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syndicom rivista N.25

Da molto tempo ci impegniamo per i diritti dei lavoratori della logistica, delle telecomunicazioni e dei media. Le buone condizioni di lavoro sono, e sono sempre state, il risultato di successi raggiunti insieme. Entra anche tu nel nostro movimento e crea il tuo futuro insieme a noi. L'unione fa la forza!

Da molto tempo ci impegniamo per i diritti dei lavoratori della logistica, delle telecomunicazioni e dei media. Le buone condizioni di lavoro sono, e sono sempre state, il risultato di successi raggiunti insieme. Entra anche tu nel nostro movimento e crea il tuo futuro insieme a noi. L'unione fa la forza!

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<strong>syndicom</strong><br />

N. 25 Ottobre 2021<br />

<strong>rivista</strong><br />

Il flusso<br />

nascosto<br />

del debito<br />

pubblico


Investimenti sostenibili<br />

contro i cambiamenti climatici<br />

I cambiamenti climatici minacciano il nostro spazio vitale. Per raggiungere gli obiettivi della<br />

Conferenza sul clima di Parigi e contenere i costi per le generazioni future servono sforzi<br />

immensi. In questo contesto sono chiamati in causa anche gli investitori: scegliendo investimenti<br />

sostenibili si possono deviare i flussi di capitali verso le imprese più attente alla sostenibilità<br />

ed evitare quelle con intensità di CO ² elevata. Facciamo il punto della situazione.<br />

E in qualità di socio di <strong>syndicom</strong> riceve un bonus* del 10 % sui versamenti<br />

nella Soluzione d’investimento Sviluppo sostenibile.<br />

* Le presenti informazioni hanno esclusivamente scopi pubblicitari<br />

e non rappresentano una consulenza in materia di investimenti.<br />

I requisiti e le disposizioni nonché la nostra gamma completa<br />

sono disponibili al sito cler.ch/<strong>syndicom</strong><br />

Riscaldamento del pianeta e concentrazione di CO ²<br />

Gli ultimi due secoli, la nostra era industriale, sono solo un breve istante se pensiamo ai 300 000 anni di storia dell’Homo<br />

Sapiens, ma anche ai 10 000 anni dalla comparsa delle prime comunità agricole o ai 4000 dalla nascita delle civiltà progredite<br />

Eppure sono bastati a provocare un aumento senza precedenti della concentrazione di anidride carbonica (CO2,<br />

o biossido di carbonio) nell’atmosfera e minacciare il mondo in cui viviamo, complici il massiccio consumo di carbone,<br />

petrolio e gas e l’abbattimento delle foreste per far posto a pascoli e colture.<br />

Conseguenze dei cambiamenti climatici<br />

Le conseguenze e i rischi legati ai cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti. Il riscaldamento sta decimando<br />

i ghiacciai e le calotte polari, le acque degli oceani sono sempre più calde e acide, il livello del mare si alza. Fenomeni<br />

meteorologici estremi come violente tempeste, calura, siccità e forti piogge con inondazioni sono sempre più frequenti.<br />

Di conseguenza crescono anche i danni patrimoniali (ad es. a infrastrutture), la biodiversità diminuisce, l’habitat di milioni<br />

di persone è a rischio e reperire cibo e acqua potabile diventa sempre più problematico. E dato che i più colpiti sono<br />

i paesi emergenti e in via di sviluppo, i cambiamenti climatici rischiano di inasprire gli squilibri di ricchezza su scala<br />

globale alimentando così i flussi migratori.<br />

Investire in chiave sostenibile alla luce dei cambiamenti climatici<br />

Investimenti come partecipazioni o crediti vanno a finanziare attività economiche che solitamente generano emissioni<br />

di gas serra. Gli investimenti finanziari devono però tenere conto anche degli obiettivi climatici. La consulenza in materia<br />

di investimenti assume quindi più importanza che mai: le banche svolgono un ruolo centrale in termini di consulenza,<br />

informazione e definizione dei prodotti. Possono ad esempio incentivare i clienti a scegliere consapevolmente investimenti<br />

legati ad uno sviluppo sostenibile.<br />

Per saperne di più: cler.ch/cambiamenti-climatici


Sommario<br />

4 Team vincenti<br />

5 Brevi ma utili<br />

6 Dalla parte degli altri<br />

7 L’ospite<br />

8 Dossier: Debito pubblico<br />

16 Dalle professioni<br />

22 Sovranità digitale<br />

24 Iniziativa micro-imposta<br />

25 Diritto e diritti<br />

26 Idee<br />

27 Mille parole<br />

28 Eventi<br />

30 Un lavoro, una vita<br />

31 Cruciverba<br />

32 Inter-attivi<br />

Care lettrici, cari lettori,<br />

e se il debito pubblico svizzero non fosse altro<br />

che un mito inventato per promuovere i tagli<br />

alla spesa pubblica? Questa tesi un po’ provocatoria<br />

potrebbe far sorridere, eppure...<br />

Il dossier della vostra nuova <strong>rivista</strong> <strong>syndicom</strong><br />

è in effetti dedicato alla strumentalizzazione<br />

del debito pubblico e alle politiche di investimento<br />

della pubblica amministrazione. Abbiamo<br />

analizzato gli strumenti economici sbandierati<br />

costantemente dai neoliberali per giustificare<br />

i loro programmi di austerità. E sorpresa (non<br />

proprio direi...), le cifre sono inequivocabili:<br />

questa tesi non è affatto folle.<br />

Alla faccia dei borghesi, che vedono nell’attuale<br />

contesto sanitario una (nuova) opportunità<br />

per giustificare i tagli. I costi della crisi pandemica<br />

minaccerebbero la nostra stabilità<br />

economica, la nostra crescita (sempre la crescita...)<br />

e dovranno essere rimborsati al più<br />

presto, si sente dire qua e là. Sbagliato.<br />

Quindi è importante non soccombere ai discorsi<br />

colpevolizzanti e all’ossessione di un’ortodossia<br />

budgetaria. Al contrario, durante la<br />

crisi il servizio pubblico ha di fatto dimostrato<br />

quanto fosse essenziale. È necessario rafforzarlo<br />

più che mai e definire politiche di investimenti<br />

che rispondano ai bisogni della popolazione,<br />

piuttosto che a quelli del capitale. Soprattutto<br />

nell’ambito della transizione ecologica e<br />

digitale. Tutto questo si chiama principio economico<br />

del servizio pubblico (vedi a pagina 12).<br />

4<br />

8<br />

30<br />

Robin Moret, caporedattore


4<br />

Team vincenti<br />

La commissione freelance di <strong>syndicom</strong><br />

La FreKo è assistita da Michael Moser,<br />

segretario centrale (a sinistra),<br />

e composta da:<br />

Theodora Peter (57)<br />

Giornalista freelance, Berna<br />

Thomas Bürgisser (37)<br />

Giornalista freelance, Winterthur<br />

Miriam Künzli (44)<br />

Fotografa freelance, Zurigo<br />

Pieter Poldervaart (54)<br />

Giornalista freelance, Basilea<br />

Eva Hirschi (31)<br />

Giornalista freelance, Losanna<br />

Markus Forte (44)<br />

Fotografo freelance, Zurigo<br />

(fanno parte della commissione anche<br />

Mireille Guggenbühler, Nicole Krättli e<br />

Barbara Saladin, che non compaiono<br />

nella foto)<br />

Testo: Eva Hirschi<br />

Foto: Markus Forte<br />

Ci impegniamo a rappresentare<br />

gli interessi<br />

dei nostri colleghi»<br />

Nessuna redazione alle spalle, nessun<br />

capo che incentiva o colleghi e<br />

colleghe di supporto: i liberi professionisti<br />

dei media sono spesso<br />

abbandonati a sé stessi. Questo è il<br />

motivo per cui esiste la commissione<br />

freelance, in breve FreKo. Come<br />

commissione permanente del comparto<br />

della stampa e dei media elettronici<br />

di <strong>syndicom</strong>, ci occupiamo<br />

delle richieste specifiche dell’oltre<br />

40% di liberi professionisti e lavoratori<br />

indipendenti del settore, li rappresentiamo<br />

nelle questioni politiche<br />

(come le indennità per le perdite<br />

di guadagno correlate al coronavirus)<br />

e organizziamo eventi e corsi.<br />

Dopo il rinvio a causa della pandemia,<br />

il 18 settembre si è svolta a<br />

Zurigo la 18ª giornata dei liberi professionisti.<br />

Organizzando questo<br />

evento annuale del settore, realizziamo<br />

un’importante opportunità di<br />

interconnessioni. I meeting point<br />

consentono di parlare di contenuti,<br />

le tavole rotonde offrono spazio per<br />

gli scambi e il networking è il fulcro<br />

degli aperitivi. L’argomento principale<br />

di quest’anno era il rapporto tra<br />

giornalismo e PR. Sempre a cura dei<br />

membri della Freko, il 22 settembre<br />

si è tenuto a Zurigo il corso (in tedesco)<br />

«Giornalismo freelance: come<br />

mi organizzo?», rivolto sia alle persone<br />

alle prime armi sia a quelle che<br />

sono a livelli avanzati, che vogliono<br />

svilupparsi ulteriormente nel settore<br />

del lavoro indipendente. Gli opuscoli<br />

sulle spese e le raccomandazioni sugli<br />

onorari, così come i panel online<br />

organizzati di tanto in tanto (su temi<br />

come lavoro indipendente in tempi<br />

di crisi o personal branding e creazione<br />

di un marchio) completano<br />

l’offerta della FreKo.<br />

Composta da professionisti dei<br />

media provenienti da una vasta<br />

gamma di settori, rappresentiamo il<br />

maggior numero possibile di campi<br />

professionali nel nostro comparto:<br />

redattori specializzati, reporter,<br />

autori, fotografi e giornalisti multimediali.<br />

Recentemente, per poter continuare<br />

a rispondere agli sviluppi attuali,<br />

così come ai possibili timori e<br />

desideri del settore, abbiamo inoltre<br />

condotto un sondaggio tra i liberi<br />

professionisti dei media. I risultati<br />

sono stati appena pubblicati (vedi<br />

articolo a pagina 18).


Brevi ma utili<br />

Cassa malati, premi più equi \ Rimborsi spese per i corrieri \<br />

Salari da fame a Epsilon \ Skyguide, come si ripartirà? \<br />

Media, altre fusioni \ Nuove proposte \ Contatti<br />

5<br />

Cassa malati, premi più equi<br />

In Svizzera una cassiera continua a pagare<br />

gli stessi premi della cassa malati<br />

di un avvocato. Tutto questo deve finire,<br />

proprio come richiede l’iniziativa del<br />

10%. La controproposta presentata dal<br />

Consiglio federale relativa a quest’iniziativa<br />

è assolutamente inadeguata. È<br />

ora compito del Parlamento organizzare<br />

il finanziamento dell’assicurazione di<br />

base in modo finalmente sostenibile a<br />

livello sociale ed economico. Se ciò non<br />

fosse il caso, si dovrà votare al più presto<br />

sull’iniziativa del 10%.<br />

Rimborsi spese per i corrieri<br />

Spese per riparare la bici, pezzi di ricambio,<br />

attrezzatura e cellulare: sono<br />

tutte spese che i corrieri in bici continuano<br />

a pagare di tasca propria. Un sondaggio<br />

a livello nazionale ha dimostrato<br />

che si tratta di importi che superano<br />

tranquillamente i mille franchi all’anno.<br />

Spese che dovrebbero essere sostenute<br />

dal datore di lavoro. Come sindacato dei<br />

corrieri chiediamo un’equa partecipazione<br />

alle spese professionali. <strong>syndicom</strong><br />

avanzerà questa richiesta ai rappresentanti<br />

dei datori di lavoro del settore.<br />

Salari da fame a Epsilon<br />

Dopo le proteste contro il nuovo sistema<br />

salariale, che prevedeva per il settore<br />

uno scandaloso salario minimo, la Posta<br />

aumenta il salario orario degli addetti al<br />

recapito di invii pubblicitari della ditta<br />

Epsilon a 18,27 franchi, ovvero il salario<br />

minimo della PostCom. <strong>syndicom</strong> lo<br />

considera un passo importante, ma piccolo.<br />

Il salario minimo della PostCom<br />

deve essere adeguato e segmentato<br />

per categorie professionali. <strong>syndicom</strong><br />

continuerà a impegnarsi per migliori<br />

condizioni di lavoro in questo settore e<br />

per una valorizzazione della categoria.<br />

Skyguide, come si ripartirà?<br />

Dopo il crollo del traffico aereo a seguito<br />

del coronavirus si è posta la questione<br />

di come sarà il futuro di Skyguide,<br />

e nello specifico della sua liquidità.<br />

In un’interpellanza, Min Li Marti (PS) ha<br />

voluto sapere dal Consiglio federale<br />

come valuta la situazione. Nella risposta<br />

si comunica che si conta di tornare<br />

al livello pre-crisi e che «il Consiglio<br />

federale si impegna (impegnerà) affinché<br />

vengano stabiliti gli obiettivi prestazionali<br />

che consentano a Skyguide<br />

una gestione sicura e in grado di coprire<br />

i costi». La Confederazione è eventualmente<br />

tenuta a dotare Skyguide di<br />

un capitale sufficiente.<br />

Media, altre fusioni<br />

Mentre a Berna si sta gradualmente<br />

implementando la fusione di Bund» e<br />

Berner Zeitung», il gruppo friburghese<br />

Saint-Paul annuncia di raggruppare i<br />

suoi quattro giornali, con riduzione del<br />

personale. La crisi del settore ha già<br />

conseguenze notevoli sulla qualità del<br />

dibattito pubblico. Ciononostante, la<br />

nuova promozione dei media viene attaccata:<br />

un comitato apartitico ha raccolto<br />

le 50 mila firme necessarie per un<br />

referendum contro i sussidi approvati<br />

dal Parlamento in giugno.<br />

Nuove proposte<br />

Avete idee, suggerimenti, consigli per<br />

la <strong>rivista</strong> di <strong>syndicom</strong>? Inviate le vostre<br />

proposte a redazione@<strong>syndicom</strong>.ch<br />

Contatti<br />

Segretariato <strong>syndicom</strong> Ticino e Moesano<br />

via Genzana 2, 6900 Massagno<br />

Orari: lu e gio 8.00-12.00<br />

ma-me-ve 13.30-17.30<br />

Tel. 058 817 19 61, Fax 058 817 19 66<br />

mail: info@<strong>syndicom</strong>.ch<br />

Gruppo Pensionati Ticino e Moesano<br />

pensionati.<strong>syndicom</strong>.ch<br />

e-mail: ernesto.fenner@bluewin.ch<br />

Agenda<br />

Ottobre<br />

13 – 17<br />

Film Festival Diritti Umani<br />

Lugano. Info: festivaldirittiumani.ch<br />

21<br />

Castagnata GI Pensionati<br />

Ore 15.30, Pregassona, Grotto al Mulino<br />

Iscrizioni a info@<strong>syndicom</strong>.ch<br />

22<br />

Sciopero per il clima<br />

Ore 13.00, Berna, Piazza federale<br />

Info: climatestrike.ch/it<br />

23<br />

Conferenza donne <strong>syndicom</strong><br />

Ore 9.00, Berna, Hotel Bern<br />

Iscrizioni a info@<strong>syndicom</strong>.ch<br />

30<br />

Salario. Rispetto. Solidarietà<br />

Ore 13.30, Bellinzona<br />

Manifestazione interprofessionale<br />

Novembre<br />

5 – 7<br />

Tÿpo St. Gallen. Intuition<br />

San Gallo, Giornate della tipografia<br />

www.typo-stgallen.ch<br />

7<br />

Lessons of Darkness<br />

18.30, Mendrisio, Cinema Multisala Teatro<br />

Film di Werner Herzog in occasione del<br />

ciclo Cinema – falsità». Introduzione<br />

di Ivan Cenzi (Bizzarro Bazar).<br />

Info: cinemamendrisiotto.ch<br />

26 – 27<br />

Congresso <strong>syndicom</strong><br />

Langenthal, Parkhotel & Westhalle<br />

Info: <strong>syndicom</strong>.ch/congresso21<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/agenda


6 Dalla parte<br />

Dopo un'importante carriera politica nel legislativo di Delémont,<br />

nel Parlamento del Giura e poi nel Consiglio degli Stati,<br />

degli altri<br />

Anne Seydoux-Christe ha assunto il 1° febbraio 2021 la presidenza<br />

della Commissione federale delle poste (PostCom),<br />

l'autorità indipendente incaricata della vigilanza sulla Posta.<br />

1<br />

La PostCom sta per fissare nuovi<br />

standard minimi per il 2023. Su quale<br />

base stabilirà queste cifre?<br />

La PostCom sta effettuando uno studio<br />

dettagliato, sotto forma di inchiesta,<br />

sulle condizioni di lavoro delle<br />

imprese registrate. È stato istituito un<br />

gruppo consultivo di esperti (fornitori<br />

di servizi, sindacati e altri specialisti)<br />

per monitorare questo lavoro. La<br />

PostCom elaborerà i nuovi standard<br />

minimi sulla base del rapporto finale<br />

di questo studio, previsto per la<br />

primavera del 2022.<br />

2<br />

La Posta potrebbe aprire i suoi uffici<br />

per un solo minuto a settimana e<br />

soddisferebbe i criteri di accessibilità.<br />

I criteri attuali sono adeguati?<br />

La Posta deve garantire che il 90%<br />

della popolazione possa accedere ai<br />

servizi postali, a piedi o con i mezzi<br />

pubblici, entro 20 minuti. Si applica<br />

anche un criterio di densità. La Post­<br />

Com controlla questi valori ogni<br />

anno. Per gli orari di apertura, la Posta<br />

deve essere guidata dalle esigenze<br />

della popolazione e dell’economia,<br />

quindi questa teoria non si applica.<br />

Nel 2020, gli uffici postali e le agenzie<br />

erano aperti in media tra 6 e 8 ore.<br />

3<br />

La PostCom può fare qualcosa per<br />

ridurre i tempi di attesa sempre più<br />

lunghi agli sportelli postali dovuti al<br />

risparmio di personale?<br />

Non esistono direttive regolamentari<br />

sui tempi d’attesa agli sportelli postali<br />

e la PostCom non dispone di informazioni<br />

in merito. In media, però,<br />

nel 2020 il numero di clienti al giorno<br />

è diminuito negli uffici postali ed è<br />

aumentato nelle filiali. Tuttavia, la<br />

PostCom non sa se ciò abbia avuto un<br />

effetto sui tempi di attesa.<br />

4<br />

Ci sono molte aziende che lavorano<br />

nei servizi postali ma che non sono<br />

registrate (per esempio la consegna<br />

di pasti a domicilio). Cosa può fare<br />

la PostCom?<br />

La PostCom segue attivamente il<br />

mercato postale per assicurarsi che<br />

tutti i fornitori di servizi postali si registrino.<br />

Contatta sistematicamente<br />

le imprese e avvia le procedure dopo<br />

aver effettuato un’analisi approfondita<br />

per determinare se sono<br />

effettivamente dei fornitori di servizi<br />

postali.<br />

Testo: Giovanni Valerio<br />

Foto: PostCom<br />

5<br />

Come può la PostCom garantire che<br />

la politica e la legislazione riducano<br />

l’impatto dell’economia delle piattaforme<br />

sui lavoratori?<br />

La difficoltà principale deriva dall’esternalizzazione<br />

del recapito dei<br />

pacchi ai subappaltatori, poiché la<br />

PostCom non può controllarli direttamente.<br />

La PostCom farà delle proposte<br />

per rafforzare il suo ruolo di controllo<br />

in questo settore. Ma la<br />

PostCom è già attiva e applica le disposizioni<br />

legali esistenti per evitare<br />

che la concorrenza si sviluppi con<br />

pratiche di dumping salariale.<br />

6<br />

Quali sono le prossime sfide per<br />

la PostCom?<br />

Sia le questioni del servizio universale<br />

(come definirlo, quali criteri di<br />

qualità applicare, come finanziarlo<br />

ecc.) sia quelle della concorrenza<br />

(standard minimi, nuovi attori, logistica<br />

urbana, considerazioni ambientali)<br />

offrono alla PostCom molto<br />

materiale. Ora stiamo raccogliendo<br />

riflessioni e suggerimenti in un rapporto<br />

che sottoporremo all’attenzione<br />

del Consiglio federale. In questo<br />

rapporto presenteremo le nostre<br />

conclusioni e raccomandazioni per<br />

modificare la legislazione postale ed<br />

estendere le nostre competenze.


L’ospite<br />

La Svizzera è uno di quei paesi che<br />

hanno il vantaggio di emettere una propria<br />

moneta. La Confederazione può quindi creare<br />

tutti i franchi di cui ha bisogno, pur dando prova<br />

di saggezza per quanto riguarda i rischi d’inflazione<br />

(invero modesti). Il presunto discorso realistico<br />

sul «deficit pubblico» e sull’«indebitamento<br />

federale» è dovuto alla scarsa comprensione<br />

del tema da parte dei partiti borghesi.<br />

La Confederazione non è né una casa, né una<br />

società, né un Cantone. Essa non si «indebita»:<br />

inietta denaro nell’economia quando è necessario,<br />

per perseguire importanti obiettivi di imprenditorialità<br />

pubblica. Qualsiasi «deficit» pubblico<br />

genera eccedenze finanziarie nel settore<br />

privato. Il «debito» federale dovrebbe essere<br />

visto come un semplice indicatore. Rappresenta<br />

la sintesi di tutti gli sforzi passati della Confederazione<br />

per iniettare in maniera giudiziosa più<br />

denaro nell’economia di quanto ne prenda attraverso<br />

la tassazione.<br />

Questo processo si chiama finanza pubblica<br />

funzionale: la Confederazione deve affrontare<br />

la sua politica di spesa valutando rigorosamente<br />

il «per cosa» e il «per chi» della sua spesa –<br />

cosa è urgente, quali sono le priorità sociali e<br />

ambientali, quali settori devono quindi essere<br />

sostenuti, e quali dinamiche a lungo termine si<br />

auspicano per rendere l’economia svizzera più<br />

sociale e sostenibile evitando un’inflazione superiore<br />

al 2%. Proprio come le banche commerciali<br />

che non aspettano di avere abbastanza<br />

depositi prima di emettere crediti, anche la<br />

Confederazione non «aspetta» di avere entrate<br />

sufficienti per effettuare le sue spese: non<br />

sarebbe in grado di generare ricchezza tra le<br />

famiglie, le imprese e le collettività che ne<br />

hanno bisogno. In una situazione di crisi, tuttavia,<br />

è proprio questo che occorre fare.<br />

Il falso problema<br />

del deficit pubblico<br />

Christian Arnsperger è economista e<br />

professore presso l’Università di Losanna,<br />

dove è specializzato in transizione<br />

ecologica, antropologia economica e<br />

teoria monetaria alternativa. È autore di<br />

«Éthique de l’existence post-capitaliste»<br />

(2009) e «Écologie intégrale: Pour une<br />

société permacirculaire» (con Dominique<br />

Bourg, 2017), e nel 2022 pubblicherà<br />

un nuovo libro intitolato «L’existence<br />

écologique», dedicato a una critica<br />

antropologica della crescita economica.<br />

È stato per molti anni anche consulente<br />

scientifico della Banca Alternativa<br />

Svizzera (BAS).<br />

7


8<br />

Dossier<br />

10 Il debito non esiste: ecco perché, cifre alla mano<br />

12 Il principio economico del servizio pubblico<br />

13 Investire nel futuro prima che sia troppo tardi<br />

Quando gli<br />

investimenti<br />

pubblici<br />

ristagnano


10 Dossier<br />

La menzogna del debito. Un fact-check<br />

La destra neoliberale e le banche vogliono<br />

imporre un altro duro regime di risparmi al<br />

servizio pubblico. Pretesto: il «debito correlato<br />

al Covid». Ma è uno spauracchio. Non abbiamo<br />

un problema di debito, ma una carenza<br />

d’investimenti potenzialmente esplosiva.<br />

Testo: Oliver Fahrni<br />

Foto: Thierry Porchet<br />

«Abbiamo generato una montagna di debiti», si è lamentato<br />

il ministro delle finanze, l’UDC Ulrich «Ueli» Maurer.<br />

Una montagna di debiti «così alta da garantire un innevamento<br />

sicuro». Una montagna che potrebbe essere «il luogo<br />

ideale per disputare le Olimpiadi».<br />

Abbiamo allora analizzato il debito pubblico della<br />

Svizzera. Ma di montagna neanche l’ombra. La montagna<br />

è al massimo una collinetta.<br />

Maurer conosce bene le cifre. Il suo stesso Dipartimento<br />

riporta che l’indebitamento netto della Confederazione<br />

è pari al 10% del risultato economico (PIL). Si tratta di una<br />

percentuale bassissima a livello mondiale. Nemmeno le<br />

misure anti-Covid cambiano il quadro. Serge Gaillard, che<br />

ha diretto l’Amministrazione delle finanze di Maurer sino<br />

a fine gennaio 2021, ha affermato in un’intervista al giornale<br />

sindacale «work» che «la Svizzera può tranquillamente<br />

indebitarsi di più».<br />

Ma agli esponenti della destra è mai interessata la<br />

realtà? Da quattro decenni l’allarmismo sul debito pubblico<br />

è stata una delle armi dei neoliberali per smantellare<br />

il servizio pubblico, per rendere il potere pubblico incapace<br />

di agire e per imporre ancora più sgravi fiscali a favore<br />

del capitale. Ovunque, anche in Svizzera, sono riusciti a<br />

inserire «limiti di spesa», «freni all’indebitamento», lo<br />

«zero nero» («Schwarze null», che si riferisce alla politica<br />

di bilancio perseguita con l’obiettivo di raggiungere il pareggio<br />

o addirittura il surplus di bilancio) e simili nelle<br />

leggi e nelle costituzioni. Avvalendosi di cifre edulcorate,<br />

la maggioranza borghese a Berna è riuscita recentemente<br />

a far passare cinque fasi di disastrosi piani di risparmio<br />

senza che ve ne fosse necessità, come ha criticato persino<br />

il Controllo federale delle finanze.<br />

Il Covid è arrivato giusto in tempo. Era un’occasione<br />

troppo ghiotta per non lanciare l’ennesimo rigoroso piano<br />

di risparmio. A giugno, Maurer ha sostenuto dinnanzi<br />

al Consiglio degli Stati che la pandemia avrebbe causato<br />

almeno 30 miliardi di franchi di nuovi debiti. Che, «ai sensi<br />

della legge», dovrebbero essere recuperati dal bilancio<br />

pubblico in sei anni. Sono previsti ingenti tagli ai servizi<br />

pubblici e alle assicurazioni sociali. E un’intensificazione<br />

delle privatizzazioni. Le decisioni devono essere prese entro<br />

il giugno 2022 (sessione estiva) al più tardi. A meno che<br />

i sindacati non blocchino in tempo i neoliberali.<br />

Lo Stato ha un budget, ma non è un’economia domestica<br />

Il Consiglio federale nel suo insieme ha presentato dapprima<br />

due varianti meno dolorose per la «riduzione del debito».<br />

Teme una resistenza se dovesse abbattere cinque<br />

miliardi di debito all’anno. Tuttavia, diverse iniziative<br />

dell’UDC e del PLR spingono per un approccio rigoroso,<br />

per esempio con una riduzione del personale federale.<br />

Davvero una bella cosa per i lavoratori del servizio pubblico<br />

in prima linea, che stanno salvando il paese in piena<br />

pandemia.<br />

Strane idee aleggiano attorno ai debiti. Il credito e i debiti<br />

sono il motore di tutta l’attività economica. Il capitalismo<br />

è addirittura costruito interamente sul credito. Allo<br />

stesso tempo, però, i padroni del denaro hanno conferito<br />

ai debiti una connotazione morale. Chi ha debiti è «colpevole».<br />

I debiti devono essere ripagati e ciò rappresenta una<br />

questione vitale. Anche per alcuni esponenti politici, siano<br />

essi donne o uomini, che credono di essere illuminati,<br />

vale il mantra «molto debito, ergo un grande problema».<br />

In questo caso il cortocircuito consiste nel confondere<br />

il privato con l’economia nazionale. Le persone che eccedono<br />

coi crediti finiranno male. È da tempo che ciò non<br />

vale più per le aziende. E certamente non per lo Stato. Ha<br />

un bilancio, ma non è un’economia domestica. I conti della<br />

serva di Maurer («si può spendere solo ciò che si guadagna»)<br />

è un’assurdità per un’economia nazionale. Poiché<br />

lo Stato non solo consuma, ma investe anche la maggior<br />

parte dei suoi introiti (per esempio nella formazione o nella<br />

sicurezza dei suoi cittadini).<br />

Allora effettuiamo un fact-check: a quanto ammonta<br />

davvero il debito della Svizzera? Il Dipartimento federale<br />

delle finanze afferma che la Confederazione è in rosso del<br />

15% rispetto al risultato economico (PIL) svizzero. Cifra<br />

lorda. Ma i neoliberali preferiscono alimentare il panico<br />

sul debito con una cifra più elevata: 42,9% del PIL. Ecco a<br />

quanto dovrebbe crescere la nostra montagna di debiti.<br />

Non sarebbe poco, ma comunque una cifra ancora decisamente<br />

gestibile rispetto ad altri paesi. All’inizio dell’anno<br />

il Giappone registrava un debito pari al 266% del PIL (vedi<br />

i grafici a pagina 15). Gli USA si attestavano al 131% – persino<br />

prima dei programmi d’investimento da bilioni di<br />

dollari. Anche l’Eurozona supera il 100%. La stessa Germania,<br />

la rigida isola di austerità in Europa, sta rapidamente<br />

andando alla deriva verso la soglia dell’80%.<br />

Facciamo un po’ di luce su questa giungla di cifre. La<br />

Seco ha effettivamente segnalato il 42,9 per cento al Fondo<br />

Monetario Internazionale (FMI). Questa cifra comprende<br />

tutti i passivi della Confederazione, dei Cantoni,<br />

di tutti i Comuni e delle assicurazioni sociali. Ma ancora<br />

qualcosa di più, come i pagamenti promessi dalla Confederazione<br />

a Cantoni, istituzioni sociali e aziende pubbli-<br />

«Possiamo<br />

tranquillamente<br />

indebitarci<br />

di più»<br />

Serge Gaillard, ex direttore<br />

dell’Amministrazione federale delle finanze


che. Chiamare tutto questo «debiti» è pura ideologia, non<br />

economia. Per conoscere il debito reale, bisognerebbe almeno<br />

sottrarre da quest’ultimo le enormi riserve. Poiché<br />

se qualcuno ottiene un credito di 10mila franchi, ma detiene<br />

150mila franchi sul suo conto titoli, è ovviamente in<br />

debito del credito, ma non è «sovraindebitato», bensì benestante.<br />

I soli Cantoni hanno un patrimonio netto di 40<br />

miliardi di franchi. Ecco perché le statistiche ufficiali collocano<br />

i debiti netti complessivi di tutti i livelli statali al<br />

25% del PIL.<br />

Stop, esclama l’OCSE, in questo calcolo sono state<br />

«dimenticate» alcune riserve della Svizzera. 1,9 miliardi di<br />

franchi presso l’FMI. 12,7 miliardi di diritti speciali di<br />

prelievo (un’unità di conto internazionale che vale attualmente<br />

circa 1,31 franchi). Riserve auree per un valore di<br />

55,3 miliardi. E 929,3 miliardi di riserve valutarie. Un<br />

enorme bilione (ovvero, mille miliardi) di franchi in totale<br />

(nell’agosto 2021). Conclusione dell’OCSE: il debito,<br />

espresso in PIL, ammonta a meno 13,1 per cento. In altre<br />

parole: la Confederazione non presenta alcun problema<br />

d‘indebitamento, bensì un patrimonio netto considerevole<br />

e immediatamente disponibile.<br />

Tutto questo non include nemmeno le proprietà pubbliche<br />

(immobili, Swisscom, Posta, FFS, banche cantonali<br />

ecc.), che valgono almeno 4 bilioni di franchi. Da ciò emerge<br />

un altro nesso: quando il settore pubblico spende denaro,<br />

crea nuovi valori. Una «montagna di debiti per la<br />

prossima generazione»? Ques’ultima eredita soprattutto<br />

posti di lavoro, strade, scuole, ospedali, ferrovie, acqua<br />

pulita, moderne reti di comunicazione, servizi pubblici<br />

funzionanti e assicurazioni sociali. Inoltre, le obbligazioni<br />

di debito dello Stato, che comunque hanno il loro valore.<br />

L’ammontare dei debiti in per cento del PIL è in ogni<br />

caso un parametro inadeguato. Poiché i paesi ricchi con<br />

una divisa propria, come la Svizzera, di principio non ripagano<br />

mai i loro debiti. Si limitano a convertirli.<br />

L’unico fattore decisivo è quanto costano i debiti (interessi).<br />

E, in questo senso, nei conti della Confederazione<br />

si legge qualcosa di sorprendente: i debiti aumentano, ma<br />

l’onere del servizio del debito diminuisce. Nel 2020, la<br />

Confederazione ha dovuto spendere meno dell’1% delle<br />

sue spese per interessi. Ha pagato i debiti quasi senza accorgersene.<br />

La sola tassa di bollo, che il Consiglio federale<br />

vuole abolire in tranche, apporta un gettito tre volte superiore.<br />

Ecco perché quando si parla di debiti e investimenti<br />

occorre sangue freddo. Se non fosse per i neoliberali intransigenti.<br />

Certo, la crisi multipla (economica, sociale,<br />

ecologica) ha smascherato tutte le loro convinzioni come<br />

ideologia basata sulla lotta di classe. Ma sono tuttora a<br />

capo della politica, dei media e delle università.<br />

Problema: il capitale in sciopero d’investimenti<br />

La questione fiscale lo dimostra chiaramente. È assurdo<br />

abbassare le tasse dei più abbienti, quando il settore pubblico<br />

ha bisogno di più soldi, per esempio per pagare la<br />

modernizzazione ecologica delle infrastrutture. I neoliberali<br />

hanno quindi inventato l’«effetto trickle-down», chiamato<br />

anche teoria dello sterco di cavallo: se si alimenta il<br />

cavallo con molta avena, defecherà così abbondantemente<br />

per le strade che anche i passeri se ne potranno cibare.<br />

In altri termini: tanto più elevati sono gli utili delle aziende<br />

e più ricchi diventano gli abbienti, quanti più posti di<br />

lavoro verrebbero creati e più aumenterebbero i salari della<br />

stragrande maggioranza (i passeri). Ecco perché, affermano<br />

i neoliberali, le tasse sui patrimoni, sui redditi elevati,<br />

sui profitti, sugli utili, nonché sulle transazioni in<br />

titoli e sulle operazioni finanziarie, devono essere tagliate<br />

nettamente.<br />

Risultato? Le tasse sono state abbassate ovunque. Ma<br />

gli investimenti promessi non si sono concretizzati. Invece<br />

di investire i crescenti profitti in innovazione e posti di<br />

lavoro, il capitale ne ha fatto confluire la gran parte sui<br />

«mercati finanziari», con la prospettiva di generare profitti<br />

più alti e più rapidi. Molti proprietari si sono estraniati<br />

dall’economia. Disinvestono. Le conseguenze concrete si<br />

possono evincere dalla deindustrializzazione di tutti i


12<br />

Dossier<br />

paesi capitalisti. Dagli Anni Settanta, gli investimenti in<br />

questi paesi sono diminuiti massicciamente – da poco<br />

meno del 20% del PIL a meno del 3% (prima del 1960 erano<br />

pari a circa il 25%). Questa è una delle principali ragioni<br />

delle crisi sempre più virulente: il capitale attraversa<br />

uno sciopero degli investimenti.<br />

La dura realtà economica smaschera quindi il «trickle-down»:<br />

si tratta di un pessimo gioco di prestigio per sottrarre<br />

le tasse dalla società per destinarle ai ricchi. Uno<br />

studio della London School of Economics ha finalmente<br />

dato il colpo di grazia a questa assurdità. Ha esaminato la<br />

correlazione tra i tagli fiscali e l’andamento economico in<br />

18 paesi negli ultimi 50 anni. Risultato: non è vero nulla,<br />

l’effetto trickle-down è una truffa. Né i tagli fiscali né la<br />

deregolamentazione del mercato del lavoro sono stati in<br />

grado di sospingere gli investimenti. Sono aumentati solo<br />

i profitti. Julian Limberg, il co-autore dello studio, lo dice<br />

chiaramente: «Se guardiamo indietro, constatiamo come<br />

il periodo con le tasse più alte per i ricchi – quello del dopoguerra<br />

– sia stato il periodo con la crescita più alta e la<br />

disoccupazione più bassa». In ogni caso è ormai accertato<br />

che un franco speso dallo Stato crea almeno il doppio<br />

dell’impulso economico di un franco risparmiato dai ricchi<br />

in tasse. Ma ciò non impedisce ai neoliberali dell‘UDC<br />

e del PLR di giustificare i loro recenti sgravi fiscali con la<br />

speranza di un abbondante sterco di cavallo. Tutto questo<br />

puzza.<br />

Ufficialmente, la Svizzera vanta un «tasso d’investimento»<br />

di circa il 25%. Sarebbe una cifra consistente.<br />

Significherebbe che 1 franco su 4 del PIL verrebbe speso<br />

per sviluppare il benessere, l’innovazione e le condizioni<br />

di lavoro per i prossimi 10, 25 o 50 anni.<br />

Ma alla realtà dei fatti, ci troviamo di nuovo di fronte a<br />

una cifra lorda senza valore. Il neoliberismo ha annacquato<br />

il concetto d’«investimento». Se un grande gruppo concede<br />

un prestito alla sua filiale in Olanda, paese a basso<br />

tasso d’imposizione, dal punto di vista fiscale (per mascherare<br />

gli utili in patria), il responsabile finanziario lo mostrerà<br />

come «investimento». Tuttavia, in realtà, il capitale<br />

viene sottratto dalla produzione, è un disinvestimento. E<br />

perché «la cifra lorda» è la «quota d’investimento» sbagliata?<br />

Facciamo un esempio: una PMI deve sostituire il proprio<br />

furgone. La PMI «investe», ma alla fine ha sempre solo<br />

un furgone. E lo stesso vale per le macchine, i beni immobili,<br />

i software ecc. Le risorse si logorano. Gli ammortamenti<br />

vengono quindi dedotti dagli investimenti lordi. E la<br />

quota degli investimenti netti è la cifra decisiva. Ma la Segreteria<br />

di Stato dell’economia ci informa: «La Seco non<br />

pubblica dati sugli investimenti di capitale netti».<br />

L’unico elemento che può venire in aiuto è la cosiddetta<br />

contabilità nazionale (CN). In una tabella Excel leggiamo:<br />

investimenti di capitale lordi 181,8 miliardi di franchi<br />

(compresi gli immobili). Ammortamenti per 163,45 miliardi.<br />

Effettuiamo quindi un rapido calcolo. La quota<br />

d‘investimento netto nel 2020 era pari a un misero 2,6%.<br />

Un valore drammaticamente basso. Soprattutto quando si<br />

sa che gli investimenti pubblici da soli rappresentano più<br />

del 2%. Debiti praticamente nulli, ma uno sciopero degli<br />

investimenti e un’enorme lacuna a livello d’investimenti:<br />

è proprio qui che deve intervenire un solido settore pubblico.<br />

Il principio economico migliore: il servizio pubblico<br />

Nel capitalismo, il capitale organizza la produzione, ma anche<br />

la società, secondo le sue regole: profitto, accumulazione e<br />

assoggettamento del lavoro.<br />

Il capitalismo finanziario neoliberale è la sua forma rafforzata.<br />

Cerca di eliminare tutte le forze che vi si oppongono<br />

come i sindacati. Il capitale strumentalizza la politica e<br />

ristruttura lo Stato. Con le privatizzazioni, le deregulation,<br />

le intimazioni al risparmio, gli attacchi al servizio pubblico<br />

(comprese le assicurazioni sociali), viene paralizzato il ruolo<br />

di compensazione sociale del settore pubblico. Contemporaneamente,<br />

trasforma lo Stato nella sua cassaforte.<br />

Ma le crisi economiche sempre più frequenti e virulente,<br />

la catastrofe ecologica e l’esplosione delle ingiustizie sociali<br />

dimostrano che questa forma di gestione economica ci sta<br />

portando al disastro. Fa niente, dicono i neoliberali, e continuano<br />

a premere sull’acceleratore. Sempre meno tasse per i<br />

ricchi, ancora meno regolamentazione, un ulteriore smantellamento<br />

del servizio pubblico.<br />

Oggi, gli innumerevoli miliardi che gli Stati e le banche<br />

centrali devono nuovamente mobilitare per salvare il sistema<br />

costituiscono una buona occasione per far emergere un migliore<br />

principio economico. Non c’è bisogno di inventarlo, lo<br />

conosciamo e lo difendiamo da anni: è il principio economico<br />

del servizio pubblico.<br />

Dalla testa ai piedi<br />

Come funziona questo principio? Prima di tutto ridimensiona<br />

dalla testa ai piedi la politica economica: i fabbisogni delle<br />

persone, e non più il massimo profitto possibile per il capitale,<br />

devono guidare gli investimenti pubblici. L’obiettivo primario<br />

diventa la produzione di qualità della vita, sicurezza sociale e<br />

opportunità. In altre parole, di beni comuni.<br />

Regole di base: il maggior beneficio possibile e l’accesso<br />

per tutti. In termini concreti, ciò significa per esempio che il<br />

settore pubblico non lascia la digitalizzazione solo ai grandi<br />

gruppi, ma assicura di evitare i relativi rischi e di sfruttare effettivamente<br />

le sue opportunità. Così da ridurre, tra le altre<br />

cose, l’orario di lavoro. Per il controllo ecologico (energia, trasporto...).<br />

E per una maggiore trasparenza democratica.<br />

Il prerequisito per tutto questo è una politica in materia<br />

d’investimento discussa e decisa democraticamente. Ciò richiede<br />

nuove forme di controllo da parte dei lavoratori (democrazia<br />

economica) e degli abitanti (per esempio con comitati<br />

per il bilancio, come viene praticato da tempo in alcune città<br />

e regioni europee).<br />

Oliver Fahrni


300 miliardi di franchi per il futuro<br />

Poiché il capitale privato è in sciopero<br />

in termini di investimenti, è il comparto<br />

pubblico che deve occuparsi della costruzione<br />

del futuro. Per farlo, può ottenere il denaro<br />

in tre modi. E abbastanza facilmente.<br />

Testo: Oliver Fahrni<br />

Lo Stato non deve guadagnare denaro, ma deve spenderlo<br />

saggiamente. A beneficio di tutti. Questa è la semplice regola<br />

di base di tutte le finanze pubbliche.<br />

Banale? Non per i politici neoliberali svizzeri, siano<br />

essi uomini o donne. Che si vantano con orgoglio dei programmi<br />

di austerità e delle eccedenze dei conti nazionali.<br />

Solo nel 2019, la Confederazione ha conseguito un utile di<br />

4,6 miliardi di franchi. E più di 34 miliardi nell’ultimo decennio.<br />

Un’assurdità.<br />

Il settore pubblico ha incamerato troppe tasse? No. La<br />

«quota fiscale» della Svizzera è tra le più basse al mondo<br />

(almeno per i grandi gruppi e per i ricchi). Il problema è<br />

semmai il contrario: lo Stato spende troppo poco. E non fa<br />

abbastanza per il bene comune.<br />

Ciò è doppiamente assurdo, perché il Consiglio federale<br />

non reinveste questi profitti in un servizio pubblico<br />

più forte, in salute, formazione, ricerca, assistenza, infrastrutture<br />

o sicurezza sociale, ma impiega le eccedenze per<br />

alimentare le banche e i ricchi investitori attraverso regalie<br />

fiscali e liquidazioni dei debiti.<br />

Il fallimento del capitale<br />

Questo saccheggio neoliberale finirà presto. Non perché<br />

UDC, PLR & Co. siano giunti a più miti consigli. Sono semplicemente<br />

le condizioni reali che impongono un brusco<br />

cambiamento di politica. Ciò sta già accadendo in Europa<br />

e negli USA. Tutte le grandi economie hanno lanciato<br />

programmi d’investimento nell’ordine di bilioni. Solo<br />

Berna si tira indietro: il pacchetto del Consiglio federale<br />

per la crisi correlata al Covid (poco meno di 15 miliardi di<br />

franchi nel 2020) non prevede un solo centesimo d’investimenti.<br />

Già anni prima della pandemia, l’OCSE aveva invitato<br />

la Svizzera ad aumentare notevolmente gli investimenti<br />

pubblici.<br />

Poiché il capitale privato, che sta accumulando patrimoni<br />

sempre più inimmaginabili, non è in grado né vuole<br />

evitare la catastrofe climatica, padroneggiare la digitalizzazione<br />

in modo significativo, avviare una reindustrializzazione<br />

ecosociale (come fanno i nostri paesi vicini) o<br />

risolvere il problema della diminuzione del lavoro dipendente.<br />

Al contrario: la sua meccanica – il profitto e l’accumulazione<br />

– è il driver di questi problemi, senza alcuna<br />

considerazione per i fabbisogni sociali ed ecologici delle<br />

persone.<br />

Il settore pubblico deve quindi costruire il futuro della<br />

Svizzera, con solidi programmi d’investimento e un servizio<br />

pubblico riconfigurato in modo più solido, come concepito<br />

da <strong>syndicom</strong>. Ma dove prende lo Stato i fondi necessari<br />

per farlo?<br />

Fondamentalmente, ha tre possibilità: aumentare le<br />

tasse, accumulare debiti o creare il denaro stesso. Se esaminiamo<br />

queste opzioni, ci rendiamo subito conto che<br />

programmi d’investimento da 200 o addirittura 300 miliardi<br />

di franchi in dieci anni sarebbero facili da gestire.<br />

Molto margine di manovra in ambito fiscale<br />

Chiunque abbia un certificato di salario viene rigorosamente<br />

tassato. Per gli utili aziendali, invece, vige una tassazione<br />

minima. A livello della Confederazione pari<br />

all’8,5%. In molti Cantoni a meno del 10%, e nei Cantoni<br />

con la tassazione più bassa, come Nidvaldo o Zugo, le imposte<br />

sulle società tendono addirittura verso lo zero. Con<br />

16 proposte fiscali dal 1999 solo a livello della Confederazione,<br />

i neoliberali hanno sistematicamente tagliato le<br />

tasse per i grandi gruppi, gli azionisti, gli eredi, i redditi<br />

alti e i patrimoni finanziari. Il pretesto: la «menzogna del<br />

trickle-down» (come spieghiamo nelle pagine precedenti).<br />

Attualmente, il ministro delle finanze, l’UDC Ulrich<br />

Maurer, mentre si lamenta dei deficit elevati, sta creando<br />

I poteri pubblici devono<br />

costruire la Svizzera<br />

del futuro con<br />

investimenti solidi


14 Dossier<br />

nuove scappatoie fiscali per i ricchi: tassa di bollo, dazi<br />

industriali, imposta preventiva, deduzioni dall’imposta<br />

federale diretta, valore locativo. Perdite nell’ordine di miliardi.<br />

Il segreto bancario nazionale costa altri 5–10 miliardi<br />

all’anno. Questo è un sistema fiscale ingiusto e<br />

asociale. Eppure, in seno all’UDC e al PLR, si parla quotidianamente<br />

di come poter raggirare la tassa minima del<br />

15% per i grandi gruppi decisa dalla riunione del G20 a<br />

luglio.<br />

In tutto il mondo contro i neoliberali soffia un vento<br />

gelido. Gli USA hanno appena alzato le tasse sugli utili al<br />

28%. Un gruppo di miliardari americani ha chiesto pubblicamente:<br />

«Per favore, tassateci di più!». Persino l’arcineoliberale<br />

primo ministro britannico Boris Johnson vuole<br />

aumentare le tasse per i ricchi. E, nell’UE, si sta prendendo<br />

in considerazione un prelievo patrimoniale su chi<br />

si è avvantaggiato dalla crisi correlata al Covid. L’Argentina<br />

ha mostrato come si fa.<br />

Considerati i 70 miliardi che solo le 30 maggiori aziende<br />

svizzere hanno distribuito ai loro azionisti per l’anno<br />

2020 flagellato dal Covid, si può capire quanti soldi potrebbero<br />

portare nelle casse della Confederazione anche<br />

delle tasse molto moderate. Persino una piccola armonizzazione<br />

fiscale potrebbe generare decine di miliardi. E il<br />

ritorno a una vera progressione fiscale non solo sarebbe<br />

giusto e avrebbe un senso per l’economia interna, ma potrebbe<br />

finanziare qualsiasi pacchetto d’investimenti.<br />

A livello fiscale esiste molto spazio di manovra. Tanto<br />

più con innovazioni, come le varie forme di microtasse, le<br />

imposte sul fatturato in valuta estera ecc. Già l’1 per mille<br />

o mezzo per cento di prelievo sulle operazioni di pagamento<br />

creerebbe per le finanze pubbliche una nuova e<br />

solida base per gli anni a venire.<br />

Maggiori debiti sarebbero utili<br />

Ora sarebbe il momento migliore per aumentare i debiti,<br />

per costruire la Svizzera dei prossimi decenni per i nostri<br />

figli. Poiché la Confederazione consegue un profitto straordinario<br />

con ogni nuovo debito che assume: 42 delle ultime<br />

45 obbligazioni della Confederazione sono state<br />

emesse con un rendimento negativo, tre con un rendimento<br />

pari a zero. In altri termini: gli investitori pagano<br />

per poter prestare denaro alla Confederazione. Otterremmo<br />

il futuro praticamente a costo zero.<br />

Ma un po’ d’inflazione dei tassi d’interesse sarebbe<br />

persino utile. Così le casse pensioni potrebbero di nuovo<br />

investire il loro denaro «in assoluta sicurezza» nello Stato<br />

svizzero invece che in titoli speculativi ad alto rischio.<br />

Ma sarebbe logico e più sicuro per il settore pubblico<br />

ottenere direttamente il denaro per gli investimenti internamente,<br />

ovvero presso la Banca nazionale svizzera. In<br />

questo modo ci verrebbe risparmiato il timore dei debiti.<br />

In passato, lo Stato ha agito esattamente così. Ma da quando<br />

i neoliberali hanno scritto l’«indipendenza» della BNS<br />

nella Costituzione e nella legge, gli è vietato farlo. In modo<br />

piuttosto ipocrita, la BNS ricompra gran parte dei titoli del<br />

debito pubblico sul «mercato secondario», e gli investitori<br />

privati intascano il profitto.<br />

Non parliamo di soldi, li creiamo<br />

In realtà, la BNS fa parte del servizio pubblico. Quindi la<br />

Confederazione potrebbe creare direttamente il denaro.<br />

Non è un caso che, nell’attuale situazione di crisi, esista<br />

una teoria monetaria pertinente, che ha provocato accese<br />

polemiche tra gli economisti: la Modern Monetary Theory<br />

(MMT). Stephanie Kelton, una dei suoi creatori, era nel<br />

team della campagna elettorale di Joe Biden. È professoressa<br />

presso l’Università di New York e, insieme all’australiano<br />

Bill Mitchell, al francese Bernard Friot, e alla collega<br />

statunitense Pavlina Tcherneva è una delle menti principali<br />

della MMT. Essenzialmente, questi economisti ed<br />

economiste affermano: dimenticate il mito del deficit<br />

pubblico. Scordatevi del debito pubblico. Lo Stato può<br />

creare autonomamente il proprio denaro. Senza tasse e in<br />

assenza di prestiti. In modo teoricamente illimitato. Così<br />

si sottrae alla dittatura dei mercati finanziari, sostiene Pavlina<br />

Tcherneva. Afferma che il settore pubblico fornisce<br />

a tutti gli abitanti la garanzia di un lavoro, perché «è la politica<br />

economica più efficace».<br />

Riassumendo: il denaro non è il problema centrale.<br />

Non ce n’è mai stato così tanto e non è mai stato così conveniente.<br />

Più cruciali sono altre domande (alle quali nemmeno<br />

la MMT risponde): quali investimenti sono prioritari?<br />

Chi dovrebbe beneficiarne? E chi è che decide?<br />

Fotoreportage<br />

Per rendere in immagini temi così astratti e complessi come i<br />

debiti, i flussi monetari, il fotografo Thierry Porchet ha avuto<br />

l’idea dell’acqua come metafora: l’acqua in movimento, che<br />

ristagna, oppure bloccata, canalizzata, sporca, che evapora…<br />

Le possibilità creative sono tantissime.<br />

Dal punto di vista tecnico – spiega il fotografo – padroneggio<br />

perfettamente strumenti come Photoshop. Ma preferisco<br />

nettamente di più lavorare sul reale e trovare nella natura i<br />

posti che corrispondono a ciò che cerco. Per fortuna nessuno<br />

mi ha visto mentre infilzavo con la lenza una banconota<br />

da 20 franchi prima di immergerla nel fiume. Altrimenti<br />

avrebbe dubitato della mia sanità mentale… ».<br />

Thierry Porchet non ama parlare troppo delle sue immagini:<br />

preferisce che parlino da sole.<br />

Per vedere i suoi lavori: www.thierryporchet.com


Il debito pubblico<br />

La Svizzera non ha alcun problema di indebitamento. Secondo l’OCSE, al netto<br />

il nostro paese ne è addirittura esente. Ciononostante, i partiti borghesi vogliono<br />

imporci un altro ingente pacchetto di risparmi. E questo contrariamente<br />

all’Europa e agli USA, che stanno investendo massicciamente nel loro futuro. Il<br />

deficit in investimenti è invece il vero problema della Svizzera.<br />

$<br />

I debiti della Confederazione<br />

15%/10%<br />

La Confederazione è indebitata per il<br />

15 per cento del PIL svizzero. È quanto<br />

afferma il Consiglio federale. Ma si tratta<br />

di debiti lordi. Se si sottrae a questa cifra<br />

la liquidità della Confederazione, la quota<br />

d’indebitamento scende al 10 per cento.<br />

Il debito netto ufficiale della Svizzera è<br />

quindi tra i più bassi al mondo.<br />

Il debito pubblico secondo l’OCSE<br />

−13,1%<br />

L’OCSE effettua calcoli un po’ diversi<br />

da quelli del Consiglio federale.<br />

Rapporta tutte le riserve finanziarie<br />

dello Stato alla prestazione economica<br />

(PIL). Risultato: il debito è pari a meno<br />

13 per cento. La Svizzera non solo<br />

non è indebitata, ma dispone di un<br />

considerevole patrimonio netto liquido.<br />

Le riserve della Svizzera<br />

1'003<br />

miliardi<br />

Il comparto pubblico dispone di enormi<br />

riserve finanziarie, che l’FMI riporta<br />

mensilmente (patrimonio presso l’FMI,<br />

oro, riserve valutarie ecc.)<br />

Nell’agosto 2021, hanno raggiunto ben<br />

un bilione (mille miliardi) di franchi.<br />

Fonte: Dipartimento federale delle finanze Fonte: OCSE Fonti: BNS, FMI<br />

La cifra decisiva: l’onere del servizio del debito<br />

I paesi ricchi con una moneta propria non ripagano i loro debiti – si<br />

limitano a convertirli. Ecco perché non è la quantità di debiti che conta,<br />

ma solo gli interessi. L’onere di questo servizio del debito diminuisce di<br />

anno in anno.<br />

La cifra pericolosa: un enorme gap a livello<br />

di investimenti<br />

Gli investimenti (del capitale privato e del comparto pubblico)<br />

costruiscono il futuro. La flessione della quota d’investimenti netta è la<br />

ragione più importante alla base di crisi capitalistiche sempre più gravi.<br />

Nel 2020, gli investimenti in Svizzera sono stati pari al 2,6% del PIL. Un<br />

valore così basso che non può non preoccupare.<br />

7%<br />

6%<br />

2007<br />

3,6<br />

2014 2020 2021<br />

5%<br />

4%<br />

3%<br />

2%<br />

2020: 2,6%<br />

mia 2 mia 0,9<br />

mia<br />

0,7<br />

mia<br />

1%<br />

0%<br />

1995<br />

2000<br />

2005<br />

2010<br />

2015<br />

2020<br />

Fonte: Dipartimento federale delle finanze<br />

Fonte: La Vie économique, Seco, UST, calcoli propri<br />

I debiti degli altri paesi<br />

La quota di debito lorda, misurata rispetto al risultato economico, è un indicatore, ma non fornisce informazioni affidabili sulla prosperità di un paese.<br />

Tuttavia confuta la tesi neoliberale, secondo cui una quota di debito superiore al 60 per cento (criterio di Maastricht) è pericolosa. Il Giappone, per<br />

esempio, vive ottimamente con un alto debito pubblico.<br />

USA<br />

131%<br />

Gran Bretagna<br />

144%<br />

Francia<br />

123%<br />

69%<br />

Germania<br />

(2019)<br />

Svizzera<br />

15%<br />

Russia<br />

91%<br />

Giappone<br />

266%<br />

Fonti: FMI, OCSE


16<br />

Dalle<br />

professioni<br />

Il pacchetto di sostegno<br />

ai media è lo strumento<br />

giusto. Ecco perché.<br />

Diciamolo subito: in un mondo ideale<br />

le sovvenzioni dovrebbero essere attribuite<br />

solo ai media con un CCL e che<br />

si dovrebbe rendere obbligatoria anche<br />

una limitazione dei dividendi.<br />

Tuttavia, gli elementi positivi del<br />

pacchetto di sovvenzioni per i media<br />

superano di gran lunga quelli negativi.<br />

Sostiene la diversità dei media – in<br />

particolare nel giornalismo locale – e<br />

dà la possibilità di sopravvivenza ai<br />

media piccoli e medi e a quelli online.<br />

Passi in avanti<br />

Le rivendicazoni comuni al settore<br />

sono un elemento centrale del pacchetto:<br />

il sostegno alla formazione e al<br />

perfezionamento degli operatori dei<br />

media, il Consiglio della stampa come<br />

organo di autoregolamentazione del<br />

settore e il servizio di base trilingue<br />

dell’ATS. Tutte istituzioni necessarie<br />

che vanno a beneficio dell’intero settore.<br />

Un altro elemento centrale è il sostegno<br />

ai media online, che darà ai<br />

piccoli portali di notizie una nuova<br />

spinta come alternativa alle superpotenze<br />

dominanti. Anche le maggiori<br />

agevolazioni delle tariffe postali vanno<br />

viste in un’ottica positiva, poiché consentono<br />

ai giornali di raggiungere le<br />

persone in modo più economico. Così<br />

come per il nuovo sussidio destinato al<br />

recapito mattutino da parte di aziende<br />

terze. Per la prima volta, queste aziende<br />

saranno obbligate a negoziare un<br />

contratto collettivo con i relativi sindacati.<br />

Da tempo, i colleghi del settore<br />

Logistica si stanno operando per migliorare<br />

le condizioni di lavoro degli<br />

addetti al recapito mattutino. Inoltre<br />

sarà aumentato anche il supporto indiretto<br />

per la stampa associativa. Un sostegno<br />

benvenuto e necessario per la<br />

stampa associativa e delle fondazioni.<br />

E infine, anche le stazioni radiotv private<br />

in possesso di una concessione<br />

beneficeranno di un aumento della<br />

loro quota ai proventi del canone.<br />

L’accusa secondo cui i media<br />

sovvenzionati diventerebbero di fatto<br />

«media di Stato» è una polemica assurda.<br />

Piuttosto, la promozione dei media<br />

aiuta a tutelare meglio l’indipendenza<br />

dei media e degli operatori del<br />

settore dai tentativi di pressione<br />

dell’industria pubblicitaria. Il sostegno<br />

alla formazione e al perfezionamento<br />

degli operatori dei media è un<br />

investimento pubblico nella qualità<br />

del loro lavoro. Nelle città, nelle regioni<br />

e nei Cantoni in cui i nuovi media<br />

online danno un contributo significativo<br />

alla diversità dei media, questo<br />

nuovo tipo di sostegno è un importante<br />

passo in avanti.<br />

Strani «amici»<br />

Se si guardano gli ambienti che hanno<br />

lanciato il referendum contro la promozione<br />

dei media, si rimane stupiti<br />

dal mix di interessi politici: dai corona-scettici<br />

ai ricchi banchieri privati<br />

fino a (ex) giornalisti della destra conservatrice<br />

che orbitano intorno alla<br />

«Weltwoche». Con tutto il rispetto per i<br />

punti che si possono criticare, una<br />

cosa è certa: gli scettici non si sono mai<br />

pre occupati dei lavoratori di questo<br />

settore. E con le loro pressioni contro i<br />

giornalisti critici e indipendenti, dei<br />

media pubblici e privati, escono allo<br />

scoperto. Non lasciamoci prendere in<br />

giro: questi autoproclamati «amici della<br />

Costituzione» non sono amici dei<br />

professionisti dei media. Non ci sarà<br />

quindi nessuna «diabolica alleanza».<br />

Stephanie Vonarburg<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/it/divisioni/stampa<br />

Senza mezzi economici, i piccoli media non dispongono di newsroom come questa. (© Ringier)


«Spesso le persone interessate si vergognano e non hanno<br />

il coraggio di ammettere le loro difficoltà» Tonja Bollinger<br />

17<br />

Prima che sia troppo tardi<br />

In Svizzera 800mila adulti hanno difficoltà a leggere e scrivere.<br />

La campagna nazionale Semplicemente meglio!» intende porvi<br />

fine. Anche per <strong>syndicom</strong>, la formazione di base è fondamentale.<br />

È quello che ha sempre temuto: una<br />

sala piena di gente e lui in veste di formatore<br />

con un pennarello davanti alla<br />

lavagna bianca. Reto Toma (nome di<br />

fantasia), attivo nel settore della logistica<br />

di una grande azienda di arredamento,<br />

per lungo tempo non sapeva<br />

scrivere correttamente. Era così già ai<br />

tempi della scuola. Ma allora nessuno<br />

aveva cercato le cause e lui non era mai<br />

stato aiutato. Pertanto, per un quarto<br />

di secolo ha tenuto nascosta la sua<br />

difficoltà di scrittura. «È stato molto<br />

stressante».<br />

Sensibilizzare l’opinione pubblica<br />

In Svizzera circa 800mila adulti hanno<br />

difficoltà a leggere e scrivere. «Ciononostante<br />

nel nostro paese molti pensano<br />

che tutti sappiano scrivere bene»,<br />

afferma Tonja Bollinger della Federazione<br />

svizzera Leggere e Scrivere<br />

(DVLS). «Spesso le persone interessate<br />

si vergognano e non hanno il coraggio<br />

di fare outing». Le conseguenze sono<br />

stress, pressioni emotive e l’impiego<br />

di stratagemmi volti a eludere il problema.<br />

Questa è una delle ragioni per<br />

cui <strong>syndicom</strong> si impegna – ad esempio<br />

durante la negoziazione di contratti<br />

collettivi di lavoro – a fare in modo che<br />

i dipendenti possano accedere a offerte<br />

formative. La campagna nazionale<br />

Una campagna più che mai necessaria. (© IKFW)<br />

«Semplicemente meglio!» lavora allo<br />

stesso obiettivo. Sensibilizza l’opinione<br />

pubblica sull’argomento e fornisce<br />

corsi in tutta la Svizzera in cui vengono<br />

sviluppate le competenze di base relative<br />

a scrittura, lettura, calcolo e uso<br />

dei computer. Gli interessati vengono<br />

informati direttamente in merito ai<br />

corsi. Ma occorre rivolgersi anche alle<br />

persone dell’ambiente circostante.<br />

Perché spesso sono proprio queste<br />

persone ad aver motivato gli interessati<br />

a frequentare un corso, dichiara<br />

Bollinger. Tramite «Semplicemente<br />

meglio… sul posto di lavoro», i datori<br />

di lavoro possono inoltre organizzare<br />

corsi aziendali interni durante i quali<br />

il personale può acquisire in modo mirato<br />

le competenze di base mancanti.<br />

Confederazione e Cantoni contribuiscono<br />

a finanziare molti dei corsi.<br />

Abbattere i pregiudizi<br />

Alcuni anni fa, Reto Toma voleva seguire<br />

una formazione supplementare<br />

in materia di gestione del personale.<br />

Ma all’inizio esitò. Nel nuovo ambito<br />

professionale sarebbe balzato all’occhio<br />

se avesse scritto con errori ortografici<br />

e senza virgole. Ha quindi deciso<br />

di affrontare i suoi punti deboli.<br />

Ma prima ha dovuto parlare con il suo<br />

capo per ottenere una giornata libera<br />

in occasione del giorno del corso. Si<br />

era vergognato molto, afferma. Ma il<br />

capo ha reagito molto bene.<br />

Dopo due corsi semestrali, gli errori<br />

di ortografia si sono ridotti al minimo,<br />

afferma Toma. Ha terminato anche<br />

la formazione supplementare. Ora<br />

si impegna come ambasciatore di<br />

«Semplicemente meglio!». Vuole contribuire<br />

ad abbattere i pregiudizi e a<br />

motivare le persone a frequentare un<br />

corso: «Non aspettate troppo come ho<br />

fatto io!».<br />

Basil Weingartner<br />

La campagna<br />

www.meglio-adesso.ch<br />

Modelli di occupazione<br />

del futuro<br />

Patrizia Mordini è membro del Comitato Direttivo<br />

e responsabile per le pari opportunità<br />

In estate, l’Ufficio federale di statistica<br />

ha pubblicato nuovi dati sulla conciliazione<br />

tra vita lavorativa e familiare.<br />

Il modello di occupazione preferito<br />

nelle famiglie in cui entrambi gli adulti<br />

hanno tra 25 e 54 anni, con figli sotto<br />

i 25 anni, è il modello «partner maschile<br />

a tempo pieno/partner femminile<br />

part-time» (53%). Questo è seguito per<br />

un sesto dal modello «partner maschile<br />

a tempo pieno/partner femminile<br />

non esercitante attività lucrativa», e<br />

per il 13% dal modello «entrambi a<br />

tempo pieno», che si verifica nel 52%<br />

delle coppie senza figli. È invece ancora<br />

raro che entrambi i partner lavorino<br />

a tempo parziale (8% delle coppie). Il<br />

63% di tutte le donne occupate (tra i 25<br />

e i 54 anni) e il 16% degli uomini lavorano<br />

a tempo parziale.<br />

A parte i vantaggi del tempo parziale,<br />

che permette di assistere bambini e<br />

familiari e di svolgere lavori domestici,<br />

gli svantaggi sono spesso l’occupazione<br />

insicura, le minori opportunità<br />

di carriera e la minor sicurezza sociale,<br />

come nel caso delle pensioni. Questa<br />

è un’altra ragione per cui le donne<br />

oggi percepiscono un terzo di rendita<br />

in meno degli uomini. Il fattore della<br />

disparità salariale contribuisce ad aggravare<br />

la situazione. Una più equa distribuzione<br />

del lavoro non retribuito<br />

tra i sessi richiede quindi strutture di<br />

assistenza all’infanzia sufficienti e accessibili,<br />

ma anche buoni contratti<br />

collettivi di lavoro, misure di sviluppo<br />

della carriera e una forte AVS. Non da<br />

ultimo, una riduzione dell’orario di<br />

lavoro a parità di salario sarebbe in<br />

questo caso efficace: <strong>syndicom</strong> si impegna<br />

in tal senso. Così facendo, i modelli<br />

di occupazione avanzati, a tempo<br />

parziale, hanno un futuro.


18<br />

Dalle<br />

professioni<br />

«Una candidatura è favorita se il giornalista può presentare<br />

i primi risultati a sostegno del suo progetto» Jean-François Tanda<br />

L’indagine segue il suo corso<br />

A quattro mesi dal lancio, Le Pacte, un patto investigativo e di<br />

reportage, ha già sostenuto dieci progetti giornalistici.<br />

Le Pacte è un fondo che mira a promuovere e finanziare progetti<br />

investigativi e di reportage giornalistici su temi di interesse<br />

pubblico. Il secondo round di finanziamenti seguirà a breve.<br />

Un sostegno necessario al reportage e al giornalismo investigativo. (© Keystone-ATS)<br />

Lanciato all’inizio di giugno di<br />

quest’anno da nove associazioni, sindacati<br />

e think tank, tra cui <strong>syndicom</strong>,<br />

il Pacte de l’Enquête et du Reportage<br />

(Le Pacte) ha emesso quest’estate il<br />

suo primo round di sovvenzioni. Un<br />

totale di dieci progetti nella Svizzera<br />

tedesca, francese e italiana hanno ricevuto<br />

sovvenzioni che vanno da 1’500<br />

a 10mila franchi, per un totale di<br />

52mila franchi. Il secondo round, con<br />

una dotazione di 50mila franchi, ha<br />

permesso ai professionisti dei media<br />

di presentare i loro progetti fino al<br />

30 settembre.<br />

Sostegno richiesto<br />

Con un budget iniziale di 225mila<br />

franchi, finanziato da donazioni di<br />

fonti pubbliche e private come fondazioni,<br />

società di copyright e fondi pubblici,<br />

Le Pacte spera di consolidare il<br />

suo finanziamento a partire dal 2022<br />

per poter sostenere un maggior numero<br />

di progetti. Il suo futuro dipende<br />

quindi dai suoi donatori. Chiunque<br />

voglia contribuire al giornalismo indipendente<br />

e di qualità ha la possibilità<br />

di farlo sul sito lepacte.ch.<br />

Il primo round di finanziamenti<br />

Come primo progetto di questo tipo e<br />

su scala nazionale, Le Pacte soddisfa<br />

certamente un bisogno. Il giornalismo<br />

investigativo o di reportage richiede<br />

molto tempo, tempo che manca sempre<br />

di più nelle redazioni decimate dai<br />

tagli ai posti di lavoro o ai freelance<br />

che non sempre hanno la possibilità<br />

di dedicare diverse settimane o mesi a<br />

un soggetto.<br />

Durante la prima sessione, 24 dossier<br />

sono stati presentati alle giurie<br />

delle tre regioni linguistiche. Era l’opportunità<br />

per trarre i primi riconoscimenti<br />

da questi inizi: «Ciò che favorisce<br />

una candidatura è se, al momento<br />

della presentazione, il giornalista ha<br />

già iniziato la sua inchiesta e può presentare<br />

i primi risultati a sostegno<br />

della tesi del suo progetto», spiega<br />

Jean-François Tanda, segretario generale<br />

di Le Pacte. Quindi, un progetto<br />

già abbastanza nutrito, ma senza alcuna<br />

limitazione legata al tipo di supporto.<br />

In occasione del primo round sono<br />

stati presentati infatti diversi dossier<br />

come servizi televisivi, podcast per la<br />

radio o soggetti per la stampa scritta o<br />

i media elettronici. La scadenza per<br />

il terzo round di finanziamenti non è<br />

ancora stata fissata, ma i giornalisti<br />

interessati possono preparare le loro<br />

richieste per la fine di quest’anno.<br />

Melina Schröter<br />

lepacte.ch<br />

Come se la passano<br />

i liberi professionisti<br />

del settore Media?<br />

Michael Moser è segretario centrale settore Media<br />

La scorsa primavera insieme alla<br />

FreKo, la commissione dei liberi professionisti<br />

dei media (vedi il ritratto<br />

del team a pag. 4), ho condotto un sondaggio<br />

per far luce su questa domanda.<br />

I lavoratori indipendenti e i freelance<br />

del settore dei media non sono<br />

sotto pressione solo perché è comparso<br />

il coronavirus. Già prima gli incarichi<br />

e gli onorari erano in netto calo,<br />

non si potevano più mettere in conto<br />

le spese e i forfait per l’infrastruttura<br />

elaborati da <strong>syndicom</strong> venivano accettati<br />

sempre meno. Il lockdown e il conseguente<br />

calo degli annunci hanno intensificato<br />

il problema.<br />

A un anno esatto dall’inizio della<br />

pandemia, abbiamo pertanto deciso<br />

di vederci chiaro. Abbiamo svolto un<br />

sondaggio i cui risultati sono ora stati<br />

pubblicati (all’indirizzo internet <strong>syndicom</strong>.ch/BsXsm).<br />

Il quadro che si<br />

presenta ci aiuta a indirizzare ancora<br />

meglio la nostra posizione sindacale<br />

alla realtà delle colleghe e dei colleghi.<br />

Sapevamo che nel frattempo la maggior<br />

parte degli intervistati non lavora<br />

solo nel giornalismo ma anche nelle<br />

pubbliche relazioni. La cosa che però<br />

ci ha sorpreso è che soltanto il 16%<br />

riesce a vivere di solo giornalismo.<br />

Conciliare giornalismo e PR senza mescolarli<br />

tra loro è pertanto una delle<br />

maggiori sfide che devono affrontare i<br />

giornalisti freelance. In occasione della<br />

18esima edizione della giornata dei<br />

liberi professionisti, abbiamo per la<br />

prima volta dato particolare rilievo a<br />

questo tema. Seguiranno ulteriori manifestazioni.


«La maggioranza dei giovani giornalisti fa più di tre ore<br />

di straordinari la settimana» Lauro Mombelli<br />

19<br />

Giornalisti del futuro,<br />

il punto sulla professione<br />

Nella sua tesi di master presso il Dipartimento<br />

di studi di comunicazione e ricerca sui media<br />

dell’Università di Friburgo, Lauro Mombelli ha<br />

esaminato le condizioni di lavoro dei giovani<br />

giornalisti in Svizzera. Hanno preso parte al<br />

sondaggio quasi 200 giornalisti nati dopo il<br />

1990. L’autore dello studio, il primo dedicato ai<br />

giovani che operano nel settore dei media, è<br />

stato supportato da <strong>syndicom</strong> nella distribuzione<br />

del questionario.<br />

Lauro Mombelli, quanto è ancora attrattiva la professione<br />

giornalistica?<br />

Bisogna differenziare. Ci sono aspetti positivi che depongono<br />

a favore dell’attrattività. La maggior parte degli intervistati<br />

ha dichiarato di avere abbastanza tempo per verificare<br />

le fonti e le informazioni e per scrivere i suoi testi.<br />

Anche l’alto livello di autonomia nel lavoro è percepito<br />

come un fattore positivo. Ciò che depone a sfavore dell’attrattività<br />

è invece che la maggioranza deve fare più di tre ore<br />

di straordinari alla settimana. E anche che la metà degli intervistati<br />

ha troppo poco tempo per gestire in modo soddisfacente<br />

i compiti quotidiani.<br />

Nei mesi scorsi, l’associazione «Junge Journalistinnen<br />

und Journalisten Schweiz» (JJS) (giovani giornaliste e giornalisti<br />

svizzere/i) ha affrontato il problema dello stress e<br />

degli straordinari in una campagna sui social media.<br />

In dichiarazioni coinvolgenti, i giovani giornalisti hanno<br />

raccontato i loro problemi psicologici causati dal carico di<br />

lavoro. Quanto è grande questo problema?<br />

Nel mio sondaggio ho verificato diverse situazioni di stress.<br />

Una delle possibili risposte era, per esempio, «devo pensare<br />

a troppe cose contemporaneamente». In questo caso<br />

il 71% ha dichiarato che questo avviene spesso se non<br />

sempre. D’altra parte, ho anche chiesto quanto bene<br />

riescano a gestire lo stress. Qui la maggioranza ha risposto<br />

di essere in grado di affrontarlo abbastanza bene o in<br />

maniera totale.<br />

Un fattore importante per l’attrattività della professione è,<br />

naturalmente, anche il salario. L’anno scorso, <strong>syndicom</strong> e<br />

l’USS hanno rilevato in un’indagine che i salari nel giornalismo<br />

sono stagnanti da un decennio. Com’è la situazione<br />

delle entrate presso le giovani giornaliste e i giovani giornalisti?<br />

Per quanto riguarda il livello salariale dei giovani, ho riscontrato<br />

un reddito lordo mensile mediano di 5-6mila<br />

franchi. Tuttavia, nel mio campione è stato anche confermato<br />

che i giornalisti guadagnano leggermente di più delle<br />

giornaliste e che i dipendenti fissi guadagnano più dei<br />

freelance. Considero positivo che la percentuale di coloro<br />

che guadagnano meno di 4mila franchi al mese sia leggermente<br />

diminuita rispetto agli studi precedenti.<br />

I media stanno affrontando una crisi che va avanti da molto<br />

tempo sulla scia del crollo delle entrate pubblicitarie.<br />

Hai anche chiesto ai giovani giornalisti come vedono il<br />

loro futuro e il futuro della loro professione e del settore.<br />

Cosa ne è emerso?<br />

Poco meno della metà degli intervistati si dice positiva circa<br />

il proprio futuro. D’altra parte, però, solo un quarto valuta<br />

positivamente il futuro della professione e del settore.<br />

Naturalmente, le risposte lasciano spazio all’interpretazione<br />

sul motivo di questa differenza di valutazione. Sarebbe<br />

interessante se questo aspetto venisse approfondito in una<br />

prossima ricerca.<br />

Dove gli intervistati intravedono in particolare un potenziale<br />

di miglioramento per quanto riguarda le condizioni<br />

di lavoro?<br />

Non l’ho chiesto direttamente. Tuttavia, una delle domande<br />

era quali sono le ragioni che spingono a lasciare il giornalismo.<br />

E una delle ragioni principali citate è che l’equilibrio<br />

tra lavoro e vita privata è insufficiente. Ecco perché<br />

avrebbe senso che i datori di lavoro assicurassero che le<br />

giornaliste e i giornalisti non debbano fare «x» ore di lavoro<br />

straordinario.<br />

Lorenzo Bonati<br />

L’autore della ricerca sui giovani giornalisti, Lauro Mombelli. (© zvg)<br />

La tesi di master di Lauro Mombelli (in tedesco)<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/NY9hw


20<br />

Dalle<br />

professioni<br />

«Senza obbligo di autorizzazione per il lavoro notturno, ci sarà<br />

meno controllo, soprattutto nelle aziende più piccole» Daniel Hügli<br />

Lunghe notti sottoterra<br />

Il Consiglio federale vuole ammorbidire l’obbligo d’autorizzazione<br />

per il lavoro notturno nel settore delle infrastrutture di rete.<br />

Le condizioni di lavoro potrebbero quindi diventare più difficili.<br />

Lavorare in uno stretto pozzo sotterraneo<br />

in piena notte. Per una giuntista<br />

di rame e fibre ottiche come Martina<br />

Rist, questo fa parte del suo lavoro<br />

quotidiano. Insieme alle sue colleghe<br />

e ai suoi colleghi, si assicura che le<br />

persone e le aziende in Svizzera abbiano<br />

connessioni Internet e telefoniche<br />

funzionanti. I giuntisti collegano i cavi<br />

sottoterra per permettere un regolare<br />

flusso di dati. «In linea di principio,<br />

potremmo fare il lavoro nei condotti<br />

dei cavi sempre durante il giorno». Ma<br />

quando vengono pianificate commutazioni<br />

importanti, i clienti finali<br />

spesso pongono il veto. Il lavoro inizia<br />

soltanto quando gli uffici vicini, i ristoranti<br />

o i negozi delle stazioni di servizio<br />

hanno finito di lavorare. Incominciare<br />

a lavorare la sera è faticoso,<br />

ammette Martina Rist. Jonny Fontanive,<br />

che come lei lavora come giuntista<br />

presso l’affiliata di Swisscom Cablex,<br />

è dello stesso avviso. «Faccio questo<br />

lavoro da un po’, quindi mi sono abituato».<br />

Riuscire a dormire bene prima<br />

del turno di notte è la cosa più importante,<br />

sottolineano entrambi. Ma anche<br />

quando si è riposati, «nel cuore<br />

della notte arriva la stanchezza». Nella<br />

profondità dei pozzi può essere pericoloso<br />

se non si è concentrati. È anche<br />

importante evitare errori quando si<br />

collegano i cavi. La caffeina o il cioccolato<br />

possono aiutare, così come scherzare<br />

con i colleghi. Nei cantieri e all’interno<br />

di Cablex i singoli dipendenti si<br />

prendono cura l’uno dell’altro. I due<br />

lavoratori considerano buone anche<br />

le loro condizioni di lavoro, che sono<br />

regolate da un CCL.<br />

Un allentamento non richiesto<br />

Diversi studi dimostrano che il lavoro<br />

a turni aumenta il rischio di malattie<br />

croniche o di diventare sovrappeso.<br />

Ciononostante, il Consiglio federale<br />

prevede di ammorbidire le norme sul<br />

lavoro notturno. Per esempio, si intende<br />

abolire l’obbligo d’autorizzazione<br />

per il lavoro notturno e domenicale<br />

nei settori della costruzione e della<br />

manutenzione dell’intero settore dei<br />

trasporti pubblici. Ne fa parte anche il<br />

settore delle infrastrutture di rete. «E<br />

questo sebbene non l’abbiano chiesto<br />

nemmeno le stesse compagnie di<br />

rete», afferma il segretario centrale di<br />

<strong>syndicom</strong> Daniel Hügli, che teme il<br />

peggioramento delle condizioni di lavoro.<br />

«Senza l’obbligo d’autorizzazione,<br />

ci sarà meno controllo». Questo<br />

potrebbe diventare un problema, soprattutto<br />

per le aziende più piccole.<br />

Con i grandi datori di lavoro come<br />

Cablex, tuttavia, il pericolo di un peggioramento<br />

è minore.<br />

Ma i turni di notte sono impegnativi<br />

a prescindere. Non soltanto in caso<br />

di improvvisi temporali che inondano<br />

i pozzi. O quando dei visitatori aggressivi<br />

di un bar vicino passano minacciosi<br />

vicino ai lavoratori notturni. E quando<br />

i turni finiscono, la mattina presto,<br />

si beve un ultimo caffè prima di andare<br />

a casa. Finalmente a dormire. Ma ci<br />

si alza di nuovo a mezzogiorno. Poiché<br />

il giorno dopo, alle 7 del mattino, i pesanti<br />

tombini vengono di nuovo aperti.<br />

Per evitare che il compito dei lavoratori<br />

della rete diventi ancora più<br />

difficile, <strong>syndicom</strong> si sta battendo<br />

contro un allentamento dell’obbligo<br />

d’autorizzazione per il lavoro notturno.<br />

Basil Weingartner<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/it/divisioni/infrastrutturadi-rete<br />

I lavori di cablaggio vengono spesso effettuati di notte: a rimetterci sono i lavoratori. (© Keystone-ATS)<br />

Un voto giusto<br />

contro il rischio<br />

di speculazioni<br />

Matteo Antonini è membro del Comitato Direttivo<br />

e responsabile del settore Logistica<br />

A settembre, la Commissione Economia<br />

e tributi del Consiglio nazionale<br />

(CET-N) ha autorizzato le casse pensioni<br />

ad accedere a fondi di investimento<br />

altamente speculativi. Questo<br />

significa che i soldi, i nostri soldi,<br />

che abbiamo accantonato nel secondo<br />

pilastro per tutti gli anni lavorativi,<br />

potrebbero evaporare, dissolversi. Investiti,<br />

anzi «giocati», in prodotti altamente<br />

speculativi, ma altrettanto rischiosi.<br />

Nonostante l’incertezza di<br />

questi investimenti (che potrebbero<br />

portare a crisi come quella dei subprime<br />

del 2007-2008), la lobby finanziaria<br />

ha prevalso ancora una volta.<br />

Lo avevamo già previsto sull’ultimo<br />

numero della <strong>rivista</strong> di <strong>syndicom</strong>,<br />

nell’articolo intitolato profeticamente<br />

«1.200 miliardi dei lavoratori sul tappeto<br />

verde», con l’immagine dei nostri<br />

risparmi per la vecchiaia giocati alla<br />

roulette. Quest’ultima decisione del<br />

Consiglio nazionale mette in pericolo<br />

ancora di più il nostro sistema pensionistico,<br />

già minacciato dagli intermediari<br />

finanziari e dai partiti borghesi.<br />

Per questo motivo, è più che mai<br />

importante e necessario fare in modo<br />

che i lavoratori possano partecipare<br />

alle decisioni delle casse pensioni e<br />

scegliere come gestire i loro soldi,<br />

accantonati grazie al lavoro. E per<br />

questo è fondamentale votare la lista<br />

di <strong>syndicom</strong> alle elezioni del Consiglio<br />

di fondazione della cassa pensioni<br />

della Posta. C’è ancora tempo fino al<br />

29 ottobre!


«Una massiccia riduzione del tempo di lavoro potrebbe<br />

interessare lavoratori di diversi settori» Daniel Hügli<br />

21<br />

Condizioni innovative<br />

Il nuovo CCL di AutoPostale, recentemente ratificato dagli organi<br />

competenti e in vigore dal primo gennaio 2022, offre condizioni<br />

d’impiego moderne. Risultato di diversi mesi di trattative.<br />

Non è sempre stato un percorso lineare, ma ce l’abbiamo fatta. (© Keystone-ATS)<br />

Quanto abbiamo sofferto, pianto, cantato<br />

e soprattutto… negoziato! Ma<br />

adesso ci siamo, il nuovo Contratto<br />

collettivo di lavoro (CCL) e il regolamento<br />

per il personale delle aziende<br />

di AutoPostale sono arrivati. E con essi<br />

un sacco di miglioramenti in materia<br />

di condizioni di lavoro.<br />

Nuovo modello orario<br />

Il personale soggetto alla LDL ha ora la<br />

possibilità di richiedere giorni liberi e<br />

servizi bloccati. Il personale a tempo<br />

parziale potrà inoltre stabilire, previa<br />

richiesta e compatibilmente con le<br />

esigenze aziendali, giorni di blocco<br />

fissi nel corso della settimana nei quali<br />

non si possono pianificare incarichi.<br />

Nella pianificazione annuale Auto-<br />

Postale potrà prevedere cosiddetti<br />

«giorni di riserva», modificabili al<br />

massimo entro le ore 17 di due giorni<br />

prima. Per contro, ogni altra modifica<br />

a partire dalla pianificazione mensile<br />

necessita del consenso del personale,<br />

il quale riceverà un’indennità se accetterà<br />

la chiamata in servizio da parte di<br />

AutoPostale con poco preavviso. Scostamenti<br />

di breve durata dal piano di<br />

servizio fino a un massimo di 15 minuti<br />

verranno ora liquidati con un accredito<br />

di tempo forfettario. Anche per<br />

quanto riguarda il godimento delle<br />

vacanze sono previste novità: ad esempio,<br />

il personale con figli in età scolare<br />

potrà godere di almeno due settimane<br />

di vacanza durante le vacanze scolastiche<br />

e le vacanze comprenderanno di<br />

norma un intero fine settimana.<br />

Indennità sotto forma di tempo<br />

L’applicazione di tali deroghe comporterà<br />

in determinati casi l’erogazione,<br />

per il personale soggetto alla LDL,<br />

di indennità sotto forma di tempo. Le<br />

commissioni del personale avranno<br />

sempre un ruolo cruciale in questo<br />

processo. La codificazione di queste<br />

indennità sono una novità nel contratto<br />

collettivo di lavoro.<br />

Valori di riferimento uniformi<br />

Oltre al nuovo CCL AutoPostale, le<br />

parti sociali hanno anche raggiunto<br />

un accordo sulle condizioni d’impiego<br />

per il personale conducente delle imprese<br />

di AutoPostale: a partire dal<br />

1° gennaio 2022, per tutte le imprese<br />

di AutoPostale saranno applicati valori<br />

di riferimento uniformi per condizioni<br />

d’impiego equivalenti. Informazioni<br />

più dettagliate sull’esito delle<br />

trattative saranno comunicate separatamente.<br />

Questa infatti non è che una<br />

selezione dei miglioramenti ottenuti<br />

nel corso delle trattative. Se lavorate<br />

ad AutoPostale e volete saperne di più<br />

sul nuovo CCL, iscrivetevi ai corsi informativi<br />

gratuiti durante gli orari di<br />

lavoro.<br />

Senza una forte e competente delegazione<br />

di negoziazione questo risultato<br />

non sarebbe stato possibile. <strong>syndicom</strong><br />

l’ha dimostrato: insieme si può.<br />

Matteo Antonini<br />

Le condizioni del nuovo CCL<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/rm7UX<br />

Regolamentare l’orario<br />

di lavoro nei CCL invece<br />

che nell’ordinanza<br />

Daniel Hügli è segretario centrale settore ICT<br />

Gennaio 2021. Le parti sociali si incontrano<br />

in una tavola rotonda virtuale<br />

della Segreteria di Stato del l’economia.<br />

L’argomento: un modello speciale di<br />

orario di lavoro annuale nell’ordinanza<br />

2 della legge sul lavoro. Da un lato,<br />

le associazioni dei datori di lavoro e un<br />

rappresentante delle associazioni di<br />

revisione, fiduciarie e ICT (Information<br />

& Communications Technology).<br />

A fianco, una rappresentante delle organizzazioni<br />

manageriali e professionali<br />

che, insieme alle associazioni,<br />

hanno presentato questa proposta di<br />

un modello speciale di orario di lavoro.<br />

La particolarità è che la formulazione<br />

aperta colpirebbe un gran numero<br />

di impiegati in vari settori,<br />

riducendo massicciamente i limiti tra<br />

orario di lavoro e tempo libero.<br />

Dall’altro lato, la delegazione dell’Unione<br />

sindacale svizzera, compreso<br />

il nostro rappresentante di <strong>syndicom</strong>.<br />

I sindacati rifiutano la proposta perché<br />

un modello di orario di lavoro annuale<br />

esiste già oggi e sono preferibili<br />

soluzioni basate sul partenariato sociale.<br />

Ad esempio, attraverso contratti<br />

collettivi di lavoro che coprono meglio<br />

le esigenze operative e allo stesso tempo<br />

tutelano la salute dei dipendenti.<br />

Il progetto di revisione che il Consiglio<br />

federale manderà poi in consultazione<br />

non menziona più i settori<br />

ICT. Tuttavia, farebbe meglio a garantire<br />

la creazione o il rafforzamento di<br />

partenariati sociali nei settori ancora<br />

colpiti.


22 Politica<br />

Transizione digitale,<br />

il ritardo è solo politico<br />

A giugno, la Confederazione aveva assegnato a quattro società<br />

americane (Amazon, IBM, Microsoft e Oracle) e alla cinese<br />

Alibaba il contratto per la gestione dei dati dei diversi dipartimenti<br />

e della Cancelleria federale. Google, escluso, ha fatto ricorso.<br />

Nell’attesa della decisione del Tribunale amministrativo<br />

federale, Jean-Henry Morin dell’Università di Ginevra si interroga<br />

sulla sovranità dei dati e denuncia il ritardo della Svizzera<br />

nella gestione della transizione digitale.<br />

Testo: Federico Franchini<br />

Foto: Keystone-ATS<br />

Per conservare i suoi dati, la<br />

Confederazione ha scelto aziende<br />

straniere. Quali sono i rischi?<br />

Numerosi e immensi. La semplice<br />

perdita di sovranità sulla nostra infrastruttura<br />

digitale da parte della<br />

Confederazione comporta un pericolo<br />

enorme. Ma i rischi potrebbero<br />

essere declinati all’infinito: da quelli<br />

legati alla sorveglianza e al blocco<br />

di dati e servizi, a tutta una serie di<br />

attività legate all’intelligence fino a<br />

tutto quello che concerne la protezione<br />

e l’integrità dei dati dei cittadini<br />

e dell’amministrazione.<br />

La Svizzera non sarà quindi in grado<br />

di controllare cosa succede ai dati<br />

affidati a queste piattaforme?<br />

No. Il modo in cui questi dati saranno<br />

trattati dipenderà interamente<br />

dai contratti specifici che saranno<br />

firmati con ciascuno di questi fornitori<br />

di servizi. Questi contratti, SLA<br />

(Service Level Agreements), specificano<br />

molto concretamente ciò che<br />

viene offerto in termini di servizio,<br />

penali, condizioni di utilizzo ecc.<br />

Quindi, tutto è legato all’interpretazione<br />

e all’accettazione di questi<br />

contratti che saranno effettivamente<br />

conclusi nell’ambito di questa<br />

esternalizzazione dei servizi.<br />

C’è un margine di manovra per la<br />

Confederazione nell’elaborazione di<br />

questi contratti?<br />

In generale no. La maggior parte di<br />

questi fornitori sono grandi gruppi<br />

internazionali dell’industria digitale<br />

che hanno contratti standard. In<br />

questo contesto, non c’è quasi spazio<br />

per la negoziazione. Si può provare<br />

a cambiare qualche dettaglio,<br />

ma bisogna capire che ci si scontra<br />

con macchine da guerra tecnicogiuridiche<br />

e non con dei filantropi.<br />

I negoziati saranno probabilmente<br />

complicati, se non impossibili.<br />

La scelta di Alibaba è anche sorprendente,<br />

essendo le aziende cinesi<br />

note per la loro vicinanza a Pechino.<br />

Anche la Svizzera sarà sotto l’occhio<br />

del governo cinese?<br />

Questo modo di procedere da parte<br />

della Svizzera è estremamente ingenuo.<br />

Sappiamo come si comporta la<br />

Cina dal punto di vista democratico.<br />

E, grazie alle rivelazioni di Edward<br />

Snowden nel 2013, sappiamo anche<br />

come si comportano gli Stati Uniti.<br />

Quindi non ci sono dubbi sulle potenziali<br />

situazioni problematiche.<br />

Da un punto di vista tecnico, la<br />

Svizzera potrebbe competere con i<br />

giganti stranieri?<br />

Gestire un cloud per un piccolo paese<br />

come la Svizzera, che è anche in<br />

cima alle classifiche internazionali<br />

in termini di innovazione, non è una<br />

sfida tecnica. La questione, da un<br />

punto di vista tecnico, non si pone<br />

nemmeno: abbiamo tutto il necessario<br />

per fare la cosa giusta in termini<br />

di sovranità digitale.<br />

A cosa imputare, quindi, il ritardo<br />

della Svizzera?<br />

Il ritardo colossale che abbiamo<br />

accumulato è politico. Deve essere<br />

attribuito alla totale assenza di leadership<br />

e di governance in materia<br />

di transizione digitale. In Svizzera,<br />

cominciamo a parlarne solo ora, nel<br />

2021, mentre la maggior parte dei<br />

Paesi e l’Unione europea hanno iniziato<br />

intorno al 2010. Quell’anno,


«La responsabilità digitale è un argomento che avrà sempre più un impatto sulla valutazione delle<br />

aziende: le aziende devono essere in grado di rispondere a domande concrete relative alla transizione<br />

digitale. In questo senso, nel 2020 abbiamo lavorato con la Fondazione Ethos su sette domande-chiave<br />

relative alla responsabilità digitale delle imprese. Una consapevolezza simile deve essere presa dallo<br />

Stato e portarci a una sorta di responsabilità digitale pubblica»<br />

23<br />

Doris Leuthard, allora consigliera<br />

federale, aveva già detto che la Svizzera<br />

era indietro: undici anni dopo,<br />

questo è un tema che purtroppo non<br />

è ancora emerso. E oggi cominciamo<br />

a pagarne le conseguenze.<br />

L’opzione di sviluppare un’infrastruttura<br />

pubblica in Svizzera è stata<br />

respinta dal Consiglio federale nel<br />

2020. Come valuta questa scelta?<br />

Questa scelta è semplicemente catastrofica<br />

e incomprensibile. Alcuni<br />

mesi prima, il Consiglio federale<br />

aveva chiarito che l’obiettivo era<br />

quello di migliorare la sovranità dei<br />

dati della Svizzera per ridurre al minimo<br />

la dipendenza del paese dai<br />

fornitori di servizi cloud. Nel 2021,<br />

invece, il Consiglio federale assegna<br />

l’appalto a fornitori cinesi e americani:<br />

questo è semplicemente schizofrenico!<br />

Bisognerebbe capire cosa<br />

è successo nel frattempo…<br />

Nel contesto attuale, c’è bisogno di<br />

una struttura tecnica indipendente<br />

di diritto pubblico, una sorta di servizio<br />

pubblico digitale?<br />

Penso che non possiamo affrontare<br />

le esigenze di questa domanda senza<br />

aver avuto un dibattito pubblico<br />

sulla questione. Il servizio pubblico<br />

digitale è una via tra le altre: ci sono<br />

diverse opzioni possibili, ma dobbiamo<br />

essere in grado di discuterle<br />

come società per poter finalmente<br />

andare avanti. Se abbiamo un dibattito<br />

pubblico democratico e il risultato<br />

è quello di esternalizzare alle multinazionali<br />

straniere… beh, allora<br />

andiamo in quella direzione. Ma se,<br />

d’altra parte, il risultato è la necessità<br />

di una forma di sovranità in questo<br />

settore e di un servizio pubblico<br />

digitale, allora dobbiamo escludere<br />

tutto ciò che va nella direzione di ciò<br />

che è stato fatto recentemente. Per<br />

infine dotarci dell’infrastruttura e<br />

della sua governance che ci permetterà<br />

di raggiungere questo obiettivo.<br />

La questione, dal<br />

punto tecnico, non<br />

si pone neppure: la<br />

Svizzera potrebbe<br />

avere il suo cloud<br />

Come s’immagina questa struttura?<br />

Chi sarà il proprietario dei dati? Chi<br />

sarà il responsabile? Dove saranno<br />

depositati i dati? Chi può accedervi?<br />

Le risposte a queste domande devono<br />

necessariamente essere il risultato<br />

di un dibattito che definisca i requisiti<br />

che saranno utilizzati per un<br />

bando di gara o un’attuazione tecnica<br />

nel caso la nuova struttura fosse<br />

gestita dalla Confederazione. Ciò di<br />

cui c’è urgente bisogno prima è però<br />

un dibattito che definisca la società<br />

digitale che vogliamo costruire e lasciare<br />

alle generazioni future.<br />

L’idea di un’iniziativa popolare sulla<br />

sovranità digitale, di cui lei è uno dei<br />

promotori, mira ad aprire questo<br />

dibattito, finora così carente?<br />

Sì, partiamo da quello che è successo<br />

quest’estate con l’appalto ai giganti<br />

americani e cinesi. Dobbiamo<br />

certamente mettere in discussione<br />

questa decisione. Tuttavia, siamo<br />

consapevoli che ci vuole tempo per<br />

lanciare un’iniziativa, ma uno degli<br />

obiettivi del nostro approccio è proprio<br />

quello di aprire discussioni<br />

pubbliche e di coinvolgere non solo<br />

le lobby digitali e i politecnici, ma<br />

anche le università, le alte scuole e<br />

la società civile. L’idea a lungo termine<br />

è quella di cercare d’inglobare<br />

le questioni della nostra sovranità<br />

digitale in testi giuridici come la Costituzione.<br />

L’unico dibattito su questi temi è<br />

stato quello sull’identità digitale<br />

lo scorso marzo. La posizione del<br />

popolo era abbastanza chiara …<br />

Sì, mentre in Svizzera si discute di<br />

tutto, dai minareti alle corna di<br />

mucca e ai lupi, questa è stata la prima<br />

volta che i cittadini svizzeri hanno<br />

potuto affrontare una discussione<br />

su uno degli aspetti<br />

fondamentali della nostra società e<br />

porsi delle domande sulla questione<br />

digitale. E il popolo ha detto chiaramente<br />

(65%) che l’identità digitale<br />

nazionale non dovrebbe essere<br />

esternalizzata a operatori privati.<br />

Questo è un segnale forte, di cui<br />

dovremo tenere conto.<br />

Nel frattempo,<br />

sul Lemano...<br />

Numeri AVS e di telefono, date di<br />

nascita, rapporti di valutazione degli<br />

impiegati, domande di esenzione<br />

fiscale, perfino note scolastiche.<br />

Dati di questo tipo, assolutamente<br />

privati, erano da tempo online, sul<br />

darknet, la «zona oscura» di Internet,<br />

al di là delle leggi e dei controlli.<br />

È accaduto a Rolle, comune vodese,<br />

nei mesi scorsi. Dati sensibili riguardanti<br />

5mila abitanti della «perla<br />

del Lemano», registrati sul sistema<br />

informatico comunale, erano<br />

stati piratati da una banda di hacker<br />

che avrebbe poi fatto una richiesta<br />

di riscatto. A cui il Comune non ha<br />

risposto. Alla fine di agosto, il tentativo<br />

di cyber-hackeraggio è stato rivelato<br />

dal giornale Le Temps e ha fatto<br />

parecchio discutere. Anche al di<br />

là della Romandia. Perché i cittadini<br />

non erano stati avvisati? Le reti<br />

svizzere, a tutti i livelli (comunale,<br />

cantonale e federale) sono in grado<br />

di resistere ai cyber-attacchi di queste<br />

multinazionali di pirati informatici,<br />

che si stanno sempre più diffondendo<br />

in tutto il mondo?<br />

Una, cento, mille Rolle<br />

La vera questione, alla fine, non è di<br />

sapere se potremo essere vittime dei<br />

pirati, ma soltanto quando e in che<br />

modo: così hanno risposto gli esperti.<br />

È fondamentale sapere chi gestirà<br />

i nostri dati e quali sono i rischi<br />

della sicurezza legati<br />

direttamente alla sovranità digitale<br />

(se ne parla nell’intervista a fianco).<br />

Il rischio potrebbe soltanto crescere,<br />

se si affidassero i dati dei cittadini<br />

ai giganti Big Tech, americani o cinesi.<br />

Allora sì che potrebbero esserci,<br />

in un futuro non troppo lontano,<br />

una, cento, mille Rolle. Tutte insieme.<br />

Ma questa prospettiva non sembra<br />

preoccupare il Consiglio federale,<br />

che ha riaffermato la sua<br />

decisione affossando definitivamente<br />

il progetto di una soluzione svizzera<br />

attraverso le parole del Cancelliere<br />

federale durante l’ultima<br />

sessione parlamentare.<br />

Giovanni Valerio<br />

L’iniziativa sulla sovranità digitale:<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/4HwK<br />

La decisione del Consiglio federale<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/8MVur


24 Politica<br />

Una microimposta<br />

per aiutare l’economia<br />

L’iniziativa per introdurre<br />

una microimposta sul traffico<br />

dei pagamenti aumenterebbe<br />

il potere d’acquisto dei<br />

lavoratori, sosterrebbe le attività<br />

economiche e contribuirebbe<br />

al finanziamento a<br />

lungo termine dell’AVS.<br />

Testo: Sergio Rossi, professore ordinario<br />

di macroeconomia ed economia<br />

monetaria all’Università di Friburgo<br />

Foto: Maurizio Solari<br />

I motivi che giustificano una simile<br />

microimposta sono numerosi e dimostrano<br />

quanto sia importante attuarla<br />

rapidamente per ridurre la<br />

durata e la portata della crisi attuale<br />

sul piano socioeconomico e rilanciare<br />

in modo duraturo le attività<br />

economiche rafforzando la coesione<br />

sociale in Svizzera.<br />

Come propone il testo dell’iniziativa<br />

popolare federale per l’introduzione<br />

di una «microimposta sul<br />

traffico scritturale dei pagamenti»<br />

(la cui raccolta di firme terminerà il<br />

5 novembre), questa microimposta<br />

sostituirà diversi prelievi fiscali tra<br />

cui l’imposta sul valore aggiunto<br />

(IVA). L’IVA riduce infatti il potere<br />

d’acquisto dei consumatori e pesa<br />

infine anche sulle aziende che potrebbero<br />

vendere più prodotti e che,<br />

nella forma attuale, devono sopportare<br />

l’onere burocratico che comporta<br />

la gestione dell’IVA, mentre le<br />

banche e gli altri istituti finanziari<br />

non pagano affatto l’IVA quando<br />

fanno ogni giorno transazioni sui<br />

mercati finanziari per centinaia di<br />

miliardi.<br />

Rilanciare i consumi<br />

Per una famiglia del ceto medio,<br />

composta da due adulti e due bambini,<br />

l’abolizione dell’IVA e l’introduzione<br />

di una microimposta sul<br />

traffico scritturale dei pagamenti<br />

consente di aumentare la propria<br />

capacità di acquisto di diverse migliaia<br />

di franchi all’anno. Questo rilancerà<br />

il consumo e sosterrà quindi<br />

le attività delle aziende rivolte verso<br />

il mercato interno, accelerando così<br />

l’uscita dalla crisi economica e aumentando<br />

il livello di occupazione,<br />

ossia la remunerazione delle lavoratrici<br />

e dei lavoratori. Secondo l’aliquota<br />

della microimposta, sarà possibile<br />

riscuotere introiti fiscali che<br />

permettono anche di versare degli<br />

aiuti a fondo perduto alle aziende in<br />

gravi difficoltà a causa della pandemia<br />

di Covid-19. Anziché aumentare<br />

i deficit pubblici della Confederazione,<br />

come avviene attualmente,<br />

questi aiuti saranno pagati dagli<br />

istituti finanziari che, nella forma<br />

attuale, non pagano affatto l’IVA e<br />

che per di più contribuiscono all’instabilità<br />

finanziaria attraverso le<br />

loro operazioni d’acquisto o di vendita<br />

di titoli che molto spesso non<br />

hanno nulla a che vedere con le attività<br />

economiche destinate a soddisfare<br />

delle vere esigenze.<br />

Rinnovare il sistema fiscale<br />

Quando la pandemia di Covid-19<br />

non sarà che un brutto ricordo, una<br />

microimposta sul traffico scritturale<br />

dei pagamenti consentirà di riscuotere<br />

le risorse fiscali necessarie per<br />

finanziare le assicurazioni sociali,<br />

in particolare l’AVS e l’assicurazione<br />

contro la disoccupazione, in un’epoca<br />

in cui la digitalizzazione delle attività<br />

economiche di ogni tipo avrà<br />

largamente eroso la base fiscale costituita<br />

dai redditi da lavoro che non<br />

potranno essere più sufficienti per<br />

finanziare l’AVS. Invece, il continuo<br />

aumento delle aliquote IVA porterebbe<br />

soltanto a una notevole diminuzione<br />

del consumo delle famiglie<br />

provocando così una nuova crisi<br />

economica. La microimposta sul<br />

traffico scritturale dei pagamenti<br />

non nuocerà in alcun modo alla<br />

piazza finanziaria svizzera, dal momento<br />

che indurrà gli istituti finanziari<br />

a ridurre le loro attività speculative<br />

e a focalizzarsi sulle attività<br />

economiche volte a soddisfare i bisogni<br />

dell’insieme dei portatori di<br />

interesse. Questo permetterà di ridurre<br />

la fragilità finanziaria in tutta<br />

l’economia nazionale, di aumentare<br />

i profitti delle aziende (comprese le<br />

banche) garantendo l’ottimizzazione<br />

dell’impiego nonché dell’equilibrio<br />

delle finanze pubbliche. Una<br />

tale microimposta rinnova il sistema<br />

fiscale svizzero in modo duraturo<br />

per l’economia e la società contribuendo<br />

ad aumentare la capacità<br />

d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori,<br />

supportando le attività economiche<br />

e consentendo di finanziare<br />

le rendite AVS a lungo termine.<br />

Firma l’iniziativa sul sito<br />

https://mikrosteuer.ch/it/


Diritto e diritti<br />

25<br />

Lavoro a tempo pieno nel settore IT. Fino<br />

al 2019, il luogo di servizio previsto dal<br />

contratto era la sede aziendale di Zurigo.<br />

Da quando è iniziata la pandemia, lavoro<br />

prevalentemente in home office e devo<br />

recarmi a Zurigo solo molto raramente.<br />

Per me è un vantaggio poiché, abitando in<br />

campagna, mi risparmio tre ore di tragitto<br />

al giorno. Quando il telelavoro è stato<br />

parzialmente sospeso, ho chiesto di poter<br />

continuare a lavorare al 100% in home office<br />

per evitare le tre ore di strada ogni giorno.<br />

La mia postazione di lavoro presso la<br />

sede aziendale è però tuttora a mia disposizione.<br />

Ora ho ricevuto un nuovo contratto<br />

individuale di lavoro con la mia residenza<br />

come luogo di servizio e una notevole riduzione<br />

salariale. È giuridicamente lecito?<br />

Il mio profilo non ha subito cambiamenti.<br />

Continuo a svolgere lo stesso lavoro di<br />

prima. Il datore di lavoro motiva l’adeguamento<br />

salariale sostenendo che in telelavoro<br />

ho delle spese di sostentamento più<br />

basse, come ad esempio la possibilità di<br />

pranzare a casa e il fatto che non mi serve<br />

più l’abbonamento generale.<br />

Però, grazie al mio telelavoro, il datore di<br />

lavoro risparmia delle spese per la postazione<br />

di lavoro e presso la sede aziendale.<br />

Io invece ho delle uscite più elevate, come<br />

ad esempio il consumo di corrente e le<br />

spese telefoniche. E ciononostante ho<br />

subito una decurtazione salariale.<br />

Risponde il servizio giuridico di <strong>syndicom</strong><br />

Sì. Il datore di lavoro può adeguare il contratto di lavoro<br />

in caso di mutata situazione aziendale o economica nel<br />

rispetto del termine di preavviso previsto dal contratto.<br />

Questo cosiddetto termine di preavviso dovuto a modifica<br />

del contratto deve essere rispettato per legge. Di comune<br />

accordo, le parti contrattuali possono però attuare gli adeguamenti<br />

del contratto di lavoro anche immediatamente.<br />

Questo ha senso nel caso di miglioramenti del contratto<br />

di lavoro. In caso di peggioramenti, invece, il lavoratore<br />

può insistere sul rispetto del termine di preavviso. In che<br />

misura possa essere ridotto il salario dipende dal regolamento<br />

interno del personale oppure da un contratto collettivo<br />

di lavoro eventualmente in vigore. In presenza di<br />

un regolamento in tal senso, il datore di lavoro potrà effettuare<br />

l’adeguamento contrattuale solo entro questi limiti.<br />

In assenza di un regolamento salariale, l’ammontare del<br />

salario è una pura questione di negoziazione. Il datore<br />

di lavoro deve però vigilare in azienda affinché al suo<br />

interno non vi siano disparità di trattamento tra i collaboratori<br />

e che venga rispettata la parità salariale tra uomini<br />

e donne. Nel tuo caso, il datore di lavoro fa valere il fatto<br />

che in telelavoro hai delle spese di sostentamento più<br />

basse rispetto al lavoro a Zurigo. Può avvalersi del salario<br />

vigente in loco che, purché motivato a livello oggettivo e<br />

obiettivo, è ammissibile giuridicamente.<br />

Tu continui a lavorare volontariamente al 100% in home<br />

office. Il datore di lavoro ti continua a mettere a disposizione<br />

una postazione di lavoro presso la sede aziendale.<br />

Per questo motivo, non è tenuto a pagarti le spese extra.<br />

Sono escluse però le spese e le uscite che devi sostenere<br />

per svolgere il tuo lavoro. Il datore di lavoro ti deve ad<br />

esempio mettere a disposizione l’infrastruttura tecnica e<br />

ti deve pagare, ad esempio, le spese per le cartucce della<br />

stampante.<br />

Le precedenti rubriche su internet<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/it/diritto/dirittoediritti


26 Rubriche<br />

Idee<br />

© Casagrande Edizioni<br />

Regole per parlare in pubblico<br />

Molti oratori hanno già sperimentato<br />

la «paura da palcoscenico». Quando<br />

si parla in pubblico, anche solo a<br />

un piccolo uditorio di colleghi o durante<br />

una presentazione ai clienti,<br />

talvolta la voce si rompe, le parole<br />

sembrano non uscire. Sudori freddi,<br />

rossore sul volto. Non tutti nascono<br />

attori, ma alcune semplici tecniche<br />

si possono imparare per migliorare<br />

la comunicazione in pubblico (e magari<br />

accrescere anche la propria autostima).<br />

Queste tecniche, assieme a<br />

qualche segreto, sono alla base del<br />

corso Public Speaking, riproposto<br />

sabato 23 ottobre dopo il successo<br />

di qualche anno fa. Gli animatori<br />

sono sempre Pasquale Diaferia (creative<br />

chairman, autore di famose<br />

pubblicità televisive italiane e pioniere<br />

del digitale) e Patrizia Pfenninger,<br />

artista concettuale che si occupa<br />

anche di design e marketing.<br />

Insieme, negli ultimi anni hanno<br />

ideato le campagne #leideesipagano<br />

e di guerrilla marketing contro la<br />

mafia, nonché l’applicazione<br />

«Hands UP» per <strong>syndicom</strong>. Il corso<br />

si serve di un sistema di regole e di<br />

autodiagnosi estremamente semplice<br />

ed efficace. Regole per chiunque<br />

(dipendenti, professionisti e dirigenti)<br />

voglia mettersi in gioco per<br />

migliorare le proprie qualità di presentazione<br />

in pubblico. Diaferia e<br />

Pfenninger sono anche i docenti del<br />

corso «Creative Collaboration: La<br />

tua identità. Il tuo valore. Il tuo mercato»,<br />

il 13 e 20 novembre a Bellinzona.<br />

Due giorni per migliorare le<br />

capacità di collaborazione all’interno<br />

dei team, per aumentare la performance<br />

professionale condividendo<br />

obiettivi, senza conflittualità. Per<br />

la loro struttura, questi due corsi si<br />

terranno soltanto in presenza. Altri<br />

corsi Helias sono disponibili su richiesta.<br />

Date un’occhiata al sito e<br />

trovate quello che fa per voi!<br />

Giovanni Valerio<br />

Informazioni aggiornate sui corsi Helias<br />

al sito www.helias.ch<br />

Donne e diritti umani in scena<br />

«Vogliamo che questa sia un’edizione<br />

normale, la più normale possibile<br />

in tempi poco normali. C’è il settecentesimo<br />

anniversario della<br />

morte di Dante, certo, ma c’è soprattutto<br />

l’urgenza di raccontare e interpretare<br />

il rivolgimento sociale che<br />

stiamo vivendo». A parlare così è il<br />

giornalista Paolo Di Stefano, direttore<br />

artistico degli Eventi letterari<br />

Monte Verità, che si terranno ad<br />

Ascona e Locarno dall’11 al 14 novembre.<br />

La voglia di normalità ma<br />

anche le inquietudini per il futuro<br />

non sono soltanto le sue. Per questo,<br />

la manifestazione letteraria<br />

(quest’anno intitolata «Un’altra<br />

vita») vuol guardare al futuro. E s’interroga<br />

sui modi in cui può essere<br />

immaginata una nuova vita e, in particolare,<br />

sul ruolo che gli scrittori,<br />

i poeti e i filosofi potranno svolgere<br />

nell’aiutarci a «riveder le stelle», per<br />

dirla con le parole di Dante. A tessere<br />

il discorso di un futuro possibile<br />

ci sarà anche la testimonianza di<br />

una delle più grandi rivelazioni nel<br />

panorama letterario internazionale<br />

degli ultimi vent’anni: la scrittrice<br />

inglese di origini canadesi Rachel<br />

Cusk (nella foto), autrice della «trilogia<br />

dell’ascolto», tradotta in italiano<br />

da Einaudi. Confrontata con i temi<br />

legati all’identità femminile, Rachel<br />

Cusk racconterà cosa succede a una<br />

donna (occidentale, emancipata, lavoratrice)<br />

quando diventa madre.<br />

Un altro appuntamento che torna<br />

alla «nuova normalità» è il Film Festival<br />

Diritti umani, che si terrà a Lugano<br />

dal 13 al 17 ottobre. In particolare,<br />

il premio Diritti Umani per<br />

l’Autore verrà assegnato al regista<br />

Alexander Nanau. Con il suo film<br />

«Collective», candidato all’Oscar, ha<br />

voluto sottolineare l’importanza di<br />

un giornalismo coraggioso e libero,<br />

svelando la corruzione politica, la<br />

malasanità e le menzogne del governo<br />

rumeno.<br />

Giovanni Valerio<br />

eventiletterari.swiss<br />

festivaldirittiumani.ch<br />

© Siemon Scamell-Katz<br />

Gli ideali e l’impegno<br />

Ho letto questo libro-intervista rivivendo<br />

parte della mia vita di ex militante<br />

di estrema sinistra. Ma soprattutto<br />

ammirando la sincerità e la<br />

correttezza con cui Pietro Martinelli<br />

si racconta, dalla sua infanzia fino ai<br />

giorni nostri. Grazie anche al giornalista<br />

Roberto Antonini, per la sua introduzione<br />

e per le domande poste,<br />

il libro scorre come un fiume. Ne risulta<br />

uno spaccato di storia ticinese,<br />

ma non solo, e una lucidità nel parlare<br />

di una storia personale strettamente<br />

intrecciata con gli ideali che<br />

hanno accompagnato, evolvendosi,<br />

la vita di un personaggio che a 82<br />

anni è sempre presente nella vita politica<br />

del Ticino. Il libro spazia dai<br />

racconti più personali della prima<br />

gioventù, dalle scuole medie a Milano<br />

fino al politecnico di Zurigo, periodo<br />

in cui la politica lo interessa<br />

poco, fino all’impegno serio e difficile<br />

quale consigliere di Stato dal<br />

1987 al 1999. Ma il racconto si fa politico<br />

a partire dall’ultimo semestre<br />

al Poli: è il 1959 e la rivoluzione cubana<br />

trionfa. Martinelli afferma che<br />

fu quel passaggio a farlo avvicinare<br />

alla sinistra. Da qui inizia un racconto<br />

interessantissimo per chi quegli<br />

anni non li ha vissuti in prima persona,<br />

nomi che per molti oggi sono<br />

sconosciuti che mi hanno risvegliato<br />

la memoria di quei tempi ricchi di<br />

dibattiti, spesso violenti ma anche<br />

arricchenti, tra le diverse anime della<br />

sinistra. Ci sono pure i colpi bassi<br />

che Martinelli ha ricevuto da una<br />

parte dei politici, colpi che ha saputo<br />

rintuzzare con la sua intelligenza.<br />

Insomma, un libro che vale la pena<br />

di leggere anche per chi non è d’accordo<br />

con lui.<br />

Enzo Ritter<br />

Pietro Martinelli, Le battaglie di una vita,<br />

Casagrande, edizionicasagrande.com


1000 parole<br />

La matita di Ruedi Widmer<br />

27


28 Eventi In 15mila a Berna contro l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne e<br />

l’abbassamento delle rendite / I corrieri in bici in assemblea a Berna /<br />

Al telefono per la campagna per l’elezione della Cassa pensioni della Posta /<br />

Gli indipendenti del settore Media a Zurigo<br />

1<br />

2<br />

3<br />

4


1-4. Il 18 settembre, circa 15mila persone si sono riunite sulla Piazza federale per denunciare la revisione dell’AVS. (© Yoshiko Kusano)<br />

5. Organizzata dal comitato di settore, la terza assemblea sovraregionale dei corrieri in bici si è tenuta il 25 settembre a Berna:<br />

l’occasione per discutere delle condizioni di lavoro nel settore, attraverso workshop tematici. (© <strong>syndicom</strong>)<br />

6. È partita la campagna telefonica per sostenere la lista <strong>syndicom</strong> alle prossime elezioni del consiglio di fondazione della Cassa pensioni della Posta.<br />

A Berna, un partecipante contatta i soci per presentare i candidati e il programma di <strong>syndicom</strong>. (© <strong>syndicom</strong>)<br />

7. Dopo il rinvio di due edizioni a causa della pandemia, la giornata degli indipendenti ha potuto aver luogo a Zurigo a fine settembre.<br />

Si è discusso del rapporto tra giornalismo e relazioni pubbliche. (© Markus Forte)<br />

8. I soci del «club de pétanque» di Ginevra potranno giocare al riparo dalla pioggia grazie agli ombrelli di <strong>syndicom</strong>. (© Yannick Cornu)<br />

29<br />

5<br />

6<br />

7<br />

8


30<br />

Un lavoro,<br />

una vita<br />

Pur qualificati, i rifugiati hanno poche<br />

prospettive sul mercato del lavoro»<br />

Niştiman Erdede è nato nel 1979 in Turchia,<br />

nella parte settentrionale della<br />

regione curda. Prima di fuggire in Svizzera<br />

nel 2008, ha lavorato come analista<br />

di laboratorio medico all’ospedale<br />

di Diyarbakir. Inoltre, era attivo come<br />

«fixer» (ovvero traduttore, guida e aiutante)<br />

per vari media stranieri e ONG.<br />

A causa di questa attività, è stato arrestato<br />

diverse volte. Questo è stato<br />

anche il motivo della sua fuga in Svizzera.<br />

Dal suo arrivo, ci sono voluti sei<br />

anni prima di ottenere l’asilo. Durante<br />

questo periodo, grazie al sostegno di<br />

fondazioni private, ha potuto frequentare<br />

l’Università delle Arti di Zurigo,<br />

ottenendo il bachelor nel 2016. Niştiman<br />

vive e lavora a Zurigo come artista,<br />

giornalista radiofonico e autore di<br />

testi. Dal 2016 è membro di <strong>syndicom</strong>.<br />

Testo: Idris Djelid<br />

Foto: Patrick Gutenberg<br />

La quotidianità è<br />

il punto di partenza<br />

del mio impegno<br />

Ho una formazione come tecnico<br />

chimico, un’esperienza come laboratorista<br />

medico, un diploma e uno stage<br />

in mediazione culturale, eppure<br />

non riesco a trovare un lavoro. Penso<br />

che molti datori di lavoro siano restii<br />

ad assumere rifugiati. Anche se altamente<br />

qualificati, hanno scarse prospettive<br />

sul mercato del lavoro elvetico.<br />

Il primo ostacolo è spesso dovuto<br />

al fatto che un diploma straniero non<br />

è riconosciuto. Purtroppo, questo significa<br />

che la Svizzera rinuncia a un<br />

notevole potenziale. Anche la nuova<br />

lingua è spesso un grande ostacolo.<br />

Ho avuto la fortuna di frequentare<br />

diversi corsi di tedesco grazie alla<br />

Croce Rossa e a diverse fondazioni e<br />

quindi ho imparato rapidamente la<br />

nuova lingua.<br />

All’arrivo in Svizzera, mi sono subito<br />

reso conto che difficilmente<br />

avrei potuto lavorare di nuovo come<br />

laboratorista medico. A causa delle<br />

mie vicissitudini nel mio paese d’origine<br />

e delle mie esperienze durante<br />

la fuga, ho deciso di elaborare ciò<br />

che avevo vissuto attraverso l’arte.<br />

È così che ho deciso di studiare arte.<br />

I temi della migrazione, dell’integrazione,<br />

del razzismo e della decolonizzazione<br />

sono centrali nelle mie attività/creazioni<br />

artistiche.<br />

Ora sto lavorando al progetto<br />

espositivo dell’associazione Migrart<br />

«Fractured Spine – Widerstand durch<br />

Sichtbarkeit von Zensur in Journalismus<br />

& Kunst» (resistenza tramite la<br />

visibilità della censura nel giornalismo<br />

e nell’arte). L’obiettivo è quello<br />

di mostrare come gli artisti esprimono<br />

forme specifiche di resistenza nel<br />

campo dell’arte. Con le opere che desidero<br />

presentare vorrei illustrare in<br />

maniera esemplare il tema dei diritti<br />

umani, il diritto alla libertà di espressione<br />

e la loro violazione attraverso<br />

la repressione. A questo scopo, attingerò<br />

a varie opere di diversi artisti di<br />

vari paesi. Considero l’esposizione di<br />

opere che affrontano le violazioni dei<br />

diritti umani con mezzi e strategie<br />

artistiche un importante contributo<br />

al dibattito. Soprattutto in tempi di<br />

crisi, aumentano i conflitti sui diritti<br />

umani. Per esempio, il sostegno finanziario<br />

della Svizzera alla guardia<br />

di frontiera e costiera europea Frontex,<br />

che effettua respingimenti illegali<br />

nell’Egeo. O il mancato rispetto<br />

delle misure Covid all’interno dei<br />

centri d’accoglienza per richiedenti<br />

l’asilo. Questi conflitti sono in contrasto<br />

con l’immagine della Svizzera<br />

come paese garante dei diritti umani.<br />

Dalle varie crisi e dalle mie esperienze,<br />

non solo ho imparato molto,<br />

ma ho anche sviluppato un atteggiamento<br />

nuovo. La quotidianità è il<br />

punto di partenza del mio impegno e<br />

il nucleo della mia filosofia artistica<br />

come attivista. Si tratta di un atteggiamento<br />

che vorrei far confluire in<br />

questo progetto. Se non sarà di nuovo<br />

rimandata a causa del coronavirus,<br />

la mostra dovrebbe essere esposta<br />

al Photobastei di Zurigo dal<br />

28 ottobre al 17 novembre 2021.<br />

migrart.ch<br />

nistiman.ch


Impressum<br />

Redazione: Robin Moret, Giovanni Valerio<br />

Tel. 058 817 18 18, redazione@<strong>syndicom</strong>.ch<br />

Traduzioni: Alleva Translations, Alexandrine Bieri<br />

Correzione bozze: Petra Demarchi<br />

Illustrazioni: Katja Leudolph<br />

Foto senza copyright: © zVg<br />

Layout e stampa: Stämpfli SA, Wölflistrasse 1, Berna<br />

Stampato in Svizzera con contratto collettivo (CCL)<br />

Notifica cambi di indirizzo: <strong>syndicom</strong>, Adressverwaltung,<br />

Monbijoustrasse 33, CP, 3001 Berna<br />

Tel. 058 817 18 18, Fax 058 817 18 17<br />

Inserzioni: priska.zuercher@<strong>syndicom</strong>.ch<br />

Abbonamenti: info@<strong>syndicom</strong>.com<br />

Gratis per i soci. Per gli altri: Fr. 50.– (estero: 70.–)<br />

Editore: <strong>syndicom</strong> – sindacato dei media<br />

e della comunicazione, Monbijoustrasse 33,<br />

CP, 3001 Berna<br />

La <strong>rivista</strong> <strong>syndicom</strong> esce sei volte l’anno.<br />

Il prossimo numero uscirà il 26 novembre 2021.<br />

Chiusura redazionale: 18 ottobre 2021<br />

I termini riportati al mschile, laddove ambivalenti,<br />

sottintendono sempre il genere femminilie.<br />

31<br />

Il cruciverba di <strong>syndicom</strong><br />

In palio una tessera Hotelcard. La soluzione<br />

sarà pubblicata sul prossimo<br />

numero insieme al nome del vincitore.<br />

Non è previsto alcuno scambio di corrispondenza<br />

sul concorso. Sono escluse<br />

le vie legali. Inviare la soluzione entro il<br />

18 ottobre a <strong>syndicom</strong>, via Genzana 2,<br />

6900 Massagno oppure per mail a:<br />

info@<strong>syndicom</strong>.ch<br />

La soluzione del cruciverba dello scorso<br />

numero è TREDICESIMA AVS. La vincitrice<br />

è Francesca Morinini di Cugnasco, alla<br />

quale va il premio di un buono Coop del<br />

valore di 40 franchi. Congratulazioni!<br />

Pubblicità<br />

La KPT abbassa i premi e offre interessanti sconti<br />

Buone notizie: nel 2022 gli assicurati<br />

KPT pagheranno in media oltre il 3 %<br />

di premi in meno per l’assicurazione<br />

di base. Questo perché la nostra<br />

cassa malati, strutturata come una<br />

cooperativa, impiega le proprie riserve<br />

e incrementa gli sconti.<br />

Ma non è tutto: ai membri di <strong>syndicom</strong><br />

come lei e ai suoi famigliari spettano<br />

ulteriori vantaggi.<br />

Sconto collettivo: riceve il 10 % di<br />

sconto sulle polizze complementari<br />

delle cure medico-sanitarie e Natura,<br />

nonché il 5 % su quelle delle spese<br />

d’ospedalizzazione.<br />

Ancora più risparmi: utilizzando<br />

il portale clienti KPTnet beneficia<br />

del 5 % di sconto online sulle assicurazioni<br />

complementari. In aggiunta,<br />

stipulando una polizza delle cure<br />

medico-sanitarie o delle spese<br />

d’ospedalizzazione di durata trien-<br />

nale, la KPT le accorda uno sconto<br />

fedeltà del 6,7 %.<br />

Fino a 600 franchi con ActivePlus:<br />

con le polizze complementari delle<br />

spese d’ospedalizzazione e delle<br />

cure medico-sanitarie Comfort, ogni<br />

anno le spettano fino a 600 franchi<br />

a sostegno delle sue attività per la<br />

salute e la prevenzione. La KPT le<br />

versa infatti un contributo alle spese<br />

per abbonamenti fitness, consulenza<br />

nutrizionale e molto altro ancora.<br />

Interessante? Ci contatti per<br />

una consulenza personale<br />

(kollektiv@kpt.ch / 058 310 91 11)<br />

oppure crei in proprio la sua offerta<br />

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rz_pr_<strong>syndicom</strong>_176x127_dfi_210923.indd 1 23.09.2021 14:04:54


32 Inter-attivi<br />

<strong>syndicom</strong> social<br />

Que dit Virginie»<br />

humanrights.ch<br />

@humanrightsCH15.09.2021<br />

Grande giorno per una politica della<br />

#pace credibile: il Nazionale non vuole<br />

eccezioni per le esportazioni di<br />

#armi dalla Svizzera verso paesi in guerra<br />

civile! L’ #IniziativaCorrettiva è stata<br />

ritirata. humanrights.ch/fr/pfi/<br />

initiatives-parlement/initiativecorrectrice/<br />

solidaritéS Genève – @solidarites.ge18.09.2021<br />

Roger Federer, campione nella logica capitalista.<br />

L’eroe nazionale modello per la borghesia,<br />

tra ecocidio ed evasione fiscale. solidarites.ch<br />

Les métiers du futur», di Isabelle Rouhan <br />

Un podcast per incontrare dirigenti, imprenditori e ricercatori<br />

che creano posti di lavoro. Condivideranno con voi<br />

le esperienze e la loro visione del futuro, e ti aiuteranno<br />

a scoprire settori innovativi e in crescita. (Su spotify)<br />

Prenditi una pausa, respira per un<br />

po’, recupera: una pausa è essenziale<br />

quando si è in giro tutto il giorno, si<br />

trasportano carichi pesanti e bisogna<br />

restare lucidi. Ma è obbligatorio fare<br />

una pausa? E garantito?<br />

Virginie spiega... L’ultimo episodio di<br />

queditvirginie», il nostro #podcast<br />

per i fattorini, è disponibile ora su<br />

<strong>syndicom</strong>.ch<br />

75 anni di aiuto umanitario22.09.2021<br />

In tre quarti di secolo, la Catena della Solidarietà, il<br />

“braccio umanitario” della SSR, è diventata una delle<br />

principali fonti di finanziamento dell’aiuto umanitario.<br />

catena-della-solidarieta.ch<br />

Ticino, aggirato il salario minimo 8.9.2021<br />

CCL con salari inferiori siglati con sindacati<br />

compiacenti. Oggi la notizia, pubblicata da<br />

laRegione, dell’imposizione di un CCL ai dipendenti<br />

di tre aziende ticinesi finalizzata<br />

ad aggirare il salario minimo cantonale<br />

obbligatorio dal prossimo anno.<br />

facebook.com/areaonline<br />

Documentario sui 50 anni di Greenpeace<br />

In mezzo secolo, Greenpeace è diventato uno dei principali<br />

attori nella protezione dell’ambiente e della biodiversità.<br />

Ma la sua immagine è messa in discussione<br />

nell’era dei social network. Come deve reinventarsi<br />

Greenpeace? Quali sfide deve affrontare? Su arte.tv<br />

Web e terza età15.09.2021<br />

Swiss Development & Cooperation<br />

Accademie svizzere delle scienze: comunicare (meglio)<br />

I ricercatori devono essere formati alla comunicazione<br />

scientifica. E i giornalisti meglio pagati, soprattutto i freelance.<br />

go.academies-suisses.ch/sciencecommunication<br />

La crisi sanitaria ha mostrato come<br />

chi è stato in grado di utilizzare le<br />

tecnologie sia riuscito a mantenere<br />

meglio i contatti col mondo. L’ATTE<br />

(Associazione Ticinese Terza Età)<br />

offre gratuitamente una serie di videoconferenze<br />

per acquisire familiarità<br />

con la tecnologia, come aiuto<br />

nelle attività della vita quotidiana.<br />

www.atte.ch/videocast<br />

Più di 30 città del dipartimento di Santa Cruz in Bolivia<br />

si uniscono alla lotta contro la violenza sulle donne!<br />

Grazie a Swedish International Development Agency<br />

Sida (sida.se) e a Embajada de Suiza en Bolivia<br />

(@EmbajadaSuizaLaPaz) che hanno permesso a<br />

questa iniziativa di esistere. solidar.ch<br />

Il ruolo della formazione permanente<br />

Il ruolo delle #competenze e della<br />

#formazione permanente è fondamentale<br />

per uscire dalla crisi del COVID-19<br />

con un modello incentrato sull’uomo.<br />

@ILO_SKILLS promuove l’occupazione e<br />

l’accesso a impieghi dignitosi.

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