Il numero di Gennaio/Febbraio di 360GRADI Magazine é online!
Tutti gli aggiornamenti sulla nostra Fan Page: https://www.facebook.com/360gradisecondlife.
Non scordare di prendere il nostro kiosk e di metterlo sulla tua regione! Resterai sempre aggiornato e offrirai un servizio gratuito di informazione ai tuoi visitatori!
Prendi il kiosk: http://maps.secondlife.com/secondlife/Petopia/217/216/4087.
360 GRADI
Magazine
ARTISTA
CHERRY MANGA
Cherry Manga è un’artista molto
conosciuta nel mondo virtuale di SL.
Crea opere che hanno uno straordinario
impatto visivo ed emotivo.
SADYCAT LITTLEPAWS:
LO STILE VERSATILE
DI UNA BLOGGER DI
SUCCESSO
Fotografia
NEUROESTICA: CERVELLO,
EMPATIA ED ESPERIENZA
DEL BELLO
Second Life VALENTINA E.
Perchè le immagini attraggono così
tanto lo spettatore? Una delle principali
attività in SL è il fotografo: ci siamo
mai chiesti cosa ci attira di più nelle
fotografie?
Un negozio di abiti dallo stile
inconfondibile, che si caratterizza
per classe, eleganza e originalità.
Conosciamo Valentina in questa
intervista esclusiva.
360 GRADI
GENNAIO/FEBBRAIO 2021 - N. 3
1
SOMMARIO
18
Perchè
NEUROESTETICA:
CERVELLO, EMPATIA
ED ESPERIENZA DEL
BELLO
le immagini
attraggono così tanto lo
spettatore? Una delle
principali attività in SL è
il fotografo: ci siamo mai
chiesti che cosa ci attira
di più nelle fotografie?
54
Una
HAZELNUT’S
KINGDOM
location
raffinata, dallo stile
mediterraneo e
dalle costruzioni
d’epoca in stile
francese. Sono
tantissime le attività
per intrattenere il
visitatore.
74
Una
SLICE OF
HEAVEN
destinazione
invernale
affascinante che
presto cambierà
nella sua versione
primaverile.
Conosciamola
attraverso gli occhi di
Serena Amato.
92
Cherry
CHERRY
MANGA
Manga è
un’artista molto
conosciuta nel
mondo virtuale
di Sl.. Crea opere
che hanno uno
straordinario impatto
visivo ed emotivo.
126
Una
DORIAN KASH
voce maschile
importante nel
panorama musicale
italiano. Un artista
che rende la
serata musicale un
successo in ogni
occasione.
142
Stile,
VALENTINA E.
classe, originalità
sono solo alcune
delle caratteristiche
di Valentina E., un
marchio che brilla
nello scenario del
mondo della moda
di SL.
160 Fotografa,
SADYCAT
LITTLEPAWS
blogger e
blogger manager di
successo, SadyCat
ha uno stile versatile
che si sa adattare
alle molteplici
esigenze del mondo
della moda.
172
Immagini
SCELTI SU
FLICKR
spettacolari trovate
su Flickr.
Esploriamo nuovi
artisti.
360 GRADI MAGAZINE è la rivista che tratta di Second Life a 360°. Destinazioni, Arte, Musica, Moda, Fotografia, Arredo e Decorazione tutto in
un’unica rivista bimestrale. Puoi leggere la rivista sul web, visitando la nostra pagina YUMPU.
2 360 GRADI
Benvenuti al numero 3 di 360 GRADI MAGAZINE.
92 126 160
CHERRY MANGA
DORIAN KASH
SADYCAT
LITTLEPAWS
Un’artista in grado di
creare opere che hanno
uno straordinario impatto
visivo ed emotivo.
Un artista musicale
importante e di
riferimento nello scenario
musicale italiano.
Fotografa, blogger e
blogger manager di
successo, si caratterizza
per uno stile versatile.
BENVENUTI
Benvenuti al numero 3 della rivista.
In questa terza uscita 360GRADI
introduce Serena Amato, collaboratrice,
per ora, solo occasionale nel settore
“destinazioni” che ci permette di
esplorare Luane’s World attraverso i suoi
occhi.
Faremo la conoscenza di Dorian Kash,
un artista musicale importante nel
panorama italiano.
Esploreremo l’arte di Cherry Manga in
grado di suscitare un grande impatto
emotivo e visivo.
Per il settore relativo alla mente umana,
che riscuote grande interesse, Degoya
ci parlerà di come la mente reagisce al
bello e alle immagini.
Infine conosceremo di persona Valentina
Evangelista, una delle più raffinate
designer in Second Life.
Vi invito a essere parte attiva,
comunicandoci le vostre impressioni e/o
idee/suggerimenti.
Buona lettura!
360 GRADI
3
TEAM
LADMILLA VAN MISOINDITE
SERENA
RESPONSABILE
SETTORE ARTE
RESPONSABILE
SETTORE
MUSICA
RESPONSABILE
SETTORE MODA
COLLABORATRICE
SETTORE
DESTINAZIONI
Artista e Proprietaria
della Galleria THE
EDGE.
Dj , Designer e
Architect Planning.
Modella e
Responsabile di eventi
fashion.
Collaboratrice
occasionale per il
settore destinazioni.
4 360 GRADI
JARLA
VIOLET
DEGOYA
RESPONSABILE
SETTORE
FOTOGRAFIA
Fotografa.
RESPONSABILE
SETTORE
MARKETING
Esperta di Social
Media Marketing.
RESPONSABILE
SETTORE
CERVELLO, MENTE E
REALTA’ VIRTUALE
Psichiatra.
360 GRADI
5
NOTE DELL’ EDITRICE
Siamo giunti alla terza uscita di 360GRADI Magazine.
La prima novità che
desidero introdurre
è l’ingresso nel team,
seppure in modo
occasionale, di Serena
Domenici. Si tratta di
una collaborazione
interessante in
quanto Serena ama
scrivere e lo fa con
passione. Spero che
decida di essere parte
permanente del team,
dando alla rivita
un valore aggiunto
significativo nel
settore “destinazioni”.
La prima novità che desidero introdurre è l’ingresso nel team,
seppure in modo occasionale, di Serena Domenici. Si tratta di una
collaborazione interessante in quanto Serena ama scrivere e lo fa
con passione. Spero che decida di essere parte permanente del
team, dando alla rivita un valore aggiunto significativo nel settore
“destinazioni”.
La rubrica “cervello, mente e realtà virtuale” sta riscuotendo un
enorme successo, grazie alla professionalità di Degoya Galthie.
Ricevo moltissimi feedback positivi e ne sono lieta.
In questo numero parleremo sul fronte artistico di Cherry Manga,
un’artista molto conosciuta nello scenario di Second Life. La sua
straordinarietà è la capacità di suscitare emozioni e di avere un
forte impatto visivo. In questo numero avremo la possibilità di
conoscerla meglio.
Sul fronte musicale, Dorian Kash è il protagonista di questo
numero. Artista italiano molto conosciuto, ogni sua serata è un
momento di relax per il pubblico e una performance di successo
per Dorian.
Sul fronte della moda, approfondiamo la conoscenza di Valentina
E., un brand apprezzato e conosciuto per la sua originalità
e qualità. Ho avuto il piacere di intervistare personalmente
Valentina Evangelista che ha risposto puntualmente alle domande
dando anche suggerimenti preziosi a tutti coloro che desiderano
intraprendere la carriera di fashion designer.
Sul fronte fotografico, Jarla ha intervistato SadyCat Littlepaws,
fotografa, blogger e blogger manager molto apprezzata. E’
l’occasione per capire di più non solo di fotografia, ma anche di
come funziona il mondo dei blogger e del loro reclutamento.
Nell’augurarti buona lettura, ti invito sempre alla collaborazione:
se riusciamo a migliorare è anche grazie ai suggerimenti dei
lettori.
Arrivederci al prossimo numero.
BENVENUTO
360GRADI è una rivista interattiva
disponibile su YUMPU. Prendi la tua
copia del kiosk in redazione.
6 360 GRADI
L’ emozione è la prova più evidente
che qualcosa ci ha coinvolto
profondamente. Tutti i talenti di
cui parliamo in questo numero
raggiungono il nostro cuore.
- Oema
360 GRADI
7
ART PROMOTION ON FACEBOOK
8 360 GRADI
360 GRADI
9
VIOLET BOA
Le mie responsabilità comprendono la pianificazione,
l’implementazione e la gestione di strategie di PR, nonché
l’organizzazione e la gestione di varie attività di PR.
Utilizzo diversi canali per ottimizzare la diffusione e il successo di
una campagna, con un’attenzione orientata al cliente e una consegna
sicura che rappresento in modo inequivocabile, e realizzo gli interessi,
i desideri, le esigenze e le aspettative dei miei clienti.
Violet Boa,
Responsabile del Settore
MARKETING
Una parte naturale del mio lavoro consiste nell’organizzare interviste
e coordinarmi, ricercare e raccogliere opportunità di partnership,
stabilire e mantenere rapporti con giornalisti, influencer e blogger,
oltre a supportare i membri del team del mio cliente nella
comunicazione e nella gestione di una campagna.
Attraverso anni di esperienza nella gestione dei social media, che
richiede sempre ottime capacità di comunicazione, presentazione e
leadership, oltre a eccellenti capacità organizzative e di gestione del
tempo, sono diventata autocritica e sono sempre interessata a nuovi
impulsi.
L’apprendimento, sia esso auto-diretto o attraverso la conoscenza di
fonti competenti, fa parte del processo quotidiano.
Le osservazioni e le riflessioni (auto-riflessioni) sulla situazione
esterna ed interna mi danno la possibilità di riconoscere i problemi e
di cambiarli in una direzione positiva.
Sono una pensatrice positiva ma anche critica e risolutrice di problemi
analitici che - con molta empatia - accetta gli interessi contrastanti,
la (in) tolleranza personale e le opinioni degli altri. Sono molto
adattabile e disponibile al compromesso per accettare alternative
positive che rendano tutti felici e portino al successo desiderato.
Nella mia top ten degli interessi ci sono l’arte, la fotografia, il design,
l’arte digitale, la musica, le arti dello spettacolo, la letteratura, la
scienza, la consapevolezza e l’atteggiamento positivo.
Mi sento molto onorata e orgogliosa della fiducia che Oema ha riposto
in me invitandomi nel mio ruolo di PR a promuovere fin dalla prima
pubblicazione 360 GRADI Magazine, una rivista raffinata, di classe, ed
elegante.
Ci aspetta un compito entusiasmante e meraviglioso, e non vedo l’ora
di compierlo!
Violet
10 360 GRADI
360 GRADI
11
LUNDY ART GALLERY
LA LUNDY ART GALLERY E’ UNA CREAZIONE DI LEE1 OLSEN E OSPITA
PERIODICAMENTE NUOVI ARTISTI.
LA GALLERIA VANTA UNO SPAZIO ESPOSITIVO MOLTO AMPIO, PERMETTENDO
AL VISITATORE DI APPREZZARE NUMEROSE OPERE D’ARTE.
12 360 GRADI
ARTISTI ESPOSITORI
Moya Patrick
Etamae
Ilyra Chardin
Adwehe
ZackHermann
Sandi Benelli
Jessamine2108
Steele Wilder
Adelina Lawrence
Magda Schmidtzau
Jos (mojosb5c)
TELEPORT TO LUNDY ART GALLERY
360 GRADI
13
CAMP ITALIA
CAMP ITALIA, EDUCAZIONE E INTRATTENIMENTO IN UN’UNICA
DESTINAZIONE.
VIENI A VISITARCI!
Camp Italia è una sim educational in lingua italiana con vocazione internazionale, dove puoi
trovare una calorosa accoglienza, eventi artistici e musicali, tante lezioni per imparare a usare
Second Life e paesaggi mozzafiato per una meravigliosa esperienza della tua SL.
Visit Camp Italia & Enjoy!
Slurl
https://maps.secondlife.com/secondlife/Camp%20Italia/127/64/23
Official Website
https://campitaliasecondlife.org
14 360 GRADI
360 GRADI
15
DEGOYA GALTHIE
Sin dall’inizio della sua apparizione nel mondo, l’uomo ha cercato
di rappresentare e raccontare la propria esperienza con differenti
strumenti quali il disegno, la fotografia e il cinema; alla base di questa
incessante ricerca è il desiderio di descrivere il proprio mondo interiore
con livelli di fedeltà sempre maggiori. Nella nostra società postmoderna
la frontiera più evoluta di questa ricerca è rappresentata
dalla realtà virtuale: questa tecnologia ci consente di “immergerci” in
un ambiente generato dal computer, dentro cui è possibile muoversi e
interagire come nel reale.
Degoya Galthie,
Responsabile del Settore
CERVELLO, MENTE E
REALTA’ VIRTUALE
La realtà virtuale sta avendo numerose applicazioni che spaziano in
diversi ambiti e rappresenta anche un’interfaccia di comunicazione
avanzata che consente alle persone di interagire in modo naturale
a distanza. Ormai è una tecnologia che ha una crescente diffusione
anche nell’industria dell’intrattenimento, dove trova applicazioni,
oltre nel settore dei videogiochi, nella cinematografia, nei parchi
tematici e nei musei. I social network, l’e-commerce, l’educazione,
lo sport sono solo alcuni dei numerosi ambiti che i mondi virtuali
promettono di rivoluzionare. In campo medico, la realtà virtuale sta
dimostrando un eccellente potenziale con applicazioni nell’ambito
delle neuroscienze e della psicoterapia.
Alla luce di tali premesse, l’obiettivo che mi sono posto in questo
settore della rivista è raccontare la “rivoluzione virtuale” attraverso
una prospettiva che vuole evidenziare l’impatto trasformativo di
questa tecnologia sul cervello e sull’esperienza umana. In particolare,
cercherò di investigare sugli effetti delle esperienze virtuali sul
proprio mondo reale e di mettere in luce le opportunità che le
tecnologie virtuali possono offrire, ma anche di porre in evidenza i
potenziali rischi che esse implicano, attraverso una ricognizione delle
ricerche più avanzate in ambito psicologico e neuroscientifico. Infine,
cercherò di spiegare come le tecnologie simulative stanno cambiando
il modo di comunicare e interagire delle persone, analizzando le
opportunità e le sfide implicate dall’emergere dei mondi virtuali.
Degoya
16 360 GRADI
360 GRADI
17
NEUROESTE
IL CERVELLO, L’EMPATIA
BELLO
Scritto da DEGOYA GALTHIE.
Immagini di JARLA CAPALINI.
18 360 GRADI
TICA
E L’ESPERIENZA DEL
Perchè le immagini ci piacciono così tanto?
Che effetti suscitano sulla nostra mente?
Approfondiamo questo tema affascinante.
360 GRADI
19
NEUROESTETICA
IL CERVELLO, L’EMPATIA E
L’ESPERIENZA DEL BELLO
Se le neuroscienze cognitive studiano la cognizione e la mente umana, che cosa
c’è di così unicamente umano come l’ossessione di creare immagini? Da un
lato l’ossessione di creare immagini e dall’altro il potere che queste immagini
esercitano su chi le guarda.
Le parole che compongono il titolo
di questo articolo: arte, empatia,
esperienza estetica e neuroscienze,
cioè lo studio del cervello, costituiscono
argomenti che nello spazio a
disposizione non riuscirò affrontare in
modo serio ed esauriente. Come prima
cosa cercherò di spiegare il fatto che
un neuroscienziato applichi la propria
metodologia di ricerca ad ambiti che,
tradizionalmente ed apparentemente,
sembrano così lontani; soprattutto negli
ultimi 70 anni il campo della scienza è
stato considerato altro rispetto a quello
dell’estetica e dell’arte. Le scienze
umane e le neuroscienze cognitive,
però, condividono un fondamentale
oggetto d’indagine: capire cosa ci
rende umani. Ovviamente lo fanno
con approcci molto diversi e con
differenti linguaggi di descrizione. Se
le neuroscienze cognitive studiano la
cognizione e la mente umana, che cosa
c’è di così unicamente umano come
l’ossessione di creare immagini? Da un
lato l’ossessione di creare immagini e
dall’altro il potere che queste immagini
esercitano su chi le guarda. All’interno
di questi argomenti che ricorreranno
spesso nel corso della mia esposizione,
ho deciso di partire da un tema che
ritengo centrale per approcciare la
questione dell’esperienza estetica: il
perché ci piacciono le immagini e che
cosa proviamo di fronte a un’immagine,
soprattutto quando questa immagine è
stata creata dall’uomo.
A tal fine, ritengo
fondamentale trattare il
tema dell’empatia; l’empatia
è un concetto terribilmente
complicato con numerosi
sinonimi (identificazione, contagio
emotivo, assunzione di prospettiva,
20 360 GRADI
Perchè le
immagini ci
piacciono così
tanto?
teoria della mente) o
presunti tali. Tali concetti
sono utilizzati da molti
studiosi in modo
intercambiabile
sbagliando quando
confondono l’empatia
con la teoria della mente,
cioè con una modalità
cognitivamente molto
sofisticata di entrare
nella mente dell’altro e
di assumerne la
prospettiva. C’è chi ha
sentito la necessità di
parlare di un’empatia
cognitiva da distinguere
dalla vera empatia e c’è
chi confonde l’empatia
con la simpatia. Un modo
semplicistico che ci aiuta
a liberare il terreno dagli
equivoci potrebbe essere
questa definizione:
empatia significa sentire
con l’altro, mentre
simpatia significa sentire
per l’altro. Quindi è
difficile
essere
simpatetici nei confronti
di qualcuno senza essere
in grado di provare
empatia, ma non è
necessariamente vero il
contrario; noi possiamo
empatizzare con l’altro
senza che ci passi per
l’anticamera del cervello
di compatirlo o addirittura
di aiutarlo. Esiste un lato
oscuro dell’empatia,
anche un torturatore e un
sadico devono essere
empatici se vogliono fare
bene il loro lavoro; se io
sevizio qualcuno, devo
capire dove gli fa più
male. In qualche modo mi
devo mettere nei suoi
360 GRADI
21
panni immaginativamente ed
emotivamente per ottenere l’effetto
peggiore dell’intervento che gli sto
applicando, come spesso accade nelle
confessioni estorte con la tortura.
Nel partire dal termine empatia,
ovviamente non mi riferisco all’empatia
classica dei greci, ma al termine che
è nato e si è sviluppato in Germania
alla fine dell’ottocento all’interno di
un dibattito estetico. La discussione
era su cosa fa la differenza quando mi
metto di fronte a un’opera d’arte: sono
le caratteristiche formali del quadro,
della scultura o dell’affresco che
fanno la differenza oppure è ciò che
quell’oggetto particolare mi fa sentire,
la capacità di quell’oggetto di evocare
qualcosa in me che lo guardo.
All’interno di questo
confronto, il filosofo Tedesco
Robert Vischer ha pubblicato
un piccolo libro, destinato a
esercitare un’influenza enorme sul
dibattito estetico nei decenni a venire,
dal titolo: Sul Sentimento Ottico della
Forma (Über das optische Formgefühl,
1873). L’autore dà il suo contributo
all’estetica ponendo l’accento sulla
centralità dell’Einfühlung che noi
traduciamo empatia (Einfühlung
significa letteralmente sentire dentro,
immedesimazione); questa è una
citazione dal suo libro: “io mi trasferisco
nell’essenza interiore dell’oggetto che
contemplo (l’oggetto è un’opera d’arte)
e ne esploro le sue caratteristiche formali
per così dire dall’interno”. Questo tipo di
trasposizione può assumere forma
motoria o sensoriale anche nel caso di
forme prive di vita ed immobili, in
pratica quando io mi metto di fronte a
un quadro alcune delle caratteristiche
di quelle immagini sono tali da suscitare
in me una reazione di tipo empatico;
una reazione che il più delle volte è solo
interna e che in certe determinate
situazioni può affiorare alla superficie
del mio corpo con comportamenti e
atteggiamenti che vedremo.
In quest’opera Vischer distingue il
mero processo percettivo del vedere
da quello pragmaticamente attivo del
guardare. Secondo Vischer, la fruizione
estetica delle immagini, in generale,
e dell’opera d’arte, in particolare,
implica un coinvolgimento empatico
che si configurerebbe in tutta una
serie di reazioni fisiche nel corpo
dell’osservatore. Particolari forme
osservate susciterebbero emozioni
reattive, a seconda della loro conformità
al disegno e alla funzione dei muscoli
corporei. Secondo Vischer la forma
simbolica, lungi dall’essere pura in
quanto kantianamente trascendentale,
deriva la sua natura in prima istanza
dal suo contenuto antropomorfo; è
attraverso la proiezione inconsapevole
dell’immagine sul proprio corpo che chi
osserva riesce a stabilire una relazione
estetica tra sé e l’immagine. Alcuni
anni più tardi questa stessa logica
dell’Einfühlung, grazie a Lipps, verrà
trasferita al dominio della psicologia
delle relazioni interpersonali,
esercitando una notevole influenza
anche su Freud. L’opera di Vischer
esercitò una grande influenza, tra gli altri,
anche su due figure importantissime
per la storia dell’arte: lo scultore Adolf
von Hildebrand e lo storico dell’arte
Aby Warburg.
22 360 GRADI
360 GRADI
23
Il tema dell’empatia
è stato al centro
della tesi di
dottorato di Edith
Stein un’allieva di Edmund Husserl,
filosofo tedesco e fondatore della
Fenomenologia; la Stein all’interno di
questa tesi ha fatto delle affermazioni
che non potrei non sottoscrivere con
entusiasmo. È stata una monaca
cristiana, filosofa e mistica tedesca
dell’Ordine delle Carmelitane Scalze,
vittima della Shoah. Di origine ebraica,
si convertì al cattolicesimo dopo un
periodo di ateismo che durava
dall’adolescenza. Venne arrestata nei
Paesi Bassi dai nazisti e rinchiusa nel
campo di concentramento di Auschwitz-
Birkenau dove, insieme alla sorella Rosa,
nel 1942 venne trucidata. Nel 1998
papa Giovanni Paolo II la proclamò santa
e l’anno successivo la dichiarò patrona
d’Europa. I fenomenologi quando
parlano del corpo umano fanno una
distinzione, o meglio sostengono che
questo corpo ha una duplice natura. Noi
abbiamo un corpo fisico fatto di ossa e
di carne che ha un peso e che occupa
uno spazio; se guardiamo al nostro
corpo da questo punto di vista, i
fenomenologi lo chiamano Körper.
Questo Körper, però, (cervello, fegato,
cuore, muscoli, ossa, articolazioni, tutti
gli organi e la nostra struttura fisica
corporea) è al contempo leib: è corpo
vivo, cioè è la sorgente della nostra
esperienza; tutto ciò che è psichico è
coscienza legata al leib, il corpo vivente.
Le neuroscienze oggi hanno la possibilità
di fare luce sul Leib interrogando il
Körper. Il punto non è quello di appiattire
il Leib sul Körper, ma quello di
comprendere che l’indagine empirica
condotta sul Körper ci può dire cose
nuove sul Leib.
Spesso avrete sentito fare parallelismi
tra la mente umana e il software di un
computer nel modo in cui vengono
descritte le modalità con cui si ritiene,
a torto o a ragione, che avvengano
alcuni processi mentali. Vengono
utilizzate delle parole e un vocabolario
preso dal linguaggio dei computer
e dell’intelligenza artificiale, per cui
molti parlando del cervello dicono
che è una macchina biologica che fa
cose non molto diverse da quelle che
fa un processore: elabora informazioni
ed è possibile riferirsi alle nostre
attività mentali come all’elaborazione
di informazioni. Se fosse solo questo,
secondo me, si lascerebbe fuori
l’aspetto più rilevante che ci descrive
come esseri umani, cioè il dominio
dell’esperienza. Noi conoscendo il
mondo, aprendoci al mondo, entrando
in relazione con il mondo proviamo
qualcosa e facciamo un’esperienza.
Una delle bussole che ha guidato
e continua a guidare la ricerca e i
miei studi è l’ambizione o forse solo
l’illusione di cercare le origini corporee
di questo aspetto così fondamentale
della nostra vita, che è il fare esperienza
di qualcosa. Nel caso specifico fare
esperienza di immagini e, tra le
migliaia di immagini di cui facciamo
quotidianamente esperienza, di quelle
particolari immagini che storicamente
abbiamo iniziato a definire come opere
d’arte.
La Stein ha sostenuto che la nozione
di empatia, quindi il sentire dentro
24 360 GRADI
l’altro, non deve essere limitata alla
mera condivisione di emozioni e di
sentimenti, visione parziale che spesso
domina. La Stein e con lei Husserl hanno
definito l’empatia come un qualche
cosa di ancora più fondamentale di un
meccanismo che mi consente di capire se
la persona che ho di fronte è arrabbiata,
allegra, triste, sorpresa o disgustata.
Facciamo esperienza dell’altro, dice la
Stein, come di un altro essere umano
come noi, grazie alla percezione di una
relazione di similarità. Quindi io non mi
devo reinventare ogni volta la scoperta
che la signora Rossi o il signor Bianchi
che mi stanno di fronte sono esseri
umani come me alla fine di un complicato
percorso di inferenze logiche; l’empatia
è alla base di questa detezione della
similarità nell’alterità, è un altro non
sono io, è un altro essere umano come
me, se così non fosse entreremmo nel
dominio della psicopatologia. Questa
percezione di similarità, questo altro
che mi parla in un linguaggio che
più o meno mi è familiare, che mi è
comprensibile, questa creatura in cui mi
ritrovo, che non è aliena, sempre entro
certi limiti e con un enorme variabilità
interindividuale, è il prodotto di questo
meccanismo di base che mi permette
di rilevare questa somiglianza che,
ripeto, non è solo una somiglianza di
affetti, emozioni e sensazioni ma che
è globale. La Stein ha posto l’accento
specificamente anche sul dominio
dell’azione, paragonando la mano del
fanciullo, la mano della scimmia e la
mano dell’anziano: anche se visivamente
hanno dimensioni, diverse colori, diversi
livelli di irsutezza sicuramente molto
diversi ciò nondimeno per noi sono
tutte mani; questa loro caratteristica di
appartenere a questa stessa categoria
semantica deriva proprio dal comune
dominio del movimento, dell’azione
che riconosciamo indipendentemente
dall’età, dal genere o addirittura dalla
specie.
In Germania il
personaggio che ha
traghettato la nozione di
empatia da un dibattito
totalmente all’interno
dell’estetica alla
psicologia è Theodor Lipps. Theodor
Lipps è un autore che Freud ha letto
avidamente, per il quale ha provato una
grande stima e che ha menzionato in
molti passaggi nei suoi scritti. Per
esempio, in Inibizione Sintomo e
Angoscia, saggio che ha pubblicato nel
1926, sostiene che è solo grazie
all’empatia che conosciamo l’esistenza
di una vita psichica diversa dalla nostra.
Pertanto l’empatia è l’elemento
fondamentale che ci consente di
relazionarci con l’altro, sicuramente
non l’unico ma, probabilmente da un
punto di vista evolutivo, quello molto
più antico e presente anche in specie
animali che non sono ancora approdate
al linguaggio.
Ora vediamo come il tema dell’empatia,
di questa risonanza diretta tra me e
l’altro, diventa un aspetto cruciale
della mia relazione con gli altri;
permette di meglio comprendere
la questione dell’intersoggettività,
la possibilità, relazionandomi con
l’altro, di riconoscere nell’altro una
mente, qualcuno che pensa e che
prova emozioni, qualcuno che se si
ferisce verosimilmente proverà dolore
360 GRADI
25
come me. Esaminiamo perciò come
questi aspetti si legano all’esperienza
estetica; questa parola, la storia delle
parole è sempre molto importante,
viene dal greco aisthesis e si riferisce
alla sensibilità corporea. Quindi questo
termine ha uno stretto legame con
la nostra natura corporea. La prima
ipotesi che voglio discutere è questa:
per espressione creativa intendo la
capacità, sin dalle origini della specie
umana, di realizzare degli oggetti,
delle immagini, delle sculture e delle
pitture che non avevano uno scopo
utilitaristico, per cui i nostri antenati
non costruivano solamente utensili
per ammazzare un mammut o scuoiare
animali solo per ricavarne le pelli per
costruire una tenda. Questi manufatti,
questi oggetti, queste sculture e queste
pitture, che gli archeologi ci dicono
verosimilmente rientravano già nelle
competenze cognitive dei Neanderthal,
ci permettono di retrodatare l’origine
della nostra espressione simbolica e
artistica.
L’ipotesi è che questa espressività
e questa creatività simbolica sono
alcune delle marche caratteristiche
e delle chiavi di lettura fondamentali
che ci fa capire chi siamo e che cosa
vuol dire essere esseri umani; sono
peculiarità strettamente intrecciate
alla performatività del corpo, cioè alla
potenzialità di movimento del nostro
corpo. Questo aspetto performativo
non lo ritroviamo solo nella produzione
delle immagini ma, qui sta la novità, lo
ritroviamo anche nella loro ricezione.
Anticipo quello che andrò a dire fra poco:
quando noi ci poniamo di fronte a un
corpo raffigurato bidimensionalmente
sulla parete di una grotta, sull’affresco di
una cattedrale o sulla tela di un quadro,
nel momento in cui noi ci poniamo di
fronte all’immagine di un corpo che
qualcun altro ha realizzato con pennelli
e colori, c’è una parte della nostra
corporeità che risuona.
Anche quando non ci muoviamo, c’è una
parte sensorimotoria del nostro cervello
che simula quello che stiamo vedendo
sulla tela o sulla parete. Quindi la storia
dell’uomo è una storia in cui natura e
cultura si intrecciano, sono due termini
che abbiamo cercato disperatamente
di tenere distinti; tuttavia quello che ci
dice la biologia ogni giorno di più è come
siano due facce di una stessa medaglia.
Al di là di questo discorso la storia della
natura e della cultura umana è una storia
che procede in un processo progressivo
di allontanamento dal corpo, forse come
strumento per esorcizzare, in qualche
modo, la consapevolezza della nostra
natura finita e la consapevolezza della
morte; perciò il disperato tentativo di
lasciare una traccia che non è l’orma
impressa dall’animale sul terreno, ma
una traccia intenzionale che noi lasciamo
volontariamente, con la speranza che
questo segno poi ci sopravviva e continui
a parlare in qualche modo di noi.
L’arte diventa il frutto maturo del modo
nuovo e diverso con cui l’uomo, a un
certo punto della propria evoluzione, si
è rapportato con la «realtà» del mondo
esterno. Il mondo materiale non è più
considerato esclusivamente come un
dominio da piegare utilitaristicamente
ai propri bisogni. L’oggetto materiale
perde l’esclusiva connotazione di
strumento per divenire simbolo,
pubblica rappresentazione, eidos
capace di evocare la presentificazione
26 360 GRADI
di qualcosa che, apparentemente, non è
presente se non nella mente dell’artista
e in quella di chi guarda la sua opera.
Questa «sintonizzazione mentale» tra
creatore e fruitore ha radici profonde
nell’esperienza condivisa che tutti
facciamo dell’evidenza naturale
del mondo, verosimilmente anche
se non completamente, grazie ad
alcuni meccanismi neurali. L’arte
distilla e condensa quest’esperienza
universalizzandola e, al tempo stesso,
affermando un nuovo modo possibile
di guardare alla realtà mettendola in
scena. L’oggetto artistico, che non è
mai oggetto in sé stesso, è il polo di
una relazione intersoggettiva, quindi
sociale, che emoziona in quanto evoca
risonanze di natura sensorimotoria e
affettiva in chi vi si mette in relazione.
Pensate a quei templi della creatività
umana che sono ambienti naturali come
le Grotte di Lascaux, un complesso di
caverne che si trova nella Francia sudoccidentale
(Paleolitico Superiore,
approssimativamente 17.500 anni fa) o,
più vicino a noi, la grotta di Chauvet
dove durante il paleolitico un
personaggio a noi ignoto un uomo o una
donna, non sappiamo chi fosse questo
artista, improvvisamente disegna degli
animali così come li vede nell’ambiente
circostante; disegna delle figure che
ancora oggi ci stupiscono per la loro
bellezza e la loro efficacia espressiva. Il
cervello di quell’Homo Sapiens era un
cervello che aveva sentito il profondo
bisogno
di
raffigurare un
qualche cosa che
vedeva col quale era
in rapporto; ciò per
dire come in fondo
una manifestazione artistica sia
espressione di una nostra funzione
cerebrale. Questo processo passa
attraverso le incisioni di blocchetti di
ocra di 70 mila anni fa nella grotta di
Blombos vicino a Città del Capo, le
pitture paleolitiche nel sud della Francia
o della Spagna che oggi retrodatiamo
per alcuni aspetti anch’esse a 70 mila
anni fa (quindi non erano sicuramente
Sapiens non ancora arrivati in Europa,
ma Neanderthal), fino ad arrivare
all’invenzione dell’alfabeto, della
scrittura, della stampa, della fotografia,
del cinema, della televisione e di questo
aggeggio elettronico che mi consente
oggi di navigare nei mondi virtuali.
Nonostante questo processo di
allontanamento dal corpo, il legame con
la nostra natura corporea anche in questi
manufatti esterni al nostro corpo rimane
intatto, questo è quello che la ricerca
neuroscientifica sembra suggerire.
Un famoso storico dell’arte,
Heinrich Wölfflin, nel 1886
ha pubblicato la sua tesi di
dottorato dal titolo:
“Prolegomeni a una psicologia
dell’architettura”; l’autore ha fatto delle
affermazioni ancora oggi
straordinariamente moderne e che sono
ancora più attuali se le rileggiamo alla
luce di quello che, nel frattempo,
abbiamo imparato a proposito del
nostro corpo e del nostro cervello. Le
forme fisiche, Wölfflin qui si riferiva alle
colonne e alla struttura di un tempio
360 GRADI
27
greco, possono risultare caratteristiche
per chi le guarda solo nella misura in cui
noi stessi possediamo un corpo; se noi
fossimo dell’entità puramente ottiche, il
giudizio estetico del mondo fisico ci
sarebbe precluso. È la nostra natura
corporea e il nostro essere soggetti alle
leggi fisiche che, governando la vita in
questo particolare mondo che noi
abitiamo, dettano alcune delle
caratteristiche che contraddistinguono
il modo con cui noi ci relazioniamo con
queste immagini particolari che possono
essere anche immagini architettoniche
(la Cattedrale di Ferrara, il Castello
Estense o qualsivoglia prodotto
dell’ingegno architettonico umano).
Un altro aspetto
essenziale
alla
comprensione
dell’esperienza artistica,
a cui ho anticipato prima,
è che il corpo non è solo
lo strumento di
produzione delle
immagini, è anche lo strumento
fondamentale della loro ricezione;
queste cose sono già state dette, scritte
e ripetute più volte nella storia della
cultura umana. Adolf von Hildebrand è
stato uno scultore tedesco, a mio modo
di vedere non particolarmente eccitante
come scultore e molto più interessante
come teorico dell’arte. Come teorico
dell’estetica ha pubblicato nel 1893 il
libro “The Problem of Form in Figurative
Art” (Il problema della forma nell’arte
figurativa) dove ha sostenuto che la
realtà delle immagini artistiche risiede
nella loro efficacia, sia come la
conseguenza delle azioni dell’artista
che le ha prodotte sia alla luce
dell’impatto che queste immagini
esercitano su chi le guarda. Il valore
estetico delle opere d’arte risiede nel
potere che esse hanno di stabilire legami
tra gli atti intenzionali creativi dell’artista
e la loro ricostruzione da parte di chi si
mette di fronte a queste immagini,
quindi la loro ricostruzione nella mente
di chi le guarda. Hildebrand in questo
libro ha sostenuto che la percezione
della spazialità dell’immagine è il
risultato di un processo costruttivo
sensorimotorio: lo spazio non
costituirebbe un “a priori”
dell’esperienza, come suggerito da Kant,
ma ne sarebbe un prodotto. Ha affermato,
inoltre, che la realtà dell’immagine
artistica risiede nella sua effettualità,
concepita duplicemente sia come
risultato delle cause che l’hanno
prodotta sia come effetto che provoca in
chi l’osserva. Secondo la stessa logica
«costruttivista», il valore di un’opera
d’arte consisterebbe nella capacità di
stabilire un rapporto tra la progettualità
intenzionale dell’artista e la
ricostruzione di tale progettualità da
parte di chi dell’opera fruisce. In questo
modo si viene a stabilire una relazione
diretta tra creazione e fruizione artistica.
Conoscere l’immagine equivale,
secondo Hildebrand, a conoscere il
processo che la realizza.
Ancora più in linea con la mia prospettiva
è l’idea di Hildebrand che l’esperienza
estetica sia fondamentalmente
connotata in termini motori. Ha
sostenuto Andrea Pinotti nella
presentazione all’edizione italiana
dell’opera di Hildebrand, da lui curata
con Fabrizio Scrivano: «Per Hildebrand
tutto comincia con i movimenti delle
mani e degli occhi; cioè quando il corpo
si protende verso la costruzione dello
28 360 GRADI
spazio. [...] Il movimento è ciò che
permette l’articolazione del senso, è ciò
che permette di connettere gli elementi
disponibili nello spazio, è ciò che permette
di formare l’oggetto, è ciò che permette la
rappresentazione e la raffigurazione. [...]
Per questo l’opera d’arte contiene sempre
le indicazioni della mobilità, perché essa
stessa è un suo prodotto e nello stesso
tempo chiede al fruitore di mettere in
movimento la propria attività percettiva
che gli consente di scomporre/ricomporre
l’immagine». In estrema sintesi, per
Hildebrand il corpo è l’insieme delle
strutture che rendono possibile
l’esperienza sensibile e la significatività
dell’immagine. Nel VI capitolo, intitolato
“La forma come espressione funzionale”,
Hildebrand ha scritto: «In stato di quiete
totale una mano tendinosa e dalle dita
lunghe ricorda così tanto l’immagine
della mano che si tende per afferrare da
esprimere la tendenza dell’afferramento e
la sensazione corporea che vi si connette.
Essa reca per così dire l’impronta
di un’attività allo stato latente.
Mascelle fortemente sviluppate danno
l’impressione di forza ed energia [...]. In
tal modo determinate forme, anche se
non sono pensate affatto in movimento,
giungono ad esprimere processi interiori,
perché ricordano forme in movimento.
Sulla scorta di questa modalità di
trasposizione, l’artista giunge a fissare e
a configurare tipi formali che hanno una
determinata espressione e che suscitano
nell’osservatore determinate sensazioni
corporee e psichiche».
In Neuroscienze quando parliamo di arte,
creatività, facoltà simbolica, estetica,
empatia è come vedere il mondo
guardando dal buco di una serratura,
cioè limitando al massimo le variabili
in un ambiente del tutto artificiale che
è quello del laboratorio, prendendo un
elemento alla volta perché altrimenti
non riusciremmo a dominare queste
variabili tutte in una volta. Sulla base
dei risultati che otteniamo, con ogni
piccolo mattoncino costruiamo qualcosa
in modo incrementale; i risultati di
ogni esperimento danno risposte
parziali, suscitano nuove domande che
ci stimolano a fare nuovi esperimenti,
che ci danno altre risposte parziali le
quali suscitano altre domande e nel
farlo, vi assicuro, la paga è poca, ma il
divertimento è massimo ed è un lavoro
bellissimo.
Per quanto detto in precedenza,
l’esperienza estetica delle immagini la
possiamo vedere come una forma
mediata di intersoggettività; ogni volta
che mi pongo di fronte a un quadro, a
una scultura o a un affresco non mi
relaziono esclusivamente con un
oggetto del mondo fisico provvisto di
alcune caratteristiche formali come
colore, forma, fattezze, massa e volume,
mi relaziono ogni volta anche con un
altro essere umano, colui o colei che ha
realizzato quelle immagini. L’opera
d’arte diventa il mediatore di una
relazione interpersonale tra me e quello
che oggi, dal Rinascimento in poi,
abbiamo imparato a chiamare come
artista. Questa distinzione tra arte e
artigianato è storicamente determinata;
sono tanti gli aneddoti che lo
testimoniano, Leonardo,
per esempio, quando
consegnò la prima versione
della Vergine delle Rocce,
quella esposta al Louvre, si
arrabbiò moltissimo
scoprendo che i frati di
360 GRADI
29
Milano lo pagarono poco di più di quanto
diedero a colui che oggi chiameremmo
l’artigiano a cui avevano commissionato
la cornice che doveva racchiudere il suo
dipinto. “Io sono chi ha creato l’opera”,
probabilmente non avrà detto artista,
però è qui che nasce l’idea che non tutte
le attività manuali sono uguali e quindi
anche questi termini (bellezza, artista,
genio creativo o creatore) sono tutti
termini che si sono venuti a determinare
storicamente. Al di sotto di questa
determinatezza storica c’è la carne, c’è
questa nostra intima natura corporea
che pur storicamente modulata,
determinata e culturalmente educata, in
un modo o in un altro, conserva delle
radici comuni che sono quelle che ci
interessa indagare.
Per studiare i meccanismi sottesi
all’esperienza estetica, rivolgiamo la
nostra attenzione a questo oggetto che
è appunto il cervello; però il cervello lo
dobbiamo inquadrare legato al corpo, il
cervello non si capisce se lo approcciamo
come un computer realizzato su un
substrato biologico. Il cervello fa le
cose fantastiche che fa e ci permette di
esistere, di fare esperienza del mondo
solo nella misura in cui è interfacciato
con il mondo attraverso il corpo. Non
tutti condividono questa visione,
quando molti miei colleghi decidono di
occuparsi da neuroscienziati di arte e
di estetica lo fanno da una prospettiva
che, prendendo a prestito un termine
della storia dell’arte, potremmo definire
puro-visibilista; tra il serio e il faceto
affermo che dobbiamo combattere
l’imperialismo visivo. Voglio dire, più
o meno esplicitamente, che molti
miei colleghi affermano che quando
ci mettiamo di fronte a un quadro
stiamo osservando un’immagine,
conseguentemente se volessimo capire
che cosa succede nel nostro cervello
quando guardiamo un’immagine,
dovremmo studiare la parte del cervello
cosiddetta visiva che è in gran parte
collocata nella parte posteriore del
cervello.
Io sostengo e non lo affermo solo io,
lo dicono ormai 30 anni di risultati
ottenuti in tutte le salse e in tutto il
mondo, questa è una visione errata del
funzionamento del cervello. Osservare il
mondo e quindi gli oggetti che troviamo
nel mondo, in particolare quegli oggetti
caratteristici che abbiamo imparato a
riconoscere come manufatti artistici e
opere d’arte, innesca processi molto più
complessi della semplice attivazione
della parte visiva del cervello.
Osservare il mondo non attiva solo la
parte visiva del cervello, attiva anche
la parte emozionale, la parte tattile e
la parte motoria; pertanto siamo tutti
sinestesici quando ci mettiamo di fronte
a un qualsivoglia oggetto. Mettendoci
di fronte a un oggetto e guardandolo,
non esercitiamo solo un unico canale
sensoriale che è quello della visione;
come vedremo si attivano le aree che
mappano le sensazioni tattili, le parti del
cervello che ci permettono di provare
emozioni e le parti del cervello che ci
permettono di muovere il nostro corpo,
ovvero la parte motoria del cervello.
30 360 GRADI
In questi ultimi 30 anni,
nonostante ne sappiamo
ancora molto poco,
qualche passo in avanti nella nostra
conoscenza di come funziona il cervello
l’abbiamo fatta; una delle cose che
abbiamo capito è che il sistema motorio
non è solo una macchina destinata a
mandare gli impulsi ai muscoli per fare
muovere le diverse parti del nostro
corpo. Gli stessi neuroni che guidano la
mia mano ad afferrare un bicchiere si
attivano anche quando io sto fermo e mi
limito a guardare quel bicchiere. Essi
trasformano le caratteristiche
tridimensionali dell’oggetto nello
schema motorio che io normalmente
impiego per interagire con quell’oggetto,
ad esempio, se lo voglio afferrare per
bere; questo lo fanno ogni volta che io
guardo questo bicchiere anche quando
non ho alcuna intenzione di prenderlo.
Altri neuroni motori (ad esempio, quelli
che comandano il mio movimento di
raggiungimento col braccio che devo
allungare per prendere degli oggetti
che non sono direttamente a portata di
mano) reagiscono a stimoli tattili portati
sul mio braccio, rispondono a stimoli
visivi che si muovono solo se si muovono
attorno al mio braccio e a stimoli sonori
che avvengono nella prossimità del mio
braccio. Pertanto questi stimoli tattili,
visivi e uditivi sono mappati da neuroni
motori che li organizzano, in qualche
modo, fornendo un collante. L’orizzonte
del mio mondo, non dico unicamente, è
anche costituito dalle potenzialità
motorie che il mio corpo mi mette a
disposizione; una modalità di conoscere
il mondo che è quella che Merleau Ponty
ha definito “practognosia”, cioè una
conoscenza che deriva dalle potenzialità
motorie del mio corpo.
Tra questi neuroni
motori, che non si
accontentano di
produrre movimenti e
che rispondono anche a stimoli
sensoriali, ci sono i neuroni specchio.
Essi sono una classe di neuroni motori
che si attiva involontariamente sia
quando un individuo esegue un’azione
finalizzata, sia quando lo stesso
individuo osserva la medesima azione
finalizzata compiuta da un altro soggetto
qualunque. Sono stati scoperti nel 1992
da un gruppo di ricercatori dell’Università
di Parma (team coordinato da Giacomo
Rizzolatti e composto da Luciano Fadiga,
Leonardo Fogassi e Vittorio Gallese). Se
dovessi condensare in una espressione
quello che questo processo ci permette
di fare, per usare una metafora cara a
Vittorio Gallese, il meccanismo che
questi neuroni realizzano non è molto
dissimile da quello che Dante, nel
Paradiso, attribuisce a un’anima beata.
Nel rivolgersi a Folco da Marsiglia, siamo
in Paradiso, pertanto egli è un’entità
disincarnata, Dante gli dice: io sono una
creatura terrena di passaggio, se io fossi
un’anima beata come te e non gravato
da questa corporeità terrena non avrei
bisogno di aspettare che tu mi
domandassi qualcosa per intuarmi come
tu ti immii, “S’io mi intuassi come tu ti
immii” (Cfr Paradiso IX,81). La creatività
360 GRADI
31
linguistica di Dante trasforma il tu e il
me in due verbi. Intuarsi in un altro è
empatizzare con l’altro, è in qualche
modo avere contezza, entro certi limiti,
di quello che sta passando per la mente
di un altro e che l’altro sta sentendo.
Il termine neuroni
specchio
è
semplicemente una
metafora: noi non
abbiamo specchi nella
testa, non c’è nessuna superficie
riflettente in questi neuroni. Lo stesso
neurone che mi consente di eseguire
un’azione si attiva anche quando
quell’azione la vedo eseguire da qualcun
altro; in qualche modo stabilisce
implicitamente una interazione senza
che io debba concentrarmi o fare
pensieri complicati, mi fa riconoscere in
quel movimento qualcosa con cui
risuono: è un prendere o mettere, è uno
spostare, un tenere, un rompere,
eccetera. Scoperto per la prima volta
nelle scimmie, nell’uomo questo
meccanismo di rispecchiamento è
ancora più vasto; non è limitato ad azioni
dotate di uno scopo e lo possiamo
vedere attivarsi quando noi eseguiamo
azioni su oggetti, azioni comunicative,
ma anche movimenti apparentemente
privi di qualsiasi
scopo. Se adesso voi
vedeste me alzare il
braccio, mentre io
alzo il braccio, nel
vostro cervello
motorio ci sono
migliaia di neuroni che nello stesso
momento si stanno attivando anche se
il vostro braccio è fermo; voi state
simulando o meglio i vostri neuroni si
stanno comportando come quando il
braccio lo alzate voi. Un dato ancora più
interessante è che questo si realizza
anche quando noi immaginiamo di
eseguire un’azione pur rimanendo
fermi; se voi immaginate di portare due
cartoni, da sei bottiglie l’uno, di acqua
minerale al settimo piano di un palazzo,
salendo gradino per gradino, alla fine di
questa attività immaginativa se vi
misuro la pressione e la frequenza
cardiaca avrete un aumento dei valori
pressori e della frequenza cardiaca; ciò
accade in modo simile a quando vediamo
dei film particolarmente coinvolgenti.
Di seguito, possiamo avere una
dimostrazione del potere straordinario
che hanno le immagini, non solo quando
sono in movimento, ma anche quando
sono immagini statiche. Osservando i
dettagli incredibilmente espressivi
tratti del Compianto sul Cristo Morto di
Niccolò dell’Arca o del Ricordo di un
dolore o Ritratto di Santina Negri di
Giuseppe Pellizza da Volpedo, pur
essendo immagini statiche chiunque
guardi questo gesto, questa mano, il
modo con cui questa mano afferra il
bracciolo della sedia, non è
semplicemente la registrazione di un
oggetto tridimensionale con un certo
colore, è un’immagine che ci trasmette
senso di movimento; questo senso di
movimento, a sua volta, ci trasmette
delle emozioni e ci affeziona.
Daniel Stern, purtroppo
scomparso da qualche
anno, è stato un famoso
psichiatra americano,
una di quelle persone
32 360 GRADI
che hanno rivoluzionato il
modo di guardare ai
bambini e un protagonista
importante dell’Infant
Research. Uno dei suoi
libri più noti è “Il Mondo
Interpersonale del
Bambino”, pubblicato nel
1985. “Le forme vitali.
L’esperienza dinamica in psicologia,
nell’arte, in psicoterapia e nello sviluppo”
è il titolo dell’ultimo libro che ha scritto
poco prima di morire ed è un libro che
lui dedica a un concetto di cui parla già
nel 1985, in quel suo primo
fortunatissimo libro, che è il concetto di
forma vitale. La forma vitale è il contorno
emozionale di ogni movimento. Se mia
moglie torna a casa e chiude la porta in
un certo modo e lancia le chiavi sul
comò nell’ingresso in un certo modo, io
so già cosa mi aspetta; traggo queste
conclusioni dal fatto che quel modo di
muovere una parte del suo corpo, quel
modo di camminare in corridoio, quella
prosodia con cui mi chiede se sono in
casa, mi comunica qualcosa della sua
affettività e della sua emozionalità; mi
dice qualcosa che non è traducibile
forse con le parole, in quanto le parole
vanno sempre strette in alcune
situazioni. Stern ha sostenuto che c’è
un contorno temporale o un profilo
temporale del movimento che ne marca
l’inizio, il suo fluire e la conclusione.
Questo profilo temporale è stato
magistralmente realizzato con la cera
da Medardo Rosso, noi vediamo
l’istantanea della risata che illumina il
volto di questa bambina; se giriamo la
testa quasi abbiamo l’impressione e
siamo curiosi di vedere se ritroviamo
quel sorriso in quel volto perché la
dinamica della mimica facciale è tale
per cui quel sorriso può apparire e
scomparire. Ci giriamo ed è ancora lì, la
sua staticità trasmette una ricchezza di
contenuti affettivi; l’ipotesi è che gran
parte di questi contenuti affettivi passi
attraverso questa prosodia emozionale
del movimento.
Alcuni ricercatori
hanno condotto un esperimento
in risonanza magnetica funzionale
realizzando dei filmati in cui i soggetti
vedevano azioni comunicative senza
sonoro, quindi gesti gentili, irritati o
arrabbiati; la consegna data ai soggetti
era semplicemente di osservare tali atti
e in due condizioni diverse dire quale
era lo scopo dell’azione oppure quale
era la tonalità affettiva dell’azione.
Quindi il cosa: che cos’è quel gesto lì?
Verso il come: come quel gesto è stato
realizzato, in modo gentile, in modo
scontroso o in modo arrabbiato. Quello
che è emerso è che si attiva una porzione
di una struttura anatomica che sta nella
profondità del nostro cervello che si
chiama l’Insula di Reil. Essa ha preso
il nome da un medico prussiano che è
passato agli annali della storia della
medicina per aver curato per i calcoli
renali Goethe e che è morto di tifo nella
battaglia di Lipsia (16-19 ottobre 1813),
conosciuta anche come la battaglia delle
nazioni. Reil era il sovrintendente degli
ospedali da campo prussiani e ha dato
il suo nome a questa struttura profonda
per averla descritta per primo. L’insula
che ha una struttura a ventaglio, molto
bella anatomicamente da vedere, è una
cerniera tra il nostro mondo interno e il
mondo che sta fuori di noi; ossia tra il
360 GRADI
33
nostro sentirci dentro il battito cardiaco,
il respiro, la motilità intestinale e
tutto quello che si muove dentro di
noi e il fuori di noi quando succedono
alcune cose piuttosto che altre. Una
parte specifica di questa struttura si
attiva quando mettiamo a fattore il
come dell’azione e questa stessa area
si attiva indipendentemente che il
come dell’azione lo osserviamo o lo
eseguiamo; si attiva, inoltre, non solo se
siamo noi a fare il gesto gentile o il gesto
brusco, ma anche quando immaginiamo
di eseguire quel gesto in modo gentile
o brusco. Vedete come di nuovo questi
meccanismi tengono assieme il fare, il
veder fare, e l’immaginare di fare.
Fin qui abbiamo parlato solo di azioni,
però ciò rappresenta solo la punta, ce ne
siamo accorti negli anni, di un iceberg
molto più esteso: in parole povere questi
stessi meccanismi di rispecchiamento li
troviamo simili anche nel dominio delle
emozioni e nel dominio delle sensazioni.
Cercando di mettere insieme le tessere
di questo mosaico, Vittorio Gallese ha
proposto il modello della “Simulazione
Incarnata” che è un modello di
percezione e di immaginazione; parte
dei nostri meccanismi cerebrali che
adoperiamo normalmente per eseguire
delle azioni o per provare delle emozioni
e delle sensazioni, li riutilizziamo anche
per mappare le azioni, le emozioni e
le sensazioni altrui. La simulazione
incarnata rappresenta un formato di
rappresentazione: i neuroni in realtà non
rappresentano nulla sono tutte metafore,
i neuroni sparano solamente potenziali
d’azione, i neuroni non sentono, non
amano, non s’arrabbiano, non provano
invidia o gelosia, non hanno il senso del
bello, tutte queste sono caratteristiche
che appartengono olisticamente al
possessore di quei neuroni. Ci sono
vari modi per rappresentare il mondo,
tra questi uno è il linguaggio, ma non
è il solo; il linguaggio verosimilmente
è l’ultimo modo che ci siamo inventati
per rappresentarci le cose. Se volete
spiegare a qualcuno come andare
dalla vostra casa alla fermata della
metropolitana, questo è il contenuto,
lo potete comunicare in vari modi; lo
potete spiegare a gesti: “quando esci
di qua gira a sinistra poi gira ancora a
sinistra e quando arrivi al semaforo vai
sempre dritto e troverai la fermata alla
tua destra”. Oppure gli potete mandare
una mappa di Google con un sms o lo
potete spiegare al telefono impiegando
solo parole senza fare gesti. Il contenuto
è sempre lo stesso, il formato con cui
avete rappresentato quel particolare
contenuto, come andare da casa vostra
alla fermata della metro, è variabile. La
nostra mente ha una varietà di formati
di rappresentazione, per molti esiste
solo il linguaggio, per molti altri, me
incluso, non è così. Ci sono formati di
rappresentazione molto più antichi che
sono i primi che si sviluppano quando
siamo piccoli e sui quali, poi, il linguaggio
esercita il suo potere di dominio e di
condizionamento. Noi riutilizziamo i
nostri stati o processi mentali in formato
corporeo anche per attribuirli agli altri:
agli altri in carne e ossa o alle immagini
statiche.
Il dialogo fra scienze umane
e neuroscienze non è
nuovo; senza andare troppo
34 360 GRADI
lontano nel tempo, nel periodo tra la
fine del XIX secolo e l’inizio del XX, molti
studiosi di quelle che oggi chiamiamo
scienze umane hanno tratto spunti
rilevanti per i loro studi e per le loro
riflessioni confrontandosi con il
contemporaneo pensiero scientifico, in
particolare con la fisiologia e la biologia.
Guillaume-Benjamin-
Amand Duchenne de
Boulogne è stato un
neurologo francese che,
attraverso la stimolazione
elettrica del volto con
degli elettrodi, costruì un
atlante delle emozioni
(1855), atlante che
influenzò l’opera di Darwin. Il vero best
seller di Darwin è stato “l’Espressione
delle Emozioni nell’Uomo e negli Animali”
che lui pubblicò nel 1872 dove tra l’altro
ha scritto: “le espressioni facciali sono
una componente essenziale del
comportamento umano sociale ed
emotivo”. È bene ricordare che l’idea
che il volto sia lo specchio dell’anima è
un concetto che si afferma storicamente
solo a partire dal dall’umanesimo.
Questo dialogo è
risultato particolarmente
importante in ambito
estetico: sotto questo
profilo la figura di Aby
Warburg è paradigmatica.
Aby Warburg, fondatore
come diceva lui stesso di
una scienza senza nome, da bravo
tedesco per imparare la Storia dell’Arte
andò a Firenze dove incontrò il libro di
Darwin; dopo la lettura del libro
“l’Espressione delle Emozioni nell’Uomo
e negli Animali”, nel suo diario annotò:
“finalmente un libro che mi aiuta”. In
questo libro di Darwin, Warburg, che
scrisse il celebre saggio sugli affreschi
di Palazzo Schifanoia, vide la possibilità
di ampliare gli orizzonti della Storia
dell’Arte includendovi la trasmissione
delle emozioni e il potere delle immagini
vero e proprio. Secondo Warburg una
teoria degli stili artistici deve essere
concepita come una scienza pragmatica
dell’espressione; l’etimologia stessa
della parola stile è abbastanza
significativa, stile deriva da stilus, cioè
quel bastoncino di legno con cui si
scriveva sulle tavolette rivestite di cera.
Vedete come anche in un termine di cui
si è dimenticata la sua origine
performativa, questa performatività è
sempre lì, basta andarla a cercare.
L’empatia è una potenza formatrice di
stile e quindi questi aspetti in Warburg
sono pienamente connessi, talmente
connessi da portarlo alla formulazione
dell’idea delle formule del pathos
(Pathosformeln), questo basso continuo,
questi atteggiamenti posturali che
riaffiorano più volte nella storia dell’arte,
dall’arte classica a quella rinascimentale
(per esempio, negli affreschi del
Ghirlandaio a Santa Maria Novella).
Queste formule del pathos sono una
varietà di posture corporee, gesti e
azioni che incarnano in modo esemplare
il lato estetico della Einfühlung,
dell’empatia come una delle più creative
fonti dello stile artistico. Nel libro di
Darwin trovò il ruolo del sistema nervoso
centrale nel dirigere l’esecuzione
inconsapevole di gesti corporei
esprimenti una data emozione. Vi trovò
anche il ruolo delle pratiche abituali
nell’associare una data espressione
corporea ad un dato stato emozionale,
sottolineando l’utilità biologica di tale
associazione. Infine, grazie a Darwin,
360 GRADI
35
Warburg scoperse la necessità evolutiva
dell’espressione corporea delle
emozioni, trasmessa sotto forma di
memoria non conscia. La nozione
d’impronta (Prägung) venne usata da
Warburg per caratterizzare la
sopravvivenza nella storia dell’arte di
particolari gesti e posture corporee. I
panneggi, i movimenti corporei, le
chiome mosse dal vento che
caratterizzano le figure di Botticelli non
sono solo ed esclusivamente il risultato
della consapevole riproduzione
mimetica dei modelli classici, essi sono
più significativamente l’evidenza della
sopravvivenza delle umane impronte
dell’espressione (Ausdrucksprägungen).
Infatti Warburg, che non aveva paura di
oltrepassare gli steccati che separano
discipline diverse, concepiva la storia
dell’arte come un mezzo per fare luce
sul tipicamente umano potere di
espressione. Così facendo, estese in
modo del tutto nuovo le frontiere
metodologiche dello studio dell’arte,
aprendola ai contributi della scienza.
Anche sotto questo profilo il contributo
di Warburg andrebbe oggi attentamente
rivalutato. Aby Warburg fu anche un
acuto estimatore di Hildebrand, un
lettore onnivoro quindi che ha spaziato
da Darwin ai fisiologi suoi contemporanei
come Helmoltz, Hering, e Semon,
indifferente alle barriere disciplinari
che, purtroppo ancora oggi, spesso
impediscono un dialogo tra scienze
della vita e scienze umane. Warburg ha
concepito la storia dell’arte come uno
strumento per chiarire la psicologia
storica dell’espressione umana; secondo
lui, bisogna estendere le frontiere
metodologiche dello studio dell’arte
così da mettere la storia dell’arte stessa
al servizio «di una psicologia
dell’espressione umana che è ancora da
scrivere». La sua nozione di «forma
patemica
dell’espressione»
(Pathosformel) mostra straordinarie
assonanze con i tipi formali descritti da
Hildebrand. Per Warburg, certi
atteggiamenti corporei, gesti, azioni e
posture riaffiorano più volte nel corso
della storia dell’arte proprio perché
incarnano in modo esemplare l’atto
estetico dell’empatia come potenza
creatrice di stile. Sulla scia di Hildebrand,
Warburg ha elaborato una teoria dello
stile come «scienza pragmatica
dell’espressione» (pragmatische
Ausdruckskunde).
L’empatia gioca su due tavoli, sul
tavolo dell’espressione della creazione
dell’oggetto artistico e su quello della
sua ricezione. Quando noi guardiamo
un volto esprimere gioia, tristezza o
paura se registriamo quello che succede
sulla superficie del nostro volto, in
particolare se andiamo a registrare con
l’elettromiografia l’attività dei nostri
muscoli, vediamo come tutti, chi più chi
meno, rispondiamo inconsapevolmente
in modo congruente; se vedo qualcuno
ridere si contrae un po’ lo zigomatico, se
vedo qualcuno esprimere un’emozione
negativa si contrae un po’ il muscolo
corrugatore delle sopracciglia. Più
risulto empatico maggiore è l’entità
di questo meccanismo e, rigirando il
tutto, potremmo sostenere che tanto
più forte è questo meccanismo tanto
più io risulto empatico, applicando le
scale di valutazione delle competenze
empatiche delle persone.
Negli ultimi decenni la ricerca
neuroscientifica ha manifestato un
crescente interesse nei confronti
36 360 GRADI
dell’arte e dell’estetica. Il punto
cruciale non è usare l’arte per studiare
il funzionamento del cervello, consiste
nello studiare il sistema cervellocorpo
per comprendere cosa ci rende
umani e in che modo. Più che di
neuroestetica si dovrebbe parlare di
estetica sperimentale, dove la nozione
di “estetica” è declinata secondo la sua
originale etimologia: Aisthesis, cioè
percezione multimodale del mondo
attraverso il corpo. Grazie ai contributi
delle neuroscienze cognitive abbiamo
appreso che l’intelligenza umana anche
al livello sub-personale di descrizione,
cioè al livello di descrizione che
attiene ai neuroni e alle aree cerebrali,
è strettamente legata alla corporeità
situata nel mondo degli individui.
Tale corporeità non è esclusivamente
riducibile ad un oggetto fisico dotato
di estensione e si realizza pienamente
nella sfera dell’esperienza. Il corpo è
sempre un corpo vivo (Leib) che agisce
e fa esperienza di un mondo che gli
resiste. I concetti di essere, sentire, agire
e conoscere descrivono modalità diverse
delle nostre relazioni con il mondo.
Queste modalità condividono tutte una
radice corporea costitutiva, a sua volta
mappata in distinte e specifiche modalità
di funzionamento dei circuiti cerebrali
e dei meccanismi neurali. A livello
del sistema cervello-corpo, azione,
percezione e cognizione condividono
la stessa radice carnale, sebbene siano
differentemente organizzate e connesse
a livello funzionale. Queste recenti
acquisizioni consentono di affrontare
i temi dell’arte e dell’estetica da una
prospettiva nuova, quella, appunto, di
un’estetica sperimentale che indaghi
insieme le risposte del cervello e del
corpo.
Le neuroscienze
cognitive hanno
e s t e s o
progressivamente il
proprio campo d’indagine al dominio
della creazione artistica, sia sul versante
della musica che su quello delle arti
figurative. Per motivi di spazio, mi
concentrerò qui solo su queste ultime. Il
termine utilizzato per definire questo
approccio è «neuroestetica». Tale
termine è stato originariamente coniato
dal neuroscienziato Semir Zeki, facendo
riferimento allo studio delle basi neurali
della capacità di apprezzare il bello e
l’arte. Zeki ha focalizzato sinora tale
approccio esclusivamente sul rapporto
tra estetica e visione. In ogni esperienza
estetica, secondo Zeki, il cervello, così
come l’artista, deve eliminare ogni
informazione inessenziale dal mondo
visivo per potere rappresentare il
carattere reale di un oggetto. Sarebbe in
virtù di questa capacità che gli artisti,
secondo Zeki, possono essere definiti
come «scienziati naturali», capaci di
evocare nel cervello creativo una
risposta estetica. Nel 1994, il
neuroscienziato britannico ha
pubblicato un libro dal titolo “The
neurology of kinetic art”, scritto in
collaborazione con Matthew Lamb,
dando il via ad una serie di studi
finalizzati alla comprensione delle basi
biologiche dell’esperienza estetica, che
hanno di fatto gettato le basi della
Neuroestetica. Gli studiosi di discipline
umanistiche, da parte loro, hanno
mostrato e, in gran parte, continuano a
mostrare grande diffidenza, valutando
la neuroestetica come un’indebita
ingerenza o, nella migliore delle ipotesi,
360 GRADI
37
come un approccio dallo scarso o nullo
valore euristico. Credo che questa
reazione sia prematura e
fondamentalmente errata, derivando da
un lato da una scarsa conoscenza delle
potenzialità e dei limiti dell’approccio
neuroscientifico, talvolta unita a una
difesa corporativa dei propri ambiti
disciplinari. D’altro canto, l’eccessivo
neurodeterminismo spesso mostrato
dall’approccio neuroscientifico
all’estetica e all’arte, pronto ad appiattire
e ridurre i concetti di bello o di piacere
estetico esclusivamente alla funzionalità
dei neuroni contenuti in specifiche
regioni cerebrali, non ha aiutato il
dialogo. Tra molti cultori delle scienze
umane purtroppo rimane, come una
sorta di riflesso condizionato, la
tendenza a connettere tutto ciò che ha a
che vedere con la naturalizzazione a una
prospettiva meccanicistica e innatistica.
Le cose non stanno così. L’epigenetica
mostra non solo come l’ambiente sia in
grado di condizionare l’espressione dei
geni, ma anche come questa modificata
espressione genica possa essere
trasmessa alla progenie. Ciò dimostra
come le varie costruzioni sociali siano
comunque riconducibili a prospettive
biologiche di naturalizzazione.
Dovremmo uscire da questa prospettiva
dicotomica e accettare finalmente l’idea
già sostenuta in passato, ad esempio da
Helmuth Plessner, che l’uomo è al
contempo naturalmente artificiale e
artificialmente naturale.
La Neuroestetica viene studiata
soprattutto attraverso le tecniche
di brain imaging, prevalentemente
attraverso la Risonanza Magnetica
Funzionale (fMRI, Functional Magnetic
Resonance Imaging), per comprendere
come il cervello risponde alla bellezza.
Si possono applicare delle sequenze
sensoriali particolari attraverso le
quali è possibile vedere quali aree del
cervello sono particolarmente sotto
sforzo mentre si sottopone il soggetto
ad una stimolazione (si presentano degli
stimoli tattili, visivi e acustici oppure lo
si sottopone a un compito specifico).
Quando la persona esegue questi
compiti il suo cervello utilizza in modo
particolare alcune aree e noi, attraverso
il consumo metabolico che richiede un
aumento di ossigeno, riusciamo a vedere
quali sono queste aree. La risonanza
è una tecnica impiegata di frequente
perché permette di osservare il cervello
e le sue funzioni in vivo; non è invasiva,
tanto è vero che viene utilizzata
abitualmente anche nella clinica. In un
tipico setting sperimentale, il soggetto
viene posizionato sul lettino della
risonanza, gli vengono fatte indossare
delle cuffie per isolarlo dal rumore
della risonanza e per trasmettergli degli
stimoli acustici e gli viene fatto indossare
un visore per inviargli, attraverso dei
cavi in fibra ottica, delle immagini con
tempistiche specifiche. Nella maggior
parte dei casi, il soggetto è dotato di
una pulsantiera che gli permette di
esprimere un giudizio o di svolgere
un compito, quando è all’interno della
risonanza magnetica. Il soggetto, una
volta preparato, viene inserito all’interno
del tubo, dove vi è un campo magnetico.
Prospiciente alla stanza della risonanza
vi è una sala consolle, dove sono attivi
diversi computer; in alcuni di essi viene
38 360 GRADI
egistrata l’attività cerebrale da altri,
invece, viene inviata la stimolazione (per
esempio, gli stimoli visivi, registrando
contemporaneamente i tempi di invio
degli stimoli). Ciò perché, conoscendo
quando è stato stimolato il cervello,
siamo in grado di allineare l’attività
cerebrale con il tipo di stimolazione
e quindi di isolare quegli effetti che ci
interessano.
Con questa metodologia sperimentale,
il gruppo del prof. Rizzolatti ha condotto
uno studio nel quale si è voluta generare
una genuina esperienza di disgusto in
soggetti, messi in risonanza magnetica,
facendo loro inalare degli odoranti
disgustosi attraverso una mascherina;
successivamente sono state mostrate
loro delle immagini video in cui, tra le
varie cose, vedevano un signore che
dopo aver inalato il contenuto di un
bicchiere, faceva la tipica espressione
del disgusto. In entrambe le situazioni
si attivava la stessa parte dell’insula
anteriore, si attivava per il mio disgusto
e si attivava anche quando vedevo il
disgusto altrui. Questo ha in qualche
modo consolidato l’idea che l’emozione
sia un qualche cosa che avviene come
un motore a due tempi: prima c’è il
sentimento interiore, quello che io
provo che, poi, trova una traduzione
corporea che si esternalizza. Quando
nell’Umanesimo si affermò l’idea della
soggettività, Petrarca fuggiva la folla
perché non voleva che i suoi sentimenti
interiori trasparissero, essendo visto
dagli altri: “… Altro schermo non trovo
che mi scampi, dal manifesto accorger
de le genti, perché negli atti d’alegrezza
spenti, di fuor si legge com’io dentro
avampi …”.
Recentemente,
all’Ospedale Niguarda di
Milano, a pazienti epilettici
in attesa di subire un
intervento chirurgico
finalizzato all’ablazione
della parte malata del
cervello che non è curabile coi farmaci
sono stati impiantati degli elettrodi;
stimolando con questi elettrodi una
particolare regione del cervello si
produce riso e allegrezza e, registrando
dagli stessi elettrodi, questa stessa
regione si attiva anche quando queste
stesse persone vedono qualcuno ridere.
Questa è una
dimostrazione
empirica di quello
che
molti
teoricamente
avevano già intuito.
Max Scheler, filosofo
della corrente della fenomenologia, già
all’inizio del 900 sosteneva che gli stati
affettivi ed emozionali non sono
semplici qualità dell’esperienza
soggettiva, qualcosa che avviene
esclusivamente nella mia interiorità, ma
sono dati nei fenomeni espressivi cioè
sono espressi in gesti e azioni corporee
e in ragione di ciò divengono visibili agli
altri. Nella seconda parte dell’Uomo
senza Qualità di Robert Musil, potete
leggere delle pagine che io trovo di una
modernità straordinaria su che cosa
siano le emozioni. Questo è il motivo
per cui noi riconosciamo genuinamente
l’emozione solo dopo che è stata
plasmata dal mondo, non sappiamo ciò
che proviamo prima che le nostre azioni
abbiano preso una decisione. Questo ci
porta anche a dire che i due aspetti
verosimilmente sono due facce della
360 GRADI
39
stessa medaglia, le stesse strutture del
cervello che si attivano quando io
esprimo l’emozione sono anche quelle
che si attivano quando io quell’emozione
la provo o la vedo provare a qualcun
altro.
Noi abitiamo in un mondo popolato di
immagini fatte da noi, verosimilmente
dal tempo in cui il pianeta era calcato non
ancora dai Sapiens, ma dai Neanderthal;
per di più, oggi viviamo in un’epoca in
cui siamo bombardati quotidianamente
e massivamente da immagini. C’è chi
parla di feticismo delle immagini e
non è un caso che Freud ha parlato
di scopofilia (da scopeo che significa
guardare), lui parla di Schaulust, quindi
voglia di guardare con curiosità, che lui
ha attribuito a una perversione sessuale
(Tre saggi sulla teoria sessuale, 1905)
quando questa curiosità morbosa dello
sguardo è prevalentemente concentrata
sul corpo e in particolare su una parte
del corpo, quella genitale. Sempre Freud
ha sostenuto che la nostra curiosità di
guardare altri oggetti, come le opere
d’arte, è una sublimazione di questo
istinto. Non solo e lui ha aggiunto:
fino a un certo punto, il toccare è
indispensabile per il raggiungimento
dello scopo sessuale, la stessa cosa
risulta vera per il vedere. Un’attività il
vedere, in ultima analisi, che è derivata
dal toccare, quindi vedete come già in
Freud è radicata questa idea sinestesica
di una visione tattile, di un occhio
prensile; il linguaggio lo testimonia
quotidianamente quando noi diciamo:
“ho posato il mio sguardo su …”,
attribuiamo all’occhio delle proprietà
che non sono quelle dell’occhio, cioè
di uno strumento ottico ma sono quelle
della mano.
Andiamo ai musei, facciamo la fila
sotto il sole e paghiamo il biglietto
per contemplare, come in questa foto
di un artista tedesco contemporaneo
Thomas Struth, oggetti artistici. La
simulazione in qualche modo si libera
dai freni inibitori e diventa imitazione
di quello che l’immagine ci trasmette;
oggi sempre più spesso nei musei
vediamo scene come questa, qui siamo
al Rijksmuseum di Amsterdam, questa
è la Ronda di Notte e, sperabilmente,
i visitatori si stanno documentando
sull’opera prima, forse, di osservarla.
Immaginate, però, cosa potrebbe capire
un uomo dell’ottocento di un’immagine
come questa in cui l’oggetto della
Schaulust, della voglia, della curiosità
e della bramosia non solo di guardare
ma di catturare l’immagine è realizzata
voltandogli le spalle; perché in realtà
ognuna di queste signore non vuole
un’immagine di Hillary Clinton ma
vuole un’immagine di se stessa assieme
a Hillary Clinton e, perciò, per fare il
selfie le voltano le spalle.
Nel 2007 Vittorio
Gallese e David
Freedberg, storico
dell’arte della
Columbia University, hanno pubblicato
40 360 GRADI
un saggio che ha dettato l’agenda degli
studi che poi gli autori hanno sviluppato
negli anni successivi (Motion, Emotion
and Empathy in Aesthetic Experience;
Movimento, emozione ed empatia
nell’esperienza estetica). Si tratta di un
discorso che riguarda la ricerca
scientifica relativa al rapporto tra sfera
delle funzioni cerebrali e fruizione
dell’opera d’arte. Gli autori affermano
che la ricerca sui neuroni specchio ha
dimostrato che persino l’osservazione
di immagini statiche di azioni stimola
l’atto di simulazione nel cervello
dell’osservatore. Questa interessante
affermazione sposta la nostra attenzione
verso un’altra questione. Anche di fronte
a un’immagine statica (per esempio una
fotografia o una qualunque opera
d’arte), si innesca il processo di cui ho
appena parlato producendo
nell’osservatore una reazione di tipo
empatico. Come dicono Freedberg e
Gallese riferendosi all’opera di Goya
“Disastri della Guerra” (è il titolo di una
serie di 82 incisioni): “(…) le reazioni
fisiche degli osservatori sembrano
localizzarsi precisamente nelle parti del
corpo minacciate, oppresse, bloccate o
destabilizzate nella raffigurazione.
Inoltre, l’empatia fisica si tramuta
facilmente in sentimento di empatia
emotiva per i modi in cui il corpo viene
danneggiato o mutilato (…)”. Il fruitore
dell’immagine (attraverso i neuroni
specchio e la simulazione incarnata)
quando, per esempio, è posto davanti a
una immagine cruenta avrà una reazione
empatica anche di tipo fisico che
produrrà una reazione emotiva
(emozione, dal latino emovēre, cioè
portar fuori, smuovere). Alla luce delle
ricerche di questi ultimi anni, le
conseguenze percettive nell’ambito
della fruizione delle opere d’arte e delle
immagini sarebbero racchiuse tutte in
questo sistema del cervello e
causerebbero esiti sostanzialmente di
tipo empatico ed emotivo (cioè
dall’interiore all’esteriore). In tal senso,
la percezione dell’immagine sarebbe
legata a un meccanismo che potremmo
considerare pre-linguistico, preculturale
e, di fatto, totalmente
automatico. La nostra esperienza
estetica sarebbe il risultato di un preciso
dispositivo fisiologico e biologico
autonomo e, in parte, involontario.
Sebbene ovviamente modulati socioculturalmente
questi meccanismi sono
universali. Un elemento cruciale della
nostra esperienza estetica, pertanto, è
l’attivazione di meccanismi embodied
(incarnati) che comprendono la
simulazione dei gesti, delle emozioni,
delle sensazioni somatiche trasmesse
dall’immagine e che costituiscono il
contenuto dell’immagine.
Un altro aspetto
interessante e relativo alle
immagini è stato osservato
da von Hildebrand alla fine
dell’ottocento. Tale
aspetto, più legato allo
stile dell’immagine e alla
sua qualità artistica ossia
all’inconsapevole simulazione nel
fruitore, rappresenta la risonanza
nell’osservatore del gesto artistico
impiegato per realizzare l’opera d’arte.
Uno studio, sempre di risonanza
magnetica, ha dimostrato che la
simulazione del movimento io la ottengo
non solo quando mi fate vedere il filmato
di una mano che afferra una bottiglia,
360 GRADI
41
ma anche quando io vedo una fotografia
che staticamente mi mostra la
conseguenza finale
dell’azione. In un
altro lavoro di Mado
Proverbio di Bicocca
a Milano, è stato
dimostrato che
quanto più dinamica
è l’immagine statica che descrive
l’azione, maggiore è l’attivazione nel
cervello motorio dell’osservatore; più
dinamica è l’azione ripresa in
un’immagine statica, più forte è la
sollecitazione della simulazione motoria
in chi la guarda.
Gallese e Freedberg hanno
ipotizzato che, anche
quando l’opera d’arte non
ha alcun contenuto
direttamente
e
analogicamente
mappabile in termini di
azioni, emozioni o sensazioni, in quanto
priva di un riconoscibile contenuto
formale (pensiamo a un’opera di Lucio
Fontana o di Jackson Pollock), i gesti
dell’artista nella produzione dell’opera
d’arte inducono il coinvolgimento
empatico dell’osservatore, attivando in
modalità di simulazione il programma
motorio che corrisponde al gesto
evocato nel tratto o segno artistico. I
segni sul dipinto o sulla scultura sono le
tracce visibili, le conseguenze degli atti
motori attuati dall’artista nella creazione
dell’opera. Ed è in virtù di questo motivo
che essi sono in grado di attivare le
relative rappresentazioni motorie nel
cervello dell’osservatore. Come ho
affermato
precedentemente,
l’esperienza estetica è una forma
mediata di intersoggettività. Il gruppo
di Gallese ha condotto un interessante
studio utilizzando il famoso servizio di
Ugo Mulas che riprende
Lucio Fontana nel
suo atelier. Viene
pertanto studiato il
gesto e la
conseguenza del
gesto, ossia il
concetto spaziale
di uno dei suoi famosi tagli. Sono state
mostrate le immagini delle opere di
Fontana alternate a immagini in cui
sono state ridotte le componenti
dinamiche, sostituendo il taglio con
una linea della stessa lunghezza e
spessore, ma cancellando l’ombra che
dà il senso della profondità. La
registrazione dell’attività motoria del
cervello dei partecipanti
all’esperimento è stata effettuata con
un elettroencefalografo ad alta densità
a 128 canali. Solo quando erano visti i
tagli di Fontana ma non quando erano
mostrati gli stimoli
di controllo, si
attivava la parte
motoria del loro
cervello. Questo è
stato visto in tutti i
soggetti, sia in
coloro che è
risultato conoscessero Lucio Fontana e
sapessero che quelle erano opere
d’arte, sia in coloro che non lo avevano
mai sentito nominare e che, spesso,
prendevano lo stimolo di controllo per
l’opera d’arte originale e l’opera d’arte
originale per lo stimolo di controllo.
Quindi un meccanismo di risonanza e
di simulazione motoria è stato
riscontrato in tutti al netto di quanto
più o meno sapessero sulla qualità
42 360 GRADI
artistica delle immagini.
Gli stessi ricercatori hanno replicato i
medesimi risultati utilizzando i lavori di
un esponente dell’espressionismo
astratto, Franz Kline; in queste opere la
dinamicità è data dalla matericità della
pennellata, dalla colatura del colore, dal
dripping, dalla traccia lasciata dal
pennello. I lavori di Kline venivano
mostrati alternati a stimoli di controllo
in cui erano state
rimosse tutte queste
c a t e g o r i e
d i n a m i c h e ,
mantenendo però la
complessità
gestaltica dello
stimolo. Anche qui è stata rilevata la
simulazione del gesto, ovviamente
questo non è tutto in quanto quello che
c’è nell’esperienza che noi proviamo di
fronte a queste opere è un elemento
comune che non possiamo fare finta che
non esista se vogliamo parlare in modo
olistico di che cos’è un’esperienza
estetica di fronte a un’immagine.
Concludo presentando uno studio,
sempre del gruppo di Gallese, dove
è stato messo a fattore, questa volta,
l’espressione del volto che esprime
dolore; sono state selezionate sei
opere tra Rinascimento e Barocco
che esprimevano dolore alternate, in
sequenza casuale, con volti invece con
un’espressione neutra. Ovviamente
le vere opere d’arte non sono queste
ma sono semplicemente il volto
scontornato; quindi io non pretendo
di sostenere che questi esperimenti
spieghino completamente perché ci
piace Caravaggio, in quanto il Caravaggio
è l’opera intera. Come ho affermato
precedentemente sembra letteralmente
che guardiamo dal buco della serratura,
qui noi ci concentriamo su un aspetto
particolare dell’opera: il volto, la parte
che comunica un’emozione, il dolore.
Sono tutti volti di martiri alternati a un
volto che non mostra alcuna emozione.
Si è arrivati a questi 12 stimoli partendo
da 100, fatti vedere a un campione
numerosissimo di persone e sono stati
scelti quelli che tutti riconoscevano o
come esprimenti dolore o come non
esprimere alcuna emozione: quindi
dolore verso uno stimolo neutro.
Mi interessa fare un passo in più rispetto
a quello di cui vi ho parlato fino ad ora;
fin qui ho descritto un meccanismo
automatico probabilmente modulato
da molti fattori culturali della mia
storia personale che si attiva quando
io mi metto di fronte a un’immagine,
nel caso specifico che si attiva quando
quell’immagine è un’immagine appesa
alle pareti di un museo. Mi sono fatto
un’altra domanda, quando dopo avere
visto ed enfatizzato con quell’immagine
qualcuno mi chiede di dare un’esplicita
valutazione estetica; per esempio,
la domanda può essere: quanto
artisticamente bella mi sembra questa
immagine e devo dare una valutazione
su una scala da 0 a 10.
Nel momento in cui io esprimo un
giudizio estetico, secondo molti a
partire da Kant, io devo in qualche modo
silenziare tutti questi meccanismi di
coinvolgimento emotivo ed empatico;
questo perché non ho più a che
vedere con quello che quell’immagine
smuove nel mio corpo ma devo dare
esclusivamente un giudizio estetico.
Pertanto, per fare questo mi devo astrarre
dalla dimensione corporea, utilizzando
360 GRADI
43
uno strumento molto più freddo da
un punto di vista cognitivo e molto
più astratto. Quando io do un giudizio
astratto in termini di bellezza artistica
di quell’immagine, questi meccanismi
corporei giocano un ruolo oppure no?
Per verificarlo, i ricercatori del gruppo
di Vittorio Gallese hanno presentato
queste immagini in modo alternato e i
soggetti le vedevano in due condizioni
sperimentali diverse: in un blocco le
vedevano tenendo i muscoli del volto
rilassati e in un altro blocco contraendo
attivamente il muscolo corrugatore,
quindi assumendo una postura facciale
simile a quella raffigurata nel volto che
esprime dolore. I risultati ottenuti hanno
mostrato che la valutazione estetica dei
volti osservati era significativamente
più alta quando veniva data mentre i
soggetti contraevano attivamente il
muscolo corrugatore, ma questo valeva
solo per i volti che esprimevano dolore
e non per i volti neutri. Quando, invece,
i soggetti hanno dato un giudizio
estetico a volto rilassato, vedevano
ugualmente artisticamente belli i volti
che esprimevano dolore e i volti che
non esprimevano alcuna emozione.
Ovviamente sarebbe eccessivo sostenere
che Kant ha sbagliato, ma questi dati
suggeriscono che il giudizio estetico non
è così distaccato come sembra, anche se
dobbiamo contestualizzare il risultato a
questa particolare categoria di stimoli.
L’esperienza estetica è avvenuta in
un laboratorio e non in un museo,
soprattutto non è stata mostrata l’opera
per intero ma solo il volto; fatte tutte
queste debite precisazioni, il dato a me
sembra però molto interessante. Ci dice
come, anche quando siamo chiamati a
deliberare un giudizio estetico esplicito,
quel gioco della libera immaginazione
di cui peraltro Kant parla nella Critica
non è assente; dal momento che
l’immaginazione è uno dei prodotti
dell’attività di simulazione, queste
due dimensioni della mia esperienza
di fronte all’opera d’arte non sono
così separate come la gran parte delle
persone ancora oggi ritiene. Riprodurre
l’espressione di dolore raffigurato
nel volto dipinto osservato influenza
in modo significativo la valutazione
estetica esplicita dello stesso volto;
in più è stata trovata una correlazione
altrettanto interessante con l’ampiezza
di questa correlazione. Le persone che
davano un giudizio estetico più alto ai
volti che esprimevano dolore quando
contraevano i muscoli, erano quelle
che avevano una maggiore familiarità
con l’arte e avevano i tratti empatici
maggiori. Qui lascio alla vostra fantasia di
determinare se vedere l’arte e andare ai
musei ci rende più empatici o se, quando
siamo più empatici, siamo più portati
ad avere una maggiore frequentazione
dei musei. Quasi mai nella scienza è
possibile stabilire un rapporto di causa
effetto, ci riteniamo estremamente
fortunati quando riusciamo stabilire
una correlazione significativa come in
questo caso.
Conclusioni
Spero di aver spiegato in modo
comprensibile, ma la complessità del
tema delle immagini, dell’estetica, dei
sentimenti suscitati dalle immagini e
del potere delle immagini richiede un
approccio assai complesso certamente
non riducibile a una semplicistica
traduzione neuronale dei concetti in
gioco; l’opera d’arte media la risonanza
44 360 GRADI
motoria ed affettiva che scaturisce
tra l’artista e il fruitore, ne diventa
il mediatore privilegiato. Gli aspetti
sensorimotori dell’elaborazione
dello stimolo artistico da parte
dell’osservatore rappresentano il
livello più diretto ed automatico di
processazione che consente al fruitore
di sentire l’opera in modo corporeo ed
incarnato; ovviamente stiamo parlando
di una delle molteplici dimensioni che
raccogliamo sotto questa etichetta
linguistica di esperienza estetica.
Quello di cui ho scritto in questo articolo
è solo un aspetto ovviamente ma è un
aspetto ineludibile; il coinvolgimento
sensorimotorio e affettivo
dell’osservatore sembra influenzare
anche il giudizio estetico esplicito.
Pertanto la simulazione incarnata, in
quanto modello della percezione e
della immaginazione, genera secondo
me questa caratteristica qualità del
vedere “come se” che gioca un ruolo
importante nella nostra esperienza
estetica dell’immagine, in particolare
delle immagini che oggi cataloghiamo
come opere d’arte. Come tale è un
importante ingrediente della nostra
facoltà di apprezzare le immagini.
Spero, inoltre, di avervi convinto
dell’importanza di un altro punto: se
a tutti gli angoli prospettici da cui
affrontiamo il problema di cos’è l’arte,
di cosa sono le immagini artistiche, del
perché le guardiamo e del perché ci
piacciono aggiungiamo anche l’angolo
prospettico, il punto di vista, il buco
della serratura del guardare queste
tematiche dalla prospettiva del cervello,
ciò ci può aiutare a riscoprire il ruolo
del corpo in quella forma immediata
di intersoggettività che è l’espressione
creativa artistica.
Al di là della specificità delle differenti
forme estetiche, tuttavia, penso che la
fruizione di tutte le forme di finzione
condividano aspetti comuni che
possono essere utilmente indagati
facendo domande direttamente al
sistema cervello-corpo. Il sentimento
di coinvolgimento corporeo suscitato
da dipinti, da sculture, da forme
architettoniche, dalle finzioni narrative
letterarie, dalle arti cinematiche o,
anche, dalla frequentazione di mondi
virtuali incrementa le nostre risposte
emozionali a quei stessi media. Una
forma di conoscenza emotiva costituisce
un ingrediente fondamentale della
nostra esperienza estetica. La teoria
della Simulazione Incarnata mira
appunto a cogliere questi aspetti ed
è rilevante per definire l’esperienza
estetica almeno in due modi:
• Il primo, grazie ai sentimenti
corporei suscitati dalle opere
d’arte con cui ci relazioniamo
per mezzo dei meccanismi
di rispecchiamento che esse
evocano. In questo modo la
simulazione incarnata genera quel
particolare vedere “come-se” che
svolge un ruolo fondamentale
nell’esperienza estetica.
• Il secondo, in virtù delle memorie
incarnate e delle associazioni
immaginative che le opere d’arte
risvegliano in chi le contempla.
Vi è poi un ulteriore aspetto che
caratterizza la simulazione incarnata
quando è attivata dalla nostra
immersione con il mondo di finzione
dell’arte, rispetto a quando è suscitata da
360 GRADI
45
situazioni della vita quotidiana. Mentre,
infatti, contempliamo un’opera d’arte
o ci immergiamo in un mondo virtuale
sospendiamo temporaneamente il
nostro rapporto col mondo, liberando
energie che, paradossalmente,
possono essere vissute in modo più
vivido rispetto alla più prosaica realtà
quotidiana. Secondo questa prospettiva,
l’esperienza estetica delle opere d’arte e
l’esperienza dei mondi virtuali possono
essere interpretate non solo o non tanto
nei termini originalmente proposti da
Coleridge di una cognitiva sospensione
d’incredulità, ma come forma di
“simulazione incarnata liberata”.
Nel guardare un quadro, nel leggere
un romanzo, nell’assistere ad uno
spettacolo teatrale o a un film, oppure
nell’immergerci un mondo virtuale la
simulazione incarnata è sgravata dal
fardello di modellare la nostra attuale
presenza nel mondo “reale”. Guardiamo
alle forme di espressione simbolicoartistiche
da una distanza di sicurezza
in virtù della quale la nostra apertura al
mondo ne risulta amplificata. Quando
dirigiamo la nostra attenzione al mondo
dell’arte o ai mondi virtuali possiamo
impiegare totalmente le nostre risorse
simulative, disinnescando le nostre
difese. Il nostro piacere per l’arte è,
quindi, verosimilmente anche guidato
dal senso di sicura intimità esperito
durante la relazione empatica col mondo
dell’arte.
Creatività, esperienza estetica
ed esperienza virtuale possono
rappresentare il momento di
sospensione, lo scarto tra attualità e
potenzialità che innesca la possibilità
di divenire ciò che si è e consente di
concepire il mondo come un’infinita
serie di possibilità che rinviano ad
altre possibilità. Vedere l’invisibile,
caratteristica che accomuna arte e
scienza, significa riempire un vuoto,
tendere a ciò che non è ma può essere,
ciò che, in una parola, è desiderio.
Questo suggerisce, come per altre vie ha
intuito anche Girard, che l’arte affonda
le proprie radici nella ritualità legata
al senso del sacro, nell’insopprimibile
tendenza umana a riempire quel
vuoto che al contempo ci atterrisce e
costituisce lo sfondo e l’obiettivo dei
nostri slanci e delle nostre proiezioni.
Attraverso lo scarto tra attualità e
potenzialità prodotto dalla creazione
artistica, sia quando si fa cosmogonica,
producendo nuovi mondi riassortendo
gli elementi che caratterizzano il
«visibile», sia quando, grazie alla
finzione narrativa o alla fruizione di
mondi virtuali, crea degli apparenti
doppioni del reale, l’uomo è costretto
a sospendere la sua presa sul mondo,
liberando energie fino a quel momento
indisponibili, mettendole al servizio di
una nuova ontologia che finalmente,
forse, può rivelargli chi è. Più che una
sospensione di incredulità, l’esperienza
estetica suscitata dalla produzione
artistica può essere letta come una
«simulazione liberata». Perché un
film, un romanzo o il mondo virtuale ci
emozionano potenzialmente più di una
scena della vita reale di cui possiamo
analogamente essere spettatori?
Forse anche perché nella «finzione»
artistica e virtuale la nostra inerenza
all’azione narrata è totalmente libera da
coinvolgimenti personali diretti. Siamo
liberi di amare, odiare, provare terrore,
facendolo da una distanza di sicurezza.
Questa distanza di sicurezza che rende
46 360 GRADI
la mimesi «catartica» può mettere in
gioco in modo più totalizzante la nostra
naturale apertura al mondo. Un ulteriore
fattore di amplificazione di questa
simulazione liberata è costituito in certe
forme di espressione artistica, come il
teatro, la danza, la musica, il cinema e
i mondi virtuali, dalla condivisione con
altri individui che come noi si liberano
dagli obblighi di vigilare sull’intrusività
potenzialmente esiziale del mondo
esterno, abbandonandosi totalmente a
una piena e incondizionata esperienza
di aisthesis. Fruire dell’arte, in fondo,
significa liberarsi del mondo per
ritrovarlo più pienamente.
Grazie all’espressione della creatività
artistica, l’essere umano acquisisce la
capacità di plasmare oggetti materiali
conferendo loro un significato che non
avrebbero in natura di per sé. Questo
significato è il frutto dell’azione con
cui l’artista stende colori su una tela
o trasforma un blocco di marmo in un
«David» o nel «Ratto di Proserpina».
Oggi le neuroscienze hanno la
potenzialità di illuminare, seppure da
un diverso angolo prospettico, la natura
estetica della condizione umana e la sua
naturale propensione creatrice, prima
ancora di affrontare il tema specifico
dell’arte e divenire neuroestetica.
Abbiamo così la possibilità di arricchire la
nostra nozione della creatività artistica
e della sua fruizione, moltiplicandone i
livelli di descrizione, cercando di capire
come gli oggetti artistici, più che essere
un dono degli dei, sono effettivamente
l’espressione paradigmatica della
nostra natura umana.
Da un certo punto di vista, l’arte è
superiore alla scienza. Con strumenti
meno onerosi da un punto di vista
economico e con una capacità di sintesi
probabilmente inarrivabile da parte
della scienza, le intuizioni artistiche ci
fanno comprendere molto della natura
umana, spesso molto di più rispetto
all’orientamento oggettivante tipico
dell’approccio scientifico. Essere umani
significa divenire capaci di interrogarsi
su chi siamo. Da sempre la creatività
artistica ha espresso nella forma più
elevata questa capacità. Taluni temono
che affrontare queste tematiche con
l’armamentario prosaico della scienza
possa in qualche modo sminuire, se
non addirittura distruggere la magia
che ci invade quando contempliamo
un’opera d’arte. Se condividessi questa
preoccupazione dedicherei il mio
tempo ad altro. Al contrario, è proprio
il convincimento che la prospettiva
neuroscientifica consenta un’ulteriore
valorizzazione della
dimensione distintiva e straordinaria
dell’arte e dell’esperienza estetica che
mi convince che ci stiamo muovendo in
una direzione potenzialmente gravida
di risultati interessanti per chiunque
sia interessato a meglio comprendere
chi siamo. Concludo con una citazione
di Georg Christoph Lichtenberg che
scriveva queste parole che a me
suonano ogni giorno sempre più
profetiche, attuali e familiari: “il nostro
corpo sta a metà tra la nostra anima e il
mondo esterno rispecchiando gli effetti
di entrambi”.
360 GRADI
47
48 360 GRADI
360 GRADI
49
50 360 GRADI
360 GRADI
51
52 360 GRADI
360 GRADI
53
54 360 GRADI
360 GRADI
55
HAZELNUT
KINGDOM
Una location di nuovissima apertura, dallo stile
mediterraneo. Elegante ritrovo con moltissime
occasioni di socializzazione.
Scritto da OEMA.
Immagini di JARLA CAPALINI.
56 360 GRADI
’S
360 GRADI
57
HAZELNUT’S
KINGDOM
Hazelnut’s Kingdom non é ancora in Second Life Destinations
dal momento che vi sono alcune parti che devono essere
ultimate. Tuttavia è un incanto già così.
Si tratta di una
destinazione
articolata, realizzata
con cura e meticolosità
da un professionista
indiscusso nel settore
“landscaping”: Andy
Warhol.
Come spesso accade, vedendo le
splendide fotografie che i viaggiatori
virtuali di Second Life pubblicano su
Flickr, mi sono imbattuta in una in
particolare che ha catturato la mia
attenzione.
Si trattava di uno splendido paesaggio
mediterraneo arroccato su una altura.
Da italiana sono naturalmente attratta
da questo tipo di vegetazione e stile
architettonico, quindi non ho perso
l’occasione per visitare la destinazione
in questione.
Uno splendido paesaggio mediterraneo arrocato
su una altura che offre molteplici occasioni di
intrattenimento e divertimento.
58 360 GRADI
Si può visitare
a piedi, il
volo non è
consentito.
Hazelnut’s Kingdom
occupa 3 regioni, di
cui una navigabile di
acqua. Si tratta di una
destinazione articolata,
realizzata con cura
e meticolosità da un
professionista indiscusso
nel settore “landscaping”:
andy Warhlol (terry.
fotherington). Chi non
conosce Frogmore, ad
esempio? andy Warhlol
ha una grande esperienza
nella realizzazione
di destinazioni che
sono diventate poi un
importante punto di
riferimento nello scenario
delle regioni fotografiche
più belle in Second Life.
La particolarità di
Hazelnut’s Kingdom
è che, oltre a essere
una destinazione
incantevole, offre anche
diverse occasioni di
intrattenimento per tutti
coloro che amano questo
tipo di paesaggio.
Va precisato che il
creatore di Hazelnut’s
non è anche il
proprietario. Infatti,
si tratta di un lavoro
fatto su commissione
di Noubeil (noubeil.
alpha). La gestione
della destinazione è,
quindi, di competenza di
quest’ultimo a cui occorre
fare riferimento in caso di
necessità.
Hazelnut’s Kingdom ha
un suo gruppo inworld, la
cui adesione costa 1000
L$. In descrizione del
gruppo possiamo trovare
preziose informazioni
360 GRADI
59
Consiglio di accettare le impostazioni di luce della
regione per una esperienza ottimale.
In diversi punti della regioni possiamo
trovare cartelli che ci indicano le principali
attrazioni.
sullo scopo della destinazione e
le attività proposte:
“Welcome to Hazelnut’s Kingdom!
a place of pleasure and nature.
That’s why we thank you for your
trust and we will do everything to
satisfy your stay.
Hazelnut’s Kingdom is an area
located on the Noubeillane estate,
which means in Occitan “the
house of hazelnuts”. Occitan is still
spoken in the south of France and
our domain is inspired by the spirit
of a mountainous region in the
Ariegean Pyrenees.”
L’aspetto che mi affascina
maggiormente è che non si
tratta di una destinazione
pianeggiante: apprezzo molto i
dislivelli, le montagne alternate
a zone pianeggianti che rendono
il paesaggio vario e più credibile.
Inoltre il modo in cui gli oggetti
decorativi sono stati posizionati
denota comprensione delle
regole di buon senso che
permettono di conferire realismo
a una destinazione.
Il volo non è consentito, il che
potrebbe essere un bene perché
induce il visitatore a esplorare a
piedi esattamente come farebbe
nella realtà. Inoltre alcune case
sono affittate, quindi il volo
limitato trova la sua ragion
d’essere anche nell’esigenza di
non disturbare gli affittuari.
Parlando con il proprietario, ho
appreso che alcune zone devono
ancora essere create, quindi
avremo modo di apprezzare
60 360 GRADI
360 GRADI
61
anche nuovi angoli paesaggistici
nei prossimi mesi.
Hazelnut’s Kingdom non si
trova (ancora) in Second Life
Destinations, quindi è uno scoop
che riserviamo ai nostri lettori.
Riferimenti
Teleport
Flickr Group
Inworld Group
62 360 GRADI
360 GRADI
63
64 360 GRADI
360 GRADI
65
66 360 GRADI
360 GRADI
67
68 360 GRADI
360 GRADI
69
70 360 GRADI
360 GRADI
71
72 360 GRADI
360 GRADI
73
MEDITERRANEO-OC
TELEPORT
74 360 GRADI
360 GRADI
75
SLICE OF H
Un’ incantevole destinazione invernale
che si rinnoverà a breve nella sua versione
primaverile.
IN S
Scritto da SERENA DOMENICI.
Immagini di JARLA CAPALINI.
76 360 GRADI
EAVEN
ECOND LIFE
360 GRADI
77
La creatrice è Luane (luane.meo) che ha dato vita a
un’ambientazione invernale affascinante e curata nello
stile naturalistico.
SLICE OF HEAVEN
IN SECOND LIFE
Winter
78 360 GRADI
LA STAGIONALITA’
SLICE OF HEAVEN chiuderà in pochi giorni. Consigliamo al
lettore di affrettarsi e godere ancora per un po’ del clima invernale
che Luane ha voluto regalarci. Lo stile invernale verrà presto
sostituito da quello primaverile.
Luane Meo regala ai visitatori ormai da
anni splendide località perfette per la
fotografia e l’intrattenimento in genere.
L’aspetto di Second
Life che ho sempre
trovato meraviglioso
è la possibilità di
viaggiare e di visitare
luoghi mutuati
dal mondo reale e
virtualmente riprodotti
in piccoli capolavori,
capaci di coniugare
magistralmente
il concreto con
l’immaginario: una
stupefacente forma
d’arte - questa - che
meriterebbe di essere
conosciuta da una
platea più vasta dei
fruitori del virtuale.
Mancavo da tre anni
da Second Life e devo
dire che ho trovato
intatta questa bellezza,
questa costante
ricerca di perfezione
da parte di gente
che dedica il proprio
tempo per creare degli
spazi davvero molto
suggestivi.
Il mio interesse verterà
su questo aspetto che
da questo punto di
vista non smetterà
mai di stupirmi
piacevolmente, e
parlerò solo di ciò che
riuscirà a catturare
la mia curiosità
suscitandomi emozioni
360 GRADI
79
e appagando il mio senso
estetico; sarà proprio
questo che mi piacerà
condividere con voi
lettori.
Il mio viaggio è
cominciato in questa
località da film: Slice of
Heaven.
Ci sono capitata per caso,
ammesso possa esistere il
caso, e ammesso che abbia
senso parlare di caso in
Second Life, dove tutto
è random ma allo stesso
tempo tutto è pilotato da
un feroce determinismo.
Mi sono ritrovata in
un bianco paesaggio
invernale, con tanta
neve che cadeva
copiosa e un piacevole
sottofondo musicale che
ne faceva da cornice.
Non immaginatevi un
posto carico di oggetti,
e così via: era un luogo
apparentemente scarno,
solitario, ammantato
di mistero, a suo modo
desolato, e forse era
proprio questo a renderlo
particolare.
Un lungo tragitto
costeggiato da alberi
carichi di neve, per
via della stagione,
case, ma anche negozi,
ristori e in cima ad
una collinetta una
piccola Chiesa
dove raccogliersi in
preghiera o, cercare
un po’ di pace…
Anche un belvedere
ghiacciato dove poter
pattinare ammirando
il paesaggio illuminato
da tante piccole lucine
che creavano una calda
atmosfera, nonostante
lo scenario fosse
imbiancato dalla neve.
Tutto qui?
No, perché più che
un luogo questo è un
sentire, un luogo dove
possono incrociarsi
destini o solitudini.
Il percorso che
conduce alle casette,
può essere vissuto
come un luogo di vita
o di “morte”: quante
trame vi si potrebbero
scrivere, quante storie
narrare, come fa lo
scrittore su un foglio
bianco come la neve!
Amori appaganti,
amori mai sbocciati,
amori finiti, amanti
che si incontrano
di nascosto, parole
dette, sussurrate o
solo immaginate, sogni,
silenzi, suoni ovattati come
la neve che scende muta
sul villaggio e sui cuori...
Ma potrebbe anche essere
il luogo di una famiglia che
ama condividere il proprio
spazio con gli amici.
Ed anch’io, trasportata
dal vento della fantasia,
mi sono ritrovata ad
immaginarmi in una
dimensione onirica,
“vedendomi” raggiunta in
quel luogo solitario da un
mio antico amante, venuto
a riscaldarmi le mani e il
cuore. Ed a sussurrarmi
che il tempo - almeno qui
- si può anche fermare,
riavvolgendo il film della
vita per recuperare gli
attimi perduti, sublimandoli
in un presente immutabile
ed eterno come
l’inverno tutto intorno,
perennemente in attesa
di essere sconfitto dalla
fiamma dell’amore.
La proprietaria nonché
creatrice di questo
meraviglioso luogo è:
LuaneMeo
Riferimenti
Teleportati a Slice of
Heaven
80 360 GRADI
360 GRADI
81
82 360 GRADI
360 GRADI
83
84 360 GRADI
360 GRADI
85
86 360 GRADI
360 GRADI
87
88 360 GRADI
360 GRADI
89
90 360 GRADI
360 GRADI
91
LADMILLA MEDIER
Ladmilla Medier,
Responsabile del Settore
ARTE
“L’Arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende
visibile ciò che non sempre lo è.”
(Paul Klee)
Non ritengo che esista una definizione assoluta di
Arte ma questa breve, famosa citazione, rappresenta il
percorso che proporrò in questa sezione dedicata
all’ Arte: insieme conosceremo gli artisti attivi in Second
Life e le loro opere, scopriremo lo studio, l’elaborazione
concettuale e la tecnica artistica che hanno dato origine
alle creazioni; ognuno di noi potrà ascoltare le storie
che sussurrano, risvegliare ricordi sopiti e dare la propria
personale interpretazione, trovare l’essenza che va oltre
il visibile.
Sono certa che sarà un cammino affascinante!
Ladmilla
92 360 GRADI
360 GRADI
93
CHERRY M
Artista molto conosciuta i cui lavori si
caratterizzano per un forte impatto visivo ed
emotivo.
A
Scritto da LADMILLA MEDIER
Immagini di LADMILLA MEDIER
94 360 GRADI
ANGA
RTISTA
360 GRADI
95
CHERRY MANGA
SENSIBILITA’, TORMENTO, OSCURI
PERFEZIONISMO
“Ho una v
un po’ s
Cherry Manga è un’artista
ben nota che opera in
Second Life da lungo
tempo. Ha sempre creato
e ancora crea straordinarie
installazioni che hanno
un forte impatto visivo
e hanno il potere di
colpire emotivamente
l’osservatore.
L’amore per la natura e
per la cultura giapponese
hanno determinato la
scelta del suo grazioso
nome virtuale:
Quando mi iscrissi a Second
Life era la stagione delle
ciliegie, dato che io amo
questi frutti e ne stavo
mangiando mentre mi
registravo, scelsi il
96 360 GRADI
TA’ E
ita semplice, sono una persona
elvaggia che ama più la natura
che il genere umano”
nome Cherry; il cognome
doveva essere scelto da
una lista, così decisi per
Manga e pensai che Cherry
Manga potesse essere un
nome adatto per chi ama
la cultura giapponese.
L’artista è un’anima
sensibile, tormentata,
tenebrosa e perfezionista,
come lei stessa ama
definirsi, e le sue opere
mostrano chiaramente il
suo temperamento.
Cherry ha avuto artistiche
esperienze ed esibizioni
anche nella vita reale,
nonostante la timidezza
del suo carattere che le
fa preferire situazioni
dove non deve incontrare
personalmente il pubblico:
Ho una vita semplice,
sono una persona un po’
selvaggia che ama più la
Natura che il genere umano,
questa è la ragione per cui
è più facile per me creare
nei mondi virtuali dove non
devo incontrare fisicamente
il pubblico… tuttavia ho
lavorato in teatro, ho
prodotto varie creazioni
nella vita reale, ho fatto
LANDING POINT
un’esibizione dal vivo nel
2017 con “FrancoGrid”
per “Le Hublot” in “Nice”
ma tutto ciò non è stato
molto confortevole per
una persona timida come
me.
Cherry ha avuto
abbastanza esperienze
artistiche, sia nella vita
reale che in Second
Life, così da poter avere
una chiara idea delle
360 GRADI
97
eventuali differenze
che possono esistere
nel creare in questi due
mondi; ciò che pensa è
molto interessante ed
io sono completamente
d’accordo con lei:
Non c’è alcuna differenza,
il computer è il mezzo, lo
strumento: il cinema o la
musica sono arti anche
virtuali, non possiamo
percepirle con il tatto,
non dobbiamo porle in
categorie, l’Arte è arte,
dovunque essa sia.
Come possiamo notare
nelle creazioni di ogni
vero artista, anche le
sue opere sono libere
da condizionamenti e
standard, Cherry mette
se stessa nei suoi lavori,
la sua anima e le sue
esperienze:
Quasi tutto ciò che creo
è autobiografico, talvolta
questo aspetto è più o
meno evidente, a volte è
nascosto; nelle due mie
passate installazioni
ciò è molto evidente in
quanto “Endometriosis”
è un problema di cui
soffro, “Monsters” è
un’installazione che
riguarda i “mostri” che
ho incontrato nella mia
vita, partendo dalle paure
della mia infanzia fino
ad arrivare alla pressione
sociale che ancora
sperimento ogni giorno.
Anche il tema della
condizione umana ha
molta importanza nella
maggior parte delle mie
creazioni; per quanto
riguarda l’attuale
pandemia penso che sia
una naturale risposta alla
sovrappopolazione, non
sono spaventata dalla
possibilità di morire o
perdere i miei parenti più
stretti, sono spaventata
dalla politica, dai potenti
gruppi di pressione che
ci stanno ingabbiando in
una condizione distopica,
il futuro sarà più nero di
una pandemia. Per quanto
riguarda la condizione
delle donne in particolare,
abbiamo molto lavoro
da fare per cambiare il
sistema patriarcale, ma
devo ammettere che
questa non è la mia lotta
più importante ed io non
ne parlo molto nelle mie
creazioni.
MONSTERS
“Monsters” è
un’interattiva
installazione che Cherry
ha realizzato in modo
straordinario e molto
interessante; quando
siete al punto di arrivo del
teleport non trascurate
di attivare Advanced
lightning model, di aprire
l’ascolto dei suoni, di
chiudere lo streaming e
di accettare l’esperienza
che vi verrà proposta
con un pop-up, tutto
ciò permetterà ai vostri
avatar di animarsi e a voi
di avere un’immersiva
esperienza che non
descriverò qui, così sarete
sorpresi e apprezzerete
al meglio; siate curiosi,
toccate e cliccate ciò che
avete intorno, leggete
la chat locale, ascoltate
i suoni e camminate,
esplorate.
Cosa sono questi mostri?
Ognuno di noi può
trovare il proprio che può
vivere dentro di noi o
tormentarci dall’esterno,
possiamo scegliere se
nutrirlo o lottare per
fuggire;
Cherry ci fornisce la
migliore spiegazione a
riguardo con le sue stesse
parole:
Sono i mostri che ho
incontrato nella mia vita,
98 360 GRADI
c’è la paura primitiva: “il lupo
nel bosco”, ci sono i fantasmi
e le strane cose che abbiamo
potuto sperimentare da
bambini, ma anche i mostri
che possiamo incontrare
da adulti: stupro, suicidio,
pressione sociale, violenza
domestica… Perché questi
mostri ci intrappolano?
Perché occorre tempo per
capire le nostre paure,
la nostra debolezza, e
trasformarle in forza;
possiamo sperimentare le
stesse cose molte volte prima
di riconoscere gli schemi e
sapere come migliorare noi
stessi.
Lasciatevi coinvolgere
in questa esperienza:
incontrate i mostri,
affrontate le loro spinose
o gigantesche forme,
camminate su stretti ponti
sospesi sul vuoto, correte
nelle gallerie, entrate in
stanze misteriose, perdetevi
in acque turbolente e
ammirate i giochi di luci ed
ombre… rimarrete colpiti e
affascinati, ma non occorre
che io dica altro, basta
andare e sperimentare.
LA GALLERIA
Cherry ha una fantastica
Galleria in ADreNalin, una
MONSTERS
regione di Second
Life; è un luogo
molto suggestivo
costruito con linee e
cubi in movimento,
principalmente in
bianco e nero con
alcuni delicatissimi
toni di colore, questa
interessante architettura
si adatta perfettamente
all’Arte di Cherry: le
sue creazioni mesh
ed animesh, infatti,
appaiono molto vivide e
vitali.
È possibile acquistare
lì le sue opere, alcune
bellissime creazioni
sono perfino gratis
o vendute a un solo
Linden, ciò dimostra la
grande generosità di
quest’artista.
Lo stile di Cherry è
in evoluzione, ama
sperimentare sempre
360 GRADI
99
qualcosa di nuovo pur
rimanendo focalizzata sui
temi che preferisce e che
caratterizzano la sua arte:
Sto evolvendo e
sperimentando, ma
continuando a creare scenari
quasi sempre cupi e/o poetici.
Al momento sto lavorando
con tecniche miste e modelli
da stampa 3D per realizzare
sculture a cupola di vetro.
Non vediamo l’ora di
apprezzare le sue future,
nuove creazioni.
Grazie Cherry per la tua Arte!
Riferimenti
Monsters
Galleria
ADreNalin
100 360 GRADI
MONSTERS
360 GRADI
101
MONSTERS
102 360 GRADI
360 GRADI
103
MONSTERS
104 360 GRADI
360 GRADI
105
MONSTERS
106 360 GRADI
360 GRADI
107
MONSTERS
108 360 GRADI
360 GRADI
109
MONSTERS
110 360 GRADI
360 GRADI
111
ADRENALIN - LANDING
POINT
112 360 GRADI
360 GRADI
113
GALLERY - GLUED
114 360 GRADI
360 GRADI
115
GALLERY - THE PLANT
116 360 GRADI
360 GRADI
117
GALLERY - SISTERS
118 360 GRADI
360 GRADI
119
GALLERY - ENDOMETRIOSIS
120 360 GRADI
360 GRADI
121
GALLERY - VR WOMAN NO
ESCAPE FROM THE GRID MAN
122 360 GRADI
360 GRADI
123
GALLERY - AVOIR LA MAIN
VERTE A FLEUR DE PEAU -
PAPILLON...
124 360 GRADI
360 GRADI
125
VAN LOOPEN
Van Loopen,
Responsabile del Settore
MUSICA
Se nella vita non fossi un architetto, probabilmente sarei
un musicista.
Penso in musica.
Vivo i miei sogni ad occhi aperti in musica.
Vedo la mia vita in termini di musica.
Dal 2009 in Second Life cerco di condividere questa
emozione con gli altri.
In veste di redattore e di consulente musicale per 360
GRADI vorrei far luce su un mondo che spesso viene
sottovalutato, ma che rappresenta invece una delle
principali attività nella “seconda vita” .
Infatti, il messaggio in musica arriva più facilmente a
destinazione, toccando le corde più intime e personali,
senza bisogno di altri intermediari nella comunicazione.
Nel variegato mondo musicale di Second Life mi
occuperò di artisti emergenti, ma anche di quelli ormai
consolidati che spesso non si conoscono abbastanza.
Approfitto di questo spazio per dare qualche punto
di riferimento nel panorama musicale di Second Life,
perchè “la gente consuma la musica come se fosse un
fazzoletto per il naso”.
(Zucchero)
Van
126 360 GRADI
360 GRADI
127
DORIAN KA
CAN
Dorian è un cantante
italiano conosciuto e
apprezzato da anni.
Scritto da VAN LOOPEN.
Immagini di JARLA CAPALINI
128 360 GRADI
SH
TANTE LIVE
360 GRADI
129
DORIAN KASH
CANTANTE
Dorian Kash fa parte di quegli
interpreti/cantanti che dove lo
metti riesce ad essere una garanzia
di successo con molta naturalezza,
con un repertorio molto vasto.
Cari amici di 360GRADI, in
questo numero della rivista
parlerò di un artista italiano. È
venuto il momento e non posso
più rimandare, perchè anche il
bel paese offre il suo importante
contributo, alla comunità
esselliana, di interpreti e cantanti
live sia maschili che femminili.
La prima caratteristica che ho
sempre notato è che però pochi
rimangono attivi nel tempo nella
fisiologica alternanza di voci
nuove e quelle storiche, nuovi
interpreti che però dopo un po’
scompaiono dalla scena.
Ed è un vero peccato.
Forse ciò è dovuto all’uso che noi
italiani abitualmente facciamo
di SL. Nel senso che anche nel
settore musicale (escludendo i
DJ che sono molto più costanti
e presenti), ci prodighiamo
non come vero lavoro ma
come puro passatempo,
tralasciando ovviamente
l’aspetto dell’impegno e
dell’appuntamento.
Tra i cantanti uomini italiani, che
hanno una presenza abbastanza
130 360 GRADI
Tecnicamente ha una
voce dal tono deciso e
caldo, con una intonazione
innata, e nello stesso
tempo riesce a creare
intima introspezione in
chi lo ascolta.
360 GRADI
131
costante, parlerò oggi di
Dorian Kash.
Ho scelto di inziare
con lui perchè, dopo
un periodo di fermo
attività (il primo per lui),
è ritornato da poco a
calcare i palchi delle land
di SL, più motivato di
prima.
Ed il suo ritorno è un
valore aggiunto per tutti,
italiani o non.
Ciascun artista ha
prerogative precise e ben
definite. Alcuni scelgono
di esibirsi esclusivamente
in land italiane, altri
escono anche dai propri
confini, ma tutti hanno
delle caratteristiche
molto differenti tra loro
che li distingue.
Dorian Kash fa parte di
quegli interpreti/cantanti
che dove lo metti riesce
ad essere una garanzia
di successo con molta
naturalezza, con un
repertorio molto vasto.
Tecnicamente ha voce dal
tono deciso e caldo, con
una intonazione innata,
e nello stesso tempo
riesce a creare intima
introspezione in chi lo
ascolta.
Il canto per lui è un
hobby, e come per tutti
gli altri hobby che ha in
RL, mette attenzione nei
particolari e impegno
nella preparazione.
Questo parla della sua
personalità e della sua
sensibilità. Ma del resto
da uno che ama stare tra
le nuvole, pilotando aerei
da turismo e praticando
paracadutismo, cosa ci
si può aspettare se non
attenta preparazione
nelle cose per gestire
anche quel pizzico di
follia?
La sua impostazione
vocale gli indica il
suo repertorio e le
sue preferenze musicali,
in modo naturale:
introspezione musicale delle
canzoni d’autore italiane,
interpretazioni di canzoni
internazionli tra jazz e i
spumeggianti musicals
americani.
Ogni sua serata è un viaggio
musicale attraverso le più
belle canzoni internazionali
conosciute e, spesso, di
nicchia italiane.
Si diverte e fa divertire, non
c’è che dire.
Dalla intervista che ci ha
concesso, apprendiamo
cose interessanti sulla sua
personalità.
A voi scoprirle.
Van: Dorian, come nostra
prassi, chiediamo all’artista
una descrizione di se stesso
per farlo conoscere meglio
anche nei suoi aspetti privati.
Parlaci della tua origine
anagrafica, dove vivi, hobby,
lavoro...
Dorian: Dunque, io sono di
origini liguri vengo da Lerici
un paesino incantevole
sul mare inserito tra le
insenature del golfo di La
Spezia. Di fronte, Portovenere
porta di accesso delle Cinque
Terre: insomma uomo di
mare, un retaggio al quale
tengo molto. Come spesso
accade però, per i vari casi
della vita, mi sono ritrovato
132 360 GRADI
a vivere ormai da anni
a Trento, tra montagne
e neve, Circondato non
più questa volta da
salsedine e acciughe,
ma da Dolomiti e stinco,
altra mia passione! Rido!
Neve quindi ora e tanto
sci, quando si poteva,
uno dei miei sport
preferiti insieme alle arti
marziali, il paracadutismo
e il pilotaggio di aerei
da turismo. Per quanto
riguarda il mio lavoro,
dopo aver smesso di fare
il musicista, dopo venti
anni, tra terzetti, duetti,
gruppi e lavoro in sala e
in studio, ora lavoro in
un ufficio doganale di
un’azienda del territorio,
un lavoro interessante
che mi lascia tempo per
suonare la musica che
da bimbo è entrata nella
mia vita sottoforma di un
pianoforte e non se n’è
più andata.
Van: Ricordi la prima volta
che hai cantato in SL e
come è successo?
Dorian: Sì, certamente,
è un ricordo molto bello.
Feci la mia prima serata
in una frequentatissima
land italiana “Zero
Moda” da Miss Erya: fu
davvero particolare ed
emozionante, anche se
dopo tanti concerti e
serate in RL non avrei mai
pensato di emozionarmi
cantando davanti ad uno
schermo. Devo dire che
l’emozione ci fu eccome,
ed anche ora è sempre
presente in tutti i miei
set. Non smetterò mai
di mettermi in gioco e
di ricercare l’emozione
di un pubblico anche su
SL. Accadde che conobbi
una persona che mi
portò in un karaoke,
non avrei mai pensato
esistesse un karaoke
su SL. Fui spronato a
cantare e così, dopo aver
cercato di capire quali
fossero le necessità
tecniche, cominciai a
frequentare quella land.
Avevo scoperto come
divertirmi ancora con il
canto. Fui poi convinto
a fare la prima serata di
cui raccontavo prima, da
una ragazza, Stupenda
Flux, che mise anima
e corpo pur di farmi
intraprendere la carriera
di cantante in SL. Così
lei si mise d’accordo con
Erya e tutto nacque!
Van: Nel panorama
dei cantanti italiani in
SL occupi uno spazio
importante da molto
tempo. Questo successo
è per te un obiettivo,
uno stimolo o non ti
interessa ottenere il
consenso?
Dorian: Parliamoci
chiaramente, ricevere
consenso è bellissimo,
gli applausi e i “bravo”
sono lo stimolo e il
nutrimento di quella
parte fondamentale di
un artista che è il suo
narcisismo. La voglia
di donarsi ed essere
ascoltati dal pubblico
è una droga più forte
di qualunque altra MA,
il consenso, quando è
vero, non ha nulla a che
fare con la sua affannosa
ricerca. Più lo insegui
più si allontana. L’unico
modo di arrivare a essere
accolto dalle persone, è
essere me stesso, vero:
certamente con la voglia
di stupire, ma alla fine
donandomi senza MAI
cercare di compiacere,
bensì aprendo l’anima e
cercando di interpretare
col cuore in mano, nudo.
Allora ciò che provo
cantando mi accorgo
che arriva! E lì si crea la
magia, che il pubblico sia
fatto da 100 persone o
3. Tutto questo vale per
me, posso parlare solo a
nome mio senza pensare
di esprimere chissà quale
verità se non la mia.
Van: SL è un gioco per
te, un’opportunità per
esprimere il tuo talento o
qualcos’altro?
Dorian: SL per me è
stato ed è un mondo
davvero emotivamente
360 GRADI
133
periglioso. Non riesco a
vederlo come un gioco,
ma come un’occasione,
per chi si vuole
esprimere. Cantare in SL
mi ha dato la possibilità
di eseguire brani che ho
sempre amato e che per
una cosa o per l’altra in
RL non ho mai potuto
eseguire. Forse sì, da
questo punto di vista è
un’opportunità.
Van: Quale messaggio
vuoi trasmettere agli
altri attraverso le tue
interpretazioni?
Dorian: Nessuno!! no,
non ho la presunzione di
lanciare un messaggio.
Nulla di più di una
piacevole oretta in
compagnia. Unica
eccezione quando canto
per beneficienza in
occasione della raccolta
fondi in favore di IKSDP
Harambee Project Gwassi
Kenya di Lorella e Lotrec
e per la ricerca contro la
Sla dell’evento Harvey
di Electra: questo credo
sia davvero un modo
non solo per mandare un
messaggio di fratellanza
e amore, di accoglienza
e partecipazione ma
riuscire, insieme ad
altri svariati artisti, a
modificare la vita reale
di persone partendo da
un progetto realizzato
all’interno di un mondo
virtuale è qualcosa che
riempie il cuore che ti
permette di realizzare
qualcosa di veramente
concreto e appagante.
Van: Ti conosco da molti
anni in SL e, per quanto io
abbia potuto constatare,
la tua interpretazione
preferita, grazie alla
tua voce calda, sempre
intonata e decisa,
sembra essere il genere
dei Musicals americani,
con riferimenti di Ella
Fitzgerald e Frank Sinatra,
anche se passi dalla
Jazz music alla canzone
d’autore italiana con
estrema facilità. Quindi
ti chiedo, quale è la tua
influenza e conoscenza
musicale in RL? Hai fatto
studi specifici o hai
iniziato per hobby?
Dorian: Hai davvero
colpito nel segno! il jazz
e lo swing sono i miei
amori musicalmente
parlando. La musica
americana dagli anni
20 in poi mi ha sempre
affascinato ancor prima
il blues e lo spirituals.
Cantare Sinatra è per me
meraviglioso anche se
inarrivabile, ma giocare
con gli anticipi i rientri
le sincopi e gli accenti
dello swing con la voce è
divertentissimo. Qui devo
aprire una parentesi: i
miei studi classici della
musica, grazie allo studio
del pianoforte, mi hanno
fatto conoscere la grande
musica dalla quale tutto
deriva!! Lì c’è tutto! La
melodia pucciniana la
ritroviamo nella grande
musica napoletana fino
ad arrivare agli stili
tradizionali della musica
italiana, soprattutto
cantautorale. Abbiamo
dei capolavori nella
musica così detta leggera
incredibili, delle poesie
meravigliose, penso a
testi di cantautori come
Fossati, Dalla, De Andrè,
De Gregori, Venditti,
quanti ce ne sarebbero da
menzionare. Non ultimo
il filone Jazz Italiano da
Rossana Casale a Nicola
Arigliano, passando
da Sergio Cammarere
e Fabio Concato dei
geni assoluti che amo
incondizionatamente.
Van: Ti piacerebbe
cantare insieme ad altri
cantanti affermati in SL?
Se sì, con chi?
Dorian: Sì, mi piacerebbe
moltissimo con chiunque
ne avesse voglia! Mi
piacerebbe anche un
progetto tipo USA FOR
AFRICA: sarebbe davvero
bello e interessante. Così
come portare in giro dei
repertori di tre o quattro
cantanti: so che esiste
134 360 GRADI
360 GRADI
135
la possibilità di cantare
insieme, ma sinceramente
non ho mai capito
come (tecnicamente in
streaming intendo).
Van: Quale è la tua
canzone preferita e
perché?
Dorian: O Mamma mia,
questa è la domanda
del secolo! ci sono
tantissimi capolavori
della musica italiana
che meriterebbero una
menzione, ma se mi devo
guardare dentro posso
dirti che la canzone che
avrei voluto scrivere è
“quando sarò capace
di amare” di Giorgio
Gaber: il perché sta nella
meravigliosa semplicità
e capacità di sintesi di un
testo che fa innamorare
da subito! Come ha
saputo spiegare l’amore
in questa canzone è una
perla rara.
Van: Come già detto, ti
esibisci prevalentemente
nella comunità italiana.
Hai mai pensato di
farti conoscere ancora
meglio anche dalle altre
comunità di SL? Quale
palcoscenico preferiresti?
Dorian: Sì, mi attira
cantare in altre comunità
e per qualche tempo
l’ho fatto sia in land
americane che australiane
e argentine, dove
peraltro avevo costruito
un repertorio di tango,
un altro genere che mi
affascina e che ancora
mi accompagna nelle
mie serate. Purtroppo
il cantante italiano
all’estero è legato a
doppio filo a dei cliché
che ne condizionano
il repertorio, quindi mi
ritrovavo ancora una volta
a cantare pezzi che non
sentivo miei e quindi
a compiacere anziché
emozionare e questo non
fa per me. Mai comunque
dire mai.
Van: Dorian, nel
ringraziarti per la tua
disponibilità, adesso
apro un piccolo siparietto
personale. Ammiro
molto il tuo eclettismo
di interessi personali,
tra cui pilotare in RL
aerei da turismo e il
paracadutismo. Sono
curioso di sapere, quando
sei al comando del
tuo aereo canti felice
nell’abitacolo, come io
canterei sotto la doccia?
Dorian: Assolutamente sì,
quando sono solo però
perché se porto qualcuno
per diporto faccio il pilota
serio e professionale… ma
da solo…mi scateno!! e
atterro senza voce!
136 360 GRADI
360 GRADI
137
ASCOLTA DORIAN KASH
MENTRE CANTA
138 360 GRADI
360 GRADI
139
MISOINDITE ROMANO
Misoindite Romano,
Responsabile del Settore
MODA
Una breve presentazione senza voler annoiare nessuno.
Ringrazio Oema e Van per avermi dato questo spazio sul
loro Magazine.
Misoindite Romano, Miso per tutti (o quasi), modella
credo da sempre, non ho mai fatto altro se non la
modella e fashion show.
In molti sorridono di questo lavoro in SL, inconsapevoli
che gira un mondo di persone e di linden su questa
attività. Stilisti e agenzie di varie nazionalità non
esisterebbero se non ci fossero modelle o blogger.
Ho alle spalle 12 anni di Second life, tanta passione, e un
accurato lavoro sulla mia personalità e sul mio avatar,
che cerco di rappresentare nel migliore dei modi.
Fatta questa premessa, il mio compito sarà quello di
tenervi informati, facendovi magari venire la voglia di
accompagnarmi nel campo della moda in SL.
Miso
140 360 GRADI
360 GRADI
141
VALENTINA E
DESIG
Scritto da OEMA.
Immagini di JARLA CAPALINI.
142 360 GRADI
.
NER
360 GRADI
143
VALENTINA
E.
Valentina E, è un brand molto noto
nello scenario della moda di Second
Life. Il negozio è frequentato, tra le
altre, dalla comunità italiana.
Ho scoperto il negozio di
Valentina E. solo qualche mese
fa in occasione di un evento
in cui i brand che aderivano
mettevano in vendita un capo
per il prezzo di 60 L$. Ricordo
anche il capo che comprai
e la sensazione di inusuale
familiarità quando sono
atterrata per la prima volta
al negozio di Valentina. Sarà
perché il nome è italiano, sarà
perché lo stile del negozio e
degli abiti proposti “veste come
un guanto” le mie esigenze di
classe e originalità, il negozio
di Valentina Evangelista è
sicuramente tra quelli che visito
maggiormente.
Ho pensato così di intervistarla
in occasione dell’uscita di
questo numero di 360GRADI
e conoscerla meglio. Tra l’altro
Valentina Evangelista è molto
apprezzata anche da Jarla
Capalini, la fotografa della
rivista e responsabile del
settore fotografia.
144 360 GRADI
Valentina E. è un brand
originale, che sa presentare
un suo stile unico.
360 GRADI
145
Ho notato che il negozio
è molto conosciuto
e apprezzato dalla
comunità italiana, forse
a causa del nome del
brand. Tuttavia Valentina
non è italiana, quindi se
volete comunicare con
lei, l’inglese è la lingua da
preferire.
Vediamo ora di fare la sua
conoscenza.
Oema: Da quanto tempo
crei vestiti per Second
Life, e come hai iniziato?
(conoscevi già il software
che usi per creare?)
Valentina Evangelista:
Creo vestiti mesh in
Second Life da circa
dieci anni. Avevo alcuni
amici che lavoravano
a tempo pieno come
creatori di contenuti in SL
e l’idea sembrava molto
attraente. Ho trascorso la
maggior parte della mia
vita lavorativa nel campo
della presentazione
visiva, quindi il design
non mi era nuovo. Tuttavia
il mio set di abilità non
includeva nessuno dei
programmi richiesti per
modellare, texturizzare e
animare le mesh. Con un
po’ di indicazioni da parte
dei miei amici designer
di cui sopra, ho iniziato
a imparare da sola come
creare abiti per Second
Life. Questo è stato un
processo dolorosamente
lento e pieno di tentativi
ed errori. Le mie prime
creazioni sono piuttosto
divertenti da guardare,
ma sono orgogliosa di me
stessa per aver continuato
e per essere arrivata
al punto che ora amo
indossare i miei progetti.
Detto questo,non si
finisce mai di impararei
con la creazione di
contenuti. Ci sono sempre
modi per migliorare e
c’è ancora così tanto che
voglio fare e imparare.
Second Life è una
piattaforma meravigliosa
per il design. Se sei
disposto a metterci il
tempo e lo sforzo, le
opportunità sono infinite.
È una delle ragioni per cui
molti di noi amano SL.
Oema: Il tuo stile è unico,
e come dicono diverse
persone del tuo marchio,
sei originale, e non
copi da nessuno. Trovi
ispirazione nelle riviste di
RL o in altro?
Valentina Evangelista: Ho
cercato di trovare un po’
di nicchia nel mercato di
SL e, soprattutto, di fare
cose che voglio indossare.
Sono sicuramente ispirata
dagli stilisti della vita
reale, dalla cultura pop,
ecc, ma anche dai buchi
nel mio guardaroba di SL.
Se non riesci a trovare
quello che vuoi indossare
devi solo crearlo!
Tutta la moda e l’arte è
derivata e collaborativa
in qualche modo, ma
fai sempre qualcosa di
tuo quando passi da
un’idea nella tua testa al
prodotto finale. A volte
mi sorprendo quando
inizio a fare una cosa e
finisco con qualcosa di
completamente diverso!
Oema: Fai vestiti da sola o
c’è qualcun altro che vuoi
menzionare riguardo al
tuo marchio?
Valentina Evangelista:
Valentina E. è gestito da
me e questo è il motivo
per cui non sono sempre
in grado di offrire tutte
le taglie e le opzioni
146 360 GRADI
360 GRADI
147
che vorrei. Faccio tutto
io, dall’ideazione del
design, alla modellazione,
al texturing, al rigging,
al packaging, alla
promozione e al servizio
clienti. Sono molto
fortunata ad avere una
persona che aiuta il mio
marchio in un modo
molto importante. Lori
Matthews sta scattando le
mie pubblicità da un po’
di tempo e fa un lavoro
meraviglioso nel mostrare
i miei disegni. È una
fotografa di talento e ha
un incredibile senso dello
stile. Posso mandarle
qualsiasi cosa da
fotografare e lei la porterà
al livello successivo.
Oema: Che suggerimenti
daresti a qualcuno che
vuole iniziare a fare
vestiti in SL? Suggeriresti
di iscriversi a qualche
corso specifico, di
imparare seguendo i
video tutorial di YouTube,
o altro?
Valentina Evangelista:
Se si è disposti a mettere
il tempo e il lavoro si
può imparare a creare
contenuti di alta qualità
per Second Life. Non è
qualcosa che si può fare
da un giorno all’altro,
ma tutto è là fuori se è
qualcosa che si vuole
perseguire.
Ci sono molti fantastici
corsi a pagamento che
vi insegneranno la
creazione di personaggi,
la modellazione di
mesh, ecc. Pagare
per un’istruzione
probabilmente
aumenterà la velocità
di apprendimento, ma
non è l’unica via. Io sono
abbastanza autodidatta
tramite YouTube e vari
altri tutorial online
gratuiti. Ci sono anche
molti gruppi di creatori
inworld e forum di
discussione sul sito di
Second Life che sono
molto utili.
Per quanto riguarda
i programmi, puoi
spendere migliaia di
dollari comprando
programmi incredibili
per tutti gli aspetti della
creazione di mesh, ma
non ne hai bisogno.
Blender è un programma
gratuito che coprirà
gran parte di ciò che è
necessario fare e ci sono
molti tutorial disponibili.
Questo dovrebbe essere
il punto di partenza per
la maggior parte delle
persone.
Se decidi di tuffarti nella
creazione di contenuti
per Second Life, ti auguro
il miglior successo nei
tuoi sforzi. È un sacco di
lavoro, ma è anche molto
divertente. Il mondo
è ai tuoi piedi e la tua
immaginazione può
portarti ovunque.
Riferimenti
Valentina E. Store
148 360 GRADI
360 GRADI
149
150 360 GRADI
360 GRADI
151
152 360 GRADI
360 GRADI
153
154 360 GRADI
360 GRADI
155
156 360 GRADI
360 GRADI
157
JARLA CAPALINI
Jarla Capalini,
Responsabile del Settore
FOTOGRAFIA
Scrittura con la luce, dal greco φῶς, φωτός, “luce” e γραϕία,
“scrittura”, questo è la “fotografia”.
Ora so che parlare di fotografia in Second Life farà
sicuramente arricciare il naso ai puristi o sorridere i
professionisti ed appassionati più benevoli; ma una
volta c’erano pellicola ed esposimetro, poi sono arrivati
macchine digitali e files, oggi usiamo anche i telefoni per
fotografare e grazie (forse) a questi la fotografia è ormai
alla portata di tutti.
Ecco quindi che un “viewer”, con tutte le sue peculiarità
tecniche, può diventare un mezzo perfetto per “scrivere”
con la “luce” virtuale l’incontro tra soggetto e l’occhio del
fotografo, da cui nasce una nuova possibile visione
immaginifica della realtà, seppur virtuale.
Questo faremo nel nostro viaggio tra i fotografi di Second
Life: parleremo di tecnica, composizione, ispirazione e
passione, sperando di convincere gli scettici che le nostre
immagini, per quanto raffiguranti un mondo di pixels,
possono essere considerate a buon diritto “fotografia”.
Jarla
158 360 GRADI
360 GRADI
159
SADYCAT
LITTLEPAW
SadyCat è blogger, blogger manager e fotografa di
successo.
Scritto da JARLA CAPALINI.
Immagini di SADYCAT.
160 360 GRADI
S
360 GRADI
161
BLOGGER
SADYCAT
SadyCat Littlepaws lavora da diversi
anni nell’industria della moda di
Second Life ed è una delle blogger più
accreditate del mondo virtuale.
SadyCat Littlepaws lavora da
diversi anni nell’industria della
moda di Second Life ed è una
delle blogger più accreditate del
mondo virtuale. La fotografia per
la moda è il suo pane quotidiano
e noi vogliamo provare a
strapparle qualche segreto.
Ovviamente lei è molto più di
questo, quindi incontriamola e
facciamo due chiacchiere.
Jarla: Come è stato il tuo inizio in
Second Life?
Sady: Un’amica in RL mi ha
tormentato ogni giorno per
2 settimane fino a quando
una notte in cui non riuscivo
a dormire, ho provato. Era il
novembre 2006 e da allora sono
qui. Lei non è durata sei mesi.
(Ridacchia)
Jarla: Quando ti sei appassionata
alla fotografia e cosa ti ha
attratto.
Sady: Credo che il mio amore
per la fotografia venga dalla vita
reale. Scattavo tantissime foto
in RL, persino servizi fotografici
con i miei amici e questo molto
prima dei giorni di Instagram e
162 360 GRADI
In qualità di blogger manager ha
il difficile compito di selezionare i
bloggers migliori.
360 GRADI
163
degli altri social media.
Jarla: Ti sei occupata
sul blog sia di
arredamento che di moda,
tecnicamente hanno
punti in comune o sono
due cose completamente
diverse?
Sady: Si, mi sono occupata
sia di arredamento che
di moda sul blog. Mi era
stato detto che avrei
dovuto concentrarmi su
un unico genere per più
tempo e invece io volevo
dimostrare che potevo
fare entrambe le cose.
E le ho fatte, ma ad un
certo punto non riuscivo a
tenere il passo. Occuparsi
di arredamento nel blog
è molto diverso dalla
moda e, secondo me, può
essere più stimolante. Ci
vuole molto più tempo,
questo è certo.
Jarla: Che cosa ti ha fatto
scegliere di dedicarti solo
alla moda... a parte la
passione che ogni donna
ha per gli abiti?
Sady: Semplicemente
non avevo più il tempo
di preparare le scene
per il decor. Mi piace
ancora arredare e creerò
sempre i set per le mie
foto di moda, ma per
dare all’arredamento
l’attenzione che merita
... beh, non ho proprio
tempo. Inoltre, odio
abbassare il livello
“ Mi sono
occupata sia di
arredamento che
di moda”
SadyCat
qualitativo delle mie
scene. (sorride)
Jarla: Sembra che il modo
di fare il fashion blogger
sia cambiato negli ultimi
anni, ora è tutto più
incentrato sulla fotografia,
e non sullo scritto. Tu che
ne pensi?
Sady: Penso che la
moda sia sempre stata
più un’industria visiva.
Quando i blogger
scrivono, alcuni parlano
della loro vita... altri
parlano degli oggetti
fotografati. Ad essere
onesti, penso che parlare
degli articoli e della
moda sia davvero la
strada da percorrere,
ma faccio fatica a farlo.
Onestamente non so se
più che una manciata
di persone legga
effettivamente il mio
blog.
Jarla: Quando c’è una
nuova release, come
organizzi tutto il lavoro
per arrivare allo scatto?
Sady: Ogni scatto è
diverso. Mi vengono delle
idee quando vedo le
nuove cose, ma a volte
uno scatto assume una
vita propria. Tendo ad
annotare le idee che mi
vengono sui post-it e ho
tante bandierine fucsia
che incorniciano il mio
monitor. A volte rimugino
su un’idea anche per
mesi.
Jarla: Dopo aver salvato
lo scatto quanto lavori
sulle tue foto?
Sady: Dipende da cosa
voglio fare, ma di solito
mi piace giocare con le
luci e avere un’immagine
chiara di ciò che sto
cercando di mostrare.
Jarla: Sei sempre
soddisfatta del risultato
che ottieni?
Sady: Vorrei dire che non
pubblico mai una foto di
cui non sono soddisfatto,
ma ci sono volte in cui
il tempo è essenziale e
ho bisogno di pubblicare
“qualcosa”. Mi piace la
maggior parte delle mie
foto, ma ogni tanto ne
faccio una e sono tipo ...
ugh, la odio. Certo, sono
quelle foto che invece
sembrano piacere a tutti.
(ridacchia)
Jarla: E’ importante un
avatar ben fatto per la
riuscita di una foto?
164 360 GRADI
Sady: A mio parere, è
imperativo. Non sono una
editor di foto abbastanza
brava da rendere
fantastico un avatar di
sistema con Photoshop.
Io non disegno niente.
Il massimo che faccio è
migliorare lo scatto per
mettere in maggiore
evidenza le cose. Non
sono una maga.
Jarla: Una foto di moda
deve ovviamente mettere
in luce la creazione per la
quale viene realizzata, ma
secondo te qual è la cosa
o le cose che catturano
l’attenzione del pubblico?
Sady: Le scelte di
illuminazione e colore
fanno un’enorme
differenza, poi la posa.
Non puoi mostrare un
top se le tue braccia sono
piene di fiori e cibo. Non
puoi mostrare una skin se
sei coperto di tatuaggi e
trucco pesante. Non puoi
mostrare correttamente
una gonna se sei seduta.
Jarla: Quanto conta la
componente artistica in
una foto di moda?
Sady: Migliore è la foto
e più persone vorranno
guardarla. Allo stesso
tempo, penso che sia
importante per i brand
avere diversi tipi di
blogger. Ad esempio,
un brand come Vinyl o
Blueberry... creano abiti
che stanno benissimo su
tutti, ma lo stile di ognuno
darà suggerimenti agli
spettatori. Quindi, è
utile avere alcuni artisti
dark/gotici nei team dei
blogger per mostrare
come le creazioni
possono essere versatili.
Hai le ragazze gattine,
le tue ragazze urbane
e le ragazze classiche
(preciso che questo non
è un insulto). Più versatile
è la tua squadra, più
versatilità viene messa in
mostra e più si amplia il
tipo di pubblico a cui ci si
rivolge.
Jarla: A proposito di
brand… Oltre a essere un
blogger, sei una blogger
manager per importanti
marchi in SL, immagino
tu partecipi anche alla
selezione dei blogger:
quali sono i requisiti
che devono avere come
fotografi?
Sady: La prima cosa che
cerco è la visibilità. Le
persone si arrabbiano
360 GRADI
165
tantissimo per questo,
ma la verità è che... il
punto centrale di avere
blogger è mostrare i
prodotti a quante più
persone possibile. Il blog
è pubblicità. Quindi,
ovviamente, cerco sì dei
fotografi raffinati ma
con la massima visibilità
possibile. Piaccia o no,
il blog è un gioco di
numeri. Non distribuiamo
solo prodotti gratis.
Accettiamo di darti i
nostri articoli se accetti
di promuoverli nel modo
migliore. È così semplice.
Jarla: Vorresti condividere
con noi un tuo “segreto”
riguardo alla fotografia su
SL? Puoi dire anche no se
preferisci
Sady: Non so se ho un
segreto. Mi ispiro agli altri
e sperimento molto. Se
guardi il mio stream su
Flickr, vedrai che c’è una
grande varietà di stili.
Jarla: Il tuo “miglior”
difetto?
Sady: Uhm ... ne ho così
tanti. Non saprei quale sia
il “migliore”. Immagino di
poter dire la mia voglia
di sperimentare, che mi
ha tenuto lontana da
molti team, perché manco
di uno stile coerente.
Tuttavia, non smetterò
mai di provare cose
nuove. Non so se questo
sia davvero un difetto.
“Non so se ho un
segreto. Mi ispiro agli
altri e sperimento
molto”
Riferimenti
Flickr
Blog
Instagram
Facebook
SadyCat
166 360 GRADI
360 GRADI
167
168 360 GRADI
360 GRADI
169
Un grazie speciale a
Un ringraziamento speciale ai nostri
affezionati lettori che hanno messo il
kiosk della rivista sulla loro land:
Lee Olsen
LUNDY ART GALLERY
Tia Rungray
STRUKTURO
-Ñïéü- (nieuwenhove)
NOIR’WEN CITY
Dixmix source
DixMix Art Gallery
Anelie Abeyante
La Maison d’Aneli
Ilyra Chardin (ilyra.chardin)
Emergent Gallery
LIV (ragingbellls)
Raging Graphix Gallery
Michiel Bechir
Michiel Bechir Gallery at Embrace
Michiel Art Cafe
Hermes Kondor
Viktor Savior de Grataine (viktorsavior)
SHINY (narayanraja)
Bohemio Love
Jaz (Jessamine2108)
Art Promotion
Camp Italia
170 360 GRADI
360 GRADI
171
FOTOGR
SCELTI SU F
“inside me ”
MIna Arcana
172 360 GRADI
LICKR
AFI IN SL
Scelti
dall’editore.
Splendide
fotografie viste
sul gruppo Flickr
di 360 GRADI
Magazine.
360 GRADI
173
174 360 GRADI
Lilith
Geordie
360 GRADI
175
Anto Haiku
176 360 GRADI
360 GRADI
177
178 360 GRADI
Santra
Seranno
360 GRADI
179
180 360 GRADI
Alba
Silverfall
360 GRADI
181
182 360 GRADI
Elaine
Lectar
360 GRADI
183
ROXANNE
MISS V
184 360 GRADI
ERROR 404 -
NOT BOUND
360 GRADI
185
186 360 GRADI
AshleyAlyson Yexil
360 GRADI
187
188 360 GRADI
Lidiane
Miller
360 GRADI
189
190 360 GRADI
Santra
Seranno
360 GRADI
191
192 360 GRADI
Lilith
Geordie
360 GRADI
193
ROXANNE
MISS V.
194 360 GRADI
360 GRADI
195
196 360 GRADI
Lidiane
Millerll
360 GRADI
197
198 360 GRADI
Santra
Seranno
360 GRADI
199
Lidiane
Miller
200 360 GRADI
360 GRADI
201
202 360 GRADI
Santra
Seranno
360 GRADI
203
Mina Arcana
204 360 GRADI
360 GRADI
205
Grazie per la lettura.
Speriamo che tu
abbia gradito questo
numero.
360 GRADI Magazine
Copyright.
Non siamo affiliati a
Linden Lab.
206 360 GRADI
Per la pubblicità su 360
GRADI Magazine scrivi
a:
360gradi.sl@gmail.com.
360 GRADI
207