syndicom rivista N.22
Da molto tempo ci impegniamo per i diritti dei lavoratori della logistica, delle telecomunicazioni e dei media. Le buone condizioni di lavoro sono, e sono sempre state, il risultato di successi raggiunti insieme. Entra anche tu nel nostro movimento e crea il tuo futuro insieme a noi. L''unione fa la forza!
Da molto tempo ci impegniamo per i diritti dei lavoratori della logistica, delle telecomunicazioni e dei media. Le buone condizioni di lavoro sono, e sono sempre state, il risultato di successi raggiunti insieme. Entra anche tu nel nostro movimento e crea il tuo futuro insieme a noi. L''unione fa la forza!
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
syndicom
N. 22 Marzo-Aprile 2021
rivista
42 ore
al
tramonto
Gaoussou Diakité, ginecologo
Noi non forniamo
farmaci.
Ma competenza
medica.
Attualmente con la formazione dei medici in Mozambico.
Aiutaci: solidarmed.ch
Partnerships for Health.
Sommario
4 Team vincenti
5 Brevi ma utili
6 Dalla parte degli altri
7 L’ospite
8 Dossier: tempo di lavoro
16 Dalle professioni
22 Lavoro e Agenda 2030
24 Agire nell’anno del Covid
25 Diritto e diritti
26 Idee
27 Mille parole
28 Eventi
30 Un lavoro, una vita
31 Cruciverba
32 Inter-attivi
Lavorare e vivere
Gli sforzi dei sindacati per umanizzare il lavoro –
e separare «lavoro e vita privata» – possono
essere riassunti nella richiesta di una riduzione
del l’orario di lavoro giornaliero. Già a metà
dell’Ottocento fu coniato lo slogan «otto ore di
lavoro, otto di svago e otto per dormire». Anche
se questa rivendicazione non ha affatto perso
la sua attualità, negli Anni Novanta del secolo
scorso sembrava scomparsa dall’agenda sindacale
rispetto a importanti battaglie sulle questioni
salariali. Oggi è tornata nuovamente di
attualità nel contesto della digitalizzazione o
ancora della parità e si sviluppa in parte sotto le
promesse di una flessibilità controllata del lavoro
per innescare un vero cambio di paradigma.
Sulla scia della digitalizzazione, si aprono nuove
opportunità per rendere il lavoro pìù flessibile e
ridurne tempi e orari. Di conseguenza, il lavoro
viene compresso a dismisura. Le nuove tecnologie
permettono inoltre di trasferire il lavoro
ovunque e in qualsiasi momento. Chiedendo la
riduzione dell’orario di lavoro attraverso modelli
adeguati alle diverse fasi della vita, syndicom
riprende la richiesta storica di separare «lavoro
e vita privata». Da mesi, diverse centinaia di
colleghe e colleghi del settore delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione (ICT)
partecipano attivamente a questo appassionante
dibattito sul futuro del lavoro.
8
22
30
Giorgio Pardini, responsabile del settore ICT
e membro del Comitato direttivo di syndicom
4
Team vincenti
«Senza regole chiare, la flessibilità
potrebbe pesare ancor di più sui lavoratori»
Yvan Bianchini (45)
Da oltre dieci anni a Swisscom, risolve i
problemi dei call center. Per syndicom,
non solo fa parte del gruppo strategico
per il CCL, ma è anche il rappresentante
del personale di Swisscom in Ticino.
Vive e lavora a Bellinzona.
Fabienne Roduit (32)
La vallesana lavora per Swisscom in
qualità di Operative Process Manager a
Sion. Studia inoltre economia aziendale
presso la Scuola universitaria professionale
del Vallese. È iscritta a syndicom
da sei anni e partecipa all’attuale
gruppo strategico di 24 membri che
prepara e accompagna l’ulteriore
sviluppo del CCL di Swisscom.
Thomas Wälti (49)
Il bernese non solo fa parte del gruppo
strategico per il CCL, ma anche del comitato
aziendale di Swisscom Group di
syndicom, che monitora il rispetto del
CCL. Inoltre, è anche membro del comitato
e responsabile finanziario della
sezione di Berna di syndicom. Presso
Swisscom lavora come ICT Service Manager
nel settore qualità dei dati, per
la divisione Network & Infrastructure a
Ittigen, nei pressi di Berna.
Testo: Basil Weingartner
Illustrazione: Illunauten
Siamo aperti alla
discussione, speriamo
lo sia anche Swisscom
Puntiamo su nuovi modelli di orario
di lavoro a Swisscom. Esistono diverse
ragioni per cui sono necessari.
Negli ultimi anni molti processi sono
stati automatizzati. Ciò che resta
sono lavori complessi e gravosi. Correggere
i processi e controllare e regolare
manualmente le programmazioni
richiede una concentrazione
molto alta, per tutto il giorno, con
mansioni che cambiano rapidamente.
Ciò porta i dipendenti al limite.
Gli aumenti salariali difficilmente
cambierebbero questa situazione.
Una riduzione fondamentale dell’orario
di lavoro, a fronte di un salario
invariato, è quindi opportuna.
Questo anche poiché nell’ultimo
decennio la produttività è aumentata
significativamente. Tuttavia, si tratta
del proseguimento di una tendenza
pluriennale: sono gli azionisti e il
management a beneficiare quasi
esclusivamente del valore aggiunto
creato. Ma tutto questo deve cambiare.
Altrimenti Swisscom avrà presto
ancora più problemi a reperire del
personale di qualità. Come dipendenti,
facciamo tutti parte del gruppo
strategico di syndicom, che prepara
e dirige i negoziati per il CCL.
Negli ultimi anni, abbiamo esaminato
molti modelli e ascoltato le idee e
le esigenze dei nostri colleghi. È
chiaro che sono necessari nuovi modelli
per gli over 50, poiché la pressione
su di loro è particolarmente
elevata. Per i più giovani, l’equilibrio
tra lavoro e vita privata è in primo
piano. Esiste la necessità di adattare
il lavoro ai cambiamenti nella vita familiare.
Oggi i dipendenti vogliono
passare più tempo in famiglia. Ci
sono anche sempre più persone che
studiano e lavorano e che possono
essere sgravate con modelli di lavoro
adeguati. Siamo convinti che anche
Swisscom tragga vantaggio da orari
di lavoro ridotti e da modelli incentrati
sui lavoratori e sulle loro esigenze.
I dipendenti che godono di tempo
sufficiente anche nella loro vita privata
sono più creativi e hanno più
energia. Siamo aperti alla discussione.
Speriamo che lo sia anche Swisscom.
I modelli più flessibili hanno
molti vantaggi, ma dobbiamo stare
attenti. Perché senza barriere chiare,
esiste il rischio di una flessibilizzazione
che porterà a una pressione ancora
più grande sui dipendenti.
Brevi ma utili
Discriminazioni a Tamedia \ IE, tutto da rifare \ Watson in Svizzera
romanda \ Posta sempre meno vicina \ Autonomia nei congedi \
Colonie estive al via \ Gruppi d’interesse, nuovi siti \ Contatti
5
Discriminazioni a Tamedia
78 giornaliste di TX Group (ex Tamedia)
hanno sottoscritto una lettera aperta
nella quale denunciano discriminazioni
e una cultura aziendale dominata dagli
uomini. Per lottare contro questo sessismo
strutturale, chiedono decenza e rispetto,
più donne ai posti dirigenziali e
una procedura standard per combattere
le discriminazioni. syndicom sostiene la
lotta e le rivendicazioni delle firmatarie
e denuncia le condizioni di lavoro nelle
quali sono costrette a operare.
IE, tutto da rifare
Il 7 marzo scorso, il popolo svizzero ha
votato un NO schiacciante alla legge
sulla IE. Questa importante vittoria è sinonimo
di una fiducia forte nello Stato
sulle questioni legate alla digitalizzazione
del servizio pubblico e una diffidenza
rispetto ai privati nella protezione dei
dati. Ma non ci fermiamo: la Confederazione
deve sviluppare nuove competenze
digitali per assolvere in futuro i suoi
doveri istituzionali. A proposito, ci scusiamo
con la rivista «Republik» per non
averla citata come fonte per il grafico a
pag. 15 dello scorso numero.
Watson in Svizzera romanda
Un buon segnale per la pluralità dei media:
il giornale online watson è disponibile
in francese dal primo marzo. syndicom
invita watson a garantire buone
condizioni di lavoro e a firmare il contratto
collettivo dei giornalisti.
Posta sempre meno vicina
Dal primo marzo, il servizio a domicilio
della Posta sta diventando sempre più
digitale. Non sarà infatti più possibile
lasciare alcun messaggio nella buca
delle lettere per comunicare con il postino.
Eppure questo servizio, secondo
la Posta, doveva compensare la chiusura
degli uffici postali. È ormai evidente
che il servizio pubblico nelle
zone periferiche è sempre più limitato,
soprattutto per chi non ha accesso a
internet o familiarità con le nuove tecnologie.
Autonomia nei congedi
Il nuovo CCL della Posta, in vigore
dall’inizio di quest’anno, dà maggiore
autonomia agli impiegati nella gestione
delle ore supplementari. Secondo l’articolo
2.11.1, paragrafo 12, sono autorizzati
a prendere giorni di congedo singoli
fino a raggiungere la metà delle
loro ore supplementari. I congedi devono
essere stabiliti immediatamente
dopo il processo di azzeramento semestrale,
che avviene a fine aprile, e dopo
consultazione con il team. Informazioni
alla pagina syndicom.ch/UzBwO.
Colonie estive al via
Sono aperte le iscrizioni per le colonie
estive dei sindacati a Rodi Fiesso. La
colonia montana per bambini/e dai 5
agli 11 anni si terrà dal 29 giugno al 13
luglio, il campo per adolescenti (12-14
anni) dal 15 al 29 luglio. Una pausa ricreativa
in un contesto educativo e
stimolante. Info: tel. 076 381 38 78.
Iscrizioni: www.coloniedeisindacati.ch
Gruppi d’interesse, nuovi siti
L’ultimo numero della rivista (pag. 30)
riportava l’indirizzo syndicom.ch/pensionati,
mentre sul Bollettino era indicato
pensionati.syndicom.ch. Entrambi
conducono al rinnovato sito del Gruppo
d’interesse (GI) Pensionati, rispettivamente
in tedesco e italiano. Dopo il restyling
grafico, anche gli altri siti dei GI
di syndicom sono ancora più belli e più
facili da consultare. Li trovate tutti
all’indirizzo: ig.syndicom.ch/it
Contatti
Segretariato syndicom Ticino e Moesano
via Genzana 2, 6900 Massagno
Orari: lu e gio 8.00-12.00
ma-me-ve 13.30-17.30
Tel. 058 817 19 61, Fax 058 817 19 66
mail: info@syndicom.ch
Gruppo Pensionati Ticino e Moesano
pensionati.syndicom.ch
e-mail: ernesto.fenner@bluewin.ch
Agenda
Maggio
1
Festa dei lavoratori
Manifestazioni in forme diverse a
seconda della situazione pandemica.
Informazioni su www.uss-ti.ch
3
Giornata mondiale
della libertà di stampa
66 giornalisti sono stati uccisi nel
2020 mentre esercitavano la loro professione.
L’UNESCO li ricorda nella giornata
della libertà di stampa sul sito:
fr.unesco.org/commemorations/
worldpressfreedomday
12
Tavola rotonda illustratori
59 persone hanno partecipato alla prima
tavola rotonda online del gruppo
degli illustratori di syndicom sul tema
della fatturazione. La prossima (in tedesco
e inglese, dalle 17.00) tratterà
del rapporto con i clienti. Info e iscrizioni:
syndicom.ch/illustammtisch
21
Sciopero per il futuro
Nato dal movimento dello sciopero per
il clima, è una giornata di azioni che si
terranno in tutta la Svizzera, nel
rispetto delle misure sanitarie. Per
informazioni: scioperoperilfuturo.ch
Giugno
4
I miei diritti nel CCL Posta 2021
Bellinzona, 9.30-15.00
Corso sul nuovo contratto collettivo.
Gratuito per i dipendenti di Posta CH SA
e PostFinance SA. Informazioni al sito:
bit.ly/3rADWNm
14
Sciopero delle donne
Previste manifestazioni in tutto il
paese, a seconda della situazione
pandemica. Info: scioperodonne.ch
syndicom.ch/agenda
6 Dalla parte
Monia Vidi è responsabile risorse umane a localsearch
degli altri
(Swisscom Directories SA), il cui nuovo contratto collettivo
in vigore da gennaio propone attrattive condizioni di lavoro.
1
In che modo il nuovo CCL sostiene
le vostre attività nell’era
della tras formazione digitale?
Il nuovo CCL offre ai nostri collaboratori
la sicurezza professionale. Ciò è
particolarmente importante proprio
in un settore in rapida evoluzione
come il nostro e ci rende un datore di
lavoro attrattivo. Qualcosa che va a
vantaggio di tutti, perché più i nostri
dipendenti sentono di essere in buone
mani, più energia e motivazione
hanno per affrontare le sfide aziendali.
2
Avete beneficiato della partecipazione
dei lavoratori allo sviluppo del CCL?
I lavoratori sono al centro del CCL.
Pertanto, la loro partecipazione è stata
un prerequisito importante per
comprendere meglio le loro esigenze.
I rappresentanti dei lavoratori hanno
lavorato con i sindacati per sviluppare
idee e proposte. Come azienda, sapevamo
fin dall’inizio quali fossero le
richieste. Nell’ambito delle discussioni
e durante i negoziati, è stato importante
ascoltare il punto di vista dei
lavoratori per formulare i temi in
modo concreto e comprensibile.
3
Il CCL include nuovi regolamenti
legati alla digitalizzazione. Come?
La digitalizzazione genera molte opportunità,
ma comporta anche alcuni
rischi. Vogliamo armonizzare entrambe
le cose, in modo da poter conciliare
lavoro e vita privata. Come datore di
lavoro, è importante concedere quanta
più libertà possibile, e allo stesso
tempo vogliamo assicurarci che i lavoratori
abbiano tutto ciò di cui necessitano
per essere in grado di erogare appieno
la loro prestazione. Ciò include
il tema dell’apprendimento permanente
e del «remote work».
4
In un settore in cui il reclutamento di
lavoratori qualificati e la fidelizzazione
dei collaboratori sono una grande
sfida, il CCL cosa apporta a vostro
favore?
Un buon CCL ci rende attrattivi come
datore di lavoro perché dimostra
quanto i nostri collaboratori siano
importanti per noi. Naturalmente le
nostre richieste sono elevate. Ma
l’equilibrio è fondamentale. Offriamo
condizioni d’impiego progressiste ed
eque e parecchie libertà. In cambio, i
nostri collaboratori s’impegnano a
fondo.
5
Incoraggiate l’«apprendimento autogestito»:
di che si tratta?
Oggi, la formazione continua si estende
ben oltre le forme tradizionali e gli
obiettivi di apprendimento possono
essere fissati individualmente. L’apprendimento
può avere luogo ovunque
e in qualsiasi momento. Per noi è
una responsabilità dischiudere le opportunità
ai nostri dipendenti e sostenerli
nell’approccio di «apprendimento
autogestito». Ciò a beneficio
sia dei nostri collaboratori che di noi
stessi, poiché un’azienda di successo
necessita di lavoratori competenti.
6
Quali sono le principali sfide tecnologiche
per localsearch nei prossimi
anni?
Lo sviluppo tecnologico è rapido, ma
gioca totalmente a nostro favore. Ci
permette di progettare prodotti nuovi
e innovativi nel campo del marketing
digitale per le piccole e medie imprese
che sono tra i nostri clienti e di
lanciarli sul mercato. Inoltre, ci focalizziamo
sulla razionalizzazione e
automazione dei processi. Ciò ci
aiuta a incorrere in meno errori e al
tempo stesso a essere più agili.
Testo: Daniel Hügli
Foto: HR-Today / Aniela Lea Schafroth
Photography
L’ospite
In una società ben organizzata, gli
aumenti di produttività, provenienti in particolare
dall’automazione e dalla digitalizzazione
dell’economia, dovrebbero portare ovviamente
a una riduzione dell’orario di lavoro e a un
aumento dei salari dei dipendenti nell’ambito
del settore interessato. Invece, generano una
precarietà di posti di lavoro e una massiccia
sottoccupazione, accelerata dalla pandemia di
Covid-19, che contribuiscono ad aggravare
l’ingiustizia sociale. Si può quindi affermare che
il processo di concentrazione della ricchezza in
poche mani ha chiaramente registrato un’accelerazione.
Secondo la Banca Mondiale, nel 2018
circa il 50% della popolazione mondiale sopravviveva,
o cercava di farlo, con meno di 5 dollari
e mezzo al giorno. Nel 2020, altri 100 milioni di
persone in più sono cadute nello stato di povertà
estrema, ovvero con meno di 1,90 dollari al
giorno. Allo stesso tempo, le dieci persone più
ricche al mondo hanno visto, secondo Oxfam,
la loro ricchezza totale quasi raddoppiare nello
stesso anno, per raggiungere 1 120 miliardi di
dollari. In un solo giorno, il 20 luglio 2020, Jeff
Bezos, che possiede l’11% del capitale di Amazon,
ha aumentato la sua ricchezza di 13 miliardi
di dollari! Il fatto che gli aumenti di produttività
si riflettano nei corsi della borsa piuttosto
che in termini di tempo libero, che il presunto
sfavillio delle ricchezze non obbedisca alla legge
di gravità poiché concentra queste ultime in
cima alla piramide sociale, esprime un profondo
malfunzionamento della società. In effetti, una
società che esclude una gran parte dei suoi
membri, che dimentica di avere il dovere di
trattarli col dovuto rispetto, apre la porta a
leader, politici o economici, profondamente distanti
dalle aspirazioni umane e dalle gravi sfide
da affrontare.
Aumento di produttività
e tempo libero
Marc Chesney è professore alla facoltà
di economia dell’Università di Zurigo,
per la quale dirige il Centro di competenze
in finanza sostenibile. È autore
del libro «La crise permanente», la cui
terza edizione è stata pubblicata da
Presses polytechniques universitaires
romandes nell’ottobre 2020. Sviluppa
un’analisi critica della «finanza casinò»
ed è membro del comitato che ha lanciato
l’iniziativa popolare per sostituire
l’IVA con una microtassa su tutte le
transazioni elettroniche.
7
10 Quattro giorni di lavoro la settimana per uscire dalla crisi
12 Ripartire meglio i compiti familiari e di cura
13 Le sfide sindacali per lavorare tutti, lavorare meno (e meglio)
14 Esempi virtuosi e storie di successo che vengono da lontano
Dossier 9
Meno
lavoro
più vita
10 Dossier
4 giorni la settimana per uscire dalla crisi
E gestire la digitalizzazione accelerata
Stiamo assistendo in modo inaspettato a un
grande esperimento di riduzione dell’orario di
lavoro. Ma è necessario farlo in modo equo.
Testo: Oliver Fahrni
Foto: Olivier Vogelsang
Jacinda Ardern non è una politica qualsiasi. Il primo ministro
della Nuova Zelanda dimostra una leadership risoluta
ma premurosa. Quando nel 2019 un neofascista fece
irruzione in due moschee sparando all’impazzata uccidendo
51 persone, la Ardern vietò tutte le armi semiautomatiche
e da assalto radunando le armi in tutto il paese.
Non ha lasciato possibilità al Covid. Il bilancio dopo
un anno di coronavirus: meno di 100 morti, la vita va avanti.
Che cosa ha fatto la differenza? La Ardern ha coinvolto
i neozelandesi nella sua politica. Durante il lockdown si è
rivolta tutte le sere dal divano di casa ai cinque milioni di
abitanti («il mio team») tramite interventi live su facebook
tenendoli al corrente della situazione e sul da farsi. In
modo schietto, senza giustificazioni e allarmismo, ascoltando
proposte e obiezioni, rispondendo a domande sulle
indennità per perdita di guadagno, diagrammi della temperatura,
quarantena o indennità di disoccupazione. Ad
un certo punto la Ardern ha affermato: «Dovremmo introdurre
la settimana lavorativa di 4 giorni. A salario pieno.
Questo gioverebbe a tutti e un giorno libero supplementare
potrebbe aiutare a rimettere in piedi il nostro turismo e
il settore gastronomico».
Miliardi per i beneficiari della crisi
Lavorare di meno per superare la crisi? In maniera inaspettata
la «crisi del coronavirus» ci ha regalato un grande
esperimento globale con orari di lavoro ridotti che erano
da tempo un tabù. Eppure ora in alcuni paesi viene valutata
la settimana di 30 ore, la giornata di 6 ore di lavoro oppure
la settimana lavorativa di 4 giorni, e in alcuni luoghi
si sta addirittura procedendo alla sperimentazione (v. articolo
a pagina 14).
La forma più improvvisa di riduzione dell’orario di lavoro
è il lavoro ridotto. In molti paesi il lavoro ridotto ha
rallentato l’aumento della disoccupazione. Alcune multinazionali
svizzere e i loro azionisti hanno tratto beneficio
dal lavoro ridotto e dai miliardi elargiti dalla Confederazione.
Le 30 più grandi aziende svizzere da sole distribuiscono
ora più di 39 miliardi di franchi di dividendi, e molti
miliardi tramite programmi di riacquisto di azioni.
Tuttavia, i beneficiari della crisi spingono verso orari
di lavoro più lunghi. Tranne per qualche settore, la settimana
di 40 ore è una chimera del passato. I dipendenti a
tempo pieno lavorano oggi in media 20 ore in più all’anno
rispetto al 2015. L’Unione svizzera delle arti e mestieri
fantastica da un po’ di tempo sulla settimana di 50 ore
come nuova norma. Stando alle dichiarazioni dei datori di
lavoro, ora la crisi dovrebbe essere gestita tramite giornate
di lavoro più lunghe, flessibilizzazione incontrollata,
maggior lavoro domenicale e notturno e home office senza
limiti.
Dal punto di vista economico questo è assolutamente
illogico, poiché questa strategia non salva i posti di lavoro
bensì ne distrugge molti. E aumenta la pressione su coloro
che ancora ne hanno uno. Ma la posizione ideologicamente
inasprita dei datori di lavoro indica dove saranno i
confini delle grandi controversie della Svizzera dopo la
crisi. Conviene andare più a fondo.
Coronavirus: doppia crisi
Tutto ha avuto inizio con la «crisi del coronavirus». Una definizione
fuorviante. Perché già nel 2018 l’economia mondiale
era entrata in una nuova fase di intensi sconvolgimenti,
il commercio era crollato e nel 2019 le banche e il
sistema finanziario avevano già dovuto essere stabilizzate
con miliardi di dollari. Tutto questo molto prima dello
scoppio dell’epidemia.
Eppure il Sars-CoV-2, «il virus della disparità», come lo
chiama l’organizzazione non governativa Oxfam, i lockdown
e i quasi 25mila miliardi di dollari dei pacchetti di
salvataggio hanno accelerato alla velocità della luce la crisi
e la conversione del sistema. Innanzitutto due tendenze
dominanti: l’estrema concentrazione di patrimonio, capitale,
redditi e opportunità in sempre meno mani. E la completa
digitalizzazione di economia e società.
Ciò che finora procedeva solo lentamente e spesso appariva
poco più che una trovata divertente dei media, assume
molto rapidamente la forma di modelli aziendali
spinti dai dati: nei prossimi cinque anni la digitalizzazione
metterà sottosopra il nostro mondo del lavoro, il nostro
consumo e le nostre forme di vita. In questi giorni alcuni
di noi stanno ricevendo un assaggio di questo nuovo mondo,
sotto forma di telelavoro digitale 24 ore su 24.
Digitale solo con una settimana da 4 giorni
A dire il vero tutti gli economisti di buon senso sanno che
la digitalizzazione dovrebbe andare di pari passo con una
forte riduzione dell’orario di lavoro. Questo per evitare
che la digitalizzazione non si concluda con una catastrofe
sociale. La ragione è semplice: il lavoro digitale aumenta
fortemente la produttività del lavoro. Parlando in termini
economici: grande creazione di valore aggiunto a fronte di
uno scarso impiego di risorse. Soprattutto una: il lavoro
umano. Solo il lavoro crea valore (il denaro non lavora). Ma
con le tecniche digitali (ovvero il lavoro divenuto macchina
di ingegneri, meccanici, programmatori ecc.) i costi
unitari del lavoro di una merce o di un servizio possono
essere ridotti in modo considerevole.
Qui la digitalizzazione incontra la meccanica di base
dell’economia capitalistica. Sin dall’inizio si trattava di
organizzare il lavoro in modo tale che il salario per il lavoro
fosse più basso del valore della merce prodotta o del
servizio. Quanto più grande è questa differenza, tanto
maggiore sarà alla fine l’utile per il capitale.
A tal fine il capitalismo industriale ha stabilito un severo
regime di tempo a cui si è dovuto assoggettare il tem-
Il tempo libero
è un diritto
po umano, quello vissuto, con misure coercitive. Lo abbiamo
recepito da decenni. Ma quanto questo regime di
tempo sia basato sulla coercizione, è emerso in questi
giorni allorché molte persone in lavoro ridotto o telelavoro
sono uscite da questo regime per tornare a un tempo
umano. Al loro «ritmo biologico».
Dato che il lavoro è divenuto sempre più produttivo a
seguito dei processi di apprendimento e dell’automatizzazione,
dal 1850 i sindacati sono riusciti a conquistare,
attraverso lunghe lotte intense, salari più alti, sicurezze
sociali e più tempo libero. Dalla giornata di 16 ore in fabbrica
alla giornata di 12 ore della legge glaronese sulle fabbriche
(1864) fino all’odierna (teorica) giornata da 8 ore.
Dalla settimana da 6 giorni e mezzo alla settimana a 5 giorni.
Dalla settimana di 58 ore alla settimana di fatto di 42,5
ore, passando per la settimana di 48 ore (sciopero generale
del 1918).
Il campanello d’allarme delle donne
Il tempo libero è un diritto umano. Impiegare meno tempo
per sopravvivere e più tempo per vivere, non è una frase
per seminari di work-life, bensì un antichissimo progetto
umano. Il centro di tutti i progetti utopistici. La civilizzazione
nasce solo nel momento in cui vengono soddisfatte
le vere necessità e ci si può dedicare a un po’ di tempo libero
o all’ozio. Questa rivista ha raccontato questa storia
di emancipazione in un dossier nella primavera del 2018.
Ma dopo il fallimento nel 1976 dell’iniziativa per una
settimana di 40 ore, i sindacati hanno temporaneamente
congelato la loro rivendicazione di orari di lavoro più corti.
Più precisamente: l’hanno trasferita nelle trattative per
il CCL. La maggior parte dei contratti collettivi di lavoro
sono oggi molto più avanzati rispetto alla legge sul lavoro.
Il campanello d’allarme è arrivato in tempi più recenti dal
movimento femminista. Gli orari di lavoro ridotti sono un
requisito fondamentale per un’equa suddivisione tra uomini
e donne del lavoro non retribuito necessario per la
società (faccende domestiche, assistenza, educazione dei
figli ecc.) (v. articolo nella pagina seguente). E recentemente
si è fatto avanti anche il movimento ecologista: la
crisi climatica e l’attento rapporto dell’uomo con sé stesso
chiedono di rallentare i ritmi.
Ma c’è un problema: dalla metà degli Anni Ottanta i datori
di lavoro hanno trattenuto sempre più per sé gli incrementi
della produttività. Oggi però l’uso collettivo degli
incrementi digitali della produttività decide in merito al
futuro della società. Il benessere e il progresso sociale
non dipendono in effetti solo dal fatto che si riesca a regolamentare
il lavoro digitale su piattaforme, ad arrestare lo
sviluppo del «proletariato del clic», a impedire le forme
peggiori di flessibilizzazione (come il lavoro su chiamata)
ed evitare lo sconfinamento dell’orario di lavoro dovuto al
telelavoro digitale (con un diritto a staccare). Il crash sociale
può essere evitato solo se i sindacati non consentono
che il capitale monetizzi la crescente produttività nella distruzione
dei posti di lavoro. Dobbiamo suddividere meglio
il lavoro con riduzioni dell’orario di lavoro.
È una vecchia rivendicazione già sperimentata. Ad
esempio in Francia. Tra il 1998 e il 2002 il governo di Parigi
ha introdotto per legge la settimana di 35 ore. Da allora
fa parte dei rituali di tutti i giornalisti economici e politici
accusare le «35 ore» di tutte le catastrofi. Dal 2002 ogni governo
francese ha indebolito le «35 ore» con nuove ordinanze.
Oggi degli studi approfonditi dimostrano (ad
esempio quello dell’Ufficio statistico INSEE) che la riduzione
dell’orario di lavoro è meglio della sua reputazione.
Ha dato una spinta alla Francia. Le «35 ore» hanno soprattutto
contribuito a creare effettivamente molti posti di lavoro.
Ora i sindacati osserveranno attentamente gli esperimenti
in corso. Perché è chiara una cosa: la Svizzera necessita
di un nuovo contratto sociale tra capitale e lavoro. Una
settimana di lavoro flessibile di 30 ore sarebbe un ottimo
inizio.
12 Dossier
Se tutte e tutti lavorassimo meno...
La riduzione dell’orario di lavoro è una richiesta
sindacale di vecchia data, tornata d’attualità
nel dibattito sulla parità. Anche se può sembrare
un’utopia sociale, rivela un evidente
vantaggio economico. Per tutte e tutti.
Testo: Muriel Raemy
In Svizzera è praticamente impossibile conciliare lavoro e
famiglia. Questo tema scottante riguarda il mercato del lavoro,
ma anche la politica sociale e familiare, l’uguaglianza
di genere o la sfera privata, ovvero la possibilità di decidere
e organizzare la propria vita come si vuole. Sul fronte
economico, le soluzioni convergono verso una richiesta
sindacale al crocevia di queste numerose sfide sociali: una
riduzione del lavoro retribuito per tutte e tutti.
Lavorare meno potrebbe davvero avere conseguenze
molto promettenti. «Nel corso della vita le esigenze cambiano.
Ad esempio, i giovani genitori potrebbero occuparsi
insieme dei loro figli e i salariati più anziani dei loro genitori
in età avanzata», afferma Patrizia Mordini, responsabile
delle pari opportunità presso syndicom. In effetti, l’accesso
delle donne al mercato del lavoro non ha portato a
un coinvolgimento proporzionato degli uomini nelle mansioni
familiari o domestiche. La riduzione dell’orario di lavoro
permetterebbe loro, anche se lavorassero a tempo pieno,
di investire in ciò che ancora ricade sulle spalle delle
donne: il «care», termine inglese che designa tutte le attività
di assistenza e cura che le donne svolgono gratuitamente
all’interno della loro coppia o famiglia, o in cambio
di un salario troppo basso quando questa è la loro professione.
Nel 2020, l’economista femminista Mascha Madörin
ha calcolato che su 8,7 miliardi di ore di lavoro non
retribuito – cucinare, pulire, educare, formare, curare,
ascoltare, fare giardinaggio, fare la spesa, lavare, fare volontariato,
pagare le bollette ecc. – 5,6 miliardi sono state
eseguite dalle donne. «Si stima che questa distribuzione
ineguale rappresenti una perdita di 80 miliardi di franchi
svizzeri per le donne!». Ma l’ingiustizia non finisce qui. Le
cifre dell’inchiesta svizzera sulla popolazione attiva (ESPA
2018) rivelano infatti che il 61% delle donne attive, contro
il 14% degli uomini attivi, ha ammesso di aver ridotto il
proprio orario di lavoro per assumersi i compiti di cura dei
bambini sotto i 15 anni. Le conseguenze dirette? Diminuzioni
di reddito e un enorme buco nei contributi AVS delle
donne. Inoltre, dopo la nascita dei figli, le donne spesso
optano per attività professionali che comportano meno responsabilità
e preferiscono occuparsi da sole dei bambini,
a scapito della loro indipendenza finanziaria.
Da che parte sta l’utopia?
La rivendicazione è quindi semplice: occorrono orari di
lavoro più brevi. «Per non peggiorare la già difficile situazione
economica delle donne, ci stiamo battendo per un
ridimensionamento dell’orario di lavoro senza una riduzione
del salario», dichiara Patrizia Mordini. A rischio di
scivolare verso l’utopia? «Per me, utopia significa non
mettere in discussione le leggi non scritte, secondo cui
una donna non accede a lavori che corrispondono alle sue
competenze, guadagna meno per la stessa posizione e,
peggio ancora, che certe mansioni essenziali, che si suppone
siano tradizionalmente femminili, non vengono
semplicemente valorizzate. Dal momento in cui la cura
della vita umana è riconosciuta in tutte le sue forme e ben
retribuita, sono sicura che gli uomini saranno interessati
e investiranno in questi lavori!».
Eppure syndicom non menziona un numero di ore lavorative.
«Rivendichiamo piuttosto un cambio di prospettiva:
orari più brevi, prevedibili e affidabili, congedi parentali
retribuiti più lunghi, così come l’assistenza
extrafamiliare il più possibile ampia e flessibile, che si possa
adattare a un’attività lavorativa, senza che la flessibilizzazione
e la digitalizzazione diventino una nuova minaccia
per l’equilibrio tra vita privata e professionale». In sintesi,
quello che chiede Patrizia Mordini è un nuovo sistema, un
progetto di società in cui lo Stato promuova un’economia
vicina alle esigenze della vita reale. In questo senso, syndicom
s’impegna a implementare presso le aziende modelli
di orari adeguati al periodo della vita. L’8 marzo è stato il
100° anniversario in cui sono stati ufficialmente celebrati
i diritti delle donne. Ma non c’è da esultare.
Il tempo non è il solo nemico
La questione delle 42 ore settimanali di lavoro
non è l’unica sfida affrontata da syndicom.
Ecco la situazione nei diversi settori.
Testo: Giovanni Valerio
Nell’anno della pandemia, la situazione dei lavoratori della
logistica – già difficile – è scoppiata. Secondo un recente
sondaggio di syndicom, il 63% dei dipendenti di Post-
Mail ritiene che sia difficile conciliare lavoro, tempo
libero e famiglia. Per il 54% dei lavoratori di PostLogistics,
il ritmo incide sulla salute. Un terzo di loro afferma che il
nuovo sistema WTS ha chiaramente un effetto negativo.
La situazione eccezionale con il boom del commercio
online durante il lockdown ha indubbiamente influito
sulle condizioni di lavoro. «Ci vuole più personale – rivendica
Matteo Antonini, segretario centrale Logistica di syndicom
– per fare in modo che le variazioni di volumi non
pesino troppo sulla salute dei lavoratori. Con il nuovo contratto
di lavoro si sono infatti stabiliti criteri importanti
per limitare le ore supplementari e garantire i giorni di
congedo. Ad esempio, con la pianificazione anticipata di
due settimane, ulteriori turni possono essere rifiutati senza
conseguenze. Inoltre, i saldi ore vengono conteggiati
due volte l’anno e la metà delle ore supplementari possono
essere pianificate come giorni di congedo».
Industria grafica, arginare la crisi e le 42 ore
Nel settore dei media, invece, la pandemia ha soltanto rimandato
il problema delle ore supplementari, questione
infinita per i giornalisti. Dato che molti editori in questo
periodo percepiscono indennità per il lavoro ridotto, sono
molto attenti sulle ore supplementari per non rischiare
sanzioni da parte della SECO.
Nell’industria grafica, il sindacato è riuscito ad arginare
una situazione che rischiava di peggiorare, a causa della
crisi che ha investito il settore sin dagli Anni Novanta. Il
CCL prevede infatti per i datori di lavoro la possibilità di
portare l’orario di lavoro a 42 ore settimanali, tramite un
accordo scritto con la Commissione del Personale, laddove
questa ci sia, o con il personale stesso. Questo, per chi
lavora a tre turni, significa un sabato in più al mese. Contro
le 42 ore quale orario di lavoro normale syndicom aveva
mobilitato oltre cento persone a Berna nel dicembre del
2012. Certo, la mobilitazione non ha bloccato del tutto
l’aumento, ma si può dire che le 42 ore non sono applicate
dappertutto. Quello che però bisogna ammettere è che,
contrariamente a quanto si temeva, questa possibilità di
aumentare l’orario non è stata causa di licenziamenti.
Swisscom, flessibilità e partecipazione
Orari di lavoro flessibili. Modelli di pensionamento parziale
per i più anziani. Soluzioni ibride tra home office e
lavoro in azienda, anche quando passerà la pandemia.
Queste alcune idee emerse nella prima serie di sondaggi
tra i dipendenti Swisscom. A maggio si terranno i workshop
con il personale per definire le pretese per il nuovo
contratto. Le trattative inizieranno in autunno, con l’obiettivo
di firmare il CCL nel corso del 2022.
Le premesse per una riduzione del tempo di lavoro ci
sono, spiega il segretario centrale del settore ICT di syndicom,
Daniel Hügli: «Si basano su tre punti: la motivazione
del personale, come si è visto nel sondaggio; la produttività,
che è dimostrata quando si riduce il tempo di lavoro, e
la maggiore attrattività sul mercato di Swisscom. Se vuole
attrarre giovani talenti, Swisscom deve offrire anche ottime
condizioni di lavoro: la flessibilità e la partecipazione
sono fattori molto importanti. Come pure il modello di
tempo di lavoro che stiamo discutendo, che è flessibile, in
modo da adattarsi alle diverse fasi della vita. Ogni situazione
è individuale e il lavoratore deve avere la scelta».
I diversi settori di syndicom
syndicom.ch/it/sezioni
14 Dossier
E se la teoria diventasse realtà?
Mentre sempre più aziende provano nuovi
modelli d’impiego, alcuni governi progressisti
vogliono introdurre per legge la riduzione delle
ore di lavoro. A beneficio di tutti. E da noi?
Testo: Andreas Minder
Una sugli sci, la seconda sta osservando una magnifica
baia, il terzo in posa accanto a una gigantesca carpa appena
pescata. Sul sito internet della società Emagnetix, un’agenzia
austriaca di marketing digitale, i lavoratori vengono
mostrati mentre si godono attività nel tempo libero e
durante le vacanze. Ne hanno in abbondanza. L’azienda
ha introdotto la settimana lavorativa di 30 ore nel 2018, il
tutto a parità di salario. «Praticamente non abbiamo dovuto
cercare nuovi collaboratori», motiva la riduzione dell’orario
di lavoro l’amministratore delegato Klaus Hochreiter.
L’iniziativa ha dato i suoi frutti per tutte le persone
coinvolte. I problemi di reclutamento sono acqua passata
e l’azienda è cresciuta fortemente. Ora impiega più di
trenta dipendenti, oltre il doppio rispetto a prima dell’introduzione
della settimana di 30 ore. E si trovano benissimo.
Una valutazione esterna ha scoperto che più dell’80
per cento di loro si sente più sano. Due terzi hanno dichiarato
che il loro carico di lavoro è diminuito.
Le mille ragioni del successo
Secondo Hochreiter, esistono due ragioni principali per
cui ciò ha funzionato. In primo luogo: sono stati risparmiati
costi digitalizzando e automatizzando tutto il possibile,
oltre che eliminando le riunioni inutili. In secondo
luogo: i collaboratori sono diventati più efficienti. Hochreiter,
che rispetta egli stesso le 30 ore, dice che si perde
meno tempo quando si sa di averne meno a disposizione.
Inoltre, proprio nell’industria creativa, a suo dire non si
può essere produttivi per più di sei ore al giorno.
Emagnetix non è un caso isolato. In tutto il mondo,
parecchie aziende stanno sperimentando orari di lavoro
ridotti. La società fiduciaria neozelandese Perpetual Guardian,
ad esempio, ha introdotto una settimana di 4 giorni
per i suoi 250 collaboratori nel 2018. Anch’essa a stipendio
pieno, e con pari successo: produttività aumentata,
stress diminuito, rapporto vita-lavoro più equilibrato. In
Giappone, Microsoft ha concesso ai suoi 2300 dipendenti
il venerdì libero per un mese. Il risultato: le persone erano
più motivate e la loro produttività è cresciuta del 40 per
cento. L’elenco potrebbe essere esteso a piacere.
A fronte di così tante esperienze positive, ci si chiede
perché la riduzione delle ore di lavoro non sia diventata
da tempo la norma. Un altro esperimento molto citato
potrebbe fornire una risposta: presso una casa di riposo
comunale di Göteborg, la giornata di 6 ore venne introdotta
nel 2015. L’effetto fu simile: anche qui il personale si
sentiva più in forma, più attento e più rilassato. Tuttavia,
l’esperimento non venne portato avanti, anche a causa dei
costi: era stato necessario assumere altri assistenti, il che
si rivelò troppo oneroso. Nonostante gli esempi di successo,
i progressi sul piano della produttività non erano così
grandi e non si erano manifestati a livello di cassa, ma
«solo» in una migliore qualità delle cure. Questo – e la tradizionale
resistenza di molti datori di lavoro – dovrebbe
rendere difficile le riduzioni dell’orario di lavoro in alcune
singole aziende, nonostante gli effetti positivi.
I governi di sinistra in prima fila per il cambiamento
In diversi paesi si registrano attualmente iniziative per ridurre
l’orario di lavoro a opera dello Stato. Nell’autunno
scorso, in Spagna il governo di sinistra ha considerato l’introduzione
di una settimana di quattro giorni. Un progetto
pilota di tre anni, elaborato con i sindacati, è a buon
punto. In Finlandia, la coalizione di centro-sinistra sta
elaborando piani per una riduzione dell’orario di lavoro.
E, dall’altra parte del mondo, Jacinda Ardern, a capo del
governo neozelandese, sta incoraggiando i datori di lavoro
a pensare alla settimana di quattro giorni. Oltre agli argomenti
noti, fa entrare in gioco la crisi del turismo indotta
dal coronavirus: più tempo libero permetterebbe ai
neozelandesi di fare più vacanze – per la gioia di alberghi,
ristoranti e aziende di trasporto.
Il programma del partito spagnolo Más País
maspais.es/programa-economico/
Fotoreportage
Il progetto artistico del fotografo romando Olivier Vogelsang
concepito per questo dossier tematico si basa su una tecnica
di sovrapposizione che invita a uno sguardo contemplativo
sul nostro rapporto con il tempo di lavoro. Alla nozione di
tempo, quello definito dal sorgere del sole fino al tramonto,
si lega qui la simbologia del lavoro, rappresentato dalle professioni
dei diversi settori di syndicom.
Fotografo e reporter da quasi 30 anni, il talentuoso Olivier
Vogelsang lavora per giornali svizzeri e internazionali oltre
che per diverse istituzioni. Nei suoi reportage, ha coperto
numerose zone di conflitto, come testimone dei danni causati
dalle guerre civili. Autore di diversi libri, il suo lavoro ha
ottenuto diversi riconoscimenti, tra cui lo Swiss Press Award.
I suoi scatti possono essere ammirati sul sito: disvoir.net
Orario di lavoro
È vero che in Svizzera lavoriamo molto rispetto ai nostri vicini?
Uno sguardo più attento alle statistiche mostra che è vero solo
in parte. È anche sorprendente che prestiamo più lavoro non
pagato che retribuito e che, globalmente, le persone nelle regioni
più povere lavorano di più di quelle nelle regioni più ricche.
Svolgiamo più lavoro non pagato che retribuito
9,245
Miliardi
ore di lavoro non retribuito
(lavori domestici, familiari e
volontariato)
7,929
Miliardi
ore lavorate da tutti
gli occupati
Fonte: BFS – Schweizerische Arbeitskräfteerhebung (SAKE), Schweizerische Lohnstrukturerhebung (LSE),
Zahlen für 2019
Il progresso è un’altra cosa
L′orario di lavoro standard presso le aziende è stagnante in Svizzera
da 20 anni.
46
45
44
43
42
41
Molti svizzeri evitano un posto di lavoro
a tempo pieno con lunghi orari di lavoro
Orario di lavoro settimanale effettivo per occupato* in ore per il 2018.
40
1973
1975
1980
1985
1990
1995
Fonte: BFS – Statistik der betriebsüblichen Arbeitszeiten (BUA)
2000
2005
2010
2015
2019
Solo dipendenti a tempo pieno Popolazione totale
Svizzera
Gran Bretagna
Grecia
Germania
Austria
Spagna
Italia
Francia
0 5 10 15 20 25 30 35
Fonte: Eurostat
40 45
Quanto lavoriamo dipende dal nostro
stato occupazionale
Orario di lavoro settimanale effettivo dei dipendenti a tempo pieno*
in ore, in Svizzera per il 2018.
Indipendenti
Uomini
51.9
48.5
Donne
Dipendenti presso la propria azienda
48.7
Fonte: BFS – Arbeitsvolumenstatistik (AVOL)
45.9
Dipendenti
41.3 40.2
Apprendisti (in azienda)
29.9 28.7
Lunghi orari di lavoro dannosi per la salute in tutto il mondo
Percentuale della popolazione attiva che lavora più di 48 ore alla settimana. L′Organizzazione internazionale
del lavoro (OIL) fissa il limite per gli orari di lavoro settimanali eccessivi e dannosi per la salute a 48 ore.
Europa e Asia centrale
10,8 %
10,5 %
Paesi in via di sviluppo
Paesi industrializzati
Totale
40,5 %
36,1 %
21,7 %
15,9 %
America
19,3 %
10,3 %
Africa
32,8 %
Stati Arabi
43,6 %
47,2 %
Asia e Pacifico
23 %
45,8 %
Globale
15,3 %
Fonte: OIL (2018): Future of work research paper «Working time and the future of work»
16
Dalle
professioni
Un chiaro NO
al lavoro domenicale
Il 7 marzo scorso, gli elettori dei
Cantoni di Berna e Zugo hanno preso
due importanti decisioni: col 53,9 e, rispettivamente,
il 65,2 per cento hanno
votato contro l’estensione degli orari
di apertura dei negozi. Due risultati
che rappresentano un segnale forte.
Cosa cambia se io, come consumatore,
ho l’opportunità di fare acquisti
supplementari per due domeniche
all’anno? Per i venditori significa invece
un giorno in meno con la famiglia e
gli amici. Perché chi crede che il riposo
domenicale sia una reliquia della
tradizione cristiana si sbaglia. Piuttosto,
è un giorno libero comune per riposarsi
e per conciliare vita privata e
lavoro. Un’altra idea sbagliata: più posti
di lavoro grazie a orari di apertura
più lunghi. Invece, nella realtà, il personale
si riduce ulteriormente e la
pressione sui salari e sugli orari di lavoro
aumenta. E tutto questo in un settore
in cui a lavorare sono prevalentemente
le donne. Proprio il gruppo di
popolazione che è già esposto a enormi
svantaggi nella vita lavorativa. Un
esempio attuale: presso la catena di
abbigliamento H&M, la maggior parte
delle giovani madri viene licenziata
dopo il congedo maternità poiché non
può lavorare nei fine settimana o in
orari marginali.
La legge sul lavoro non fornisce
una sufficiente protezione ai dipendenti
del settore nel commercio al dettaglio.
L’argomentazione secondo cui
l’estensione degli orari di apertura dei
negozi è una situazione vantaggiosa
sia per i dipendenti che per i clienti è
semplicemente sbagliata, se valutiamo
le condizioni attuali. Per non
parlare delle piccole imprese che, in
alcuni casi, non possono proprio permettersi
orari di apertura dei negozi
più lunghi e vengono quindi messe
sotto ulteriore pressione dalle grandi
catene.
La portata di queste tendenze alla
liberalizzazione si può vedere anche
nell’attuale politica dei partiti borghesi
in materia di coronavirus. La Commissione
economica del Consiglio degli
Stati ha deciso, in risposta a una
mozione dei borghesi, che le perdite
subite nel commercio al dettaglio dovessero
essere compensate da un maggior
lavoro domenicale. Tramite tali
regolamentazioni, è il personale addetto
alla vendita che paga per la crisi.
E ciò è inaccettabile. A questo discutibile
trasferimento dei costi il Consiglio
degli Stati e il Consiglio nazionale
non hanno dato seguito nel dibattito
finale. Poiché le liberalizzazioni, da
questo punto di vista, non hanno nulla
a che vedere con un mondo del lavoro
moderno ed equo. Anche l’elettorato
dei Cantoni di Berna e Zugo lo ha capito.
Con la bocciatura si è mostrato solidale
con i venditori e non risulta
quindi impressionato dalle tendenze
di liberalizzazione dei borghesi.
Lena Allenspach
Come Libromania a Berna, molti piccoli negozi si oppongono alle aperture domenicali. (© A. Egger)
La decisione del Consiglio nazionale
bit.ly/3dc6APK
«Nulla giustifica che le donne siano pagate meno degli uomini
per svolgere lo stesso tipo di lavoro!» Patrizia Mordini
17
Sindacati uniti per il clima
Gli effetti del cambiamento climatico riguardano tutti noi,
anche sul posto di lavoro. Per questo sindacati e movimenti
per il clima fanno fronte comune per salvare il pianeta e
il 21 maggio partecipano insieme allo Sciopero per il futuro.
Non c’è lavoro su un pianeta morto: di fronte a un futuro cupo, un messaggio chiaro. (© Markus Spiske/Pexels)
I modelli del Politecnico di Zurigo e
dell’Università di Berna prevedono
che, entro il 2060, le temperature saranno
superiori fino a 3,3 gradi rispetto
al 2010. Ci saranno sempre più forti
tempeste invernali, ondate di calore e
periodi di siccità in estate. Anche se la
protezione del clima viene perseguita
con decisione in tutto il mondo e le
emissioni di CO 2
vengono continuamente
ridotte, farà sempre più caldo
e gli eventi meteorologici estremi
aumenteranno. Questo cambiamento
influenzerà il lavoro quotidiano di
tutti noi. Due esempi: coloro che lavorano
nelle librerie o nelle filiali della
Posta dovranno servire sempre di più i
clienti nei centri urbani surriscaldati.
I postini e i corrieri, ma anche gli elettricisti
e gli addetti alle reti saranno
sempre più esposti alle tempeste invernali
e alle ondate di calore in estate.
I punti fondamentali per syndicom
Per contenere le conseguenze peggiori,
bisogna agire rapidamente. Proprio
perché tutto ciò ci riguarda sul posto
di lavoro, è nel nostro interesse di lavoratori.
E si aggiunga il fatto che, in una
potenziale catastrofe climatica, il lavoro
di qualità sarà difficile da trovare.
Il movimento sindacale internazionale
ha perciò coniato lo slogan: «Non c’è
lavoro su un pianeta morto». E questo
vale ovviamente anche per la Svizzera.
In termini di contenuti, sono tre i punti
centrali per syndicom. In primo luogo,
è chiaro che il servizio pubblico ha
un ruolo fondamentale nella lotta
contro le emissioni di CO 2
. In secondo
luogo, la lotta contro il cambiamento
climatico dev’essere socialmente accettabile:
non dev’essere a spese dei
lavoratori. In terzo luogo, l’attenzione
si concentra sulla protezione del lavoro,
perché l’aumento delle temperature
minaccia la salute di molti dipendenti.
Agire prima che sia troppo tardi
Pertanto, syndicom ha deciso di sostenere
la giornata dello «Sciopero per il
futuro» il 21 maggio prossimo. Invitiamo
i nostri membri a partecipare alle
azioni locali (nella misura in cui la
situazione della pandemia lo consentisse).
In questa colorata giornata
d’azione vogliamo collegare le lotte
del movimento per il clima e di quello
delle lavoratrici e dei lavoratori. Poiché,
in definitiva, entrambi i movimenti
si battono affinché si possa
vivere bene anche in futuro – e il cambiamento
climatico minaccia quest’obiettivo.
Al fine di prevenire il peggio, dobbiamo
agire oggi. Nel prossimo futuro,
dovremo affrontare sempre di più
la tematica del cambiamento climatico.
Il 21 maggio cominceremo a farlo e
a dimostrare che il cambiamento climatico
riguarda anche noi lavoratori –
avviando la lotta per un futuro più giusto
anche nelle questioni climatiche.
Dominik Fitze
Il programma del 21 maggio
scioperoperilfuturo.ch
Allarme rosso!
Disuguaglianza salariale
ancora in aumento
Patrizia Mordini è responsabile per le pari
opportunità e membro del Comitato Direttivo
Recentemente, l’Ufficio federale di statistica
ha reso noto il risultato allarmante
dell’ultima analisi sulla disparità
salariale: tra il 2014 e il 2018, la
discriminazione salariale non è diminuita,
bensì aumentata! Nel 2018, le
donne, a livello dell’economia nel suo
complesso (settore pubblico e privato),
hanno guadagnato il 19% in meno degli
uomini (2016: 18,3%; 2014: 18,1%). Nel
settore privato, la differenza è stata addirittura
del 19,6%, con grandi divergenze
tra i vari settori: nell’industria alberghiera
8,1%, nel commercio al
dettaglio 17,7%, nell’industria metalmeccanica
21,7% e nel settore del credito
e delle assicurazioni 33,4%. Questa
discriminazione è in parte dovuta a fattori
strutturali come il livello d’istruzione,
il numero di anni di servizio o
l’esercizio di una funzione dirigenziale,
e cresce più si sale nella gerarchia.
Ma nella metà dei casi non esiste alcuna
motivazione! Nulla giustifica che le
donne siano pagate meno degli uomini
per svolgere lo stesso lavoro!
È ora di dare una svolta. Le aziende
devono effettuare analisi salariali e ridurre
rapidamente le differenze salariali.
Dal giugno 2020, le società con
più di 100 dipendenti hanno l’obbligo
legale di agire in tal senso. Tuttavia, la
parità salariale è ancorata nella Costituzione
già dal 1981. Se non si adottano
provvedimenti seri e decisi, la disuguaglianza
salariale – ingiusta e
anticostituzionale – rischia addirittura
di aumentare ulteriormente.
18
Dalle
professioni
«È importante che il risarcimento di Facebook non sostenga
gli editori ma gli stessi professionisti dei media» Stephanie Vonarburg
Facebook, la condivisione si paga
La piattaforma online potrebbe in futuro pagare per i contenuti
giornalistici condivisi. La pressione del governo australiano su
Facebook e Google dovrebbe avere ripercussioni globali. Anche
per la Svizzera. Tutto questo contribuirà a salvare i media?
In futuro, i media svizzeri riceveranno
soldi da Facebook? Questa è la grande
domanda che tutti si pongono, almeno
dopo quanto accaduto in Australia.
Con una nuova legge, il governo australiano
voleva costringere le piattaforme
online come Facebook e Google
a pagare per la pubblicazione degli articoli
dei media. In un primo momento,
Facebook ha rifiutato e sommariamente
bloccato tutti i contenuti dai
media australiani: una prima volta a livello
mondiale. Pochi giorni dopo, il
governo australiano ha fatto marcia
indietro e ha annunciato che avrebbe
ridimensionato la legge, mentre Facebook
ha promesso di investire in partnership
con gli editori. Negli USA e in
Gran Bretagna, questo sta già accadendo
con Facebook News.
Sviluppi attesi in tutto il mondo
Il problema di base è noto da parecchio
tempo: le piattaforme online beneficiano
dei contenuti dei media,
poiché molte persone si informano
principalmente da queste fonti. I media,
a loro volta, fanno affidamento
sulla distribuzione dei loro contenuti
attraverso i social media o i motori di
ricerca per ottenere un raggio d’azione
più esteso – e quindi maggiori entrate
Il saccheggio dei contenuti editoriali da parte delle piattaforme digitali deve finire. (© istock)
pubblicitarie. Ironicamente, sono Facebook
e Google che stanno facendo
in modo che la pubblicità si sposti dai
media alle piattaforme online. Un dilemma.
Ecco perché il governo australiano ha
voluto esercitare una certa pressione
su di loro. Google si è mostrato più collaborativo
di Facebook e vuole pagare
i contenuti dei media col suo programma
«Showcase».
Tutti i paesi osservano da vicino
questi sviluppi. Una legge simile sui
media è in discussione anche in Canada.
In Europa, la questione ruota intorno
all’implementazione della nuova
legge europea sul copyright. E in
Svizzera? Qui la questione era già sul
tavolo con la revisione del diritto d’autore
nel 2019, ma non è stata inserita
nella proposta di legge. Il Parlamento
ha affermato che voleva prima vedere
come avrebbe agito l’Unione Europea.
Verso un fondo comune
Stephanie Vonarburg, vicepresidente
di syndicom e responsabile del settore
Media, è in ogni caso del parere che
Facebook & co. dovrebbero pagare per
i contenuti dei media. «Tuttavia, questo
prelievo dovrebbe andare in un
fondo comune di sostegno al giornalismo
e portare beneficio all’intero settore».
Del resto, non tutti i media hanno
le stesse opportunità di negoziare
con i gruppi internazionali, ha dichiarato
sempre Vonarburg. «È inoltre importante
che il denaro non sostenga
gli editori, ma gli stessi professionisti
dei media».
Eva Hirschi
L’accordo di Facebook in Australia
bit.ly/3fmNtoF
Formazione continua
per il lavoro del futuro
Dominik Fitze è segretario del Gruppo d’interesse
Giovani di syndicom
La digitalizzazione sta cambiando costantemente
i nostri mestieri e il nostro
mondo professionale. Quello che
si impara oggi nell’apprendistato potrebbe
essere già superato tra dieci
anni. Nel contempo, le carriere sono
meno lineari. Sempre più persone non
lavorano nell’ambito della professione
che hanno appreso e sempre di più studiano
in tutti i periodi della loro vita. In
questo contesto, la formazione continua
diventa più importante proprio per
i più giovani.
Una ricerca condotta a febbraio tra
gli iscritti sotto i 35 anni mostra che
solo poco meno della metà ha conseguito
una formazione continua negli
ultimi due anni. Le ragioni principali
sono la mancanza di risorse finanziarie
e di tempo e l’assenza di informazioni
sulle possibilità offerte. Stiamo affrontando
questa mancanza di risorse da
tempo. I nostri Contratti collettivi di lavoro
(CCL) sono innovativi: i dipendenti
Swisscom possono dedicare 5 giorni
l’anno alla formazione continua. Per
l’industria delle arti grafiche, gestiamo
persino il nostro istituto di formazione,
Helias, che è finanziato dai contributi
di esecuzione del CCL ed è gratis
per gli iscritti soggetti al CCL. L’impegno
per la formazione continua rientra
quindi nel Dna di syndicom.
Ma dobbiamo ancora fare parecchio
per il problema della mancanza di
informazioni. E trovare il modo di fornire
una consulenza mirata. La recente
ricerca mostra che i soci più giovani ne
farebbero volentieri uso. Su questo
dobbiamo lavorare.
«Bisogna impedire che altre aziende e settori seguano
l’esempio di Amazon nel controllo dei dipendenti» Daniel Hügli
19
Amazon ha condotto una battaglia ai limiti della legalità per impedire che i suoi dipendenti si iscrivano al sindacato. (© Shutterstock)
Lotta globale per migliori
condizioni di lavoro
Il colosso mondiale Amazon guadagna miliardi di franchi con
gli ordini di aziende terze. Ma a farne le spese sono i lavoratori.
In Svizzera, un primo contratto collettivo negoziato da
syndicom ha migliorato le condizioni di lavoro nel settore.
Il patrimonio di Jeff Bezos, fondatore
e co-proprietario del gruppo Amazon,
è cresciuto dell’equivalente di circa 70
miliardi di franchi durante la pandemia.
A beneficiare del successo commerciale
non sono però i dipendenti
di Amazon, che sono il vero motore dei
numerosi centri di distribuzione. In
tutto il mondo, devono fare i conti con
salari molto bassi e condizioni di lavoro
miserabili. Allo stesso tempo, il colosso
globale del commercio online
sta facendo tutto il possibile per impedirne
un’organizzazione sul piano sindacale.
Finora con successo, anche
con mezzi al limite della legalità, come
denunciato da Amnesty International.
Ma ora i 5800 dipendenti del centro di
distribuzione di Bessemer, in Alabama,
stanno votando per decidere se
iscriversi a un sindacato. Nel momento
in cui questa rivista è andata in
stampa, il conteggio del voto non si era
ancora concluso.
Soffia il vento del cambiamento
Nella lotta per migliori condizioni di
lavoro nel capitalismo digitalizzato,
questo verdetto è di fondamentale importanza,
afferma Daniel Hügli, segretario
centrale del settore ICT di syndicom.
Amazon è all’avanguardia di uno
sviluppo che sta spingendo sempre
più in là i confini del monitoraggio e
del controllo dei dipendenti. «Bisogna
impedire che altre aziende e settori ne
seguano l’esempio».
Un settore privo di regolamentazione
Gran parte della crescita di Amazon
conseguita nel 2020 proviene dal settore
denominato «fulfillment». In
quest’ambito, il gruppo gestisce la
spedizione ai clienti finali per i fornitori
terzi. Amazon domina questo settore
a livello globale, ma fondamentalmente
non è ancora attiva in Svizzera.
Tuttavia, il «fulfillment» è un business
in crescita anche qui da noi, e crea soprattutto
posti di lavoro per personale
con basse qualifiche. Per molto tempo,
il comparto svizzero è stato completamente
privo di regolamentazione.
Risultato: nessun salario minimo e
condizioni di lavoro basate sul minimo
previsto per legge.
Estendere i diritti a tutto il settore
Tutto questo è cambiato nel 2019,
quando syndicom negoziò un Contratto
collettivo di lavoro (CCL) con il leader
del mercato svizzero, MS Direct
AG. In questo modo i dipendenti hanno
voce in capitolo e syndicom ha un
diritto di partecipazione. Ora esistono
salari minimi e migliori condizioni di
lavoro. Queste ultime sono dure anche
nel comparto del «fulfillment» svizzero
ma comunque non paragonabili a
quelle di Amazon, afferma Hügli. «A
causa del boom delle vendite per corrispondenza
causato dalla pandemia,
il carico per il personale è aumentato
ulteriormente». syndicom vuole pertanto
estendere il CCL a tutto il comparto
dei fornitori di servizi. La battaglia
globale per migliori condizioni di
lavoro nel fulfillment non sarà decisa
solo in Alabama, ma anche a Muttenz,
Losanna o Chiasso.
Basil Weingartner
L’appello di Amnesty International
bit.ly/3cucVqk
20
Dalle
professioni
«Per migliorare le condizioni di lavoro degli addetti al recapito,
il settore dei pacchi deve essere regolamentato» Urs Zbinden
Come vincere battaglie sindacali
ai tempi dell’home office
L’isolamento durante la pandemia pone una nuova serie di sfide
per il lavoro sindacale. Ma l’azione collettiva dei dipendenti
di Quickmail contro il taglio dei salari dimostra che è possibile.
Anche dopo un 2020 redditizio, Quickmail voleva ugualmente ridurre i salari. (© M. Richter, pixabay)
È stata una riunione di team che lo
staff amministrativo di Quickmail
non dimenticherà tanto presto. Alla
fine di gennaio, i lavoratori del fornitore
di servizi per la consegna di lettere,
riviste e stampati si sono trovati di
fronte al fatto che i loro salari sarebbero
stati tagliati del 5%. Anche se, stando
alla direzione, questa era solo una
misura temporanea, non è stata stabilita
la fine di tale misura. Inoltre, la riduzione
del salario era retroattiva all’inizio
di gennaio, ovvero era già stata
detratta dal salario che sarebbe stato
poi pagato. La ragione di questa misura
drastica era il cattivo andamento
degli affari.
Sul piano giuridico, un contratto di
lavoro può essere modificato in due
modi: o entrambe le parti sono d’accordo
sulla variazione oppure deve essere
notificata una disdetta con riserva
di modifica. Con la sua azione,
Quickmail ha voluto intraprendere la
prima strada, il che ha causato l’indignazione
della forza lavoro. Il comunicato
stampa di inizio febbraio, che
parlava di un 2020 di successo con una
crescita dei fatturati, ha aggiunto benzina
sul fuoco.
Azioni ai tempi della pandemia
In questo contesto, i lavoratori di Quickmail
hanno contattato syndicom. In
circostanze normali, sarebbe stata
convocata una riunione dello staff per
discutere i passi successivi. Tuttavia,
le misure per contenere la pandemia
di coronavirus non permettevano alcuna
riunione. Inoltre, tutti lavoravano
in modalità home office. Ciò ha posto
ai dipendenti di Quickmail e a
syndicom la questione di come organizzarsi
collettivamente in tempi di telelavoro.
Invece di tenere le riunioni fisicamente,
sono state tenute in
videoconferenza. Questo approccio ha
permesso di sottoporre delle richieste
e di ottenere un mandato per le negoziazioni.
La forza lavoro ha chiesto il
rispetto delle disposizioni di legge,
che avrebbe comportato disdette con
riserva di modifica e quindi il rimborso
delle detrazioni salariali già effettuate.
Marcia indietro per Quickmail
Con questo mandato, syndicom ha
chiesto che Quickmail negoziasse le
misure prese. Quickmail ha accettato
i negoziati e ha fatto marcia indietro
rispetto al suo approccio. Chi non ha
accettato il provvedimento ha ricevuto
una disdetta con riserva di modifica e
i salari già detratti sono stati rimborsati.
L’intenso mese di febbraio di
Quickmail ha dimostrato che l’organizzazione
collettiva è possibile anche
in tempi di home office.
Urs Zbinden
Il settore Corriere, espresso e pacchi (CEP)
syndicom.ch/it/divisioni/logistica/cep-mail
Recapito pacchi, anche
la politica chiede migliori
condizioni di lavoro
Urs Zbinden è segretario speciale del settore
Logistica
Il settore corrieri, espressi e pacchi
(KEP) è in piena espansione. E non solo
a causa del lockdown scaturito dalla
pandemia. Il volume dei pacchi è in costante
aumento anche presso i fornitori
di servizi postali privati. Ma se si parla
con gli addetti al recapito delle loro
condizioni di lavoro, diventa evidente
che in questo settore esistono ancora
molti problemi da risolvere. I collaboratori
delle aziende subappaltatrici, in
particolare, si lamentano del gran numero
di pacchi, delle lunghe giornate
di lavoro, delle detrazioni salariali non
comunicate e dei bassi salari. Con questo
messaggio si rivolgono ripetutamente
all’opinione pubblica, come
qualche settimana fa alla trasmissione
televisiva della SRF «Kassensturz». A titolo
precauzionale, syndicom aveva già
rescisso il vecchio Contratto collettivo
di lavoro (CCL) per il comparto KEP &
Mail nell’autunno 2019, poiché non
prevedeva regolamentazioni sufficienti
per affrontare questi problemi. Lo
scopo era di portare le parti al tavolo
delle trattative. Purtroppo, i datori di
lavoro non erano disposti a negoziare,
il che ha determinato la scadenza del
contratto. Ma anche per il Consiglio federale
vi è ora la necessità di agire. In
risposta a un intervento parlamentare
al Consiglio nazionale sulle condizioni
di lavoro nel settore dei pacchi, all’inizio
di marzo si è pronunciato a favore di
un accordo tra le parti sociali su una regolamentazione
uniforme nell’ambito
di un CCL con un’obbligatorietà generale
per l’intero settore. È ora che il settore
dei pacchi sia regolamentato in
modo che le condizioni di lavoro degli
addetti al recapito migliorino!
«Non basta colorare il sito di rosa una volta l’anno. Servono
condizioni di lavoro attrattive per tutti, uomini e donne» Miriam Berger
21
Quando anche una firma conta
«Basta con la pressione permanente, assumete più personale!»
Sostenuta da due terzi dei dipendenti del centro pacchi Posta
di Frauenfeld, questa petizione ha permesso ai lavoratori
di far sentire la loro voce. E qualcosa sta cambiando.
I numeri parlano chiaro. 121 su 180
addetti al recapito, i due terzi, hanno
firmato a novembre 2020 a Frauenfeld
la petizione intitolata «Smettetela di
esercitare una costante pressione sul
rendimento e assumete finalmente
più personale». Questa coesione tra il
personale dimostra che, nonostante la
pandemia e i timori delle lavoratrici e
dei lavoratori, insieme ci si può difendere.
Gli addetti al recapito del centro
pacchi della Posta a Frauenfeld, uno
dei più grandi della Svizzera, hanno dimostrato
che si può essere forti insieme
al sindacato.
nuovi dipendenti e circa 20 interinali.
I lavoratori interinali sono stati di supporto
durante il periodo natalizio. Si
continua tuttora a reclutare nuovo
personale.
Vittoria comune
Tantissimi addetti al recapito ci hanno
contattato soddisfatti per ringraziarci
del risultato e del nostro impegno.
Ma non si è trattato solamente
dell’impegno del sindacato, bensì soprattutto
della costanza dei lavoratori
interessati all’azione, che hanno raccolto
le firme e parlato ai colleghi. Grazie
di cuore per la fiducia dimostrataci.
Migliorare ancora
Con le numerose firme raccolte e
l’aumento del numero di addetti al
recapito, syndicom ha ottenuto il
mandato di battersi anche in futuro
insieme ai dipendenti del centro
pacchi di Frauenfeld per migliorare le
condizioni di lavoro. Voi lavoratori
siete il sindacato in azienda e soltanto
insieme possiamo migliorare la situazione.
Azra Ganic, segretaria regionale
I settori dei lavoratori di syndicom
syndicom.ch/it/divisioni/
Reazione rapida della direzione
Dopo la petizione, sono infatti stati
apportati notevoli miglioramenti sul
posto di lavoro. La direzione si sta dando
da fare per applicare al più presto le
rivendicazioni. È quanto percepiscono
le lavoratrici e i lavoratori durante
le loro attività quotidiane. Certo, ci
sono tuttora dei valori in termini di secondi
da rispettare per ogni pacco, ma
in questa situazione d’emergenza è
stata sospesa la pressione sui dipendenti
per raggiungere questi valori.
Dopo la consegna della petizione, il
centro pacchi di Frauenfeld ha assunto
nel giro di due settimane circa 30
Slogan e bandiere davanti al centro pacchi di Frauenfeld: uniti si vince. (© syndicom)
Trasformazione digitale
al femminile
Miriam Berger è segretaria centrale ICT
La percentuale di donne nel settore
dell’Information Technology (IT) è notoriamente
bassa. Ma è veramente utile
un buon mix di sessi? Sì, perché nel
settore regna una carenza di specialisti
e i team misti (è dimostrato empiricamente)
hanno maggior successo. I
modelli femminili ne attraggono altri
e chi programma gli algoritmi influenza
il modo in cui i sistemi intelligenti
decidono, determinando così l’evoluzione
del mondo digitale.
Per evitare che solo un gruppo a
maggioranza maschile pensi e decida,
è utile incrementare la diversità tra gli
sviluppatori. Le «professioni maschili»
sono inoltre meglio retribuite. Questo
contribuisce al gender-pension-gap:
le rendite delle donne sono
un terzo più basse rispetto a quelle degli
uomini. Per rendere il settore più
attrattivo per le donne, evidentemente
non basta colorare di rosa il sito web
una volta l’anno. Anziché fare della cosmetica
stereotipata, le condizioni di
lavoro devono essere rese attrattive
per tutti, uomini e donne: la conciliabilità
tra vita professionale e familiare
è un punto fondamentale.
Anche in questo caso si tratta di ridurre
l’orario di lavoro. Non soltanto
per convincere le donne ad affermarsi
nel settore IT, ma affinché anche gli
uomini possano svolgere del lavoro familiare
non retribuito. Per far sì che
questo possa essere garantito a livello
collettivo, servono dei CCL che rendano
le condizioni di lavoro moderne.
La rivista Questioni femminili sul tema
bit.ly/31xiTkf
22 Politica
Quattro giorni di lavoro
per salvare il pianeta?
In tutto il mondo vi sono iniziative
che promuovono una
riduzione dell’orario di lavoro
per proteggere il clima.
Meno lavoro, con il salario invariato,
riduce lo stress e migliora
la salute e il benessere.
Ciò contribuisce anche al
raggiungimento degli obiettivi
di sostenibilità dell’ONU?
Testo: Eva Schassmann
Foto: Keystone-ATS
Mentre il Climate Action Plan (Piano
d’Azione per il Clima) degli scioperanti
per il clima chiede una settimana
lavorativa di 24 ore distribuita
su quattro giorni, la realtà svizzera è
attualmente tutt’altra: l’orario di
lavoro settimanale normale è di
42 ore. Ciò porta la Svizzera, insieme
all’Islanda, in cima alla classifica
europea degli orari di lavoro più
elevati. Ogni anno vengono lavorate
circa 8 miliardi di ore. L’85% degli
uomini occupati lavora a tempo pieno,
mentre il 60% delle donne lavora
part-time. Le donne si fanno carico
della maggior parte del lavoro assistenziale
e domestico non retribuito.
Nell’ambito del part-time, hanno
possibilità decisamente peggiori di
avanzare verso posizioni dirigenziali.
Nel Job Stress Index 2020, tre occupati
su dieci affermano di non
avere risorse sufficienti per affrontare
lo stress da lavoro. Lo stress prodotto
dal lavoro costa ai datori di lavoro
circa 7,6 miliardi di franchi
all’anno.
Meno lavoro fa bene alla salute...
Diversi studi mostrano che una riduzione
dell’orario di lavoro giornaliero
a parità di salario produce
meno stress, un sonno più sano e in
generale una salute e un benessere
migliori. Il numero di assenze per
malattia diminuisce. Nelle occupazioni
con orari di lavoro molto lunghi
e/o flessibili, la riduzione dell’orario
di lavoro può avere un
effetto positivo sulla salute e sul benessere.
Determinante è se gli orari
di lavoro e la durata possano essere
stabiliti dal dipendente. Meno lavoro
contribuisce a un migliore equilibrio
fra attività professionale e vita
privata se soddisfa le richieste di autodeterminazione
e flessibilità dei
lavoratori, e non permette una flessibilizzazione
unilaterale da parte
dei datori di lavoro.
... e anche al clima
Già nel 2006, un primo studio aveva
dimostrato che orari di lavoro più
lunghi determinano in media emissioni
più elevate. Una riduzione del
10% dell’orario di lavoro farebbe
quindi calare la nostra impronta di
CO2 del 14,6%. Questo effetto può
essere spiegato con diversi fattori: i
tempi di pendolarismo si riducono,
I sindacati hanno un ruolo importante nella riduzione dei lavori a forte impronta
ecologica, per contribuire così a realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile
definiti dall’Agenda 2030.
23
l’efficienza nella produzione aumenta
e l’impronta basata sui consumi
diminuisce. Le persone hanno
più tempo per cucinare, per camminare
o andare in bicicletta, o per riparare
i beni di consumo. Se la riduzione
dell’orario di lavoro è
accompagnata da un più alto livello
di benessere, vengono meno anche
gli «acquisti compulsivi» per ottenere
soddisfazione a breve termine attraverso
i consumi.
Tuttavia, l’effetto climatico di
una riduzione dell’orario di lavoro
dipende fortemente dalle attività
che svolgiamo durante il nuovo tempo
recuperato. Le esperienze dalla
Francia forniscono un motivo di ottimismo:
il paese ha introdotto la
settimana di 35 ore al cambio di
millennio. Negli anni successivi, è
emerso che le persone investivano il
nuovo tempo recuperato in attività
che comportavano un’efficienza delle
risorse: famiglia, relax, sport e attività
di volontariato erano in cima
alla lista. Le attività ad alta intensità
energetica, come i viaggi o i consumi,
seguivano solo in fondo all’elenco.
Quindi le attività che percepiamo
come piacevoli spesso non sono
ad alta intensità energetica. Se investiamo
l’orario di lavoro recuperato
in musica, cultura o sport, coltiviamo
le relazioni, o curiamo il nostro
giardino, diamo più spazio alla spiritualità,
incrementiamo il nostro
benessere e forniamo un contributo
all’ambiente e al clima – a patto che
il viaggio possa essere organizzato
in modo rispettoso del clima.
*Eva Schmassmann è direttrice
e coordinatrice della
piattaforma Agenda 2030, una
rete di oltre 50 organizzazioni
dei settori ambiente, sviluppo,
diritti umani, business sostenibile,
gender, pace, comparto
residenziale e lavoro. La rete
s’impegna per l’implementazione
dell’Agenda 2030 in
Svizzera.
Lavorare meno, lavorare tutti
Un orario di lavoro più breve può
anche contribuire a una più equa distribuzione
del lavoro tra i lavoratori
a tempo pieno a rischio di burnout e
i sottoccupati o i disoccupati.
Ma chi dovrebbe assumersi i
costi della riduzione dell’orario di
lavoro? Per ragioni di giustizia sociale,
la riduzione dell’orario di lavoro
non dovrebbe essere accompagnata
da un calo dei salari per i
redditi bassi. Per i redditi alti, invece,
una riduzione può promuovere
un ulteriore effetto climatico. A partire
da una certa soglia di reddito,
un reddito aggiuntivo non contribuisce
ad aumentare ulteriormente
il benessere e la qualità della vita,
ma fa aumentare l’impronta di gas
serra.
Guidare la transizione
La sola riduzione dell’orario di lavoro
non salverà il nostro pianeta. È
vero che offre importanti leve per
generare un effetto positivo a livello
sociale (salute, benessere), climatico
e ambientale (a condizione che il
nuovo tempo libero recuperato sia
utilizzato in modo da salvaguardare
le risorse), oltre che sul piano economico
(distribuzione più equa del
lavoro). Tuttavia, sono necessarie
ulteriori misure: per esempio, non
potremo evitare di convogliare i posti
di lavoro verso aree sostenibili.
I posti di lavoro con un’alta impronta
ecologica devono essere ridotti.
Per procedere in questo senso, abbiamo
bisogno di lavori aggiuntivi
in settori ad alta intensità di lavoro
e rispettosi delle risorse, nell’assistenza,
nell’istruzione, nella cultura
o nell’agricoltura biologica.
I sindacati dovranno indubbiamente
giocare un ruolo importante
nel plasmare questa transizione!
Tutte le informazioni sull’Agenda 2030
piattaforma-agenda2030.ch
Meno lavoro
per uno
sviluppo più
sostenibile
Affinché una riduzione dell’orario
di lavoro possa contribuire al raggiungimento
degli obiettivi di sostenibilità
dell’ONU previsti dall’Agenda
2030, essa deve avere un effetto
positivo a livello sociale, ambientale
ed economico. L’Agenda 2030 per lo
sviluppo sostenibile è stata adottata
da tutti gli Stati del mondo nel 2015.
In virtù di tale agenda, i paesi hanno
concordato una visione futura di
un mondo in pace, dove nessuno
deve soffrire la fame, gli ecosistemi
terrestri e acquatici sono protetti, e
i consumi e la produzione non superano
i limiti del pianeta. Fissa un totale
di 17 obiettivi, i Sustainable Development
Goals (SDGs), per
realizzare questa visione del futuro.
In riferimento al lavoro, l’Agenda
2030 adotta la «Decent Work
Agenda» dell’Organizzazione Internazionale
del Lavoro (OIL). L’SDG 8
fissa l’obiettivo di un’occupazione
piena e produttiva e del lavoro dignitoso
per tutti. L’SDG 3 si propone
di garantire una vita sana per tutte
le persone. La cura non retribuita
e il lavoro domestico devono essere
distribuiti più equamente tra i sessi,
e dovrebbe essere garantita la piena
ed effettiva partecipazione delle
donne e le pari opportunità nell’assunzione
di ruoli dirigenziali (SDG
5). Si deve inoltre porre fine alla povertà
(SDG 1), ridurre la disuguaglianza
(SDG 10), proteggere la biodiversità
(SDG 14 e 15) e conseguire
gli obiettivi climatici di Parigi
(SDG 13).
24 Politica
La mobilitazione
al tempo del coronavirus
Centinaia di migliaia di persone sono scese in strada il
14 giugno 2019 in occasione dello storico sciopero delle donne.
Ogni anno, migliaia di lavoratori manifestano per migliori salari
e condizioni di lavoro. Da un anno, ciò non è più permesso
a causa della situazione pandemica. Questo mette a dura
prova organizzazioni, partiti e sindacati. Come fare?
Quali le possibili alternative?
Testo: Lena Allenspach
Foto: syndicom
Anche syndicom vive di successi
collettivi, di incontri e scambi, dello
stare insieme. Nelle stesse aziende
la pandemia ha sconvolto la vita.
Le aree per le pause sono vuote, si
mantengono distanze di due metri,
molti lavorano in home office. La
pandemia ha colpito il lavoro in
modo diverso a seconda dei settori,
ma ha sconvolto la vita di tutti i lavoratori.
E così anche il lavoro a livello
di politica sindacale.
Primo Maggio in salotto
L’anno scorso – e anche nel 2021 –
eventi importanti per il movimento
dei lavoratori e delle lavoratrici non
possono aver luogo nel modo tradizionale.
L’unione delle forze tra le
organizzazioni che lottano per più
uguaglianza, più solidarietà e pari
opportunità può avvenire solo in misura
limitata. I comizi nelle piazze e
i raduni sulle strade devono svolgersi
online. Insieme all’Unione sindacale
svizzera e ad altri sindacati, abbiamo
tenuto diversi incontri online
in occasione del Primo Maggio su
vari temi dei nostri settori. Anche
durante la settimana dello sciopero
delle donne, oratori e oratrici hanno
discusso online su tematiche di
uguaglianza. Dopotutto, le questioni
non diventano meno importanti
solo perché il formato della discussione
deve temporaneamente cambiare.
Tuttavia, non è sorprendente
che una parte sostanziale del nostro
lavoro non possa essere svolta nella
forma online. Mancano il contatto
sociale, ma anche la potenza, la forza
che generano le azioni e le manifestazioni.
È quindi chiaro che,
dopo questa pandemia, la lotta politica
sindacale dovrà tornare anche
nelle strade e nelle aziende.
L’impegno come forza motrice
Un’organizzazione potente dipende
dalla forza della sua base. Questo
vale anche per un sindacato. Ciò è
stato particolarmente evidente l’anno
scorso. La politica settoriale, ossia
il lavoro di un sindacato, è indispensabile,
soprattutto in una crisi
come quella attuale. Molti miglioramenti
sono stati raggiunti per i dipendenti
che erano, e sono tuttora,
sotto enorme pressione a causa della
pandemia: dagli addetti alla consegna
dei pacchi, al personale di
controllo del traffico aereo. Ciò non
da ultimo perché i nostri iscritti
hanno partecipato attivamente. Insieme
a noi, hanno fornito visibilità
ai problemi, hanno elaborato soluzioni
e le hanno portate avanti. Una
dinamica centrale prima, durante e
dopo la crisi. L’anno pandemico ha
anche visto la crescita di qualcosa di
nuovo: un gruppo di illustratrici e illustratori
si è riunito per formare un
nuovo sindacato ad hoc sotto il
mantello di syndicom. Attraverso il
loro ruolo attivo di ambasciatori,
molte altre persone vi hanno già
aderito. Questo importante impegno
attraversa molti altri settori di
syndicom. I lavoratori di Swisscom
hanno organizzato eventi online per
i loro colleghi a favore di una riduzione
dell’orario di lavoro, i dipendenti
postali hanno firmato petizioni
e inviato cartoline e i lavoratori
indipendenti e i freelance si sono
uniti a noi nella lotta per ottenere
dalla Confederazione misure di sostegno
decenti.
Cosa rimane dunque dopo un
anno di questa situazione straordinaria?
La speranza che presto potremo
di nuovo riunirci per le strade.
Ma anche la fiducia che l’importante
lavoro e l’enorme impegno degli
iscritti continueranno. Perché solo
insieme siamo forti.
Una mobilitazione di successo in tempo di
pandemia: www.rendite-delle-donne.ch
Diritto e diritti
25
Gentile consulenza legale di syndicom,
lavoro al 100%, e per tre giorni alla settimana
svolgo la mia professione in home
office. Quanto liberamente posso organizzare
il mio orario di lavoro? Posso esercitare
il mio lavoro la mattina presto e la sera
tardi se, a volte, sono occupato durante il
giorno per motivi privati?
Posso lavorare senza pausa in modalità
home office e smettere di lavorare prima?
La mia capa mi manda spesso delle e-mail
in tarda serata. Devo sempre essere
reperibile e rispondere immediatamente a
queste e-mail?
La risposta del servizio giuridico di syndicom
Con quanta flessibilità ti è permesso organizzare il tuo
orario di lavoro (in home office) dipende prima di tutto da
un’eventuale regolamentazione contrattuale. Se il tuo
contratto, il CCL o il regolamento del personale prevedono
orari di lavoro fissi (anche) in modalità home office,
allora essi devono essere rispettati. Altrimenti, le disposizioni
ai sensi di legge in materia di protezione della salute
e la prassi presso la tua azienda limitano la flessibilità per
quanto riguarda il tuo orario. Il lavoro diurno e serale,
comprese le pause e gli straordinari, deve avere luogo
nell’arco di 14 ore e tra le 6:00 e le 23:00. Inoltre, dopo
una giornata di lavoro, hai diritto a un periodo di riposo
di almeno 11 ore, che devi rispettare. Poi occorre osservare
anche la prassi presso l’azienda o eventuali accordi di
disponibilità e reperibilità con il proprio superiore. Ad
esempio, puoi quindi lavorare 8 ore teoriche al giorno in
home office senza orari di lavoro fissi, dalle 6:00 alle 10:00
e dalle 16:00 alle 20:00, a meno che non sia stato concordato
diversamente e il tuo superiore ne sia stato informato.
Infine, l’obbligo legale di registrare l’orario di lavoro
si applica anche all’home office. Fondamentalmente,
il datore di lavoro è tenuto a registrare le ore di lavoro dei
dipendenti. Tuttavia, può delegare la registrazione ai dipendenti
stessi.
No, ciò non è in linea con lo scopo e la finalità delle
pause, che per legge dovrebbero essere destinate al riposo
e ai pasti. Generalmente le pause hanno luogo a metà
dell’orario di lavoro giornaliero. La pausa minima prescritta
ai sensi di legge dev’essere obbligatoriamente osservata;
non è permesso «continuare a lavorare», poiché
ciò può danneggiare la salute. Se quest’aspetto non è regolato
contrattualmente, deve essere rispettata la relativa
durata minima ai sensi di legge: un quarto d’ora di pausa
se l’orario di lavoro giornaliero supera le cinque ore e
mezza, mezz’ora se l’orario di lavoro quotidiano è superiore
a sette ore o un’ora se l’orario di lavoro giornaliero è
superiore a nove ore.
No, non devi essere sempre disponibile, bensì soltanto
durante le ore di lavoro stabilite. Se un datore di lavoro richiede
a un dipendente di essere disponibile la sera dopo
l’orario di lavoro senza un accordo contrattuale e al di
fuori delle emergenze, ciò può essere rifiutato. Se gli orari
di lavoro non vengono definiti contrattualmente e non si
devono rispettare gli orari di presenza fissi presso l’azienda
o in servizio, occorre osservare in ogni caso le disposizioni
di legge riguardanti i periodi di riposo, il lavoro
notturno e le pause. Di conseguenza, non è necessario rispondere
lo stesso giorno a un’e-mail che arriva alla sera
dopo il lavoro, a meno che non ci sia un’emergenza.
Le precedenti rubriche su internet:
syndicom.ch/it/diritto/dirittoediritti
26
Rubriche
Idee
Poeti per Vincenzo Vela
Antologia di testi
in versi e in prosa attorno
all’opera dello scultore
Edizioni Casagrande
© Casagrande
© Bompiani
Dall’artigianato ai videogame
«Laddove la tv aveva trasformato i
ragazzini in un popolo di telespettatori,
i videogiochi hanno creato oggi
un popolo di manipolatori di schermi».
Così nel 1997 profetizzava J. C.
Hertz nel suo Il popolo del joystick. I
videogame hanno cambiato per
sempre il nostro modo di vedere il
mondo e oggi rappresentano un
mercato da 160 milioni di dollari,
destinato a crescere. E in crescita è
anche il loro impiego in ambito promozionale,
tanto che nel 2000 è stata
coniata la parola «advergame»,
contrazione di advertising, pubblicità,
e game, gioco. Come dice il
nome, si tratta di giochi pubblicitari,
per promuovere e/o raccontare
un prodotto, un marchio, un evento.
Si possono realizzare con mezzi tecnici
anche modesti, come spiega il
corso «Construct3: crea il tuo videogioco»,
il 7 e 14 giugno a Bellinzona
(o, in alternativa, anche online).
Usando il programma Construct 3,
si possono creare esperienze interattive
per siti web e app per dispositivi
mobili. Il docente è Alessandro
Bianchi, volto noto ai corsi Helias,
che ha realizzato videogame di questo
tipo per l’associazione ecologista
Return2Nature e l’atelier di oreficeria
Silver Alchemist (un puzzle
che dà diritto a un codice sconto).
Construct3, il programma online
descritto nel corso può essere utilizzato
per videogiochi, ma anche per
integrazioni con siti web, quindi le
possibilità sono veramente tante per
i creativi. Per chi ama invece lavorare
manualmente, Helias ripropone i
corsi di Legatoria, che permettono
di realizzare il proprio libro rilegato
a mano (corso 1) e il cofanetto che lo
contiene (corso 2), in programma a
maggio. Insomma, Helias è in grado
di spaziare dalle nuove tecnologie
all’artigianato, per tutte le esigenze
della formazione professionale.
Giovanni Valerio
Lo spirito di Vincenzo Vela
Nel 2020 è stato celebrato il bicentenario
della nascita dello scultore ticinese
Vincenzo Vela (1820-91), uno
dei maestri del realismo ottocentesco.
Tra le diverse proposte (e una
mostra in programma tutto il 2021),
il Museo Vincenzo Vela ha pubblicato,
in collaborazione con le Edizioni
Casagrande, anche un volume che
raccoglie le composizioni poetiche
di 32 poeti e poetesse della Svizzera
italiana, invitati a un momento di
verifica di quello che è il lascito
dell’artista ticinese. In che modo le
opere di Vela, che visse al tempo del
Risorgimento, si nutrì della temperie
liberale e anti-clericale dei moti
mazziniani e fu un artista che oggi
potremmo a ragione definire «impegnato»,
possono riecheggiare nelle
anime, nelle riflessioni e nelle composizioni
poetiche contemporanee?
La risposta, come rileva Flavio Medici
nell’introduzione all’antologia,
sta nella capacità dei capolavori dello
scultore di racchiudere temi senza
tempo e di offrire così chiavi di
lettura per il presente. Si pensi a «Le
vittime del lavoro», in ricordo di
quante morti sia costata la galleria
ferroviaria del San Gottardo, o allo
«Spartaco», l’opera che, realizzata
nella Milano sotto il giogo austriaco,
è un proclama politico – lo schiavo
che si ribella, un inno dei valori di libertà
e democrazia. Ecco: questi valori
e ideali di socialità, indipendenza
e libertà permangono oltre la
contingenza storica, nel grido contro
l’oppressione che percorre tutti i
secoli, nella protesta dei neri d’America
schiavizzati così come nelle tante
morti bianche di cui è costellato il
mondo del lavoro.
Valeria Camia
La nostra storia a fumetti
Adattamento del best-steller Sapiens.
Da animali a dèi di Yuval
Noah Harari, tradotto in 45 lingue e
venduto in oltre 12 milioni di copie,
il fumetto Sapiens ci riconduce alla
nascita dell’umanità e illustra con
creatività e umorismo le teorie
sull’evoluzione del celebre autore
israeliano. Nel volume, dal sottotitolo
La nascita dell’umanità, si scopre
attraverso i disegni come l’homo sapiens
abbia spodestato le altre specie
per arrivare rapidamente al vertice
della catena alimentare, prevalendo
sugli altri animali e sconvolgendo
l’ecosistema esistente.
Storico, filosofo e ormai celebre
scrittore, Yuval Noah Harari si è associato
al duo franco-belga formato
da David Vandermeulen e Daniel
Casanave per raccontare in modo ludico
ma molto approfondito la nascita
dell’umanità, dall’apparizione
dell’homo sapiens fino alla Rivoluzione
agricola.
Con lo scrittore stesso nel ruolo
del narratore, questo volume offre
un lavoro di divulgazione sottilmente
affascinante e istruttivo che è stato
scelto per la selezione ufficiale
del Festival internazionale del fumetto
di Angoulême, una delle maggiori
manifestazioni del settore. Il
secondo volume è già in programma
per l’autunno 2021. L’adattamento a
fumetti è previsto in quattro fasi al
ritmo di un album per ciascuna delle
parti principali del libro. Nel frattempo,
vi consigliamo vivamente di
scoprire questo primo volume. Un
magnifico fumetto per ripensare
tutto ciò che credevamo di sapere
sulla storia dell’umanità.
Robin Moret
Informazioni aggiornate sui corsi Helias
al sito www.helias.ch
Estratti video dei testi presenti nell’antologia
sono sul sito www.museo-vela.ch
Sapiens. La nascita dell’umanità, Bompiani
www.bompiani.it
1000 parole
La matita di Ruedi Widmer
27
28 Eventi Negli scorsi mesi, syndicom è stato a fianco delle donne nella giornata dell’otto
marzo e nella difesa delle loro pensioni. Il sindacato ha ringraziato i lavoratori
della Posta, sostenuto i conducenti di AutoPostale e ascoltato le rivendicazioni
degli illustratori e delle illustratrici riuniti in una tavola rotonda online.
1
2
3
4
1. Stephanie Vonarburg e Patrizia Mordini, del Comitato direttore di syndicom, il 15 marzo davanti a Palazzo federale per consegnare
le 314’187 firme al Consiglio degli Stati contro il progetto di revisione AVS a scapito delle donne (© Ueli Johner)
2-3. L’8 marzo, la segretaria regionale Azra Ganic in visita a MS Direct a San Gallo e al centro pacchi della Posta di Frauenfeld (© Azra Ganic)
4. syndicom di passaggio alla libreria Stauffacher a Berna, tra i libri che trattano della causa femminista (© Patrizia Mordini)
5. syndicom in visita a un fornitore di servizi postali, a Ebikon (© syndicom)
6. A fine febbraio, syndicom, i Verdi e il Partito socialista hanno ringraziato gli impiegati della Posta per il loro impegno durante il Covid (© Florin Schütz)
7. syndicom e la commissione del personale di AutoPostale della regione Centro hanno depositato una petizione dei conducenti per esigere incontri
urgenti sulla messa in opera del divieto di consumare sui mezzi (© Michael Bolettieri)
8. Oltre 50 illustratori e illustratrici affiliati a syndicom hanno discusso delle tariffe applicate al loro lavoro in una tavola rotonda online (© Michael Moser)
29
5
6
7
8
30
Un lavoro,
una vita
«Come giornalista profugo non è facile
vivere della propria professione»
Kairat Birimkulov è nato l’11 agosto 1967
a Bischkek, capitale del Kirghizistan.
Con la sua famiglia vive ora nel Canton
Lucerna dopo che nel 2007 ha dovuto
fuggire a causa del suo lavoro di giornalista,
in quanto moderatore di un
notiziario tv e commentatore politico.
In Svizzera ha seguito una formazione
come esperto di migrazione. Dal 2013
lavora per l’Organizzazione svizzera
d’aiuto ai rifugiati. Inoltre è impegnato
in diverse associazioni nel settore culturale,
sociale e migratorio. Fondatore
e presidente dell’associazione «Un
ponte con il Kirghizistan», fondatore e
presidente dell’associazione «Insieme»
nonché copresidente del parlamento
dei migranti nel Canton Lucerna, dal
2018 è socio syndicom e dallo scorso
anno è membro della commissione
nazionale del GI Migrazione.
Testo: Idris Djelid
Foto: Patrick Gutenberg
Devi ricominciare
daccapo e dimostrare
di cosa sei capace
Non dimenticherò mai l’ultimo giorno
nel mio paese. Il Consolato svizzero
mi aveva offerto un «corridoio
verde» per lasciare il Kirghizistan in
modo da salvare me e la mia famiglia.
Eppure percorrere questa strada
mi è pesato incredibilmente. Nel mio
cuore avrei preferito restare per contribuire
a definire i processi democratici
nel mio paese e vedere come
costruire un nuovo futuro a livello
economico e politico.
Con un senso di profonda tristezza
e insicurezza, l’ultima mattina
sono stato nei miei posti preferiti
della mia patria e nello studio televisivo
in cui ho lavorato per 14 anni
come moderatore televisivo. Essendo
giornalista avevo l’obiettivo di creare
trasparenza nel sistema corrotto che
si era instaurato dal crollo dell’Unione
sovietica. E proprio questa trasparenza
è diventata per me e per molti
altri una rovina che mi ha costretto
alla fuga. Dopo svariate ricerche, per
me e per la mia famiglia era diventato
troppo pericoloso. Per mesi ho ricevuto
minacce e dopo un attentato
che mi è quasi costato la vita, anche
la mia famiglia era terrorizzata. Non
dimenticherò mai gli occhi spaventati
delle mie figlie. Io stesso sono stato
gravemente ferito.
La mia fuga ha aperto una nuova
pagina vuota nel libro del mio destino.
Molte domande hanno accompagnato
questo viaggio in un paese
straniero. Sono afflitto dal nostalgico
ricordo del mio paese e dai continui
dubbi per la mia decisione. Come
farà mia moglie, come faranno i miei
figli ad adattarsi alla nuova vita sconosciuta?
Come vivremo? In più la
perdita della patria. Solo poco alla
volta mi sono reso conto che questo
difficile passo verso una nuova vita
era anche un’opportunità.
So molto bene com’è essere un
profugo in un paese straniero. Devi
ricominciare daccapo e dimostrare
alla società ciò che sei in grado di
fare. In nome dei migranti (e come
giornalista) voglio dire che nella mia
nuova casa ho sperimentato l’aiuto
ma anche la discriminazione, e questo
mi ha causato spesso un senso di
tristezza. Come giornalista dal passato
migratorio non è facile in Svizzera
vivere della propria professione. Ma
con il dibattito emergente su una
maggiore diversità tra gli operatori
dei media e nuove iniziative come
Neue MedienmacherInnen oppure
anche Baba News, una rivista online
fatta da giornalisti con un passato
migratorio, resto ottimista.
Oltre al giornalismo, ho una seconda
passione, perché da bambino
sono stato spesso nello studio cinematografico
dove mia madre lavorava
come regista. Grazie al crowdfunding
ho realizzato il mio primo
progetto cinematografico. Il mio
film, «Schneesturm» (Tempesta di
neve), sarà proiettato in anteprima il
4 giugno nel cinema Stattkino di Lucerna.
Spero in quell’occasione di
poter salutare molte delle mie colleghe
e molti dei miei colleghi.
Info sul film di Birimkulov: wemakeit.com/
projects/schneesturm-kirgisistan
Impressum
Redazione: Robin Moret, Giovanni Valerio
Tel. 058 817 18 18, redazione@syndicom.ch
Traduzioni: Alleva Translations, Alexandrine Bieri
Correzione bozze: Petra Demarchi
Illustrazioni: Katja Leudolph
Foto senza copyright: © zVg
Layout e stampa: Stämpfli SA, Wölflistrasse 1, Berna
Notifica cambi di indirizzo: syndicom, Adressverwaltung,
Monbijoustrasse 33, CP, 3001 Berna
Tel. 058 817 18 18, Fax 058 817 18 17
Inserzioni: priska.zuercher@syndicom.ch
Abbonamenti: info@syndicom.com
Gratis per i soci. Per gli altri: Fr. 50.– (estero: 70.–)
Editore: syndicom – sindacato dei media e della
comunicazione, Monbijoustrasse 33, CP, 3001 Berna
La rivista syndicom esce sei volte l’anno.
Il prossimo numero uscirà il 4 giugno 2021
Chiusura redazionale: 3 maggio 2021
I termini riportati al maschile, laddove ambivalenti,
sottintendono sempre anche il genere femminile.
31
Il cruciverba di syndicom
In palio una tessera Hotelcard. La soluzione
sarà pubblicata sul prossimo
numero insieme al nome del vincitore.
Non è previsto alcuno scambio di corrispondenza
sul concorso. Sono escluse
le vie legali. Inviare la soluzione entro il
3 maggio a syndicom, via Genzana 2,
6900 Massagno.
La soluzione del cruciverba dello scorso
numero è PROTEZIONE DATI. La vincitrice
è Silva Thürler di Bellinzona, alla quale
va il premio di un buono Coop.
Congratulazioni!
Pubblicità
Offerta speciale
Ordinate la vostra carta AgipPLUS
SCONTO: - 4,5 cts /litro di benzina SP e Diesell
Tassa annuale CHF 10.- offerta
-4.5
Spese mensili di fatturazione CHF 2.50 offerte
Ordinate la vostra richiesta di carta al nostro ufficio
cts al litro
+41 (0)58 817 18 18 - info@syndicom.ch
32 Inter-attivi
syndicom social
Battaglia sindacale ad Amazon20.03.2021
#UnionYes ad Amazon! La battaglia è
ora in Alabama per una rappresentanza
sindacale e migliori condizioni di lavoro.
Tenete duro @BamazonUnion e @RWDSU !
In Svizzera, per fortuna, nel settore c’è il primo #CCL
#fulfillment a ms-direct !
facebook.com/syndicom
Giornalismo minacciato da Tamedia 11.03.2021
Nel rapporto annuale 2020 di @tx_group, il presidente del
CDA @PietroSupino assicura che il giornalismo resta al
centro del modello business. Peccato che le cifre dicano il
contrario. Effettivi Tamedia 2020: 1’428, nel 2019: 1’559
twitter.com/lorenzo_bonati
Giù le mani dalle pensioni delle donne
16.03.2021
Poco prima del dibattito sulla riforma AVS
21, il Consiglio degli Stati ha ricevuto le
firme di 314 ‘187 cittadini che dicono NO a
un progetto che sarebbe, ancora una volta, a detrimento
delle donne. La prevista riduzione della pensione delle
donne ha scatenato un’ondata di indignazione nella
popolazione: mai prima d’ora una raccolta di firme aveva
ottenuto un tale sostegno online in così poco tempo.
Il messaggio è chiarissimo: una revisione dell’AVS che
ignora i veri problemi delle donne non ha alcuna chance di
passare. Le pensioni delle donne sono oggi un terzo più
basse di quelle degli uomini. È ora che aumentino, non
che diminuiscano.
instagram.com/syndicom/
Libertà di stampa 12.03.2021
Un primo passo verso un
cambiamento che deve
essere globale 17.03.2021
In Inghilterra, 70mila autisti
#Uber sono ora considerati
come lavoratori dipendenti. È «bastata» una
decisione della Corte suprema…
Un passo verso la giusta direzione. A Ginevra,
gli autisti Uber sono assunti presso una
società terza con un #CCL. Quando sarà così
in tutta la Svizzera?
twitter.com/syndicom_fr
#NEWS 65 giornalisti sono morti nell’esercizio
delle loro funzioni nel 2020,
secondo il rapporto annuale della Federazione
internazionale dei giornalisti
(FIJ). Il Messico si conferma il paese più pericoloso per la
quarta volta negli ultimi 5 anni, con 14 giornalisti uccisi.
twitter.com/IFJGlobal
Nessuna riconoscenza agli addetti
al recapito pacchi10.03.2021
Lettera aperta a TX Group09.03.2021
Gli episodi di sessismo a Tamedia sono l’espressione di
un problema trasversale. Troppo poche donne nel management,
condizioni di lavoro che impediscono una vera
parità, modelli di ruoli e di pensiero superati.
twitter.com/Lenaallenspach
Gli applausi dai balconi non bastano!
Quest’anno, le trattative salariali alla
Posta non hanno prodotto alcun
risultato. Siamo delusi. Dopo un 2020
contrassegnato da una quantità record
di pacchi, un po’ di riconoscenza
ci voleva.
twitter.com/syndicom_fr
I sindacati fanno fronte comune23.03.2021
Con altri 99 sindacati di tutta Europa, abbiamo
firmato una lettera alla @EU_Commission per
chiedere che i contratti di #PublicProcurement
siano assegnati soltanto alle imprese che
rispettano i diritti dei lavoratori.
twitter.com/syndicom_fr
Un’esperienza audiovisiva per ricordare
il colpo di Stato in Argentina24.03.2021
45 anni dopo il colpo di Stato del 24 marzo
1976 in Argentina, la storia e i sentimenti
si mescolano in «Corondaes», un’esperienza
audiovisiva collettiva nata durante il confinamento.
@SergiooFerrari https://vimeo.com/518354242
twitter.com/Sprachkraft