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Fanzine nr. 1: Juventus-Sampdoria

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come per le società italiane sia diventata più importante la battaglia per ottenere maggiori introiti

dai diritti tv piuttosto che lavorare per avere gli stadi pieni come un tempo, come dimostra anche il

vertiginoso caro biglietti cui abbiamo assistito negli ultimi anni e di cui abbiamo già scritto in diverse

occasioni. Parallelamente è necessario approfondire anche il tema legato all’aumento incontrollato

dei costi di cartellini e ingaggi dei calciatori, aspetto che va di pari passo con il discorso degli introiti

tv in ottica costi/ricavi per le società. A partire dagli anni ‘90 questi costi sono aumentati

vertiginosamente fino a trovare l’apice nel 2017 con l’acquisto di Neymar da parte del PSG per ben

222 milioni di Euro: a distanza di tre anni possiamo senza dubbio constatare come quello fu lo

spartiacque verso un calcio con cifre ancora più folli e un probabile punto di non ritorno.

Ad alimentare tutto questo intervengono in maniera decisiva quelle che noi riteniamo le figure più

nocive del mondo del calcio e cioè i procuratori, personaggi senza scrupoli che muovono le fila del

calcio mercato. Quello dei procuratori, infatti, è un tema molto sottovalutato ma di enorme

importanza per capire il calcio moderno. Troppo spesso vediamo calciatori battere i pugni sul tavolo

del presidente di turno per ottenere un ingaggio maggiore o per chiedere la cessione a un club che

possa garantirglieli e dietro questi comportamenti c’è sempre il procuratore a gettare benzina sul

fuoco nella speranza di ottenere un trasferimento che significherebbe ricchissime provvigioni, basti

pensare alle decine di milioni di Euro guadagnate dai maggiori procuratori nel corso degli ultimi

anni.

Il calcio di una volta era fatto di

bandiere che restavano fino a fine

carriera nel club che li aveva

lanciati e di cui magari erano tifosi,

oppure di giovani talentuosi che

prima di approdare in un grande

club dovevano ampiamente

dimostrare sul campo il proprio

valore. Oggi invece le società più

piccole fanno fatica a trattenere i

propri calciatori migliori e,

prendendo l’esempio dei giovani, bastano poche partite giocate bene perché arrivi il top club di

turno con in mano un’offerta milionaria per il suo cartellino e un ingaggio decisamente superiore.

Così facendo non solo si perde il senso di appartenenza nei calciatori, ma si ammazza sul nascere la

possibilità per quasi tutte le società di poter competere a livelli alti con i pochi club che hanno forte

potere economico.

E’ questo il calcio che vi piace? A noi decisamente no e crediamo che questo momento storico debba

necessariamente essere utilizzato per cambiare le cose e cercare di tornare a un calcio più vicino alla

gente, un calcio che può ancora far sognare i tifosi e che non sia ridotto a uno show che sembra quasi

avere un copione già scritto dall’inizio.

Per fare questo a nostro avviso occorre prima di tutto che le società non dipendano più soltanto dai

soldi delle televisioni ma trovino altre forme di sostentamento iniziando a rimettere soprattutto il

tifoso al centro del progetto. Abbiamo letto in queste settimane del decreto “Sblocca Stadi” che

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