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MENSILE DI INFORMAZIONE SUL CALCIO FEMMINILE
ANNO 5 - NUMERO 16 - MARZO 2021
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VOGLIA DI NON
MOLLARE MAI
GIULIA RIZZON È UNA DELLE COLONNE DEL COMO WOMEN
«SOGNO LA SERIE A. SPERO DI NON AVERE PIÙ INFORTUNI ED È GRAZIE
AI MIEI GENITORI SE GIOCO DA 22 ANNI. VORREI CHE IL MIO NIPOTINO
POSSA VENIRE A VEDERMI GIOCARE ED INCITARMI»
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L’EDITORIALE DEL DIRETTORE
Un'altro brutto risveglio per il
nostro calcio (di club) femminile
all'indomani degli
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ottavi di finale della Uefa Women's
Champions League (il dettaglio nella
pagina a fianco a cura di Salvatore
Suriano). La Fiorentina, unica superstite
dopo l'eliminazione della Juventus
ai sedicesimi, prende due scoppole
(andata e ritorno) contro il Manchester
City. E, ancora una volta, ci ritroviamo
ad interrogarci. Possibile che il miglior
risultato recente sia quello del Brescia
di Bertolini che raggiunse i quarti di
finale nell'ormai lontano 2016? Stiamo
parlando di una delle squadre più
forti che abbiamo visto all'interno
dei nostri confini, è vero, ma niente
in confronto ai budget ormai a sei
zeri delle corazzate professionistiche
di oggi. Cosa non sta andando per il
verso giusto nella crescita delle nostre
squadre a livello continentale?
Sicuramente, la situazione "ibrida" del
nostro campionato, con la coesistenza
di realtà professionistiche e dilettantistiche
non fa bene alla competitività
delle squadre più forti (Juventus in
primis) che, tanto per dirne una, in
questa stagione deve ancora pareggiare
una partita. C'è la necessità di
alzare il livello complessivo, e staremo
a vedere se la tanto sospirata riforma
dello sport al femminile, con l'avvento
del professionismo di fatto, potrà
davvero dare i frutti sperati oppure
acuire ulteriormente la sperequazione
che già c'è, aumentando il divario (già
enorme) tra le quattro-cinque squadre
che hanno alle spalle una realtà di
primo livello sia a livello tecnico che
finanziario, e le altre che, per mantenere
la categoria, dovranno fare i salti
mortali tra pagamenti di contributi e
cose varie. È vero, se vuoi la bicicletta,
devi pedalare: ma l'auspicio è che la
Federazione preveda degli aiuti per
quelle società che dall'oggi al domani
si troveranno catapultate in una realtà
completamente diversa da quella che
vivevano fino a pochi giorni prima (e
che hanno vissuto per anni, se non per
decenni). Non vorremmo si corresse il
"rischio" per cui, per attrarre giocatrici
di talento e fama internazionale per
far sì che i nostri top club emergano a
livello Europeo, ci si ritrovasse a dover
commentare un campionato di casa
nostra "a inviti", "per censo". Quella sì,
sarebbe la più grande sconfitta.
FLAVIO
GRISOLI
CALCIOINROSA.IT
Testata giornalistica
registrata presso
il Tribunale di Arezzo
n.5/2018
EDITORE E FONDATORE
Asd Calcioinrosa.it
Artemio Scardicchio
DIRETTORE RESPONSABILE
Flavio Grisoli
IN REDAZIONE
Miriana Cecchi
Alessandro Colli
Vincenzo De Caro
Lisa Grelloni
Isabella Lamberti
Maurizio Stabile
Salvatore Suriano
Mariano Ventrella
GRAFICA E IMPAGINAZIONE
Calcioinrosa.it
CREATIVITÀ LOGO
Rocco Lotito
roccolotito@gmail.com
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Fiorentina, ottavi di Champions ancora amari
La Fiorentina saluta la UEFA Women's Champions League agli ottavi
bissando il risultato della scorsa stagione
SALVATORE
SURIANO
L'impegno era di altissimo
profilo e presentava evidenti
difficoltà dal punto
di vista tecnico e tattico contro
una squadra, come il Manchester
City, costruita per dominare
tanto in patria quanto in Europa.
Avere infatti davanti giocatrici
del livello di Rose Lavelle, Ellen
White, Lauren Hemp, Lucy Bronze
(tanto per citare alcune delle
campionesse presenti nella rosa
delle Sky Blues) non sarebbe
facile per nessuno, ancora più
difficile quando queste si esprimono
ai massimi livelli come in
questo doppio confronto. L'addio
di Tatiana Bonetti inoltre e le defezioni
che hanno costretto mister
Cincotta a rimodellare la formazione
nei centottanta minuti
hanno assottigliato le possibilità
di qualificazione di minuto in
minuto con le Citizens che hanno
dimostrato di poter fare letteralmente
a fette una formazione
non preparata. I limiti delle viola
si sono viste prevalentemente
sul punto di vista dell'intensità
del gioco, della fluidità della manovra
(il possesso palla medio si
attesterà al 75% per il City) e della
qualità del palleggio. Il gioco
sulle fasce poi ha praticamente
creato un abisso tra le due
squadre con il City che ne fatto il
proprio terreno per costruire svariate
occasioni da gol. C'è poco
da salvare da questa campagna
europea, se non il fatto di aver
visto tante giovani atlete che
hanno potuto tastare l'emozione
della competizione continentale
e quell'orgoglio che ha consentito
di strappare la qualificazione
al turno precedente all'ultimo
respiro. Sembra ad ogni modo
difficile poter chiedere di più a
un gruppo che sta attraversando
un momento di transizione
importante dopo un ciclo ricco di
soddisfazioni. La Fiorentina ora
dovrà onorare al meglio il finale
di stagione con il campionato da
concludere con maggiore continuità
per mettere le basi per la
prossima stagione, dove si potrà
nuovamente puntare a conquistare
un posto in Europa.
(Foto Twitter ACF Fiorentina)
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«Voglio continuare a definire la mia identità»
Intervista a Bianca Bardin della Florentia: «Vorrei imparare da Galli e Parisi. Vorrei
laurearmi senza rinunciare al calcio, spero nel professionismo»
LISA
GRELLONI
L’obiettivo del suo club è arrivare il
più in alto possibile, le piacerebbe
giocare con un attaccante come Polli:
intervista speciale a Bianca Bardin, centrocampista
della Florentina San Gimignano.
Ciao, una tua breve presentazione
«Ciao, sono Bianca Bardin, ho 21 anni e
gioco come centrocampista centrale nella
Florentia San Gimignano».
Come ti sei avvicinata al calcio? Le tue esperienze
in carriera?
«Ho cominciato a giocare un po' per caso,
prima ne La Giovanile (calcio a 5 femminile),
poi nello Schio Femminile. Avevo
deciso di smettere per provare con l'atletica,
ma dopo qualche mese ho ripreso subito
nella P.G.S.Concordia (maschile), dove sono
rimasta per quattro anni fino a quando ho
potuto, cioè fino a 15 anni. Nel frattempo
sono arrivate le primissime convocazioni
con le Nazionali giovanili, che mi hanno
aperto al mondo del calcio femminile,
compreso quello europeo, durante i 4 anni
di u16, u17 e u19. Ho giocato due anni nel
Vicenza Femminile, sia in primavera che,
poi, in Serie B. Nel 2017 mi sono trasferita a
Verona (nell'allora AGSM Verona, divenuto
Hellas Verona Women l'anno seguente),
dove ho avuto la possibilità di esordire e
giocare i miei primi tre anni di serie A. E ora
eccomi qui, a San Gimignano».
C’è una giocatrice con la quale ti piacerebbe
giocare? Perchè?
«Beh, ci sono tantissime centrocampiste con
cui vorrei giocare e da cui vorrei imparare,
emblematicamente direi Galli e Parisi. Ma
penso anche a giocare con un attaccante
come Polli: qualsiasi palla in cassaforte o,
eventualmente, in rete».
Qual è il tuo obiettivo stagionale? E quale
quello del tuo club?
«Ad inizio anno ricordo di aver detto che
il mio obiettivo fosse quello di maturare
una mia identità, quindi direi che a livello
personale rimane quello di continuare a
definirla. Dopo questo piccolo imprevisto
alla caviglia, vorrei rimettermi a disposizione
al più presto. Spero di poter contribuire il
più possibile al finale di questa stagione, il
cui esito, nonostante i vari alti e bassi, può
rivelarsi decisamente positivo. Il nostro
obiettivo è di arrivare, ovviamente, più in alto
possibile, visto che non c'è ancora niente di
certo e questo campionato si giocherà fino
all'ultima giornata».
Un sogno da raggiungere da qui a 10 anni?
«Il calcio è uno sport e il sogno di chi fa
sport è quello di vincere qualcosa, no? Al
di là di questo, tra dieci anni spero proprio
che mi sarò laureata. La mia più grande
soddisfazione sarebbe quella di poterlo
fare senza rinunciare al calcio, ma questo
sarà possibile solo se, finalmente, otterremo
le giuste tutele che ci spettano in quanto
(quasi) professioniste. (Foto Parigini)
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«Sogno il mio Como in Serie A»
A tu per tu con Giulia Rizzon, difensore della Riozzese Como: «Spero di non avere più
infortuni. Grazie ai miei genitori dopo 22 anni gioco ancora»
LISA
GRELLONI
Ha iniziato a giocare ad appena
5 anni, contro il Cittadella
si aspetta una grande voglia
di riscatto da parte della sua squadra:
intervista speciale a Giulia Rizzon.
Ciao, una tua breve presentazione
«Ciao sono Giulia Rizzon ed ho 27 anni.
Gioco a calcio da quando avevo 5 anni e
mezzo, ho iniziato la mia carriera in una
squadra del mio paese, la Luisiana Calcio
ed ho continuato con essa fin quando
potevo giocare con i maschi. Dopodiché
sono passata alla Bergamasca Calcio
che era una squadra affiliata all’Atalanta
femminile ed infine sono approdata al
Mozzanica dove ho fatto tutto il settore
giovanile, fino all’arrivo in prima squadra.
Ho indossato questa maglia per 13 anni.
Dopo purtroppo per vari accadimenti, ha
scelto di non iscriversi al campionato,
molto tristemente perchè è una società
ventennale. Ho preso così in considerazione
il progetto del Como e del Presidente
Verga che ho deciso di sposare nonostante
avessi altre proposte da squadre
più blasonate. Mi è piaciuto da subito il
suo progetto, la sua accoglienza e la sua
voglia di vincere. E’ da due anni che vesto
questa maglia. Ho iniziato giocando nel
settore giovanile come centrale di centrocampo,
a livello offensivo, per poi per
esigenze di squadra, nella Bergamasca
Calcio sono diventata difensore centrale.
Da lì non ho più cambiato ruolo se non
forse per qualche partita nel Mozzanica».
Come ti sei avvicinata al calcio? Le tue
esperienze in carriera?
«In modo molto naturale. Ho una sorella
più grande di me, quando ero piccina
cercava di coinvolgermi nel gioco delle
bambole ma io ho sempre avuto tra i
piedi la palla e questa cosa mi ha spinto
a giocare. Ho una famiglia che sono
appassionati di calcio, forse all’inizio un
po’ meno ma poi seguendomi sempre più.
Prima erano più vicini al settore maschi-
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le, ora seguono di più il femminile. Il mio
traguardo di oggi lo devo anche a loro,
dopo 22 anni gioco ancora a calcio ed
è sicuramente grazie a loro. Mi hanno
voluta e mi hanno permesso di proseguire,
quindi sono molto contenta di ciò. Per
quanto riguarda le mie esperienze sono
entrata a 15 anni nella rappresentativa
regionale dove ho conquistato un titolo
come campionesse della Lombardia.
Dopo un po’ di trafile nell’Under 17 ed
una qualificazione all’Europeo in Svizzera,
ho qualche chiamata nell’Under
23 sperimentale. Ho giocato sempre ai
massimi livelli per tanti anni, sono stata
molto fortunata che l’ex Atalanta Mozzanica
mi ha chiamata, ed ero anche molto
vicina a casa. Ora gioco in B, ma non mi
aspettavo un campionato così competitivo».
A chi ti ispiri?
«Non ho un modello al quale mi ispiro,
anche se sono tifosa del Milan e mi piace
guardare il calcio giocato sia maschile
che femminile. In genere amo vedere
qualunque partita. Da milanista e da tutti
quelli che mi vedono giocare, mi “paragonano”
un po’ a Baresi. Probabilmente
dunque dico lui anche se non l’ho mai
visto giocare».
Qual è il tuo obiettivo stagionale? E
quale quello del tuo club?
«Il mio obiettivo, oltre a quello di non
avere più infortuni, è avere una continuità
di gioco. Però credo che rispecchi un
po’ quella che è la volontà del club, cioè
quello di arrivare in Serie A anche se c’è
da combattere».
Un sogno
«Il mio sogno calcistico è quello di
mantenere una buona salute, una buona
forma nei prossimi anni che mi possa
permettere di continuare a giocare, dato
che non sono professionista. Dal lato personale,
umano, è quello di vedere il mio
nipotino, che ora ha un anno e mezzo,
sugli spalti a fare il tifo per me».
(Foto: Profilo Instagram Como Women)
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«Abbiamo fame di imparare e migliorare»
Clara Lazzara, mezzala del Palermo, si racconta in esclusiva: «La classifica ci interessa e
io sono una che non si accontenta mai»
MARIANO
VENTRELLA
Mezzala destra o sinistra,
propensa agli inserimenti
e a ricercare
la rifinitura, spinta anche dal tipo
di gioco suggerita dall’allenatrice,
è dedita al recupero della palla
oltre a garantire la sua presenza
in fase difensiva.
Alla scoperta della calciatrice siciliana
Clara Lazzara, classe 1995,
elemento portante dell’Asd Palermo
femminile, squadra in lotta
per la promozione, militante nel
girone D di serie C.
Ciao Clara, come è nata la tua
passione per il calcio?
«Ho cominciato a giocare all’età di
6 anni; ho un fratello 2 anni più
grande di me che seguivo ovunque,
quando giocava a calcio, guardandolo
da dietro la rete che circondava
il campo. Un giorno mentre
osservavo l'allenamento mi sono
ritrovata con un pallone vicino e
nell'attesa ho iniziato a calciarlo,
cercando di imitare i movimenti di
mio fratello. Nel corso del tempo, il
suo allenatore, avvicinandosi a mia
madre, le propose di portare anche
me agli allenamenti, visto che mi
vedeva sempre con il pallone fra i
piedi; all’epoca era una novità per
tutti in città, ero l'unica bambina,
ma a me non importava più di
tanto, in quanto l'aspetto principale
che mi interessava era stare lì
dentro in campo e dare calci a quel
pallone; posso pertanto dire che è
nata a 6 anni la mia passione per-
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ché ho cominciato a quell'età a giocare,
anche se ho la sensazione che
possa essere nata anche in epoca
precedente a 2-3 anni, avendo scoperto,
guardando dei vecchi video
dei compleanni, che già all’epoca,
utilizzavo i piedi, anzichè le mani,
nel toccare i palloncini riempiti di
aria».
Le difficoltà che hai dovuto superare
per diventare calciatrice
«Quando ero piccola e ho cominciato
a giocare non ho trovato grandi
difficoltà perché i miei genitori non
hanno mai ostacolato questa mia
passione ed inoltre i miei compagni
di squadra maschi all'interno del
campo mi trattavano senza alcuna
differenza; all’epoca, essendo l'unica
femmina, mi permettevano di andare
prima al campo per cambiarmi e
mettere il completino per poi uscire
dallo spogliatoio, per poi consentire,
in seguito, ai maschietti di indossare
l’uniforme con lo stesso procedimento
che veniva osservato a fine
gara; dispiace ricordare che quando
giocavamo contro le altre squadre,
a volte, sia gli allenatori che i
ragazzi, avevano un atteggiamento
di scherno nei miei confronti con le
tipiche frasi accompagnate da risate
: “sei una femmina”, oppure “guarda
c'è una femmina”; ciononostante
non è mai stato un problema per
me ricevere queste provocazioni,
in quanto, all'interno del campo
sapevo farmi valere e spesso alla
fine delle partite erano loro stessi
ad essere presi a sua volta in giro,
perché "battuti da una femmina".
Crescendo, la vera difficoltà è stata
trovare una squadra femminile dove
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Per giocare, poiché colpo di c'erano frusta si davvero intende
poche realtà una traumatica in rosa ed escursione i primi
anni per della non testa, stare per fuori esempio casa mio
durante padre mi la caduta accompagnava all’indietro 3-4 dopo volte
a settimana agli allenamenti,
un
percorrendo anche più di 150 km
all’andata e 150km al ritorno; sicuramente
la mia famiglia ha reso
più facili da superare le difficoltà
che una bambina che si avvicina al
mondo del calcio deve affrontare;
fortunatamente oggi le cose stanno
cambiando, sembra che ci siano più
opportunità e un numero maggiore
di colpo squadre di testa femminili, durante una decisamente partita. Si
un può grande spesso passo associare in avanti anche che ad un lascia
trauma ben cranico sperare quindi per occorre tutto il prestare movimento».
molta attenzione post infortunio.
Esperienze pregresse
«Ho iniziato a giocare in una
scuola calcio nel mio paese, in cui
ero l'unica femmina. A 14 anni ho
disputato il campionato di serie C
(regionale) nel Real Petilia. L'anno
successivo, per 2 anni ho militato
nell'Upea Orlandia 97, la prima
stagione nella primavera con la
quale siamo arrivate ai quarti di
finale Le lesioni del che Campionato; si creano interessano
principalmente stesso periodo, la muscolatura ho ricevuto
inoltre,
nello ,
le i legamenti, mie prime i dischi convocazioni intervertebrali serie e,
A nel e nella peggiore nazionale dei casi under , le vertebre 16 con e il
la quale ho partecipato al Torneo
Beppe Viola ad Arco di Trento. Il
secondo anno ho disputato sempre
a Capo d'Orlando il campionato di
serie A2; la stagione successiva e
per 3 anni ho giocato ad Acireale
nell'Acese, disputando il campionato
di serie A2, conquistando la
promozione in serie A; successivamente
mi sono trasferita a Cervia
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nel Riviera di Romagna in massima
serie per poi ritornare in Sicilia
l'anno successivo a Capo d'Orlando
per 2 anni, disputando il campionato
di serie B; dopo questi 2 anni per
una stagione ho giocato a futsal per
poi la stagione successiva, ovvero 2
anni fa, essere chiamata dal Palermo,
la mia squadra attuale, militante
in serie C».
I punti di forza della squadra
«La squadra è giovane, in crescita,
lavoriamo giorno dopo giorno sugli
errori e sui dettagli singoli e di
squadra, cercando di fare, partita
dopo partita, prestazioni migliori.
Siamo una squadra che gioca palla
a terra e uno dei punti di forza è
sicuramente la fame di imparare e
migliorare che ognuno di noi ha».
Obiettivi stagionali personali e di
gruppo
«L'obiettivo di squadra si concentra
sulla prestazione, miriamo
a fare meglio della partita precedente.
Non si può negare che
la classifica ci interessa, anche
perché, se si vuole crescere, bisogna
mirare in alto. Personalmente
mi creo molti obiettivi da raggiungere,
anche piccoli obiettivi
quotidiani per fare sempre meglio
e contribuire alla crescita della
squadra. Non sono una persona
che si accontenta, e mirare a
giocare in categorie superiori alla
serie C, è sicuramente uno dei
miei principali traguardi da raggiungere».
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Damiano Basile alla conquista del calcio a 11
Uno dei direttori sportivi più apprezzati del panorama del futsal allarga il suo campo
«Il calcio femminile è un mondo che ha trovato la sua strada»
È
uno dei Direttori Sportivi
più apprezzati nell’ambiente
del futsal. Con
tanta passione e determinazione
ISABELLA
LAMBERTI
ha portato la sua Ternana nell’olimpo
del futsal femminile. A Terni,
con un PalaVittorio gremito
di tifosi, con coreografie mozzafiato,
ha portato due Scudetti e
una Supercoppa, per non parlare
di giocatrici importanti come
Neka, Tardelli, la giovanissima
Coppari e tante altre stelle. Dopo
la scomparsa delle “Ferelle” è
emigrato a Fiano Romano dove
nella scorsa stagione, prima dello
stop per il Covid, ha conquistato
la massima serie col Città
di Capena. Da questa stagione
Damiano Basile si è affacciato
al mondo del calcio femminile e
sicuramente la sua vasta esperienza
porterà ottimi frutti nella
sua nuova avventura.Da questa
stagione ti sei affacciato al mondo
del c11, iniziando a conoscere
questa nuova disciplina. Che
idea ti sei fatto sulla situazione
attuale anche rispetto al mondo
del futsal?
«È un mondo che ha trovato una
sua strada, il passo decisivo,
chiamiamolo così. Il futsal ancora
lo deve trovare, sicuramente lo
troverà, perché i tempi sono maturi,
ma ci vorrà ancora del tempo.
Le differenze sono tante e questo
un po’ disorienta quando si passa
da un mondo all’altro, io ho avuto
la fortuna di aver conosciuto un
Mister come Fabio Melillo che mi
ha dato subito delle nozioni di
campo preziose, non potevo conoscere
allenatore migliore per
essere introdotto nell’ambiente.
Mi auguro che presto venga messo
alla guida della prima squadra,
perché ha una marcia in più e da
tifoso romanista quale sono è il
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miglior augurio che ci possa essere
perché significherebbe far vincere
la Roma».
La Ternana è stata una favola
meravigliosa, il primo scudetto, la
nascita del palazzetto.. che ricordi
hai di quell'esperienza?
«I ricordi di Terni non possono che
essere tutti belli. Abbiamo costruito,
insieme alla piazza rossoverde,
un qualcosa di unico che ha portato
due Scudetti e una Supercoppa
italiana per la prima volta in città.
Tra l’altro rimane un record assoluto
nel campionato di A Femminile
che può vantare solo Terni.
Abbiamo cambiato tutti insieme la
disciplina dandole quell’apertura
necessaria che prima non aveva. I
ricordi più belli sono legati proprio
alle vittorie e alle finali scudetto,
le ore precedenti al fischio d’inizio
quando si iniziava a riempire
il Palazzetto. Vedere le code alla
biglietteria o il tifo organizzato
che preparava le coreografie. Una
adrenalina unica perché è unica
la piazza di Terni, mi auguro che
qualcuno un giorno possa provare
anche solo in piccola parte quello
che i tifosi rossoverdi hanno fatto
provare a me».
Ricordi che sono racchiusi in un
libro
«È stato un lavoro incredibile quello
dell’autore e del suo staff, mai
avrei pensato di sfogliare le pagine
di un libro e poter ripercorrere
quegli anni in modo così preciso e
nei dettagli. D’altronde una favola
unica meritava un libro unico
e solo Artemio Scardicchio poteva
farlo con la sua maestria e la sua
esperienza nel settore. A distanza
di quasi un anno dall’uscita ancora
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vedo in giro gente che lo compra e
smania per sfogliarlo oppure che
si fa una foto e la posta sui social.
Complimenti ancora».
Dopo la Ternana, e un periodo di
pausa, sei approdato al Capena
e anche qui hai centrato subito
la.promozione in massima serie:
che stagione è stata?
«È stato il primo campionato
bloccato dal Covid a marzo, viaggiavamo
imbattuti a una media
punti che sfiorava sempre i tre a
partita con due pareggi in tutto
l’anno. Ciò che mi porto dietro è
l’esperienza di aver visto da vicino
il campionato cadetto che prima di
quel momento per me era qualcosa
di sconosciuto. È stata davvero
una bella stagione fino al momento
della pandemia ovviamente».
Da Luca Bergamini, neo Presidente
della Divisione Calcio a 5
che cosa ti aspetti? Dove deve
lavorare nello specifico?
«Penso che abbia le idee chiare e
non sono certo io a doverlo consigliare
visto che ho molta meno
esperienza di lui in politica sportiva.
Ciò in cui spero è che si possa
intraprendere un percorso diverso
dal passato, semplicemente perché
i tempi di oggi sono completamente
diversi e se non si trovano nuove
soluzioni che portino risorse al
futsal femminile sarà sempre più
difficile avere una serie nazionale
di livello come negli ultimi anni».
Per il calcio femminile siamo alla
svolta, tra 10 mesi entreremo
nel professionismo. Per il futsal
quando succederà?
«Mi auguro presto, perché penso
che arrivati a questo punto sia
una delle poche strade percorri-
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bili, non sono entusiasta nel dirlo
perché il futsal ha le sue peculiarità
che con il professionismo a
mio parere andranno perse; ma il
momento è davvero difficile per il
dilettantismo in generale».
In ogni squadra dove sei andato
hai vinto, possiamo dire che avere
Damiano Basile in società si parte
già vincenti?
«Non saprei, sicuramente lavoro in
modo di poterlo essere ogni stagione.
Ho vinto due scudetti, una Supercoppa
e disputato in totale dieci
finali tra scudetti e coppe in diciotto
anni di carriera dirigenziale,
perché ho sempre cercato di tirare
fuori il massimo da tutti in tutte
le situazioni. Per questo mi piace
molto la figura del Club Manager
inteso come coordinatore della
squadra dirigenziale, poi è chiaro
che dipende dall’obiettivo della
società, ma sicuramente non sono
le categorie o i budget a rendere
i dirigenti perdenti o vincenti, ma
la mentalità che hanno nel lavoro
quotidiano».
Sbilanciamoci. Chi vincerà lo scudetto
nel futsal?
«Difficile dirlo, perché il futsal ha
una formula con dei play off e una
finale al meglio delle tre gare.
Sicuramente per quanto visto fino
ad ora il Falconara merita come
minimo di disputare la finale poi
vincere non è mai scontato, ma sicuramente
se dovessi dire un nome
farei quello delle marchigiane
anche per come è stata costruita la
squadra e per come stanno lavorando
tutte le parti in causa».
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Città di Falconara: parla Marta
«Siamo consapevoli che se ognuna di noi darà il massimo, fino alla fine
riusciremo a raggiungere tutti i traguardi»
VINCENZO
DE CARO
Marta Peñalver Ramòn, calciatrice
spagnola classe ’92,
approda alla Falconara nella
stagione 2020/2021, dopo aver vestito le
maglie di Cagliari e Florentia. Da subito
mostra le sue spiccate doti e la sua grinta,
mettendola a servizio della squadra.
I numeri parlano chiaro: Nelle scorse
stagioni ha realizzato un totale di 129 gol.
Quest’anno invece, ha già realizzato 15 gol
in 16 partite. La prima rete con la Falconara
è arrivata l’8 novembre 2020, contro
l’Italcave Real Statte. Un gol pesantissimo,
messo a segno a 32 secondi dalla sirena,
che le ha permesso di regalare la vittoria
alla sua squadra.
Ciao Marta, come è nata la tua passione
per questo sport?
«Mi sono appassionata a questo sport fin
da bambina, giocando con i miei vicini fuori
casa. Usavamo le macchine come pali. Prima
di iniziare a giocare a calcio a 5 però, ho
fatto esperienza a 7 e 11, in squadre con soli
maschi. Tuttavia, diventò impossibile continuare
e non vi erano squadre nei dintorni, e
fui “obbligata” ad iniziare a giocare a 5».
Il ricordo più bello della tua carriera
«Ho due ricordi indelebili. La promozione in
serie A con il Roldàn FSF, dove ho giocato
per circa 11 anni e il giorno in cui ebbi la
chiamata dalla nazionale. Quel giorno ero
euforica, poter rappresentare la propria
nazione è il sogno di tutti coloro che giocano
a calcio».
Quali sono le persone che ti hanno sempre
sostenuto?
«Sicuramente la mia mamma. Anche il
mio babbo, nonostante non ami il calcio,
non si perde mai una mia partita. Ho altri
due grandi sostenitori: i miei nonni. Hanno
creato un profilo su Facebook pur di poter
vedere i miei incontri, e questo mi rende
molto felice».
Qual è il vostro obiettivo stagionale?
«Il nostro obiettivo è quello di poter arrivare
infondo alle due competizioni, campionato e
coppa. Siamo consapevoli che se ognuna di
noi darà il massimo, fino alla fine, riusciremo
a raggiungere tutti i traguardi. Nulla è
detto, ma per il momento siamo contenti del
percorso che stiamo costruendo».
(Foto Debora Braga)
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Mister Genovese: «In Italia le barriere
mentali sono più pericolose di quelle
architettoniche»
MARIANO
VENTRELLA
Subito dopo le dichiarazioni choc
rilasciate da Coach Carolina Morace
abbiamo contattato il mister in
carrozzina Antonio Genovese per sapere la
sua in proposito…ecco le sue dichiarazioni al
veleno.
Salve mister Genovese, un suo giudizio in
merito alle accuse di razzismo e omofobia
lanciate dal coach Carolina Morace
«Purtroppo ha ragione, sull’omofobia credo
di sì ma non ho termini di paragone con altri
Paesi per poterlo affermare con certezza…
certo, avendo vissuto cinque mesi a Londra e
confrontandomi con persone anche in altri
Paesi, sulla presenza del razzismo non posso
che confermare».Logicamente non bisogna
fare di tutta un’erba un fascio però...
«Ci tengo a precisare che per razzismo non si
debba intendere solo chi discrimina una
persona per il colore della pelle ma…vi sono
diversi i tipi di discriminazione e, mi vorrei
soffermare su ciò che … in Italia… vivo in prima
persona…la discriminazione per chi viene
considerato “diverso”… chi parla, si veste,
cammina “diversamente” o.. nel mio caso, non
cammina più. In un Paese civile non dovrebbero
esserci differenze e dovremmo essere Tutti
uguali ma all’atto pratico così non è».
Ritiene che l’ingerenza delle società
maschili nel femminile abbia portato degli
svantaggi?
«Sicuramente ha aiutato e molto in termini di
visibilità, riconoscimenti verso un movimento,
calciatrici ed alcuni mister, troppo declassato
sino a poco tempo fa ma, ha anche portato
degli svantaggi come la svalutazione di diversi
allenatori da anni operanti nel femminile a
favore di alcuni Mister provenienti dal maschile
con zero o poca esperienza nel femminile; certo
anche qui le eccezioni ci sono…un esempio ne
è Ganz col Milan che tanto bene sta facendo
da quando ha sostituito Coach Morace e
Piovani che benissimo sta operando a
Sassuolo e benissimo aveva fatto prima a
Brescia».
Si è mai chiesto come mai dopo aver toccato
l’apice della sua carriera con la promozione
in A con l’Empoli, non l’abbiano più richiamata
ad allenare?
«Sinceramente questa domanda vorrei farla a
chi mi fa tanti complimenti a voce, scritti ma
poi… quando è il momento di cambiare una
guida tecnica non mi chiama e molti di questi
li conosco da diverso tempo ma poi…
Neanche diciottenne iniziai a lavorare come
Osservatore per il Settore Giovanile maschile
dell’F.C. Internazionale dove vi restai dal ’96 al
2006, nella stagione 2011-2012 stesso ruolo
per il Monza…in mezzo a questo periodo ho
anche iniziato parallelamente ad allenare la
rappresentativa nel torneo di classe (giungendo
con una prima classe al secondo posto
contro una quinta con alunni/giocatori di
almeno 4 anni più grandi), tornei amatoriali di
calcio a 7 …amatoriali perché tutti mi dicevano
che essendo in carrozzina non potevo essere
un allenatore e, questo mi venne detto anche
da esponenti della FIGC…
Questo sino all’estate del 2010 perché ho un
difetto, o pregio dipende dai punti di vista, non
arrendermi mai e lottare per ciò in cui credo …
lottare DA SOLO SENZA MAI, ribadisco MAI,
chiedere favori. Quell’estate lessi tutti i bandi
dei corsi indetti dal Settore Tecnico della FIGC e
scoprii che a novembre sarebbe uscito a
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Milano un corso per “Allenatore di Base – Diploma
B UEFA” in cui si dava la possibilità a
due “soggetti” diversamente abili di partecipare….in
base all’allora art.5 …successivamente
Per colpo di frusta si intende
nel 2018 divenni, e sono tutt’ora, il Primo ed
una traumatica escursione
unico Allenatore Professionista con disabilità
della testa, per esempio
d’Italia, e forse d’Europa, e, per accedere qui non
durante la caduta all’indietro dopo un
c’erano corsie preferenziali ma solo il frutto
colpo di testa durante una partita. Si
della gavetta da fare che in parte di seguito
può spesso associare anche ad un
esporrò.. Sono un Allenatore Professionista
trauma cranico quindi occorre prestare
UEFA A, requisito obbligatorio per allenare in
molta attenzione post infortunio.
Serie A e B femminile, ed il mio curriculum
Le lesioni che si creano interessano
principalmente la muscolatura ,
parla da se…due stagioni da Collaboratore
Tecnico in Serie A con la Res Roma dell’amico e
i legamenti, i dischi intervertebrali e,
collega Melillo e per quanto era di mia
nel peggiore dei casi , le vertebre e il
competenza ho contribuito anch’io ad ottenere
midollo spinale. Il colpo di frusta si verifica
quando la testa e il collo vengono
la salvezza sul campo, Allenatore e Responsabile
Prima Squadra con la Domina Neapolis ed
inaspettatamente ed improvvisamente
Apulia Trani, in Serie B, con salvezze ottenute
proiettati in una direzione e poi rimbal-
sul campo con entrambe le squadre, Vice-Allenatore
e Responsabile della tattica dell’Empoli
con annessa Promozione in Serie A…tra l’altro
nel calcio c’è sempre un po’ di scaramanzia e…i
due anni in cui ero alla Res Roma la categoria
Primavera prima con Mister Piras poi con
Mister Melillo divenne Campione d’Italia e
stessa cosa successe con l’Under16 dell’Empoli
maschile…. porterò fortuna? Facendo anche
presente che degli obiettivi prefissati ad inizio
stagione i risultati ottenuti non solo sono stati
raggiunti ma superati…basti pensare che ad
Empoli il Mister vinse anche la Panchina
d’Argento e tra le motivazioni vi era: “per la
zati nella direzione opposta, tutto ciò
tattica espressa in campo”… ero il Responsabile
in modo molto veloce. Durante questo
della tattica. ma… restai a casa. Perchè quindi
trauma avviene sempre un movimento
non mi abbiano più chiamato? Premetto una
di iperflessione e di iperestensione del
cosa…non mi hanno più chiamato in Italia…in
rachide cervicale Appena avvenuto il
Inghilterra sì e sono stato (ho tanto di email
trauma se si presentano sintomi come
che lo comprovano) tra i candidati per diventare
Head Coach della Nazionale Inglese
nausea, vomito o giramenti di testa e
svenimenti occorre subito recarsi al
femminile, Nazionale Belga, del Canada e della
pronto soccorso ed effettuare indagini
Scozia….
diagnostiche mirate. In seguito le tera-
Leggendo questo la domanda giustamente se
la pone anche chi legge…la risposta è semplice…
non sono uno “Yes Man” e soprattutto
sono in carrozzina….in Italia tanto si dice che
bisogna favorire l’inserimento dei disabili nel
pie che solitamente vengono effettuate
mondo del lavoro ma poi ciò rimane utopia…
sono
prima dell’avvento del maschile le società
- Massoterapia
erano più ambienti “familiari” e la meritocrazia
- Tecarterapia
veniva premiata…con l’avvento del maschile si
- Terapia manuale rachide cervicale
guarda molto anche all’immagine …per fare un
- Esercizi di allungamento e in seguito
di ripristino della muscolatura
esempio banale…mai una squadra femminile…eccezion
fatta per la Nazionale…vedeva un
cervicale
proprio allenatore in giacca e cravatta societa-
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ria. A conferma di ciò, giusto pochi numeri,
contando solo le ultime due stagioni di Serie A
e B, si contano in totale 50 squadre con ben, ad
oggi, 21 allenatori che si sono avvincendati
ma… io non sono mai stato interpellato,
nonostante questa stagione abbia deciso di
avvalermi di un procuratore serio come Luca
Grippo, approcci ma poi le scelte ricadono su
altri… allenatori o allenatrici che avevano
deciso di non allenare più o quanto meno non
subentrare a stagione in corso (ed invece lo
hanno fatto) o, mai come nelle ultime due
stagioni gli allenatori della Primavera o
Under17 chiamati ad allenare o sedersi in
panchina..alcuni con prestanome con il
patentino necessario, in Serie A e B…anche in C
per quanto ne so, dove addirittura vi sono
tecnici che non hanno alcun tipo di patentino…in
C è obbligatorio il UEFA B..in distinta per
l’arbitro non figurano come Mister ma dalle
società vengono presentati, rilasciano interviste
come Allenatori».
Che senso ha studiare, prendere il patentino,
fare aggiornamenti se poi succedono certe
cose?
«Il senso ce l’ha… è corretto e giusto che alle
atlete venga dato il meglio però poi…succedono…anche
queste cose e, addirittura preparatori
atletici che dopo aver preso il Uefa B,
vengono chiamati almeno come Vice-Allenatore.
Perchè all’estero società blasonate di livello
mondiale e meno….praticamente tutte… ad
eccezione dell’Italia premiano la meritocrazia e
non guardano ne giudicano la carrozzina ma
guardano il Mister, la persona per i risultati
ottenuti? Per me questa è la normalità non
quella italiana dove una persona in carrozzina
è una persona che a parere di chi potrebbe
scegliere potrebbe avere problemi..”come fa?”
…”e per muoversi?”…. queste domande dovrei
farle io e non me le pongo perché per me è la
società che non dovrebbe porsi domande ma
scegliere per le capacità e, se le capacità ci
sono… essere essa stessa ad eliminare le
barriere architettoniche e mentali ma…non
porsi questi problemi e scegliere una persona
“normodotata” è più semplice e ciò crea “meno
problemi” con tifosi/barriere. In Italia mi
piacerebbe un giorno allenare/collaborare, tra
l’altro, con la Fiorentina o il Napoli… il Presidente
Commisso ha vissuto gran parte della
propria vita in America e lì la meritocrazia è da
sempre premiata e sono sicuro ci potremmo
togliere tante belle soddisfazioni (ciò però
almeno nel breve periodo risulta molto difficile
in quanto è allenata da un tecnico molto
preparato come Mister Cincotta); Il Presidente
Carlino mi ricorda molto il Presidente Moratti
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nei miei dieci anni all’Inter per passione,
competenza ed attaccamento alla squadra e
poi la piazza di Napoli è per me magica..già
vissuta ai tempi della Domina Neapolis (tra
l’altro nel derby col Carpisa li battemmo in casa
loro 1-0)».
I motivi che dovrebbero consentire alle
società di calcio femminile italiano di
credere in lei come allenatore
«A parer mio non ci sono motivi diversi per me
o per un allenatore “che cammina” ma
dovrebbe valere sempre la meritocrazia. Nella
domanda si sottolinea “calcio femminile
italiano” e, è corretto in quanto…seppur bello e
stimolante, perchè da italiano dovrei emigrare
all’estero quando vi sono tantissime squadre in
Italia?».
Le fa più paura la disabilità fisica o la
chiusura mentale della società che non dà
fiducia ad un allenatore titolato e meritevole
come lei?
«Sinceramente non mi fa più paura nè uno, nè
l’altro, specialmente la disabilità fisica che non
vedo come un limite ma come un qualcosa in
più… il voler dimostrare di poter superare le
“difficoltà” apparenti… tra l’altro ci tengo a
sottolineare che io non sono solo un Allenatore
Professionista ma anche un’Osservatore
calcistico e Match-analyst oltre ad avere la
certificazione di Scout di Primo Livello della
Football Association inglese, il Patentino come
Grassroots Coaching License dell’United Soccer
Federation americana e l’essere Scout e
Collaboratore per l’OSA Seattle e College Life
Italia. Se proprio devo scegliere direi che
purtroppo in Italia le barriere mentali sono
maggiori di quelle architettoniche e più
pericolose perché insite nella mente di molte
persone. Molte persone con barriere mentali
sono però anche le prime a farmi complimenti,
elogi e…chiedere favori…. suggerire o chiedere
di indirizzare giocatrici per poi…scegliere altri
Coach…un po’ di coerenza non guasterebbe».