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volume II - Grand Tour

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numero di 137 maestri di pittura. Malvasia, libro <strong>II</strong>, a 249, e 85, dove registra le sue stampe. Il<br />

Baldinucci, nel decennale I, della parte <strong>II</strong>I, del secolo IV, a 98. Masini, a 81, 85, 111, 114, 120, 127,<br />

130, 131, 137, 169, 185, 264, 357, 397 e 512. Giampiero Zannotti, nella sua Istoria dell’Accademia<br />

Clementina, libro <strong>II</strong>I, a 75, nella Vita di Felice Torelli. Filibien, libro <strong>II</strong>I, a 363, nella Vita di<br />

Domenichino.<br />

Dionisio Miseron, intagliatore in gemme, imparò da suo padre e superò tutti i professori dei suoi<br />

tempi. Sandrart, a 343.<br />

Domenico Aimo bolognese, detto il Varignana, scultore [p. 670 – <strong>II</strong> – C_086V] in Roma, e nella Santa<br />

Casa. Burnaldi, a 351. Il Masini, a 618, tiene che abbia lavorato di marmo le statue dei quattro<br />

protettori nella chiesa di San Petronio di Bologna e, nel Campidoglio romano, l’imagine di papa Leone<br />

X. Fiorì nel 1530.<br />

Domenico Ambrogi o degli Ambrogi, detto Minghino o Menichino del Brizio che gli fu maestro, e si<br />

fece aiutare in varie manifatture. Feracissimo nel disegno, e copiosissimo nell’invenzione, lavorò in<br />

varii palazzi, e chiese della sua patria Bologna. Intagliò diversi rami in grande, e fu universalmente<br />

amato. Malvasia, parte <strong>II</strong>I, a 543. Baldinucci, decennale I, della parte <strong>II</strong>I, del secolo IV, a 62. Masini, a<br />

120 e 619.<br />

Domenico Bartoli, dal padre maestro Orlandi detto fiorentino, ma fu senese, nipote e discepolo di<br />

Taddeo, dipinse con maggior pratica e con maggior copiosità del zio le istorie, le prospettive e gli<br />

adornamenti. Fu uomo gentile, modesto, e liberale, fiorì circa il 1436. Vasari, parte I, a 134, e 234, nel<br />

fine della Vita di Taddeo Bartoli. Baldinucci, decennale <strong>II</strong>I, della parte I, del secolo V, a 86.<br />

Domenico Beccafumi, senese, detto Mecarino. Questo povero pastore passò dal bastone al pennello<br />

nella città di Perugia sotto Pietro Perugino, poi andò a Roma, dove tanto s’invaghì del dipignere di<br />

Raffaello e del Buonarroti, che giurò di volerli seguire, e sebbene tornato alla patria, entrò nella scuola<br />

del Sodoma, non lasciò però egli mai il genio raffaellesco e michelagnolesco. Fu copioso e capriccioso<br />

ne i suoi componimenti in pittura, in getto, in marmo, e in stampa, a bolino, in legno, e acquaforte.<br />

Lavorò in Roma, in Genova e in Siena, dove, d’anni 65, il dì 18 di maggio, nel 1549 fu sepolto nel<br />

duomo, tanto da lui abbellito nel celebre pavimento e negli altari, e fu portato alla sepoltura da tutti gli<br />

artefici [p. 671 – <strong>II</strong> – C_087R] della sua città, i quali allora conobbero il valore e la perdita di un tanto<br />

uomo. Vasari, parte <strong>II</strong>I, libro <strong>II</strong>, a 371, e parte I, a 184, nel fine della Vita di Baldassar Peruzzi, e parte<br />

<strong>II</strong>I, a 304, nella Vita di Marcantonio Raimondi. E nel proemio della pittura, capitolo XXX, a 59, e libro<br />

I, della parte <strong>II</strong>I, a 362, nella Vita di Perino del Vaga, nel qual luogo, dice, che lavorò in Genova nel<br />

palazzo del principe Doria, ma che le di lui opere fatte in Siena sono le migliori e le più eccellenti, che<br />

escissero dalla sua mano. Soggiugne ancora nello stesso luogo, a 380, che nelle arie delle teste Mecarino<br />

fu molto inferiore al Soddoma. Baldinucci, decennale I, del secolo IV, a 196. L’Ugurgieri, parte <strong>II</strong>,<br />

titolo 33, a 359. Soprani, a 276. Sandrart, a 142. Armenini, a 15. Vincenzio Carducci, Dialogo I, a 7.<br />

Monsù de Piles, nel Compendio delle vite dei pittori, edizione <strong>II</strong>, libro <strong>II</strong>I, a 207. Monsù Giovanni de<br />

Bombourg di Lione, nel suo libro intitolato Ricerca curiosa della vita di Raffaello ecc., a 64. Filibien, libro<br />

<strong>II</strong>, a 167, nella sua Vita. Segnò le sue stampe colla marca seguente AE [monogramma], come nota<br />

Florent Le Comte, nel suo libro intitolato Gabinetto di quadri, statue e stampe ecc., libro I, a 139 e 156 e<br />

179, nell’Idea di una bella biblioteca di stampe ecc., libro I.<br />

Domenico Beceri fiorentino, scolare di Domenico Puligo, adoprò i colori con pulizzia, e con bella<br />

maniera. Dipigneva nel 1527. Vasari, parte <strong>II</strong>I, libro I, a 106, nel fine della Vita di detto Puligo.<br />

Domenico Bettini fiorentino, nacque l’anno 1644. Ebbe per primo maestro del disegno Jacopo Vignali.<br />

Desideroso di girare il mondo, variò diverse città, e dopo molti anni si fermò in Roma, ripigliando gli<br />

studi di pittura sotto Mario Nuzzi, detto Mario dei Fiori; ed in fatti in fiori, in frutte, in paesi, in uccelli,

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