syndicom rivista N.20

L’ospite
Se puntiamo su misure volte a
incrementare la produttività, la fetta di torta
diventa più grossa per tutti. Su questa base i
sindacati e i datori di lavoro scendono a compromessi.
Ma così facendo trascurano un importante
problema: oggi il nostro benessere non
dipende più dal fatto che la fetta di torta diventi
ancora più grossa, bensì da come l’aumento della
produttività influisce sulla nostra vita sociale.
Nulla di buono: soprattutto il lavoro mal retribuito
viene sempre più organizzato in modo che i
contatti sociali sul lavoro non esistano praticamente
più oppure in modo tale che i colleghi
diventino dei concorrenti. Questo aumenta la
produttività. Inoltre, le richieste del mercato del
lavoro riguardo a una maggiore mobilità e flessibilità
logorano sempre più anche le reti sociali
private. L’azienda diventa quindi il sostituto della
famiglia e lo stress viene ridotto con lo shopping
compulsivo. Questo stabilizza l’economia e la
psiche fino a che la successiva ristrutturazione,
una battuta d’arresto nella carriera, un burn-out
oppure lo shock del pensionamento non creano
uno strappo del filo sottile. La crisi del coronavirus
e la costrizione al telelavoro ci obbligano
a ricomporre il puzzle di luogo di lavoro, tragitto
casa-lavoro, luogo di residenza e vita sociale.
L’ideale è sviluppare forme di lavoro che rafforzino
le reti sociali private senza guastare il
piacere del lavoro retribuito. E il piacere dipende
oramai in gran misura dalla sensazione di fare
qualcosa insieme. Tuttavia, le costrizioni
dell’eco nomia delle aziende restano in essere,
anche se a livello di economia nazionale non
hanno più senso. Anche il miglior lavoro è piacevole
solo finché la baracca non fallisce. Queste
costrizioni devono essere scardinate a livello
interaziendale. I sindacati servono a questo.
Possono segnalare che in questo caso essi non
sono di parte. La solitudine fa male a tutti e non
si può compensare neppure con un salario da
dirigenti.
Quando il lavoro logora
la rete sociale
Werner Vontobel (1946) è economista,
giornalista e pubblicista. Ha lavorato per
diverse testate, tra cui Weltwoche e
Tages-Anzeiger. È stato membro del
comitato di redazione della rivista di
economia Cash. Oggi è noto soprattutto
come editorialista di temi relativi all’economia
e alla salute per il Blick.
Nei suoi libri si confronta con questioni
fondamentali di politica economica.
Afferma di scrivere per persone che
non vogliono capire perché un’economia
così efficiente come la nostra contribuisca
così poco a rendere la nostra vita
più piacevole.
Tra le sue opere, «Das Geschwätz
von der freien Marktwirtschaft» (Le favole
sulla libera economia di mercato)
pubblicato nel 1996 come coautore. Oppure
«Arbeitswut. Warum es sich nicht
lohnt, sich abzuhetzen und gegenseitig
die Jobs abzujagen» (La rabbia del lavoro.
Perché non conviene affannarsi e
rubarsi il lavoro a vicenda), scritto con
Philipp Löpfe. Dal 1974 è membro di syndicom
e delle associazioni che l’hanno
preceduto.
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