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Momenti

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P R E S E N T A Z I O N E I N C A T A L O G O

Èda una condizione di solitudine subita e voluta insieme che Ballarini,

nel suo dipingere, filtra con coscienza riflessiva le emozioni, i contrasti,

i desideri, le seduzioni della vita perché possano diventare

“Racconto”, proposito e stilema di tutto il suo ormai lungo cammino

artistico. Giuseppe Ballarini ha sempre raccontato con la sua pittura: da una

ormai lontana e mai dimenticata “Via della Croce” alle composizioni di vecchi e

bimbi stretti in un rapporto di muto reciproco amore, dalla incandescente e

sensuale follia degli “Zingari”, alla tenera figurazione del passerotto sulla neve,

Ballarini ha sempre raccontato solo sé stesso; pittura quindi di evocazione, di

introspezione, di ricordo e non di mimesi.

I cieli, gli alberi, gli spazi non sono agitati da venti atmosferici, ma da rimpianti,

da passioni, da orgasmi: la tensione sospesa, opalina, trepidante dei

suoi quadri è sempre pronta a precipitare, a trasformare i cieli, alberi, spazi

polverizzandoli in una ebbrezza silenziosa, improvvisa, disperante. Racconti

come canzoni che cantano sempre lo stato tenero e crudele della sua contraddittoria

solitudine.

Per questo trepido raccontare la materia pittorica si trasforma, si impenna, si

adagia, sia rabbruna, si raddensa perché sa di diventare strumento e tramite di

messaggio: e nella tensione del raccontare il colore, il segno, il gesto, si liberano

del “vero” con un progressivo distacco dal motivo naturale e, diventando protagonisti,

configurano una verità più poetica, misteriosa e seducente.

Le catene del racconto cadono e si libera la felicità del raccontare; in questa

libertà che è inconsapevole e smemorante superamento di ogni vincolo formale,

Ballarini illumina e risolve la sua scontrosa solitudine offrendo una calda

mitologia di personaggi feriali e anonimi, spesso senza volto, incastonati in un

mondo vasto e silenzioso dove pace e malinconia, collere e carezze, memorie e

abbandoni tessono la loro fitta trama umana attorno alla nostra distratta esistenza.

Raccontare i silenzi della natura, il rabbuiarsi dei cieli, lo svolgersi degli spazi

sconfinati che si stendono oltre i limiti angusti delle abitudini, dei percorsi

obbligati, delle chiusure mentali e perdersi in opalescenti e vaghe geografie:

aprire finestre, allargare orizzonti, fuggire da sé alla ricerca di precognizioni, di

sogni, di sortilegi che continuano a sottrarsi da sempre alla conoscenza dell’uomo.

Ecco che le forme del reale, la trama del racconto, si confondono e si compenetrano

al mistero seducente dell’immaginario, all’imprevedibile accendersi dei

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