al Centro Studi e Ricerche Ligabue (CSRL) e

relativi a campagne di scavo in Turkmenistan,

Iran e Belize. Uno spazio è inoltre riservato a

una collezione di “trofei”, costituiti da crani

umani e di scimmie antroporfe, variamente

incisi o decorati, raccolti nel corso di spedizioni

diverse.

2 Museo e scienza: collegata allo sviluppo delle

esplorazioni geografiche è la nascita dei musei

naturalistici per la necessità di raccogliere,

ordinare e studiare la straordinaria varietà di

organismi e prodotti naturali. La sottosezione

affronta il tema dell’evoluzione della

museologia naturalistica, articolandosi in due

sale. Nella prima è suggestivamente ricostruita

una Wunderkammer, ovvero la cinquecentesca

Camera delle Meraviglie in cui si affollavano

oggetti preziosi, rari, bizzarri, grotteschi o

mostruosi, con lo scopo di stupire il visitatore,

classificati in: “Mirabilia”, “Artificialia” e

“Naturalia”. Si passa poi, con l’avvento del

metodo scientifico, alla raccolta di reperti

finalizzata alla classificazione, allo studio e

all’interpretazione di fenomeni naturali. Le

principali collezioni storiche del Museo sono

qui esposte rievocando stili e canoni espositivi

d’epoca, seguendo un criterio sistematico,

in un unico armadio-espositore, insieme alla

strumentazione scientifica e alle pubblicazioni

dei numerosi naturalisti che con il loro lavoro

ne hanno arricchito il patrimonio.


Collecting to astonish, collecting to study: the

evolution of naturalistic collections

This section will host an exhibition which illustrates

the evolution of naturalistic collections. It is dedicated

to the explorers of the past and of today, the collections

they put together and museums of natural history. It

covers six rooms and two subsections.

1 Venetian Explorers: three rooms display the

collections of G. Miani and G. De Reali, two

remarkable Venetian explorers who lived from the late

eighteenth century to the early nineteen hundreds. The

exhibition reconstructs the original layout of the room,

essentially remaining faithful to the arrangement

proposed by Miani himself. This is followed by a

room devoted to G. Ligabue, one of today’s great

explorers and collectors. Displayed are archaeological

finds from the Ligabue Study and Research Centre

(CSRL) uncovered during excavation expeditions in

Turkmenistan, Iran and Belize. An area is reserved

for the display of expedition “trophies”, consisting of

the engraved and decorated skulls of humans and

anthropomorphic monkeys unearthed during various

expeditions.

2 Museums and the Sciences: this subsection relates to

the development of geographical exploration and the

subsequent birth of natural museums to provide for

the need to collect, order and study the extraordinary

variety of organisms and products of nature discovered

during expeditions. The subsection, which occupies

two rooms, looks at the theme of the evolution of

naturalistic museology. The first contains the suggestive

reconstruction of a Wunderkammer, the fifteenth

century “Cabinet of Wonders” packed with precious,

rare, bizarre, grotesque and monstrous articles whose

aim was to provoke a sense of curiosity and wonder in

the visitor. The objects were classified under the three

categories: “Mirabilia”, or “Spirituality” consisting

of objects which reflected a sense of wonder at God’s

work; “Artificialia” or “Art” containing man-made

artefacts; “Naturalia” or “Science” comprising natural

artefacts. The exhibition moves on to the advent of

scientific method and the collection of finds used for

the classification, study and interpretation of natural

phenomena.

The key historic collections of the museum are on

display in a single display case arranged according

to systematic criteria, recalling the expository styles

and precepts of the period, together with scientific

instruments and the publications of the numerous

naturalists who enriched the museum’s patrimony

with their collections.

Punta di lancia;

strumento a corda.

Collezione Miani.

Spearhead;

stringed instrument.

Miani collection.

museo di storia naturale

69


70

Airone cenerino, collezione Perale.

Collezioni entomologiche.

Pale grey heron, Perale collection.

Entomological collections.

Le strategie della vita, ovvero forma e funzione

negli esseri viventi

La sezione propone un approccio innovativo

alla comprensione delle relazioni tra forma

e funzione negli esseri viventi e illustra le

analogie nelle soluzioni di problemi adottate

da organismi diversi in ambienti diversi.

Originale di questa sezione è uno spazio, che

si ripete in più sale, identificato dal titolo

“l’uomo copia” in cui vengono descritte

soluzioni adottate dall’uomo “copiando” le

strategie della natura.

1 Forme e Funzioni: questa sottosezione

funge da introduzione sia al metodo con cui

osservare le forme della natura alla ricerca

di relazioni di tipo funzionale, sia ai temi

oggetto delle altre sottosezioni. All’interno

di tale complessità vengono individuati i

due argomenti che saranno trattati nelle sale

seguenti: il movimento e la nutrizione.

2 Il Movimento: alla domanda “perché gli

animali si muovono?”, le risposte possono

essere: per nutrirsi, per difendersi, per

riprodursi. Questa sotto-sezione inizia con gli

animali che hanno scelto il “non movimento”.

Nella sala successiva l’attenzione si sposta sugli

organismi e sugli adattamenti a muoversi in

due dimensioni, ossia poggiando sul terreno,

sia in terra che nei fondali marini. Nelle ultime

due sale si affronta il tema del movimento in

tre dimensioni comprendendo la sospensione,

ma in mezzi differenti.

3 La Nutrizione: per vivere, muoversi e

compiere qualsiasi azione occorre energia, il

rifornimento di energia si chiama nutrizione.

E’ questo il tema dell’ultima sottosezione, che

pone l’attenzione sulle forme degli animali e

i loro particolari adattamenti, in questo caso

relativi alla dieta. L’allestimento richiama

una catena alimentare formata da tre anelli:

autotrofi, erbivori e carnivori, a cui sono

affiancati due spazi autonomi. Uno è dedicato

alle forme dei “generalisti” (organismi

specializzati a mangiare più categorie

alimentari) e degli “specialisti” (organismi

che si nutrono di un solo alimento); l’altro,

privo di reperti, tratta il tema della nutrizione

come relazione tra organismi all’interno di un

ecosistema in cui fluiscono energia e materia.


Strategies of Life or, Form and Function in Living

Beings

The section offers an innovative approach to

understanding the relationship between form

and function in living beings: this relationship is

illustrated through an examination of the problemsolving

strategies adopted by different organisms in

diverse environments. One of the original features of

the section, which is present in many of the rooms is

an area entitled “Man - the Copycat” describing the

solutions man has adopted by “copying” nature’s own

strategies.

1 Form and Function: this subsection acts as an

introduction to both the method with which to

observe forms in nature in order to discover functional

relationships, and the themes treated in the other

subsections. Of the many complex issues involved in

such studies, two themes were chosen to be explored in

the sections which follow: movement and nutrition.

2 Movement: answers to the question ”Why do animals

move?” could include “To find food to eat, to defend

themselves and to reproduce”. This subsection starts

off with animals who have chosen “non-movement”.

In the following room the focus moves to organisms

who move in two dimensions and the adaptations this

kind of environment requires, settling on the ground

on both land and sea beds. The final two rooms

examine the theme of movement in three dimensions,

and includes suspension in different mediums.

3 Nutrition: energy is needed to live, to move and

to carry out any activity or action. Stocking up on

energy is called nutrition. This is the theme of the last

subsection, which focuses on the form and shape of

animals and the individual adaptations they possess,

in this case relating to diet. The display recalls a food

chain consisting of three links; autotrophs, herbivores

and carnivores. Next to these are two more displays.

One is dedicated to the “generalist” forms, referring

to organisms who eat more than one food category,

and the “specialists”, organisms which feed on only

one food category. The other explores the theme of

nutrition as the relationship between organisms inside

an eco-system where matter and energy flow.

Limulo.

Gruccione, collezione Gaini.

Horseshoe crab.

Bee-eater, Gaini collection.

museo di storia naturale

71


72

Render dell’allestimento della nuova Sala

de Reali.

Render dell’allestimento della nuova Sala

Miani.

Rendering of the lay-out of the new de

Reali room.

Rendering of the lay-out of the new Miani

room.

Il nuovo museo

Il nuovo progetto di allestimento del museo

prevede soluzioni innovative, nell’approccio

museologico, nei contenuti, e nell’impianto

museografico.

La vastità e la ricchezza delle raccolte da

un lato, la loro spiccata connotazione

collezionistica dall’altro e l’importante eredità

storica dell’istituzione, costituiscono i vincoli

e le opportunità da cui scaturiscono le linee

guida del progetto:

- valorizzare i reperti individuando temi e

percorsi capaci di sottolinearne le ampie

potenzialità didattiche;

- mediare la complessità dei contenuti attraverso

una comunicazione articolata e attiva a più

livelli, primo tra tutti quello esperenziale;

- salvaguardare e recuperare il valore del

sedimento storico delle collezioni, almeno per

exempla.

Il continuo intreccio tra questi elementi ha

condotto a un’elaborazione in cui percorsi,

temi, scelte d’allestimento e di comunicazione

concorrono a coinvolgere il visitatore e a

stimolarne l’attenzione, giacchè l’obiettivo

metodologico di fondo consiste nel favorire

l’attitudine critica a comprendere per

deduzione le strutture basilari del metodo

scientifico. Il problema della differenza

tra utenti per età, cultura, interessi viene

affrontato e risolto grazie al mantenimento

costante e compresente di diversi livelli di

comunicazione, il primo dei quali fondato

sull’esperienza sensoriale. Altri strumenti, su

supporti diversi consentono invece livelli di

approfondimento maggiori.

L’impianto museografico

L’area espositiva si sviluppa complessivamente

su tre livelli, piano terra, piano ammezzato e

primo piano, grazie al recupero di ampi spazi, a

partire dal porticato al piano terra, valorizzato

come area polifunzionale, adatta anche a

ospitare mostre temporanee, eventi e incontri.

Rilevante inoltre il recupero del giardino, che

diventa il principale accesso al museo, dotato

di servizi d’accoglienza e di ristoro, costituisce

un importante valore aggiunto per l’intera area

urbana circostante.


The new museum

The newly designed exhibitions provide innovative

solutions in relation to their content, the museological

approach applied, and the museographic design.

The vast size and rich variety of the museum’s

collections and their remarkable importance in

relation to the history of collecting, together with the

notable historical heritage of the institution itself,

represent both the limits and the opportunities which

gave rise to the guidelines set out for the project:

- to fully exploit the individual artefacts and finds

through the identification of various themes and

museum trails which would highlight their extensive

educational potential.

- to render the complexity of the contents more

accessible to visitors by adopting a well structured,

multi-layered communicative method of presenting

the exhibits, first and foremost focusing on a handson,

experiential approach.

- to restore and safeguard the value of the historical

background of the collection.

The continual interweaving of the above elements led

to the creation of a project where the arrangement

of the exhibits and the manner in which they are

explained, together with the museum trails and

themes, all work together to actively involve visitors

and stimulate their attention: this follows on from

the underlying methodological objective which was

that of encouraging a critical approach which would

lead visitors to understand the basic framework

and principles of scientific method by process of

deduction.

The problem presented by the fact that visitors will

vary greatly in terms of age, educational background

and areas of interest is dealt with by continuously

presenting and communicating information at

different levels, the first level being based on sensory

experience. Further means of communication using

varying supports provide a more in-depth analysis of

the exhibits.

Render dell’allestimento della nuova Sala

de Reali.

Render dell’allestimento della

Wunderkammer.

Rendering of the lay-out of the new de

Reali room.

Rendering of the lay-out of the

Wunderkammer, or “Cabinet of Wonders”

room.

museo di storia naturale

73

Museological Plan

As a result of the restoration of extensive spaces within

the museum, the exhibition area now extends over three

levels - the ground floor, the mezzanine floor and the

first floor. These include the colonnade on the ground

floor, now used to its full advantage as a multipurpose

space suitable to house temporary exhibitions, events

and gatherings. Another important feature is that of

the museum’s garden, which has been fully restored

and now serves as the main entrance to the building.

Hosting a reception area and restaurant and bar

services , the gardens now constitute an important

added bonus for the entire urban area surrounding

the museum.



museo del vetro

glass museum

75


Silvio Fuso

Il Museo vetrario di Murano venne fondato

nel 1861, quando, superato il periodo più

oscuro che la storia del vetro muranese ricordi,

dopo la caduta della Repubblica di San Marco

(1797) e i lunghi anni di dominazioni straniere,

Antonio Colleoni (1811-1855), allora sindaco

dell’isola, e l’abate Vincenzo Zanetti (1824-

1883), cultore di arte vetraria, riuscirono a far

approvare, in seno alla deputazione comunale,

il progetto di istituire un archivio nel quale

potessero essere raccolte tutte le testimonianze

reperibili ai fini di illustrare la storia e la vita

dell’isola.

Ben presto sull’archivio ebbe il sopravvento

la parte museale, in virtù delle numerose

donazioni di vetri prodotti nell’isola nei secoli

trascorsi, e di vetri contemporanei, da parte dei

titolari delle fornaci che, nella seconda metà

dell’Ottocento, ricominciarono a lavorare con

intenso impegno.

Vincenzo Zanetti, nel 1862, istituì anche una

scuola, annessa al Museo, che nei giorni festivi

i vetrai frequentavano studiandovi, oltre che


Indirizzo / address: Fondamenta Giustinian 8,

30121 Murano, Venezia

tel. e fax ++39041 739586

web site: www.museiciviciveneziani.it

Orari: dal 1 novembre al 31 marzo 10-16. Dal 1

aprile al 31 ottobre 10-17.

La biglietteria chiude un’ora prima.

Chiusura: mercoledì, 1 gennaio, 1 maggio e 25

dicembre / Opening times: from November 1st to

March 31st 10a.m.-4p.m. From April 1st to October

31st 10a.m.-5p.m. The ticket office closes an hour

before. Closed: Wednesday, January 1st, May 1st

and December 25th.

Percorso di visita: Collezione archeologica, Il vetro

nel Quattrocento, Il vetro nel Cinquecento, Il

vetro nel Seicento, Il vetro nel Settecento, Il vetro

nell’Ottocento, Il vetro nel Novecento / Exhibitions:

Archaeological collection, 15th century glass, 16th

century glass, 17th century glass, 18th century

glass, 19th century glass, 20th century glass.

Rete di riferimento / reference network:

Musei Civici Veneziani

museo del vetro

The Glass Museum of Murano was founded

in 1861 when the darkest period in the history of

Murano glassmaking had been overcome, following

the fall of the Republic of San Marco (1797) and the

subsequent years of foreign rule.

Antonio Colleoni (1811-1855), who was then

mayor of the island, and Abbot Vincenzo Zanetti

(1824-1883), an enthusiast regarding the art of

glassmaking, were able to get the Town Council to

approve the idea of setting up archives consisting of

any available information in order to map out the

history and life of the island.

The museum expanded faster than the archives due to

the fact that a large number of glass pieces made on

the island over the centuries, as well as contemporary

objects, were donated by the owners of the glass factories

which had started working again with renewed vigour

in the second half of the 19th century.

In 1862 Vincenzo Zanetti also started up a school

which was annexed to the museum and attended by the

glassworkers on their days off. They studied design as

well as past examples of blown glass conserved there.

Following the fusion of Murano with the Venice

Municipality in 1923, the Glass Museum became

Pagina precedente: la sede del Museo del

vetro a Murano. Foto © F. Calzolaio.

In questa pagina: l’ingresso del museo e

vista del book shop interno al museo.

Foto © F. Calzolaio.

Previous page: the Glass Museum of

Murano.

This page: the entrance to the museum

and the museum bookshop.

77


78

La cattedrale di Murano vista dal

giardino;

una scultura di vetro nella corte interna.

Foto © F. Calzolaio.

View of the Murano cathedral from the

garden;

a glass sculpture in the inner courtyard.

disegno, anche i modelli dei vetri soffiati nel

passato e ivi conservati.

Dopo l’annessione di Murano al Comune di

Venezia, nel 1923, il Museo Vetrario passò

a far parte dei Musei Civici Veneziani; le

sue collezioni furono infatti soggette a un

riordinamento curato, nel 1932 sulla base di più

moderni criteri espositivi, da Giulio Lorenzetti

e da Nino Barbantini e furono accresciute

dall’aggiunta dei vetri delle collezioni Correr,

Cicogna e Molin, che annoverano, tra l’altro, i

più bei pezzi rinascimentali del Museo.

In seguito i depositi della Soprintendenza

archeologica permisero di istituire la sezione

archeologica, della quale gli elementi di

maggior prestigio sono i vetri provenienti dalla

necropoli di Enona (Zara).

Anche oggi le collezioni del Museo, oltre che

per mezzo di acquisti, vengono incrementate

da donazioni da parte delle fornaci dell’isola,

che vanno ad arricchire soprattutto la raccolta

contemporanea.

Le collezioni esposte al primo piano del

Museo sono ordinate cronologicamente: oltre

alla sezione archeologica (piano terra), che

comprende notevoli reperti romani tra il I

e il III secolo dopo Cristo, vi si trova la più

vasta rassegna storica del vetro muranese con

importanti pezzi prodotti tra il Quattrocento e

il Novecento, tra cui capolavori di rinomanza

mondiale.


Progetto della sistemazione del

giardino del museo finanziato dalla

Fondazione Margherita Ripamonti.

Disegno © arch. G. Camporini

Plastico della prima versione del nuovo

sistema di risalita alle Conterie del

Museo del Vetro.

Progetto © arch. Paolo Fabris

Project for the redesign of the museum

gardens financed by the Margherita

Ripamonti Foundation.

Model of the first version of the stairs

leading to the Conterie of the Glass

Museum.

museo del vetro

79

part of the Venetian Civic Museums.

In 1932 its collections were put in order under the

guidance of Giulio Lorenzetti and Nino Barbantini,

who adopted more modern criteria regarding display

techniques.

The museum’s collection was further expanded by the

addition of the Correr, Cicogna and Molin Collections

which include, among other things, the most beautiful

Renaissance pieces in the museum.

The Department for the Preservation of Archeological

Heritage was responsible for setting up the archeological

section whose most outstanding exhibits come from

the necropolises of Enona (Zara).

With the exception of occasional purchases, even

today the museum's collection grows due to donations

made by the island’s glassworks. These enrich the

contemporary collection above all.

The collections are laid out chronologically on the first

floor of the museum. Starting from an archaeological

section(ground floor), which contains noteworthy

Roman works dating from the 1st-3rd centuries AD,

it then progresses to the largest historical collection of

Murano glass in the world, with pieces dating from

the fifteenth to the twentieth centuries, many of them

world-famous masterpieces.


80

Coppa Barovier, decorata a smalti

policromi, sec. XV;

coppa con stemma decorata a smalti

policromi, sec. XV XVI. Foto © Archivio

Fotografico Museo Correr di Venezia

Barovier goblet, decorated with

polychrome enamels, 15th century;

goblet decorated with coat of arms in

polychrome enamels, 15th/16th century.

La Raccolta Archeologica

I vetri qui esposti vennero alla luce in massima

parte alla fine del secolo scorso, quando nella

necropoli di Jader (Zara) e di Aenona (Nona)

furono effettuate campagne di scavo con

proficui risultati: Zara, infatti, centro della

Dalmazia settentrionale, divenne, dopo la

fondazione di Aquileia (181 a. C.), un centro

di notevole importanza politica e culturale fin

dopo il IV secolo d. C.

Le necropoli dalle quali provengono i reperti

qui visibili risalgono per lo più al I-II sec. d. C.

quando era in uso il rito della cremazione, per

il quale i cadaveri venivano bruciati in appositi

ustrina (crematori) e le ceneri venivano

poi raccolte e conservate in urne, di diversi

materiali e fogge, tra cui olle in vetro.

Accanto al cinerario venivano deposte

suppellettili a formare il corredo tombale,

come dimostra il corredo funebre pressochè

completo, rinvenuto nella tomba IB di Aenona,

comprensivo delle suppellettili di terracotta.

Un corredo funebre, che non è stato possibile

invece ricostruire del tutto, proviene da un

rinvenimento effettuato a Salizzole (VR).

Il vetro nel Quattrocento

La prima produzione in vetro soffiato ebbe

carattere essenzialmente utilitaristico, come

risulta dalla documentazione dell’epoca (fonti

storiche e iconografiche), e di essa ben poco ci

è rimasto.

Nel Quattrocento, venuta meno la splendida

produzione islamica, Venezia assume il vetro

soffiato anche come mezzo di produzione

artistica. Appaiono, quindi, nella seconda metà

del XV secolo i primi vetri “cristallini” sui quali

i pittori su vetro tracciano, valendosi di smalti

colorati fusibili, scene di trionfi allegorici,

fiori, frutta, figure mitiche in cui confluiscono

motivi tratti dalle pitture e dalle incisioni.

La paternità di questo vetro, detto “cristallino”

perchè estremamente puro, viene assegnata al

famoso vetraio Angelo Barovier (1405-1460).

Il vetro di fondo di codesti prodotti muranesi

è dapprima generalmente trasparente e

colorato, ma sullo scorcio del XV secolo il

vetro “cristallino” viene fatto assai più sovente

trasparente e incolore: è il “cristallo” per


The Archaeological Collection

The glass in this section is mostly from the end of the

last century, from a very successful archaeological

dig of the necropolis of Zara and Aenona. In fact,

after the foundation of Aquileia (181 A.D.), Zara,

the center of Northern Dalmatia, became a center of

great political and cultural importance until after the

4th century A.D.

The necropoli from where these finds originate

primarily date back to the 1st to 2nd centuries A.D.

when cremation was customary. Ashes of the deceased,

together with personal effects were conserved in urns

made of diverse materials such as glass.

Other objects meant to make up the grave unit were

placed along side the cinerary urn as is shown in the

all but complete funerary unit found in IB’s tomb in

Aenona. Terracotta goods are included.

A funerary unit that was not possible to completely

construct however comes from a find that took place

in Salizzole (VR).

The Fifteenth Century

As testified by historic and iconographic sources dating

from this period, the first blown-glass vessels were

mainly for practical use. However, very few of these

items have survived to the present day.

In the fifteenth century, when the splendid islamic

glass production declined, Venice used blown glass as

a means of artistic expression. During the second half

of the 15th century, the first clear glass was produced

and this was decorated in coloured fusible enamels by

painters.

The invention of this glass, called “cristallino” due to

its transparency, was attributed to the famous glassblower,

Angelo Barovier (1405-1460).

At first, the type of glass used for these Murano pieces

was usually clear and coloured but, towards the end

of the 15th century, cristallino glass was much more

transparent and colourless, perfect “cristallo” which

was very similar to rock crystal.

This type of production also continued during the first

twenty-five years of the 16th century which affrmed

the triumph of transparent and colourless glass

decorated using new techniques.

Coppa in vetro azzurro soffiata a mezza

stampatura, sec. XVI;

piatto Barbarigo: decorazione a smalti

policromi, sec. XV. Foto © Archivio

Fotografico Museo Correr di Venezia

Goblet of half moulded blue glass, 16th

century;

Barbarigo plate, decorated with

polychrome glazes, 15th century.

museo del vetro

81

The Sixteenth Century

In this century, Murano glassmakers favoured the

production of transparent colourless glass which was

then decorated using various techniques.

An alternative to transparent glass was opaque-white

glass (or “lattimo”) sometimes enameled, but more

frequently long thin canes of it were incorporated in

to the transparent glass in different ways.

This brought about the creation of filigree glass, one

of the most unusual types of glass to be produced by

Murano Renaissance glassmakers.


eccellenza, molto simile al cristallo di rocca.

Questa produzione continua anche nel primo

quarto del XVI secolo, nel corso del quale si

assiste al trionfo del vetro puro e trasparente su

cui si opererà con nuove tecniche decorative.

82

Calice a coppa inciso a punta di

diamante, sec. XVI;

coppa in vetro a ghiaccio, sec. XVI.

Foto © Archivio Fotografico Museo Correr

di Venezia

Globet engrave “a punta di diamante”,

16th century;

cup “a ghiaccio”, 16th century.

Il vetro nel Cinquecento

In questo secolo i vetrai muranesi prediligono il

vetro puro e trasparente sul quale intervengono

con differenti tecniche decorative.

Un’alternativa al vetro bianco trasparente è

data dal vetro bianco opaco o “lattimo”, che

talvolta è decorato da smalti a caldo ma più

spesso viene impiegato in forma di lunghe e

sottili canne incorporate in vario modo nel

vetro incolore, dando luogo ai vetri filigranati,

uno dei più originali tessuti vitrei dei vetrai

muranesi rinascimentali.

Un altro tipo di decorazione usata dalla metà

del Cinquecento in poi è l’incisione a punta

di diamante o a pietra focaia, tale da graffiare

appena la superficie secondo un disegno

precedentemente tracciato. Altra sorta di vetro

tipico del Cinquecento è il cosidetto vetro

“ghiaccio”, caratterizzato da una superficie

esterna rugosa e apparentemente screpolata, e

quindi traslucida ma non trasparente, simile a

quella del ghiaccio.

Il ritorno alla decorazione pittorica è connotato

dalla stesura, a freddo, del colore applicato sul

rovescio degli oggetti in modo da sfruttare la

trasparenza del vetro.

Verso la fine del secolo compaiono anche i

vetri decorati “a penne”, ottenuti con la tecnica

dell’avvolgimento di fili di lattimo “pettinati”

a festoni con uno speciale utensile.

Nella seconda metà del Cinquecento la forma

dei prodotti muranesi tende ad abbandonare

la precedente semplicità e funzionalità,

ricercando una più complessa articolazione

con l’aggiunta di elementi plastici ottenuti in

vario modo con la lavorazione a pinza, il cui

uso si accentuerà nel secolo successivo.

Il vetro nel Seicento

Il Seicento non segna innovazioni tecniche

particolari nell’arte del vetro, ma, dal punto

di vista della forma, è il secolo tipico dei vetri

detti à la façon de Venise prodotti all’estero, a


Another type of decoration was flint or diamondpoint

engraving just scratching the surface, following

a previously applied design. Another typical kind

of 16th century glass was the so-called “ice-glass”,

characterised by a cracked rough-looking surface,

translucent but not transparent, giving the glass a

frosted appearance.

The return of painted decoration was characterised by

the application of paint “a freddo” on the reverse side

of the glass, thus explioting its transparency.

Towards the end of the century vases decorated with

the “penne” technique also appeared. This decoration

was obtained using strings of “lattimo” glass “combed”

on in a scalloped design with a special instrument.

During the second half of the 16th century, Murano

products tended to abandon the previous simple and

practical features, aiming towards more complex

compositions, adding more fanciful elements by

working with pincers which were used even more in

the following century.

The Seventeenth Century

The 17th century did not present any particular

technical innovations regarding glassmaking, but

from the point of view of design it was the century

that was typical for glass called “à la façon de Venise”,

produced abroad and imitating Venetian glass. It

was made either by local glassblowers or, much more

frequently, by emigrant Murano glassmakers.

In order to satisfy local taste, they accentuated

those fanciful decorative motifs, with coloured glass

techniques which had begun to appear in the previous

century on a more subdued level.

The 17th century also marked the exodus of Murano

Calice ad alette, sec. XVI XVII;

lampada ad olio a forma di cavallo,

sec. XVI XVII. Foto © Archivio Fotografico

Museo Correr di Venezia

Winged Goblet, 16th/17th century;

horse shaped oil lamp, 16th/17th

century.

museo del vetro

83


84

Bottiglia da acqua Cantir catalana,

sec. XVII;

catino dipinto a freddo, sec. XVI.

Foto © Archivio Fotografico Museo Correr

di Venezia

Cantir Catalan water bottle, 17th century;

cold painted bowl, 16th century.

imitazione dei vetri veneziani, da maestranze

locali o, assai più spesso, da lavoranti muranesi

espatriati.

Costoro per compiacere il gusto locale

accentuarono quei motivi decorativi plastici

anche in vetro colorato che già erano,

seppure sommessamente, comparsi nel secolo

precedente.

Il Seicento fu il secolo della grande diaspora

dei maestri muranesi, la cui presenza è

documentata ad Anversa, a Liegi, a Bruxelles,

ad Amsterdam, a Stoccolma, a Copenhagen,

a Berlino, a Monaco, a Colonia, a Londra e

a Parigi, città in cui erano stati spinti più

dalla miseria provocata dalla troppo rigida

applicazione di alcune leggi della Repubblica

che dall’attrattiva di più lauti guadagni.

Nell’ultimo quarto di questo secolo si avvertono

i primi segni di decadenza dell’arte del vetro,

benchè non manchino artisti valentissimi.

Infatti sui mercati si andava progressivamente

affermando il vetro boemo, alla cui

fabbricazione erano pervenuti i vetrai della

Boemia negli anni ‘70-’80. Questo vetro, più

terso e pesante di quello veneziano, meglio

si prestava all’intaglio e all’incisione anche

profonda, non più a diamante ma a rotella.

Negli ultimi anni del secolo a Venezia si

cominciò, infatti, a imitare le incisioni a rotella

dei vetri boemi. Ciò nonostante il Seicento resta

nella storia il secolo in cui il vetro veneziano

raggiunse il punto più alto della sua fama.

Il vetro nel Settecento

Il merito di aver compiuto il primo passo

per tentare di uscire dalla crisi va attibuito

al muranese Giuseppe Briati il quale riuscì

a dare avvio ad una produzione di vetri che

avessero una composizione chimica analoga a

quella dei vetri boemi, al fine di stroncarne la

concorrenza, senza tuttavia ridurre le proprie

opere a mera imitazione.

Un genere che nel Settecento acquista ampia

fortuna è il “lattimo”, vetro bianco opaco

imitante la porcellana.

A Murano esso trovò grande impulso ad

opera soprattutto della famiglia Miotti, la

cui produzione decorata a smalti è talora

marcata o firmata; e dei fratelli Bertolini che


glassmakers, whose presence was recorded in Antwerp,

Liege, Brussels, Amsterdam, Stockholm, Copenhagen,

Berlin, Munich, Cologne, London and Paris. They

were forced to go to these cities because of the poverty

caused by the implementation of some strict Republic

laws rather than to seek higher wages.

During the last 25 years of this century the first

signs of a decline in the art of glass-making became

evident even though there were many highly skilled

glassblowers.

In fact, Bohemian glass was gradually becoming

more and more popular on the market. Bohemian

glassmakers began producing it in the 70’s and 80’s.

In the closing years of the century, Venice began to

imitate wheel-engraving on Bohemian glass. Despite

this, the seventeenth century was the period when

Venetian glass reached the peak of its fame.

The Eighteenth Century

The first person to take the initiative to solve this

crisis was Giuseppe Briati from Murano who, in

spite of protests from his fellow-citizens, managed to

begin producing glass which had the same chemical

composition as the Bohemian type. He did this in

order to eliminate the competition without, however,

reducing his own work to mere imitation.

This was not the case regarding those pieces no longer

diamond-engraved but wheel engraved instead.

The Miotti family in particular concentrated on this

field, decorating their products with enamels which

were sometimes signed or had a trademark.The

Bertolii brothers received the exclusive right from the

Republic to decorate their products with gold.

In this century numerous types of glass imitations of

variegated hard-stones were made in Murano, such

as Chalcedony glass, used since the Renaissance, and

“avventurina” glass which first appeard in the mid-

17th century.

The ancient 15th and 16th century technique of

blown glass decorated with polychrome enamelling

was also not forgotten, especially by Osvaldo Brussa

and his son Angelo who decorated bottles and glasses

with flowers, fruit, animals, biblical and secular

scenes during the second half of the 18th century up

to the first years of 19th century.

Cista in vetro a reticello, sec. XVI;

piastra in vetro lattimo dipinta a smalti

policromi, Paesaggio di campagna,

sec. XVIII. Foto © Archivio Fotografico

Museo Correr di Venezia

Cist in vetro a reticello (glass network

embedded in the crystal glass), 16th

century;

opaque white glass plate painted with

polychrome enamels, Paesaggio di

campagna, 18th century.

museo del vetro

85

The Nineteenth Century

The manufacturers of common glass found it hard to

keep up the pace with competition from Bohemia,

Styria and Carinzia, whose products flooded the

Venetian market after 1815.

During the second half of the century, the art of

glassmaking was gradually revived when the Toso

brothers opened a factory and Antonio Salviati

established his workshop in 1859.

The latter also collaborated with Abate Zanetti


nel 1739 avevano ottenuto dalla Repubblica il

“privilegio”, o esclusiva, di decorarlo con oro.

In questo secolo si producono a Murano

anche numerosi tipi di vetri mimetici

quali il “calcedonio”, in uso fin da epoca

rinascimentale, e l’“avventurina”, apparsa fin

dalla metà del XVII secolo.

Non viene dimenticata neppure l’antica

tecnica quattro e cinquecentesca dei vetri

soffiati decorati a smalti policromi a caldo; la

applicano, soprattutto nella seconda metà del

secolo, Osvaldo Brussa e suo figlio Angelo,

servendosi di una vasta gamma di soggetti:

fiori, frutta, animali, scene sacre e profane con

i quali si arriva ai primi anni dell’Ottocento.

86

Centro-Alzata composta da quattro piani

in vetro incolore, sec. XVIII;

bicchiere decorato a smalti policromi,

Adorazione dei Pastori;

candeliere in vetro rosso rubino a mezza

filigrana. Foto © Archivio Fotografico

Museo Correr di Venezia

Cakestand composed of four tiers in

transparent glass, 18th century;

glass painted with polychrome glazes, the

Adoration of the Shepherds;

candlestick in ruby red half-filigree glass.

Il vetro nell’Ottocento

Le fornaci di vetro comune non hanno vita

facile per la concorrenza delle vetrerie di

Boemia, Stiria e Carinzia, i cui prodotti, dopo

il 1815, inondano i nostri mercati.

I primi segni di rinascita dell’artigianato

muranese si avvertono, dopo la metà del secolo,

quando viene fondata la fabbrica Fratelli Toso

e, nel 1859, il laboratorio di Antonio Salviati.

Costui collabora attivamente con l’abate

Zanetti alla fondazione di un archivio, con

annessa scuola di disegno per vetrai, nel quale

si raccolgono tutti i documenti reperibili sulla

storia del vetro di Murano. Esso diverrà ben

presto il Museo Vetrario.

Alla fine della guerra del 1866, con l’unione

del Veneto all’Italia, la situazione politica ed

economica diviene favorevole alla rinascita

dell’attività muranese.

L’attenzione degli artigiani muranesi viene

attratta anche dai vetri paleocristiani a foglia

d’oro, che vengono abilmente imitati ed esposti

all’Esposizione Universale di Parigi del 1878,

e dai vetri smaltati per i quali la coppa detta

“Barovier”, tutt’oggi conservata al Museo,

costituisce il modello principale.

Nell’ambito della tecnica volta a riprodurre

nella forma e nell’effetto ceramiche di scavo

vanno ricordati i vetri “Corinti” in paste

opache screziate, su fondo scuro, in oro,

argento o verde; i “Fenici” ad imitazione dei

vetri a nucleo friabile preromani e, infine, i

vasi vitrei a “cammeo”.


who founded the archives annexed to a school for

glassmaking design. All available documents relative

to the history of Murano glass were kept here. Very

soon the archives became the Glass Museum.

After the war in 1866 when the Veneto was united

with Italy, the political and economic situation

favoured the revival of the Murano glass industry.

Murano craftsmen were also attracted by early

Christian gold-leaf glass which was skilfully copied

and exhibited at the Universal Exposition in Paris

in 1878.

They were also inspired by enamelled glass and their

principal model was the “Barovier Cup”, still housed

in the museum today.

"Corinto" glass along with "Fenici" glass should be

mentioned when considering techniques used to copy

the shape and appearance of ancient glass: "Corinto",

being cracked gold silver or green opaque paste on a

dark background. "Fenici" reproduces pre-Roman glass

produced by the “Comapgnia di Venezia e Murano”,

“Salviati”and the “Fratelli Toso”. Finally “Cameo”

glass vases represent another of these techniques.

Coinciding with the First Bienale of Venice in

1895, the unique Barovier Artists made very light

glasses with spiral stems, obviously in the spirit of Art

Nouveau.

museo del vetro

The Twentieth Century

At the beginning of the 20th century, glassmaking in

Murano continued along traditional lines.

Innovation was unanimously heralded with two very

light glass bowls decorated by Vittorio Toso Borella

with herons and water flowers in clear enamels, dated

about 1909. After work had been suspended because

of the First World War, the factories began production

again in a highly rational way, working towards

simple, essential and functional features.

Immediately after the war, collaboration between

artists and glass factories became frequent. The

splendid variations in glass by Carlo Scarpa for Venini

date from the end of the Thirties.

In the immediate post-war period, Murano glassworks

began working again with renewed enthusiasm aimed

mostly at studying colour effects in glass. Archimede

Seguso turned his attention to traditional and ancient

glassmaking techniques and, beginning in the Fifties,

he made numerous refined and complex pieces in

filigree glass.

Along side a glass production that even saw furnaces

exclusively dedicated to the production of tableware,

today, in Murano there is a marked interest in the

development of glass as an expression of pure art.

Bottiglia in vetro calcedonio, sec. XIX;

sotto: Toso Borella, 1909 circa.

Foto © Archivio Fotografico Museo Correr

di Venezia

Bottle in “calcedonio” glass, (a vitreous

paste in imitation of zoned agate) 19th

century;

below: Toso Borella, 1909.

87


Verso gli anni Novanta stava finendo in

tutta Europa l’epoca dei revivals e nascevano

movimenti innovatori che propugnavano

l’abbandono dei modelli storici mentre Murano

continuava a produrre tipi ottocenteschi.

Solo gli Artisti Barovier avevano realizzato nel

1895, in concomitanza con la Prima Biennale

di Venezia, calici leggerissimi con gambo a

spirale di evidente spirito Art Nouveau.

88

Zecchin, Salir, 1934. Vaso con

decorazione incisa;

Bianconi, Venini, Venini&C metà sec. XX.

Foto © Archivio Fotografico Museo Correr

di Venezia

Zecchin, Salir, 1934. Vase with engraved

design;

Bianconi, Venini, Venini&C, mid 20th

century.

Il vetro nel Novecento

Il XX secolo si apre a Murano in linea con

la tradizione; nell’isola della laguna sono le

tecniche sperimentate da secoli a dar forma a

vetri di stile più moderno.

Un carattere innovatore fu unanimemente

riconosciuto alle due ciotole in vetro

leggerissimo decorate con aironi e fiori

acquatici a smalti trasparenti, databili intorno

al 1909. Dopo la stasi causata dagli eventi della

Prima Guerra Mondiale, le fornaci ripresero

la loro attività, facendo proprie le indicazioni

del razionalismo che propugnava caratteri di

semplicità, di essenzialità e di funzionalità.

Negli anni dell’immediato dopoguerra a

Murano divenne frequente la collaborazione

degli artisti con le fornaci.

Nel corso del quarto decennio del secolo viene

accolto, a Murano, come parte integrante della

tradizione dell’isola, anche il vetro di grosso

spessore, mentre alla fine degli anni Trenta

datano gli splendidi tessuti vitrei che Carlo

Scarpa crea per Venini.

Nell’immediato dopoguerra, passato il periodo

di stasi forzata, le fornaci muranesi riprendono

con rinnovato vigore la loro attività, puntando

soprattutto sullo studio degli effetti cromatici

del vetro facendo ricorso a coloranti metallici.

A tecniche tradizionali e antiche quanto l’arte

del vetro ha rivolto la sua attenzione Archimede

Seguso, che a partire dagli anni Cinquanta ha

realizzato con la filigrana numerosi tessuti

raffinati e complessi.

Accanto ad una produzione che ha visto

fiorire anche fornaci dedite esclusivamente

alla produzione di vetri da tavola, a Murano,

oggi, è di grande interesse lo sviluppo del vetro

quale espressione d’arte pura.


museo provinciale di torcello

provincial museum of torcello

89


Gloria Vidali

Il Museo Provinciale di Torcello è presente

in un contesto storico e artistico di notevole

rilievo, in un’isola che fin dall’epoca tardo

romana vide una forte espansione abitativa

dovuta soprattutto alle spinte provenienti

dall’entroterra e in particolare da Altino.

Il Museo fu fondato nel 1870 dal conte Luigi

Torelli che acquistò il Palazzo del Consiglio,

lo restaurò e diede il via a una raccolta

di reperti romani, bizantini e medievali

rinvenuti in isola, donando poi alla Provincia

di Venezia sia il palazzo, sia la collezione.

Un altro studioso e appassionato, il cav. Cesare

Augusto Levi, svolse un ruolo importante per

la nascita del museo acquistando e restaurando

il Palazzo dell’Archivio in cui ordinò le proprie

raccolte archeologiche e artistiche facendone

anch’egli in seguito dono alla Provincia.

Prendendo il via da un’opera di recupero

degli edifici storici dell’isola, la fondazione

del museo si configurò quindi come

un’importante azione di “risveglio” alla vita di

un’isola fortemente degradata.


Indirizzo / address: Museo Provinciale di Torcello,

Piazza Torcello, 30012 Torcello Venezia

tel. 041 730761, fax 041 2501819

e-mail: museo.torcello@provincia.venezia.it

web site: www.provincia.venezia.it/museotorcello

Orari: dal 1 marzo al 31 ottobre: 10.30-17.30,

dal 1 novembre al 28 febbraio: 10.00-17.00.

Chiusura: lunedì e le festività nazionali, 21 novembre.

Aperto il 15 agosto. Ingresso gratuito per le

scolaresche accompagnate dal docente / Opening

times: from March 1st to October 31st: 10.30a.m.-

5.30p.m., from November 1st to February 28th:

10.00a.m.-5p.m. Closed: Mondays and public

holidays, November 21st. Opened August 15th.

Free admission for students accompanied by a

teacher.

Sezioni: Sezione Archeologica, Sezione Medioevale

e Moderna / Sections: Archaeological Section,

Medieval and Modern Section.

Nicola Funari: Assessore alla Cultura e

al Patrimonio Culturale Museale;

Gloria Vidali: Dirigente Settore Cultura e

Patrimonio Culturale Museale;

Cecilia Casaril: Coordinatore Amministrativo;

Elena Culos: Collaboratore;

C. Rossi e M. Zamengo: Servizi Amministrativi;

B. Costantini, D. Tagliapietra, A. Verago:

Collaboratori Servizi Ausiliari

Rete di riferimento / reference network:

SBMP Sistema Bibliotecario Museale Provinciale

museo provinciale di torcello

The Provincial Museum of Torcello is located in a

setting of notable artistic and historical importance,

on an island which flourished from the late Roman

period onwards and grew for many centuries. This

growth was primarily due to mass migration from the

mainland, chiefly from the Roman town of Altinum.

The museum was founded in 1870 by Count Luigi

Torelli, who purchased the Palazzo del Consiglio and

had it fully restored to host a collection of Roman,

Byzantine and Medieval artefacts uncovered on the

island. Torelli subsequently donated the building and

the collection to the Province of Venice.

Another scholar and passionate collector of antiquities,

Cesare Augusto Levi, also played an important role

in the development of the museum. Levi bought the

Palazzo dell’Archivio and, following its restoration,

used it to house his own collection of antiquities

and art. He also donated both the building and his

collection to the Province.

The birth of the museum breathed new life into an

island which had fallen into decline, as it resulted in the

restoration of two of the island’s historical buildings.

Pagina precedente: l’isola di Torcello.

Foto © M. Fletzer

In questa pagina: Palazzo del Consiglio,

sede della Sezione Medievale e Moderna;

Palazzo dell’Archivio, sede della Sezione

Archeologica. Foto © M. Fletzer

Previous page: the island of Torcello.

This page: Palazzo del Consiglio which

houses the Medieval and Modern

Sections; Palazzo dell’Archivio, which

houses the Archaeological Section.

91


92

Il giardino del museo con alcuni reperti

marmorei. Foto © M. E. Smith

Ceramica graffita rinascimentale XVI

secolo.

The garden of the museum , marble

remains.

Renaissance graffito pottery, 16th

century.

Questo particolare aspetto del Museo di

Torcello come attore di un processo di

valorizzazione di un tessuto urbano e sociale

disgregato si rivela ancora attuale ed è un

elemento di forza e caratterizzazione della

mission del museo provinciale.

Il particolare contesto dell’isola e la sua

sostanziale esclusione dai tipici processi di

modificazione accelerata del territorio e delle

strutture urbane ed abitative del periodo

industriale e postindustriale, conferisce all’isola

una particolare “aura”, una capacità di indurre

emozioni estetiche forti e suggestioni inusuali

che costituiscono la specifica ed esclusiva

identità del luogo. L’isola e il museo riletti in

questa chiave possono rispondere all’aspettativa

del visitatore che è, sempre, quella di accedere

allo straordinario, quasi in modo privilegiato

e personale. Le collezioni conservate sono

composte da materiale eterogeneo: sono infatti

costituite da opere provenienti da collezioni

private, da reperti acquistati da studiosi

appassionati, come anche da manufatti

rinvenuti a Torcello, nelle isole adiacenti e nella

vicina terraferma che testimoniano la storia

della laguna. Le collezioni sono organizzate in

due nuclei principali: la raccolta archeologica e

la raccolta medievale e moderna. L’esposizione

dei manufatti e delle opere risulta ancora,

seppur con i dovuti ammodernamenti, quella

voluta dal direttore Adolfo Callegari che ha

provveduto all’allestimento crono-tipologico

delle collezioni negli anni ’30 del secolo

scorso. A far parte della raccolta archeologica,

conservata nella sede del palazzo dell’Archivio,

sono reperti che vanno dall’epoca preistorica al

periodo paleocristiano. La collezione medievale

e moderna conservata nel Palazzo del Consiglio

comprende opere e documenti, in gran parte

collegati alla storia di Torcello come centro

urbano, datati dal VI al XIX secolo.

I principali fruitori del Museo sono i turisti. Un

particolare interesse è dimostrato dalle scuole

che, prendendo spunto dalle opere custodite in

museo, approfondiscono lo studio della storia

di Venezia, dei primi insediamenti in laguna e

dello sviluppo nei gusti e nelle tecniche delle

diverse forme artistiche.


The museum’s role as a protagonist in providing a

new lease of life to the decaying urban and social

fabric of the island still applies today, an aspect which

constitutes one of the strengths and principal aims of

the provincial museum.

The island was essentially left untouched by the rapid

transformation which swept through the region and its

towns during the industrial and post-industrial era.

Its isolation from the relentless march of modernity,

together with its remote position, create a uniquely

evocative and suggestive atmosphere: situated in such

a context, the museum cannot fail but to live up to

the expectations of visitors looking for a special and

unique experience.

The museum houses a collection of works reflecting the

history of the Venetian lagoon from private collections,

archaeological finds and artefacts purchased by

collectors, as well as articles uncovered in Torcello,

the adjacent islands and the neighbouring mainland.

The collections are organised in two main sections:

the archaeological finds and the medieval and

modern exhibits. Aside from some revisions necessary

to update the exhibit, the works and artefacts remain

displayed according to the same arrangement adopted

by Adolfo Callegari, who organised the collection

in chronological-typological order when acting as

museum director in the 1930s.

The archaeological collection housed in the Palazzo

dell’Archivio contains artefacts from the prehistoric to

the Paleochristian periods.

The medieval and modern collection housed in the

Palazzo del Consiglio includes works and documents

dating from the sixth to the fourteenth centuries, largely

relating to the history of Torcello as an urban centre.

Tourists visiting Venice and its lagoon make up the

largest number of visitors to the provincial museum

of Torcello, while local schools have also shown great

interest in arranging visits to the museum, as the

collection provides an ideal starting point to study and

explore the history of Venice, its early lagoon settlements

and the stylistic and technical developments used in

various art forms of various historical periods.

Palazzo del Consiglio. Sezione Medevale e

Moderna. Foto © M. E. Smith

Palazzo dell’Archivio. Sala al primo piano.

Foto © M. Fletzer

Palazzo del Consiglio. Medeval and

Modern section.

Palazzo dell’Archivio. First floor room.

museo provinciale di torcello

93

The Archaeological Section

The Archaeological Section hosts artefacts from the

Palaeolithic to the Late Roman period. The tour begins

on the upper floor of the Palazzo dell’ Archivio with

an exhibition which includes Egyptian statuettes from

private collections representing a variety of divinities,

in addition to prehistoric pieces including stone tools,

carved deer horns, and bronze weaponry found in

the lagoon area and the province of Treviso. The

collection also features a rich and varied collection of

Mycenaean, Cypriot and Roman ceramics, allowing

visitors to observe and compare the different decorative

styles and production techniques used.


94

Riccio di pastorale, XIII secolo;

sotto: lucerne romane e ritratto

femminile, I secolo d.C.

Head of a Crosier, 13th century;

below: Roman lamps and female figure,

1st century A.D.

Sezione Archeologica

La Sezione Archeologica ospita reperti che

coprono un arco cronologico dal paleolitico

alla tarda romanità e la visita ha inizio al

piano superiore del Palazzo dell’Archivio.

L’esposizione comprende statuette egizie

che raffigurano varie divinità provenienti

da collezionismo e materiali preistorici, tra

cui industria litica, corna di cervo lavorate e

armi in bronzo ritrovate a Venezia, nell’area

lagunare e nel trevigiano. È inoltre presente

una ricca collezione di ceramica che va dai vasi

di fabbrica cipriota e micenea a quelli romani,

permettendo al visitatore di scoprire le varie

tipologie decorative e le differenti tecniche di

produzione.

Tra i bronzi protostorici vi è una significativa

campionatura della piccola plastica votiva a

figura umana e animale di produzione etrusca,

italica e paleoveneta utilizzata quale ex voto e

rinvenuta soprattutto dell’agro altinate, unita a

suppellettili da mensa di destinazione funeraria

e votiva collegate ai riti delle libagioni e del vino

e a oggetti di uso personale e ornamentale quali

fibule e specchi. Di età ellenistica e romana

sono le terracotte votive tra cui statuine, busti,

teste di divinità e di devoti, animali, antefisse

provenienti da santuari dell’Italia centrale e

meridionale di tradizione greca.

Di epoca romana sono le suppellettili da cucina

e da mensa per uso funerario, bicchieri e coppe

di area altoadriatica. Ben documentate sono

le diverse tipologie di lucerne in terracotta,

al tornio, a matrice, figurate con decorazione

religiosa, motivi vegetali, giochi circensi, temi

privati, e animali, e cinque ampolle di San

Menas del IV - VI sec. d. C. di produzione

africana che attestano la diffusione del culto

del santo nell’area altoadriatica. Alle pareti è la

collezione di scultura greca che presenta opere

di carattere eterogeneo, frutto del collezionismo

veneziano e copie o rielaborazioni romane di

originali greci, monumenti funerari e stele a

ritratti di produzione romana provenienti

dall’area altinate. Nella loggia del piano terra

sono conservate sculture, iscrizioni romane,

frammenti di trabeazioni e di cornici e alcuni

capitelli, ritrovati a Torcello dove potrebbero

forse essere stati trasportati dalla vicina Altino

per essere riutilizzati nella costruzione di edifici

medievali.


Among the protostoric bronze relics displayed are a

large number of ex-votos in the form of small statues

representing human figures and animals of Etruscan,

Italic and Paleovenetian origin uncovered in the Upper

Altino region. Also featured are eating and drinking

vessels used both in burial rites and Bacchanalian

celebrations worshipping the god of wine, as well as

items of personal and ornamental use such as pins

used as clothes fasteners and mirrors.

Items from the Hellenistic and Roman periods include

terracotta votives including statuettes, busts, and heads

portraying gods and sacred animals, in addition to

antefisse from temples of southern and central Italy

built in the Greek style.

The Roman antiquities displayed comprise kitchen

utensils and eating and drinking vessels used in

burial rites, as well as glasses and cups from the Upper

Adriatic region. The collection includes a well labelled

assortment of various types of terracotta oil lamps,

some manufactured using a potter’s wheel, others made

from casts, decorated with motifs which range from

religious themes to plants and flowers, circus scenes,

animals and scenes of domestic life. Also featured are

five ampules of African origin decorated with the

figure of San Menas, dating from the fourth to sixth

century A.D., which testify to the widespread worship

of the saint in the Upper Adriatic region. The walls

are hung with a series of Greek sculptures donated by

private Venetian collectors, including Roman replicas

of the original Greek works, in addition to burial

monuments and stelae portraits of Roman origin

found in the area around Altino.

The first-floor loggia contains additional sculptures

as well as Roman remains including inscriptions,

fragments of beams, cornices and capitals found on

Torcello, which may have been transported to the

island from the nearby Roman town of Altinum to be

reused in the construction of medieval buildings.

Acquasantiera, VI secolo;

sotto: cratere mesocorinzio a colonnette,

590 - 575 a.C.

Holy-water stoup, 6th century;

below: round crucible 590 - 575 a.C.

museo provinciale di torcello

95

The Medieval and Modern section

The Medieval and Modern section, housed in the

Palazzo del Consiglio, consists of works and documents

dating from the first to the eighteenth century A.D.

This broad range of exhibits provides an overview of

the history of Torcello and its ties with Altino and the

surrounding area, Byzantine culture and the city of

Venice.

The artefacts housed on the first floor consist largely of

lapidei dating from the Late Medieval period, a time

when the city of Torcello flourished .

At the centre of the room is a well built in the tenth

century using the stone from the base of a Roman

monument dating from the first century B.C. Beside

it lies an oval, Byzantine water font used for the

blessing of holy water on the feast of the Epiphany.

Three groups of mosaics occupy the walls. The first,


96

Compianto su Cristo morto, XVI secolo;

sotto: ceramica graffita rinascimentale,

XVI secolo.

Mourning the dead Christ , 16th century;

below: Renaissance graffito pottery, 16th

century.

Sezione Medioevale e Moderna

La Sezione Medievale e Moderna, ospitata

nel Palazzo del Consiglio, espone opere e

documenti, datati dai primi secoli dell’era

cristiana all’Ottocento, che consentono di

percorrere la storia dell’isola di Torcello e dei

suoi rapporti con l’area altinate, con la cultura

bizantina e con la città di Venezia.

Al piano terra sono esposti reperti, per lo più

lapidei, risalenti al periodo dell’alto medioevo,

epoca in cui Torcello ebbe la sua affermazione

come centro urbano. Al centro della sala è il

pozzo derivato dal basamento di un monumento

romano del I sec. d.C., rilavorato nel X sec.. Al

suo fianco un’acquasantiera ovoidale bizantina

usata per la sacra benedizione dell’acqua nel

giorno dell’Epifania. Alle pareti tre gruppi di

mosaici: il primo, del VI secolo, costituito

da due frammenti raffiguranti teste d’angelo

proviene dalla distrutta chiesa di San Michele

in Africisco di Ravenna; gli altri due gruppi,

del XII sec., provengono dalla Basilica di

Santa Maria Assunta in Torcello. I frammenti

raffiguranti teste di Cristo e di Profeti dal

Giudizio Universale e le teste d’angeli e di

Cristo imberbe dal timpano soprastante l’arco

trionfale. Dalla Basilica proviene anche il

paliotto d’altare in argento dorato della prima

metà del XIII sec., composto da 13 formelle

superstiti delle originali 42, raffiguranti la

Vergine in trono con il Bambino e santi.

La visita prosegue al piano superiore, dove si

riuniva il Consiglio costituito dai maggiorenti

dell’isola iscritti nell’Albo d’oro. Qui sono

custoditi principalmente dipinti e sculture

lignee oltre a ceramica e oggetti strettamente

legati alla storia religiosa e politica di Torcello

tra cui il riccio di pastorale in avorio proveniente

dalla tomba del Vescovo torcellano Bono Balbi,

del XIII secolo e la grande scultura lignea di

Santa Fosca, che costituiva il coperchio del

sarcofago in cui fu deposta.

Meritano particolare attenzione i cicli pittorici

provenienti dalla distrutta chiesa di S. Antonio

di Torcello e attribuiti alla bottega del Veronese.

Si tratta de l’Annunciazione e l’Adorazione dei

Magi che costituivano le portelle dell’organo,

dei cinque monocromi che decoravano il

poggio e dei quattro dipinti che raffigurano

alcuni episodi della storia di Santa Cristina.


which comes from the ruined church of San Michele

in Africisco of Ravenna, dates from the sixth century

and consists of two fragments portraying the head

of an angel. The other two groups, dating from the

twelfth century, originally came from the Basilica

di Santa Maria Assunta in Torcello. One fragment

shows the head of Christ and the Prophets of Universal

Judgement, while the other, once decorating the

tympanum over the triumphal arch of the Basilica,

portrays the heads of angels and a beardless Christ.

The front of the silver-gilt altar dating from the first

half of the thirteenth century, also from the Basilica,

was originally composed of fortytwo panels, thirteen

of which survive today, and which depict the Virgin

Mary enthroned with the Infant Jesus and saints.

The exhibition continues on the second floor, once the

meeting place of the council which was made up of

islanders who had come of age and were members

of the Albo d’Oro, or “Golden Charter”. This floor

principally hosts paintings and wooden sculptures, in

addition to ceramics and items closely linked to the

political and religious history of Torcello. The exhibits

include the curved, ivory head of the staff once

belonging to the Bishop of Torcello, Bono Babi, and the

large wooden sculpture of Santa Fosca which formed

the cover of the tomb in which he was buried.

The cycle of pictures from the ruined church of S.

Antonio of Torcello, which have been attributed to the

bottega of Veronese, merit particular attention. The

cycle comprises The Annunciation and the Adoration

of the Magi which formed the doors of the church

organ, five monochromes which decorated the poggio,

and four paintings depicting episodes of the history of

Saint Cristina.

Angelo, mosaico, XII secolo;

sotto: formella quadrangolare, XI secolo.

Angel, mosaic, 12th century;

below: quadrangular panel, 11th century.

museo provinciale di torcello

97

Projects in progress

The museum intends to characterize itself as a museum

which is strongly focused on the public and their needs.

It plans to improve the quality of services offered and

to introduce new approaches to the exhibits by setting

up educational initiatives and projects which will

make the collection more accessible to a wide variety

of users. These will be designed to cater to various types

of visitors, and will involve schools and associations as

well as the tour operators of the region. With this goal

in mind, the museum has begun the process whereby

it will conform to the operational and development

standards for Local Authority Museums as outlined

by the Veneto Regional Authority. The decision to

adhere to the standards outlined by the Act highlights

the commitment the Venice Provincial Authority has

undertaken to improve the quality of its museums,

and reaffrms its role as a public body responsible for

the protection and enhancement of the region’s cultural

heritage. It communicates a strong desire to act as an

example for other museums, encouraging them to


98

Alcuni stemmi marmorei esposti nel

giardino del museo;

sotto: Palazzo del Consiglio. Sezione

Medievale e Moderna. Foto © M. E. Smith

Marble “armonial bearings” displayed in

the garden of the museum;

below: Palazzo del Consiglio. Medieval

and Modern section.

Progetti in corso

Il museo vuole qualificarsi per la particolare

attenzione rivolta al pubblico, migliorando la

qualità dei servizi e diversificando le modalità

di fruizione delle collezioni con interventi

didattico-divulgativi appositamente mirati alle

diverse tipologie di utenti, perciò coinvolgendo

il mondo della scuola e l’associazionismo, come

pure gli operatori turistici del territorio.

Con questi obiettivi il museo ha avviato la fase

di adeguamento agli standard di funzionamento

e sviluppo per i musei di ente locale, delineata

dalla Regione del Veneto.

Con l’adesione la Provincia di Venezia ha voluto

non solo impegnarsi per far crescere la qualità

del proprio museo, ma anche ribadire il proprio

ruolo di ente chiamato alla valorizzazione dei beni

culturali del territorio provinciale e esprimere un

segnale forte della volontà di essere un esempio

per le altre realtà museali, spronandole a misurarsi

con gli standard squarciando così il velo della

diffidenza verso questi nuovi strumenti.

Nel campo della formazione, della ricerca e

del restauro e studio delle collezioni museali, il

museo agisce in collaborazione con l’Università

Ca’ Foscari di Venezia.

Attraverso percorsi formativi specifici per gli

studenti universitari, volti alla realizzazione di

materiali didattici per l’accompagnamento alla

visita, il museo opera sia per la formazione degli

specialisti sia per la divulgazione e la promozione

delle collezioni a favore delle scuole e delle diverse

componenti del pubblico museale.

Museo e Università cooperano nella ricerca

e studio delle collezioni per le attività di

catalogazione e la redazione del nuovo

catalogo scientifico, nonché per il restauro e la

conservazione del patrimonio.

Il museo, in collaborazione con l’Università

Ca’ Foscari e la Soprintendenza per i Beni

Archeologici del Veneto, partecipa al progetto di

valorizzazione culturale e scientifica dell’antica

Altino, sito strettamente legato all’origine di

Venezia poiché furono le popolazioni altinati,

sotto la pressione delle invasioni barbariche,

a stabilirsi nell’isola di Torcello, trasferendovi

la sede vescovile e creando le condizioni per il

successivo trasferimento nelle isole rialtine.


apply the set standards in the hope of dispelling the

veil of uncertainty and wariness which surrounds

these new benchmarks.

The museum works in collaboration with the University

of Ca’ Foscari in the fields of training and research, in

addition to the study and restoration of the museum’s

collection. Special training courses held for university

students, with the aim of producing educational

materials to accompany visits to the museum, mean

the museum provides a training ground for specialists

in the field, while at the same time creates materials

which help promote and provide greater access to the

collection for schools and the various audiences which

make up the museum’s public. This collaboration

between museum and university also involves

cataloguing works and preparing the new scientific

catalogue as well as the restoring and preserving of

the exhibits.

The museum, in collaboration with Ca’ Foscari and the

State Department for Preservation of Archaeological

Heritage of Venice, is involved in the project, whose

aim is to highlight the scientific and cultural value

of the site of the town of Altino. The site is closely

linked to the birth of Venice, as it was the people

of Roman Altinum who settled on Torcello when

they fled the mainland to escape from the Barbaric

invasions, moving the seat of the Bishop to the island

and preparing the way for their eventual move to the

Rialto islands.

Trono di Attila; sedile scolpito in un solo

pezzo di pietra. Viene chiamato così, ma

probabilmente fu semplicemente il seggio

del podestà o del vescovo.

Foto © M. E. Smith

Palazzo del Consiglio. Foto © M. Fletzer

Attila’s Throne, a seat sculpted from a

single piece of stone. Despite its name, it

was most probably simply the seat of the

podestà or Bishop.

Photo of the Palazzo del Consiglio.

museo provinciale di torcello

99


100


museo del merletto

lace museum

101


Paola Chiapperino e Anna Prendin

Il museo, aperto nel 1981, ha sede negli

spazi della storica Scuola dei Merletti di

Burano, fondata nel 1872 dalla contessa

Andriana Marcello per recuperare e rilanciare

una tradizione secolare. Nel 1978, dopo la

chiusura della scuola, gli enti pubblici veneziani

(Comune, Provincia, Camera di Commercio,

Ente per il Turismo, Azienda Autonoma

di Soggiorno), si univano alla Fondazione

Andriana Marcello in un “Consorzio per i

merletti di Burano” per rilanciare e riqualificare

l’artigianato dei merletti. L’archivio dell’antica

Scuola, ricco di importanti documenti e

disegni, viene riordinato e catalogato; la sede

viene ristrutturata e trasformata in spazio

espositivo. Nasce così il Museo del Merletto.

Negli anni successivi il Consorzio organizzava

corsi di formazione professionale e importanti

mostre storiche.

Allo scioglimento del Consorzio, avvenuto

nel 1995, la Fondazione Andriana Marcello

concedeva il Museo in comodato al Comune

di Venezia. Attualmente il Museo fa parte dei


Indirizzo / address: Piazza Galuppi 187,

30012 Burano, Venezia

tel. 041 730034, fax 041 735471

e mail: mkt.musei@comune.venezia.it

Orari: dal 1 novembre al 31 marzo: 10-16;

dal 1 aprile al 31 ottobre: 10-17. La biglietteria

chiude mezz’ora prima. Chiuso martedì, 25

Dicembre, 1 Gennaio, 1 Maggio / Opening times:

November 1st – March 31st, 10a.m. – 4p.m. From

April 1st – October 31st, 10a.m. – 5p.m. The ticket

office closes half an hour before. Closed Tuesdays,

December 25th, January 1st, May 1st.

Sezioni: La Scuola dei Merletti di Burano, Il

merletto: la storia, archivio della Scuola dei

merletti di Burano / Sections: The Burano Lace

School, its history, the scools archives.

Rete di riferimento / reference network:

Venetian Civic Museums

museo del merletto

103

The museum was opened in 1981, and is located

in the historical Scuola dei Merletti (Lace School) on

the island of Burano, founded in 1872 by the countess

Adriana Marcello, with a view to rediscovering and

re-launching a long-standing tradition.

In 1978, following the closure of the school, the

Venetian Local Authorities (Municipality, Provincial

Authority, Tourist Board, Chamber of Commerce,

tourist offce) and the Andriana Marcello Foundation

founded the “Consorzio per i merletti di Burano”

(Consortium for Burano lace) in order to promote

and re-evaluate the art of lace-making. The many

documents and drawings in the archives of the old

School were re-arranged and catalogued, the premises

were restored and converted into an exhibition area,

and eventually the Lace Museum was opened. Over

the subsequent years the Consorzio organised work

training courses and prestigious historical exhibitions.

The Consorzio was dissolved in 1995, and the

Andriana Marcello Foundation handed over the

direction of the Museum to the Venice Municipality on

free loan. As a result the Museum became part of the

Musei Civici Veneziani (Venetian Civic Museums).

Pianta del museo: pianta del secondo

piano, pianta del primo piano, pianta del

piano terra.

Floor plan of the Museum: second floor,

first floor, ground floor.


104

Merlettaie al lavoro nello spazio a loro

dedicato all’interno del museo. Foto © M.

E. Smith

Veduta della laguna ghiacciata di Venezia,

verso San Giobbe. Foto © Archivio Naya

Lace makers at work in their designated

space inside the museum.

View over the frozen lagoon in Venice,

from S.Giobbe.

Musei Civici veneziani.

Il percorso espositivo, che si sviluppa al primo

piano del Museo, attraverso una selezione

di rari e preziosi esemplari documenta

l’evoluzione dell’arte del merletto a Venezia

dal Cinquecento al Novecento.

Questo spazio offre oggi non solo l’esposizione

di pezzi di grande valore, ma anche la

possibilità di osservare dal vero le tecniche di

lavorazione proposte dalle merlettaie, ancora

oggi depositarie di quest’arte e presenti in

museo. Inoltre è a disposizione degli studiosi

l’Archivio della scuola.

Nella prima sala sono esposte, come omaggio

alla Scuola dei Merletti di Burano, alcune

preziose tovaglie e un centro tavola realizzati

dalle prime maestre merlettaie della Scuola

agli inizi del XX secolo.

Nelle sale successive, preziosi manufatti

testimoniano il nascere e l’evoluzione dell’arte

del merletto a Venezia dal XVI al XX secolo.

Nell’ultima sala del Museo del Merletto è

collocato l’Archivio, importante fonte di

documentazione storica sull’attività dell’antica

Scuola del Merletto, comprendente disegni,

foto, varie testimonianze iconografiche a

disposizione, su appuntamento, di studiosi e

ricercatori.


The exhibition begins on the first floor of the museum

where rare and precious pieces document the evolution

of lace art in Venice from the 16th century to the 20th

century.

This space not only offers the visitor a chance to view

works of great value but also to observe lace working

techniques as shown by the lace workers who are still

guardians of tradition and present in the museum.

Furthermore, the school’s Archive is available to experts.

In the first room some precious tablecloths and a center

table piece created by the first lace making teachers

from the beginning of the 20th century are displayed

to honor the Lace School of Burano.

In the following rooms precious creations are testimony

to the birth and evolution of the art of lace making in

Venice from the 16th to the 20th centuries.

The school’s Archive is in the last room of the Lace

Museum. It is an important source of historical

documentation on the activity of the old Lace

School comprising drawings, photos, and various

iconographic testimonies that are available to experts

and researchers on appointment.

The Lace Shool of Burano

The exhibition in the first room pays homage to the

historical Lace School in Burano. In keeping with the

revivalist mood of the time, the lace on display recalls

stitches and themes mainly originating from the 17th

and 18th century Venetian traditions, but also from

the 18th century French and Flemish schools.

Sale espositive. Foto © F. Calzolaio. Exhibiton rooms.

museo del merletto

105


La Scuola dei Merletti di Burano

Il percorso espositivo propone innanzitutto,

nella prima stanza, un omaggio alla storica

Scuola dei Merletti di Burano.

Nei lavori realizzati dalla Scuola vengono

ripresi, secondo il gusto revivalistico dell’epoca,

punti e motivi della tradizione veneziana per

lo più seicenteschi e settecenteschi, ma anche

di merletti francesi e fiamminghi del pieno

Settecento.

Verso la fine del secolo si impongono i merletti

a punto Burano, dalla leggera rete di fondo,

sulla quale si snodano esili elementi floreali, che

rendono la Scuola celebre in tutto il mondo.

106

Centro tavola “Pesca giapponese”, metà

sec. XX, realizzato ad ago punto Burano,

disegni di R. Scarpa;

sotto: guanti sec. XIX-XX, ago punto

Burano. Foto © M. E. Smith

“Japanese fishing” table centrepiece

dating from the mid 20th C., needle lace

worked in Burano stitch, pattern by R.

Scarpa;

below: gloves dating from the 19th-20thC,

needle lace worked in burano stitch.

Il merletto: la storia

Nelle sale dedicate alla storia del merletto sono

esposti i primi esemplari della produzione del

merletto risalenti al XV e XVI secolo.

Nel secolo XVII il merletto veneziano si

diffonde in tutta Europa e diventa simbolo di

prestigio e status sociale per la sua preziosità

e ricercatezza. Gode di particolare successo

soprattutto la tipologia ad ago, con il prezioso

punto tagliato a fogliame ad altorilievo.

Nella seconda metà del secolo, per contrapporsi

alla concorrenza francese, a Venezia viene

ideato l’originale e virtuosistico punto rosa.

Con l’inizio del secolo XVIII la produzione del

merletto raggiunge proporzioni ragguardevoli

nelle isole della laguna di Venezia. In

particolare, mentre la lavorazione ad ago si

diffonde soprattutto a Burano, quella a fuselli

si sviluppa a Pellestrina: viene così a definirsi

una specializzazione che si manterrà fino ai

giorni nostri.

Archivio della Scuola dei Merletti di Burano

In questa sala è conservato l’archivio della

Scuola dei Merletti. Riordinato e catalogato

nel 1981, l’archivio presenta un allestimento

costituito da disegni, alcune foto e varie

testimonianze iconografiche.

La consultazione dell’archivio è riservata agli

studiosi.


Towards the end of the century the punto Burano

(Burano stitch) was invented; it consisted in a light

background mesh interwoven with a delicate floral

motif. As a result, the School of Burano became

renowned throughout the world.

The history of Lace making

The very first examples of lace dating back to the 15th

and 16th centuries are on display in rooms dedicated to

the history of lace making. In the 17th century Venetian

lace became widespread in Europe, and was a symbol

of prestige and social status for its exquisiteness and

precious detail. The most successful type was needle lace

owing to its distinctive leaf-pattern made with a high

relief stitch (punto tagliato a fogliame ad altorilievo).

In order to keep up with French competition, the

unique and virtuosic pink stitch (punto rosa) was

created during the second half of the century. At the

beginning of the 18th century, lace making increased

notably on the islands of the Venice lagoon. Needlelace

became popular, especially in Burano, whereas

bobbin-lace was developed on the nearby island of

Pellestrina; these different specialisations have been

preserved until the present day.

Archives of the Burano Lace School

This room contains the archives of the Lace School.

They were rearranged and catalogued in 1981 and

are made up of drawings, photographs and other

iconographic records. The material can only be viewed

by experts.

Plans to restore, enlarge and improve the existing

systems

The project pertaining to the restoration work to

be carried out in the museum is currently being

developed. It will be centered on replacing the heating

system with an air conditioning system, building toilet

facilities for both visitors and staff, enlarging the

museum by reconverting the caretaker’s flat, restoring

the exhibition areas, demolishing architectural

barriers, improving lighting systems, restoring or

replacing inside and outside fixtures, insulating the

ground floor against humidity and installing a septic

tank and a sprinkler system.

Colletto e polsini ad ago in punto

Venezia;

sotto: cuffietta nuziale in punto Venezia.

Foto © M. E. Smith

Collar and cuffs; needle lace worked in

Venezia stitch;

below: wedding bonnet; needle lace

worked in Venezia stitch.

museo del merletto

107


Piani e progetti: ristrutturazione, ampliamento e

adeguamento impiantistico

I lavori previsti dal progetto attualmente in

fase di stesura, riguardano l’integrazione dei

servizi al personale e ai visitatori, la sostituzione

dell’impianto di riscaldamento con quello di

condizionamento, l’ampliamento del museo

con il cambio d’uso e la ristrutturazione

dell’appartamento del custode, la sistemazione

delle sale espositive, l’abbattimento delle

barriere architettoniche, l’adeguamento

degli apparati illuminotecnici, il restauro o

la sostituzione degli infissi interni ed esterni,

l’isolamento dall’umidità del piano terra, la

realizzazione delle fosse settiche e dell’impianto

di spegnimento.

108

Merletto ad ago in punto rosa, inizio XX

secolo;

sotto: frammento di bordura, sec. XVII.

Palazzo Mocenigo. Foto © M. E. Smith

Needle work by punto rosa (pink stitch),

early 20th C.;

below: fragment of a border, 17th C.

Palazzo Mocenigo.


isola del lazzaretto nuovo

lazzaretto nuovo island

109


Gerolamo Fazzini

L’isola del Lazzaretto Nuovo, vincolata dal

Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è

una delle poche isole minori della Laguna di

Venezia ad aver conosciuto una decisa azione

di recupero grazie, in particolare, ai restauri del

Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del

Magistrato alle Acque. Dismessa dal Ministero

della Difesa nel 1975, è da molti anni in

concessione all’associazione di volontariato

“Ekos Club” che garantisce custodia e gestione.

Monastero benedettino nel Medioevo con il

nome di Vigna Murada, dal 1468 ospitò un

“lazzaretto” detto “Novo” per distinguerlo

dall’altro vicino al Lido, il “Lazzaretto Vecchio”

(che invece aveva funzioni di ospedale vero e

proprio), divenendo luogo di quarantena per

le navi della Serenissima sospette di peste.

Imponenti edifici (come il cinquecentesco

Tezon Grande, che ancora conserva alle pareti

scritte e disegni originari) oltre a documenti

e reperti che provengono da scavi tuttora

in corso, testimoniano questa funzione di

prevenzione sanitaria.


Indirizzo / address: Isola del Lazzaretto Nuovo,

S. Erasmo, 30141 Venezia

tel. 041 2444011, fax 041 2444928

web site: www.provincia.venezia.it

e mail: ekos@provincia.venezia.it

Orari: da aprile a ottobre, sabato e domenica con

visite guidate alle ore 9.30 e alle ore 16.00 (in

corrispondenza con i vaporetti ACTV Linea 13 per

S.Erasmo); in altri giorni e in altri orari, gruppi

su prenotazione. Pagamento con offerta libera /

Opening times: from April to October: Saturdays

and Sundays with guided tours from 9.00am to

4pm (coordinated with the ACTV Line 13 water bus

for S.Erasmo). It is possible for groups to arrange

a visit to the museum on other days and times,

reservation necessary. There is no fixed fee to visit

the museum, but visitors can leave a donation.

Percorso di visita: il Teson grande, il Casello

da polvere Est, gli scavi / Itinerary: the

Teson Grande, the Casello da polvere est, the

archaeological excavations.

Organizzatori / Organizers: Ekos Club onlus e

Archeoclub d’Italia sede di Venezia

Ekos Club onlus and Archeo club of Italy, Venice.

G. Fazzini: Presidente Ekos Club onlus

Ministero Beni e Attività Culturali - Soprintendenza

per i Beni Archeologici del Veneto - NAUSICAA

Ekos Club onlus president Minister of Cultural

Heritage and Activities - Archaelogical Heritage

Office of the Veneto - NAUSICAA

Rete di riferimento / reference network:

SBMP Sistema Bibliotecario Museale Provinciale

isola del lazzaretto nuovo

The island of Lazzaretto Nuovo, safeguarded by

the State Department for the Protection of Cultural

Heritage and Activities, is one of the few minor

islands in the Venice Lagoon to have undergone

intense renovation, largely due to the restoration

work carried out by the State Department for the

Protection of Cultural Heritage and Activities and

the Venice Water Authority. Under concession to the

Ministry of Defense until 1975, use of the island was

subsequently granted to the voluntary association the

Ekos Club which is now responsible for its up-keep

and management.

From 1468 a Benedictine monastery named Vigna

Murada housed a ”lazzaretto”, or isolation hospital

on the island. This became known as “Lazzaretto

Nuovo” to distinguish it from the pre-existing

Lazzareto, Lazzaretto Vecchio on the nearby island of

Lido which was run as a regular hospital.

Lazzaretto Nuovo became a quarantine station for

the ships of the Serenissima suspected of carrying the

bubonic plague. Buildings such as the fifteenth century

Tezon Grande, whose walls remain etched with

Pagina precedente: vista aerea dell’Isola

del Lazzaretto Nuovo;

In questa pagina: vista della laguna di

Venezia dalla cinta muraria del Casello da

polvere est, foto © F. Calzolaio;

l’isola nei secoli XVI-XVIII, dall’Isolario di

A. Visentini, rielaborazione di G. Barletta.

Previous page: an aerial view of the

island of Lazzaretto Nuovo.

This page: the boundary wall surrounding

the powder magazine , Il Casello da

polvere est as seen from the Venice

Lagoon;

image of the island in the 16th-18th

century.

111


112

Il medico della peste. La maschera,

contenente erbe aromatiche, serviva a

proteggerlo dal contagio dell’aria infetta.

Foto © F. Calzolaio.

Il Teson grande.

The Plague doctor’s attire. The mask,

which contained aromatic herbs,

was used to protect the wearer from

catching the contagious disease from

contaminated air.

The Teson Grande.

Utilizzata per scopi militari, a partire

dall’epoca napoleonica e in particolare sotto la

dominazione austriaca, conserva una doppia

cinta muraria con corpi di guardia, bastioni e

terrapieni esterni.

In collaborazione con altri Enti ed Associazioni

(tra cui in particolare l’Archeoclub d’Italia),

si attua la gestione dell’isola, di cui l’Ekos

Club è concessionario dallo Stato, tramite

l’organizzazione di iniziative volte alla cura,

manutenzione ed al miglioramento del

patrimonio storico-edilizio e dell’area verde.

La visita dell’isola del Lazzaretto Nuovo

costituisce anche l’occasione per conoscere

e apprezzare gli aspetti naturalistici dello

straordinario ambiente lagunare circostante:

una passeggiata di circa un chilometro, esterna

alla cinta muraria, consente di percorrere il

vecchio “giro di ronda” delle sentinelle lungo

le “barene” e di salire sui bastioni ottocenteschi

con una visuale a 360° sulla Laguna di fronte

a Venezia.

Tra le varie attività associative, organizzate

ospitate in isola (culturali, sportive, ricreative

ecc.), particolare riguardo è rivolto ai giovani

con numerose iniziative, quali escursioni e

visite didattiche per gruppi scolastici di ogni

ordine e grado.

Teson grande

La visita dell’isola del Lazzaretto Novo inizia

dal maestoso “Teson grande”, lungo più di 100

metri, edificio storico, per dimensioni secondo

solo alle Corderie dell’Arsenale, finalmente

nella sua interezza dopo anni di restauri, dove

per secoli si sciorinarono le merci soggette agli

espurghi: sulle sue pareti si leggono i graffiti

dei guardiani del Magistrato alla Sanità che,

per ingannare le lunghe ore dell’isolamento,

scrissero e disegnarono testimonianze tanto

fragili quanto preziose per poter ricostruire il

passato. Documenti e ricostruzioni grafiche,

presentano il Lazzaretto Novo nel periodo in

cui svolgeva la funzione di prevenzione dei

contagi attraverso l’isolamento delle merci

e dei passeggeri che dovevano scontarvi la

contumacia.


graffti and sketches of former guards, together with

documents and artefacts uncovered in excavations

still underway, provide evidence of the role the island

played in preventative health measures.

A double boundary wall complete with sentry posts,

ramparts and external barricades remains preserved

on the island, as it was used for military purposes

from the Napoleonic Era onwards, predominantly

when Venice lay under the domination of the Austrian

Empire.

Management of the island, carried out by the

state appointed Ekos Club in collaboration with

various other bodies and associations ( in particular

Archeoclub d’Italia), includes the organization of

activities aimed at the restoration, preservation, and

maintenance of the islands natural, historic and

architectural heritage.

A visit to Lazzaretto Nuovo also provides visitors with

the opportunity to discover and admire the natural

features of the remarkable lagoon environment

surrounding the island. A one kilometre walk around

the boundary wall allows visitors to follow in the

footsteps of previous guards as they patrolled the area

along the salt marshes, and to climb the eighteenth

century ramparts to take in the 360 degree view of the

lagoon facing Venice.

A wide range of cultural, sporting and recreational

activities are organised and held on the island, many

of which are directed at young people, including

educational tours and visits for students of all ages.

The Teson Grande

The tour of the island begins with a visit of the imposing

Teson Grande, where for years goods subject to clearance

were kept. Now finally restored to its former state after

many years of work, this historic building is over 100 metres

long, making it second only to that of the Corderie of the

Arsenale in terms of length. Inside visitors can observe the

graffti of the guards of the Magistrate for Health who once

scribbled and sketched on the walls to while away the long

hours of isolation spent there, leaving fragile but precious

evidence to help us reconstruct the past.

Documents and graphic reconstructions present Lazzaretto

Nuovo as it was in the period when it functioned as a

quarantine station to prevent the spread of infectious

diseases, where goods were isolated and passengers required

to go through a period of quarantine.

Gli studenti dell’Università del Minnesota

durante una visita all’isola del Lazzaretto

Nuovo;

veduta interna del Teson grande.

Foto © F. Calzolaio.

Students from the University of

Minnesota during a visit to Lazzaretto

Nuovo;

view of the interior of the Teson Grande.

isola del lazzaretto nuovo

113

The Casello da polvere Est

Finally the tour leads to the Casello da polvere Est, a powder

magazine dating from the sixteenth century, featuring a

striking lion of St. Mark over the small entranceway. The

building houses an exhibition of artefacts uncovered during

the excavations, largely consisting of stoneware found

in the kitchen middens located on the first floor of the

isolation quarters. The various styles of Venetian pottery are


114

Gli scavi archeologici tutt’ora in corso.

Foto © F. Calzolaio.

Moneta.

The archaeological excavations currently

being carried out on the island.

Coin.

Il Casello da polvere Est

Si visita poi il Casello da polvere Est, polveriera

della metà del sec. XVI, che ancora conserva

un bel leone marciano “andante” sopra il

piccolo ingresso. Alcune vetrine espongono

reperti, provenienti da scavi recenti: si

tratta in massima parte di oggetti ceramici,

provenienti in particolare da alcuni “butti”

presso le cucine al piano terra delle camere di

contumacia, secondo le varietà delle classi e

tipologie della ceramica veneziana: ceramiche

grezze (terre da fuoco), ceramiche invetriate,

graffite, maioliche (piatti, scodelle, vasi,

boccali), con decorazioni, nomi di pietanze,

simboli religiosi, segni scaramantici; alcuni

oggetti per uso industriale (colini da zucchero,

distanziatori da infornamento, crogioli);

alcune ceramiche di importazione (ceramiche

abruzzesi e islamiche). Altre vetrine presentano

vetri (bottiglie, calici, perle), oggetti in osso e

in bronzo, accessori di abbigliamento e oggetti

di uso personale (fibbie, anelli, bottoni, pettini,

posate, ditali, chiavi, dadi da gioco) che aiutano

a definire vivamente le “presenze” di marinai,

mercanti e viaggiatori che erano isolati nelle

riserve di salute perché sospetti portatori del

morbo. Una vetrina contiene monete e oggetti

di interesse numismatico, quali tessere e bolle

plumbee da mercanzia, un’altra alcuni modelli

storici di navi veneziane da trasporto (una

nave tonda e una galìa da mercado) insieme

a documenti, riproduzioni e oggetti di bordo

(pipe e acciarini, proiettili, una statuina di

S.Nicola protettore dei naviganti).

Gli scavi

Il percorso conduce quindi alla zona degli

scavi (cinque saggi stratigrafici attualmente

in corso in isola: nell’area del priorado, di tre

contumacie e della chiesa) dove si trovano

anche due pozzi, ancora funzionanti, uno dei

quali con bella vera da pozzo con leone “in

moleca” (sec. XVI); nell’angolo di nord-est si

può salire sopra la cinta muraria.


represented: glazed and unglazed pottery, graphite pottery,

maiolica or tin-glazed earthenware including plates,

bowls, vases and jugs decorated with patterns, the names of

various dishes, religious symbols, and propitiatiry symbols.

The exhibit also includes objects used in the industrialsized

kitchens such as sugar strainers, oven paddles and

pots. Imported items such as Islamic and Abruzzo pottery

are also on display.

Additional objects displayed include glassware such as

bottles, goblets and beads as well as objects of bronze and

bone. The collection of clothing accessories and personal

effects such as pins, rings, buttons, combs, cutlery, thimbles,

keys and dice help to vividly bring to life the presence of

sailors, merchants and travellers suspected of being carriers

of disease who were kept in quarantine.

A glass case holds coins and objects of numismatic interest,

including bills of sale and lead seals used in the transport and

sale of merchandise. Another contains models of Venetian

boats used at the time to transport goods; a Venetian galley

and merchant galley together with documents, reproductions

and objects which would have been found on board such

as pipes, flint lighters, bullets and a statue of Saint Nicola,

patron saint of sailors.

The Excavations

The tour continues with a visit to the excavation sites,

consisting of five stratigraphic digs currently being

conducted in the priorship, the three quarantine quarters

and the church. The church also contains two wells dating

from the sixteenth century which function to this day, one

of which has a splendid well head featuring a lion “in

moleca.”

Visitors can climb to the top of the boundary wall from the

north-east corner.

Reperti archeologici rinvenuti durante gli

scavi.

Il racconto dell’arrivo di una nave da

Costantinopoli. Iscrizione di un Guardiano

di Sanità (1585). Foto © F. Calzolaio.

Archaeological artefacts uncovered during

excavations.

A written account of the arrival of a

ship from Constantinople. Inscription

by a guard of the Magistrate for Health

(1585).

isola del lazzaretto nuovo

115

Project to safeguard the island and its environment:

“The regeneration of an island, Lazzaretto Nuovo

The ongoing renovation project -“The regeneration of an

island”- involves numerous activities with both a scientific

and cultural focus, in collaboration with various local and

national bodies, most notably the State Department for the

Protection of Archaeological Heritage and the Archeoclub

d’Italia.

The primary objective is that of managing and safeguarding

the island an area of great archaeological , historical and

environmental interest now fully accessible to the public,

which can easily be reached by means of public transport.


Progetto di tutela ambientale:

“Per la rinascita di un’isola”

Il progetto generale di recupero attualmente in

corso, “Per la rinascita di un’isola”, comprende

molteplici attività scientifiche e culturali e vede

la collaborazione di vari Enti ed Istituzioni

tra cui soprattutto la Soprintendenza per i

Beni Archeologici del Veneto e l’Archeoclub

d’Italia.

L’obiettivo fondamentale è quello della gestione

dell’isola, ormai pienamente usufruibile

da parte della collettività, grazie anche ai

collegamenti con i mezzi pubblici, come area

storico-archeologica e ambientale di grande

interesse nella Laguna nord di Venezia.

116

La vera da pozzo;

sotto: l’approdo dell’isola con

imbarcazione tradizionale (Bragozzo).

Foto © F. Calzolaio.

The wellhead;

below: the landing place of the island,

and a traditional craft known as a

Bragozzo (two masted trawler).


museo storico navale - museo dell’arsenale

historical naval museum - arsenal museum

117


Rudy Guastadisegni; Ernesto Muliere e Cristiano Patrese

Fondato nel 1919 il Museo Navale, è

situato in Campo S. Biagio, in prossimità

dell’Antico Arsenale di Venezia, in un edificio

del XV sec. usato per secoli come granaio. Le

attività museali di oggi sono state precedute

da una riconversione dei granai nella “casa

dei modelli”, quando sul finire del Seicento

l’edificio venne in questo modo a far parte

della filiera produttiva dell’antico Arsenale “il

più insigne monumento storico navale che

esiste in Italia”.

Era questa la sede dove venivano raccolti i vari

modelli delle navi che costituivano, all’epoca,

i loro disegni di progettazione: dai modelli,

rapportati in scala, venivano poi costruite le

imbarcazioni al naturale.

La “Casa dei Modelli” fu saccheggiata nel

Dicembre del 1797, durante l’occupazione

francese, così come furono saccheggiate nello

stesso periodo le “Sale dell’armar” di Palazzo

Ducale, dove venivano conservati le armi, i

cimeli ed i trofei di guerra della Repubblica

di Venezia. Molto andò perduto dell’antica


Indirizzo / address: Riva S. Biasio,

Castello 2148, 30122 Venezia

tel. 041 2441399, fax 041 5200276

Orari: dal lunedì al venerdì 8.45-13.30,

sabato e prefestivi 8.45-13.00.

Chiuso domenica e festivi / Opening times: from

Monday to Friday 8.45a.m.-13.30p.m.,the days

before public holidays and Saturdays 8.45a.m.-

1p.m. Closed Sundays and public holidays.

IV piano

III piano

museo storico navale

119

Founded in 1919, the Naval Museum is located in

Campo S. Biagio, close to the Old Arsenal of Venice,

in a fifteenth century building which had been used for

centuries as a granary. Previous to housing the current

museum, the granary buildings were converted and

subsequently used as “ the House of Models” when, at

the end of the seventeenth century, the building became

part of the production plant of the Old Arsenal, “the

most renowned historic naval monument to exist in

Italy”. The building was used to house various models of

ships: at the time, these models served as drawings and

design plans of boat design would today, the actual crafts

being built from scale using the models themselves.

The “House of Models” was raided and plundered in

December of 1797, during the French occupation,

as was the Sale dell’Armar or “Arms Room” in the

Palazzo Ducale, where the weapons, relics and war

trophies of the Republic of Venice were kept. Much

of the heritage of the Serenissima Republic was lost

during these raids. What remained was later salvaged

and preserved by the Austrians, who succeeded the

French, within the boundary walls of the Arsenal.

II piano

Piano terra

I piano

Pagina precedente: la sede del Museo

Storico Navale. Foto © F. Calzolaio.

In questa pagina: piante dei piani del

museo. Pianta del quarto piano, pianta

del terzo piano, pianta del secondo piano,

pianta del primo piano e pianta del piano

terra.

Previous Page: Historical Naval Museum.

This page: floor plan of the museum,

fourth floor, third floor, second floor, first

floor, ground floor.


120

La sala d’ingresso al museo; sotto:

mezzo d’assalto tipo siluro a lenta corsa,

II Guerra Mondiale, azioni di Alessandria

e Gibilterra. Foto © F. Calzolaio.

The entrance hall of the museum;

below: assault weapons, slow moving

torpedo, The World War II, battles of

Alexandria and Gibraltar.

ricchezza della Serenissima e ciò che rimase fu

successivamente recuperato e conservato dagli

austriaci, subentrati ai francesi, entro le mura

di cinta dell’Arsenale.

Alla fine del dominio austriaco (1866), i

cimeli rimasti, tra cui i pochi modelli scampati

al saccheggio del 1797, vennero riordinati

e sistemati in un’unica sede che formò il

primo nucleo del “Museo dell’Arsenale”, sito

nell’interno dell’Arsenale stesso.

Successivamente, nel 1919, lo Stato Maggiore

della Marina decise di costituire un unico

Museo Storico della Marina, riunendo i vari

cimeli sparsi negli Arsenali e a bordo delle

R.R. Navi. I trofei di guerra e le armi della

Serenissima ritornarono invece nella loro sede

storica in Palazzo Ducale. In seguito fu decisa

la costituzione, oltre che del Museo Storico

Navale di Venezia, anche di un Museo Tecnico

Navale con sede nell’Arsenale di La Spezia.

Nel primo Museo vennero raccolti tutti

gli oggetti di prevalente interesse storico e

artistico, nel secondo furono concentrati i

materiali di carattere tecnico. La sede iniziale

del Museo Storico Navale era una palazzina

situata nell’interno dell’Arsenale vicino al suo

ingresso principale.

Nel 1964 il Museo fu trasferito nell’attuale

sede in Campo S. Biagio, la cui area espositiva

si sviluppa su cinque livelli per un totale di

4.000 metri quadrati per un totale di 42 sale.

Oltre a questo edificio principale, fanno parte

dal 1983, il Padiglione delle Navi, di circa

1250 metri quadri, situato in tre capannoni, e

la Chiesa di San Biagio (XI secolo, ristrutturata

nel XVIII sec.), antica chiesa della marineria

veneta prima, e di quella austriaca poi,

restituita da poco al culto per funzioni religiose

del personale della Marina Militare, ed anche

“area espositiva” del Museo stesso.

I capannoni dell’antica officina dei remi sono

stati restaurati e riportati alla loro originale

visione cinquecentesca per essere adibiti alla

conservazione degli scafi più grandi. Negli

ultimi anni sono stati assegnati al museo

altri due spazi aperti, all’interno dell’antico

Arsenale. dove hanno trovato posto una

Motozattera della II Guerra Mondiale ed un

sommergibile Classe “Toti”: il Dandolo.


In 1866, at the end of the period of Austrian rule, the

remaining war mementoes and relics, including the

few models which survived the raids of 1797, were

reorganised and placed in a single location which

was to become the first central part of the “Arsenal

Museum”, situated inside the Arsenal itself.

Subsequently, in 1919, the Chief of the Navy

General decided to establish a single Historic Naval

Museum, bringing together the various relics and war

mementoes which lay scattered in various locations

in the Arsenal and on board the navy’s ships, while

war trophies and weapons of the Serenissima were

returned to their original historic location in the

Palazzo Ducale. Following the decision to set up

the Historical Naval Museum of Venice, it was also

decided to establish a Technical Naval Museum, to be

located in the Arsenal of La Spezia. The first museum

housed objects and artefacts of prevalently historical

and artistic interest, while the second featured articles

of technical interest. The Historical Naval Museum

was first located in a small building inside the Arsenal

near the main entrance.

In 1964 the museum was transferred to its current

location in Campo S. Biagio, where the exhibition

area extends over five floors; 42 rooms covering a

total of 4,000 square metres squared. It is since 1983

that, apart from the main building, the Museum

also comprises the Ship Pavillion. It covers an area of

about 1,250 square metres and is made up of three

warehouses. The Museum also includes the Church

of San Biagio (16th century, restored in the 18th

century), an ancient church which served first as the

church of the Veneto Navy, and subsequently that of

the Austrian Navy. It has recently been re-established

as a place of worship where religious ceremonies are

held Navy the personnel Navy, and also serves as an

exhibition area of the museum itself.

The warehouses of the former oar workshop have been

renovated, restoring them to their original fifteenth

century state, and are now used for the preservation of

larger crafts. In recent years a further two spaces inside

the Old Arsenal have been granted to the Museum,

which house a landing craft from the Second World

War and a Toti class submarine, the Dandolo.

The exhibition area extends over five floors, including

the ground floor. Two rooms flank the entrance: on the

right stands the funeral monument of Angelo Emo, the

last “Sea Captain” of the Venetian Navy. The admiral

was not only an excellent commander, but today is also

considered an ingenious inventor of instruments of war:

his floating battery, a model of which is on exhibit,

remains famous to this day. His most praiseworthy

triumph was that of having rid the seas of barbarian

pirates. In recognition of his achievements the Senate of

the Venetian Republic commissioned Antonio Canova

to create a monument in his honour.

Sala dei modelli; sotto: vista interna della

sala 1. Foto © F. Calzolaio.

The Model Room;

below: view of Room 1.

museo storico navale

121


122

Il munumento ad Angelo Emo, di A.

Canova; sotto: modello del Bucintoro,

imbarcazione da cerimonia del Doge di

Venezia.

The monument to Angelo Emo by A.

Canova;

below: model of the Bucintoro, the

ceremonial boat of the Venetian Doge.

L’ambiente espositivo si sviluppa su cinque

piani, compreso il piano terra. Nelle due sale

che fiancheggiano l’ingresso del Museo si vede,

a destra, il monumento funebre a Angelo

Emo, ultimo “Capitano da mar” della Marina

veneziana. L’ammiraglio, si direbbe oggi,

oltre che un ottimo comandante fu anche un

ingegnoso inventore di apparecchi bellici (è

rimasta famosa la sua batteria galleggiante, di

cui è esposto un modello). La sua impresa più

meritoria fu quella di aver liberato i mari dai

pirati barbareschi. Il Senato della Repubblica

gliene fu riconoscente e commissionò ad

Antonio Canova un monumento che gli

rendesse onore.

A sinistra è esposto un siluro a lenta corsa

della Seconda guerra mondiale, noto più

popolarmente come “maiale”. Queste due

prime testimonianze storiche rappresentano

il tema parallelo sul quale scorre la visita

al Museo, perché l’una percorre la trama

complessa della lunga e gloriosa storia navale

di Venezia e l’altra si affaccia sulla storia assai

più breve, ma già molto drammatica, della

nostra marina militare.

Sempre al piano terreno, oltre a un imponente

fanale di poppa di galea veneziana del XVI

secolo, detto “fanò”, e agli abbastanza consueti

pezzi di artiglieria da nave e da fortezza, grande

interesse merita per la rarità e l’importanza

storica la raccolta di diciotto plastici realizzati

tra il XVI e XVII secolo in legno (o legno,

cartapesta e gesso, materiali facilmente

deperibili e miracolosamente sopravvissuti)

di antiche fortezze veneziane dell’ Adriatico e

dell’Egeo.

Il primo piano è quasi interamente dedicato

all’aurea storia marinara della Serenissima

Repubblica. Vi si possono ammirare

alcuni modelli di grande valore storico: la

ricostruzione di una trireme, tipo di galea da

guerra in uso fino a metà del XVI secolo, con i

rematori al loro posto di lavoro e di sofferenza;

una “galeazza”, galea di grandi dimensioni e

di nuova concezione, che fu la protagonista

della vittoria sui Turchi a Lepanto (1571), e la

regina di tutte le barche di rappresentanza: il

Bucintoro, la nave da cerimonia usata dal doge

nel giorno dell’Ascensione per lo “sposalizio del


On the left, a short range torpedo from the Second

World War, more commonly known as a “pig”, is

displayed. These first two historical artefacts represent

the parallel themes which run through a visit to the

museum: one covers the complex story of the long

and glorious naval history of Venice, while the other

explores the shorter, yet more dramatic, history of the

Italian Military Navy.

Remaining on the first floor, apart from an imposing

stern light from a Venetian galley ship of the sixteenth

century, known as a fanò, and the more customary

pieces of ship and fortress artillery, the collection of

eighteen models created between the 16th and 17th

centuries are of particular interest, due to their rarity

and historical importance. These models of ancient

Venetian fortresses in the Adriatic and the Aegean

sea are made of wood, (or wood, papier-mâché and

plaster: highly perishable materials yet miraculously

conserved).

The first floor is almost entirely dedicated to the

brilliant seafaring history of the Serenissima Republic.

Here, visitors can admire various models of great

historic value; the reconstruction of a trireme, a type

of war galley used until the mid sixteenth century,

complete with suffering oarsmen hard at work rowing

the boat; a galleass, a newly designed, huge model of

galley which was instrumental in the victory over the

Turks at Lepanto (1571); and the queen of all offcial

state boats, the Bucintoro, the ceremonial boat used

by the doge during the feast days of the Ascension for

the ceremony of the “sea wedding”. “I marry thee” the

doge would declare in Latin, throwing a ring into the

water, “as a sign of true and perpetual dominion”. The

last Bucintoro, the most sumptuous and flamboyant

of them all, as can be seen by the model made of it

in 1824, was blown to pieces in 1728. On finding it

in the Arsenal, the French destroyed it as a symbol of

hateful and odious power. However, it was a work of

art above all else, as are the carved and painted ship

sides of the galleys, which are not solely of Venetian

origin. The exhibition is further enriched by antique

sailing directions, maps, prints, sailing instruments

and paintings which adorn the walls.

The rooms on the second floor are essentially dedicated

to the Italian Navy and contain models, paintings and

artefacts which illustrate its history. The third floor

presents some unusual and surprising exhibitions and

includes the gondola room, where the gondola that

belonged to Peggy Guggenheim is highlighted, a room

dedicated to the typical boats used in the Venetian

lagoon, a collection of ex-votos used by sailors from the

16th to the 19th centuries and an important collection

of Chinese cane models donated to the museum by a

French collector. Finally, the top floor (the fourth)

features the so-called Swedish Room, which documents

the good relations between Italy and Sweden.

Sala dedicata alle barche da pesca e da

trasporto, lagunari e fluviali;

sotto: esposizione di uniformi, bandiere e

insegne navali. Foto © F. Calzolaio.

Exhibition of boats used for fishing and

transport in the lagoon and rivers;

below: uniforms, flags and Navy insignia

on exhibit.

museo storico navale

123


124

Modelli di imbarcazioni veneziane;

sotto: modello planimetrico dell’arsenale

di Canea. Foto © F. Calzolaio.

Models of Venetian boats;

below: planimetric model of the Arsenal

by Canea.

mare”. “Ti sposiamo”, diceva in latino il doge,

gettando nelle acque un anello, “in segno di

vero e perpetuo dominio”. L’ultimo Bucintoro,

il più sfarzoso, come si può constatare dalla

ricostruzione del modello eseguito nel 1824,

fu varato nel 1728. I Francesi, quando lo

trovarono in Arsenale, lo distrussero come

simbolo di un detestabile potere. Ma era

soprattutto un’opera d’arte. Opere d’arte

sono anche le fiancate scolpite e dipinte delle

galee, non solo veneziane; impreziosiscono

l’esposizione gli antichi portolani, le mappe,

le stampe e i dipinti che ornano le pareti, e gli

antichi strumenti di navigazione.

Le sale del secondo piano sono essenzialmente

dedicate alla Marina militare italiana: modelli,

dipinti e cimeli ne illustrano il percorso

storico. Al terzo piano ci si imbatte in

proposte inconsuete e sorprendenti. Dalla

sala delle gondole, tra le quali spicca quella

appartenuta a Peggy Guggenheim, a quella

delle imbarcazioni caratteristiche della laguna

veneta, alla collezione di ex voto marinari dei

secoli XVl-XIX, alla importante raccolta di

modelli di giunche cinesi donate al Museo di

Venezia da un collezionista francese. E infine

l’ultimo piano, il quarto, con la cosiddetta Sala

svedese che testimonia i buoni rapporti tra la

Svezia e l’Italia.

Il museo oggi ha una esposizione fortemente

condizionata dall’essere distribuita su più

livelli, dove dunque il peso degli oggetti esposti

è determinante rispetto ad ogni principio

museologico. Il destino di questo museo,

oggi come allora, è legato a quella dell’intero

arsenale, che presto tornerà a far parte della

vita quotidiana della città, dando al suo museo

nuove possibilità di crescita.


Today the arrangement of the museum’s exhibitions

is strongly influenced by the fact that they can be

displayed on many floors. In this case the importance

and significance of the objects displayed takes

precedence over all other museological principals.

The future of this museum, now as in the past,

is inextricably linked to that of the entire Arsenal,

which will soon become part of the everyday life of

the city again, thus providing the museum with new

possibilities for growth and development.

museo storico navale

Ornamenti per le imbarcazioni lagunari;

sotto: sala dedicata alla Marina

Mercantile Italiana del XX secolo.

Foto © F. Calzolaio.

Ornamental pieces used to decorate

lagoon boats;

below: room which houses the exhibition

dedicated to the 20th century Italian

Merchant Navy.

125


126

Una vista dell’arsenale di Venezia dal

campanile di San Marco;

sotto: il sommergibile e il campanile di

San Francesco. Foto © F. Calzolaio.

View of the Arsenal from the bell tower of

San Marco;

below: a submarine and the bell tower of

San Francesco.

L’Arsenale torna a vivere (Ernesto Muliere,

Cristiano Patrese)

Lo storico complesso dell’Arsenale di Venezia

costituisce, senza ombra di dubbio, la

culla dell’importante tradizione marittima

nazionale.

Il suo futuro non può quindi che passare

anch’esso, a similitudine di quanto già attuato

con successo in analoghi storici siti presenti

sulle coste del Mediterraneo e del Mare del

Nord, prima attraverso un’importante azione

di recupero strutturale degli spazi disponibili

a cui deve seguire l’insediamento, all’interno

degli stessi, di attività sia creative che culturali

soprattutto in relazione alle chiare vocazioni

delle singole aree. Vocazioni dettate soprattutto

dalle caratteristiche storico-architettoniche

che, in conseguenza del lungo processo di

sviluppo e trasformazione durato otto secoli,

si sono nel tempo profondamente differenziate

da settore a settore.

In particolare nell’area sud si respira l’aria del

sacro tempio in cui affondano le radici della

storia e della tradizione marittima nazionale

ed è questo che il visitatore si attende di

incontrare. Vorrà capire com’era l’Arsenale alla

sua nascita, quale la sua evoluzione strutturale

ed architettonica, quali i segreti della sua

grande ed efficiente produttività, insomma, in

sintesi, vorrà innanzitutto visitare l’Arsenale

come grande museo di sé stesso.

Ovviamente un contesto così magico e

prestigioso dovrà anche e soprattutto contenere

un importante percorso museale sulla storia

e sulle origini della nostra marittimità

nazionale, con adeguati supporti tecnologici ed

informatici, che diano compiuta illustrazione

e risposta agli interessi ed alle curiosità dei

visitatori.

Questo percorso si snoderà illustrando agli

ospiti quanti più aspetti possibili della nostra

antica tradizione marittima toccando quindi

vari settori quali quello commerciale e della

pesca, quello del trasporto marittimo e quello

militare e delle guerre navali. Non potranno

essere inoltre trascurate le storie e le tecniche

costruttive e di impiego delle più significative

imbarcazioni tipiche che le genti italiche hanno

prodotto, prima fra tutte, la nostra gondola.


The Arsenale Returns to Life (Ernesto Muliere,

Cristiano Patrese)

This historical complex must indisputably be recognised

as the cradle of the national maritime tradition.

Its future will therefore be parallel to existing projects

that have been carried out successfully in historical

sites on the Mediterranean and North Sea coasts. This

will be achieved firstly through extensive restoration

and renovation of available spaces followed by the

setting up of both creative and cultural activities in

the newly restored areas while respecting the integrity

of the upgraded areas.

These activities should be related to the evident feeling

of each individual area, a sense suggested above all

by their historical-architectural characteristics which,

as a consequence of the long process of development

and transformation spanning eight centuries, have

acquired their own identity from sector to sector.

The area to the south, in particular, exudes the air

of a sacred temple where the roots of the history

and tradition of the national maritime tradition

are buried deep in the earth, and it is exactly this

atmosphere which the visitor hopes to encounter.

Visitors will want to understand what the Arsenale

was like when it was first built, its architectural and

structural evolution and what secrets lay behind its

great and effcient productivity. In a nutshell, more

than anything else, visitors will want to visit the

Arsenale as if it were itself a museum.

Obviously such a magical and prestigious environment

should include, overall, museum exhibitions and

Le Gagiandre e la gru Armstrong;

sotto: le Gagiandre e la torre delle vele.

Foto © F. Calzolaio.

The Gagiandre and the Armstrong crane;

below: the Gagiandre and Torre delle

vele.

museo dell’arsenale

127


128

La motozattera e lo scivolo ottocentesco; sotto:

il sottomarino Toti Dandolo. Foto © F. Calzolaio.

Landing craft and 19th century slipway;

below: the Toti Dandolo submarine.

Il percorso museale dovrà essere affiancato da

aree espositive non permanenti che ospitino

mostre temporanee ed importanti collezioni

incentrate, di volta in volta, su temi e materie

di ieri, oggi e domani che abbiano nel mare, ed

in tutte le molteplici attività ad esso connesse,

la loro principale ispirazione.

Dovranno trovare ovviamente posto

nell’Arsenale sud anche tutte quelle iniziative

di carattere logistico e commerciale che

possano fornire un moderno supporto ed

una adeguata cornice alle attività culturali ed

espositive fino ad ora illustrate. Laboratori di

ricerca e restauro, sale convegni, book-shop,

punti di ristoro e svago per gli ospiti così che

gli stessi siano invitati a trattenersi quanto più

a lungo possibile all’interno del comprensorio

arsenalizio.

Tutto questo in un’area che, pur continuando

ad ospitare le funzioni istituzionali e logistiche

della Marina Militare, risulterà riaperta

all’intera collettività restituendo ai veneziani

ed ai numerosi turisti, che affollano ogni anno

la città lagunare, la fruibilità ed il godimento

di un complesso storico e architettonico

sicuramente unico nel suo genere.


displays which explore the history and the origins

of Italy’s national maritime heritage, with suitable

technological and informational supports providing

comprehensive explanations and which respond to the

interest and curiosity of visitors.

These exhibitions will illustrate as many aspects as

possible of our maritime heritage to visitors, and

will therefore examine various sectors including

commercial shipping, fishing, maritime transport,

military operations and battles at sea. Other aspects

which will be examined include those dealing with

the history, construction techniques and various

uses of the most important traditional crafts the

Italian people have produced - first and foremost,

the gondola. The permanent exhibitions should be

complimented by exhibition areas which would house

temporary exhibitions and notable collections that

focus on themes and topics related to the sea of the

past, the present and the future and which find their

inspiration in the variety of activities connected to the

sea .

The south Arsenale area should obviously be the place

to situate all the logistical and commercial activities

which can provide a modern back-up and appropriate

framework for the cultural activities and exhibitions

previously discussed. These would include research and

restoration laboratories, conference venues, a bookshop,

café and bar facilities as well as areas where

visitors can relax so they will want to spend as much

time as possible in the Arsenale complex.

All this in an area which, while still continuing to

house the institutional and logistic functions of the

Navy, will become open to all, giving back to Venetians

and the numerous tourists who flock to Venice, the

use and enjoyment of a historic-architectural complex

which is undoubtedly one of its kind.

Bragossi al Padiglione delle Navi;

sotto: le macchine della corderia Inio.

Foto © F. Calzolaio.

Bragossi (two masted trawlers) in the

Navy Pavilion;

below: machinery used in the Inio ropery.

museo dell’arsenale

129


Esperienze particolari e progetti

Oltre ai musei trattati della cultura

materiale, delle produzioni e del territorio

direttamente affacciati sull’acqua, ce ne

sono altri che possono identificare le porte

di accesso ad ulteriori reti, collegate con il

sistema dell’ecomuseo della laguna. Due

possibili direzioni di questo implemento

sono indicate dal Museo della Bonifica a San

Donà e dal Museo del Manicomio nell’isola

di San Servolo. Altre due sono rappresentate

dai musei ancora in via di definizione: il

Museo dell’industria a Porto Marghera

ed il Museo della laguna nell’isola del

Lazzaretto Vecchio. Una porta verso i centri

di educazione ambientale è l’ecomuseo Ad

Mira Brenta. Nella post-fazione, Casanelles

e Matamala ci accompagnano nel loro

affascinante percorso che, dalla realizzazione

del Museo della Scienza e della Tecnica, li ha

portati a strutturare l’intero sistema museale

dedicato al territorio catalano.

Particular experiences and Projects

Apart from those museums of material culture,

production and territory which directly overlook

the lagoon, there are others which can be seen

as gateways to further networks connected to the

ecomuseum system of the lagoon. Two museums

which could be seen in this light include the Land

Drainage and Reclamation Museum in San

Donà and the Mental Institution Museum on the

island of San Servolo: a further two examples of

museums which could perform this function include

the Industrial Museum of Porto Marghera and

the National Archaeological Museum of the City

and Lagoon of Venice on the island of Lazzaretto

Vecchio, both in the planning and construction

phase. The Ecomuseum Ad Mira Brenta can

be considered a gateway to environmental

educational centres. In the afterword , Casanelles

and Matamala share their fascinating journey

with us, which, beginning with the creation of

the Museum of Science and Technology, led to

the organization of the entire museum system

dedicated to the Catalan territory.


museo della bonifica

land drainage and reclamation museum

Dino Casagrande

131


132

Pagina precedente:

ingresso al museo della

bonifica.

Sotto: sezione bonifica.

Consorzi di Bonifica

Riuniti-San Donà di Piave.

Centrale Idrovora del

Termine. Consorzio di

Bonifica Ongaro Inferiore,

anno 1922.

Previous page: Land

Drainage and Reclamation

Museum entrance.

Below: the Land Drainage

and Reclamation Section.

Associated consortiums

of Land Drainage and

Reclamation-San Donà

di Piave. Drainage plant,

Ongaro Land Drainage

and Reclamation

Consortium, 1922.

Il Museo della Bonifica tende a raccogliere

gli elementi che riconducono alla storia

della città e del territorio circostante con

le sue trasformazioni. Il visitatore si accorge

che i segni del passato e delle trasformazioni

dell’ambiente sono ancora vivi ed immediatamente

percepibili nei grandi impianti della

bonifica, dall’enorme rete di canali, dalle case

rurali costruite per ospitare le famiglie degli

agricoltori, percepisce i segni forti del paesaggio

agrario, prende contatto con il fiume ed i

suoi preziosi tesori naturalistici.

L’edificio nel quale trova sede il Museo della

Bonifica è un ex convento per Clarisse

costruito nel 1967. Diminuito il numero delle

Clarisse, la struttura venne destinata a diversi

usi, finché il Comune la acquistò nel 1982 per

ospitare il nascente museo cittadino.

L’idea originaria prevedeva l’allestimento di una

raccolta di materiale demoetnoantropologico

relativo alla civiltà contadina del territorio.

La positiva collaborazione con il consorzio di

Bonifica “Basso Piave” di San Donà di Piave,

avviata alla fine degli anni ’70, garantì al Museo

una significativa raccolta di modellini, plastici

Il museo venne aperto al pubblico nell’ottobre

del 1983 e intitolato “Museo della Bonifica”.

Si avviò poi la progettazione di una nuova ala,

aperta al pubblico nel 1998. Oltre al nucleo

etnografico e relativo alla bonifica, il museo

ha sviluppato anche una sezione bellica e una

sezione archeologica, attraverso il deposito di

beni di proprietà dello Stato e sotto la tutela

della Soprintendenza per i Beni Archeologici

del Veneto.

La struttura del museo, dal modesto nucleo

che la compone, si dipana in una vastissima

rete di possibili percorsi che non sono solo

circoscritti all’interno delle sue mura ma

in gran parte colloquiano e si integrano

con l’esterno: un museo che rappresenta

emblematicamente la sua città e la sua area di

riferimento territoriale.

Il Museo della Bonifica ritiene di essersi

inserito da tempo nella ricerca di una diversa

immagine dell’Istituto che possa corrispondere

ad un modello più evoluto di museo: esso

mantiene uno stretto legame con il territorio,

è un luogo di comunicazione nel quale sono

fornite informazioni su tutte le attività culturali

che in quest’ambito si svolgono, è un punto

di riferimento per gli eventi che organizza e i

momenti di incontro che propone all’utenza

e che servono a consolidare le connessioni tra

struttura culturale e popolazione, rafforzando

il senso di appartenenza della struttura alla

propria comunità. Sono tutte credenziali

che il museo desidera evidenziare e che gli

hanno permesso di esprimere una propria

caratteristica personalità.

Il Museo della Bonifica è frequentato sia

da visitatori di varia provenienza sia da

scolaresche (dalle elementari alle superiori)

che ne sfruttano le potenzialità didattiche e i

relativi servizi offerti.

e fotografie sull’epoca della bonifica, tanto

che l’Amministrazione decise di allontanarsi

dall’impostazione originaria per accogliere

nella collezione i materiali sulla grande opera

di risistemazione del territorio e istituire così

un museo insolito e particolare: un museo

che avesse anche un significativo contenuto

tecnico-scientifico.

Sezione della bonifica

E’ la sezione che dà il nome al museo e

rappresenta, anche con l’utilizzo di modelli,

quadri esplicativi, fotografie del tempo, il

grandioso lavoro di trasformazione ambientale,

eccellente risultato dell’applicazione di tecniche

sapienti ma anche del lavoro di centinaia

di tecnici e di migliaia di operai. La sezione


The Land Drainage and Reclamation Museum

brings together a variety of elements which recount

the history of San Donà di Piave, the surrounding

territory and the extensive transformation it has

undergone over the years. Traces of the past and the

dramatic changes which the land underwent are still

vividly present in the immense drainage and reclaim

works, the vast network of canals and the country

cottages built to house farm labourers and their

families, providing visitors with the opportunity to

observe the development of the farmland over time,

and to become acquainted with the river Piave and

its precious natural resources.

The museum is housed in a building formerly used

as a Poor Clares convent constructed in 1967. As the

number of nuns diminished throughout the years,

the building was put to a variety of uses until it was

bought by the Town Council in 1982 to house the

civic museum at the time, in the early stages of its

development.

Initially the museum was to house a collection of

demoethnoanthropological materials relating to

farming life in the area. It was fortunate to benefit

from a collaboration with The Land Reclamation

Association Basso Piave (set up in the 1970s), which

donated a considerable collection of models, maps and

photographs relating to the period of land reclamation.

However, the variety and scope of materials was such

that it led the Administrative Board of the museum to

reconsider the original idea for the collection, extending

it to include materials relating to the extensive

reclamation works carried out in the area. The result

is an unusual and unique museum which now also

features exhibitions with a significant technical and

scientific content.

The museum was given the name Museo della Bonifica

and opened to the public in October 1983 during

the Fiera del Rosario. A new wing was subsequently

added to make space for the exhibits. Besides the core

ethnographic and land drainage sections, the museum

has also developed an archaeological exhibition and

another dedicated to the two World Wars, which

feature state owned items and artefacts, the use of

which is authorized by the State Departmen for the

Protection of Archaeological Heritage of the Region of

Venice.

The moderately sized central part of the museum spans

out into a vast network of exhibition spaces and trails.

These lie not only within the walls of the building

itself but also lead into the surrounding environment:

thus the centre does not solely function as a traditional

museum used to house collections, but has been

expanded and transformed into an Ecomuseum a

museum which represents its city and the surrounding

territory.

The Land Drainage and Reclamation Museum is

dedicated to the development of an institutional

image which corresponds to a new and more

progressive sense of what a museum can be. It

fosters close links with the local community, and

acts as a communication point where visitors

and locals can find information regarding the

wide range of cultural activities relating to the

museum’s central theme. The events and meetings

organized in the venue serve to consolidate the

links between the cultural centre and the locals,

reinforcing the sense of the museum as a resource

which belongs to the community.

The museum wishes to highlight these features,

all of which have contributed to the creation of a

museum with its own unique personality. Visitors

to the museum come from a wide variety of areas,

and include students of all ages, from primary

to secondary school, who can benefit from the

educational programmes run by the museum.

Land Reclamation Section

The section which gives the museum its name:

models, explanatory pictures and photographs

from the period help illustrate the extraordinary

transformation of the environment brought

about by the application of a high level of

technological expertise, together with the work

of hundreds of technicians and thousands

Sala grande della sezione

bonifica.

Main exhibition room of

the Land Drainage and

Reclamation Section.

museo della bonifica

133


Sezione etnografica

134 dedicata al “commercio, bonifica è stata realizzata in collaborazione

pesi e misure”.

con il Consorzio di Bonifica “Basso Piave”

Ethnographic section al quale appartiene come si è detto, molto

dedicated to “ trade,

weights and measures”. del materiale esposto. L’allestimento di

questa sezione conserva ancora gran parte

della struttura originaria che fu impostata

vent’anni fa dal dott. Luigi Fassetta, autore

di una fondamentale opera sulla bonifica del

territorio.

Sezione etnografica

Questa sezione ripropone l’idea originaria in

base alla quale doveva essere articolato il museo.

I materiali che sono qui esposti costituiscono

l’autentico patrimonio culturale di quest’area

che si caratterizza proprio per il legame che ha

avvinto la terra all’uomo. E in questo senso gli

oggetti della terra, del lavoro, della casa, sono

la concreta testimonianza della cultura che li

ha prodotti. Nella sezione si espone una grande

raccolta di macchinari ed attrezzi agricoli ma

anche di oggetti di uso quotidiano, di arredi

e suppellettili, caratteristico patrimonio delle

case rurali, singolare insieme di materiali

contraddistinti dalle linee semplici e funzionali,

da un design arcaico che un uso più che

millenario ha modellato e rifinito. Materiale

che ormai costituisce “l’archeologia del ‘900”: si

tratta infatti di un insieme di oggetti che per la

intrinseca deperibilità dei materiali con i quali

sono stati realizzati vanno via via scomparendo

e che molti, temendone la definitiva perdita,

hanno raccolto. Ed anche noi abbiamo ritenuto

di raccogliere questi oggetti in gran numero

e nemmeno ci scompongono le critiche che

vorrebbero definire queste raccolte come

banali e ripetitive. Ci preoccupano solo le

vaste problematiche legate alla conservazione

di questi materiali che per la gran parte dei

giovani d’oggi sono sconosciuti e pieni di

mistero e certamente anche di fascino. Il

nostro museo non raccoglie, quindi, in questa

sezione opere d’arte ma solo segni di vita di un

passato abbastanza vicino ma fedeli testimoni

di un’epoca ormai trascorsa e lontana.

La sezione si avvale di suggestive ambientazioni

tese a ricreare, con mobili e suppellettili

d’epoca, i locali domestici della cucina, del

tinello, della camera da letto e, inoltre, di

allestimenti tesi a ricreare un aula scolastica,

una bottega del falegname, del fabbro, del

calzolaio e del sellaio.

Sezione bellica

E’ riferita alla Prima Guerra Mondiale (1915

–1918), conflitto che colpì pesantemente la

città di S. Donà e i suoi abitanti, qui, infatti,

passava la linea difensiva del Piave. La città

venne completamente distrutta, tanto che si

ipotizzò la sua ricostruzione in un altro sito.

Invece, solo grazie alla fermezza degli abitanti,

fu deciso, a partire dal 1919, il rifacimento

degli antichi palazzi. La sezione comprende

una collezione di armi – cimeli rinvenuti

nelle trincee che si sviluppavano parallele

all’asse fluviale, sia da parte italiana, a sud,

che da part austriaca, a nord – alcune divise

di ufficiali dell’epoca, recentemente restaurate

e altri materiali appartenenti all’I.R. Esercito

Austroungarico e del Regio Esercito Italiano.

La sezione comprende anche un settore

dedicato alla Medaglia d’Oro Giannino

Ancillotto, pilota ricordato per lacune azioni

temerarie ed eroiche.


of labourers. The Land Reclamation section was

put together in collaboration with the The Land

Reclamation Association Basso Piave which owns

much of the material exhibited.

The exhibition follows much of the original plan

arranged twenty years ago by Luigi Fasetta, the author

of a major work on land reclamation in the area.

Ethnographic Section

This section houses the collection around which the

museum was to be originally based. The material

displayed represents the authentic cultural heritage of

the area and is characterized by the close bond forged

between the people and their land. In this sense the

objects and instruments of land, work and home present

concrete testimony of the culture which produced

them. The section features a large collection of farm

instruments and machinery. It also includes an unusual

collection of items of everyday use as well as traditional

household furnishings and articles of furniture from

the area’s cottages, their simple and functional lines

the result of an age-old design fashioned and refined

over more than a thousand years. The exhibition

presents material which by now could be considered the

“archaeology of the 1900s". In fact this is a collection

of objects which are slowly vanishing as they are made

from perishable materials and which many, fearing

they would disappear forever, began to collect.

We also decided to collect a large number of such

items, unperturbed by those critics who would argue

that these collections are of a banal and somewhat

repetitive nature. Our concern is simply that of

dealing with the considerable number of problems

the preservation of these items present: objects which,

being largely unfamiliar to the young people of today,

possess a sense of mystery and charm.

Therefore the exhibition in this section is not composed

of works of art, but rather objects which speak of a

way of life and faithfully illustrate an era which,

though not so distant from the present, now belongs

very much to the past.

Using furniture and furnishings of the period, the

ethnographic section features suggestive displays aimed

at recreating the typical home environment of the era;

a kitchen, a small dining room and a bedroom. The

display also includes reproductions of a classroom, a

carpenter’s workshop, a blacksmith’s, a shoemaker’s

and a saddler’s shop.

inhabitants held firm and insisted the town be rebuilt

brick by brick and in 1919 reconstruction work began

on the city’s historic buildings.

The section includes a collection of arms and articles

found in the trenches which ran parallel to the river

on both the Italian and Austrian sides, south and

north of the river respectively. Also displayed are some

recently restored uniforms of army offcials as well as

articles once belonging to the troops of the Austrian-

Hungarian army and the Royal Italian Army. The

section also includes an area devoted to the pilot

Giannino Ancilotto who was decorated with the gold

medal for military valour, and is remembered for his

bravery and bold feats of heroism.

A new exhibition dedicated to the Second World War

and the fight for liberation has recently been opened

on the top floor of the old wing.

Archaeological Section

The Archaeological section is one of great value and

importance. Historical and archaeological research

previously demonstrated that the San Donà area

was home to a vast array of material of notable

archaeological and historic interest. In fact, 7

kilometres from San Donà, along the road which

leads to Caorle, lies the ancient town Civitas Nova

Heracliana. More than one thousand and two

hundred years later the town retains the name of the

original High Medieval town of Cittanova, the ancient

La sezione bellica del

museo.

The section of the

museum dedicated to the

World Wars.

museo della bonifica

135

World War Sections

The city of San Donà and its inhabitants were heavily

hit by bombardments in First World War (1915-1918),

especially as the river Piave, the Italian line of defence,

ran through the city. San Donà was completely destroyed

and the extent of the damage led to the consideration

of rebuilding the town on another site. However, its


136

La sezione naturalistica

del Museo della Bonifica;

particolare del diorama

della palude dolce;

particolare del diorama

della palude salmastra.

The Natural Environment

Section of the museum;

detail of the fresh water

marsh diorama;

detail of the salt marsh

diorama.

Di recente allestimento nel piano superiore

dell’ala vecchia, è un’altra parte della sezione

bellica, dedicata alla Seconda Guerra Mondiale

e alla lotta di liberazione.

Sezione archeologica

E’ una sezione di grande significato. L’evidenza

fornita dai riscontri storici ed archeologici

ha dimostrato che nell’area del sandonatese

doveva esserci una notevole presenza di

materiali da salvaguardare e valorizzare.

Infatti ad una distanza di circa 7 km da San

Donà, lungo la provinciale che si dirige verso

Caorle, si trova l’importantissima realtà storica

dell’antica Civitas Nova Heracliana, della

quale ora sopravvive ancor oggi immutato,

dopo più di milleduecento anni, il toponimo

del centro altomedievale di Cittanova che fu

l’antica progenitrice di Venezia. A Cittanova

nel 697 d.C. - data definita dalla storiografia

veneziana più antica - fu eletto il primo

doge che le cronache veneziane ricordino:

Paoluccio Anafesto. Oltre alle antiche vestigia

della Serenissima, danno corpo alla collezione

archeologica gli ancor più antichi resti

degli insediamenti rustici d’epoca romana,

distribuiti nell’area della centuriazione

opitergina sud che arrivava fino al centro di

San Donà di Piave, e che si allargava verso

nord, a Noventa, Grassaga, verso est ad Eraclea

e Torre di Mosto: terre emerse, coltivate fin

dall’antichità, sfruttate per le estese boscaglie.

La vegetazione, l’ambiente, l’abbondanza

di corsi d’acqua, erano ideali per insediarsi

e prosperare. La sezione archeologica è una

sezione che merita un’ulteriore valorizzazione

e ciò sarà possibile se sarà data, da parte

delle autorità competenti, la giusta rilevanza

agli interessanti ritrovamenti archeologici,

occasionati da ricerche di superficie, ad opera

di appassionati locali. L’allestimento della

sezione è stato curato dal dott. Vincenzo

Gobbo, ricercatore presso l’Università di

Venezia e collaboratore del museo. E’ doveroso

ricordare che tutto il materiale archeologico

è di proprietà dello Stato. Il museo ha

ottenuto dalla Soprintendenza Archeologica

per il Veneto l’autorizzazione al deposito del

materiale rinvenuto nell’area di San Donà e ad

esporne la parte più significativa.

Sezione naturalistica

E’ una sezione da poco costituita: un piccolo

embrione che verrà sicuramente ampliato in

futuro. Lo scopo principale di questa sezione

è quello di fornire la rappresentazione di

com’era l’assetto del territorio prima della

bonifica quando, al posto dei terreni coltivati

che vediamo oggi, c’erano paludi, lagune ed

altre zone umide e l’ambiente, in generale,

era radicalmente diverso. Si è data così la

possibilità al visitatore, sia pur nel limitato

spazio per il momento disponibile, di percepire

la differenza tra lo stato attuale dell’area,

che egli ben conosce e quello che, invece,

c’era prima della bonifica, quando le acque

dominavano gli immensi spazi fino al mare.

Gran parte del territorio del Basso Piave tra il

Sile e la Livenza era un’immensa area umida

con tutte le specificità tipologiche di questo

ambiente, dalle faunistiche alle floristiche.

L’antefatto ambientale della bonifica, costituito

dalla palude, è stato illustrato utilizzando un

grande diorama aperto, detto della palude

estinta. Altri due diorami, protetti in vetrine,

forniscono un’utile sintesi degli aspetti

peculiari paesaggistico – faunistici della palude

dolce e della palude salmastra. La sezione è

stata realizzata in collaborazione con il gruppo

naturalistico “Il Pendolino” di Noventa di

Piave.


forerunner of the city of Venice. The first recorded

election of a Doge, Pauluccio Anafesto, took place in

Cittanova in the year 697 A.D. – a date established by

the oldest Venetian historiography. Besides containing

remains of the oldest traces of the Serenissima Republic,

the collection also features the even more ancient ruins

of the rural settlements from the Roman era. These

were built in the southern centuriazione opiterigina

area, which reached the centre of San Donà di Piave,

extended north to Noventa and Grassaga and east to

Eraclea and Torre di Mosto. The land of this area was

cultivated from ancient times and exploited for its

extensive woodlands: the vegetation, the environment

and the abundant water supplies made the area an

ideal place to settle and flourish.

Further enrichment of the archaeological section is

possible if the relevant authorities are willing to give

the proper weight to the interesting archaeological

finds discovered above ground by local enthusiasts.

The displays in this section were arranged by Doctor

Vincenzo Gobbo, a researcher at the University

of Venice and collaborator of the museum. It is

important to underline that all the archaeological

material is property of the State. The museum obtained

authorization from the Offce for Archaeological

Heritage of the Region of Venice to store all the

artefacts found in the San Donà area and to exhibit

the most important pieces.

Natural Environment Section

This section has only recently been created and the

museum plans to expand it in the future. The main

aim of this section is to provide a picture of the territory

as it was before the land was reclaimed when, in the

place of the fertile farmlands which exist today, the area

was radically different and covered in marshes, lagoons

and wetlands. Even within the small space currently

available, visitors have the opportunity to observe the

differences between the area as it is today and as it

once was before reclamation, when water dominated

the immense spaces before leading into the sea.

A large part of the Lower Piave territory between the

rivers Sile and Livenza was a vast wetland teeming

with the flora and fauna typically found in this kind of

natural environment. This environment is illustrated

using a large open diorama. A further two dioramas,

protected by glass cases, provide a useful summary

of the characteristic features of this type of natural

environment including the fauna of the freshwater

and saltwater marshes. The section was created in

collaboration with the nature group Il Pendolino of

Noventa di Piave.

Orologio in ferro da torre

campanaria. XVI sec;

la sezione archeologica

del museo, relativa alla

romanizzazione del

territorio.

Iron bell tower clock,

16th century;

the archaeological

section of the museum

which illustrates the

Romanization of the

territory.

museo della bonifica

137



ecomuseo ad mira brenta

ad mira brenta ecomuseum

Moreno De Angelis

139


140

Pagina precedente: Villa

Principe Pio, sede del

museo.

Sotto: foto aerea.

Previous page: Villa

Principe Pio, site of the

museum.

Below: aerial view of the

Villa.

L’idea di allestimento dell’ecomuseo Ad

Mira Brenta negli spazi interni alla Villa

Principe Pio (XVII sec.) è stata pensata

nel 2001 dalla CSA Meles soc. coop. in

collaborazione con l’Assessorato alla Cultura

del Comune di Mira. Dopo alcuni tempi

tecnici necessari agli adempimenti burocratici

si arriva all’esecutività della delibera (datata

2001) nel 2004, quando si dà il via ai lavori

di progettazione esecutiva e di realizzazione.

L’inaugurazione, con il patrocinio di G. Celli

si svolge come previsto il 13 marzo 2004.

L’ecomuseo Ad Mira Brenta risulta frutto

di una forte sperimentazione relativa alla

comunicazione di contenuti culturali (e

ambientali). Il percorso è stato pensato per

essere utilizzato a moduli tematici: ogni stanza

parla di un argomento specifico. Il tentativo

è quello del coinvolgimento emozionale

del visitatore, anche attraverso tecniche

multimediali, il quale è costretto ad interagire

con le strutture del museo per poterne ricevere

informazioni. Il risultato è un museo di nicchia

dove ogni angolo parla e descrive aspetti della

Riviera del Brenta: interpretare attraverso suoni

ed immagini il territorio della Brenta, con le

sue ville, il suo ambiente, con gli strumenti

di vita contadina, con le sue industrie e la sua

navigazione.

Sono raccolti i dati relativi:

- agli aspetti della navigazione

- agli aspetti storici

- agli aspetti delle tradizioni popolari

- agli aspetti naturalistici ambientali

- agli aspetti di modificazione del territorio

relativamente alle deviazioni fluviali.

Queste documentazioni sono state acquisite

in tutti gli archivi disponibili nella nostra

provincia, durante un lavoro di raccolta durato

oltre un anno. A tutto questo si è cercato di

dare una forma comunicativa innovativa e

non didascalica per quanto possibile, al fine

di favorire un diverso approccio con il sapere

e la conoscenza, fatto di interazione e di

coinvolgimento.

L’obiettivo dell’ecomuseo è quello di far

nascere comportamenti consapevoli scaturiti

dalle emozioni suscitate da un senso di

appartenenza al territorio, e inoltre riannodare

i fili di una trama fatta di un passato di fatica,

di storie difficili, ma anche di tradizioni,

leggende, cambiamenti.

Pur essendo all’inizio della sua storia e quindi

in pieno sviluppo ed in fase di sua divulgazione

verso l’esterno, l’ecomuseo ha avuto un’utenza

abbastanza variegata per età e provenienza.

Anche se la struttura si articola in tre piani

più un seminterrato, il percorso museale è

vincolato al piano nobile dove oltre al salone

centrale trovano posto aspetti relativi alla

storia, alla navigazione, al teatro e all’ambiente,

articolati in quattro stanze tematiche: sala della

navigazione virtuale, sala del territorio, sala dei

nobili e infine sala dell’industrializzazione.

Navigazione in Villa: ricostruzione stilizzata

e modernizzata di una barca che permette il

viaggio virtuale fra le ville della Brenta sia in

senso geografico (fra Stra e Moranzani) sia

in senso temporale, alternando le immagini

attuali delle ville con le riproduzioni del Costa

opportunamente montate. Introduce la visita

un personaggio: il barcaiolo con un “quadro

parlante” di cui sono curati testi e costumi. I


In 2001 the CSA Meles Società Cooperativa, in

collaboration with the town councillor for culture of

the Municipality of Mira, proposed housing the “Ad

Mira Brenta” ecomuseum in the seventeenth century

Villa Principe Pio.

The proposal, submitted in 2001, was offcially

approved in 2004, when work on the design and

construction of the museum began. The building has

been designated as a listed building by the Arts and

Cultural Heritage Board of the Municipality of Mira

and therefore decisions regarding the creation of the

museum required cautious and careful planning.

The inauguration, under the patronage of G Celli,

took place as planned on the 13 March, 2004 and

marks the moment in which the first ecomuseum of

the Veneto region embarked on its great adventure.

The “Ad Mira Brenta” Ecomuseum is the result of a

new and innovative approach to the promotion and

preservation of an area’s cultural and environmental

heritage. The museum’s layout is based on a theme

based model, each room focusing on a specific area.

The visitor is required to interact with various

instruments and multimedia technologies in order to

obtain information about the exhibits, the aim being

to encourage active involvement and participation on

the part of museum goers.

The result is a local community museum where every

nook and cranny illustrates diverse aspects of the

Riviera del Brenta, depicting the sounds and images

of the Brenta territory and exploring its villas, its

natural environment, the tools and farm implements

employed in everyday rural life, its industries and

navigational history.

An examination of all the available historical archives

in the Veneto region, in a study which lasted over a

year, allowed us to gather documentation relating to

the following areas:

- navigation

- historical background

- popular traditions and customs

- natural environment

- modifications to the terrain due to flooding

Where possible, every effort was made to present the

information gathered in an innovative, dynamic

and communicative format rather than using static

displays and explanatory notes, to encourage a

diverse, more interactive and exciting approach to the

discovery of new facts and information.

The aim of the Ecomuseum is to help develop a greater

level of awareness and sense of responsibility towards

the community and local environment, by generating

in visitors a strong sense of belonging and a recognition

of local identity. It seeks to weave together the separate

threads of the past, recounting a way of life which,

though often harsh and demanding, was also rich in

tradition, legends and subject to great changes and

transformation over the years. Although only recently

opened to the public, the museum has already attracted

visitors of all ages from a wide variety of areas.

The focal point of the museum, which occupies three

stories as well as the basement floor, is the central

second floor where the main hall is devoted to

exhibitions relating to history, navigation, theatre and

the environment. Leading out from the central hall

are four rooms, each dedicated to a different theme:

navigation, the nobility, the natural environment

and the age of industrialisation.

The Navigation Room: a model of a traditional boat

conducts the visitor on a virtual tour of the villas of

the Brenta. The exhibition is introduced by the figure

of a boatman in the form of a “talking picture”. The

journey unfolds through both space and time: visitors

“sail” from Stra to Morazani, observing contemporary

images of the villas placed side by side with

reproductions of Costa prints illustrating the villas

as they were in times past. The film clips featuring a

boat trip along the river Brenta are accompanied by a

soundtrack of seventeenth century Venetian music.

The Ethnographic Room: four wardrobes, representing

the four seasons, were custom built to house the

collection in the ethnographic room, introduced by

another “talking picture”, this time featuring the

figure of a local farmer. Numerous small panels and

drawers can be opened to reveal images, stories and

artefacts which recount the history and traditions of

the Riviera. The lighting and background music in

the room were carefully selected to envelop the visitor

in a quiet and peaceful rustic atmosphere.

Burchiello ormeggiato di

fronte alla villa.

A barge known as a

Burchiello moored in

front of the villa.

ecomuseo ad mira brenta

141


Particolare della stanza

142 filmati della navigazione possiedono solamente

dei nobili: il cibo.

un sottofondo musicale dell’epoca veneziana.

Detail of the exhibition

housed in the Room of

Stanza etnografica: quattro armadi che rappresentano

le quattro stagioni, opportuna-

the Nobility: food.

mente costruiti, nascondono dentro a numerosi

pannelli apribili, cassetti e cassettini, immagini

storie ed oggetti che parlano della storia e delle

tradizioni della Riviera. Particolarmente curata

nella stanza l’illuminazione ed il sottofondo

musicale che crea un’atmosfera bucolica in cui

il visitatore, anche inconsapevolmente si trova

ad essere immerso. Introduce alla visita un

quadro parlante del contadino.

Stanza dei nobili: accolti da un nobile veneziano

(quadro parlante) che accoglie il re di Francia

nel 1574, la rappresentazione dell'evento si

nota nell'affresco a parete del Tiepolo, si passa

attraverso un percorso giocoso che permette di

spiare, come un tempo faceva chi non poteva

essere invitato, una festa di nobili veneziani.

Attraversato questo angusto spazio si entra in

un altro spazio costruito che parla dei giochi e

del cibo dei Nobili, arricchito da riproduzioni

di opere d’arte dell’epoca. Anche qui la musica

ricorda le allegre feste veneziane.

Stanza dell’industrializzazione: la sezione

quattro è completamente differente, non c’è

più musica ma il ticchettio costante di luci di

una ricostruzione simbolica di una catena di

montaggio che pone l’attenzione sui territori

modificati. Anche la temperatura è differente,

finalizzata a creare uno stacco e una separazione

creata dalla rivoluzione industriale. La sala poi

è usata, con proiezioni a soffitto, per descrivere

le tematiche dello sviluppo sostenibile e dei

differenti aspetti dell’industrializzazione

locale. Introduce alla sala il quadro parlante

della “Lavandaia”.

Stanza del teatro e delle maschere: si è pensato

alla ricostruzione di un teatrino all’interno

del salone centrale dell’ecomuseo dove

sperimentarsi, o di persona o con marionette,

sulle tecniche del teatro, con testi preparati ad

hoc su pieces veneziane o libero con testi pensati

a piacere. Per il gusto di scoprirsi teatranti e

fare vero teatro. Alcuni pannelli completano

gli aspetti informativi di questo importane

veicolo culturale e di divertimento.

Tagli e ambiente: con una struttura che

riprende i meandri del fiume e due poster a

muro parliamo anche di ambiente fluviale e di

come negli anni l’uomo abbia pesantemente

interagito con il fiume.

Storia della Riviera del Brenta: cenni della

storia del Veneto e del Burchiello esemplificati

con due pannelli descrittivi.

Piano museologico per i prossimi tre anni

Intendiamo costruire il percorso museale

attraverso la raccolta di esperienze, di reperti e di

materiale fotografico, che colleghi l’ecomuseo

a percorsi differenti, a relazioni maturate in

territori e luoghi diversi. I temi trasversali

che si affronteranno in questo percorso sono

quelli della sostenibilità, relativamente alla

risorsa acqua e alla risorsa territorio. Il filo

logico è inteso come un contenitore che

indicherà i binari tematici delle proposte

culturali e didattiche che l’ecomuseo proporrà

nei prossimi anni. Contestualmente a questa

ideazione proseguiranno le azioni finalizzate

ad aumentare il senso di appartenenza

dell’ecomuseo verso una popolazione locale.

2006 - Territori Lontani, Territori Vicini: in


The Room of the Nobility: an entertaining and funfilled

room: on entering visitors are greeted by a talking

picture featuring a Venetian nobleman welcoming

the King of France, who visited the Riviera in 1575,

an event depicted in the fresco by Tiepolo. Visitors

wander through a narrow corridor where they can

peer through peepholes and spy on a Venetian high

society party, much as those less privileged would

have done in times past. The corridor leads to a

further exhibition space portraying the games and

foods favoured by the noble classes. The music, which

evokes the gaiety and high spirits of Venetian parties

and celebrations, and the inclusion of reproductions

of paintings from the period, all combine to immerse

visitors in the atmosphere of the era.

The Age of Industrialisation Room: the fourth room

is radically different from the others. No music plays,

and the silence is broken only by the steady ticking

of lights emitted by the symbolic reconstruction of a

production line, inviting the visitor to reflect on the

transformation industrialisation brought to the area.

The room is maintained at a different temperature

from the others to produce a tangible sense of the

effect that the great divide between the pre and post

industrialization eras had on local lives and the

environment. The themes of sustainable development

and aspects of local industrialisation are explored

by the use of images projected onto the ceiling of the

room. The talking picture who introduces the exhibit

is the character of “the washer woman”.

The Masks and Theatre Room: a small theatre

constructed in the central hall of the ecomuseum

allows visitors to try out their acting skills and

discover the joy of theatre. Should they not wish to

tread the boards in person, there are puppets at hand

to help recite extracts from Venetian plays or visitors

are free to simply ad-lib their own personal dialogues

and scenes. The room includes displays informing the

visitor of various aspects of the Venetian theatre.

The Natural Environment: constructed to imitate the

curved path of the river as it flows through the terrain,

this section, which includes two wall charts, looks at

the integral role the river has played throughout the

years in local life.

History of the Riviera Del Brenta: two exhibition

panels giving brief accounts of the history of the

Veneto region and the traditional boat known as a

“burchiello”.

Three year Museological Plan

The museum’s collection will be expanded to include

photographs, artefacts and first person accounts and

stories related to the theme of water and land as

sustainable resources on both a local and international

level; a topic which will provide a thematic framework

for the cultural and educational initiatives the

museum proposes to organize in the next three years.

The museum will continue to run activities aimed

at encouraging the direct involvement of the local

community in the life of the ecomuseum.

2006- Lands near and far: in an age when distances

seem to have been drastically reduced by modern

technology, it has become increasingly more diffcult

to fully appreciate and preserve the characteristics

and features of one’s own local territory. This project

aims to put together a series of exhibits and activities

which, by examining the characteristics, traditions

and cultural heritage of both the local community

and those of far-off lands, reveal how they may appear

to differ greatly and yet on closer examination hold

many things in common.

2007- Water near and far; this project takes water

as its central theme: a precious resource common to

all, a resource once thought to be infinite which now,

its supplies dwindling, must be used with care and

caution in a world where many have it in plentiful

supply while others suffer from its scarcity.

The aim is to collect material, including stories and

experiences, which will lead visitors to re-evaluate the

importance of water as a resource and its fundamental

role in our lives.

A further aspect explored will be that of water as a

means of transport.

2008- Peoples near and far; the rhythms, climate,

distinctive features and inherent dangers of their

immediate physical environment undoubtedly

condition people’s lives. Drawing on experiences

from different social contexts and environments,

this project examines some of the different and often

ingenious ways people interact with and adapt to

their surrounding environment - allowing us to rethink

our own attitudes to the natural world we live

in and suggesting new ways the quality of life can be

improved by developing our relationships within the

local community and the surrounding environment.

2009- Tools and instruments near and far: This

exhibition will examine the tools, instruments and

machinery used in modern times and by-gone days,

interpreting their role as the means through which

man interacts with his environment. By tracing their

evolution from past to present, the project aims to

situate these instruments in a broader historical and

social context, imbuing common, every-day modern

instruments with a new and deeper significance.

Stanza dell’industria: gli

stabilimenti di Mira.

Age of Industrialisation

Room: The industrial

plants of Mira.

ecomuseo ad mira brenta

143


144

Laboratorio didattico con

una classe.

Young children taking

part in an educational

workshop.

un’epoca dove grazie alla tecnologia le distanze

sembrano estremamente ridotte, si fatica a

mantenere e a valorizzare le caratterizzazioni

dei propri territori. Con questo progetto si

vogliono lanciare attività che permettano

di passare dalle diversità alle peculiarità,

alle tradizioni, ai patrimoni locali, vicini e

lontani.

2007 - Acqua Vicina e Acqua Lontana: l’acqua

è un bene di tutti. Da una sensazione comune

che ci faceva credere che ce ne sarebbe stata

sempre per tutti alla necessità attuale del

risparmio. Chi ne ha di più e chi ne ha di

meno. Le diverse attività pensate su questo

filone cercheranno di raccogliere esperienze e

valori per percepire una differente importanza

dell’acqua. Acqua anche come mezzo di

trasporto.

2008 - Uomini vicini e Uomini lontani: il

territorio condiziona l’uomo? Sicuramente

sì, con i suoi ritmi, i climi, i rischi e le

sue peculiarità. Le differenti capacità di

adattamento e le ingegnosità, le esperienze

maturate in contesti sociali e ambientali

differenti ci possono dare suggerimenti per

modificare parte dei nostri comportamenti.

Alla ricerca di una maniera per aumentare la

qualità della vita anche attraverso il rapporto

con gli altri e con l’ambiente circostante.

2009 - Strumenti vicini e strumenti lontani:

strumenti come mezzo di interazione fra

l’uomo ed il suo territorio. Questo contenitore

parla di passato e presente, recupera ciò che è

stato per dare significato a ciò che è. Ma non

si ferma qui, serve a raccogliere esperienze per

dare spunti ed indicazioni per un futuro.


museo del manicomio di san servolo

san servolo mental institute museum

Diego Fontanari e Mario Galzigna

145


146

Pagina precedente:

l’edifico che ospita il

museo sull’isola di San

Servolo.

Foto © F. Calzolaio.

Previous page: the

museum on San Servolo

Island. Foto © L. Armiato

In questa pagina: busto

di microcefalo.

In this page: bust of a

microcephalic.

Premessa

La Fondazione San Servolo – Istituto per le

Ricerche e gli Studi sull’Emarginazione Sociale

e Culturale – ONLUS ha realizzato un museo

che è stato inaugurato il 20 Maggio 2006 e che

raccoglie i reperti appartenuti al Manicomio

di San Servolo, istituzione questa che ha

caratterizzato la storia dell’isola di San Servolo

dai primi anni del ‘700 fino al 1978; un luogo

per poter leggere, conoscere e scoprire il legame

che ha unito, anche se nel dolore, la comunità a

questa parte del suo territorio.

Lo scopo principale del Museo, già implicito

nella sua denominazione (La follia reclusa),

è quello di mettere in evidenza – attraverso

reperti specifici, didascalie e pannelli esplicativi

– la dimensione emarginante e segregante

dell’istituzione manicomiale.

Lo spazio asilare di San Servolo, destinato,

nel 700, al ricovero dei militari “infermi”,

venne strutturato come “Morocomio” (e poi

come Manicomio) nella prima metà dell’800.

Fin dai suoi esordi, il Manicomio fu diretto

dai Fatebenefratelli, cioè dall’antico ordine

religioso di San Giovanni di Dio, ricco di

tradizioni nell’ambito dell’assistenza ospedaliera

e già presente in isola nel primo 700. Padre

Prosdocimo Salerio, laureato in Medicina

a Padova, diresse l’Istituto per trent’anni, a

partire dal 1847: tra i direttori appartenenti

all’ordine dei Fatebenefratelli, egli fu il primo

ad essere anche medico. Il Direttore, religioso

e medico, venne sempre affiancato da medici

laici: Andrea Saccardo, ad esempio, e Cesare

Vigna, “alienista” molto noto, che divenne,

nel 1873, il primo Direttore del Manicomio

Femminile di San Clemente.

Religiosi e medici erano assolutamente concordi

sulla necessità di isolare e di reprimere i folli, e

quindi sulla curvatura custodialistica concepita

come dimensione fondamentale, come ragion

d’essere dell’istituzione manicomiale. Per essi,

non era neppure pensabile una “cura” della

follia fuori dall’orizzonte dell’isolamento e

della repressione, della segregazione e della

contenzione. Quando, nelle cartelle cliniche

e nella maggior parte dei testi psichiatrici

ottocenteschi – da Pinel a Salerio, da Esquirol

a Vigna – si parla di “cura”, o addirittura di

“cura morale”, si fa sempre riferimento alla

loro necessaria appartenenza ad un contesto

disciplinare: e cioè al disciplinamento e alla

moralizzazione di pazienti internati, quasi

sempre in maniera costrittiva, all’interno di

strutture repressive e segreganti. Del resto già

in Esquirol, letto ed ammirato dagli alienisti

operanti a San Servolo, la “cura morale” non

è pensabile senza la presenza di quelli che egli

chiama “apparati di forza”: essa si dispiega

quindi lungo un continuum, che include,

certamente, il dialogo “terapeutico” tra medico

e paziente, ma che comprende anche, a seconda

dei casi, strumenti di repressione, di dissuasione

e di contenzione.

Contenimento e contenzione

All’interno del Museo, le didascalie dei reperti

ed i vari pannelli esplicativi – a partire da

quello dedicato alla storia del manicomio

e alle sue lontane matrici settecentesche –

utilizzano e talvolta riproducono fonti esistenti

nella Biblioteca e nell’Archivio: documenti

medici e amministrativi, foto di alienati, foto

della struttura asilare e dei suoi padiglioni,

eccetera. Alcune particolari fonti d’archivio

– ad esempio le Buste Fabbriche e le Buste

Farmacia – hanno reso possibile la descrizione

dello sviluppo storico delle strutture e degli

arredi. Lo stesso discorso è valido per alcuni

settori-chiave del museo: ad esempio il settore

Malati/Contenzione, che espone diversi

strumenti di contenzione. Collocare nella

giusta prospettiva storica questi importanti


Introduction

The San Servolo Foundation – Institute for Resarches

and Studies on Social and Cultural Marginalization

– ONLUS realized a museum that was inaugurated

in may 2006 and collects the finds that belonged to

the mental Hospital of San Servolo, foundation that

characterized the story of San Servolo Island from the

first years of the ‘700 until 1978; a place where one

can read about, get to know and discover the link that

united, even if with diffculty, the community to this

part of its territory.

As can be gathered from its name (Madness Under

Lock and Key), the aim of the museum is to highlight

– using artefacts, captions and display panels – the

exclusion and segregation that lie at the heart of the

mental institution.

The asylum on San Servolo island was used during

the 1700’s for “poorly” servicemen. Later, during

the first half of the 1800’s, a mental institution was

created: this later became an asylum. From its very

beginning, the mental institution was run by the

Fatebenefratelli brotherhood, an ancient religious

order with a long-standing tradition of hospice aid.

The brotherhood had been active on the island since

the early 18th century. Father Prosdocimo Salerio, who

had graduated in Medicine at Padua, was the head

of the institution for 30 years, from 1847 onwards.

Among the members of the Fatebenefratelli order

who held the chair of director, Father Prosdocimo was

the first to be a doctor. The director, clergyman and

doctor, was always assisted in his role by lay doctors:

Andrea Saccardo, for example, and Cesare Vigna, a

renowned alienist, who went on to be the first head of

the San Clemente Female Mental Institution.

Both the friars and the medical professionals agreed

that the isolation and restraint of the mentally ill was

essential. Thus, custody was considered a crucial factor,

the mental institution’s very “raison d’être”. In their

opinion, any form of “treatment” other than isolation,

restraint, segregation or containment, was unthinkable.

When one comes across the term “treatment” or even

“moral treatment” in the 19th century records – under

Pinel, Salerio, Esquirol and Vigna – what is being

referred to is a correctional dimension. The patients were

disciplined and made to conform, almost invariably

through the use of constraint, within segregated and

repressive facilities. As had already been seen in

Esquirol’s writings, widely read and respected by the

alienists working at San Servolo, a “moral treatment”

cannot be carried out without the use of what he refers

to as “restraint devices”. The process is long and drawnout,

involving, naturally, “therapeutic” interviews

between patient and doctor, but also variable uses of

repression, dissuasion and constraint devices.

Restraint and Containment

Inside the museum, the captions alongside the artefacts

on show and the information panels have been based

on sources found in the library and the institution

archive. This can be seen right from the beginning in

the historical explanation of the Mental Institution

and its roots in its 18th century set up. In some cases,

medical and administrative records, photos of inmates,

as well as photos of the hospital buildings and facilities

are reproduced. Among the archive photographs,

the Building Files and Pharmacy Files have made

it possible to create a detailed account of how the

facilities and fittings changed over time. The same can

be said for some of the key areas of the museum; as in

the case of the Patients and Restraint sections, where

several restraint devices are on display. It is of great

importance to create a faithful, historical perspective in

which such items can be constructively displayed. This

kind of educative impact has been successfully attained

in the most important European psychiatric museums

(in the S. Maria della Pietà in Rome and the The

Guislain Museum in Gand). By doing so, a careful

analysis of the relationship between the approaches

emerges: a juxtaposition of those methods that aim to

“contain”(the so-called moral treatments) on one hand

and to those that aim to “check” on the other (physical

treatments, repressive and constrictive measures, ECT,

sedation and other forms of pharmacological control).

The museum’s intent is to show a wider public –

Sezione laboratorio.

Foto © S. Ghesini

The laboratory.

museo del manicomio

147


veicolato momenti di ascolto, tecniche di cura e

modalità di contenimento che troveranno pieno

sviluppo, in tempi più vicini ai nostri, fuori dalle

mura dell’asilo e dopo il varo della legge 180.

Sezione terapie.

148 reperti – giustamente valorizzati da tutti i più

Room of the therapies. importanti musei storici della psichiatria, –

significa valutare attentamente il rapporto tra

le modalità del “contenimento” (le cosiddette

“cure morali”, già menzionate) e le modalità

della “contenzione” (cure fisiche, provvedimenti

repressivi e costrittivi, elettroshock, sedazione

e “contenzione” farmacologica). Il Museo

si propone di rendere evidente anche al

grande pubblico – con il supporto di testi, di

documenti, di foto, di reperti – questa stretta ed

ineliminabile connessione tra i due livelli.

Il Museo del Manicomio di San Servolo è

stato allestito obbedendo a rigorosi canoni

storiografici. Nei limiti del possibile, si è

quindi cercato di rendere evidente la stretta

connessione tra contenzione e contenimento,

senza forzature ideologiche, e quindi senza

privilegiare o senza autonomizzare nessuno

dei due livelli. Il manicomio lungo tutta la

sua storia ha funzionato come dispositivo

carcerario, producendo emarginazione, violenza,

repressione, contenzione. Tuttavia, all’interno

di queste sue dimensioni costitutive – anche se

mai autonomamente da esse – il manicomio ha

Il trionfo dell'organicismo e il declino della

cura morale

L’asilo psichiatrico di San Servolo ha rafforzato,

soprattutto durante tutto il secolo XX, la sua

natura di ospedale, mettendo fatalmente in

secondo piano, già a partire dall’ultimo quarto

del secolo XIX, la cosiddetta cura morale. Questo

aspetto risulta assai evidente se si tiene presente

la ricchezza di reperti – alcuni dei quali molto

rari – relativi al Laboratorio e all’Ambulatorio.

Emerge un dato assolutamente evidente,

facilmente leggibile nella fisionomia dei reperti:

la medicalizzazione della follia – e la conseguente

inscrizione della psichiatria nella medicina

– ha progressivamente svuotato la cura morale,

facendo definitivamente prevalere, entro le

mura dell’asilo, un punto di vista marcatamente

riduzionista, incline a far dipendere la malattia

mentale da cause esclusivamente biologiche;

un punto di vista ampiamente preparato dalla

curvatura organicista che domina l’alienistica

europea di fine ottocento: teorie della

“degenerescenza”, teoria della malattia mentale

come tara ereditaria, conseguente abbandono

di ogni prospettiva curativa e di ogni possibile

ottimismo terapeutico.

Mostre temporanee

L’intera isola di San Servolo è dedicata a

iniziative culturali di livello internazionale, come

l’Università Internazionale di Venezia (VIU).

Oltre alla didattica, ai convegni internazionali

ed al Museo del Manicomio, nell’isola si

svolgono delle mostre temporanee tra cui quella

dello scorso anno, del tutto pertinente con la

rete ecomuseale, “oggetti e utensili della cultura

materiale”, promossa da San Servolo Servizi e

dalla Provincia di Venezia per portare alla luce

capacità tecniche antiche ed ancora attuali e la

più recente "Luoghi ritrovati dall’archivio di San

Servolo" allestita dalla Fondazione San Servolo

che partendo dalle fotografie di fine Ottocento

affianca a queste gli stessi luoghi come sono ora

dopo i restauri.


through explanations, documents, photos and artefacts

– the deep and intrinsic links between these two levels

of treatment.

The San Servolo Mental Institution Museum has been

laid out following strict historiographic principles. Where

possible, the close ties between the “contain” and “check”

approaches have been highlighted. Efforts have been

made, however, to avoid sweeping ideological sophisms

that could have given either one of the elements a greater

importance or autonomy. Throughout its history the

mental institution was a form of detention, generating

exclusion, violence, repression and restraint. However,

it needs to be said that alongside this framework – and

in a certain sense outside it – the mental institution

witnessed moments of dialogue, treatments and forms

of containment that would see their full development

in more recent times outside the institutional context

and following Law no.180.

The Triumph of Organicism and the Decline of

Moral Cures

The asylum on San Servolo strengthened its role as a

hospital, especially during the 20th century. A fatal

mistake was made, however, in relegating the so-called

moral cure to an inferior status in the closing decades

of the 1800’s. This feature becomes very clear when one

takes into consideration the wealth of artefacts – some of

which are rather rare – relating to the Laboratory and the

Consulting Room. If one considers the medicalization

of madness and the consequent inclusion of Psychiatry

in the realm of Medicine which was taking place at

the time, one aspect becomes increasingly clear when

examining the nature of the artefacts. The gradual

undermining of the effectiveness of moral treatments

that took place within the institution walls paved the

way for a reductionist point of view, where mental illness

is considered to be caused purely by biological factors (it

must be said that the Organicist trends that dominated

European Alienism at the end of the 1800’s had paved

the way for this new framework):a framework that

depended on Degeneracy theory and theories presenting

mental illness as hereditary anomaly, which in turn led

carers to forestall all prospects of treatment and deny all

hope of cure.

Temporary Exhibits

The entire island of San Servolo is dedicated to

cultural activities at an international level, such

as the International University of Venice (VI U).

Apart from didactics, international conventions

and the “Museo del Manicomio” contemporary

exhibits take place on the island. Among these was

one of last year’s shows entitled “objects and tools of

the material culture”, an exhibit altogether relevant

to the ecomuseum network. It was promoted by San

Servolo Servizi, and by the Province of Venice and

highlighted old and still used technical capabilities.

The most recent highly relevant exhibit “Rediscovered

places from the San Servolo Archive” was organized

by the San Servolo Foundation. Images taken at the

end of the 19th century are juxtaposed to images of

the same places as they are today after restoration.

Sala contenzione e

balneoterapia.

Foto © S. Ghesini

Room of the Restraint

section.

museo del manicomio

149


150


museo di marghera

museum of marghera

Giuseppe Scaboro

151


152

Pagina precedente:

scavo di canali per il

nuovo porto industriale;

sotto: capannoni dei

cantieri navali veneziani

e acciaierie del canale

industriale nord, 1919.

Foto © Archivio Studio

Aicof - Resini.

Previous page: digging

the canals for the new

industrial harbour;

below: the sheds of the

Venice shipyards and

steelworks along the

northern industrial canal,

1919.

La stanza di Marghera

L’intenzione di dar vita, a Marghera, ad un

luogo dell’archeologia industriale è stata

esplicitata dalla Provincia in più occasioni:

l’occasione del programma europeo Cultura

2000 è una di queste.

Includere Marghera tra i possibili luoghi

dell’ecomuseo della Laguna apre una possibilità

in più, non solo per scambiare idee e ‘imparare’

dalle buone pratiche europee, ma anche

per esplorare i futuri assi di finanziamento

comunitari, in grado di far maturare questa

intenzione verso la sua realizzazione.

L’Assessorato alle Attività produttive della

Provincia di Venezia (partner del progetto

europeo “Patrimonio industriale tra terra e

mare: per una rete europea di ecomusei”)

ha voluto farsi diligente nel promuovere

l’incontro tra quanti, pubblici e privati, siano

proprietari di alcune testimonianze della

“memoria” di Porto Marghera che rischiano

di andare perdute per sempre, per verificarne

le possibilità di salvaguardia attraverso azioni

concrete e condivise.

Si tratta di manufatti importanti, come treni

di laminazione, calandre, turbine, torri di

legno, parti di stabilimenti, archivi fotografici

documenti sindacali delle lotte operaie o di

altra natura ‘cartacea’. Il primo passo è di non

perderli.

Negli ultimi 20 anni a Porto Marghera molto

è andato perduto, mentre alcuni edifici si sono

salvati perché destinati ai più vari riusi, tra cui

quello neoindustriale.

Porto Marghera è uno dei più grandi poli

industriali italiani, direttamente affacciato su

una delle Lagune più suggestive del mondo

attraverso cui si può andare alla scoperta della

storia dell’industria e di una tecnodiversità

difficilmente rinvenibile in altri luoghi. Un

ambiente antropizzato unico, ricco di storie di

vita e di lavoro, sempre in evoluzione e sempre

più multiculturale; a cavallo tra produzione,

dismissione, riconversione e innovazione, che

si presta elettivamente alla sperimentazione

di nuovi dispositivi museali, alla declinazione

originale degli ecomusei e dei musei della

Industria e della Tecnica.

Marghera è un’area estesa che racchiude realtà

eterogenee:

· zone industriali produttive

· zone industriali dismesse

· zone industriali riconvertite

· aree portuali e attività logistiche

· abitazioni e centri ricreativi per i lavoratori

(anch’essi sia in uso, dismessi o riconvertiti)

Le diverse funzioni rispecchiano la nascita e lo

sviluppo di una delle prime e principali realtà

produttive in Italia per quanto riguarda la

chimica, l’acciaio, l’elettricità ed attualmente

l’evoluzione verso nuovi utilizzi e nuove

applicazioni come la logistica ma anche la

ricerca e la conoscenza (nanotech, biotech,

idrogeno e nuove energie, ecc).

Per questa diversità di ambienti, strutture e

attività “l’ecosistema” di Marghera offre edifici,

manufatti, beni di assoluto rilievo per conoscere

il passato, ciò che abitualmente si associa ad un

museo, ma anche per capire la realtà odierna del

territorio e per progettare il suo futuro.

In questo senso il concetto di dispositivi

museali, quale sviluppato da Louis Bergeron

nel progetto europeo “Patrimonio industriale


The Marghera room

The intention to create a site dedicated to the industrial

archaeology of Marghera has been expressed by the

Veneto Provincial Authority on numerous occasions,

one of which was during the European Culture Project

2000.

The inclusion of Marghera as one of the possible sites of

the Lagoon Ecomuseum provides further opportunities

for the project, not only to exchange ideas and gain

experience from European best practices, but also

to explore the availability of future EU funds which

would permit this plan to become a reality.

The Veneto Regional Board for Productive Activities

(a partner of the European project entitled “Industrial

heritage between land and sea: towards a network of

European Ecomuseums”) made a sustained effort to get

in contact with those, both public bodies and private

individuals, who owned some of the testimonials to the

“memory” of Porto Marghera, which are at risk of being

lost forever, in order to establish if it were possible to

safeguard and preserve them by means of a concrete plan

of action that could be agreed on by all those involved.

The items in question include both important articles

such as rolling mills, rolling presses, turbines, wooden

towers, sections of plants, photographic archives, as well

as labour documents of worker's disputes or of another

nature.

The first step in putting together the museum is to

collect these items and prevent them from physically

disappearing from the material cultural heritage

forever.

In the last twenty years many items have, effectively,

ben lost in Porto Marghera, while some buildings have

been saved as they were destined to be put to further

use, including neoindustrial use.

The Port of Marghera is one of the biggest industrial

centres in Italy; directly overlooking one of the most

picturesque lagoons in the world. Marghera provides

a gateway to the discovery of the history of industry

and a technodiversity diffcult to find elsewhere. This

unique anthropized setting is rich in tales of life and

work, an environment in constant development which

is becoming more and more multicultural by the

day. Experiencing at once the realities of production,

divestment, reconversion and innovation , it lends itself

perfectly to experimentation in the field of museology and

to the original idea behind the concept of ecomuseums

and museums of industry and technology.

Marghera is a vast area, host to diverse activities and

settings which include:

· industrial production zones

· industrial zones which have fallen into disuse

· reconverted industrial zones

· port facilities and logistic operations

· residential areas and workers’ social clubs (some of

which are in use, others which have been reconverted

or remain abandoned).

The various activities outlined above mirror the birth

and development of one of the first and most important

production areas of Italy with regard to the production

of chemicals, steel and electricity, as well as illustrating

the present day evolution towards new applications

and areas such as logistics, research and development

(nanotechnology, biotechnology, hydrogen and new

energy sources etc).

Because of this diversity, in terms of environments,

structures and businesses, the ‘ecosystem’ of Marghera

provides buildings, manufactured items and goods which

are not only of immense importance in understanding

the past - a role most commonly associated with

museums – but also in understanding the present-day

reality of the territory in order to plan for its future.

In this sense the concept of museum as developed by

Louis Bergeron in the European project “Industrial

heritage between land and sea: towards a network of

European Ecomuseums” not only allows for the rooms

facing the lagoon to be considered a museum, but also

requires that these rooms be organized in ways which

respond to the diverse and specific needs of each one.

Museum projects which are capable of introducing the

past and collective memory into the projects of the future

is what is envisaged for Marghera- putting knowledge

to a specific use in relation to innovation.

The same production processes and the attendant

transformations taking place in the area are often

Il padiglione dei

Complessi a Porto

Marghera.

Foto © Immobiliare

Veneziana.

The pavilion of Complessi

in Porto Marghera.

museo di marghera

153


· macchinari (impianti, turbine, ecc.)

· materiale fotografico (archivi, vedute interne/

esterne, riproduzioni di materiali originali

andati perduti e dei materiali esistenti)

· materiale cartaceo (relativo alla produzione, ai

contratti, manifesti, volantini, riviste, atti, ecc.)

· memorie personali (racconti, testimonianze,

vite dei lavoratori).

Un addetto alla

154 tra terra e mare: per una rete europea di

sabbiatura delle lamiere,

Porto Marghera 2004. ecomusei” permette di declinare il museo, non

Foto © D. Resini solo in stanze affacciate alla Laguna, ma di

Someone in charge of trattare queste stanze con modalità e strumenti

the sandblasting of steel

che rispondano alle diverse, specifiche esigenze

sheets.

di ciascuna. Ciò che si ipotizza per Marghera

è l’impiego di dispositivi museali idonei a

immettere memoria nel progetto del futuro.

Una specifica forma di uso della conoscenza

per l’innovazione.

Gli stessi processi di produzione e le

conseguenti trasformazioni in atto nella zona,

spesso dettate da dinamiche esterne e dalle

strategie economiche di società multinazionali

non radicate sul territorio, trascurano in molti

casi la conservazione di quanto è presente a

Marghera, e ha determinato l’identità dell’area

oltre che di alcune generazioni.

La memoria e le conoscenze accumulate nella

storia produttiva dell’area sono da considerarsi

a rischio.

II materiale che si ritiene fondamentale

salvaguardare comprende:

· edifici (ad uso produttivo, abitativo,

ricreativo)

Mission del museo

La mission è, in primo luogo, la necessità di

preservare e salvaguardare quelli che sono

stati chiamati “oggetti della memoria”, non

disperdere il patrimonio storico relativo alla

zona industriale di Porto Marghera e più in

generale al quartiere.

Tale patrimonio rappresenta e testimonia la

storia di un territorio (da qui la vocazione

ecomuseale), ma anche la tecnodiversità delle

produzioni (da qui la vocazione a museo

dell’industria e della tecnica), il contributo della

popolazione locale (che richiede dispositivi di

tipo specifico, innovativi).

Dare uno spazio ai materiali, alla cultura tecnica

e di produzione, ed alla storia di Marghera

e dei suoi lavoratori è il primo passo. Non

disgiunta da questa, è ben presente la volontà

di divulgazione e messa a disposizione dei

materiali e la conseguente proposta di esperienze

di visita dell’area, virtuale o, dove sia possibile,

concreta: alla scoperta di una delle stanze della

Laguna di Venezia. Mettere a disposizione il

grande patrimonio di Marghera, in un circolo

accessibile: o fisicamente, come “luogo reale” o

virtualmente, come stanza nella rete interattiva.

Queste modalità non si escludono a vicenda.

La sfida consiste, dunque, nel salvaguardare ed

allo stesso tempo rendere fruibili i materiali e

le memorie proprie dell’ambiente - produttivo

urbano e sociale - in cui sono stati collocati fino

ad oggi, senza trasferirli, se non eventualmente

in un secondo momento, in un’area limitata

e definita, o in un edificio. Si ipotizza che ciò

avvenga anche attraverso il coinvolgimento

dei principali attori del territorio e la messa in

rete di esperienze che già si stanno muovendo

su questa importante e faticosa strada della

raccolta delle memorie (es. attività promosse


dictated by external dynamics or the economic strategies

of multi-national companies without a deep-rooted

base in the territory who in many cases neglect the

preservation of that which already exists in Marghera

- a situation which has shaped the identity of the area

for some generations.

The memories and the knowledge which has been built

up over the years of production in the area are to be

considered at risk.

The preservation and protection of the following is

considered to be fundamental:

· buildings (for production, residential, recreational

use)

· machinery (plants, turbines etc)

· photographic material (archives, internal and external

shots, reproductions of original items both lost and still

in existence)

· documents (relating to production, contracts, posters,

leaflets, magazines, deeds etc)

· personal memoirs (stories, first hand accounts, accounts

of workers’ lives).

Museum Mission

The mission is, above all else, to preserve and safeguard

what have been called the ‘objects of memory’ so as not

to allow the historical heritage of the industrial zone

of Marghera port and the surrounding neighbourhood

to be lost. This heritage represents and bears witness

not only to the history of a particular territory (hence

the designation of ecomuseum), but also to the

technodiversity of production (hence the designation

of industrial and technical museum) as well as the

contribution of the local population (which calls for a

specific, innovative platform).

The first step is to provide a space for the artefacts, the

production and technological culture, and the history of

Marghera and its workers. Linked to this is the desire to

make the material available and publicize it, followed

on by proposals of virtual, and where possible, actual,

visits to the area, the aim being to bring together the

great heritage of Marghera and make it available and

accessible to all.

This could be done either physically, as a ‘room’ in the

Lagoon, or virtually, as an interactive ‘actual site’ online,

where one way of presenting the material does not

exclude the other, as has been noted, but instead creates

a complimentary relationship where each platform adds

value to the other.

The challenge, therefore, consists in preserving the

heritage on one hand, while at the same time being

able to use the material and the historic memory in the

actual environment – be it productive, social or urban –

where they have existed until today, without transferring

them to a limited and defined area or building, at least

not until a later date if it were necessary.

This could come about with the involvement of the most

important forces in the territory, and the creation of a

network which would bring together projects and people

who have already embarked on this important and

taxing journey to gather together the historic memory

of Marghera ( for example projects promoted by the

Municipality of Marghera and the Town Council of

Venice and others).

Proposals for the organization of the museum

Marghera is still a productive area.

More than two thousand hectares, 315 installed

enterprises, one of the most important port facilities in

Italy, sectors such as chemical, aluminum, ship building,

and energy still represent consistent and fundamental

parts of the Italian industrial set-up.

Here, a new agreement has been signed, after that

of 1998, that outlines foundations and choices for a

new revival and for future transformations of the

actual productive set-up that is compatible with the

environment.

All of this can be an ulterior incentive to safeguard both

the industrial heritage and the professionalism of the

workers.This could be perceived as a situation which

could hinder the establishment and running of museum

activities, it is, in actual fact, one of the strengths of our

proposal - to use the museum activities as a force of

innovation which contribute to the future of the area.

The challenge presented by the desire to illustrate the

history of production in the very locations where it is

Marghera, diporto

e giardino in isola:

sovrapposizioni e

potenzialità in laguna.

Foto © F. Calzolaio.

Marghera, a pleasure

boat and a garden in an

island: superimpositions

and potentialities in the

lagoon.

museo di marghera

155


Porto Marghera, Vega:

156 dalla Municipalità di Marghera, dal Comune

di Venezia e altri soggetti).

la ex torre di

raffreddamento del

centro studi sulle

nanotecnologie.

Foto © Provincia di

Venezia.

Porto Marghera, Vega:

cooling tower, presently

the nanotechnology

study center.

Proposte di fruizione

Marghera è ancora un’area produttiva.

Oltre duemila ettari, 315 imprese insediate,

una portualità tra le prime in Italia, settori

come la chimica, l’alluminio, la cantieristica,

l’energia, rappresentano ancora parti consistenti

e fondamentali dell’assetto industriale italiano.

Qui è stato siglato un nuovo accordo, dopo

quello del 1998, che pone le basi e le scelte per

un nuovo rilancio e per le future trasformazioni

dell’attuale assetto produttivo compatibile con

l’ambiente.

Tutto questo può essere di ulteriore stimolo alla

salvaguardia sia del patrimonio industriale che

della grande professionalità dei lavoratori.

Ciò che potrebbe essere percepito come

impedimento ad una attività museale, in realtà

è uno dei pilastri della nostra ipotesi; utilizzare

dispositivi museali per l’innovazione e il futuro

dell’area. Proprio dall’interesse e dalla sfida di

rendere accessibile la storia della produzione

nei luoghi dove essa ancora risiede ed opera,

prendono vita le due proposte di fruizione

dell’area attraverso:

· il museo virtuale;

· gli itinerari

La “stanza” di Marghera su internet ha lo scopo

di dare asilo alle risorse e di raccoglierle tutte

in un unico luogo, seppure virtuale. Questo

strumento è la porta di accesso che consente di

collegare in rete gli archivi già disponibili e dare

unità ai materiali e alle loro rappresentazioni

visive legandoli alle relative produzioni e storie

e ai corrispondenti itinerari.

L’articolazione ipotizzata è per sezioni,

ad esempio: Industria, Plastica, Storie di

Marghera, Community, Itinerari. Se scegliamo

quest’ultima sezione, sempre per esempio,

accediamo alle informazioni, istruzioni,

mappe e anteprime di ciò che i luoghi concreti

offrono.

Dal luogo virtuale si passa quindi al “luogo

reale” dove si ipotizzano le porte di accesso

all’area, corrispondenti a quelle del sito: esse

saranno il capolinea dove iniziare e terminare

un itinerario, ciascuno associato ad un tema, e

dove sarà reperibile comunque l’informazione

di base su tutti gli itinerari da intraprendere.

Queste porte sono state individuate ed associate

a edifici disponibili e/o dichiarati tali dagli

attori interessati all’iniziativa.

Il materiale a disposizione del pubblico potrebbe

essere, inizialmente, legato al sito:

· piccole brochure scaricabili da internet;

· mappe dell’area con segnalazione degli

itinerari.

Le porte fisiche potrebbero garantire lo stesso

materiale ‘scaricabile’ (senza personale addetto)

o eventualmente affiancare allestimenti

minimi:

· pannelli illustrativi dei percorsi;

· pannelli fotografici che mettono passato e

presente a confronto e in relazione, attraverso

fotografie e brevi racconti;

· introduzione alla segnaletica che ‘traccia’ gli

itinerari.

Porto Marghera nasce nel 1917, novant’anni

fa, nascono industrie, nascono quartieri operai

capaci di accogliere, fra l’altro, l’eccedenza di

popolazione della città storica, si scavavano


still operational has informed the two proposals put

forward regarding the organization of the museum:

· A virtual museum

· Tours

The aim of the Marghera ‘room’ on the internet is to

provide a space in which resources can be safely gathered

together under one roof, albeit a virtual one. The site

acts as a gateway, allowing the available archives to

be linked together on-line, thus bringing the material

and their correspondent images together as a whole and

subsequently relating them to their relative areas of

production, history and corresponding tours.

It is planned to structure the site in sections, for example;

industry, models, the history of Marghera, community,

tours. Should ‘tours’ be decided on as a section, for example,

the visitor would access information, instructions, maps

and previews of what the actual site had to offer.

From the virtual site we move on to the “actual site”,

where the gateways to the area would correspond to the

portals on the internet site: these would form the start

and finishing points of the tours, each one associated

with a theme where visitors could find information

regarding the various tours to be undertaken.

It was thought that these gateways could be linked to

buildings and plants which were either already available

or had been declared as such by those interested in the

initiative.

The material available to the public could, initially, be

tied to the internet site:

· small brochures which could be downloaded at home

· maps of the areas outlining the various tours

The actual gateways could provide the same downloadable

material (without the necessity of specialised staff),

eventually adding simple displays such as:

· illustrative panels describing the tours

· photographic displays, which would use both

photographs and brief accounts to compare and contrast

aspects of the past and present

· introductions to the signposts which would mark out

the tours.

Porto Marghera was born in 1917, ninety years ago.

Industry is created, as are work sites. The later were

capable of taking in the population from the historical

city. Canals were dredged and new commercial and

portal activities were formed. The Veneto had never

seen such a vast construction of an idea that had

become reality and that prefigured the modernization

of a country.

The work world and the territory paid a high price

for this development that today asks to be indemnified

through a new Porto Marghera and, at the same time,

dedicating research, studies and memories that must

survive to this great deed.

It is not only a commitment for the Province of Venice,

but for everyone. Furthermore, the Province, would

like to promote an extensive coordination of the Italian

provinces that intend to safeguard the industrial

heritage of the past, by means of a national law that

permits this great and important undertaking.

Le casse di colmata della

terza zona industriale nel

1987 e nel 1992, a lavori

di renaturalizzazione

appena ultimati.

Foto © Consorzio Venezia

Nuova.

The filling-in basins of

the third industrial zone

in 1987 and 1992, when

the renaturalization

works had just been

completed.

museo di marghera

157


Fabbrica chimica ancora

158 canali, si formavano nuove attività commerciali

in produzione.

Foto © Provincia di e portuali. Non si era mai visto in Veneto una

Venezia.

così grande costruzione di un’idea, diventata

Chemical plant still

realtà, che prefigurava la modernizzazione di

operating.

un paese.

Uno sviluppo pagato a caro prezzo dal mondo

del lavoro e dal territorio che oggi chiede di

essere risarcito attraverso una nuova Porto

Marghera e nello stesso tempo dedicando a

questa epopea ricerche, studi e memorie che

devono vivere.

Un impegno non solo per la Provincia di

Venezia, ma per tutti.

La Provincia, inoltre, vuole farsi promotrice

di un ampio coordinamento delle province

italiane che hanno intenzione di salvaguardare

il patrimonio industriale dal passato, attraverso

una legge nazionale che permetta questo grande

ed importante recupero.


isola del lazzaretto vecchio

lazzaretto vecchio island

Luigi Fozzati, Federica Varosio, Francesca Zannovello

159


160

Pagina precedente:

vista aerea dell'isola del

Lazzaretto Vecchio.

Sotto: fasi di scavo

archeologico durante il

restauro dell’isola del

Lazzaretto Vecchio.

Previous page: aerial

photo of the island of

Lazzaretto Vecchio.

Below: paving stones

and a well uncovered

during archaeological

excavations.

Isola del Lazzaretto Vecchio - Museo Nazionale

di Archeologia della Città e della Laguna di

Venezia

L’isola del Lazzaretto Vecchio, situata nella

laguna veneziana in prossimità dell’isola

del Lido, ospiterà dal 2010 il futuro Museo

Nazionale di Archeologia della Città e

della Laguna di Venezia, una nuova sede

espositiva destinata a presentare la storia

ambientale, urbana e sociale del territorio

lagunare attraverso le ricerche provenienti

dall’evoluzione della ricerca archeologica

condotta in ambito urbano, umido e

subacqueo.

Il progetto è promosso e coordinato dall’ufficio

NAUSICAA (Nucleo Archeologia Umida

Subacquea Italia Centro Alto Adriatico) della

Soprintendenza per i Beni Archeologici del

Veneto; esso rientra nella volontà di creare una

rete museale dedicata al mare e al territorio

lagunare volta a valorizzare l’identità culturale,

storica e morfologica del territorio veneziano.

La principale disciplina di riferimento

dell’esposizione sarà l’archeologia lagunare e

urbana; il futuro museo trova infatti origine in

quel “rinascimento archeologico” che pone oggi

Venezia tra le città archeologiche più importanti

d’Europa. Negli ultimi quindici anni la ricerca

archeologica condotta a Venezia è diventata

strumento indispensabile, disciplinato per

legge, di conoscenza e prevenzione del

patrimonio archeologico. Il lavoro sistematico

di tutela e indagine preventiva ha permesso

di saggiare la consistenza del patrimonio

archeologico del sottosuolo cittadino,

producendo quasi ottocento cantieri di scavo,

di cui circa duecentocinquanta in ambiente

subacqueo.

La principale sede espositiva è in corso

di sistemazione all’interno del complesso

architettonico dell’isola del Lazzaretto Vecchio,

precedentemente destinato, come suggerisce il

nome stesso, ad ospitare le strutture sanitarie

della repubblica veneta in tempo di peste.

Venezia è stata la prima città in Europa a

dotarsi di un ospedale interamente destinato

ai malati di peste, allestito sull’isola in

precedenza dedicata a S. Maria di Nazareth;

la corruzione del termine "Nazareth" sembra

essere infatti l’origine dell’attuale termine

lazzaretto. I primi atti costitutivi del lazzaretto

veneziano sull’isola poi denominata del

Lazzaretto Vecchio risalgono al 1423, ma già

dal 1456 la città avverte la necessità di istituire

un altro ospedale, questa volta destinato ad

accogliere per un periodo di quarantena sia le

persone ormai guarite che quelle sospette, sia

le merci che giungevano a Venezia dal bacino

del Mediterraneo. Il Lazzaretto Nuovo viene

costituito con una delibera del Senato datata

18 luglio 1468 sull’isola della Vigna Murata di

proprietà dei monaci di San Giorgio Maggiore.

Dal 1471 i due lazzaretti, Vecchio e Nuovo,

funzionano congiuntamente.

Al Lazzaretto Vecchio sono attualmente in

corso i cantieri di restauro architettonico dei

fabbricati, condotti con fondi governativi

dal Magistrato alle Acque, e quindi anche

di controllo archeologico; la fine dei lavori

è prevista per il dicembre 2009. Le opere di

restauro e adeguamento dei servizi riguardano

i lavori di consolidamento delle rive, delle

sponde dell’isola e degli edifici; il rifacimento di

tutte fondazioni e il ripristino delle coperture.


The National Archaeological Museum of the City

and Lagoon of Venice

In 2010, the island of Lazzaretto Vecchio, situated in

the Venice Lagoon near the island of Lido, will become

home to the National Archaeological Museum of the

City and Lagoon of Venice - a new exhibition centre

where the results of extensive work carried out in the

areas of urban, wetland and underwater archaeological

research will be used to illustrate the environmental,

urban and social history of the lagoon area.

The project, promoted and coordinated by NAUSICAA

(the Centre for Underwater and Wetland Archaeology

of Central Italy and the Upper Adriatic Region) and

the Veneto Regional Department for Archaeological

Heritage forms part of a plan to establish a network

of museums dedicated to the sea and the lagoon

territory, with the aim of enhancing and promoting

the cultural, historical and morphological identity of

the Venetian territory.

The main focus of the exhibitions will be that of the

archaeology of the lagoon and the city of Venice, as the

future museum owes its origins to the “archaeological

revival” which considers Venice one of the most

important cities in Europe today in relation to its

archaeological assets. In the last fifteen years, the

archaeological research being carried out in Venice

has become an essential instrument, enforced by

law, in providing measures of preventive control in

the construction of septic tanks and on all public

building sites. This systematic work of protection and

preventive research has brought to light the extent of

the archaeological heritage which lies underneath the

city, producing almost eight hundred excavation sites,

two hundred of which are underwater.

The main exhibition area is currently being set up

inside the complex of buildings on the island of

Lazzaretto Vecchio, which formerly housed the

lazaretto, or isolation hospital, of the Venetian

Republic at the time of the Plague.

Venice was the first European city to establish a

hospital dedicated entirely to plague-related illnesses.

The hospital was set up on an island previously

dedicated to Saint Maria of Nazareth, and it would

seem that the current term ‘lazaretto’ derives from a

corruption of the word ‘Nazareth”. The first deeds

relating to the establishment of the Venetian lazaretto,

on the island which subsequently became known as

Lazaretto Vecchio, date from 1423. However, in 1456

the city felt it necessary to found another hospital,

where both those suspected of carrying the plague and

patients who had fully recovered could be held for a

period of quarantine, and which would also serve as

a quarantine station for goods reaching Venice from

the Mediterranean basin. On the 18 July, 1468, the

Senate approved a resolution to establish the new

lazaretto, Lazaretto Nuovo ,on the island of Vigna

Murata, which was the property of the monks of San

Giorgio Maggiore, and from 1471 the two hospitals,

both old and new, were operating.

Work on the architectural restoration of the buildings

on Lazaretto Vecchio, financed by state funds from

the Venice Water Authority and carried out under

archaeological supervision, is currently underway

and is expected to be completed by December 2009.

The restoration work involves the reinforcement of

the island shores and those buildings in direct contact

with water, as well as the reconstruction of all the

foundations and the restoration of the roof coverings

of the buildings on the island.

Also in progress is the work of archaeological assistance,

at the moment limited to digs which are preparing the

way for public utilities and facilites, the construction

of new foundations and underpinnings of the walls,

as well as the construction of purification tanks for

the waste water. Further digs in other parts of the

island are planned for the future, some of which will

be preserved in situ as museum exhibitions which will

form part of the museum tour for visitors.

The island’s former role as a quarantine station has

meant that the construction work being carried out has

resulted in substantial archaeological finds; the work

Stato di avanzamento

del cantiere di restauro

architettonico.

Work in progress on the

architectural restoration

site.

isola del lazzaretto vecchio

161


Reperto in cotto

162 Allo stesso tempo sta procedendo l’assistenza

rinvenuto durante

gli scavi archeologici archeologica, al momento limitata agli scavi

dell’isola.

per il passaggio dei servizi, per la realizzazione

Find recovered during delle nuove fondazioni e sottofondazioni

archaeological digs on

delle murature e per le vasche di decantazione

the island.

delle acque nere. In futuro è prevista la

continuazione degli scavi in altre parti

dell’isola, alcuni dei quali saranno musealizzati

in situ e diventeranno accessibili al pubblico

come parte del percorso museale.

La destinazione passata dell’isola a lazzaretto

ha inevitabilmente un pesante risvolto dal

punto di vista dell’impatto archeologico

dei lavori edili: questi hanno portato alla

luce numerose fosse comuni con migliaia di

scheletri, conservati in buone condizioni e per

i quali è possibili costruire delle stratigrafie

di deposizione. Buona parte di questi reperti

sarà studiata dal punto di vista antropologico

e sanitario e andrà a formare il materiale

espositivo di una sezione museale dedicata alla

storia della sanità lagunare.

Il progetto museografico dell’allestimento

prevede un percorso espositivo su due livelli,

uno destinato alla storia del sito e dell’isola,

inserito all’interno del sistema dei lazzaretti

veneziani, e uno di più ampio respiro volto

a raccontare l’evoluzione dell’ecosistema

lagunare e successivamente dell’insediamento

urbano nel corso dei secoli, di cui saranno

presi in considerazione la geografia dei

primi insediamenti, la conquista dell’acqua,

le tecniche di costruzione, l’economia, la

produzione e l’alimentazione.

La costruzione dell’insediamento urbano sarà

messa in relazione alla storia evolutiva di altre

realtà del territorio, come quelle di Grado,

Caorle e Chioggia, che manifestano medesime

strategie insediative e simili caratteristiche

morfologiche. Seguirà quindi la presentazione

della storia urbana di Venezia.

In parallelo vi saranno sezioni a carattere

tematico, riguardanti ad esempio la storia

economica della laguna messa in relazione

alla rete di commerci marittimi, quindi

l’archeologia e la storia navale e l’antropologia

delle popolazioni lagunari.

Le particolari condizioni anaerobiche del

terreno permettono a Venezia e nella sua

laguna la conservazione di reperti organici

(legname, pellami, evidenze paleoambientali)

di straordinario interesse scientifico e di

estrema efficacia per la ricostruzione del

contesto di vita delle comunità che nei secoli

hanno dato forma all’ambiente veneziano.

L’archeologia ha quindi rappresentato, da

sempre, un’indispensabile fonte privilegiata.

L’ultima parte dell’esposizione illustrerà

dunque l’evoluzione passata, attuale e futura

dell’archeologia veneziana, prevedendo

l’aggiornamento dell’esposizione con materiali

e notizie provenienti da cantieri aperti nel

territorio.

Il Museo di Archeologia della Città e della

Laguna sarà contemporaneamente un museo

della città e un museo del territorio, dove per

territorio qui si intende un ecosistema lagunare

fortemente antropizzato, un particolare sistema

urbano a carattere portuale, decentrato nelle

isole della laguna destinate a diversi scopi

nell’economia complessiva della gestione della

città.

La tutela archeologica a Venezia prevede una

stretta relazione tra la città e il sistema lagunare;

non è pertanto possibile limitare il panorama


has brought to light several mass graves containing

thousands of well preserved skeletons, from which it

is possible to construct stratigraphies of deposition. A

large part of these finds will be studied from both an

anthropological and medical point of view and will

then be exhibited in a section of the museum dedicated

to the history of health-care in the lagoon.

The museological plan proposes the creation of

exhibition areas on two floors. One floor will be

dedicated to the history of the site itself and of the

island’s role within the system of Venetian quarantine

hospitals. The second floor will cover a wider range of

topics, beginning with a description of the evolution

of the lagoon’s eco-system and moving on to explore

urban settlements throughout the course of centuries,

examining areas such as the geographical details of

the first settlements, settlers’ conquest of the water,

techniques used in the construction of dwellings,

the economy, production and diet. The construction

and development of urban settlements will be linked

to the historical development of other towns in the

region, such as those of Grado, Caorle and Chioggia,

all of which display similar settlement strategies

and morphological characteristics. This will then be

followed by the presentation of the urban history of

Venice.

Alongside these exhibitions will be sections following

various themes, regarding, for example, the economic

history of the lagoon and its links to the network of

shipping traders, examining the archaeology, maritime

history and anthropology of the lagoon inhabitants.

The particular anaerobic conditions of the soil in

Venice and the lagoon has resulted in the preservation

of organic artefacts ( wooden objects, hides and skins

and paleoenvironmental artefacts) of great scientific

interest, which have proven to be extremely effective in

reconstructing the lives and contexts of the communities

which have shaped the Venetian environment over the

centuries. Due to these special conditions, archaeology

has always been an indispensable source of information

and knowledge in reconstructing the history of the city

and lagoon.

Therefore, the final part of the exhibition will illustrate

the development of Venetian archaeology, from the

past to present and future, and will include news on

new additions to the exhibitions coming from various

active excavation sites in the region.

The Archaeological Museum of the City and Lagoon

of Venice will be a museum dedicated to both the city

and the territory surrounding the city, where the term

‘territory’ can be interpreted as including a strongly

anthropized lagoon eco-system, and a distinctive

urban/seaport system decentralized in the lagoon

islands, which carry out different roles in the overall

economy of the city.

Where the preservation and protection of the

archaeological heritage in Venice is concerned, the city

and the lagoon are closely and inextricably linked: it

is therefore impossible to limit the scope of the museum

to just one island, or one history.

The creation of a map outlining the areas of

archaeological interest at risk in the Venice lagoon has

finally led to a higher level of awareness regarding the

extent of the archaeological heritage which must be

protected through the coordinated efforts of all those

bodies responsible, and as such amounts to a rare

miracle in Italy in relation to the overall preservation

and protection of the territory.

This constructive work of preservation, research

and development has been achieved thanks to the

establishment of a close collaboration between the

Regional Department for Archaeological Heritage,

the Municipality of Venice, the Venice Water

Authority and Insula S.p.A. (Insula PLC).This

collaboration made it possible to set up a serious, long

term archaeological plan, based on a willingness to

come together to deal with and resolve any problems

which could arise, fully respecting the laws regarding

these matters, in order to safeguard the heritage of the

submerged history of Venice and its lagoon, a heritage

unparalleled in the world today.

The future museum will therefore act as a centre for the

management of the preservation of the archaeological

heritage of Venice.

In addition to the main centre on the island of

Lazzaretto Vecchio, a warehouse which will house

archaeological finds and feature educational areas,

as well as further exhibition space, is currently being

built. Furthermore, the future Museum of Maritime

Archaeology of Caorle will include a warehouse to

house relics found, while a workshop for the restoration

A sinistra: si tratta del

calice in vetro di Murano

recuperato durante gli

scavi per il restauro

architettonico del Teatro

Malibran a Venezia.

A destra: reperto in

cotto rinvenuto durante

gli scavi archeologici

dell’isola.

Left: goblet in Murano

glass found during

architectural restorative

work of the Malibran

Theatre in Venice.

Right: find salvaged

during an archaelogical

dig on the island.

isola del lazzaretto vecchio

163


164

Foto aerea dell'Isola del

Lazzaretto Vecchio.

Aerial view of the island

of Lazzaretto Vecchio.

di riferimento del museo ad una sola isola, ad

una sola storia.

La realizzazione di una carta del rischio

archeologico della Laguna di Venezia ha

finalmente portato ad una maggiore coscienza

dell’entità del patrimonio da proteggere

attraverso l’azione coordinata di tutti gli enti

responsabili e rappresenta un raro miracolo

italiano della tutela globale del territorio.

Questo positivo lavoro di tutela, ricerca e

valorizzazione è stato raggiunto grazie all’avvio

di una stretta collaborazione tra Soprintendenza

archeologica del Veneto, Comune di Venezia,

Magistrato alle acque e Insula S.p.A: è stato

così possibile avviare una programmazione

archeologica seria e duratura, basata sulla

disponibilità ad affrontare congiuntamente

ogni problema per risolverlo nel rispetto delle

leggi e nella necessità di tutelare un patrimonio

unico al mondo come quello della storia

sommersa di Venezia e della sua laguna.

Il futuro museo agirà quindi da centro per

l’organizzazione della conservazione del

patrimonio archeologico veneziano.

Oltre alla sede principale situata sull’isola del

Lazzaretto Vecchio, un magazzino dei reperti

archeologici con spazi didattici e ulteriori

sedi espositive è in corso di realizzazione al

Lazzaretto Nuovo, mentre nel futuro Museo

di Archeologia del Mare di Caorle verrà

allestito anche il magazzino dei relitti. Negli

spazi dell’Arsenale di Venezia si sta invece

organizzando il laboratorio di restauro dei

reperti umidi e bagnati.

Il Museo di Archeologia della Città e della

Laguna si configurerà quindi come struttura

multi-location, decentrando in altre sedi e su

altre isole parte delle sue attività; si inserirà

inoltre nel già operativo sistema dei parchi

archeologici lagunari, per offrire a cittadini

e visitatori un’esposizione che, integrando

spazi museali tradizionali e percorsi nel

territorio, intende stimolare un approccio più

approfondito e più consapevole alla storia e

alla cultura della città lagunare.

L’allestimento di questo nuovo museo

dedicato alla città e alla laguna veneziana

sarà un’occasione imperdibile, e attualmente

estremamente necessaria, perché gli abitanti

si riapproprino della città e della sua storia.

I primi interlocutori del museo si vorrebbe

che fossero infatti i cittadini, perché Venezia

non diventi inesorabilmente una città-museo

destinata esclusivamente ad attrarre un numero

sempre maggiore di turisti.

Si tratta di un progetto che mira alla

rivalutazione dell’identità culturale, storica

e morfologica del territorio lagunare anche

in un’ottica di turismo maggiormente

sostenibile.

La realizzazione del Museo di Archeologia

della Città e della Laguna rappresenta, insieme

ai piani per il Museo di Archeologia e Storia

Navale da allestire nell’Arsenale di Venezia in

collaborazione con la Marina Militare, per il

Museo di Archeologia del Mare di Caorle e

per il Museo del Lago di Garda a Peschiera,

l’attività progettuale della Soprintendenza

Archeologica del Veneto per i prossimi venti

anni, verso la realizzazione di una rete per

lo studio e la presentazione dell’archeologia

urbana e subacquea.


of the relics found underwater is being organised in

the Arsenale of Venice.

Therefore the Archaeological Museum of the City and

Lagoon of Venice will be a multi-location organization,

decentralizing part of its activities to other sites and

islands. Moreover, it will become part of the existing

network of archaeological lagoon parks, in order to

offer both Venetians and visitors an exhibition which,

by integrating traditional museum exhibitions with

tours throughout the territory, intends to stimulate a

more thorough and in-depth approach to the history

and culture of the lagoon city.

A visit to this new museum dedicated to Venice and its

lagoon will be an occasion not to be missed, one which

is now also essential in order to give the residents of

Venice the chance to regain possession of their city

and its history. It is hoped that the first visitors to the

museum will, in fact, be local people, so that Venice

does not become a museum city destined only to attract

an ever growing number of tourists.

It is a project which also includes the concept of

more sustainable tourism in its re-evaluation of the

cultural, historical and morphological identity of the

lagoon territory.

The completion of the Archaeological Museum of the

City and Lagoon of Venice, together with the creation

of the Museum of Archaeology and Maritime History

(to be set up in the Arsenale of Venice in collaboration

with the Italian Navy), the Museum of Maritime

Archaeology of Caorle and the Lake Garda Museum

in Peschiera, make up the activities planned by the

Veneto Regional Department for Archaeological

Heritage for the next twenty years, working towards

the realization of a museum network dedicated to

the study and presentation of urban and underwater

archaeology.

I materiali rinvenuti

durante lo scavo per

la ristrutturazione dei

capannoni a San Alvise a

Venezia hanno restituito

differenti tipologie

di materiali: legni di

fondazione, vasellame

ceramico e reperti in

pietra.

Objects found during

excavation for the

restructuring of sheds

in Saint Alvise, Venice

are of different types of

materials: foundation

wood, earthenware and

stone.

isola del lazzaretto vecchio

165


appendice

appendix


il sistema del museo della scienza

e della tecnica della catalogna

system of the museum of science

and technology of catalogna

Eusebi Casanelles i Rahola e Jaume Matamala

167


168

Pagina precedente:

Museo della Scienza e

della Tecnica di Terrassa.

Sotto: la miniera

Bellmunt del Priorat.

Previous page:

Museum of Science and

Museum of Science and

Technology in Terrassa.

Below: Bellmunt del

Priorat mine.

La rete dei musei attorno alla laguna di

Venezia è matura per costituire un sistema,

laddove la semplice giustapposizione delle

stanze ecomuseali in una rete può divenire un

comune sistema di comunicazione e diffusione.

Occorre in questo senso elaborare una strategia

complessa per la quale può essere utile il

percorso che ha portato alla realizzazione del

Sistema del Museo della Scienza e della Tecnica

della Catalogna (mNACTEC). La complessità

delle stanze dell’ecomuseo lagunare, di

molteplice natura, può arricchirsi proprio

con un rafforzamento della riflessione sul

patrimonio industriale svolta in Catalogna.

Il sistema del mNACTEC

Per comprendere come si è sviluppato il

mNACTEC deve essere ricordato in primo

luogo che, quando è stato progettato il

museo nel 1884, si era affermato il concetto

della Catalogna come una città che viene dal

periodo del “noucentismo” (il movimento

politico-culturale della Catalogna agli inizi

del secolo XX), in secondo luogo la diversità

della Catalogna dal punto di vista naturale e

produttivo (caratteristica non riscontrabile in

molte altre parti del mondo), e in terzo luogo

le caratteristiche della industrializzazione

catalana stessa.

Il concetto della Catalogna come città

Lo sviluppo di istituzioni come i musei nel

territorio catalano dipende principalmente dal

concetto stesso del territorio. A tale riguardo,

il punto di partenza è stato il concetto di

Catalogna-Città proposto dal “noucentismo”

che considerava la Catalogna come una grande

città organizzata sul modello delle città-stato

dell’antica Grecia. La città-stato greca era

un’unità territoriale a scala umana, che un

cittadino poteva facilmente fare propria.

Il centro era la città o “polis” e si estendeva

fino a dove una persona fosse in grado di

arrivare partendo dal centro e poi tornando

indietro in giornata. Era un’area con un centro

che strutturava gli altri spazi e si estendeva per

circa trenta chilometri di diametro.

A quel tempo, negli anni Venti, erano stati

fatti degli sforzi per ridurre il più possibile il

dualismo tra campagna e città e si sentiva il

bisogno di diffondere l’innovativo e moderno

spirito delle città di tutta la Catalogna e in

particolare lo spirito di Barcellona. Questo

movimento riteneva che la Catalogna fosse

paragonabile alle città-stato della Grecia

perché, nonostante fosse di maggiori

dimensioni, i nuovi e moderni mezzi di

comunicazione rendevano i luoghi lontani

maggiormente accessibili. Al momento, grazie

agli avanzamenti fatti negli ultimi anni in

materia di sistemi di comunicazione, è più

facile viaggiare da un luogo all’altro e tornare

in un solo giorno.

Il concetto di Catalogna come città, offre unità

al territorio e connette l’intero territorio con

la capitale. Da questo si può dedurre che non

rappresenta un problema allestire installazioni

nazionali in qualsiasi parte del territorio, dato

che sarà accessibile a tutti. I sistemi centralisti,

invece, tracciano una distinzione tra la capitale

e il resto del territorio e tendono a sostenere che

il solo posto dove dovrebbero essere allestite le

installazioni nazionali è la capitale, perché è

l’unico posto accessibile a tutti.


The network of museums located around the Venice

Lagoon is now at the stage where it can become a

system: connecting the ecomuseum rooms together

in a network would allow for the development of a

shared system of communication and promotion. The

creation of such a system requires the development of

a detailed and highly structured strategy, one which

could benefit from an analysis of the process which led

to the creation of the System of the Museum of Science

and Technology of Catalogna (mNACTEC) The

complexity and diversity of the rooms of the Lagoon

Ecomuseum can be enriched by reflecting on the

industrial heritage project conducted in Catalogna.

The mNACTEC system

In order to understand how the mNACTEC was

developed, it is necessary to remember that three

issues were considered when the museum was

planned. Firstly there was the territorial concept of

Catalonia as a city which came from the period of

noucentisme (the cultural-political movement in

Catalonia at the beginning of the 20th century). The

second consideration was the natural and productive

diversity of Catalonia, not to be found in many other

parts of the world, and thirdly, account was taken of

the characteristics of Catalan industrialisation itself.

The concept of Catalonia as a city

The development of institutions such as the museums

in the territory of Catalonia is greatly dependent

on the concept of the territory itself. In this respect,

the starting-point was the noucentista concept of

Catalunya-Ciutat, which considered Catalonia as

a large city organised along similar lines to the citystates

of ancient Greece. The Greek city-state was a

territorial unit on a human scale, which a citizen

could easily assimilate. The centre was the city or

“polis”, and it extended to as far as a person could

get to, starting from the centre, and then return from

in one single day. It was an area with a centre that

structured the remaining area, and it was some thirty

kilometres in diameter.

At that time, in the 1920s, efforts were made to

reduce the country-city duality as much as possible,

and a need was felt to spread the innovative and

modern spirit of cities, and in particular the spirit

of Barcelona, throughout Catalonia. This movement

considered that Catalonia was comparable with the

Greek city-states, because despite being much larger in

area, the new modern means of communication made

distant places more accessible. At present, thanks to

the advances made in land communication systems

over the last few years, it is easy to travel from one

point to another and return in just one day.

The concept of Catalonia as a city gives a unity to

the territory and links the whole of the territory with

the capital. From this it may be deduced that setting

up national installations in any part of the territory,

would not present a problem since it will be accessible

to everyone. Centralist systems draw a distinction

between the capital and the remaining area and

tend to argue that the only place where national

installations should be set up is in the capital, because

it is the only place accessible to everyone.

This view reinforced the idea of a national museum

spread across Catalonia, since the implication was

that the creation of a thematic section, which is in

fact a part of the National Museum, could be situated

at any point in Catalonia thanks to its accessibility.

From biodiversity to technodiversity

One of the characteristics of Catalonia is its

biodiversity, for there are few areas of the planet as

small as Catalonia in which such a large number of

different ecosystems can be found. This is due to the

fact that Catalonia is situated in a Mediterranean

zone that borders on the wet north and the dry south.

It is a mountainous area of varying altitude, and there

is also great geodiversity. A relatively short journey can

take you from an alpine system, in the Pyrenees, to an

arid system in the south, while there are a variety of

systems in between.

Mappa del Sistema del

mNACTEC (museo della

Scienza e della Tecnica

della Catalogna).

Map of the mNACTEC

system (Museum of

Science and Technology

of Catalogna).

il sistema del mNACTEC

169


creare ampie aree monoculturali. La varietà di

produzione agricola alimentò una mentalità di

lavoro più flessibile, dato che c’era un maggiore

contatto con differenti metodi di lavoro

che, allo stesso tempo, fornivano le diverse

materie prime prodotte dall’attività agricola,

dall’allevamento di bestiame, dalla selvicoltura

e dall’industria mineraria. Numerose attività

artigianali sono state stabilite in Catalogna,

come indica il grande numero di società

presenti.

Nel periodo industriale questa situazione

è stata portata avanti con la creazione di

attività in vari settori, che hanno condotto

alla tecnodiversità. C’erano piccole e medie

attività, in contrasto con le aree in cui c’era

una monocoltura, dove la tendenza era verso

la creazione di grandi imprese.

Il reticolo dei lucernari

170 Questa prospettiva ha rinforzato l’idea di

del Museo della Scienza

e della Tecnica della

un museo nazionale distribuito attraverso il

Catalogna di Terrassa. territorio della Catalogna, dal momento che la

The grid of skylights of creazione di una sezione tematica (che di fatto

the Museum of Science è una parte del Museo Nazionale) poteva essere

and Technology of

Catalogna in Terrassa. situata in qualunque punto della Catalogna

grazie alla sua accessibilità.

Dalla biodiversità alla tecnodiversità

Una delle caratteristiche della Catalogna è la

sua biodiversità, ci sono infatti poche zone

della terra così piccole come la Catalogna in

cui si possa trovare un così ampio numero

di differenti ecosistemi. Questo è dovuto al

fatto che la Catalogna è situata in una zona

mediterranea che confina a nord con un clima

umido e a sud con un clima secco, è un’area

montuosa con altitudini variabili e c’è anche una

grande geodiversità. Un viaggio relativamente

corto può portare da un sistema alpino, sui

Pirenei, ad un sistema arido a sud, mentre tra i

due ci sono una varietà di sistemi.

La biodiversità porta allo sviluppo di una

varietà di attività agricole con differenti

raccolti, a differenza di luoghi in cui c’è solo un

tipo di ecosistema, dove la tendenza è quella di

L’industrializzazione della Catalogna

Il fatto che la Catalogna fosse da sola

nell’industrializzazione di quest’area del

Mediterraneo l’ha portata a diventare una sorta

di isola industriale, lontano dagli importanti

nuclei situati in Europa del nord, a cui, per

continuare la similitudine, è stato assegnato

il ruolo di continente. Questa situazione ha

avuto tre conseguenze. In primo luogo, la

Catalogna produceva tutti i beni industriali

basilari di cui aveva bisogno, nonostante

il primato del settore tessile. In secondo

luogo, il tipo di industria, e in particolare

l’architettura degli edifici, rivelava particolari

caratteristiche che, nell’insieme, differivano da

quelle del nord Europa, da cui provenivano

gli esempi. A questo riguardo, la Catalogna

potrebbe essere paragonata alle specie animali

e vegetali di un’isola che sono riconducibili alle

specie del continente pur avendo avuto una

differente evoluzione. Per questo il Patrimonio

Industriale della Catalogna ha caratteristiche

molto particolari. La terza conseguenza è stata

che là ci fosse una specializzazione territoriale

della produzione. Pertanto l’area di Capellades

si era specializzata nella produzione di carta,

l’area di Igualda nelle produzione di pelle

(produce ancora una alta percentuale di

suole per le scarpe spagnole), Palafrugell nella

produzione di sughero e così via.


Biodiversity leads to the development of a variety of

farming cultures with different crops, unlike places in

which there is only one type of ecosystem, where the

tendency has been to create large monocultural areas.

The diversity of agricultural production fostered a more

flexible working mentality, since there was greater

contact with different methods of work, which at the

same time provided different raw materials produced

by agricultural activity, stockbreeding, forestry and

mining. Many different crafts were established in

Catalonia, as reflected by the large number of guilds.

In the industrial period this situation continued with

the creation of businesses in various sectors, leading to

technodiversity. These were small and medium-sized

businesses, in contrast to those in areas where there

was a monoculture, where the tendency was towards

the creation of large enterprises.

The industrialisation of Catalonia

The fact that Catalonia was alone in industrialising

in this area of the Mediterranean led to it becoming

a kind of industrial island far from the important

nucleus situated in the north of Europe, which, if the

simile is continued, was cast in the role of a continent.

This situation had three consequences. Firstly,

Catalonia produced all the basic industrial goods that

it needed, despite the supremacy of textiles. Secondly,

the type of industry and particularly the architecture

of the buildings revealed special characteristics which,

considered globally, differed from those of northern

Europe, from where the models came. In this respect,

Catalonia could be compared with the animal and

vegetable species of an island, which are related to

the species on the continent, but which have evolved

differently. For this reason the Industrial Heritage of

Catalonia has very special characteristics. The third

consequence was that there was a territorial specialisation

of production. Thus the area of Capellades specialised

in paper, Igualada in leather (it still produces a high

percentage of the soles for Spanish shoes), Palafrugell

in cork, and so on. The textile industry also became

focused on particular areas, with the production of

almost all the Spanish grade wool in the Vallés area,

knitwear on the coast, ribbons in Manresa.

As a result of Catalonia’s geodiversity, a variety of

mining operations were established: lead, salt, iron,

coal. Technodiversity and territorial specialisation

are the two factors which have made it physically

possible to create the present organisation of museums

in Catalonia, and therefore this organisation is not

easily transferable to other countries.

which are leading society towards a more complex

model. The interrelationships between the various

factors which have a determinant effect on life are

increasing in both quantitative and qualitative terms.

As a result of the accelerated or exponential change in

which we are immersed, as opposed to linear change,

the future cannot be foreseen as it was some years

ago, and we cannot be certain of how we will live,

how we will work, or of the organisational bases on

which society will be governed. This situation creates

a feeling of uncertainty which must be accepted as one

of the characteristics of our time.

In response to these two components of our society,

complexity and unpredictability, economic and

social institutions have changed their dynamics and

organisational methods in order to confront the new

challenges which are constantly encountered.

In order to face these challenges there has been

a tendency to promote new, much more flexible

organisations that can adapt to the new situations

and which tend towards joining together and sharing

authority, rather than transferring it to a higher level.

This new situation has also been reached thanks to a

rise in the educational level of citizens and the diffusion

of the concept of democracy in family, professional

and political circles, which has encouraged people to

adopt a more participatory role in the various spheres

of their lives.

Hierarchical structures offer the members of these

Museo della città di

Vidal.

Museum of Vidal city.

il sistema del mNACTEC

171

The organisation of the museums of the mNACTEC:

strategy in the face of uncertainty

The world today is undergoing increasingly rapid

changes, largely as a result of advances in technology,


172

La miniera Petroli.

The Petroli mine.

Inoltre, l’industria tessile si è concentrata in

particolari aree, con la produzione, per quasi

tutta la Spagna, di lana nell’area di Vallés,

di maglieria sulla costa, di nastri nell’area di

Manresa…

Come risultato della geodiversità della

Catalogna, sono state costituite varie industrie

minerarie per l’estrazione di piombo, sale,

ferro, carbone…

La tecnodiversità e la specializzazione

territoriale sono i due fattori che hanno reso

fisicamente possibile l’attuale organizzazione

dei musei in Catalogna e perciò questa

organizzazione non è facilmente trasferibile

ad altri paesi.

L’organizzazione dei musei del mNACTEC:

strategia di fronte all’incertezza

Il mondo di oggi sta subendo sempre più

rapidi cambiamenti, perlopiù come risultato

degli avanzamenti tecnologici, che stanno

portando la società verso un modello più

complesso. L’interdipendenza tra i vari fattori

che hanno un effetto determinante sulla vita,

stanno subendo un incremento sia in termini

qualitativi che quantitativi. Come risultato

dell’accelerato o esponenziale cambiamento,

in cui siamo immersi, contrariamente al caso

di un cambiamento lineare, il futuro non può

essere previsto come era qualche anno fa, e

non possiamo essere certi di come vivremo, di

come lavoreremo, o delle basi organizzative su

cui sarà impostata la società. Questa situazione

crea una sensazione di incertezza che deve

essere accettata come una delle caratteristiche

del nostro tempo.

In risposta a queste due componenti della

nostra società, complessità e imprevedibilità,

le istituzioni economiche e sociali hanno

cambiato le loro dinamiche e metodi

organizzativi al fine di affrontare le nuove sfide

che costantemente si presentano.

Per affrontare queste sfide c’è stata la tendenza

a promuovere nuovi organismi più flessibili,

che si possano adattare alle nuove situazioni e

che siano inclini ad affiancare e partecipare al

potere, piuttosto che trasferirlo ad un livello

più alto. Questa nuova condizione è stata

raggiunta anche grazie a una crescita nel livello

di educazione dei cittadini e alla diffusione del

concetto di democrazia in famiglia, nell’ambito

professionale e politico, che ha incoraggiato la

gente ad adottare un ruolo più partecipativo

nelle varie sfere delle loro esistenze.

Le strutture gerarchiche offrono ai membri

delle stesse una sicurezza, dovuta al fatto che

c’è una logica chiara nelle decisioni che sono

prese e legittimate dalla inappellabile autorità

del leader; ciascuno ha la sua posizione

all’interno di una struttura comprensibile

e sono consapevoli dei limiti della propria

autorità e delle proprie decisioni.

Inoltre, negli assetti gerarchici c’è un risparmio

di energia nel prendere decisioni, dato che

è una sola persona, a prescindere dall’aver

cercato pareri, a prendere le decisioni e gli

ordini vanno avanti per mezzo di una scala di

potere predeterminata.

Tuttavia, questi assetti hanno anche dei punti

deboli; uno di questi è la soppressione delle

iniziative personali, che frustra la creatività

dei componenti che non giocano un ruolo

primario nel sistema. D’altro canto, le linee

dell’azione gestionale sono spesso prese senza

considerazione di che cosa stia realmente


security, due to the fact that there is a clear logic in

the decisions that are made and legitimised by the

unquestionable authority of the leader; everyone has

their position within a comprehensible framework

and they are aware of the limits to their authority and

decisions. Furthermore, in hierarchical organisations,

there is a saving of energy in the decision-making,

since only one person, regardless of whether or not

they have sought advice, makes the decisions, and the

orders are passed on by means of a predetermined scale

of authority.

However, these structures also have their weak points;

one of these is the stifling of personal initiatives, which

frustrates the creativity of those components who do not

play a leading role in the organisation. On the other

hand, lines of managerial action are very often taken

without consideration of what is actually taking place.

These organisations tend to be conservative, inflexible

and not very adaptable. Public administration is an

extreme case of hierarchical organisation which tends

to be immobile, due, among other factors, to the

unchangeable predetermination of the structure and

the working positions.

For these reasons, in the last few years more participatory

organisations have established themselves. In business

organisation theory more attention is being paid to the

concepts of flat organigrams, i.e. those that eliminate

the various tiers of authority as much as possible, and

organisation by objectives, which gives more freedom

and autonomy to each organisation sector.

In the case of the mNACTEC System, which is an

organisation of institutions spread across a particular

area, and in which each of the centres has legal

autonomy, the hierarchical system, besides being

impossible, is not the most advisable system.

On the other hand, there has been an express wish

to avoid associative organisation (the mNACTEC

System is not an association of museums). The

objective of an association is to offer services to

associates, and here there is no interrelationship

between the organisational structures of each of the

parts, which act with absolute independence and are

perfectly able to avoid becoming involved in their

operation. In contrast, the aim has been to create a

new non-hierarchical entity which will provide a

new identity for the whole, superimposing itself on

individual identities without nullifying these. This

organisation must enhance the creativity of each of its

members and constantly adapt to the new situations

created by society. Therefore it is based on two concepts:

organisation in a network and, evolving from this,

organisation in a system.

The concept of network

“By definition a network has nodes, as opposed to a

centre. The nodes may be of different sizes and may

be interlinked by asymmetric relationships within the

network, in such a way as to not prevent diversity

between its members. However, asymmetries, aside the

various nodes are interdependent, in such a way that

no node, not even the most powerful, can do without

the others, however small these may be, when making

decisions”, Manuel Castells.

The concept of network, which is the concept that

governs the current world of the internet, makes it

possible to face complexity and uncertainty, working

and creating solutions by taking advantage of the

creativity of its members and the synergies that are

created. Within the network sub-networks appear

which increase the complexity, but which are

organised to solve a problem or increase the effciency

of a service. The dynamic of many organisations in a

network which are organised with a clear objective is

similar to the dynamic in biology known as “directed

chaos”. When we observe what each of the individuals

are doing at a given moment, it appears that there is

a chaotic relationship between them, but if the whole

is observed over a period of time, it will be discovered

that all the movements and activity have a purpose.

In this respect we might pose the question: What do

the individuals in the shools of fish or the ant colonies

or the beehive do in common? No one of them is the

leader. In each of these cases, the complex models that

they represent emerge from the simple interactions

between individuals.

Museo della fabbrica

di cemento Asland de

Castellar de n’Hug.

Cement Factory Museum,

Asland Castellar de

n’Hug.

il sistema del mNACTEC

173


L’obiettivo dell’associazione è di offrire servizi

agli associati e qui non c’è interdipendenza

tra le strutture organizzative di ciascuna delle

parti, che agisce con assoluta indipendenza e

può perfettamente evitare di farsi coinvolgere

nella loro azione. Al contrario, l’intenzione è

quella di creare una nuova entità non gerarchica

che fornisca una nuova identità al tutto,

sovrapponendosi alle identità individuali senza

però annullarle. Questo modello organizzativo

deve accrescere la creatività di ciascuno dei

membri stessi e adattarsi costantemente alle

nuove situazioni create dalla società e perciò è

basato su due concetti: organizzazione a rete e,

da questo, organizzazione in un sistema.

174

Un’immagine della

fabbrica di tessuti, ora

museo della Scienza

e della Tecnica della

Catalogna a Terrassa.

An image of the textile

factory, now the

Museum of Science and

Technology of Catalogna

in Terrassa.

accadendo. Questi assetti tendono a essere

conservativi, inflessibili e non molto adattabili.

La pubblica amministrazione è un caso estremo

di organizzazione gerarchica che tende ad

essere immobile, situazione dovuta, tra gli altri

fattori, a una predeterminazione immutabile

dell’assetto e degli incarichi.

Per queste ragioni negli ultimi anni è stato creato

un maggior numero di sistemi partecipativi.

Nella teoria dell’assetto delle organizzazioni si

sta ponendo maggiore attenzione al concetto

di organigramma piatto, i.e. quello che elimina

per quanto possibile i vari gradi di potere e

di organizzazione per obiettivi, che concede

maggiore libertà e autonomia a ciascun settore

dell’organizzazione.

Nel caso del Sistema del mNACTEC, che

è un sistema di istituzioni diffuse in una

particolare area e in cui ciascuno dei centri

ha un’autonomia legale, il sistema gerarchico,

oltre ad essere impossibile, non sarebbe il

sistema più consigliato.

D’altra parte, c’era stato un espresso desiderio

di evitare un’organizzazione associativa, (il

sistema del mNACTEC non è un’associazione

di musei).

Il concetto di rete

“Dalla definizione una rete ha nodi, in

opposizione ad un centro. I nodi potrebbero

essere di differenti dimensioni e potrebbero

essere collegati da legami asimmetrici

tramite la rete, in modo tale che non siano

impedite diversità tra i membri. Comunque,

trascurando queste asimmetrie, i vari nodi

sono interdipendenti, in modo tale che nessun

nodo, nemmeno il più forte, possa operare

senza gli altri quando prende decisioni,

per quanto piccoli questi siano” Manuel

Castells. Il concetto di rete, che è il concetto

che governa l’attuale mondo di internet,

rende possibile far fronte alla complessità

e all’incertezza, attivando e dando forma a

soluzioni approfittando della creatività dei

suoi membri e delle sinergie che sono state

create. All’interno della rete compaiono dei

sottosistemi che ne aumentano la complessità,

ma che sono strutturati per risolvere un dato

problema o per aumentare l’efficienza di un

servizio. La dinamica delle molte organizzazioni

in una rete che siano strutturate con un chiaro

obiettivo è simile alla dinamica che in biologia

è conosciuta come “caos diretto”.

Quando osserviamo che cosa stia facendo

ciascuno degli individui in un dato momento,

sembra che ci sia un legame caotico tra loro,

ma se il tutto viene osservato durante un

periodo di tempo, si scoprirà come tutti i