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A cura di
Alessandra Cirri
L’avvocato
risponde
L’assegnazione della casa familiare:
ratio e giurisprudenza
di Alessandra Cirri
Uno degli argomenti più spinosi e da anni oggetto di dibattito
nella dottrina e nella giurisprudenza è costituito
dall’assegnazione della casa familiare al momento
della crisi della coppia genitoriale, sia che essa sia coniugata o
convivente more uxorio. La disciplina normativa si è evoluta negli
anni, estendendo il diritto anche alla prole nata fuori da un
matrimonio, asserendo che i figli sono tutti uguali, indipendentemente
dalla situazione dei genitori. La ratio dell’assegnazione
della casa familiare è incentrata prevalentemente sulla tutela
della prole, al fine di preservare la casa quale centro di affetti, interessi
e consuetudini di vita che contribuiscono in misura fondamentale
alla formazione armonica della personalità del figlio.
Tale dettato si evince dall’art. 30 della Costituzione, che stabilisce
l’obbligo di mantenimento dei figli che si sostanzia, altresì,
anche nell’assicurare ai figli l’idoneità della dimora, intesa quale
luogo di formazione e sviluppo della personalità psico-fisica dei
medesimi. Il diritto a preservare l’habitat naturale è rivolto non
soltanto ai figli minorenni, bensì anche ai maggiorenni conviventi
e non autonomi economicamente. Con l’entrata in vigore della
L. 54/2006, l’affidamento esclusivo della prole ad un solo genitore
è divenuta un’ipotesi marginale ed è stato sostituito dall’affidamento
condiviso, in ossequio anche al rispetto dei principi
dettati dalla Carta CEDU, che ha riconosciuto fondamentale il diritto
per tutti i figli a mantenere rapporti costanti e duraturi con
entrambe le figure genitoriali. Pertanto, oggi si parla di collocamento
prevalente dei figli presso un genitore, rispetto all’altro. Il
collocamento dei figli diventa così “l’ago della bilancia” in base
al quale il giudice assegna la casa familiare ad un genitore piuttosto
che all’altro. Il genitore collocatario, di riflesso all’interesse
supremo dei figli a preservare l’habitat familiare, potrà godere
della casa familiare. È ormai consolidato l’orientamento volto a
ritenere tale diritto, un diritto personale sui generis e non un diritto
reale. Ovvero, in pratica, il genitore a cui viene assegnata la
casa familiare potrà abitarla insieme ai figli, ma non ne potrà disporre,
ad esempio, non potrà concederla in locazione a terzi ed
ha l’obbligo di abitarci, pena decadenza da tale diritto. Nel caso
in cui la casa familiare sia in locazione, è previsto che il genitore
assegnatario subentri nel contratto di locazione, paventando
un’ipotesi di cessione legale del contratto. Nel caso in cui la casa
familiare sia di proprietà di entrambi i coniugi o di proprietà
del genitore non assegnatario, si assiste ad una contrazione del
diritto di proprietà (diritto assoluto), privando il genitore proprie-
tario della disponibilità del bene a favore dell’altro genitore collocatario
della prole. Nella pratica si assiste normalmente ad una
privazione di disporre del diritto di proprietà da parte di un genitore,
per molti anni, fino a quando i figli, seppur maggiorenni,
siano conviventi e non autonomi economicamente. Per casa
familiare si intende quella che aveva costituito il costante punto
di aggregazione della famiglia, quindi sono escluse le seconde
case o le case per le vacanze. In alcuni casi, ove sia possibile
una divisione in natura, si può verificare che il giudice assegni
parzialmente la casa familiare. Ciò dipende molto dalla natura
dell’immobile. Il diritto di assegnazione può essere trascritto ed
è opponibile a terzi, anche eventuali acquirenti. Se la casa familiare
era goduta in virtù di un comodato, anche in questa ipotesi
la giurisprudenza ha ritenuto che questa sia assegnabile al genitore
collocatario della prole e che il comodante dovrà continuare
a consentire l’uso dell’immobile, come previsto nel contratto, destinando
il bene a casa familiare. Il diritto all’assegnazione della
casa familiare si perde o viene revocato laddove non vi sia più
convivenza con i figli, ovvero i figli siano diventati autonomi e vivano
per conto loro, oppure nel caso in cui il genitore si trasferisca
altrove ad abitare. Non si ravvisa questa ipotesi laddove i
figli si trasferiscano a studiare in un’altra città.
Laureata nel 1979 in Giurisprudenza presso l’Università
di Firenze, Alessandra Cirri svolge la professione
di avvocato da trent’anni. È specializzata in diritto
di famiglia e minori, con competenze in diritto civile. Cassazionista
dal 2006.
Studio legale Alessandra Cirri
Via Masaccio, 19 / 50136 Firenze
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ASSEGNAZIONE DELLA CASA
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