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TOP WOMEN ottobre/novembre 2020

Donna Impresa Magazine oltre che valorizzare l'imprenditoria italiana, la libera professione ed il management al femminile, si propone di accelerare l'empowerment e contribuire alla più ampia diffusione di una cultura aziendale volta all'inclusività. Le donne sono resilienti, preparate, pronte alle sfide, collaborative: la loro maggiore presenza sarebbe certamente un booster per lo sviluppo economico e sociale. Oggi siamo di fronte all'opportunità di pensare a nuovi paradigmi economici e il primo passo è proprio ripartire dalle donne, dal loro coraggio, dalla loro creatività, dal loro sapere e saper fare. Per valorizzare le donne, il 54

Donna Impresa Magazine oltre che valorizzare l'imprenditoria italiana, la libera professione ed il management al femminile, si propone di accelerare l'empowerment e contribuire alla più ampia diffusione di una cultura aziendale volta all'inclusività. Le donne sono resilienti, preparate,
pronte alle sfide, collaborative: la loro maggiore presenza sarebbe certamente un booster per lo sviluppo economico e sociale. Oggi siamo di fronte all'opportunità di pensare a nuovi paradigmi economici e il primo passo è proprio ripartire dalle donne, dal loro coraggio, dalla loro creatività, dal loro sapere e saper fare. Per valorizzare le donne, il 54

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LEADERSHIP

2020

Donna Impresa Magazine

oltre che valorizzare

l'imprenditoria italiana, la

libera professione

ed il management al

femminile, si propone di

accelerare l'empowerment

FEMMINILE

Otto Donne capaci di interpretare

il loro ruolo in azienda e nella

società, valorizzando ogni giorno

un patrimonio personale fatto di

competenze, creatività, carisma,

t e n a c i a

e contribuire

alla più ampia

diffusione di

una cultura

aziendale

volta

all'inclusività.

Le donne sono resilienti, preparate,

pronte alle sfide, collaborative: la

loro maggiore presenza sarebbe

certamente un booster per lo sviluppo economico e sociale.

Oggi siamo di fronte all'opportunità di pensare a nuovi paradigmi economici e il primo passo è proprio ripartire dalle

donne, dal loro coraggio, dalla loro creatività, dal loro sapere e saper fare. Per valorizzare le donne, il 54% dell'intera

popolazione aziendale, sono stati introdotti strumenti concreti: il sistema integrato di welfare si è evoluto negli anni, con

un'ampia gamma di soluzioni (ad esempio banca del tempo, asili nido aziendali, permessi più ampi per

maternità/paternità, smart working, orari flessibili in entrata e uscita, part-time) che affrontano concretamente il tema

della gestione del tempo e dell'equilibrio tra esigenze aziendali e personali dei dipendenti. Ma c'è ancora molto da fare.

Le esperienze di queste straordinarie professioniste che abbiamo scelto per la nostra rubrica Top Women, mettono a

nudo le difficoltà che le donne incontrano nei loro percorsi lavorativi, soprattutto quando sono madri. Le nostre

protagoniste sono donne che ce l'hanno fatta, nonostante le avversità iniziali. Donne che non hanno mollato di fronte alle

difficoltà grazie alla loro forza, alla determinazione ed al coraggio. Sono vite che raccontano di grandi sacrifici e di

successi; donne da ammirare che in Donna Impresa Magazine fungono da Role Model al fine di infondere la medesima

forza, la medesima determinazione ed il medesimo coraggio a tante altre donne che vorrebbero realizzarsi

professionalmente.

www.dimagazine.it46

TOP WOMEN


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WHO IS ANI

In life, there are two definitions of who we are, which are firstly our innate personality and secondly our acquired personality. My life is

still a journey, allow me to share my story so far with you…

Chi è Ani

Nella vita ci sono due definizioni di chi siamo, che sono in primo luogo la nostra personalità innata e in

secondo luogo la nostra personalità acquisita. La mia vita è ancora un viaggio, permettetemi di condividere

con voi la mia storia fino ad ora...

Così, il SELF-MADE Ani è una microbiologa qualificata, che si è laureata all'età di 20 anni e che, dopo alcuni

anni di pratica della microbiologia, si è avventurata nel mondo della moda ed è stata una modella da

passerella per diversi anni in Sud Africa. Essendo una persona che cerca sempre di provare cose nuove e di

fare nuove esperienze, mi sono trasferita in Svizzera, un posto che ora chiamo casa. Mi sono avventurata in

una collaborazione con alcuni amici e ho creato una società di consulenza per il petrolio e il gas, a Ginevra.

Durante questo periodo ho aiutato i nigeriani proprietari di pozzi petroliferi a sviluppare le loro attività in

Europa, mettendoli in contatto con i giusti investitori e dando loro allo stesso tempo accesso a servizi esperti

nel settore del petrolio e del gas. Purtroppo, il calo del prezzo del petrolio e lo sconvolgimento dell'economia

in Nigeria hanno portato ad una brusca fine degli affari con la maggior parte dei miei clienti. Con un po' di

tempo libero a disposizione, ho deciso di imparare nuove competenze. Durante i miei anni come modella, la

mia mente curiosa ha sempre voluto sapere cosa succedesse dietro le telecamere. Questo mi ha portata a

seguire dei corsi di fotografia con un noto fotografo di Ginevra, principalmente fotografia di strada di persone,

in bianco e nero. L'esperienza mi ha insegnato che si può raccontare una storia anche solo con una foto. Mi

ha anche aperto gli occhi per vedere la bellezza nascosta della natura. Dopo la fotografia, sono ritornata alla

mia originaria passione: la moda. Ho frequentato una scuola di design a Milano, specializzandomi in design


per calzature: la visione oggi è quella di creare

scarpe che esprimono un messaggio di pace ed unità

tra i popoli combinando insieme materie prime

provenienti dalla e materiali e know-how provenienti

dall' Europa. Calzature belle non solo dal punto di

vista estetico e dei materiali rigorosamente sostenibili,

ma che incarnano un ideale ed una grande missione:

mostrare al mondo che l'unità è bellezza e che

abbiamo bisogno l'uno dell'altro per essere più forti,

per essere migliori. Questo progetto creerà anche

opportunità di lavoro per molti, soprattutto in Africa…

lo sento come un dovere morale aiutare la mia terra

natia. Un progetto purtroppo ancora in corso d'opera

che si spera venga lanciato non appena si chiuderà

questa triste parentesi della nostra storia. La fraternità

introduce l'idea dell'umanità come famiglia, l'idea

della “famiglia umana” e scioglie ciascun uomo dai

vincoli che lo imprigionano, dalle mille forme di

subordinazione e di schiavitù, da ogni rapporto

ingiusto, compiendo in tal modo un'autentica

rivoluzione esistenziale, culturale e politica. Inoltre, la

globalizzazione economica e finanziaria ha intrecciato

tutti i nostri interessi, che non sono più separati fra di

loro: ciò che accade in un Paese può avere

ripercussioni materiali immediate in molti altri Paesi.

Esistono problemi che interessano l'umanità nel suo

insieme, che nessun popolo può affrontare

separatamente dagli altri. Basti pensare ai grandi

temi che coinvolgono la comunità internazionale in

questo periodo: la pandemia, la questione

ambientale, l'ecologia umana, lo sviluppo e

l'alimentazione, le problematiche riguardanti il

patrimonio genetico dei diversi gruppi umani. Oggi

non è più l'epoca dei soli diritti individuali, né solo dei

diritti sociali di una categoria: la nostra è l'epoca dei

diritti e dei doveri dei popoli e dell'umanità. Dobbiamo

renderci conto che viviamo in un mondo che davvero

è diventato un villaggio: complesso e nuovo, ma un

villaggio. L'umanità vive oggi come fosse un piccolo

gruppo. Ma, a differenza dei piccoli gruppi di una

volta, purtroppo non è ancora riuscita a sviluppare

sufficientemente un pensiero capace di rispettare le

distinzioni mentre comprende la fondamentale unità. I

concetti tradizionali di razza, religione, cultura Stato,

si infrangono davanti alla complessità della

situazione. Ebbene, è proprio la fraternità la categoria

di pensiero capace di abbracciare quell'unità e quella

distinzione cui anela l'umanità contemporanea.

Attualmente sto anche lavorando a un altro progetto,

anch'esso legato alla moda. Sto sviluppando un

marchio di abbigliamento con altri due amici a

Ginevra. La nostra missione è quella di fornire abiti di

alta qualità, eleganti e alla moda per le donne a

prezzi abbordabili. Il nostro obiettivo è ancora una

volta una missione: offrire opportunità di lavoro a

donne di tutte le età, donne che possono lavorare da

casa e avere la possibilità di trascorrere del tempo

con la famiglia mantenendo un lavoro ben retribuito.

La società contemporanea ha trasformato molte di

loro in schiave moderne. Le persone, soprattutto le

donne, lavorano ad orari non compatibili con la

famiglia e questo comporta lo sgretolamento del

nucleo famigliare oltre che un grande sacrificio: ritmi

di lavoro ai quali siamo costretti perché il tenore di

vita ce lo impone. Stiamo dunque lavorando per dare

potere alle donne, per renderle economicamente

indipendenti migliorando la loro qualità di vita. Tra le

altre cose, sono anche una imprenditrice con una

società di architettura e design chiamata LUV con la

quale aiuto le persone a realizzare i loro sogni: si

tratta in sintesi di dare la possibilità a giovani architetti

di entrare in un grande team di persone di talento

guidato dall'architetto Christian Sintesi. Un nome

autorevole nel mondo dell'architettura che ha ricevuto

importanti riconoscimenti: 3 premi europei "Europan"

oltre che essere stato premiato come uno dei migliori

architetti under 40. Con LUV ci siamo posti il

traguardo di creare un design che rispecchi

idealmente lo stile di vita dei nostri clienti. Dare vita a

luoghi che i clienti possano davvero chiamare casa,

perché si adattano perfettamente ad ogni loro

esigenza, ad ogni loro desiderio. Un servizio

impeccabile e grande attenzione ai dettagli. LUV

prende uno spazio e lo rende completamente suo...

fondendo in modo preciso natura, bellezza, unicità e

lusso. Ma ora, andiamo a conoscere l'Anima Vera…

Vengo da una famiglia di sette persone, la terzogenita

di cinque figli. Nata in Nigeria, sono diventata

svizzera dopo averci vissuto molti anni. Sono

cresciuta circondata da risate, musica, danza, libertà,

diversità culturale e vivacità. Curiosa fin da bambina,

leggevo tutto ciò che trovavo interessante e

misterioso. Adoro anche scrivere. I miei argomenti

preferiti erano la vita e l'amore. La scrittura è rimasta

sempre con me, e ancora oggi scrivo della vita,

dell'amore, delle persone, della società e delle

situazioni che mi fanno riflettere. Potrei dire,

ironicamente, di essere nata con una penna in mano.

Non ho paura di provare cose nuove e questo mi

aiuta ad adattarmi facilmente alle situazioni,

all'ambiente e alle persone. Ho acquisito molte

conoscenze: gli anni li ho trascorsi viaggiando spesso

in diversi paesi dell' Asia, dell' Europa, dell' Africa e

dell' America del Nord. Sono piena di passioni e di

empatia con grande sensibilità alle esigenze e alle

altrui difficoltà. E' questo che fa nascere in me

l'ardente desiderio di fare la differenza… di fare

qualcosa di positivo nel caotico mondo in cui viviamo

oggi. Sono impegnata in diverse organizzazioni di

beneficenza in Europa e in Africa, ma questo per me

non è ancora sufficiente. Il mio punto d'arrivo, quello

che davvero mi appagherebbe, è riuscire a rendere

una realtà quel mio sogno di creare un prodotto che

sia accessibile in tutto il mondo, migliorando la vita e

allo stesso tempo ricavandone un reddito, che sarà

utilizzato per la maggior parte nella costruzione di

strutture per i meno fortunati nelle nostre società,

specialmente in Africa.

Questa è Ani Gorhan.

ANI : GORHAN

IMPRENDITRICE - STILISTA - MILANO - ITALIA


Pubblico il mio primo racconto lungo "Storia di un'altra

donna" con la Firenze libri nel 1998; nel 2008 esce il mio

primo romanzo "Con gli occhi degli altri" pubblicato dalla casa

editrice Albatros il Filo. Sempre con la stessa casa editrice,

nel 2011, pubblico il secondo romanzo "Etichette nere per il

bene e il male". "L'effetto domino" lo ritengo il mio romanzo di

maturazione personale e letteraria, vincitore del primo premio

del concorso letterario nazionale Pannunzio 2013. E' del

2016 il fortunato romanzo dal titolo: “Ma perché proprio a me”

al quale seguono, nel 2018 Solis ed il sequel di “Con gli occhi

degli altri” la cui uscita è prevista per la primavera 2021. Ho

scritto numerose sceneggiature, nel 2019 “in viaggio con

papà” per Confartigianato Liguria e la più recente “Col Bosco”

del 2020. Numerosissimi i Premi letterari che hanno premiato

negli anni, e premiano, questa mia passione per la scrittura;

riconoscimenti di cui sono molto orgogliosa.

Come iniziare a presentarmi?

Questa domanda mi è frullata nella mente per un pò di giorni. Non è un compito

semplicissimo, lo ammetto, poiché per rappresentare la poliedricità e complessità di un

essere umano, di una donna poi, non basterebbe un trattato di mille pagine. Ho quasi 50

anni e mi piace soffermarmi a riflettere sulla vita e ripercorrere le tappe del passato.

Fare memoria.

Già così, in poche righe emerge qualcosa di me: una donna poliedrica che ama fare

memoria. Ritengo la memoria un tesoro inestimabile da conservare nel cuore. Possiamo

andare avanti solo mettendo radici solide, su solide basi. Sono sempre stata affascinata

dall'essere umano, fin da giovane, studentessa poco provetta del Liceo Classico di

Albenga, scrivevo storie e poesie sul mondo. Il mio primo sguardo. Seguendo la linea del

classico la mia prima laurea l'ho presa in Lettere Moderne. 110/110 ed il rammarico di

non aver conseguito la lode. Uscita da Lettere tutti mi dissero: “Che te ne fai di una

laurea debole?” La sfida! Ecco, sono una donna che ama le sfide. La mia risposta

interiore fu: “Ora ve lo faccio vedere io!” Ricordo che mandai centinaia di curricula, se

ripenso a come li compilavo mi viene da ridere, erano improponibili, ma all'epoca mia

non esisteva l'orientamento. Non mi rispose nessuno. Così per un momento pensai:

“Forse hanno ragione loro…”. Ma fu solo un attimo. Il giorno dopo mi ripresi e mi rimisi a

cercare, all'epoca c'erano solo i giornali. Trovai la possibilità di partire per un villaggio

turistico a Djerba. Animatore sportivo. Beh, devo dire che avevo dalla mia il saper

governare una barca a vela e l'essere portata per lo sport. Feci una stagione, mi divertii

un sacco. Al ritorno mi iscrissi all'ufficio di collocamento e nel frattempo venni chiamata

da tutti i maggiori Brand del settore turistico. Mi proposero, avendo una laurea, di

assumermi a tempo indeterminato come vice capo villaggio, con possibilità di carriera. Il

villaggio turistico mi divertiva, sono onesta, ma la mia intenzione era di fare un altro tipo

di carriera: nella selezione delle risorse umane. Non avevo ben presente cosa

significasse, ma mi sentivo attratta. Era il mio progetto professionale anche se non lo

sapevo in modo consapevole. Così nicchiai per un pò con i grandi brand del divertimento

e nel frattempo venni chiamata dall'ufficio di collocamento che mi propose un “lavoro

socialmente utile” al comune di Albenga, la mia città natale. La scelta. Che fare? Partire

per lidi divertenti o entrare in un ufficio pubblico? Non avevo il mito del pubblico, ma la

comodità di essere a casa prese il sopravvento. Così accettai il lavoro in comune. Mi

voglio fermare e fare due riflessioni soprattutto per le giovani lettrici: “accettate le sfide

senza paura! Aprite i vostri orizzonti mentali, non fatevi condizionare, siate creative nella

ricerca del lavoro. Meglio accettare qualcosa di diverso dal proprio obiettivo che non

entrare mai nel mondo del lavoro. Gettatevi! Fate esperienza, conoscente persone, le

occasioni allora arriveranno. All'inizio c'è sempre tempo per creare una bella carriera, ma

se rinviate l'inizio…” Sicuramente ciò che mi ha contraddistinto è stata la tenacia: non

mollare mai! Come il villaggio turistico anche il comune fu un momento di passaggio, il

mio trampolino di lancio. Mi diede la possibilità di conseguire, lavorando, due master,

uno in comunicazione efficace ed uno in HR. So che è una massima scontata, ma

“Volere è potere”. Certo, non avevo vita facile. Lavoravo e nel we mi spostavo su Milano

o su Roma per seguire i master e studiare. Pertanto anche da questo pezzo di racconto

possiamo dedurre che: Formarsi è importante! Ve lo dice una che ha poi continuato e

continua tutt'ora. Così, con la mia laurea “debole” e due master, che mi pagai con il

lavoro del comune, mi affacciai nuovamente al mercato delle HR. Mandai tantissimi

curricula, questa volta migliorati nel loro aspetto e nella forma. Nel frattempo ebbi

l'occasione di fare esperienza nell'ambito dell'orientamento per la Provincia di Savona.

Mi piacque. Per entrare nel progetto, comunque, dovetti per due mesi fare affiancamento

a spese mie. Dico questo per lanciare un messaggio importante. Dopo l'affiancamento

mi presero e feci la mia esperienza come orientatrice. Ciò mi fu di grande aiuto, aggiunto

nel mio cv, poiché fui chiamata da ISTUD (all'epoca la Business School dell' Università

Cattolica di Milano). Ebbe inizio lì la mia carriera, a Milano. Mi licenziai dal comune, feci

le valigie e partii in questa nuova grande avventura. Lavorai sodo per due anni. E in quei

due anni capii molte cose. Non amavo la selezione, ma la formazione. Mi piaceva

l'orientamento. C'era un mondo meraviglioso da conoscere e “conquistare”. Continuai a

formarmi. Istud mi pagò un master interno FGA (Fondamenti di gestione aziendale) una

sorta di MBA. Frequentare i Master è straordinario per molti aspetti: ti apre la mente, ti

permette di confrontarti con persone come te e diverse da te, di apprendere molti

concetti, di comprendere le dinamiche del team working, di conoscere professionisti che


RAFFAELLA: VERGA

CONSULENTE AZIENDALE, COACH, MASTER PNL E MEDIATORE CIVILE - LOANO - ITALIA

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Amo lasciare una

traccia

nella mente enelcuore

di chi formo

SHOOTING FOTOGRAFICO: Giorgio Molteni


diverranno la tua rete di riferimento. Venni licenziata!

Di colpo. Lì per lì ci rimasi male. Il giorno dopo

chiamai un mio caro amico responsabile delle HR in

una grande azienda e lui mi disse: “Sono stato

licenziato! Sono distrutto!” Io gli risposi, con mia

somma sorpresa: “Anch'io sono stata licenziata!

Andiamo a sciare in Austria?” Il mio amico ci rimase

di stucco, ma alla fine accettò. Così partimmo. Ho

voluto raccontare questo mio “insuccesso” per

condividere con le lettrici anche gli aspetti “non belli”

di una carriera, cose che possono capitare. Bisogna

saper “incassare”, “accettare” e andare avanti.

Guardare oltre. E' importante anche fermarsi per

comprendere ciò che non ha funzionato in

quell'esperienza. Come dico sempre in aula: la realtà

ci fornisce feedback, non fallimenti! Non lo considerai

un fallimento, ma un feedback. E fra le bellissime

montagne imbiancate dell'Austria lasciai andare il

mio cuore al divertimento. Quando tornai mi misi

subito a cercare, con una buona disposizione

d'animo. L'allenamento sportivo mi aveva fortificata

anche mentalmente. Volevo fare il formatore, ma non

sapevo bene da dove iniziare. Avevo mille contatti

con le HR delle più grandi aziende italiane, ma non

volevo essere interna, piuttosto una consulente.

Tornai all'ufficio per l'impiego, questa volta di Milano

e feci un colloquio di orientamento professionale per

la riqualificazione. Incontrai una “collega” aperta e

ben disposta che mi disse che la Provincia di Milano

cercava orientatori e mi fece inoltrare la domanda. Mi

presero. Da questa esperienza imparai quanto è

importante l'umiltà ed il rimettersi sempre in gioco.

Quando si percorre la propria strada professionale

bisogna mettere in conto le cadute, ma anche il fatto

che prontamente dobbiamo imparare a rialzare.

Mi chiamarono poi per fare le mie prime aule agli

apprendisti. Le ricorderò sempre. Ciò che

riconoscevano tutti in me era l'entusiasmo e la

positività che portavo in aula. A cinquant'anni non l'ho

perso e prego Dio di lasciarmi il mio entusiasmo da

ragazzina fino alla fine. La voglia di Stupirmi ancora,

di andare incontro al mondo sempre con gli occhi di

un bimbo che si sorprende. Quando sei nel mondo

del lavoro incontri persone, conosci persone, alcune

rimangono nella tua vita per sempre, altre sono

meteore. Il mio Amico Roberto, formatore esperto,

che conobbi nel 2004, quando facevo orientamento e

formazione agli apprendisti mi disse: “Adesso è ora

di fare il salto! Devi iniziare a fare formazione ai

manager.” Mi venne male. Le ginocchia mi

tremarono, lo ammetto. Una giovane trentatreenne in

aula con dei manager? “Ma questi mi mangiano!”

pensai. Ricacciai il pensiero killer e gli dissi di sì

sorridendo. Ebbe inizio lì la seconda parte della mia

carriera. Il salto vero. Roberto mi fece partecipare ad

alcune sue aule come spettatrice. Assorbii tutto il

possibile. Mi sentivo una spugna! Aperta, ricettiva e

felice. Con una grande gratitudine nel cuore. Ecco,

Roberto è rimasto nella mia vita e tutt'ora ci

frequentiamo. Per lui provo amicizia, rispetto e

riconoscenza. Se volessi trarre un ulteriore

insegnamento dal mio percorso professionale, è che

la riconoscenza, merce rara oggi, è importantissima.

Imparare a dire “Grazie” e sentirlo nel cuore apre

porte di alleanza molto spesso sconosciute. In quel

periodo della mia vita mi tuffai a capo fitto nel lavoro.

Volevo fare carriera. Imparare. Crescere. Migliorare.

Iniziai a fare formazione ai manager ed un giorno

Roberto mi chiamò e mi disse che una società di

consulenza di suoi amici mi voleva conoscere.

Cominciai a collaborare con loro che mi “vendettero”

come consulente esterno ad Accenture. Ricorderò

per sempre il colloquio con il partner Accenture che

mi chiese cosa ne sapessi di CRM. In Istud avevo

seguito come placement il Master in CRM e trassi

dalla mia memoria tutte le informazioni possibili che

ricordavo. Credo che il partner capì che in qualche

modo stavo un pò bleffando, ma la cosa lo fece

sorridere. Ritengo, col senno di poi, riguardandomi

attraverso quegli occhi esperti, di averlo “conquistato”

per la “faccia tosta”. Una faccia tosta “onesta”,

simpatica, credo, ma pur sempre faccia tosta. Nel

team mi occupavo di Change management applicato

ad un grande progetto di change in CRM per un

merger bancario importante. Lavoravo con soli

uomini, tutti coordinatori di banca o direttori di filiale.

E' stata una delle esperienza più gratificanti della mia

vita. Quegli uomini mi portavano in palmo di mano.

Gentilezza, garbo, cortesia. Così ricordo quelle

giornate trascorse con loro. Un grande insegnamento

che ho portato con me sempre, mi venne da un mio

amico, anche lui consulente, che una sera mi disse:

“Voi donne avete un grande potere, ma solo se

riuscite a mantenere nel lavoro la vostra femminilità.

E' questa la vostra forza. La “morbidezza”,

l'accoglienza che solo una donna possiede per

natura. Se cercate di diventare come noi uomini

perdete tutto!” Questa massima, come vi dicevo, l'ho

portata con me nel cuore sempre. Lavoravo

quattordici ore al giorno, ma tenevo sempre a mente

di essere una femmina. Ho lavorato sodo. Il progetto

in Accenture mi fece crescere tantissimo. Nel 2006

la società di consulenza che mi aveva venduta ad

Accenture mi diede un altro grande incarico di

consulenza a Torino in Asja Ambiente, una società

di energia rinnovabile, dove rimasi un anno per

implementare l'ufficio HR, le tre line: selezione,

formazione e sviluppo. Nel frattempo il mio capo mi

fece responsabile di un team e di una Business Unit

dedicata alle Risorse Umane, Consulenza e

formazione a 360°. Così a trentacinque anni mi

ritrovai manager di una società di consulenza con un

team ed un budget da gestire. Nel tempo che mi

rimaneva dalla consulenza, progettavo e facevo aula

in tutta Italia. L'anno seguente il mio capo decise di

aprire una succursale in Francia, a Lione, ed io

divenni responsabile della formazione e consulenza

HR anche per l'estero. Creammo delle partnership

con altre società di consulenza e nel 2007 mi ritrovai

in aula tutti i giorni. Progettavo di notte ed erogavo di

giorno. Fu massacrante. Non soddisfatta, sempre nel

2007 mi iscrissi ad un master in Corporate Coaching

e presi il diploma. Lavoravo e studiavo nuovamente.

Mi esaurii. Non avevo più energie nemmeno mentali,

avevo corso troppo rapidamente, accumulato mille

esperienze, una ricchezza indescrivibile, ma mi stavo

bruciando. L'anno seguente il mio capo mi propose di

diventare partner ed io mi licenziai. Ho appreso molto

da quell'esperienza, nel bene e nel male. La nostra

ricchezza di esseri umani qual è? Il tempo. Non

avere tempo è una trappola mortale che finisce per

inaridire le persone. Mi ripresi il mio tempo. Negli

anni avevo seminato bene. Lavorando tanto con

precisione, serietà, etica, professionalità, puntualità,

entusiasmo e sempre con il sorriso sulle labbra. I

problemi personali li ho sempre lasciati fuori dalla

porta dell'aula o del cliente. Così, appena rotto il

rapporto con il mio ex capo, mi chiamò un amico,

dirigente dell'allora IREF (oggi EUPOLIS) l'ente di

formazione interno della Regione Lombardia che

aveva un progetto molto grande in partenza e mi

voleva nel team. Fu un altro anno ricco di

esperienza, un vero tesoro. Ma ero stanca e volevo

lasciare Milano che mi aveva dato tanto ed anche

“tolto” tanto. Volevo più spazio per me e lavorare con

altri ritmi. Ricordatevi sempre di seminare bene e con

giustizia e vi torneranno enormi vantaggi. Mi trasferii

nuovamente in Liguria pronta a ricominciare. Un mio

amico mi chiamò e mi disse che un suo conoscente

stava cercando per un progetto formativo in ambito

gestione del conflitto. Era su Milano, ma part time. Mi

organizzai e tenni quei corsi di specializzazione

finanziati da Regione Lombardia per i primi mediatori

in Italia. Fu così che entrai nel mondo della

mediazione. Mi appassionai. Formai tanti ragazzi e

anche adulti che intendevano riqualificarsi, studiai

tanto, approfondii e da quell'esperienza scrissi il mio

primo libro di lavoro: “Il conciliatore professionista”.

Lo inviai a Franco Angeli e l'editore mi pubblicò

subito. Rimasi di stucco nuovamente. In seguito

scoprii che fu il primo libro sulla mediazione scritto

con taglio psicologico in Italia. Fui contattata da

un'università privata l'E-Campus che stava

organizzando il primo Master universitario in ADR

(Alternative Dispute Resolution) in Italia poiché

avevano visto il libro e necessitavano di un docente

in ambito “Gestione psicologica del conflitto e

tecniche di negoziazione”. Sono diventata docente

universitario e per cinque anni ho tenuto lezioni sia a

Novedrate che a Roma. Ho incontrato moltissime

persone. L'aula è bella, lo dico sempre, poiché ti fa

crescere come essere umano e come formatore. Noi

docenti impariamo qualcosa in ogni setting. Ho

messo il cuore nel lavoro. Ho messo tutta me stessa.

Ad oggi, ho fatto il calcolo, ho formato circa 14.000

persone. Ho progettato ed erogato per tantissime

società di formazione e consulenza. Ho formato e

faccio coaching nelle aziende più importanti. Ne cito

solo alcune: Autostrade per l'Italia, Enel, Auchan,

Bulgari, Armani, Aman Hotel, Banca Sella, TPL,

Adecco, Randstad, Pontificia Unifersità, Adidas,

Antonianum, Pfizer, Smat, Teatro dell' Opera di

Roma, J&J, Camera di Commercio di Savona,

Camera di Commercio di Ferrara, Banca Generali,

CARLSON W.L. , CSI Piemonte, Teatro di Torino, e

molte altre. Ho insegnato in un Master Bocconi. Ho

tenuto out

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tenuto out door, in door, formazione mista, seminari, conferenze. Nel 2014,

avendo fatto un po' di “spazio” è entrato nella mia vita l'Amore, ho incontrato

mio marito. Ritengo di essere stata “fortunata” nella mia carriera

professionale, ma ritengo altresì che il mio bilancio attuale dipenda dalla

mia propensione a vedere ciò che di bello e positivo mi è accaduto eanon

dare importanza o peso alle cose nefaste. Quelle le avevo messe in conto,

sono fisiologiche e le ho superate. Ciò che conta è focalizzare il bello!

Tenerne traccia e ringraziare. Sarà la “legge dell'attrazione”? Da psicologa

vi posso affermare che la legge dell'attrazione è importante. Ah, sì, perché

nel 2014 mi sono laureata in psicologia, con Lode questa volta. Oggi mi

sento una donna, ed una femmina, realizzata. A tutto tondo. Mi sento grata

con la vita e con Dio! Quindi ho deciso di dedicare un grande spazio al

volontariato. Alcune amiche dell' Opera ( Opus Dei, del quale sono divenuta

cooperatrice) mi hanno coinvolta in un bellissimo progetto pieno di Luce per

le giovani professioniste. Si chiama “ Progetto Bussola” ed offre a

studentesse universitarie e professioniste, giovani donne under 35,

l'opportunità di partecipare a diverse attività culturali, programmi di

leadership, di formazione professionale, e di promozione sociale, in modo

che ognuna possa forgiarsi una personalità integrale e solida, in un

ambiente di fiducia, amicizia, lealtà e, per chi vuole, di fede. Mi hanno

chiesto di tenere alcune conferenze per le giovani donne ed ho

prontamente risposto: “Eccomi!” L'obiettivo del Progetto è quello di offrire

una formazione al lavoro grazie all'apporto di professioniste senior che

condividono le loro conoscenze ed esperienze, offrendo dei validi strumenti

che fungano da motore di crescita personale e professionale. Il Progetto si

svolge in un meraviglioso Centro Internazionale dell' Opus Dei: Rocca

Romana (

), e rappresenta un valido sostegno

per aiutare queste giovani donne a sviluppare il proprio progetto personale.

In questi primi due anni di vita, il contenuto del programma di Bussola ha

versato intorno alle soft skills. Mi dà una gioia immensa poter essere di

aiuto e supporto per queste giovani donne che hanno appena intrapreso o

che devono entrare nel “fantasmagorico” mondo del lavoro. Io tifo per i

giovani! E' il secondo anno che tengo delle conferenze per loro e dal

momento topico del Covid ho iniziato a fare coaching one to one con

alcune di loro. Per il momento ne seguo quattro. Quattro splendide

creature! Una di loro l'altro giorno mi ha chiesto: “Ma chi ti dà la forza per

seguire tutte le cose che fai? E anche noi…?” Le ho risposto: “L'Amore, la

fede. Sì, sono sicura che sia la mia fede a darmi questa grande forza!” Amo

dare qualcosa, lasciare un traccia, nella mente e nel cuore di chi formo.

Amo e cerco il positivo, nella vita e nelle persone. E non è tutto. In questo

periodo, “nel mezzo del cammin di “mia” vita” apro un nuovo capitolo, mi

rimetto in gioco un'altra volta: sto per fondare una START UP!

ULTIME PUBLICAZIONI:

2018 “Solis”, edito da NeP edizioni, Roma. Sequel del romanzo “Con gli

occhi degli altri”. L'intensità di legami che durano per sempre. Ofelia, un

nome e un destino. Intorno a lei,

alla sua storia e alla sua energia,

la vita e le vicende di diversi

personaggi che si incontrano, si

conoscono e si legano come per

una naturale magia.

NEW

2021 “10. SALIRE IN CIMA AD

UN'ALTA MONTAGNA”.

In pubblicazione. Uscita

prevista per febbraio 2021.


MARIA GRAZIA COSTA. UNA

CARRIERA SPESA PER LA

SOSTENIBILITÀ. PAROLE

D'ORDINE: EFFICIENZA

DUE GENITORI LAUREATI IN MATEMATICA CHE LE HANNO LASCIATO IN DOTE L'AMORE

ISTINTIVO PER I NUMERI, CURRICULUM SCOLASTICO D'ECCELLENZA CHE HA

PORTATO AL TITOLO DI ALFIERE DI LAVORO, LAUREA IN INGEGNERIA ELETTRONICA

CON IL MASSIMO DEI VOTI A SOLI 23 ANNI, OGGI AMMINISTRATORE UNICO DI SACEE,

ENERGY MANAGER DEL GRUPPO LUMSON, DI PETROLVALVES, DI STELLA BIANCA E

DI MOLTE ALTRE IMPORTANTI REALTÀ INDUSTRIALI DELLA NOSTRA BELLA ITALIA.

Da quasi 8 anni sono alla guida di SACEE ( ), una Società di Ingegneria che si occupa di

efficienza energetica e progetta impianti tecnologici in settori e contesti molto diversi, dagli showroom agli

alberghi, dai palazzi storici tutelati ai più moderni centri direzionali. Inoltre, nel ruolo di Energy e

Sustainability Manager, accompagno pubbliche amministrazioni ed importanti multinazionali nel lungo

percorso della sostenibilità, che parte con l'analisi dei rischi sui cambiamenti climatici, passa dall'aumento

della consapevolezza sulle proprie emissioni inquinanti e arriva fino alla definizione di strategie di

ottimizzazione dei processi, di abbattimento dei consumi, di una migliore gestione delle risorse. Il mio è un

lavoro trasversale e multidisciplinare, che riguarda davvero tutti, più di quanto non si possa pensare.

Scopri chi sono.

Rispondendo alle sfide dell’Europa in termini di riduzione dei consumi energetici e delle emissioni inquinanti, SACEE punta a migliorare l’EFFICIENZA

ENERGETICA dei suoi clienti creando nuove opportunità per lo sviluppo di fonti di energia rinnovabili e lo sviluppo eco-sostenibile.

www.dimagazine.it


Ho scelto di restare in Italia, sebbene fortemente attratta dallo prontezza tecnologica e dalla cultura

green del nord Europa, perché amo questa terra, le sue opere d'arte ed il fare appassionato e

gesticolante dei suoi abitanti. Sono convinta che i cervelli (e ciascuno di noi ne ha certamente uno,

che avrebbe il dovere di applicare al massimo delle proprie possibilità) possono andare ed ispirarsi

all'estero, possono viaggiare, ascoltare, vedere con i loro occhi, ma non devono “fuggire”. Alla fuga

preferisco la lotta tenace sul posto. Non che sia facile ovviamente. Chi fa impresa in Italia, con

correttezza e senza cedere ai compromessi, è un vero combattente, meriterebbe una medaglia al

valore a prescindere dal risultato, che per arrivare richiede sempre anche una buona dosa di

fortuna. Ciò che scoraggia di più dell' Italia è la diffusa mancanza di comprensione della potenzialità

della tecnologia e della sua utilità in ogni settore. Il mondo digitale porta enormi vantaggi in termini

di immediatezza della comunicazione, di velocità del lavoro, di conservazione delle informazioni e

anche di sostenibilità ambientale. Grazie all'utilizzo dell'informatica, delle rappresentazioni

tridimensionali, della realtà aumentata e del BIM ( Building Information Modeling), SACEE ha fatto

enormi progressi in pochi anni: da piccola realtà di paese a società premiata dal Sole24ore come

"Leader della Crescita 2020". Lo scorso marzo il Financial Times ci ha collocato nell'elenco delle

1000 aziende europee con la crescita maggiore nel triennio 2015-2018. Poiché nei paesi

dell' Unione Europea operano più di 21 milioni di imprese, essere in quella classifica ha

rappresentato un premio importante all'impegno e al coraggio. C'è chi mi ha detto che fosse strano

che questa visione, orientata alla tecnologia e al futuro, arrivasse da una donna. La verità è che

stiamo occupando, con grazia ed eleganza, ambiti che erano territorio ingiustamente esclusivo

degli uomini. Stiamo uscendo da ruoli di spalla ed accompagnamento, per portarci in prima linea.

Lo facciamo restando mamme, mogli e compagne. Lo facciamo grazie al supporto indispensabile

che i nostri figli, mariti e compagni ci danno tutti i giorni. In SACEE ho la responsabilità di una

squadra di professionisti, ingegneri e architetti, uomini e donne, alcuni giovani e altri di grande

esperienza, perché credo che nell'equilibrio tra la diversità vada ricercata la chiave del successo di

una società, non nella competizione tra sessi o nella sfida tra la velocità dei giovani e la saggezza

di chi ha qualche anno in più. Sento che gli uomini, non meno che le donne, appoggiano le mie

scelte, stimano le mie capacità ad intuizioni, consapevoli che queste ultime sono un dono tutto

femminile. E io me la tengo stretta la mia femminilità, non rincorro il modello della donna che

schiamazza tutto il giorno, che indossa solo pantaloni, che imita i maschi di potere, che ha il terrore

di essere giudicata per le sue fragilità. Una donna è l'essenza della fragilità. Nelle fragilità c'è la

nostra unicità e la nostra forza. Sono orgogliosa del mio essere fragile.

INFO. Classifica del Financial Times:

https://spaces.statista.com/f451268219ee41bc9fcf65af7372b3f1.pdf

SEDE Piazza Luigi di Savoia, 22 I 20124 Milano (MI)

Tel. +39 02 45381170 - Cell. +39 393 9174688 - Fax +39 02 45381176

MAIL grazia.costa@sacee.it _ info@sacee.it

SITO www.sacee.it

Ciò che scoraggia di più

dell'Italia è la diffusa mancanza

di comprensione della

potenzialità della tecnologia e

della sua utilità in ogni settore.

MARIA GRAZIA: COSTA

AMMINISTRATORE UNICO SACEE - MILANO - ITALY


GLI ABITI

ETERNI

di Mariangela

CASTELLAN

UN CAPO DI ABBIGLIAMENTO PUÒ ESSERE UN'AVVENTURA

CHE DURA TUTTA LA VITA.

Mi chiamo Mariangela e sono nata a Cittadella, roccaforte

medioevale in provincia di Padova, all’inizio degli anni 60. Dopo il

diploma decido di abbandonare le aspettative familiari e

dell'ambiente di provincia con cui sono cresciuta e di seguire la

mia vera passione: la moda. Appena diciottenne, inizio a lavorare

come commessa in un grande magazzino del padovano, dando

inizio a quello che poi sarà il mio percorso professionale e di vita.

Viste le mie doti selettive e la capacità di prevedere i trend mi

viene affidato anche il ruolo di buyer, con una mansione chiave

negli acquisti della catena. L’entusiasmo e il piacere della ricerca

che da sempre mi accompagnano mi spingono quindi ad

affrontare la sfida di aprire un negozio tutto mio. Con l’apertura

della prima boutique MODA&MODA, a cui, constatato il

successo iniziale, fa seguito nel frattempo un secondo punto

vendita, inizia a farsi strada in me l'ambizione di creare una

propria linea di abbigliamento. La mia passione per la moda,

unita al fatto di avere clienti che si affidassero al mio gusto per la

creazione del proprio look, era una soddisfazione per me

impagabile. Se non fosse stato il mio lavoro, credo che

probabilmente lo avrei fatto pure gratis! La ricerca della qualità in

quello che proponevo era una priorità per me, allora come ora.

La mia ricerca si è sempre concentrata su piccoli brand di

nicchia, dal design accattivante ma rigorosamente di qualità.

Dopo una decina d’anni da imprenditrice, decido di passare

dall’altra parte della barricata, iniziando una nuova esperienza a Milano collaborando con Studio 24, uno showroom

specializzato nella distribuzione di capispalla in materiali pregiati. Con questa esperienza di partner commerciale ho la

possibilità di conoscere e collaborare con aziende, agenti e buyer nazionali e internazionali e ho modo di frequentare alcune

V E N E Z I A

L’esistenza di una moda sostenibile è di notevole importanza perché il consumo di moda è

molto diffuso nelle economie industrializzate: poiché la moda è fondata sulle tendenze, il

prodotto ha un ciclo di vita molto breve, che porta a un elevato accumulo di rifiuti spesso

non biodegradabili. L’approccio alla sostenibilità tiene conto sia dell’aspetto ecologico, sia

dell’equità sociale, intesa come rispetto delle persone, dei lavoratori e dei consumatori, sia

del punto di vista prettamente economico. L’applicazione di principi di sostenibilità non

avverrà mai se contraria alle regole del mercato. In tal senso DOUBLE rappresenta un

esempio virtuoso di azienda improntata a un concetto di sostenibilità profit driven: l’intera

value proposition è costruita intorno al concetto di eccellenza dei materiali, la trasparenza

della filiera produttiva, la spinta all’innovazione nell’ambito della visione imprenditoriale

improntata sulla qualità autentica.


e

2020/21

Deconstructing

classics

to

make

them

eternal

ant prima

sfilate autunno/inverno

Our ambition

is to

create

precious

garments

that go

beyond

seasonal

trends

but are

rooted

in

contemporaneity

delle principali sfilate di grandi brand in

prima fila. Ricordo ancora con molto

piacere la prima volta che ho visto sfilare

Naomi Campbell: la venere nera e

Versace rimangono per me un binomio

irripetibile! Sembrava quasi irreale! Un

fisico mozzafiato e una camminata che non

si dimenticano. La mia esperienza

milanese durerà dodici anni, finchè non

decido di tornare in Veneto e di creare un

mio brand. Mossa dalla stessa passione di

trent´anni prima nel 2017 nasce DOUBLE

Venezia. DOUBLE Venezia parte dalla mia

ambizione di creare un’inversione di rotta

rispetto a tutto quello che è fast fashion e

trend stagionali. Partendo da questi

capisaldi inizio a concepire una collezione

di cappotti e capispalla realizzata

interamente con materiali naturali, usando

le migliori lane eimigliori cachemire. Ogni

capo è realizzato a mano e confezionato

con il metodo sartoriale “double” che da

anche il nome alla collezione. Questa

lavorazione, risalente agli anni ‘30, richiede

una radicata esperienza ed una profonda

conoscenza dei processi manifatturieri, che

fanno del “double” una lavorazione

preziosa e ricercata. La mia mission e

quella di DOUBLE Venezia diventano

quindi quella di far conoscere questa

tradizione tutta italiana sul mercato

nazionale e internazionale, assieme alla

valorizzazione di capi realizzati con spirito

etico, nel rispetto dell’ambiente e delle

condizioni lavorative di chi contribuisce a

crearli. Uno dei miei principi è che non si

può costruire il proprio business sfruttando

le persone. Bisogna tornare a dare il giusto

valore alle cose, valorizzando tutti i

componenti della filiera. Il mio motto è

“ comprare meno e comprare meglio”. E' per

questo infatti che sto puntando sulla

creazione di prodotti in quantità limitate e

con la massima qualità nei materiali e una

cura maniacale dei dettagli, per fare in

modo che i miei capi possano considerarsi

E T E R N I

info:

DOUBLE SRL

double.venezia@gmail.com

direct contact: +39 338 8264247

+49 151 11019763

double-venezia.com

www.dimagazine.it

DIRETTRICE E FOUNDER DI DOUBLE

VENEZIA - ITALY

CASTELLAN

MARIANGELA:


ALTAROMA

FASHION RUNWAY

15/17

SETTEMBRE

2020

Altaroma è il centro propulsore della Moda Italiana emergente.

Dal 2002 si propone come luogo d'incontro dove esplorare i nuovi trend e

come importante vetrina nazionale ed internazionale per i creativi del settore

m o d a

ALTAMODAROMA: tutta la collezione DOUBLE

https://digitalrunway.altaroma.it/profilo/designer04

Nella foto: Mariangela Castellan, titolare del brand DOUBLE Venezia con Lara Canal stilista e sua grande amica.

www.dimagazine.it


IL CAPOSPALLA

ELE

SUE FORME.

Lavorazioni di una volta prendono

il posto in tagli nuovi, volumi

ricercati e curati fino all'ultimo

dettaglio.

Il termine "doppio", nella moda, si riferisce a un

tessuto doppio, composto da due strati uniti con

una cucitura interna, completamente fatto a mano.

È la lavorazione perfetta sia per abiti reversibili

che non reversibili, dove entrambi i lati appaiono

completamente senza cuciture. La confezione dei

capi doppi avviene in alcuni laboratori specializzati

in Italia. La lavorazione richiede procedure lunghe

e complicate con diversi interventi manuali. La

creazione di un capo doppio richiede lo sforzo di 8

artigiani e la produzione può richiedere fino a 2

giorni. Ai capi continuativi della collezione, si

vanno ad aggiungere nuove vestibilità e

lunghezze, come il cappotto lungo over, il

cappottino dritto stile garçon e quello sfiancato dai

tagli particolari. Una mantella con cappuccio e due

giacche completano la collezione. DOUBLE

Venezia questa stagione ha impreziosito

ulteriormente I suoi capi con lavorazioni di

agugliatura, creando fasce colorate ed elementi

floreali in contrasto al colore di base. Altra tecnica

applicata nella collezione è lo stencil eseguito a

mano con aerografo mediante spruzzatura e

rifinitura a rullo, che decora alcuni capi con

soggetti naturali come foglie e rami, ed altri con

disegni damascati. Questa scelta prende

ispirazione dalla tecnica di stampa inventata da

Mariano Fortuny; pittore, stilista e scenografo di

origini catalane naturalizzato veneziano, vissuto a

Venezia a fine Ottocento, dove aveva la sua casaatelier.

SHOWROOM NEGOZI

Nico Albanese Showroom - New York

Wonder concept store - Conegliano (TV)

D-Tails Agency – Monaco di Baviera Dielle

Boutique - Fontaniva (PD)

Show Room Avanti – Mosca Zoe Boutique

Bassano del Grappa (VI)

Moda & Style - Ascona (SVIZZERA)

www.double-venezia.com

V E N E Z I A


Una donna

una storia

E’ VERO CHE ESSERE DONNA NELLA NOSTRA SOCIETÀ HA ANCORA UNA INFLUENZA NEGATIVA NELLA

CARRIERA LAVORATIVA, MA È ANCHE VERO CHE SPESSO QUESTI PREGIUDIZI DIVENTANO INCONSCI

E LIMITANO LE DONNE NELL’ASPIRARE A DETERMINATI RUOLI DI LEADER. BISOGNA ESSERE

CONSAPEVOLI DI QUESTI AUTOMATISMI MENTALI E RIAPPROPRIARSI DELLE PROPRIE AMBIZIONI

PROFESSIONALI.

Nella foto:

Jacopo Bevilacqua, Dottore Magistrale

in Direzione d'Impresa, Marketing

e Strategia, con la mamma Adriana

Adriana Maria Quaglia inizia il suo percorso

professionale alla fine degli anni '80 nel marketing e

nelle vendite. Sino al 1997 lavora per alcune agenzie

di comunicazione del torinese e del milanese gestendo

campagne di comunicazione per primarie aziende

italiane e brand internazionali, concludendo questo

ciclo professionale in Media Italia Relazioni Pubbliche

del Gruppo Armando Testa. Successivamente cresce

nell'industria delle telecomunicazioni - Omnitel prima,

Vodafone poi - dove sviluppa le sue competenze

manageriali, sia in area customer operations che in

area risorse umane, gestendo progetti importanti di

change management organizzativo. Nel 2008 entra in

Fiat Group Automobiles dove prosegue la sua carriera

manageriale e partecipa attivamente alla

trasformazione del Gruppo in Fiat Chrysler

Automobiles, lavorando allo sviluppo di canali e

servizi innovativi, soprattutto in ambito digitale,

finalizzati alla gestione e alla crescita delle relazioni

con i clienti. Dal 2014 sino al 2019 è responsabile

EMEA dell'area brand marketing e comunicazione di

Mopar, il marchio che racchiude le attività aftersales di

FCA, e contribuisce allo sviluppo strategico del brand

con progetti di comunicazione integrata che vedono,

tra gli altri, l'implementazione di un programma

europeo multilingua di Customer Experience

multicanale che coinvolge i clienti Fiat, Lancia, Jeep,

Alfa Romeo, Abarth, Fiat Professional,

Fiat Ducato

Camper, con risultati di business significativi. Nel 2019

sceglie di cambiare paradigma e accoglie la sfida di

entrare in consulenza. In Coreconsulting è partner e

responsabile della neo nata linea di servizio “Customer

Experience e CRM”. L'obiettivo è fornire alle aziende e

al management la strategia e gli strumenti più efficaci

per costruire business, perché il successo si sviluppa

dai meccanismi con cui si trovano i clienti, si entra e si

mantiene la relazione con loro, tenendo sempre conto

degli effetti sulle vendite e sui ricavi, che sono il motore

concreto delle imprese.

UNA LUNGA STORIA DI NUOVE IDEE.

Dal 2001 il Gruppo Core, con le sue due società

Coreconsulting e Corelab, opera nel campo dello

sviluppo organizzativo, della comunicazione e delle

risorse umane, in tutti i settori di business, privati e

pubblici, in Italia e all'estero. Con 4 sedi in Italia e un

network internazionale, offre soluzioni integrate end-toend

di Knowledge management,

Change

management, People management e Customer

management. Un team multidisciplinare di circa 200

professionisti assicura, con il supporto di soluzioni

digitali proprietarie, la realizzazione di progetti di

riorganizzazione, valutazione e sviluppo, talent

management e business coaching, formazione e

digital learning, CRM e digital communication. Per

maggiori informazioni: www.coreconsulting.it

UNA STORIA DI FORMAZIONE

La storia professionale di Adriana è fortemente

intrecciata alla sua storia formativa, all'attività sportiva

e artistica. Inizia gli studi a 5 anni facendo la Primina

per poi iscriversi, dopo un esame di idoneità, alla

seconda elementare. È proprio alle elementari che

incomincia l'interesse per la musica e il canto,

incoraggiato dal padre, un naturale talento musicale.

Inizia presto a studiare musica classica e suona il

violino sino ai 17 anni quando abbandona gli studi

musicali per intensificare quelli liceali. Musica e canto

la accompagneranno sempre. Così come lo sport,

esercitato perlopiù a livello agonistico: dalla ginnastica

artistica, al nuoto, all'Aikido, al tennis, allo sci, alla

pallavolo e alla pallacanestro che la seguirà per tutta la

giovinezza. Nello sport Adriana trova la spinta a

progredire. "Lo sport agonistico è stimolante perché

pone degli obiettivi. Ti dà la possibilità di coltivare

sogni e speranze che sveli quando raggiungi la meta.

In una società nella quale gli interessi predominanti

sono la bellezza esteriore, la ricchezza e la popolarità,

lo sport è una palestra di vita", racconta Adriana.

"Anche se perdi, in realtà hai già vinto. Non sai mai se

al termine delle tue fatiche urlerai di gioia o piangerai

di delusione ma resta il fatto che hai già vinto, perché ti

sei messa in gioco. Lo sport è emozione, è vittoria, è

sconfitta. È vita, insomma." Le sue autentiche

passioni interiori sono la scrittura e il teatro. Nel

periodo universitario studia recitazione per qualche


anno, ma decide di non intraprendere il percorso da

professionista perché l'ambiente non le si confà. “Il

teatro è stato il nutrimento fondamentale della mia

immaginazione. Lo considero la più alta forma d'arte

dell'uomo. Ci tocca l'anima, ci fa commuovere e ci fa

sentire una verità comune.” Proprio come la poesia. È,

infatti, nella poesia che il suo immaginario trova

concretezza e, dopo il ritrovamento fortuito dei suoi diari

di bambina, riprende a scrivere. "I pensieri e le poesie

di quando ero ragazzina - spiega - mi hanno restituito lo

slancio della scrittura. Non ricordo un momento preciso

in cui io abbia iniziato a scrivere poesie. Certamente lo

studio della filosofia, della letteratura e della musica,

nonché l'amore per l'arte e il teatro hanno influenzato

molto la mia formazione letteraria, anche se credo si

tratti soprattutto di una vocazione" . "La scrittura –

sottolinea – è un atto di libertà estrema e la poesia è

uno strumento di espressione libera del proprio

pensiero, dei moti dell'animo e dello spirito". È del 2017

la sua seconda raccolta Come una farfalla ( Genesi

Editrice) che il suo stesso editore, Sandro Gros-Pietro,

non esita a definire “un mondo interiore che è un canto

di libertà e di devozione verso l'armonia e la pienezza

della vita”. “Quando una farfalla esce dalla crisalide, le

sue ali sono piccole e accartocciate. Solo trovando un

appoggio sicuro si dispiegano e la sostengono durante

il volo. Così vedo la poesia, una struttura portante

dell'anima, che ha bisogno di un appoggio sicuro,

l'Uomo, per esprimersi liberamente. La poesia è il mio

angolo segreto.” I momenti di formazione personale che

ricorda come davvero significativi sono legati alle

esperienze di scambio in famiglia e studio all'estero. Le

hanno permesso di unire l'apprendimento delle lingue

all'incontro di nuove persone, al divertimento e alla

scoperta di culture diverse. “Non è sempre stato tutto

facile” , racconta Adriana.

“Allora non avevamo i social

mediaeicellulari. Ho dovuto affrontare problemi anche

grandi e ho avuto momenti di crisi. Quando sei lontana

da casa e sei molto giovane, il sistema di supporto

viene meno e devi imparare a destreggiarti con persone

e culture che non conosci. Ho imparato ad adattarmi e

a chiedere aiuto quando ne ho davvero bisogno.” Le

esperienze all'estero e lo studio delle lingue hanno

permesso ad Adriana di sviluppare un profilo

internazionale, ampliandole gli orizzonti lavorativi e –

più tardi – l'hanno agevolata nel sapersi muovere nei

contesti internazionali delle aziende in cui ha lavorato.

Quando le abbiamo chiesto di raccontarci dei suoi

esordi professionali, quello che ne è scaturito è uno

straordinario momento di riflessione, un affascinante

compendio di pensieri assolutamente da gustare, come

fossero un piatto prelibato... "Da bambini - dice - la

gente ci chiede che cosa vuoi fare da grande… a

quell'età di solito abbiamo molti sogni. Da bambini

siamo in grado di sentire la voce dell'anima. Crescendo,

le cose cambiano. Non è più il momento di sognare,

dobbiamo affrontare la realtà e pensare a come

sopravvivere nel mondo. Io ho sempre tenuto salda la

mia capacità di guardare il mondo con gli occhi della

bimba inquieta che sono stata. Mi sono sempre data la

possibilità di immaginare un futuro diverso, di scrivere

un domani migliore, dove, soprattutto, non dover mai

rinunciare alla mia libertà di espressione. L'arte e la

musica sono stati il viaggio iniziatico per il mio

immaginario, che affonda sempre le sue radici nella

realtà."

E tu “cosa volevi fare da grande”?

Volevo fare tante cose. Sono sempre stata molto

curiosa e appassionata. Ero assetata di conoscenza.

Leggevo tantissimo. Volevo imparare tutto ciò che era

possibile imparare. E questo mio tratto è ancora

presente. Sono “un'onnivora culturale”. Per dirla alla

Peterson, non è che apprezzo qualunque cosa

indiscriminatamente. Piuttosto, sono aperta ad

apprezzare tutto. La mia mente ha bisogno di stimoli

continui. E poi, esiste una sola cosa che si può fare da

grande? Mi sono trovata a dover ricominciare dall'inizio

più di una volta e non sempre per mia scelta, ma per

situazioni – anche difficili – di vita personale. Conciliare

famiglia e carriera non è facile per nessuna donna, per

me lo è stato ancora meno. Mi chiamano Wonder

Woman ma io non credo a questo concetto. Non ho

fatto tutto da sola. Sono stata aiutata dai miei genitori,

due nonni eccezionali. E da un segreto: il focus e

l'organizzazione. Sono sempre rimasta concentrata

sugli obiettivi e sullo scopo ultimo per cui lavoravo. Ho

sempre organizzato molto bene la mia vita e il mio

lavoro. La carriera non è mai il punto di partenza, ma

l'effetto di un circolo virtuoso. Io ho sempre messo al

centro il progresso, in senso lato, il desiderio di

migliorare la mia vita e quella di mio figlio.

Pensavi alla carriera mentre lavoravi?

Pensavo di voler raggiungere gli obiettivi che mi

venivano dati o che mi davo da sola. Pensavo di voler

far crescere chi lavorava con me. Pensavo di voler

sviluppare l'organizzazione in cui lavoravo. Per il bene

dell'impresa stessa. Quando raggiungo un obiettivo,

non sto a guardare al risultato per molto tempo. Ne ho

già un altro in testa. E ricomincio a correre per il

prossimo traguardo. Corro con fair play, nel rispetto

delle persone e dei valori che mi appartengono. Corro

per vincere, ma non a qualunque costo. Quindi, la

carriera? Si, ma nel rispetto dei grandi valori di umanità

e dignità dell'essere umano. L'amore in senso ampio

viene prima di qualunque altra cosa.

Qual è la lezione che vorresti trasmettere alle

giovani donne di oggi?

E i giovani uomini? Vorrei che entrambi si

convincessero che tutti possiamo essere fautori di un

cambiamento, piccolo o grande che sia. Bisogna

crederci e impegnarsi, uscendo dalla propria zona di

comodo. Le aziende hanno un gran bisogno di

cambiamento. E ci vuole tanta determinazione e

convinzione. Bisogna credere nel cambiamento sino in

fondo, senza pensare alla popolarità. Mi sono spesso

esposta in prima persona, andando contro la corrente e

ignorando i giudizi negativi di chi mi stava attorno. Ci

credevo e andavo avanti. E, alla fine, nonostante

l'impopolarità iniziale, mi hanno sempre riconosciuto

grande resilienza e capacità di rompere lo status quo

portando innovazione e risultati concreti. Ogni singola

ADRIANA MARIA:

QUAGLIA

PARTNER CORECONSULTING SpA

TORINO - ITALY

www.dimagazine.it


persona ha il potenziale per ideare, creare e dare vita a qualcosa di nuovo e di

diverso. E' vero che essere donna nella nostra società ha ancora una influenza

negativa nella carriera lavorativa, ma è anche vero che spesso questi pregiudizi

diventano inconsci e limitano le donne nell'aspirare a determinati ruoli di leader.

Bisogna essere consapevoli di questi automatismi mentali e riappropriarsi delle

proprie ambizioni professionali.

Come hai fatto a progredire nelle grandi aziende?

Ho sempre proposto qualcosa di nuovo. Ho creato i miei stessi mestieri buttandomi

in progetti colossali, senza però mettermi in mostra. Ho sempre ignorato la

confusione che c'era intorno a me, concentrandomi su quello che dovevo fare. Ho,

soprattutto, dato la precedenza alla crescita dei miei collaboratori. Le persone con cui

ho lavorato sono il mio orgoglio più grande. Le imprese crescono se crescono le

persone. Un'impresa non si può basare su un singolo leader. È la squadra che fa la

differenza. E poi, ho sempre cercato di essere un buon collaboratore per i miei capi,

aiutandoli nei momenti critici a prendere decisioni difficili, ponendomi come partner

affidabile, che mantiene le promesse. Una compagna di squadra, insomma, che

cerca il confronto in modo costruttivo per raggiungere un obiettivo comune.

Dicono che hai la passione per le cose fatte bene, è vero?

Ho una grandissima passione per la Competenza, quella con la C maiuscola, che

non è direttamente proporzionale alla quantità di conoscenze e di abilità che

possediamo o ai titoli che possiamo annoverare nel nostro curriculum, quanto

piuttosto alla capacità di saper applicare e adattare le nostre conoscenze e le nostre

abilità ai vari contesti. Essere competente richiede molto impegno e sacrifico.

Comporta molto studio e aggiornamento continuo, attenzione ai dettagli e rigore

esecutivo. Quindi si, mi piace il lavoro ben fatto. Sono esigente con me stessa e con

gli altri. Cerco di non tralasciare nulla e di non dare nulla per scontato, perché ho una

coscienza che parla molto forte. Oggi più che mai, in veste di consulente, sono

consapevole che con il mio lavoro ho il potere di migliorare la vita delle aziende, la

carriera di un manager, la quotidianità di un operaio, le competenze di un impiegato o

il servizio ad un cliente. Un progetto ben fatto è in grado di dare nuove prospettive

alla vita dell'impresa. Io sono stata dall'altra parte della scrivania per 25 anni e non

posso dimenticare quanto i consulenti possano fare la differenza (talvolta anche nel

male) per le aziende.

Che cosa ha fatto veramente la differenza nel tuo percorso di carriera?

Sicuramente la grande passione, la determinazione e l'energia di cui dispongo. La

capacità di coinvolgermi a fondo in quello che faccio mi ha permesso di realizzare

progetti professionali di grande rilevanza. Mi innamoro sempre del lavoro che faccio.

Non potrei lavorare altrimenti. Le mie esperienze sono, poi, tutte caratterizzate dal

costante bisogno di costruire, contando solo sui miei sforzi. Ho bisogno di seguire le

mie visioni e di mettere in pratica la mia abilità di vedere, anticipare e prevenire ma è

ancora più forte la necessità di “realizzare”, perché sono uno spirito concreto e

pragmatico. Amo sognare e pensare in grande ma sento sempre l'esigenza di dare

forma concreta alle idee. Cavalco il cambiamento, lo cerco, anche se ne ho sempre

un po' paura. Ma so che è lì che accade la vera magia: ricominciare è come

rinascere ogni volta in un mondo nuovo. Inoltre, la necessità espressiva, che deriva

dal mio bagaglio artistico, mi ha condotta a sperimentare earicercaresemprenuove

soluzioni di fronte ai problemi organizzativi e di business che dovevo affrontare.

Invece, il desiderio di autonomia e di indipendenza sono stati talvolta di ostacolo. Le

aziende italiane – soprattutto - hanno la mania del “controllo”. Io ho bisogno di

margine di manovra per portare risultati. Quando ho ricevuto totale fiducia e “carta

bianca” ho dato il meglio di me!

Quali consigli daresti ad una donna in procinto di intraprendere un percorso di

carriera?

Di essere forte e di chiarirsi bene su ciò che vuole e come vuole ottenerlo. Senza

tralasciare nulla ma senza mai dimenticare sé stessa. Restando fedele a sé stessa.

E direi di non lasciarsi travolgere dalla sete di potere, perché il potere trasforma le

persone e, gran parte delle volte, non in meglio. L'amore e la determinazione sono le

caratteristiche delle donne che sanno essere si leader, ma al femminile.


SHOOTING FOTOGRAFICO: Davide Gherzi

www.coreconsulting.it

Una

cosa

che

desideri

fortemente?

Che avvenga una vera e propria rivoluzione umanistica, a partire

dalle imprese. Abbiamo bisogno di una società che rimetta al

centro l'essere umano. Abbiamo bisogno che la creatività, l'arte e la

cultura siano promosse e sponsorizzate. Che diventino fonte di

lavoro e di sostentamento. Quando sentiamo parlare di

innovazione, sentiamo parlare solo di nuove tecnologie e di

trasformazione digitale. Io sono convinta che la nostra salvezza

risieda nella bellezza dell'arte, della musica e della cultura.

Nessuna tecnologia potrà mai sostituirsi all'uomo. Perché l'uomo è

autentico, la tecnologia è una costruzione, che èeresteràsempre

finzione. Se devo individuare una sfida futura, allora potrebbe

essere proprio questa: mettere le mie competenze al servizio dello

sviluppo di una cultura umanistica.

Adriana Maria Quaglia - Partner Coreconsulting SpA

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IL MESTIERE DEL

FUNDRAISER,

IN PRATICA.

Il fundraiser è colui che crea un percorso di richiesta donazioni, che permette

alle organizzazioni nonprofit di essere sostenibili nel tempo. È un mestiere, a

tutti gli effetti. E prevede diverse specializzazioni ma anche un estro creativo e

artistico, oltre che una grande determinazione. Non è così facile come sembra

ma è bello pensare di fare qualcosa di straordinario per il nostro piccologrande

mondo.

Intervista a Marianna Martinoni, consulente di

fundraiser.


un premio rivolto alle organizzazioni culturali che vogliano far partire

una campagna di crowdfunding. Dal 2019 inoltre sono nella short list

di Esperti in fundraising culturale e Art Bonus voluta da Ales, società in

house del Ministero dei Beni Culturali che lavora sull' Art Bonus.

Grazie a questo duplice ruolo di consulente e formatrice sono sempre

in movimento per tutta l'Italia (periodo del Covid a parte!) e incontro

ogni anno molte organizzazioni del Terzo Settore e tantissime persone

che già lavorano come fundraiser o che stanno cercando di entrare nel

mondo fundraising migliorando le proprie competenze.

Cosa ti ha spinto a svolgere questa professione?

Quello che più mi ha spinto a svolgere questo lavoro è stata l'idea di

poter essere determinante nella riuscita di progetti che mi

appassionavano, in cui credevo, ma che non avevano possibilità di

realizzarsi senza una strategia di finanziamento a lungo termine.

C'è da dire che quando ho iniziato nel 2001 non eravamo in molti a

fare questo lavoro a titolo professionale. Io stessa ho scoperto che

esisteva questa professione nel corso dell'ultima parte dei miei studi in

Management e Comunicazione per le Politiche Culturali Pubbliche e

Private. E allora con i soldi che guadagnavo con i primi lavori, mi sono

iscritta a The Fundraising School di AICCON a Forlì e ho conseguito il

Certificato in Fundraising Management. Da lì non mi sono mai più

fermata e ho sempre lavorato nel fundraising a fianco delle

organizzazioni del Terzo Settore. Se penso a come il fundraising è

divenuto il mio lavoro, mi viene sempre in mente l'immagine di un

puzzle con tanti pezzi che inizialmente stanno appoggiati gli uni gli altri

senza alcun senso e poi poco per volta trovano la loro collazione

all'interno di un disegno bene definito. Corsi, incarichi, colleghi,

collaborazioni, esperienze: a guardare indietro oggi tutto sii compone

in modo armonico, ma l'inizio non è stato per nulla semplice. Donna,

con partita iva, due figli piccoli, in una città di provincia…

Dal punto di vista del fundraising pensi che in Italia qualcosa stia

cambiando nel settore culturale?

Nel corso dell'ultimo periodo eacausadell'emergenza Covid 19 un

numero molto maggiore di organizzazioni si sono trovate nella

situazione di dover attivare strategie per coinvolgere questi soggetti

per far fronte all'emergenza, che hanno reso il fundraising uno

strumento “pop”, facile da usare e di grande impatto personale e

collettivo. Ma fino ad una ventina di anni fa - quando ho iniziato ad

occuparmi di fundriasing per il settore culturale - il tema della ricerca di

fonti di sostegno alternative a quelle tradizionali toccava solo

marginalmente l'universo composito delle istituzioni culturali italiane. In

questo arco di tempo la situazione è cambiata radicalmente: il ruolo

dello Stato si è fortemente indebolito e così quello degli Enti locali a

tutti i livelli. Di fronte a questo cambiamento radicale o ora più che mai

dopo il lockdown imposto dall'emergenza sanitaria, tutti i settori della

cultura e dello spettacolo si trovano oggi costretti - uso non a caso

questo termine - a ideare nuove politiche di sostenibilità, a ridurre la

tradizionale dipendenza da un unico finanziatore (quello pubblico,

sempre più indisponibile) e coinvolgere nuovi potenziali donatori,

pubblici e privati, al fine di generare un flusso costante di risorse per le

attività istituzionali e lo sviluppo nel tempo. Casi di successo ce ne

sono anche in Italia: a guardar bene si tratta di organizzazioni in cui

viene incentivata la partecipazione consolidata dei privati attraverso lo

sviluppo di competenze specifiche (ebbene si, ci sono dei fundraiser

anche nelle organizzazioni culturali!) ma soprattutto attraverso scelte

basate sul coinvolgimento e sulla valorizzazione del legame con la

comunità. Molto resta sicuramente da fare, sia in tema di creazione di

procedure incentivanti la donazione, ma soprattutto di crescita di una

cultura del fundraising sia all'interno delle organizzazioni culturali

stesse, sia tra i potenziali sostenitori, aziende o privati cittadini. Pur

essendo nel Paese che tanto decanta la Cultura tra i propri asset

strategici sviluppo, direi che c'è solo da rimboccarsi le maniche e

cominciare: la strada si presenta lunga e difficile…

Quali sono i principali ostacoli che affronti quotidianamente nel

tuo lavoro?

Soprattutto la scarsa conoscenza del fundraising, poco diffuso nel

settore culturale, condotto per lo più in modo discontinuo e

scarsamente professionale, estemporaneo, limitato ad occasioni

temporanee. Quello che rende in particolar modo difficile il lavoro è

che troppo spesso questa funzione non è percepito come funzione

strategica nella costruzione di politiche di coinvolgimento dei privati. A

questo aggiungete una diversa propensione del donatore medio a

donare per progetti in ambito culturale rispetto a “cause” più sentite

come meritorie di sostegno e il quadro è completo.

Se avessi una bacchetta magica cosa cambieresti nel tuo lavoro?

Vorrei vedere maggiormente riconosciuta la professionalità dei

fundraiser, sia dai potenziali sostenitori, sia molto spesso dalle stesse

organizzazioni non profit (parlo soprattutto di quelle medio piccole che

sono il mio quotidiano). Ogni volta che inizio una consulenza so di

dover mettere in conto lungo periodo in cui dovrò lavorare solo a far

comprendere il ruolo che una figura come quella del consulente di

fundraising può avere se ha la possibilità di affiancare l'organizzazione

in modo strutturale, non chiamato all'ultimo minuto per risolvere le

emergenze. In questo mia ha molto aiutato fare parte fin dai primi anni

della mia carriera di ASSIF – Associazione Italiana Fundraiser: nata

nel 2000 ASSIF rappresenta quanti mettono la loro professionalità e

conoscenza a servizio delle cause sociali per farle crescere

quotidianamente attraverso attività e progetti di raccolta fondi, nel

rispetto di standard etici elevati che garantiscano trasparenza e

correttezza per i donatori, per le organizzazioni e per i fundraiser

stessi.

Cosa avresti voluto sapere agli inizi della carriera che oggi ti

sarebbe servito?

Che esiste una rete di professionisti che non necessariamente si

concepiscono come competitor tra di loro che fanno capo all’

Associazione Italiana Fundraiser, che come mission ha proprio quella

di diffondere la cultura e la conoscenza del fundraising in Italia,

rappresentando e favorendo la crescita dei professionisti del settore e

alimentare i rapporti con l’estero diventando un Paese di riferimento

per l'area del Sud Europa e del Mediterraneo. Oggi ASSIF ha anche

delle sezioni regionali, dove è possibile trovare informazioni

concretamente spendibili per fare questa professione, dove è possibile

condividere successi e perché no anche insuccessi, dove volendo si

può imparare dai colleghi con più esperienza e confrontarsi con quelli

più giovani.

Descrivici il tuo giorno “perfetto”

Il giorno perfetto è quello in cui arrivano risultati di lavoro di mesi e si

raggiungono traguardi insperati, dati per irraggiungibili. Il giorno

perfetto è quello in cui riesco a sentire che le persone con cui o per cui

lavoro comprendono il senso di ciò che facciamo insieme e

percepiscono la passione che sta dietro a questa professione

lasciandosi in qualche modo coinvolgere, trasportare.

Chi o che cosa ti ha influenzato di più nella vita?

In primis i miei genitori, che mi hanno insegnato la differenza che

esiste nel fare il proprio lavoro con infinta passione o scaldare una

sedia. Ma ciò che più mi ha cambiata è stato l'essere diventata

mamma di Edoardo e Marta (che oggi hanno 15 e 13 anni ndr), che

hanno allargato la mia capacità di empatia con le persone che incontro

oggi nel mio lavoro e che mi danno ogni giorno la voglia di fare

qualcosa per migliorare il mondo che sarà loro domani.

L.M.

MARIANNA:

MARTINONI

FUNDRAISER E FORMATRICE

PADOVA - ITALY

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La motivazione

è il CUORE

dell’azione

Il network marketing è stata

la mia scelta, la mia indipendenza,

la mia dignità, il mio futuro. E il

futuro di mia figlia.

Nell'immaginario collettivo, i genitori sono il punto di riferimento per i propri figli, il porto

sicuro, qualcuno da cui prendere ispirazione. Immaginate invece, una bambina che vede

fallire la mamma imprenditrice. Una donna solare ed ambiziosa, che si deve accontentare

di un lavoro precario, sottopagato e senza nessuna prospettiva di crescita. E' stato come

quando, in una giornata di sole, iniziano ad arrivare le prime nubi e tutto si incupisce... poi

ad un tratto il temporale. Ricordo, come fosse ieri, una mattina in cui mi stavo preparando

per andare a lavorare. Sento suonare il campanello e vado ad aprire. Era l'ufficiale

giudiziario con l'ennesimo avviso di pignoramento. Ricaccio indietro le lacrime - perché

non voglio che mia figlia Alice mi veda piangere, le dò un bacio e vado a lavorare,

consapevole che stessi buttando via il mio tempo. Perché con 700 euro al mese già è

difficile vivere, ma figuriamoci dovendo pagare 150.000 euro di debiti. In quel momento

ricordo di aver pensato: "Cavolo, qui se non faccio qualcosa, mi ritroverò fra 10 anni nella

stessa situazione. Piena di debiti, buttando via il mio tempo per realizzare i sogni di

qualcun altro, anziché i miei.” Poi, finalmente, un raggio di sole. Forse c'è ancora una

possibilità per sistemare le cose. Giorgio da qualche tempo mi proponeva una

collaborazione con Evergreen Life, e quella volta ho deciso di provarci. Sempre più

spesso, dopo il lavoro, nonostante la stanchezza, mi cambiavo ed uscivo per partecipare

alle serate di presentazione del prodotto o del business. Alice ha notato subito il

cambiamento. La mamma è tornata a sorridere. Avevo un obiettivo. Oggi la mia situazione

è completamente risolta. Posso affermare con certezza che qualsiasi cosa Alice vorrà

fare nella vita, io avrò le risorse necessarie per sostenerla. Ora sono io il raggio di sole. E

ogni volta che presento il progetto a un gruppo di persone, so che in sala c'è qualcuno che

sceglierà di dedicare tempo ed energia a questa attività. Qualcuno che un giorno potrà

raccontare come, una sera, ascoltando una storia, ha capito di volere di più dalla vita.

Perché le persone spesso si accontentano di quello che hanno, solo perché non sanno

che possono avere di più. Spesso si sente parlare di Network Marketing, ma di cosa si

tratta realmente? Il Network Marketing è un sistema distributivo che sposta i prodotti dai

magazzini della casa produttrice alle case dei consumatori, grazie al passaparola di clienti

soddisfatti. Quello che ho scoperto, durante questi anni di collaborazione e che dietro a

Nella foto: Clarissa con sua figlia Alice


questo semplice concetto, c'è una professione

che ti permette di lavorare a 360° su tutte

quelle competenze trasversali di cui oggi si

sente tanto parlare. Ci si allena ad essere

autonomi, ad avere fiducia in se stessi, ad

adattarsi agli ambienti e alle situazioni, a

pianificare gli obiettivi eamonitorarli, a

migliorare la propria capacità di comunicare, a

lavorare in gruppo e si sviluppa leadership. E'

una vera e propria palestra per le soft skills.

Nella mia professione non conta da dove parti,

quali competenze hai acquisito, qual è la tua

professione preesistente o il tuo livello

scolastico, la vera differenza la fa dove vuoi

andare. I tuoi obiettivi sono il carburante che ti

permette di arrivare ovunque tu voglia, a patto

che tu sia disposto a lasciarti guidare da chi ha

già ottenuto risultati. Con il Network Marketing

si torna a sognare. Non ci sono vincoli. Ci sono

progetti, ambizioni, obiettivi comuni. Ci si

sceglie. E' una professione che si basa sulla

capacità di creare relazioni. Ti appassiona e ti

ritrovi a lavorare perché ti piace, non perché

devi. Il Network Marketing è considerato “il più

grande caso di ottimismo nella storia della

libera impresa” perché:

1) E' gestibile online e offline. Non teme

situazioni d'emergenza. Anche se è più bello, e

sicuramente più efficace, stare insieme dal

vivo, l'attività di networker prosegue anche in

situazioni come quella che stiamo vivendo

quest'anno.

2) E' totalmente privo di rischio d'impresa. O

vinci o vai in pari, non puoi fallire. Il networker

racconta la sua esperienza relativa all'utilizzo di

un prodotto o una gamma prodotti. Anche se

dopo un po' di tempo decidi che non fa per te,

avrai semplicemente risparmiato su un prodotto

che ti piace.

3) Guadagni mentre impari. Non devi fare una

scuola di specializzazione o l'università prima di

iniziare a fare Network Marketing. Ti devi dare il

tempo di imparare una nuova professione, ma,

mentre il tempo passa, impari a condividere il

prodotto e l'opportunità di business, quindi

guadagni.

4) Non c'è limite a quanto puoi guadagnare. Ma

attenzione, non sono soldi facili, serve impegno

e ti devi fidare del tuo sponsor, che ha ottenuto

risultati e può insegnarti come fare.

5) La libertà di gestire il tuo tempo è

direttamente commisurata alla prosperità e al

benessere. Nel tradizionale il titolare di

un'attività, anche quando la sua azienda è

chiusa, ci dedica del tempo (fornitori,

commercialista, marketing, pubblicità,

ricerca…), e rimane poco tempo libero hai da

dedicare alle tue passioni. La tua azienda

dipende da te. Nel Network Marketing, si

moltiplica un sistema, che funziona e che dà

risultati, nella propria organizzazione. Loro

saranno autonomi e tu potrai, col tempo,

dedicarti alle tue passioni.

6) Qualsiasi tipo di stress è perfettamente

evitabile nel Network Marketing. Se non ti stai

divertendo, lo stai facendo male. Nessun capo

che ti dice cosa fare, nessun collega “poco

simpatico” che devi sopportare, nessun orario,

nessun commercialista, nessun costo fisso.

Lavori per realizzare i tuoi sogni e la tua attività

diventa una passione.

7) Qualche anno fatto bene ti permette di

costruire una rendita per tutta la vita. Cosa da

non sottovalutare, è che il codice è ereditabile,

quindi tutto quello che sto costruendo, un

giorno, rimarrà a mia figlia.

8) Puoi iniziare mentre svolgi un altro lavoro. La

chiave è rimanere “focalizzati” e cogliere le

opportunità che la giornata ti offre, ogni volta

che incontri qualcuno.

9) Fiscalità agevolata. Gli imprenditori oggi

pagano oltre il 60% di tasse. In pratica lavorano

per lo stato da gennaio ad agosto, e da

settembre a dicembre per se stessi. Nel

Network Marketing viene applicata una

tassazione definitiva alla fonte che si aggira

attorno al 20%. Le provvigioni non vanno

dichiarate e non fanno cumulo con gli altri

redditi.

10) Non guadagni soltanto, ma vieni anche

riconosciuto per il lavoro svolto.

Quante volte ti è capitato che il tuo capo ti

abbia chiamato in ufficio per dirti: “Bravo,

questo mese sei stato molto efficiente!” e

quante volte invece si è lamentato per

qualcosa? Nel Network Marketing scoprirai il

piacere e l'emozione di essere premiato davanti

a migliaia di colleghi o di festeggiare con il

gruppo uno scatto di qualifica.

11) Viaggi. Una volta sviluppata l'attività vicino

a casa, ti capiterà di visitare altre città o altri

paesi per supportare la tua organizzazione.

Inoltre potrai meritarti dei viaggi premio con la

tua azienda. La mia, quest'anno, ha portato me

e mia figlia una settimana ai Caraibi!

IL NETWORK MARKETING OFFRE LA

POSSIBILITÀ DI CONCILIARE LAVORO E

FAMIGLIA, CON LA CONSAPEVOLEZZA CHE

TUTTO QUELLO CHE STIAMO FACENDO

OGGI, TORNERÀ MOLTIPLICATO NEGLI

ANNI. NON ESISTE SUL MERCATO

POSSIBILITÀ A PIÙ ALTO POTENZIALE E

MINOR RISCHIO, DOVE NON SONO PER

GIUNTA RICHIESTE NÉ ESPERIENZA, NÉ

TITOLO DI STUDIO!

Il network marketing è

stata la mia grande opportunità

di cambiamento e crescita in

tutti i sensi: come professionista,

come donna e come mamma.

-

CLARISSA: POZZOLI

HEALTH&WELLNESS BUSINESS MANAGER - COMO - ITALY

NETWORK MARKETING -

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Alcune

persone

sognano il successo

mentre altre si

alzano ogni mattina

accadere

e lo fanno.

SI POSSONO FARE GRANDI COSE CON UN PICCOLO TEAM .

J.M. Keynes diceva: “La difficoltà non sta nel credere

alle nuove idee ma nel fuggire dalle vecchie.”

Questa la filosofia che dà il boost alla mia vita privata

e professionale. Mi chiamo Vanessa Vidale, mi

definisco una sgargiante 45enne, entusiasta della vita

e di tutto quello che sono riuscita a costruire fino ad

ora. Estrazione Art Director vecchio stampo, mi sono

formata nel '94 nella “Milano da bere” , ma ho preferito

non ubriacarmici perché club ristretti di professionisti e

lunghe scalate al tetto di cristallo per fare carriera non

facevano per me, così dopo qualche anno ho preso

armi, bagagli, Mac e storyboard per trasferirmi in

campagna nel legnanese. Ho due figli, la collezione di

Harry Potter, dei romanzi di Kathy Reichs, un marito

che fa il Ciobar della densità giusta (questo riscuote

davvero tanta invidia nella cerchia delle mie amicizie)

e un portfolio Clienti del quale vado molto fiera. Oggi,

dopo essere stata una freelance single con molte

relazioni, sono passata a un rapporto stabile e

duraturo creando NoAgency Marketing &

Communication S.r.l. Mettere su famiglia, o meglio

agenzia, è stata la naturale trasformazione della mia

forte attitudine alle relazioni. Attualmente siamo un

gruppo di fatto: dirigo NoAgency l'agenzia liquida di

freelance insieme ad altre due socie e un socio:

Valentina Maran, blogger e copy eclettica, Elena

Lucicesare, la donna delle strategie e dei numeri e

che fa quadrare anche i cerchi, e Luca Schiavo,

talentuoso art director e visual artist col pallino

dell'abbigliamento. Insieme ci relazioniamo a una fitta

rete di professionisti di differenti settori dell'advertising

che sono il liquido vitale della nostra agenzia: ci

strutturiamo e prendiamo forma a seconda del

progetto. Il cliente ci dice, noi adattiamo il team a

seconda del risultato da ottenere. Siamo giovani ma

saggi: se sommiamo quelli di ciascuno abbiamo 65

anni di esperienza e aborriamo il lavoro un tanto al

chilo perché siamo per la strategia personalizzata. La

mia visione nel fare agenzia di comunicazione oggi è

quella di portare le competenze acquisite nel modo

delle grandi agenzie e dei clienti internazionali a

misura di PMI, perché oggi si possono fare grandi

campagne di comunicazione anche senza budget

astronomici: l'importante è avere una buona strategia

e il coraggio di percorrere strade insolite. Il mio

“atteggiamento liquido” mi permette di tenere sempre

gli occhi aperti sulle novità. Sono disposta a chiudere

un occhio solo quando devo andare incontro al

cliente. La filosofia di NoAgency è essere cristallini e

trasparenti con tutti, in primis coi clienti - non li

teniamo legati a noi con stratagemmi e contratti

capestro: massima serenità e disponibilità - lavorare

insieme deve essere prima di tutto un piacere. E

quando qualcuno mi dice che ha trovato un

professionista che fa il nostro stesso lavoro a meno,

rispondo sempre con un sorriso e li invito a far

lavorare lui salutandoci senza rancore. Poi

mediamente dopo qualche tempo vediamo la sua

comunicazione affondare con il Titanic mentre noi

scuotiamo la testa sulle note dell'orchestra che suona

pensando “peccato, si potevano fare davvero cose

belle insieme”. Questo atteggiamento negli anni ha

ripagato me e l’agenzia: ad oggi abbiamo clienti storici

che sono con noi da anni (se non ci credete potete

dare un occhio alle referenze lasciate da clienti e

collaboratori sul mio profilo Linkedin

www.linkedin.com/in/vanessavidale. (Giuro che

nessuno è stato torturato o pagato per rilasciare

queste dichiarazioni. Sono semplicemente il frutto di

anni di lavoro insieme.) Non vogliamo essere un


fornitore per un'azienda. Siamo un partner con cui

collaborare per arrivare agli obiettivi. Per noi anche la

formazione è un valore aggiunto: tutti, da noi soci, ai

collaboratori, all'ultimo stagista preso in organico, sono

invitati a perfezionare la preparazione guardando e

studiando i materiali condivisi eicorsidiaggiornamento

che acquistiamo online o ai quali iscriviamo il team.

Ciascuno viene sostenuto nello sviluppare i propri talenti e

le proprie peculiarità – ogni persona del nostro team è

fondamentale e ci piace dare a tutti la possibilità di

sviluppare al meglio la propria attitudine. In questo periodo

stiamo approfondendo sempre di più tutto ciò che riguarda

il neuromarketing per dare anche una valenza scientifica

alla creatività che proponiamo. Confucio diceva: “Scegli

un lavoro che ami e non dovrai lavorare neppure un giorno

in vita tua.” Mi è sempre piaciuto utilizzare questa frase per

spiegare ai miei alunni lo spirito con cui affronto le giornate

lavorative. Per molti anni ho insegnato comunicazione e

creatività agli studenti ITS Incom di Varese e Busto

Arsizio: una serie di corsi post diploma in cui abbiamo

formato schiere di validi stagisti diventati poi professionisti

sul campo. Alcuni di loro sono diventati parte dei nostri

Partner più fidati nello sviluppo di alcuni progetti. Trovo

straordinario e gratificante raccontare e far appassionare a

questo fantastico lavoro le nuove generazioni, mostrare

loro come passare dai libri alla pratica - con un

professionista in cattedra si accorciano notevolmente i

tempi di apprendimento - potremmo definirlo know how a

km0. Oggi ho dovuto mettere in pausa questa esperienza

per concentrarmi sulle varie attività che sto portando avanti

per NoAgency. Continuo comunque ad accogliere stagisti

in azienda e insegnare loro l'amore per questa

professione. Non paga di tutto quello che faccio – per via

della mia propensione alle relazioni professionali e non,

sono diventata anche Presidente di AIME AltoMilanese,

associazione di imprenditori europei delegazione

dell'hinterland di Milano. AIME è un'associazione che si

propone come riferimento attivo sul territorio per le

industrie e le PMI a cui propone un modello di

associazione trasversale basato sull'aggregazione di

imprese di diversi settori e diverse dimensioni, col fine di

ideare e attuare progetti di innovazione che rappresentino

opportunità di crescita economica, con un'attenzione

particolare alla valorizzazione dei territori e delle loro filiere.

Insomma: un gruppo di imprenditori che si supportano e

condividono ideali, progetti e fini in modo da diventare una

voce unica con un peso specifico forte nella valorizzazione

delle risorse del territorio. Al centro di AIME AltoMilanese

non ci sono solo le aziende ma anche gli imprenditori che

troveranno nella delegazione consigli, collaborazione e la

possibilità di creare sinergie costruttive. Questo èagrandi

linee il mio percorso, la strada che mi ha portata fin qui non

è stata affatto lineare, talvolta in salita, ci sono stati anche

periodi con una serie di puntini di sospensione. Oggi mi

sento di dire che la mia esperienza è gratificante e mi

sento di mettere un roboante punto esclamativo alla fine di

questa frase, perché sì, partendo dal proprio talento,

investendo sulla propria formazione e mettendoci anche un

pizzico di intraprendenza, è possibile costruire un'azienda

che ti faccia sentire realizzata e felice. E io lo sono!

Siamo sostanzialmente un'agenzia con cui

andare a nozze: se cercate solo un fornitore non

facciamo per voi, ma se volete un partner solido

con cui far crescere la vostra azienda fino a farle

raggiungere gli obiettivi di comunicazione e oltre,

contattateci. Instaureremo sicuramente una

relazione lunga e duratura come nelle migliori

storie d'amore. Non ci credete? Chiamate!

Finiremo a dirci “attacca tu, no dai, attacca tu."

vanessa@no-agency.it – www.no-agency.it

VANESSA: VIDALE

COFOUNDER CLIENT E CREATIVE DIRECTOR @NOAGENCY MARKETING & COMMUNICATION

PRESIDENTE AIME DELEGAZIONE ALTOMILANESE - MILANO - ITALIA

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Separazione

e

il mantenimento del coniuge economicamente debole.

Quando e quanto?

divorzio:

Uno dei luoghi comuni più diffusi nel diritto di

famiglia è quello di pensare che, in caso di

separazione e di divorzio, il marito sia tenuto al

mantenimento della moglie. Sempre e anche

in misura mastodontica. Magari con la

convinzione che il tradimento, quando subìto,

apra la via per assegni da capogiro. Ad

alimentare questa leggenda, hanno contribuito

alcune sentenze che hanno previsto

mantenimenti faraonici e che, per la notorietà

dei loro protagonisti, sono diventate famose.

Hanno contribuito anche molti film che hanno

fornito una realtà matrimoniale dove le donne

ferite dalla fine della relazione ne escono

vittoriose e con la rivalsa del “ti porterò via

tutto quello che hai!”. In realtà, la legge, non

parla di marito che deve mantenere la moglie

ma, anzi, mette l'uomo e la donna sullo stesso

piano e si rivolge genericamente al coniuge

economicamente forte e a quello

economicamente debole. Il primo (che sia

uomo o donna), se sussistono determinare

circostanze, deve provvedere al mantenimento

del secondo (che sia uomo o donna). È

naturale, poi, che – complice la nostra cultura,

la nostra società e l'attitudine materna a

occuparsi dei figli – è quasi sempre la donna a

dedicarsi alla famiglia e, di conseguenze, a

sacrificare il proprio lavoro e i propri guadagni.

Ma a prescindere da questa premessa, a mio

avviso necessaria per richiamare l'attenzione

sulla parità uomo/donna che la nostra legge –

sulla carta – impone, quando un coniuge ha

diritto a essere mantenuto dall'altro? Quando

la moglie può ambire all'assegno di

mantenimento? Prima di tutto gli aiuti

economici ai quali i futuri ex coniugi possono

ambire sono due: quello della separazione e

quello del divorzio. I parametri per determinare

il primo sono più ampi e tengono conto di vari

fattori (stipendio di entrambi, abitudini di vita,

durata del matrimonio, patrimonio mobiliare e

immobiliare di ciascuno e così via). I parametri

che guidano la quantificazione dell'assegno di

divorzio, invece, sono più stringenti e hanno

una natura compensativa. Non c'è da stupirsi,

quindi, se un assegno di mantenimento

previsto in separazione e quantificato in

€ 3.000,00 al mese, venga ridotto dal giudice a

€ 2.000,00 in sede di divorzio. È chiaro, poi,

che sarà sempre possibile per le parti decidere

congiuntamente che il mantenimento dell'uno a

favore dell'altro possa rimanere lo stesso in

separazione e in divorzio (o anche

aumentare). In ogni caso, l'ormai unanime

giurisprudenza ha nettamente spazzato via il

criterio del tenore di vita. I coniugi, che in

costanza di matrimonio vivevano nell'agio e nel

lusso sfrenato, quindi, non avranno più il diritto

di mantenere lo stesso sfarzo se interviene il

divorzio. Ora, se i parametri utilizzati in sede di

separazione per quantificare l'assegno di

mantenimento sono molto più immediati (tutti

possiamo dire, per esempio, che un

matrimonio durato 2 anni sia da considerarsi di

breve durata, mentre un matrimonio di 30 sia

stato lungo), non è così chiaro che cosa

significhi che l'assegno di divorzio debba

“compensare” le rispettive posizioni. Il criterio

della compensazione, evoca il concetto di

“riconoscenza” di un coniuge verso l'altro. Un

marito che, per esempio, ha un lavoro che gli

impone di viaggiare per tutta l'Italia e che lo

impegna molte ore al giorno, dovrà essere

riconoscente alla moglie che per educare i figli

e occuparsi dei lavori domestici (e anche per

tenere la famiglia unita) lo ha seguito dal nord

al sud, vendendo il proprio negozio (fonte dei

suoi guadagni fino a quel momento). Per fare

un altro esempio noto, un uomo che è sempre

stato platealmente riconoscente alla moglie

per il successo e la felicità che lui ha ottenuto

è Barack Obama. Lui, infatti, non ha mai fatto

mistero del fatto che senza la sua first lady

Michelle, non avrebbe avuto lo stesso

successo e non avrebbe raggiunto gli stessi

ambiziosi traguardi. Allora in ipotesi come

queste descritte, il giudice non avrebbe

difficoltà a capire quanto le mogli siano state

determinanti sia per la creazione di una

famiglia (la crescita e l'educazione dei figli), sia

per la realizzazione personale e professionale

del marito. In questi casi il giudice prevederà

certamente un assegno a favore dell'ex moglie

per, appunto, “compensare” le scelte familiari e

le relative conseguenze. Naturalmente, non

tutte le situazioni saranno così plateali, ma

proprio per questo entra in gioco la doverosa

valutazione che i giudici operano caso per

caso. Quei coniugi, quei figli, quei lavori, quella

singola famiglia. Oltre a questo aspetto

dirimente, il giudice - per determinare se vi sia

o meno diritto all'assegno di mantenimento (e

a quanto debba ammontare) - dovrà verificare

la consistenza del patrimonio delle parti e

valutare la ragione per la quale un coniuge

eventualmente non lavora. Per esempio, il

giudice sarà benevolo con una mamma/

architetto che non riesce a rientrare nel mondo

del lavoro perché non ha potuto coltivare

clienti e progetti. Al contrario, non potrà

accontentare la mamma che rifiuta

ingiustificatamente i lavori che le vengono

offerti. In altre parole, il giudice vuole

responsabilizzare le parti, riconoscendo loro

diritti quando hanno sacrificato la propria

ambizione lavorativa per la famiglia, ma anche

incoraggiando tutti a farsi strada da soli

abbandonando l'idea che il matrimonio sia

“un'assicurazione sulla vita”. In conclusione,

quindi, il mio consiglio alle donne/mamme è

quello di lavorare prima e quanto più possibile.

Perché se nell'anno 1975 è stato decretato il

principio dell'uguaglianza morale e giuridica

dei coniugi, oggi noi donne dobbiamo

certamente affermare la nostra dignità. E

questa sta proprio nell'(auto)responsbailità di

ciascuna e nell'autonomia economica. Se, poi,

la scelta familiare è quella di dividersi i ruoli (il

marito lavora e guadagna e la moglie si

occupa di casa e figli), allora la donna dovrà

pretendere la comunione dei beni per non

rischiare di trovarsi un giorno senza lavoro,

senza stipendio e magari con un misero

assegno di mantenimento. In parallelo, poi, il

mio auspicio - e la mia lotta - per le

mogli/mamme è che loro possano fare

affidamento su aiuti più consistenti da parte del

mondo del lavoro e da parte dei mariti che, a

questo punto, quando di notte i figli

piangeranno, dovranno iniziare ad alzarsi

anche loro.

A cura di:

Avv. Marzia Coppola

marzia.coppola@abdp.it

Studio legale Bernardini de Pace


Marzia Coppola

È un avvocato divorzista e, dall'inizio della sua carriera, si occupa

di diritto di famiglia presso lo Studio legale Bernardini de Pace a

Milano. Qui ha acquisito esperienza e specializzazione in

separazioni, divorzi, tutela dei minori, trust, adozioni e successioni.

Sia a livello nazionale che internazionale.

Fermamente convinta del fatto che ogni famiglia sia una storia a

sé che merita ascolto e dedizione e del fatto che anche dalla

relazione peggiore si possa imparare qualcosa per dare il via alla

vita dopo il divorzio.

www.dimagazine.it70

lo sapevi che...

Attu alit

à


Il Covid-19

come ha

cambiato

il tuo

lavoro?

2020

8 PROFESSIONISTE

RISPONDONO.

Il mondo è cambiato molte volte, e

sta cambiando di nuovo. Tutti noi ci

siamo adattati a un nuovo modo di

vivere, di lavorare e di creare

relazioni. Sono stati mesi in cui

l’impensabile ha fatto

prepotentemente irruzione nelle

nostre vite; L’impensabile si è

manifestato in ogni piega del nostro

quotidiano. Tutta l'economia a grave

rischio, tutto da riorganizzare

attentamente. C’è però un “settore”

(definiamolo così), che attraversa

tutte le categorie produttive,

trasversalmente: le donne che

lavorano, circa nove milioni, solo in

Italia. Una parte consistente di questo

esercito globale (fermo restando i

governi più virtuosi) si pone il

problema del futuro imminente. Se

c’è un momento per dire

“occupiamoci delle donne”, “servono

misure specifiche per le lavoratrici”, è

senz'altro questo. In gioco non ci

sono diritti minoritari e marginali ma il

cardine dell’emancipazione

femminile, il diritto al lavoro e

all’indipendenza economica. Al limite,

si immagini una “aspettativa Covid”

per le madri e per chi si fa carico dei

parenti non autosufficienti,

consentendo loro di sospendere

l’attività per un tempo ragionevole

senza perdere il lavoro. Si dirottino

risorse in questa direzione. La posta

in gioco non è un dettaglio

secondario nell’enormità della

tempesta: se il lavoro torna a essere

“cosa da uomini” l’Italia rischia di

compiere un passo indietro davvero

irrimediabile, rendendo milioni di

cittadine più povere e più infelici.

HANNO DETTO

www.dimagazine.it38


www.dimagazine.it

Il Covid-19 come ha

cambiato il tuo

lavoro?

AMIRA SHUKRI

Microsoft - Digital Advisor

Nel mio lavoro di consulente per la

trasformazione digitale, lavoro a

stretto contatto con dirigenti,

manager aziendali e leader di

diverse aziende per aiutarli a

realizzare e superare i loro obiettivi

di business attraverso l'uso della

tecnologia. Quando la crisi del

covid-19 ha colpito, l'impatto

maggiore che ho avvertito sul mio

lavoro è stato l'enorme

cambiamento delle priorità; mentre

alcune iniziative sono state

ovviamente cancellate o

prioritizzate, non c'è dubbio che

abbiamo anche assistito a

un'accelerazione senza precedenti

nell'adozione di alcune tecnologie

come quelle utilizzate per la

collaborazione a distanza. Ciò ha

fatto sì che anche le aziende che

erano riluttanti o lente nei loro

"viaggi di trasformazione digitale"

fossero ora molto veloci a cambiare

marcia e a dotare i loro dipendenti

degli strumenti necessari per

lavorare a distanza. Ovviamente

percepire la necessità di questo

cambio di priorità richiede un certo

livello di empatia tra un'azienda e il mercato in cui opera, tra la leadership dell'aziendaeisuoidipendenti e, per

le persone che hanno lavori di consulenza come me, richiede un'immensa empatia verso le esigenze del

cliente, e una comprensione delle varie forze e pressioni sotto le quali operano. Il concetto di tecnologia al

servizio dell'umanità è sempre stato un tema forte nel mio lavoro quotidiano. Dopo le crisi covid-19 posso

sicuramente percepire un'elevata consapevolezza del mercato verso gli impatti sociali positivi che la tecnologia

può avere. Dopo le crisi del Covid-19, un'attenzione molto particolare viene data alla trasformazione "guidata

dallo scopo", e molte aziende hanno dichiarato la "Sostenibilità" e la "Responsabilità Sociale d'Impresa" come

un'area di attenzione primaria per loro a partire dal 2020. La tecnologia, chiaramente, ha un grande potenziale

nell'abilitare e accelerare questi temi. Per quanto riguarda i compiti quotidiani, non c'è stato un vero e proprio

grande cambiamento, in quanto in Microsoft, abbiamo già lavorato in un modo che ha permesso una

collaborazione completamente a distanza anche prima della crisi di Covid-19. D'altra parte, posso notare un

cambiamento positivo degli atteggiamenti di persone, colleghi o clienti, che si sentono più a loro agio nel

condividere un lato personale di loro stessi e della loro vita durante le riunioni, con occasionali ospiti a sorpresa

che a volte si presentano alle riunioni come animali domestici o bambini. Tutto questo ha messo sotto i riflettori

l'eterna importanza dell'empatia in ogni contesto, compresi gli ambienti di lavoro... L'empatia verso i nostri

colleghi, i nostri clienti e i nostri simili ovunque.

MILANO - ITALIA

CORINNA ZUR

NEDDEN (PHD)

Ambromobiliare S.p.A -

Amministratore Delegato

La mia esperienza

professionale durante il

lockdown e l'impatto della

pandemia sul mio lavoro

attuale? Dico sempre che il

mio lavoro di consulente per

le quotazioni in Borsa - sono

Amministratore Delegato di

Ambromobiliare, market

leader nell'advisory in finanza

straordinaria, che ha seguito

ben 47 società per la

quotazione sul mercato AIM

Italia - è sostanzialmente

fattibile ovunque. Noi

vendiamo principalmente il

nostro cervello e quindi non è

importante dove si trova,

basta che ci sia. Quindi le mie

giornate erano scanditi di

video call da casa.

Improvvisamente tutti

avevano bisogno di vedersi in

call. Non bastava più una

semplice chiamata telefonica.

Poi, essendo chiusi in casa

durante il lockdown, tutti

sapevano che eri

potenzialmente disponibile

anche durante il weekend. Allora si usava anche questo tempo a disposizione. Pensavo che lo smart

working concedesse magari anche una puntata di Netflix dopo pranzo, ma non sono riuscita di vederne

una. Per fortuna eravamo talmente pieni di progetti in questo tempo difficile che non siamo arrivati ad

annoiarci. Ho notato anche una certa evoluzione di tutti nello smart working e non solo nella sua

organizzazione tecnica con tutte le piattaforme da imparare, ma anche nella pianificazione delle riunioni.

All'inizio abbiamo fissato delle riunioni virtuali che duravano tutto il giorno – anche perché fatti fisicamente

occupano tutta la giornata. Dopo un po' ci siamo resi conto che ci vogliono anche delle pause pianificate

per non diventare matti guardando tutto il giorno lo schermo. Il work load non è mai stato così intenso, ma

con collaboratori ottimi, siamo riusciti a far fronte a tutte le esigenze. Inoltre sono board member di diverse

società quotate e direi che il lockdown ha quasi favorito i lavori consigliari. Spesso non tutti i membri del

Consiglio possono essere presenti fisicamente, ma con il lockdown siamo riusciti di organizzare Consigli di

Amministrazione in video conference con tutti i Consiglieri presenti che ha aumentato non solo la

conoscenza reciproca ma anche in alcuni casi la qualità delle decisioni avendo tutto il knowhow connesso

allo stesso tempo. Infine, essendo anche business coach certificato e volendo fare qualcosa benefica per il

sistema, ho offerto nel tempo libero a disposizione delle sessioni di coaching ai miei interlocutori di

business e ai miei amici. Ero un po' scettica perché dovevano svolgersi per forza in video call, ma penso di

aver dato lo stesso una mano a chi temeva di andare fuori di testa essendo chiusi in casa per mesi

alzando il loro livello di resilienza. Adesso il mio team è tornato interamente in ufficio, con tutte le misure di

sicurezza da adottare. Siamo tutti felici di poterci confrontare direttamente – anche tramite i divisori di

plexiglas - ma senza alzare il telefono o stabilire una connessione video. Una cosa che probabilmente è

cambiato per sempre è il cosiddetto “turismo aziendale”. Prima della pandemia si prendeva il treno da

Milano a Roma in giornata per fare una riunione di presenza di 2 ore. Questo oggi non si fa più e la

giornata lavorativa diventa molto più efficace perché tutti che hanno fatto la stessa cosa mi daranno

ragione: lavorare sul frecciarossa non è proprio la stessa cosa. Al momento sto lavorando con alcuni clienti

per la preparazione della loro quotazione che non ho ancora incontrato personalmente. Sono convinta che

funziona lo stesso ma sono altrettanto sicura che l'empatia che si crea durante gli incontri fisici è la colla

che tiene insieme il team. Quindi torneremo anche a delle belle, sane riunioni fisiche.

MILANO - ITALIA


GRAZIELLA GAVEZOTTI

Edenred Finanziaria S.r.l. - Presidente in Italia e board member di

Edenred SA a Parigi

Due aspetti si sono fortemente accelerati: nelle relazioni siamo

divenuti più umani, nell’offerta di business più digitali. Il periodo di

distanziamento fisico ci ha regalato una maggiore consapevolezza

del nostro bisogno di intimità, empatia e vicinanza con altri umani. Ci

siamo sentiti soli e mai come in questo periodo siamo stati felici per

un whatapp ricevuto da amici o per i video a pioggia che inondavano

il nostro cellulare. Insomma la tecnologia ci ha aiutato a rimanere in

contatto con altre persone e a placare una certa ansietà. La stessa

tecnologia con la quale molti business si sono innovati…giocoforza.

Siamo stati obbligati a connettere in remoto collaboratori con

postazione fissa, abbiamo sostituito le sale riunioni con piattaforme

virtuali e soprattutto, in Edenred, tutti i servizi digitali, peraltro attivi

da tempo, hanno preso il volo, sulla spinta di una clientela contenta

di poter disporre di soluzioni efficaci, full mobile e ovunque

disponibili. Che cosa è cambiato nel mio modo di lavorare? Se

dovessi sintetizzare direi che è subentrata una forte

programmazione in luogo dell’improvvisazione di prima. In passato

bastava incrociare un collega per far emergere una problematica a

cui dedicarsi con urgenza e passione. Mi svegliavo la mattina

domandandomi chissà a quale cambiamento mi troverò di fronte

oggi… Mi hanno sempre eccitato i problemi perché mi appassiona

trovarne le soluzioni! Ora ho tutta la settimana programmata, call, video meeting, presentazioni in slide…

l’interazione libera da schemi con i collaboratori in real time è quasi scomparsa, lasciando spazio a tematiche

predefinite e pianificate nei tempi e nei metodi. Si risparmia tempo, forse, tuttavia ci si inibisce il ragionamento

condiviso, da cui spesso nascono le migliori idee. Quello che conserveremo di questo periodo sarà la

consapevolezza dell’importanza della relazione umana, della condivisione nella prossimità di un pensiero in

divenire, della rilevanza di dedicare attenzione e ascolto agli altri, siano essi clienti, collaboratori e famigliari.

Rimarremo ancora per un po' di tempo con il ricordo dei nostri abbracci spontanei e dei baci donati ad ogni

incontro. Confidando che possa ritornare quel bel periodo…

ISABELLE OHNEMUS

EyeFitU - Fondatore e CEO

L'impatto della pandemia di Covid19 sul nostro modo di condurre gli affari ha innescato una flessibilità e una

comprensione ancora maggiori nei confronti dei nostri clienti e dei nostri dipendenti. Ascoltare, analizzare e

adattarsi rapidamente al nuovo e prossimo ambiente

normale è la chiave per la sopravvivenza,

indipendentemente dalle dimensioni e dal tipo di

attività. Internamente, rassicurare e unire il team

ancora di più ha dato i suoi frutti e ha avuto un

innegabile ritorno positivo sui nostri clienti. EyeFitU è

una società SaaS che consente ai rivenditori di moda e

ai marchi di aumentare le loro conversioni, creare una

personalizzazione su larga scala, ridurre i loro ritorni e

quindi abbassare le emissioni di anidride carbonica. Il

settore in cui operiamo è stato colpito duramente

all'inizio della pandemia, in quanto i consumatori si

sono concentrati sulle necessità primarie. I marchi

hanno dovuto adeguarsi rapidamente, mentre le loro

vendite si sgretolavano, poiché per sopravvivere

dovevano mettere in atto nuovi modelli di business. I

loro sforzi di digitalizzazione si sono accelerati a una

velocità mai vista prima e abbiamo dovuto cogliere

questo slancio mentre le loro vendite ricominciavano a

risalire.

ZURIGO - SVIZZERA

MILANO - ITALIA

GENNY NEVOSO

Executive Director Italy - America Chamber of

Commerce West

Il diffondersi della pandemia, che qui in California sta

ancora severamente colpendo la nostra popolazione

(732.000 casi ad oggi), ha del tutto stravolto il mio

quotidiano lavorativo, accelerando la digitalizzazione

di tutte le nostre attività. Osservando attentamente

quanto a marzo accedeva in Italia, ho deciso di

chiudere l'ufficio e di far lavorare lo staff da remoto,

prima che le locali istituzioni chiedessero le scuole e

imponessero l'ordine di restare a casa. La sicurezza è

per me assoluta priorità! Il rallentamento dei ritmi è

durato solo un frangente. Il mio quotidiano è stato

rapidamente scandito da ricerca, sviluppo e

implementazione di nuove pratiche e soluzioni per

portare avanti le attività nonostante le oggettive

limitazioni. Una ricerca che si è trasformata in una

quotidiana corsa contro il tempo per mettere in piedi

eventi digitali e attività di assistenza attuabili e

apprezzabili, seppur diverse. Da madre di due bimbi

(5 e 8 anni) ho dovuto inoltre riorganizzare le mie

giornate, creando spazio per seguirli con le lezioni

scolastiche online e occuparmi, assieme a mio marito,

dei pasti e della gestione della casa. Lavorativamente

parlando, trovo stimolante l'essere in qualche modo

forzata a cambiare e a creare opportunità dove non sembrano esserci, snellire le spese di gestione e

ascoltare il mercato per farne derivare attività significative. Le distanze, per chi come me vive in una

megalopoli e percorre decine di km per recarsi a lavoro, sono svanite! Questo mi consente di sfruttare

appieno le 24 ore a mia disposizione ogni giorno.

ROBERTA MERLINI

Ntc Pharma - HR Business partner

Lavorare in HR per me significa essere aperti e pronti a gestire sempre anche il non previsto, poiché

l'essere umano per sua natura è mutevole e questo rende la

sua gestione una quotidiana sfida e scoperta. Nell'ultimo

periodo, il COVID19 ci ha messo di fronte ad una sfida ulteriore,

una situazione totalmente nuova che non ci saremmo mai potuti

immaginare se non come trama di un film. Questo ha reso

necessario dover rivedere in modo radicale la quotidianità

cambiando la nostra routine di vita privata ma soprattutto

lavorativa. Alle riunioni si sono sostituite le video conference,

ognuno ha avuto la possibilità di entrare virtualmente in casa

dei colleghi, questo ci ha permesso di creare maggior empatia

gli uni con gli altri, di confrontarci maggiormente sulla

quotidianità, di gestire situazioni critiche in modo tempestivo

con il supporto di figure dedicate. Ma anche il lavoro è entrato in

casa, e nella famiglia obbligandoci a conciliare le scadenze

lavorative con tutte le nostre necessità. Abbiamo adattato

anche i processi di selezione alla “nuova normalità”: soddisfare

le necessità dell'organizzazione individuando la figura migliore

senza potersi neanche stringere la mano, è stata estremamente

sfidante ma anche soddisfacente. In un periodo tanto critico,

poter concludere con successo selezioni, assumere a tempo

indeterminato, gestire processi di “On-Boarding” totalmente in

remoto e creare quel senso di appartenenza all'organizzazione,

ci ha dato la consapevolezza che siamo in una fase di

transizione verso un nuovo modello lavorativo e lo stiamo

vivendo da protagonisti.

BEVERLY HILLS - CALIFORNIA - USA

MILANO - ITALIA


VERONA - ITALIA

LUCIA SIMONATO

würth Italia - HR Director

La mia vita, lavorativa e non, è profondamente cambiata dal periodo dalla fase di lockdown vissuta per l’emergenza COVID-19. Come donna manager, moglie di

un marito in prima linea nella gestione dei pazienti COVID, e madre di una bambina agli inizi della scuola primaria, ho avuto la possibilità di capitalizzare

moltissimo da questa esperienza, da cui ho imparato molto e che ha cambiato fortemente la mia modalità globale di gestione. Ciò che non è cambiato in me è il

grande orientamento al risultato, che mi ha permesso di integrare profondamente la grande attenzione nell’organizzare il team e ogni singola persona per

raggiungere gli obiettivi, con gli strumenti dell’intelligenza emotiva. Con orgoglio posso affermare che proprio in questa fase è stato possibile aumentare in modo

importante il senso di appartenenza al team con una nuova grande energia focalizzata su nuove sfide comuni con grande consapevolezza dell’impatto sulle

persone. Con il mio team siamo riusciti a trasformare il difficile momento di emergenza sanitaria in grande opportunità per accelerare con la trasformazione

digitale. Da una situazione in cui ogni settimana partiva con una immersione lavorativa che mi portava ad andare lontano geograficamente e mentalmente dalla

mia famiglia, ho potuto scoprire una modalità organizzativa molto più focalizzata e quindi efficiente. La sperimentazione della modalità di lavoro agile ha reso

evidente il significato della gestione delle priorità, di fiducia e delega, con nitida condivisione di aspettative e responsabilità. Mai come nella fase di lockdown mi è

stato possibile stare accanto a mia figlia, e poter capire dal lato di chi non ha sovrastrutture mentali, le difficoltà di poter abbracciare dei cambiamenti di abitudini

non accompagnati da una adeguata comprensione e quindi gestione. Oggi posso affermare che, al netto di una tragica emergenza sanitaria, questa fase vissuta

mi ha permesso di impostare una modalità di vita molto più efficace e gratificante. La sfida di oggi è ora quella di poter accompagnare la mia organizzazione

aziendale a comprendere le opportunità vissute per poter integrare nella nuova normalità ciò che abbiamo imparato rinunciando a vecchie abitudini certamente

consolidate, ma oramai scientificamente sorpassate

hanno detto

www.dimagazine.it

Il come ha

cambiato il tuo lavoro?

Covid-19

Questa accelerazione verso un nuovo

paradigma di vita, potrà portare nel

tempo a raggiungere una nuova

normalità, nella quale sarà possibile

trovare un equilibrio tra esigenze

lavorative e personali, passando da

una concezione del lavoro per sistemi

tradizionali al lavorare per obiettivi.

REBECCA PEREZ

Inviertis Properties - CEO & Founder

Sono una fondatrice solista di una Proptech

Start up che ha fatto crescere un team di

cinque persone, eravamo in un momento di

grande fortuna, ma quella settimana tutto è

cambiato... un paio di operazioni sono andate

male e abbiamo licenziato un membro dello

staff; era già tutto pianificato ma... le emozioni

sono venute fuori e abbiamo finito per piangere

tutti. Il giorno in cui l'isolamento è diventato una

realtà, ho riunito la mia squadra e ho chiesto

loro: “Avete voglia di continuare a lottare o

dobbiamo chiudere?” Non hanno risposto

subito, mi hanno guardato e mi hanno

chiesto.... "Tu cosa ne pensi?” Mi son detta tra

me e me: "Non ne ho idea”, ma ho detto loro:

“Possiamo farcela!”. Siamo nati digitali quindi

per noi non è stato molto difficile prendere il

computer e portarlo a casa... la nostra attività

era digitale quindi non abbiamo dovuto

cambiare molto per farla funzionare; ho preso

un computer dall'ufficio, una stampante per i

bambini. Quella sera ho comprato una

scrivania, con un'applicazione di seconda

mano, e ho ottenuto il mio ufficio in un rapido

spostamento di mobili. Mi alzavo alla stessa ora

di prima, facevo la stessa colazione, ma in

quell'occasione potevo godermela. Fuori dalla

cosiddetta “corsa dei topi”, mi ritrovai a pensare

al mio figlio più piccolo "è divertente, vero?" e a

scoprire che il più grande era super intelligente

(e un fanatico di UFO). Passavo più tempo con

mio marito e praticavamo yoga insieme; ho

trovato un influencer del fitness da seguire su

Instagram e mi alleno ogni giorno. Postavo tutti

i giorni su Instagram. Eppure, allo stesso

tempo, ho tenuto un sacco di incontri con

persone interessanti che non sarebbero mai

state disponibili a parlarmi con il mio gatto in

grembo: mi sono stati dati consigli, ho appreso

di altri affari e ho partecipato ad alcuni

interessanti webinar. Quando è arrivato il bel

tempo, ho allestito la mia postazione di lavoro

sulla terrazza e presto sono diventata più

abbronzata di quanto non lo fossi stata negli

ultimi cinque anni! Le mie piante sono diventate

sempre più alte e ho iniziato a coltivare

pomodori. Dal mio tavolo di legno sono riuscita

a chiudere diverse belle offerte e ho

organizzato due eventi immobiliari online che

hanno raccolto insieme più di 500 spettatori,

cosa che non avrei mai raggiunto offline... La

reputazione dell'azienda è cresciuta, la portata

organica della piattaforma è aumentata, ma il

team ha avuto problemi a mantenere la

motivazione, niente che la tecnologia potesse

aiutare... non importa lo zoom, non importa il

dopo-lavoro che si beve online il venerdì...

insicurezze, solitudine, incertezza... pessimo

compagno per i lavoratori in fase di avviamento

e uno dei miei più cari dipendenti se n'è andato.

Da giovedì a lunedì. "Scusate, ho bisogno di un

po' di stabilità". Stabilità nel bel mezzo di una

pandemia. "Ok, - pensavo... che ore sono? Le

11 del mattino - merda! Troppo presto per un

bicchiere di vino. Come diavolo faccio a trovare

qualcuno adesso?” Sono riuscita a convincere

un vecchio tirocinante a lavorare con noi per un

po'. Quella settimana ci ha fatto venire i capelli

bianchi... i primi, ma ci ha regalato anche una

grande opportunità. Nella mia ricerca di un

amministratore, ho trovato un business

developer che si è integrato nel team ed ho

preso la decisione di iniziare con il profondo

sviluppo tecnologico. In spagnolo si dice:

“Quando una porta è chiusa, si apre una

finestra”. Un sacco di finestre si aprono e

alcune operazioni di vendita si chiudono. La

serrata è finita, siamo tornati in ufficio a poco a

poco, abbiamo assunto altre due persone,

chiuso altre operazioni e la ruota ha

ricominciato a girare, ma a volte mi guardo

indietro con nostalgia; quei giorni avevamo

tempo per creare ed essere creati.


I RITMI

frenetici delle donne

Trafelate, stanche e sempre di corsa. È così

che si descrivono oltre la metà delle donne

intervistate. Un ritmo di vita frenetico che fa

crescere il livello di stress. Si potrà obiettare

che dopo il Coronavirus lo stress è

aumentato per tutti, per gli uomini come per

le donne, come sembrerebbero testimoniare

le percentuali di soggetti che si sentono in

balia di un ritmo di vita frenetico, ma le cose

non stanno così: è il numero di occupati e la

presenza di figli a fare la differenza. Sono,

infatti, questi i due fattori che più incidono sui

ritmi di vita delle persone e che, anche

senza entrare nel merito delle professioni

svolte o dell'età della prole, marcano

nettamente le differenze di genere nel

vissuto maschile e femminile. In presenza di

famiglia e figli l'impegno delle donne

continua ad essere nettamente superiore.

Non a caso, l'unica categoria in cui non si

registrano disallineamenti tra la percezione

maschile e femminile è quella dei non

occupati senza figli. Proprio l'assenza di

gender divide tra i non occupati senza figli,

ovvero tra i segmenti più giovani della

società, che nella maggior parte dei casi non

si sono ancora affacciati al mondo del lavoro

e sono ancora liberi da tutte le incombenze

familiari generate dalla prole, suggerisce una

riflessione a margine: il quotidiano

femminile, se vogliamo tracciare una sorta di

bilancio dei carichi, appare come un

susseguirsi quasi ininterrotto di attività. Uno

scorrere e passare da una condizione

all'altra. Le donne sono in una sorta di

movimento permanente, senza soluzione di

continuità. Una delle aree di criticità

principali dell'esistenza femminile e

dell'assenza di pari opportunità è infatti

proprio quella legata alla cosiddetta “doppia

presenza”, ovvero la capacità della donna di

farsi carico della propria attività e di quella

dei lavori di cura familiare: un fenomeno che,

anche volendo trascurare il piano del

dispiacere individuale, segnala l'incombente

presenza di un problema di ordine sociale.

Ma la disparità tra uomini e donne si fa

ancora più stridente quando si analizzano i

profili occupazionali delle donne. La loro

distribuzione, infatti, assomiglia ad una curva

a campana, con la maggiore concentrazione

sulle qualifiche intermedie e una minoranza

di lavoratrici in ruoli dirigenziali o autonomi.

In Italia sembra permanere forte, quindi, il

fenomeno della segregazione orizzontale,

ovvero la concentrazione dell'occupazione

femminile in determinati livelli professionali,

specie su quelli medio-bassi. In molti Paesi

del Nord-Europa ( Svezia, Danimarca,

Norvegia, Gran Bretagna), dove sussistono

alti tassi di attività e di occupazione

femminile, si sono notati, invece, il

permanere di livelli di segregazione

settoriale, con la concentrazione delle donne

nel campo terziario a discapito di altri settori

che sono rimasti tipicamente maschili (vedi

l'industria). Il quadro nazionale, invece, porta

alla luce una doppia segregazione. Da un

lato quella settoriale, con l'alta presenza

femminile nel terziario, dall'altro quella

orizzontale, con una tendenza delle donne

ad occupare i livelli più bassi nella scala

gerarchica dell'ordine professionale e

lavorativo. C'è poi da considerare che,

anche se la maggioranza delle occupate ha

in corso un contratto di lavoro a tempo

indeterminato, le donne si dimostrano più

interessate da relazioni lavorative precarie

(24% contro il 13% maschile). Sotto questo

profilo, chi si aspettasse un significativo

riallineamento delle distribuzioni contrattuali

almeno tra le giovani generazioni, resterà

deluso. Anche tra gli under 35, infatti,

permane un consistente divario tra ragazze

e ragazzi, con quasi la metà del segmento

femminile precario (46%) contro circa un

terzo di quello maschile (36%). I dati,

dunque, non solo dimostrano come il

precariato sia sempre più parte integrante

della quotidianità delle giovani generazioni

italiane, ma come, anche in un nuovo e

mutato contesto, continuino a riprodursi

disparità di trattamento.

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Il

sapore

del

lusso

PERINI

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NAZIONALI

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PERINI

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NAZIONALI

UNA STORIA LUNGA

QUATTRO GENERAZIONI

Una famiglia unita dalla passione per i

profumi e i sapori della terra. L'italianità e il

senso di appartenenza ad un territorio dove

il clima e l'escursione termica favoriscono le

condizioni migliori per produrre frutta di

impareggiabile qualità. Gioielli della natura

incorniciati dalla spettacolare scenografia

dei Monti Lessini, area montana a nord di

Verona di origini antichissime. Crediamo nel

cibo buono, in uno stile di vita sano. Questa

è stata la nostra ispirazione. Conserverie di

altissimo pregio: un gusto eccellente e un

corretto apporto nutritivo, partendo da

materie prime ottime e vitali lavorate con

cura e delicatezza in modo da preservarne

sapore e proprietà nutrizionali. La nostra

frutta è coltivata pensando a quello che ci

hanno tramandato i nostri nonni nel

passato, nel rispetto della nostra tradizione

contadina. Preservare la propria salute e

quella dei propri bambini attraverso cibi sani

significa obbligatoriamente rivolgersi ad

eccellenze alimentari. Mangiare in maniera

responsabile è la dieta del futuro: ti va di

insegnarlo ai tuoi figli? Uno stile alimentare

responsabile significa comprare e mangiare

prodotti che sai da dove provengono, ed

evitarli se non lo sai. La montagna è

bellissima da vivere e la purezza dell'aria è

davvero un toccasana per la salute e la

celebrazione del trionfo dell'immensità. Per

chi risiede sulle alture, oltre ad avere il

privilegio di un panorama mozzafiato che

domina su tutto il resto, c'è anche un altro

vantaggio: frutta e spezie eccezionali e

squisite dal sapore unico, da assaggiare da

sole con il pane o da utilizzare per la

realizzazione di piatti creativi e dolci squisiti.

DOVE SIAMO

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