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Grotte di Castro un fiore nel tufo

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“Grotte di Castro: un fiore nel tufo”

Elisabetta Giuliani

Realizzato dal Comune di Grotte di Castro con il contributo della Regione Lazio concesso in

attuazione della DGR n. 400/2020 “Eventi delle Meraviglie” con la collaborazione di Radio

Tuscia Events e la Casa di Effe


Elisabetta Giuliani

“Grotte di Castro: un fiore nel tufo”

Fotografie di ©Elisabetta Giuliani

Testi Elisabetta Giuliani

Realizzato dal Comune di Grotte di Castro con il contributo della Regione Lazio concesso in

attuazione della DGR n. 400/2020 “Eventi delle Meraviglie” con la collaborazione di Radio

Tuscia Events e la Casa di Effe

“Grotte di Castro: un fiore nel tufo”

Elisabetta Giuliani

É vietata la riproduzione, anche parziale incluse le illustrazioni con qualsiasi mezzo effettuata, compreso la fotocopia

o la scansione elettronica, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata per iscritto dall’ Editore


Il libro fotografico “Grotte di Castro: un fiore nel tufo” nasce dall’esigenza di raccontare Grotte

di Castro e di farlo soprattutto attraverso scatti di questo suggestivo borgo, da scoprire e

riscoprire, nella sua dimensione quasi sospesa tra passato e presente. Un luogo da visitare

non soltanto per gli incantevoli scorci che offre ma anche per il forte legame con le tradizioni

contadine e con il territorio: le usanze del passato sono sentite e vive, intenso il rapporto con

la terra che dà sostentamento e a cui gli abitanti hanno un attaccamento particolare.

La ricchezza di Grotte non si limita però a questo: situato su una rupe in tufo, a pochi chilometri

dal lago di Bolsena, il paese ha due necropoli principali, che lasciano pensare che vi fosse,

già nel VII secolo a.C., un insediamento etrusco. Fortissimo è anche il sentimento religioso,

in particolare il culto della Madonna del Suffragio, a cui è dedicata una basilica ed una festa

decennale.

Il Natale è una festa molto sentita e tante sono le tradizioni non soltanto popolari e religiose

ma anche enogastronomiche.

Questo e molto altro verrà raccontato attraverso gli scatti presenti nel libro. Con affetto per

le mie radici, Elisabetta Giuliani.


Grotte di Castro sorge su una rupe in tufo dei Monti Volsini e dista 48 Km da Viterbo, che è

il capoluogo.

Il paese, come spiegato nell’introduzione, ha origini etrusche ma l’insediamento venne messo

in crisi tra la metà del V e gli inizi del IV secolo a.C. dall’espansionismo romano, anche se

si pensa che in quel periodo sopravvisse in dimensioni ridotte; rimase però deserto nell’ VIII

secolo d.C. a causa delle invasioni longobarde. I sopravvissuti si spostarono nella rupe vicina

che appariva più sicura e in una prima fase gli abitanti trovarono rifugio nelle grotte circostanti

e questo gli valse l’appellativo di “ Castrum Criptarum”.

La vera data di origine del paese non è chiara, bisogna aspettare l’ anno 1077 per sentir parlare

di “Grotte”, in un atto di donazione ufficiale di alcuni territori della Tuscia da parte della

contessa Matilde di Canossa alla Chiesa.

Dopo secoli di dispute, entrò a far parte del Ducato di Castro.

Nel 1537 venne acquisito dal Ducato Farnese, sotto il quale godette un periodo prospero e

di sviluppo, che durò fino a quando Innocenzo X non fece distruggere la città.

Da qui in poi entrò nell’orbita della Santa Sede da cui si affrancò soltanto con l’Unità d’Italia.
















La chiesa di San Marco è situata poco fuori dal centro storico del paese, in una piazza dedicata

a Paolo di Castro. Venne costruita tra il 1800 ed il 1900, su progetto dell’architetto Enrico

Buratti.

Subito di fronte troviamo il monumento a Paolo di Castro, eretto in onore del celebre giurista

rinascimentale, nato proprio a Grotte di Castro, e realizzato dallo scultore viterbese Costantino

Zei.

Al suo interno si trovano opere di pregio come La Madonna con Gesù Bambino e Sant’Anna

tra Santa Lucia e San Biagio,La Vergine in gloria tra San Luigi, San Giuseppe, San Vincenzo

Ferrer e Santa Maria Maddalena de’ Pazzi. Abbiamo inoltre La morte di San Giuseppe di Matteo

Pacelli.







Il santuario Maria Santissima del Suffragio venne costruito nel 1625 su una chiesa precedentemente

dedicata a San Giovanni. Nel corso del ‘600, infatti, Padre Angelo da Ronciglione

diffuse il culto e propose la costruzione del Santuario, per la cui realizzazione furono impiegati

47 anni, con il progetto iniziale di Girolamo Rinaldi.

La chiesa, in stile barocco, ha al suo interno l’immagine lignea della Madonna, che ogni dieci

anni viene fatta scendere dal coro che la contiene in occasione della festa decennale, che ricorre

l’otto di settembre. Tale rito prevede, inoltre, una processione durante la quale la statua

viene portata per le vie di tutto il paese.

Si tratta di una festa molto sentita dai Grottani e per cui si ha una lunga preparazione.

Oltre alla statua lignea della Madonna del Suffragio, possiamo trovare all’interno del santuario

un organo, quadri e statue di vario pregio e un museo sotterraneo contente reliquie donate

in parte da Papa Pio II e reperti di epoca etrusca e romana.




















Il museo Civita, situato in Piazza Giacomo Matteotti , è ospitato all’interno di un palazzo rinascimentale

di pregio progettato dal Vignola. Il palazzo era sede degli uffici comunali fino al

2008 e venne riconvertito a museo grazie ai fondi della regione Lazio.

All’interno della struttura, moderna e lineare, abbiamo reperti di epoca etrusca, che, seguendo

percorsi espositivi ben precisi, ci permettono di entrare negli usi, nei costumi e nelle usanze

di questo misterioso popolo.

Oltre ai corredi funerari, si trovano oggetti di uso quotidiano, che ci portano in epoche remote

e ci permettono di capire meglio le abitudini del popolo etrusco, oltre che una mappa con

le necropoli principali e minori rinvenute a Grotte di Castro e nel territorio limitrofo.

Il legame con il rituale della sepoltura, molto sentito nell’antichità, era caro anche al popolo

etrusco. Dal corredo funerario ritrovato nelle tombe, è possibile risalire non soltanto al sesso

del defunto ma anche alla condizione sociale: nel museo si cerca di far capire il rituale attestato

a Grotte di Castro, attraverso un sarcofago posto in vetrina e la ricostruzione della Tomba

rossa, situata nella necropoli di Pianezze.

E’ presente anche una ricostruzione di uno scavo con reperti veri, utile a scopo didattico.










La necropoli etrusca delle “Cento Camere”, situata lungo la strada che porta al lago di Bolsena,

deve il suo nome all’intreccio di cunicoli e collegamenti tra le tombe scavate nel tufo.

Queste sono in totale cinquanta, disposte sue tre ordini con deposizioni multiple e ricoprono

un arco temporale che va dal VII secolo a.C. al VI secolo a.C. I collegamenti tra le tombe

sarebbero stati scavati dai cosiddetti “tombaroli”, che depredarono la necropoli dei reperti

presenti.

Durante il medioevo alcune tombe vennero riutilizzate per l’ allevamento di uccelli (colombe

e piccioni).

Immersa nella tipica “macchia grottana”, si può godere andandola a visitare, non soltanto del

rilassante clima del bosco che la circonda ma anche di una vista panoramica sulla strada che

porta al lago.








A pochi chilometri dalle “Cento camere”, sempre nella strada che porta al lago di Bolsena,

troviamo la necropoli etrusca di Pianezze.

Più recente rispetto all’ altra, vi si trovano tombe in uso tra il VII e il V secolo a.C.: più estesa

delle “Cento Camere” il sistema cimiteriale era utilizzato dagli abitanti dell’insediamento

etrusco che molto probabilmente sorgeva sul colle denominato “La Civita”.

Sono presenti tombe a camera scavate nel tufo della collina: vi è un corridoio lungo e scoperto

detto “Dromos”, che porta sull’atrio attraverso il quale si accede alle camere funerarie

secondarie.

Questa struttura di base è stata tuttavia modificata di volta in volta dagli Etruschi per cambiamenti

di usi e costumi o per difficoltà geologiche incontrate nello scavare il tufo, oltre che per

esigenze economiche e di gusto personale del committente.

Le tombe sono orientate verso sud-est nord-ovest perché gli etruschi credevano che il settore

nord-occidentale, compreso tra i punti in cui il sole passa e non tramonta, fosse delle divinità

dell’oltretomba.

Le camere principali, a differenza delle secondarie, sono molto curate; questo insieme al pregio

dei reperti ritrovati ci lascia pensare che fosse destinato a famiglie benestanti.

Abbiamo in totale ventiquattro tombe, destinate a ospitare la famiglia e almeno la generazione

successiva.

Non si hanno differenze di sepoltura tra uomini e donne se non per gli utensili e per gli oggetti

inseriti nel sarcofago: armi per gli uomini, fusi e pesi da telaio per le donne.

A Pianezze sono stati ritrovati anche alcuni loculi destinati ai bambini.

E’ di particolare pregio la “ Tomba rossa” del VI secolo a.C., in questa sono tutt’ora visibili

decorazioni, dipinte nell’atrio, di colore rosso da cui il nome della tomba. Il soffitto è adornato

con delle imitazioni delle strutture in legno delle abitazioni etrusche, sempre rosse.

Questa ci dà un’idea di come fossero le abitazioni degli etruschi.






Il lago di Bolsena è il più grande lago vulcanico d’Europa con i suoi 114 Kmq di superficie,

nasce dal collasso della caldera di vulcani che erano presenti nella catena dei monti Volsini.

Delle grandi eruzioni portarono lo svuotamento del sottosuolo e il conseguente collasso della

crosta superficiale e nell’arco temporale di decine di migliaia di anni si creò quello che oggi

conosciamo come lago di Bolsena. La sabbia è infatti di colore nero, a testimonianza delle

origini vulcaniche.

Le due isole presenti, la Martana e la Bisentina, si crearono solo in un momento successivo a

causa di una nuova e intensa attività vulcanica. Queste sono entrambe caratterizzate da una

rigogliosa vegetazione, oltre che da splendidi resti di statue e monumenti del passato.

Grotte di Castro, pur non affacciandosi direttamente sul lago, dista pochi chilometri da questo

ed ha spiaggia abbastanza estesa (800 metri) in cui è presente una grande area verde: visitandola

si può godere della natura quasi incontaminata e di un senso di pace e tranquillità.






A Grotte di Castro sono diverse le attività che creano ancora prodotti artigianali: dai forni alle

macellerie, dalla pasta fresca alla fioraia, che realizza opere natalizie fatte a mano. Nei piccoli

negozi si trovano prodotti tipici del territorio, carni locali, talvolta allevate allo stato brado.

Sotto Natale le vetrine si vestono a festa e i banchi si riempiono di prodotti natalizi, tipici della

tradizione locale. Il forno crea le ciambelle con il vino, i tozzetti con le nocciole e i brutti ma

buoni: tutti dolci tipici della cucina povera e della cultura contadina.

Le nocciole sono un ingrediente molto utilizzato nei dolci tipici di Grotte di castro e del resto

della Tuscia , in quanto il nostro territorio offre una delle migliori varietà a livello mondiale di

questo frutto, la “gentile romana”. I principali centri produzione sono Vallerano, Vignanello,

Caprarola, Ronciglione e Vetralla.

I tozzetti in particolare hanno ricetta che varia di paese in paese e talvolta anche di famiglia in

famiglia, vengono prodotti sia nei forni che nelle case, soprattutto durante il periodo natalizio.

Le variazioni della ricetta riguardano l’ uso dell’ olio o dello strutto, l’ assenza o la presenza del

lievito. Il nome varia di zona in zona.

In passato i dolci non erano prodotti di uso quotidiano, venivano preparati soltanto durante

le festività: le ricette, tramandate di generazione in generazione, sono arrivate fino ai nostri

giorni. In molte case di Grotte di Castro ancora si mangiano piatti della tradizione durante il

periodo natalizio: la pasta con le noci, cioccolato, cannella e zucchero, il torciglione e la minestra

di tinca sono soltanto alcuni esempi.

La pasta con le noci, cioccolato, zucchero e cannella veniva servita in passato come sostitutivo

del dolce la sera della Vigilia, le dosi e la tipologia di pasta utilizzata variano e variavano in

base ai gusti della cuoca e delle famiglie.

Il torciglione, come i tozzetti, cambia il nome di zona in zona mentre la minestra di tinca con

tagliolini è realizzata con il caratteristico pesce del lago di Bolsena. Questi sono piatti poveri,

che venivano fatti con quello che offriva la terra e prodotti di basso costo con la pasta rigorosamente

fatta e stesa a mano.

Il Natale a Grotte non è però soltanto tradizione culinaria: forte è il sentimento religioso e

diverse sono le manifestazioni che perdurano negli anni.

Oltre al suggestivo presepe vivente, in cui si ha una vera e propria rappresentazione teatrale,

vi è anche la mostra dei presepi artistici, attività purtroppo sospese quest’ anno.


















Si ringraziano tutti i soggetti coinvolti e le attività che mi hanno permesso di realizzare gli

scatti:

“Basta un pensiero” di Adriana Annulli

“Panetteria Sforza” di Benvenuto Sforza

“Il fornaio” di Giancarlo Poponi

“Pastapposta”di Marina Bergamini

“Macelleria Gastronomia Norcineria Palombini” di Carlo Palombini

“Macelleria Cioli Francesco” di Cioli Francesco

“La Casa di Effe”di Fabiana Eramo

Si ringrazia inoltre Maria Flavia Marabbottini e Don Tancredi per avermi aperto le porte del

nostro patrimonio culturale ed artistico, la regione Lazio per i fondi ed il comune di Grotte di

Castro per la collaborazione, Fabiana Eramo e Vanessa Giraldo per avermi coinvolto in quest’

avventura.

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