TuttoBallo20 Febbraio 2022.EnjoyArt
Carissimi Amici, eccoci giunti alla pubblicazione del numero di febbraio…il mese del Carnevale, delle frappe e castagnole, della buona cucina, ma ricco anche di tanti nuovi appuntamenti d’Arte, con molte novità ed interviste a nuovi personaggi, oramai nostri amici, che vogliamo presentarvi con i loro consigli e le loro idee, e ad amici “di vecchia data” per voi tutti, che già conoscete e che ci allieteranno con le loro riflessioni. Purtroppo il mese inizia con la scomparsa di una grandissima Artista del panorama cinematografico italiano, Monica Vitti, a cui dedichiamo questo numero, poiché ci ha lasciato, insieme a tanti altri Artisti scomparsi negli ultimi tempi, un grande patrimonio che, speriamo, noi amici dell’Arte, riusciremo a custodire come un grande tesoro! Allora, siete pronti con le sorprese di febbraio? E viaaa… scaricate gratuitamente il numero della Rivista Tuttoballo, ricordando sempre il nostro motto: Tuttoballo, la Rivista che ti informa e ti tiene in forma! Buona lettura a tutti!
Carissimi Amici, eccoci giunti alla pubblicazione del numero di febbraio…il mese del Carnevale, delle frappe e castagnole, della buona cucina, ma ricco anche di tanti nuovi appuntamenti d’Arte, con molte novità ed interviste a nuovi personaggi, oramai nostri amici, che vogliamo presentarvi con i loro consigli e le loro idee, e ad amici “di vecchia data” per voi tutti, che già conoscete e che ci allieteranno con le loro riflessioni.
Purtroppo il mese inizia con la scomparsa di una grandissima Artista del panorama cinematografico italiano, Monica Vitti, a cui dedichiamo questo numero, poiché ci ha lasciato, insieme a tanti altri Artisti scomparsi negli ultimi tempi, un grande patrimonio che, speriamo, noi amici dell’Arte, riusciremo a custodire come un grande tesoro!
Allora, siete pronti con le sorprese di febbraio?
E viaaa… scaricate gratuitamente il numero della Rivista Tuttoballo, ricordando sempre il nostro motto: Tuttoballo, la Rivista che ti informa e ti tiene in forma!
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<strong>TuttoBallo20</strong> - <strong>Febbraio</strong> 2022 - n. 25<br />
Copertina: Casanova Opera Pop - foto di Jarno - Gian Marco Schiaretti<br />
e Angelica Cinquantini.<br />
<strong>TuttoBallo20</strong> - <strong>Febbraio</strong> 2022 - n. 25<br />
Editore "Stefano Francia" EnjoyArt<br />
Direttore - Fabrizio Silvestri<br />
Vice direttore - Eugenia Galimi<br />
Segretaria di redazione - Pina delle Site<br />
Redazione - Marina Fabriani Querzè<br />
COLLABORATORI: Maria Luisa Bossone, Antonio Desiderio, Francesco<br />
Fileccia, David Bilancia, Giovanni Fenu, Mauri Menga, Sandro Mallamaci,<br />
Walter Garibaldi, David Iori, Giovanni Battista Gangemi Guerrera, Lara<br />
Gatto, Lucia Martinelli, Patrizia Mior, Ivan Cribiú, Danilo Pentivolpe,<br />
Alessia Pentivolpe, Carlo De Palma, Rita Martinelli, Assia Karaguiozova,<br />
Federico Vassile, Elza De Paola, Giovanna Delle Site, Jupiter, Francesca<br />
Meucci, Alberto Ventimiglia.<br />
Fotografi: Luca Bartolo, Elena Ghini, Cosimo Mirco Magliocca<br />
Photographe Paris, Monica Irma Ricci, Luca Valletta, Raul Duran,<br />
DsPhopto, Raul, Alessio Buccafusca, Alessandro Canestrelli, Alessandro<br />
Risuleo.<br />
Le foto concesse da uffici stampa e/o scaricate dalle pagine social dei<br />
protagonisti.<br />
Le immagini e le fotografie qui presentate, nel rispetto del diritto d’autore,<br />
vengono riprodotte per finalità di critica e discussione ai sensi degli artt. 65<br />
comma 2 e 70 comma 1bis della Lg. 633/1941.<br />
É vietata la copia e la riproduzione dei contenuti e immagini in qualsiasi forma.<br />
É vietata la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti e immagini non autorizzata espressamente dal<br />
direttore. I collaboratori cedono all'editore i loro elaborati a titolo gratuito.<br />
Testata giornalistica non registrata di proprietà: ©ASS: Stefano Francia EnjoyArt<br />
per contattare la redazione Tuttoballo20@gmail.com<br />
Contro Copertina<br />
Carissimi lettori, febbraio… il mese del carnevale,<br />
il mese di manifestazioni artistiche e sportive di<br />
una certa rilevanza: Il Festival di Sanremo ha<br />
decretato vincitori Mahmood e Blanco davanti a<br />
Elisa e Gianni Morandi; a Pechino 2022,<br />
Francesca Lollobrigida e la staffetta mista dello<br />
short track aprono il medagliere italiano, il 14<br />
febbraio San Valentino e... molte le iniziative e<br />
attività artistiche in programma (teatro, danza,<br />
mostre)…<br />
La copertina è dedicata proprio ad uno di questi<br />
eventi: CASANOVA OPERA POP scritta dal grande<br />
Red Canzian. Abbiamo scelto quest'opera perché<br />
nasce dalla creatività di tanti artigiani dell'arte a<br />
partire dai figli e moglie di Red. Comunione di<br />
intenti, obiettivi comuni, nascono sempre dall'idea<br />
maturata all'interno di un singolo e poi condivisa<br />
con gli altri artigiani.<br />
La contro copertina invece, d'obbligo è per i<br />
vincitori della 72 edizione del Festival di Sanremo<br />
Mahmood e Blanco.<br />
Un festival di trionfi, di inclusioni, di brani originale<br />
pronti a formare playlist adatte a tutta la famiglia.<br />
Questa è l'edizione più seguita del festival dal<br />
1997 quando vinsero a sorpresa i Jalisse... Infine,<br />
il ricordo della grande attrice Monica Vitti...<br />
© F R E E P R E S S O N L I N E r i p r o d u z i o n e r i s e r v a t a - D I R E T T A D A F A B R I Z I O S I L V E S T R I - S E G R E T E R I A D I R E D A Z I O N E P I N A D E L L E S I T E - T U T T O B A L L O 2 0 @ G M A I L . C O M - e d i z i o n e " S t e f a n o F r a n c i a E n j o y A r t "
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Massimo Polo<br />
Direzione Artistica
TuttoBallo
TuttoBallo<br />
GALA<br />
CARLA FRACCI<br />
Adieu… Au revoir<br />
A un anno dalla scomparsa, il Teatro Carcano ospita una serata commemorativa per ricordare Carla Fracci, una delle più<br />
celebrate ballerine del ventesimo secolo, artista di immenso talento, nonché donna piena di grazia e concretezza.<br />
L’entourage e il marito Beppe Menegatti, che ha condiviso con lei più di cinquant’anni di vita artistica e privata, saranno<br />
supporto e fonte di ispirazione per lo spettacolo.<br />
Il Gala ripercorrerà la carriera di Carla Fracci, un percorso di tenacia, duro lavoro e inestinguibile passione che porterà<br />
l’esile figlia di un tranviere milanese a calcare i palcoscenici più prestigiosi del mondo e ad essere celebrata come stella di<br />
prima grandezza.<br />
La serata offrirà brani scelti dai balletti di repertorio di cui Carla Fracci è stata immortale protagonista e sarà illuminata dalla<br />
presenza di étoiles di prim’ordine, provenienti dai più blasonati teatri internazionali quali il Teatro dell’Opera di Budapest, il<br />
Teatro alla Scala di Milano, l’American Ballet Theatre di New York, il Teatro dell’Opera di Vienna, il Teatro dell’Opera di<br />
Stara Zagora (Bulgaria), il Teatro dell’Opera di Brno.<br />
Sul palcoscenico anche gli allievi della Scuola Danza Accademia e del Centro Studi Corografici Teatro Carcano diretto dal<br />
maestro Aldo Masella.<br />
Prevista anche la presenza della Voce narrate dell'attore Walter Nudo.<br />
Management & Direzione artistica Antonio Desiderio<br />
Assistente Direzione artistica e MaÎtre de Ballet Sabrina Bosco. Regia e supervisione Beppe Menegatti<br />
Acquista il tuo biglietto per il<br />
GALA CARLA FRACCI<br />
al Teatro Carcano il 04 Marzo 2022<br />
Biglietti on line su:<br />
www.teatrocarcano.com<br />
www.happyticket.it<br />
www.vivaticket.it
E D I T O R I A L E<br />
Carissimi amici e lettori, eccoci arrivati a febbraio … il mese del carnevale, il mese di manifestazioni artistiche di una certa<br />
rilevanza: Sanremo ha decretato Mahmood e Blanco vincitori davanti a Elisa e Gianni Morandi; Pechino 2022, in onda su<br />
Rai2, Francesca Lollobrigida e la staffetta mista dello short track aprono il medagliere italiano, San Valentino e... molte le<br />
iniziative e attività artistiche in programma (teatro, danza, mostre) …<br />
Oltre a tutto ciò, confrontandoci, noi artigiani dell’arte abbiamo fatto una riflessione che, seppur scontata, non è poi così<br />
banale.<br />
É, infatti, questo, il tempo dei cambiamenti, il tempo della conclusione di un momento storico importante, che sta<br />
destabilizzando, per alcuni versi, ma ristabilizzando per altri ancora, la vita di una generazione, della nostra società. Di<br />
un’epoca: la pandemia, con tutto ciò che ne consegue, i cambiamenti politici, l’elezione del Presidente della Repubblica che,<br />
seppur la stessa persona, inizierà un nuovo mandato, con nuove problematiche da affrontare ed una nuova parentesi storica<br />
da costruire…tutto ciò che sta cambiando oggi, sarà storia da studiare, giudicare, criticare, un domani. Solo una cosa, però,<br />
non cambia mai: la potenza dell’arte.<br />
Essa si adegua agli stati d’animo, alla storia, alla vita, alle esigenze correnti, ma la sua essenza è sempre uguale a sé<br />
stessa, perché non cambia, come non cambia il suo valore, la sua forza ed il suo sostegno per ciascuno di noi.<br />
Si legge un po' ovunque che un adolescente su 4 soffre di depressione per via degli effetti sociali, oltre che sanitari,<br />
economici etc., causati dalla pandemia; e chi o cosa può aiutarli ad uscire da questo stato di non-vita? Certamente l’arte. Sia<br />
essa la danza, la musica, la fotografia, la scrittura… Ecco quindi anche il senso della nostra rivista: oltre ad essere<br />
informazione, curiosità, conoscenza, vogliamo che essa diventi per noi tutti anche un momento di condivisione! E allora<br />
rinnoviamo sempre più forte l’invito a voi tutti di interagire con noi, contattandoci e scrivendoci per darci idee, per consigliarci<br />
miglioramenti, per esprimere anche perplessità su ciò che vi proponiamo, perché anche voi, insomma, diveniate amici della<br />
grande famiglia degli artigiani dell’arte.<br />
Il nostro regalo, dunque è quello di comunicarvi il nostro indirizzo e-mail tuttoballo20@gmail.com, che diventerà anche il<br />
regalo che voi farete a noi creando un forum, uno spazio di scambio di idee, di emozioni, di gioie e di dolori inespressi.<br />
Augurandovi una buona lettura di articoli bellissimi che la rivista vi propone anche questo mese, vi aspettiamo numerosi con<br />
le vostre e-mail.
MONICA VITTI<br />
IL CINEMA ITALIANO PERDE UN’ALTRA GRANDE ATTRICE<br />
<br />
di Walter Garibaldi<br />
Monica Vitti è “per sempre” andata via.<br />
In realtà, il suo definitivo abbandono dalle scene pubbliche fu nel 2002 in<br />
seguito al progredire di una lenta ma, inesorabile, malattia.<br />
È stato confortante saperla ancora tra di noi e quando si parla di<br />
immensi professionisti dello spettacolo è certo che continuino a rimanere<br />
attraverso il loro operato.<br />
Così, la “prima attrice italiana dalla divertente verve comica” come viene<br />
erroneamente definita (il mito Anna Magnani, ad esempio, dimostrò la<br />
sua innegabile versatilità in molteplici commedie) lascia una traccia<br />
indelebile che, attraverso molti lavori, possiamo ancora visionare,<br />
valutare, ed ammirare con immutato piacere.<br />
Purtroppo, si parla troppo attraverso slogan, senza andare dritti alla<br />
sostanza ed ecco che bisogna obbligatoriamente trovare termini di<br />
paragone scomodi.<br />
Non c’è alcuna classifica da fare, si nasce, chi prima e chi dopo e si<br />
dimostra la propria arte ed il proprio essere artisti.<br />
Monica Vitti l’ha ampiamente attestato; tra i film meno ricordati<br />
dell’attrice, “Teresa la ladra” regia di Carlo Di Palma e “La Tosca”<br />
per la regia di Luigi Magni, entrambi del 1973.<br />
Nel primo la Vitti, versione mora, interpreta Teresa Numa, donna del<br />
basso popolo, nata ad Anzio nella povertà più atroce. La storia si delinea<br />
impiegando uno sfondo storico devastante. Senza fronzoli, si addentra<br />
dentro molteplici tematiche sociali, presentando con grande coraggio e<br />
verità, uno spaccato quasi orrorifico dei tempi. Su questo tessuto, Monica<br />
Vitti alterna profonda drammaticità ad una magistrale dolcezza,<br />
compiendo un perfetto percorso evolutivo del personaggio assegnatole.<br />
Bistrattato ingiustamente dai critici quando uscì, è da recuperare<br />
assolutamente.<br />
“La Tosca” per quanto vide il Maestro Luigi Magni uscirne spazientito, in<br />
seguito ai numerosi scontri con la prima attrice, è adorabile commedia<br />
musicale su composizioni di Armando Trovajoli. Il brano “Mi madre è<br />
morta tisica” eseguito dalla Vitti in coppia con Gigi Proietti è quanto di<br />
meglio la tecnica possa raggiungere, tra virtuosismi e sottointesi, legati<br />
ad una espressività e padronanza dei gesti superlativa.<br />
Contemporaneamente al percorso cinematografico, la musa di Antonioni<br />
ha continuato a calcare instancabilmente i palcoscenici, esibendosi nelle<br />
grandi città, così come in misconosciuti comuni. Sul mestiere dell’attore<br />
affermava: “Non ho fatto le cose per il successo. Questo bisogno che ho<br />
di esprimermi, di rappresentare vite che non sono la mia mi fa andare<br />
avanti. Credo che se uno ce la mette tutta, in qualunque campo, ce la fa”.<br />
Il rispetto che le si deve è eterno.
di Giovanni Fenu<br />
Sanremo, il Festival dei fiori, delle canzoni... e degli scandali: eh sì, perché la lunga storia della kermesse<br />
sanremese non è condita soltanto di apprezzate o meno interpretazioni canore ma anche, e forse soprattutto, di<br />
scandali, polemiche e, alcune volte, persino tragedie sfiorate o, come nel caso di Tenco, purtroppo concretizzatesi.<br />
Anche perché diciamocelo, chi di noi guarderebbe il Festival se tutto andasse liscio, se tutto fosse, come si suol dire,<br />
“rose e fiori”? Quindi confessiamolo: in fin dei conti ogni anno ci posizioniamo lì davanti allo schermo anche per poter<br />
assistere, magari, a qualche fuori programma, ci sintonizziamo su “mamma Rai” in qualsiasi orario diurno, non<br />
perdiamo nemmeno un programma che parli del Festival, per tenere le orecchie ben protese, pronti a captare il gossip<br />
circolante intorno alla gara canora. Una “perversa” voglia di scandalo e quant’altro “figlia” di... Sanremo; sin dai suoi<br />
albori, infatti, è stata proprio la competizione canora a “regalarci” avvenimenti più o meno scandalosi, rivalità e gelosie<br />
tra gli artisti in gara e tutto ciò che fa del Festival un avvenimento che travalica il semplice ambito musicale,<br />
coinvolgendo anche la sfera più “gossippara”. Ma procediamo con ordine e vediamo alcuni degli avvenimenti clou che<br />
hanno interessato il Festival sin dai suoi albori.<br />
Il primo scandalo sanremese ci viene offerto già dalla seconda edizione quando il Salone delle feste del<br />
Casinò è, suo malgrado, teatro di un’accesa zuffa tra Gino Latilla e il maestro Cinico Angelini, frutto della<br />
rivalità dei due, entrambi innamorati di Nilla Pizzi. Trascorrono sette anni e nel 1959 è invece Jula De Palma a<br />
suscitare scandalo, nell’Italia moralista e bacchettona del tempo, a causa di un look e un’esibizione ritenuti troppo<br />
“sensuali” dai dirigenti Rai e da diversi giornali; la sua Tua ottiene un ottimo quarto posto finale, ma viene ben presto<br />
censurata per via di quel rapporto fisico tra un uomo e una donna di cui parla, non troppo velatamente, il testo. Per la<br />
De Palma, invece, quell’esibizione è un macigno sulla propria carriera e sulla sua vita privata: l’artista, infatti, nei giorni<br />
successivi riceve migliaia di lettere di protesta cariche di offese, subendo persino un’ aggressione per strada. Gli anni<br />
Sessanta si aprono confermando la vena “polemica” del Festival: nel 1961 un giovanissimo Adriano Celentano, già il<br />
“molleggiato”, si presenta in gara con 24mila baci – che giungerà seconda – lo scandalo è presto servito: l’artista<br />
milanese, infatti, pensa bene di esibirsi dando le spalle al pubblico che ovviamente non apprezza. Sempre in<br />
quell’edizione, una giovanissima Mina è in gara con Io amo tu ami quando, siamo nella seconda serata di gara,<br />
prende una “stecca” clamorosa che la induce ad abbandonare il palco prima di terminare l’esibizione; per la giovane<br />
cantante è un dramma: scossa dal fatto e dalle polemiche che la travolgono, si ripromette di non prendere più parte al<br />
Festival... parola mantenuta.
Nel 1964 Bobby Solo si esibisce con la<br />
sua Una lacrima sul viso con gli occhi<br />
truccati, il gossip non si è ancora<br />
scatenato che subito un altro scandalo lo<br />
travolge: l’artista, infatti, pare si sia esibito<br />
in playback per una, si dice, falsa laringite;<br />
lo stesso Solo ha di recente confessato<br />
che non era malato, ma che già dalla<br />
prima serata aveva – su idea di Vincenzo<br />
Micocci, direttore artistico della Ricordi –<br />
cantato in playback. Lo stratagemma non<br />
evita al cantante la squalifica che, tuttavia,<br />
“promuove” ancor di più il brano che nelle<br />
settimane successive vende ben 1 milione e<br />
800mila copie. Protagonista dell’edizione del<br />
1966, condotta da Mike Bongiorno, è Carla<br />
Maria Puccini, che insieme a Paola Penni<br />
affianca nella conduzione il presentatore,<br />
la quale pensa bene di fingere uno<br />
svenimento sul palco che tuttavia non<br />
perturba assolutamente il “buon” Mike<br />
che imperterrito prosegue come se nulla<br />
fosse. Tempo dopo si verrà a sapere che a<br />
organizzare la “gag” del finto svenimento è<br />
stato Renzo Arbore, uno degli autori di<br />
quell’edizione. L’anno successivo, con alla<br />
guida ancora Bongiorno, Sanremo vive la sua<br />
pagina più triste e fosca: la morte irrompe al<br />
Festival; Luigi Tenco, giovane cantautore<br />
ligure, viene infatti ritrovato morto nella sua<br />
stanza d’albergo; una tragica fine sulla quale<br />
si dibatte ancora oggi con molti interrogativi<br />
circa le vere motivazioni che si celano dietro<br />
a quel gesto estremo ed alcuni pronti a<br />
sostenere la tesi dell’omicidio. Fatto sta che<br />
una cappa oscura avvolge la kermesse; alla<br />
base del gesto del cantante – si afferma in<br />
quei giorni – pare vi sia l’eliminazione della<br />
sua – presentata in coppia con Dalidà – Ciao amore, ciao; è la prima serata e per l’artista il colpo è troppo duro: in un bigliettino ritrovato<br />
nella stanza, accanto al corpo, ha lasciato scritto: «Faccio questo come atto di protesta contro un pubblico che manda Io, tu e le<br />
rose – cantata da Orietta Berti, nda – in finale e una commissione che seleziona La rivoluzione». La gara è appena cominciata, lo<br />
scandalo ulteriore è che nessuno ritiene opportuno chiuderla lì: insomma, the show must go on, e così Mike Bongiorno, dopo aver dato<br />
sommariamente la notizia al pubblico, prosegue come se nulla fosse accaduto. Gli anni Settanta si distinguono soprattutto per il<br />
boicottaggio delle grandi case discografiche in occasione dell’edizione del 1975; gli Ottanta, invece, come vedremo, riservano nuova<br />
“linfa” vitale al gossip sanremese. È il 1980 quando un giovane, vulcanico Roberto Benigni affianca Claudio Cecchetto nella conduzione;<br />
con loro vi è anche l’attrice Olimpia Carlisi. L’istrionico Roberto non manca di esibirsi in una delle sue “toscanate” e così, dopo una lunga<br />
dichiarazione d’amore si fionda sul volto della Carlisi (all’epoca sua compagna, nda) e la bacia, in un tête-à-tête destinato a durare ben<br />
45 secondi. Nel 1982 altro violento scandalo: il “reuccio” Claudio Villa con la sua Facciamo la pace, viene eliminato alla prima<br />
serata; un verdetto che scatena le ire del grande cantante romano il quale chiede a Ravera, “patron” del Festival, in un acceso e<br />
“drammatico” confronto, di riammettere la sua canzone tra i “big” malgrado la rosa fosse già chiusa. Una richiesta non<br />
esaudita; tuttavia, su suggerimento di Claudio Cecchetto, Ravera decide di far partecipare Villa alla categoria “giovani”: la sua<br />
enorme popolarità, pensa, lo farà vincere: ma le cose non vanno come sperato, con il “reuccio” che viene eliminato e che,<br />
furioso, chiede di conoscere l’ubicazione e la composizione delle giurie che lo avevano escluso; la vicenda si allarga,<br />
coinvolgendo anche il comune di Sanremo – responsabile, secondo Ravera, della gestione delle giurie – alla fine Villa, che aveva<br />
richiesto la sospensione del Festival, accetta il verdetto: Sanremo può proseguire; Michele Zarrillo, sorteggiato tra gli esclusi della gara<br />
per potersi esibire – non competendo – durante la serata finale, come chiesto da Villa, non si presenta sul palco per volere delle case<br />
discografiche, non intenzionate a dare ulteriore visibilità all’accaduto. Nel 1983 Vasco Rossi, in gara con Vita spericolata, pensa bene di<br />
abbandonare il palco in anticipo svelando così al pubblico in sala e a casa la “sacrilega” verità: gli artisti in gara si esibiscono in playback.
Nel 1986 la grintosa Loredana Bertè fa scandalo cantando Re –<br />
scritta da Mango – indossando un finto pancione; è il 13 febbraio,<br />
serata inaugurale del Festival, e la cantante crea scandalo con quella<br />
sua trovata che spiazza tutti, giornalisti e organizzatori. Così<br />
successivamente avrebbe spiegato quel suo gesto: «Era<br />
un’ammissione di verità e personalità della donna nella sua dimensione<br />
più vera. Forse la gente crede che la donna incinta debba per forza<br />
soffrire in un letto e aspettare il lieto evento con un medico e una<br />
levatrice a fianco, invece che ballare, cantare, ed essere se stessa<br />
soprattutto in quei momenti così importanti per lei». Ma è, quella,<br />
un’Italia che seppur non più “bacchettona”, ancora non è pronta a un<br />
gesto simile e così la polemica è servita. Nel 1987 ancora note<br />
funeste: è la sera della finalissima, il 7 febbraio, quando un<br />
distrutto Pippo Baudo interrompe la gara per dare al pubblico in<br />
sala e a casa la notizia della morte di Claudio Villa; subito un lancio<br />
straripante di fiori verso il palco per ricordare il grande cantante<br />
romano, più volte protagonista a Sanremo e che, incredibilmente, si<br />
congeda dalla vita e dal suo pubblico proprio il giorno della finalissima.<br />
Arrivano gli anni Novanta e gli scandali non si placano; un sarcastico<br />
film di Pier Francesco Pingitore del 1992, Gole ruggenti, dà una sua<br />
personalissima interpretazione del Festival, tra raccomandazioni,<br />
pressioni dei discografici, finti allarmi bomba e chi più ne ha più ne<br />
metta, non andando, a pensarci bene, troppo lontano dalla realtà.<br />
Sempre in quel 1992, ci pensa Pupo a creare scandalo; dopo essersi<br />
visto eliminare con il suo brano La mia preghiera, l’artista fa una<br />
rivelazione scioccante, affermando di essersi comprato il quarto posto<br />
all’edizione del 1984 – con la sua Un amore grande – acquistando<br />
schedine del Totip per un totale di 75 milioni di Lire. È un Sanremo,<br />
quell’anno, che non smette di far parlare di sé: nella serata inaugurale,<br />
infatti, il palco dell’Ariston vede l’intrusione di “cavallo pazzo” – al<br />
secolo Mario Appignani – ultrà romanista, noto disturbatore “seriale” di<br />
molte trasmissioni e partite di calcio, il quale riuscendo a eludere la<br />
sorveglianza, si fionda da Pippo Baudo e grida: «Questo festival è<br />
truccato e lo vince Fausto Leali», prima di essere braccato dalla<br />
sicurezza. Un’azione che lo stesso Appignani avrebbe poi detto essere<br />
stata organizzata con lo stesso Baudo (la mattina “cavallo pazzo”<br />
aveva avvisato il conduttore che sarebbe salito sul palco, nda), ma la<br />
cosa viene smentita. Più probabile la non “genuinità” di quanto<br />
avvenuto nel 1995, in un Festival da record per ascolti, ancora a guida<br />
Baudo, un Baudo che diviene “SuperPippo” “salvando” un uomo – Pino<br />
Pagano – che, arrampicatosi oltre la balaustra della galleria, si siede<br />
penzoloni sul bordo minacciando di gettarsi di sotto. L’intervento del<br />
conduttore è celere: Pippo Baudo si fionda verso l’aspirante suicida,<br />
disperato per la mancanza di lavoro, e convince il poveretto a rientrare<br />
e desistere così dal proprio intento; tra gli applausi di un Ariston<br />
attonito, Baudo porta a termine con successo l’operazione. Un episodio<br />
destinato a entrare di diritto nella storia di Sanremo e che già<br />
all’indomani accende aspre critiche tra gli addetti ai lavori, molti dei<br />
quali non credono alla “genuinità” del tutto. E in effetti i sospetti che si<br />
trattasse di un qualcosa di organizzato sono molti; anni dopo il diretto<br />
interessato, Pino Pagano, svela l’arcano, affermando che si trattò<br />
di un gesto concordato e per il quale avrebbe ottenuto ben 20<br />
milioni di Lire e di essere riuscito a “tirare a campare” con<br />
qualche lavoretto proprio grazie alla notorietà rimediata dopo<br />
quell’incredibile Festival.
Negli anni Duemila a destare scalpore è, nell’edizione del<br />
2009, Giuseppe Povia che con la sua Luca era gay che<br />
parla di un giovane gay che diviene eterosessuale, si attira<br />
le aspre critiche del movimento LGBT. L’anno successivo<br />
la gara annovera tra i partecipanti persino un “reale”:<br />
Emanuele Filiberto di Savoia, che insieme a Pupo e Luca<br />
Canonici conquista un sorprendente secondo posto con<br />
Italia amore mio; un piazzamento d’onore che non va giù<br />
agli orchestrali i quali, per contestare l’esito del televoto,<br />
stracciano gli spartiti gettandoli in aria. Arriviamo infine<br />
all’incredibile edizione 2020 destinata a restare indelebile,<br />
come quella dell’abbandono di Bugo. È la quarta serata<br />
quando Bugo e Morgan si presentano sul palco per cantare<br />
Sincero; il giorno prima i due si sono esibiti nella serata<br />
riservata all’omaggio verso le canzoni che hanno fatto la<br />
storia del Festival, eseguendo il brano di Sergio Endrigo<br />
Canzone per te. Adesso ripropongono il loro pezzo ma pochi<br />
istanti dopo l’inizio dell’esibizione, ecco Bugo abbandonare –<br />
sotto gli occhi increduli di Amadeus – il palco; quello che<br />
segue è un quadretto perfino comico: Morgan continua a<br />
cantare per un po' e poi, accortosi del fatto, eccolo andare a<br />
cercare, insieme ad Amadeus e Fiorello, il proprio partner<br />
musicale. Bugo non torna sul palco, a questo punto<br />
l’organizzazione non può far altro che squalificare il brano e i<br />
due artisti; a provocare l’ira di Bugo le modifiche apportate<br />
alla versione cantata quella sera da Morgan: parole che lo<br />
umiliano, dandogli dell’approfittatore e del maleducato. È<br />
l’apice di un malcontento fra i due iniziato già prima dell’inizio<br />
del Festival e che tocca in quel 7 febbraio 2020 il punto più<br />
profondo. L’edizione 2021, causa Covid19 rischia di saltare:<br />
Dopo tante trattative Amadeus riesce a realizzare l’edizione<br />
numero 71. Per la prima volta niente pubblico all’Ariston, i<br />
posti in platea sono occupati da palloncini di varie forme, e<br />
scoppia lo scandalo del “Palloncino”. Non passa<br />
inosservato infatti il palloncino a forma fallica. La questione è<br />
subito affrontata in diretta da Fiorello nella seconda parte<br />
della serata: "Abbiamo fatto una ca***ta. Preferivo la<br />
platea vuota, era poeticamente spettacolare". Lo<br />
showman spiega la situazione ad Ama: "Pare che ci sia un<br />
palloncino a forma di... cosa fischia l'arbitro? Dai dillo...<br />
resta da capire perché sia lì in mezzo". Scherzando ha<br />
aggiunto: "Ringraziamo per la solidarietà anche il<br />
presidente della Regione Toti che li ha gonfiati uno a<br />
uno". E’ l’anno dei gruppi e l’attenzione cade sui vincitori<br />
Maleskin, un nome che Orietta Berti confonde con i<br />
Naziskin… Questi sono naturalmente soltanto alcuni degli<br />
scandali che hanno costellato la lunga vita del Festival di<br />
Sanremo; avvenimenti che a volte ci fanno sorridere, altri più<br />
drammatici, ma che, a ben vedere, costituiscono l’anima del<br />
Festival, rendendolo tanto caro a milioni di italiani pronti a<br />
seguire (e giudicare) gli artisti in gara ma anche, e forse<br />
soprattutto, pronti a spettegolare o gridare allo scandalo<br />
appena se ne presenti l’occasione. Edizione 2022 ricca di<br />
successi oltre quelli musicali anche quelli personali di Ama<br />
che dopo 27 anni riporta gli ascolti a livellis da record.<br />
Mahmood e Blanco vincono davanti ad Elisa e Gianni<br />
Morandi. Iva Zanicchi, Orietta Berti, Massimo Ranieri<br />
hanno dato lezione di stile e canto agli altri concorrenti, i<br />
quali si sono esibiti con outfit e canzoni originali.<br />
Comunque vada, diceva Chiambretti negli anni 90, sarà<br />
un successo. Nel Bene o nel male purché se ne parli<br />
Sanremo... è Sanremo.
A 10 anni esatti dalla vittoria con il brano “Non è l’Inferno”,<br />
EMMA, dopo aver co-condotto il Festival di Sanremo nel<br />
2015 con Carlo Conti ed aver calcato più volte il palco del<br />
Teatro Ariston come super ospite, è tornata in gara, al<br />
Festival di Sanremo, con una canzone dal titolo “OGNI<br />
VOLTA È COSÌ” (Polydor/Universal Music Italy), brano<br />
scritto dalla stessa Emma insieme a Davide Petrella,<br />
composto da Davide Petrella e Dario Faini e prodotto da<br />
Dorado Inc. Il singolo sarà contenuto in un imperdibile 45<br />
giri da collezione in uscita venerdì 18 febbraio<br />
Sul palco accanto a Emma c’era la collega Francesca<br />
Michielin, che oltre a dirigerla ha accompagnato Emma<br />
nella serata delle cover:«Quando Francesca mi ha detto<br />
che le sarebbe piaciuto dirigere l’orchestra per me a<br />
Sanremo non ho avuto nessuna esitazione, ho detto sì.<br />
Condividere quel palco con un’altra artista amica mi ha<br />
dato la giusta carica, in quelle serate ho vissuto<br />
perfettamente il mio modo di vivere l’arte a 360 gradi in<br />
tutte le sue forme. Sono felice e onorata che Francesca sia<br />
stata al mio fianco in questa avventura! Un modo per<br />
festeggiare anche i suoi 10 anni di carriera e per<br />
dimostrare ancora quanto siamo coraggiose e quanto<br />
amiamo la musica».<br />
Francesca Michielin sorridente ha sottolineato: «Per me<br />
è stata una nuova prima volta a Sanremo. Sono tornata in<br />
Riviera, ma in una veste inedita, quella di direttrice<br />
d’orchestra. Sono orgogliosa di aver condiviso questa<br />
esperienza con Emma, un’artista che stimo da sempre, di<br />
cui ho seguito la carriera fin da quel suo primo provino che<br />
vidi in tv solo pochi mesi prima di affrontare il mio, che mi<br />
ha cambiato la vita. Ho sempre considerato Emma una<br />
persona diretta, senza retropensieri. Adoro il suo modo di<br />
essere e di fare. Inoltre sono onorata di essermi<br />
confrontata con un’orchestra di grandi maestri e di aver<br />
vissuto il festival da un’altra prospettiva, orchestrando,<br />
imparando, vivendo con i musicisti la dinamica e<br />
l’interpretazione di un pezzo bellissimo».<br />
Selfie di Francesca Michielin e Emma a Sanremo 2022
GIUSY<br />
FERRERI<br />
"MIELE"<br />
SAPORI RETRÒ<br />
“MIELE”, il brano presentato alla 72 edizione del Festival di Sanremo sarà incluso nel nuovo album di inediti di<br />
prossima uscita di Giusy Ferreri, un album scritto da Takagi & Ketra, Federica Abbate e Davide Petrella.<br />
A proposito del brano Giusy ha commentato così «È una parentesi musicale romantica dal sapore retrò. Quando lo<br />
canto mi sembra di vivere uno spostamento spazio-temporale, come un magico e dolce viaggio nell’attesa del<br />
ritorno di un amore».<br />
“MIELE” e “GLI OASIS DI UNA VOLTA”, sono i primi assaggi del nuovo percorso artistico che la Ferreri ha<br />
intrapeso. “GLI OASIS DI UNA VOLTA”, è una ballad che evidenzia il lato più profondo e rockeggiante della voce<br />
dell’artista, con un testo malinconico e introspettivo che avvicina il brano alle origini della sua produzione.<br />
Dal suo clamoroso esordio del 2008 ad oggi, Giusy Ferreri ha collezionato risultati straordinari costruendo una<br />
carriera di traguardi e record, tra hit radiofoniche, 1 disco di diamante e 18 dischi di platino.<br />
Sono 5, ad ora, gli album in studio, e innumerevoli, invece, i brani che negli anni, hanno mostrato l’incredibile<br />
capacità della Ferreri di interpretare generi e stili più disparati, spaziando dal rock al pop, dal blues alla world<br />
music, tra cui, solo per citarne alcuni, “Non ti scordar mai di me”, “Novembre”, “Il Mare Immenso”, “Ti Porto A Cena<br />
Con Me”, “Partiti Adesso”, “Volevo Te”.<br />
Una vita segnata da grandi successi e importanti collaborazioni con alcuni dei nomi più rilevanti del panorama<br />
italiano quali Tiziano Ferro, Nicola Piovani, Marco Masini, Michele Canova, Sergio Cammariere, Takagi & Ketra,<br />
Corrado Rustici, Federico Zampaglione, Bungaro e molti altri, e con Linda Perry autrice internazionale.
ana<br />
<br />
mena<br />
la hermosa chica del pop urban<br />
Dopo essersi fatta conoscere e<br />
amare dal pubblico italiano<br />
collaborando con artisti come Rocco<br />
Hunt, Fred De Palma e Federico<br />
Rossi, ANA MENA convince meno il<br />
palco del FESTIVAL DI SANREMO<br />
con il brano “DUECENTOMILA<br />
ORE”, scritto a sei mani da Rocco<br />
Hunt, Zef e Federica Abbate e<br />
prodotto da Zef. Il ritmo rap<br />
neomelodico, poco calzante con la<br />
personalità della cantante spagnola<br />
che prima del festival ha inciso<br />
un’inedita versione in spagnolo del<br />
grande successo “Musica<br />
Leggerissima”, presentato proprio al<br />
Festival di Sanremo da Colapesce<br />
Dimartino e diventato uno dei brani<br />
più ascoltati del 2021.<br />
Nella serata dedicate alle cover,<br />
Ana Mena ha duettato con Rocco<br />
Hunt in un medley sulla grande<br />
musica italiana. Anche se è arrivata<br />
24esima siamo certi che sarà uno<br />
dei tormentoni primaverili.<br />
Ana Mena si sta affermando come<br />
una delle artiste più amate nella<br />
nuova scena pop e urban con<br />
un’importante allure internazionale<br />
grazie ai successi che sta ottenendo<br />
in America Latina, Francia e Italia,<br />
oltre che in Spagna. Ed è proprio nel<br />
suo paese d’origine che si è<br />
affermata come cantante attrice,<br />
prima recitando in programmi di<br />
successo sul piccolo schermo e poi<br />
conquistando anche il cinema dove<br />
ha debuttato con una parte nel film<br />
“La pelle che abito” di Pedro<br />
Almodóvar, insieme ad Antonio<br />
Banderas.<br />
A 24 anni, la popstar spagnola vanta<br />
numeri da record con 36 dischi di<br />
PLATINO, 2 dischi d’ORO, oltre 5<br />
milioni e mezzo di ascoltatori mensili<br />
su Spotify e oltre 1 miliardo e mezzo<br />
di views totali su YouTube.<br />
Considerazioni che il pubblico di<br />
Sanremo non ha preso in<br />
considerazioni posizionandola<br />
all'ultimo posto della classifica. Una<br />
posizione che con dati storici alla<br />
mano porterebbe molta fortuna.<br />
Chissà se la bionda spagnola avrà<br />
la stessa sorte di Zucchero e Vasco<br />
Rossi?
DITONELLAPIAGA<br />
RETTORE<br />
è questione di chimica!<br />
Chimica è il brano con cui Ditonellapiaga e<br />
Rettore hanno conquistato la 72 edizione<br />
del Festival di Sanremo.<br />
Il brano è stato scritto da Margherita<br />
Carducci, in arte Ditonellapiaga, e<br />
Donatella Rettore, le musiche sono state<br />
composte dalla stessa Ditonellapiaga,<br />
Benjamin Ventura, Alessandro Casagni,<br />
Valerio Smordoni e Edoardo Castroni.<br />
Una vera hit che richiama le atmosfere<br />
della Disco come appare chiaro dalla<br />
copertina ispirata a certe sonorità anni<br />
‘70/’80. Un pezzo scatenato e irriverente<br />
che ha rivelatola profonda sintonia nata<br />
fra due artiste di generazioni diverse e che<br />
hanno fatto ballare il pubblico della<br />
kermesse. Il ritorno a Sanremo della<br />
Rettore ha riportato molti di noi indietro<br />
nel tempo, facendoci fischiettare successi<br />
come "Splendido Splendente" , "Kobra"<br />
"Lamette", "Amore Stella".<br />
Questa è questione di Chimica...
SETTE SPOSE PER SETTE FRATELLI<br />
Diana Del Bufalo e Baz,<br />
nuovissima coppia del<br />
teatro musicale italiano
Sette Spose per sette Fratelli è uno dei<br />
titoli di musical più amati dal pubblico<br />
italiano, tratto dall’omonimo film prodotto da<br />
MGM e diretto da Stanley Donen, un cult<br />
riproposto da sempre in tv con grandi<br />
ascolti.<br />
FDF Entertainment con la compagnia Roma<br />
City Musical e la regia di Luciano Cannito<br />
portano in scena una nuova e<br />
divertentissima edizione di 7 Spose per 7<br />
Fratelli ispirata al celebre film di Hollywood,<br />
con uno sguardo ai personaggi ed alle<br />
ambientazioni del mondo ironico dei<br />
western di Quentin Tarantino. Il grande<br />
impianto scenografico firmato da Italo<br />
Grassi e i meravigliosi costumi di Silvia<br />
Aymonino sono stati progettati e creati<br />
secondo i canoni estetici e spettacolari<br />
di Broadway e di West End.<br />
Un cast di 22 interpreti, orchestra dal vivo<br />
con la direzione musicale di Peppe<br />
Vessicchio e con protagonisti Diana Del<br />
Bufalo e Baz, nuovissima coppia del teatro<br />
musicale italiano, esplosivi, divertenti,<br />
vulcanici, dal talento vocale dirompente.<br />
Siamo nell’Oregon del 1850; in una<br />
fattoria tra le montagne vivono i sette fratelli<br />
Pontipee: Adamo, Beniamino, Caleb,<br />
Daniele, Efraim, Filidoro e Gedeone. Adamo<br />
il fratello maggiore, si rende conto che è<br />
arrivata l’ora di trovare una moglie che si<br />
occupi della casa e della cucina.<br />
Un giorno si reca in città per vendere pelli e<br />
conosce Milly, la cameriera della locanda<br />
del villaggio. Tra i due scocca il colpo di<br />
fulmine. Adamo e Milly si sposano e partono<br />
per la fattoria.<br />
Arrivati a casa Pontipee, Milly ha la sgradita<br />
sorpresa; scopre, infatti, che dovrà<br />
prendersi cura non solo del marito, ma<br />
anche dei suoi fratelli, sei rozzi montanari<br />
rissosi e refrattari all’igiene personale e alle<br />
buone maniere.<br />
Dopo una certa fatica iniziale, Milly comincia<br />
a mettere in riga i sei ragazzi e vedendoli<br />
migliorare grazie alle sue cure, Milly<br />
comincia segretamente a progettare di unire<br />
i sei cognati con le sue amiche del paese.<br />
L'occasione propizia si presenta nel corso di<br />
una festa annuale in cui durante il ballo i sei<br />
fratelli Pontipee, puliti e ben vestiti, danno<br />
prova della loro abilità nella danza alle<br />
amiche di Milly. La festa vedrà opposte le<br />
squadre dei cittadini e dei montanari,<br />
degenerando ben presto in una violenta<br />
rissa. I cittadini, gelosi per il successo dei<br />
fratelli Pontipee con le ragazze, provocano<br />
costantemente i boscaioli fin quando non<br />
cedono. I fratelli Pontipee tornano<br />
sconsolati alla loro fattoria e Milly scopre<br />
che i sei ragazzi si sono innamorati delle<br />
sue amiche. Sanno però che i genitori delle<br />
ragazze non acconsentiranno mai alle<br />
nozze, così organizzano un rapimento,<br />
proprio come fecero i romani con il ratto<br />
delle sabine. Una valanga impedisce ai<br />
parenti di raggiungere le rapite, così passa<br />
l'inverno. Quando padri, fratelli e ex<br />
fidanzati le raggiungono a primavera, le<br />
ragazze ormai sono a loro volta innamorate.<br />
Non resta così che un matrimonio generale.
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NOTRE DAME DE PARIS - dal 3 al 20 MARZO 2022<br />
ro<br />
È il 19 gennaio 2002 quando il sipario del Teatro Arcimboldi, nato per accogliere le stagioni<br />
del Teatro alla Scala, si apre per la prima volta. In scena La traviata di Giuseppe Verdi, diretta<br />
dal Maestro Riccardo Muti. Sei minuti di applausi finali accolgono con successo il temporaneo<br />
trasferimento in Bicocca del teatro più̀ famoso del mondo. Gli applausi e le emozioni non si<br />
fermano e sottolineano il legame profondo che unisce il teatro alla città di Milano e non solo.<br />
Ospitando in esclusiva i concerti dei grandi protagonisti della musica, le anteprime<br />
internazionali dei più importanti spettacoli teatrali e le popolari puntate della trasmissione<br />
televisiva Zelig, Arcimboldi arriva al cuore di tutta Italia, diventando tempio dello spettacolo<br />
con una programmazione di prim’ordine. Vent’anni indimenticabili, durante i quali abbiamo<br />
potuto condividere con tutto il nostro pubblico le emozioni regalate dai grandi artisti italiani e<br />
internazionali che, scegliendo il TAM, ne hanno consolidato il prestigio a livello mondiale.<br />
L’Arcimboldi ha visto calcare il proprio palcoscenico da migliaia di artisti unici, da Sylvie<br />
Guillem, Angelin Preljocaj, Michael Nyman a Uri Caine, Alvin Curran, Joan Baez, Mark<br />
Knopfler e Roberto Bolle; celebrità della canzone e della musica tra cui Neil Young, Tom<br />
Waits, Liza Minnelli, Bob Dylan, Tom Jones, Diana Krall, Leonard Cohen, Charles Aznavour,<br />
B.B. King, Goran Bregovich, Elton John, Sting, Ludovico Einaudi, David Gilmor, Burt<br />
Bacharach, Lang Lang, Ornella Vanoni, Paolo Conte, Fiorella Mannoia. Centinaia le prime<br />
nazionali di compagnie di danza come Ballet National de Marseille, Béjart Ballet Lausanne, gli<br />
spettacoli di Matthew Bourne , Akram Khan, Carolyn Carlson , Bob Wilson e tutti i colori dei<br />
grandi musical come Notre Dame de Paris, The Beauty and the Beast, Ghost, Priscilla.<br />
Oggi, grazie a tutti voi, TAM Teatro Arcimboldi Milano è il luogo di eccellenza dello spettacolo<br />
dal vivo, ma anche un hub culturale dove Teatro Arte e Musica si rincorrono e si fondono<br />
grazie a una programmazione aperta alla città e al mondo tra intrattenimento, formazione e<br />
servizio: un calendario fitto di importanti spettacoli e celebri artisti musicali, lezioni di danza e<br />
di performing arts presentate da STM Scuola del teatro musicale e da AUB Accademia<br />
Ucraina di Balletto, due nuovi ristoranti interni per un mix di cucina italiana, offerta al TAMO<br />
Bistrò, e dei sapori fusion preparati dallo chef Roberto Okabe nel nuovo Finger’s Arts e tante<br />
iniziative legate all’arte e al design come la prossima riprogettazione del giardino e del<br />
bookshop firmati da prestigiosi studi milanesi e soprattutto il progetto Vietato l’Ingresso che nei<br />
mesi scorsi ha visto prestigiose firme del mondo della progettazione di interni ridisegnare i<br />
diciassette camerini del teatro richiamando l’attenzione da parte del mondo dell’architettura<br />
che lo ha definito “uno dei progetti più originali del Fuorisalone”.<br />
LUCA ARGENTERO in è QUESTA LA VITA CHE SOGNAVO DA BAMBINO?<br />
21 MARZO 2022<br />
SERGEI POLUNIN - AN EVENING OF DANCE AND CONVERSATION<br />
28 FEBBRAIO 2021
Red Canzian:
Casanova Opera Pop, 2 ore di spettacolo in due atti, con oltre 30 cambi scena costruiti con una tecnica di proiezioni ad<br />
altissima definizione dall’effetto immersivo, 120 costumi disegnati da Desirée Costanzo e realizzati dall’Atelier Stefano<br />
Nicolao (nomination per i costumi del film da Oscar Eyes Wide Shut), e con la regia di Emanuele Gamba, racconta<br />
Giacomo Casanova in un’età intorno ai 35 anni, al rientro dall’esilio e strenuo difensore di Venezia dai giochi di potere<br />
che la vorrebbero venduta allo straniero.<br />
Red Canzian, direttore artistico e compositore, racconta: “Ho cullato a lungo l’idea di comporre un’opera musicale<br />
dedicata alla Città di Venezia, forse l’unica al mondo di tale notorietà a non avere un ‘suo’ musical, e a Giacomo<br />
Casanova, uno dei personaggi italiani universalmente conosciuti, ma finora raccontato in una chiave sempre un po’<br />
monotematica, mentre io volevo rappresentarlo nelle tante sfumature che fanno di lui una delle figure storiche più<br />
interessanti che l’Italia e Venezia in particolare possono vantare”.<br />
Nella parte di Giacomo Casanova troviamo Gian Marco<br />
Schiaretti, uno dei talenti più puri cresciuti in Italia e di<br />
successo anche all’estero. Accanto a lui, nella parte<br />
dell’incantevole e volitiva Francesca Erizzo, destinata a<br />
conquistarne il cuore, la giovane e già affermata Angelica<br />
Cinquantini, volto familiare della fiction televisiva. Il ruolo<br />
dei malvagi, pronti ad approfittare di un momento di<br />
fragilità della Serenissima e del Doge che la governa, è<br />
affidato a Gipeto, ovvero il potente e corrotto Inquisitore<br />
Pietro Garzoni che senza il minimo scrupolo è pronto a<br />
spazzare via con ogni mezzo tutto ciò che gli è da<br />
ostacolo per ottenere il potere del porporato, e a Manuela<br />
Zanier, ovvero la perfida Contessa Von Steinberg,<br />
nobile austriaca non insensibile al fascino di Casanova,<br />
ma pronta a tessere trame mortali per inseguire il proprio<br />
interesse ed esercitare il proprio fascino secondo<br />
convenienza.
Con loro in scena, a dipingere il quadro di una Venezia la cui<br />
storia e salvezza si giocano fra i bácari popolati da varia<br />
umanità e i ricchi Palazzi del potere, una serie di personaggi<br />
dalle sfaccettature diverse. Quindi un pacioso e brontolone<br />
Frate Balbi, interpretato da Paolo Barillari; il fidanzato offeso<br />
Alvise pronto a sfidare Casanova a duello e il nobile Mocenigo<br />
entrambi interpretati da Jacopo Sarno; il perfido Zago al<br />
quale Roberto Colombo presta il volto e una fisicità<br />
trasformata dalla perfidia; il Doge Loredan e il nobile di<br />
lignaggio e di cuore Bragadin, entrambi interpretati da<br />
Antonio Orler; fino al vasto mondo femminile tanto<br />
affascinato da Casanova, quanto indispensabile a sciogliere i<br />
nodi della storia. Quindi Elena da Padova, la cortigiana<br />
favorita di Casanova interpretata da Silvia Scartozzoni; la<br />
bella Rosa, padrona della Cantina do Mori e capace di<br />
interpretare i segnali che nascondono le oscure trame, nelle<br />
cui vesti troviamo Rosita Denti; infine la malinconica e<br />
sfortunata Gretchen, con il volto di Alice Grasso, cameriera<br />
della Contessa e vittima predestinata della perfidia senza<br />
scrupoli dell’Inquisitore e dell’asservito Zago.<br />
Il cast si completa con un corpo di ballo di 10 ballerini<br />
acrobati - Mirko Aiello, Cassandra Bianco, Alberto<br />
Chianello, Eleonora Dominici, Federica Esaminato, Mattia<br />
Fazioli, Filomena Fusco, Raffaele Guarino, Vittoria Markov<br />
e Olaf Olguin - che nelle coreografie dallo stile guerriero di<br />
Martina Nadalini e Roberto Carrozzino, nei vari momenti<br />
interpretano le Ombre, i Veneziani al Carnevale, i nobili in<br />
festa e i momenti corali della storia. Completano il team<br />
creativo Chiara Canzian, alla direzione canti e resident<br />
director di Casanova Opera Pop durante il tour, e due<br />
professionisti provenienti dal Teatro La Fenice: il lighting<br />
designer Fabio Barettin e il direttore degli allestimenti scenici<br />
Massimo Checchetto. Le loro vere e proprie opere d’ingegno<br />
sono la cornice di quello che Red ha concepito come<br />
allestimento scenico immersivo, fatto di fotografie scattate<br />
nella Venezia deserta durante la pandemia e trattate in modo<br />
da restituire ambientazioni della città e dei suoi luoghi di un<br />
iperrealismo spiazzante, capace di trasportare gli spettatori<br />
dentro i luoghi di una Venezia settecentesca, i bacari, le calli, i<br />
Palazzi della nobiltà, le Cattedrali, Piazza San Marco, la<br />
laguna, la prigione dei Piombi, e quelli della fuga fra i boschi e<br />
i Castelli del Nord Italia prima del ritorno di Casanova da<br />
salvatore della Serenissima nella Venezia del Doge e<br />
innamorato – finalmente – della giovane Francesca, figlia<br />
dell’aristocrazia veneziana ma, come il suo amato, dal cuore<br />
assetato di giustizia e libertà.
Casanova Opera Pop è prodotto da Blu Notte, ovvero dallo stesso Red<br />
Canzian, che in questo ruolo segue la Direzione Artistica, e da sua moglie<br />
Beatrix Niederwieser, che dello spettacolo segue tutti gli aspetti operativi,<br />
avvalendosi della collaborazione di Retropalco alla produzione esecutiva.<br />
Dopo il debutto a Venezia il tour si chiude il 13 marzo 2022 A Torino<br />
passando per il Teatro Nuovo Giovanni da Udine a Udine, il TAM Teatro<br />
Arcimboldi Milano dal 9 al 20 febbraio, al Teatro Comunale Mario del<br />
Monaco di Treviso nella settimana dal 22 al 25 febbraio e al Teatro Alfieri<br />
di Torino dall’8 al 13 marzo.<br />
Casanova Opera Pop è disponibile anche in una lussuosa confezione<br />
contenente due CD, con i 35 brani inediti dello spettacolo interpretati dal<br />
cast e introdotti dal prologo recitato dallo stesso Red Canzian, i relativi<br />
testi, le foto degli interpreti e l’opera originale a colori che Milo Manara<br />
ha disegnato per l’artwork del musical.<br />
Sito ufficiale: www.casanovaoperapop.it.
o<br />
Equilibrio, il festival dedicato alla danza contemporanea che per 15 anni ha portato in Auditorium il meglio delle coreografie internazionali,<br />
torna dopo due anni di stop forzato.<br />
Il festival riprende vita con un programma sfaccettato: 7 grandi serate in Sala Petrassi, 10 titoli per altrettante compagnie, 5 coreografe e<br />
3 coreografi, 3 leoni d’oro, una compositrice, 4 prime italiane, una performance per famiglie e una Notte all’Auditorium per bambini e<br />
bambine, un percorso per le scuole superiori, una nuova produzione con il Parco della Musica Contemporanea Ensemble, un intervento<br />
di danza verticale nella città e poi ancora incontri e documenti. Tra i nomi internazionali spiccano quelli dell’israeliana Sharon Eyal con<br />
Tanzmainz, della storica esponente della nouvelle danse Maguy Marin, della compositrice e performer Pamela Z, dell’iconico Marcos<br />
Morau e – per la prima volta a Roma – del Ballet of Difference di Richard Siegal, coreografo dal tratto distintivo, recentemente invitato a<br />
creare un nuovo spettacolo per il Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch.<br />
Gli italiani sono il Leone d’oro Alessandro Sciarroni, l’ironica Silvia Gribaudi, la supercinetica Francesca Pennini e Cristiana Morganti,<br />
artista romana, già interprete di Pina Bausch, di cui Equilibrio ha seguito il percorso autoriale fin dagli esordi. Per un cammeo si inserisce<br />
inoltre il nome straordinario di Anne Teresa de Keersmaeker in un percorso di ri-creazione condotto dall’Accademia Nazionale di Danza<br />
attorno a un estratto dello spettacolo “Rosas danst Rosas”, che proprio Equilibrio aveva presentato in prima italiana nel 2009.<br />
Una prestigiosa anteprima del Festival vedrà la collaborazione della Fondazione Musica per Roma con il Teatro di Roma - Teatro<br />
Nazionale nell'ambito di Grandi Pianure, per la co-realizzazione della prima apparizione romana del coreografo greco Dimitris<br />
Papaioannou: le tre repliche di Transverse Orientation saranno un’anteprima di Equilibrio 2022 all’interno della stagione del Teatro di<br />
Roma. Ideatore del programma di questa edizione è il nuovo curatore della rassegna, Emanuele Masi, attuale direttore artistico di<br />
Bolzano Danza, già direttore artistico del Teatro Comunale di Bolzano e consulente di istituzioni culturali nazionali, con progetti che<br />
continuano a ricevere importanti riconoscimenti. “Un'edizione in perfetto equilibrio tra poli in continua attrazione – spiega il curatore - un<br />
equilibrio tra estetica ed etica, tra idealismo e concretezza, tra progetti inediti e attesi ritorni, tra ecologia e tecnologia, tra danza italiana e<br />
coreografia internazionale, tra dinamismo e sostenibilità, tra tradizione e ibridazione, tra cultura “alta” e folclore, tra virtuosismo e<br />
semplicità, tra corpo e ragione”.
o<br />
Accogliendo le richieste e i richiami giunti dai principali<br />
protagonisti del settore, il ministro della Cultura Dario<br />
Franceschini ha istituito presso la Direzione generale<br />
Spettacolo del Mic un tavolo permanente del settore, con il<br />
compito di approfondire le tematiche e le problematiche<br />
della danza in Italia e per formulare proposte in materia. Il<br />
tavolo opererà senza nuovi o maggiori oneri per la finanza<br />
pubblica. Non sono previsti compensi per i componenti, né<br />
gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti. “La<br />
danza è un’eccellenza della cultura italiana riconosciuta in<br />
tutto il mondo. Insieme alle fondazioni lirico-sinfoniche,<br />
come altri settori dello spettacolo dal vivo, ha sofferto in<br />
questo periodo di limitazioni ed è giusto che il Governo e<br />
le istituzioni siano vicine e lavorino al massimo per trovare<br />
delle soluzioni”, ha dichiarato Franceschini.<br />
Dell’organismo, presieduto da Roberto Giovanardi, fanno<br />
parte: il direttore generale Spettacolo; il presidente<br />
dell’Associazione Nazionale Fondazioni Lirico Sinfoniche<br />
(Anfols); il presidente dell’Accademia Nazionale di danza;<br />
un rappresentante dell’Accademia di danza del Teatro alla<br />
Scala di Milano; un rappresentante dell’Accademia di<br />
danza dell’Opera di Roma; un rappresentante<br />
dell’Accademia di danza del Teatro San Carlo di Napoli; il<br />
presidente dell’Associazione italiana danza attività di<br />
formazione (Aidaf); il presidente dell’Associazione italiana<br />
danza attività di produzione (Aidap); il presidente<br />
dell’Associazione danza Esercizio e Promozione (Adep); il<br />
presidente Associazione Italiana Teatri di Tradizione (Atit);<br />
il presidente di ItaliaFestival; il coordinatore del ‘Tavolo<br />
danza’ di C.Re.S.Co – Coordinamento delle Realtà della<br />
Scena Contemporanea; il direttore del ballo del Balletto<br />
del Teatro alla Scala di Milano; il direttore del ballo del<br />
Balletto dell’Opera di Roma; il direttore del ballo del<br />
Balletto del Teatro San Carlo di Napoli; il direttore del ballo<br />
del Balletto del Teatro Massimo di Palermo; il<br />
sovrintendente del Teatro Carlo Felice di Genova; un<br />
rappresentante di Nid-New Italian Dance Platform; un<br />
rappresentante del Liceo Coreutico Statale di Torino; il<br />
presidente della Federazione nazionale danza sportiva<br />
(Fids); Amedeo Amodio; Mauro Bigonzetti; Roberto Bolle;<br />
Vittoria Cappelli; Liliana Cosi; Donatella Ferrante.<br />
fonte «Agenzia DiRE» «www.dire.it»
o<br />
MAMMA MIA!<br />
In scena al Sistina fino a San Valentino…
o<br />
Al Sistina il pubblico è sempre più pazzo di "Mamma Mia!", il celebre<br />
musical firmato Massimo Romeo Piparo con le canzoni degli Abba che,<br />
dal suo ritorno in teatro lo scorso 7 dicembre, sta riscuotendo un<br />
grandissimo consenso, tenendo fede alla sua lunga storia di record e<br />
incredibili successi. Nelle 32 repliche andate in scena dal giovedì alla<br />
domenica (dalla "prima" fino al 23 gennaio) sono infatti 41.560 gli<br />
spettatori che hanno affollato il teatro: una risposta importante ed<br />
entusiastica, che ripaga l'impegno e inorgoglisce tutti coloro che lavorano<br />
al Sistina e che ha spinto il direttore Piparo a decidere di proseguire le<br />
vendite fino al 14 febbraio. In piena sicurezza grazie alle misure adottate<br />
e al restauro recente degli spazi, il grande pubblico di "Mamma Mia!" - tra<br />
fedelissimi sostenitori e "nuovi" spettatori - avrà quindi ancora qualche<br />
settimana per godere delle emozioni di un musical amatissimo, uno dei<br />
"gioielli" tra le produzioni della PeepArrow Entertainment: l'ultima replica a<br />
Roma sarà proprio lunedì 14 febbraio, nel giorno di San Valentino, per<br />
celebrare insieme la festa degli innamorati con una commedia romantica<br />
in cui l'amore e la passione hanno un ruolo fondamentale. Interpretato<br />
dall’ormai mitico trio di protagonisti Luca Ward, Paolo Conticini e Sergio<br />
Muniz, accanto a Sabrina Marciano, a un cast di oltre 30 artisti e<br />
all'Orchestra dal vivo diretta da Emanuele Friello, "Mamma Mia!" con<br />
la sua messa in scena ricca e spettacolare è davvero lo spettacolo giusto<br />
per ritornare alla bellezza del teatro dopo i lunghi mesi di chiusura a causa<br />
della pandemia. Dopo Roma, "Mamma Mia!" proseguirà il suo cammino<br />
anche in estate, toccando i palcoscenici delle principali arene italiane: un<br />
nuovo regalo per il pubblico di tutte età, dai ragazzi ai genitori fino ai<br />
nonni, per divertirsi, sognare insieme e immergersi nella magia di un<br />
musical dalle atmosfere mediterranee ballando al ritmo di 24<br />
indimenticabili hit, come Mamma Mia!, Dancing Queen, The Winner<br />
Takes it All, Super Trouper.
o<br />
Il grande balletto torna a Parma<br />
Danza, la rassegna dedicata alla<br />
musica classica e<br />
contemporanea, per emozionare<br />
e incantare il pubblico grazie a 7<br />
imperdibili appuntamenti.<br />
Fino a maggio 2022 il Teatro<br />
Regio ospiterà compagnie e<br />
danzatori provenienti da tutto il<br />
mondo: Ezralow Dance, con un<br />
attesissimo debutto a Parma,<br />
Compagnia del Balletto di<br />
Roma, Almamia Dance Project,<br />
Parsons Dance, Balletto<br />
Yacobson di San Pietroburgo,<br />
Compagnia del Balletto di<br />
Parma.<br />
A inaugurare Parma Danza è<br />
stato "Open", lo spettacolo di<br />
Ezralow Dance, per la regia e<br />
coreografia di Daniel Ezralow,<br />
scritto a quattro mani con la<br />
moglie Arabella Holzbog. "Open"<br />
è un patchwork di piccole storie:<br />
numeri a effetto, multimedialità,<br />
ironia e umorismo sono gli<br />
ingredienti di uno spettacolo<br />
che, sulle musiche di Bach,<br />
Beethoven, Chopin e Rossini e<br />
con i costumi firmati American<br />
Apparel, intreccia fantasia ed<br />
emozione all’insegna del puro<br />
intrattenimento, coniugando il<br />
linguaggio neoclassico e la<br />
modern dance.<br />
Il 5 febbraio è la volta di "Carmen. Passo a due di un amore contemporaneo", prodotto da Almamia Dance Project. Il<br />
coreografo Mauro Bigonzetti interpreta le vicende di Carmen e Don José, protagonisti della novella omonima di Prosper Merimée<br />
che ha dato vita alla celebre opera di Georges Bizet, in un pas-de-deux costruito sulla coppia di danzatori Camilla Colella e<br />
Octavio De La Roza..<br />
Il 15 febbraio tornano a ParmaDanza i ballerini di Parsons Dance, la compagnia statunitense fondata dal coreografo David<br />
Parsons. Nella sua nuova tournée italiana porterà in scena, al fianco del leggendario "Caught", alcuni brani inediti per il pubblico<br />
italiano.<br />
Il 31 marzo va in scena "Giselle", balletto fantastico in due atti, interpretato dal Balletto Yacobson di San Pietroburgo. Un vero<br />
caposaldo del balletto classico composto nel 1841 su musiche di Adolphe Adam, libretto Jules-Henri Vernoy De Saint-Georges,<br />
Théophile Gautier, Jean Coralli, coreografia Jean Coralli, Jules Perrot, Marius Petipa.<br />
Il 6 maggio l'appuntamento è con i danzatori della Compagnia del Balletto di Parma, con due titoli di due giovani coreografi:<br />
"What They See Is Not What We See" (di Nnamdi Christopher Nwagw, sul conflitto tra le diverse percezioni della propria identità)<br />
e "CarneViva" (di Francesco Gammino, racconto della Sicilia, attraverso i ricordi, le musiche popolari, i colori).<br />
Il 28 maggio è la volta di "Quartetto per la fine del tempo", lo spettacolo del NuovO BallettO di ToscanA realizzato su<br />
commissione del Teatro Regio di Parma in occasione di Parma Capitale Italiana della Cultura 2021. Gran debutto per la<br />
coreografia di Mario Bermudez Gil che traduce in danza le tinte apocalittiche del "Quatuor pour la fin du Temps", composto da<br />
Olivier Messiaen nel 1941, mentre era prigioniero a Görlitz, nel campo tedesco nella Polonia occupata dai nazisti.
o<br />
TAKEWAY<br />
A distanza di 7 mesi dalla morte di Libero di<br />
Rienzo, morto nella sua casa di Roma il 15<br />
luglio del 2021, è uscito nelle sale<br />
cinematografiche l’ultimo film dove l’attore<br />
romano è coprotagonista con accanto Carlotta<br />
Antonelli, Primo Reggiani, Paolo Calabresi,<br />
Anna Ferruzzo, Camillo Grassi, Camillo<br />
Ventola, Ivan Polidoro.<br />
Tra amore, droga e doping, il film si apre con gli<br />
speaker di una radio che commentano il<br />
fallimento di un istituto bancario britannico.<br />
Siamo nel 2008, agli albori della grande crisi<br />
finanziaria globale. Maria è un’atleta (Carlotta<br />
Antonelli), una marciatrice. L’orgoglio di papà<br />
(Paolo Calabresi), che vorrebbe vederla<br />
coronare un sogno di successo. La mamma<br />
(Anna Ferruzzo), invece, è più scettica,<br />
sebbene Johnny (Libero De Rienzo), compagno<br />
della ragazza, che ha quasi il doppio dei suoi<br />
anni, sappia come tenere vivo il sogno di Maria<br />
e dei suoi genitori. Per questo motivo Johnny ha<br />
il frigo pieno di boccette, avendo aiutato molti<br />
giovani con sostanze illegali, nel suo passato da<br />
preparatore atletico. Tom (Primo Reggiani) è<br />
uno di questi e sta cercando Johnny,<br />
ritenendolo responsabile del fatto che il doping<br />
gli ha rovinato carriera e salute. Ma i piani di<br />
vendetta di Tom si infrangono quando lui e<br />
Maria iniziano una relazione e i dubbi di lei<br />
crescono, come una febbre incontrollabile. La<br />
resa dei conti è inevitabile in un ambiente così<br />
ristretto, così come nel mondo esterno, scosso<br />
da debiti e fallimenti in cui si diffonde un<br />
bisogno urgente di nuove speranze.<br />
Libero De Rienzo, nell'ultimo ruolo da<br />
coprotagonista, riesce a rendere fisica la<br />
frustrazione e il bisogno di rivalsa di un uomo<br />
che ha smesso da tempo di vedere lo sport<br />
come una competizione pulita. Carlotta<br />
Antonelli, per parte sua, con un'andatura<br />
doverosamente oscillante da marciatrice, finisce<br />
con il rappresentare quasi simbolicamente lo<br />
stato d'animo di Maria.<br />
L’ULTIMO FILM DI LIBERO DI RIENZO.
o<br />
ENNIO: L'OMAGGIO<br />
DEL PREMIO OSCAR<br />
Dopo un ‘anteprima di due giorni presentata a fine<br />
gennaio, esce nei cinema “Ennio” un documentario sul<br />
grande maestro Morricone firmato dal premio Oscar<br />
Giuseppe Tornatore.<br />
Il documentario racconta il musicista premio Oscar alla<br />
carriera nel 2007 e autore di oltre 500 colonne sonore.<br />
Giuseppe Tornatore, premio Oscar con il film Nuovo<br />
Cinema Paradiso, omaggia l’amico Ennio con questa<br />
lunga conversazione dalla quale emergono molti aspetti<br />
del maestro, gli incontri con i cineasti più importanti al<br />
mondo, il rapporto con la musica, la vita privata e il<br />
rapporto d’amicizia vissuto mentre i due premi oscar<br />
lavoravano insieme. Ad accompagnare questo intenso<br />
dialogo ci sono anche testimonianze di artisti e registi che<br />
hanno avuto l’onore di lavorare con Morricone, come<br />
Bertolucci, Montaldo, Bellocchio, Argento, i Taviani,<br />
Verdone, Barry Levinson, Roland Joffè, Oliver Stone,<br />
Quentin Tarantino. Non mancano scene di fiction, musiche<br />
e immagini d’archivio. Ennio è anche un’indagine volta a<br />
svelare ciò che di Morricone si conosce poco. Come la sua<br />
passione per gli scacchi, che forse ha misteriosi legami<br />
con la sua musica. Ma anche l’origine realistica di certe<br />
sue intuizioni musicali come accade per l’urlo del coyote<br />
che gli suggerisce il tema de Il buono il brutto, il cattivo, o il<br />
battere ritmato delle mani su alcuni bidoni di latta da parte<br />
degli scioperanti in testa ad un corteo di protesta per le vie<br />
di Roma che gli ispira il bellissimo tema di Sostiene<br />
Pereira. Un’attitudine all’invenzione che trova conferma nel<br />
suo costante amore per la musica assoluta, e la sua<br />
vocazione a una persistente sperimentazione.<br />
La pellicola, presentata per la prima volta in occasione<br />
della 78esima Mostra del Cinema di Venezia Fuori<br />
Concorso, arriva in tutti i cinema dal 17 febbraio, distribuito<br />
da Lucky Red in collaborazione con timvision.<br />
Giuseppe Tornatore: “Ho lavorato venticinque anni con<br />
Ennio Morricone. Ho fatto con lui quasi tutti i miei film, per<br />
non contare i documentari, gli spot pubblicitari e i progetti<br />
che abbiamo cercato di mettere in piedi senza riuscirci.<br />
Durante tutto questo tempo il nostro rapporto di amicizia si<br />
è consolidato sempre di più. Così, film dopo film, man<br />
mano che la mia conoscenza del suo carattere di uomo e<br />
di artista si faceva più profonda, mi sono sempre chiesto<br />
che tipo di documentario avrei potuto fare su di lui. E oggi<br />
si è avverato il mio sogno. Mi sono soffermato sul ‘mio’<br />
Ennio Morricone, raccontando anche il metodo molto<br />
speciale con cui abbiamo affrontato il nostro lavoro dai<br />
tempi di Nuovo Cinema Paradiso sino all’ultimo La<br />
corrispondenza, l’argomento preferito dai giornalisti in ogni<br />
intervista
#InMoltiSogni<br />
OFFICINA DELLE ARTI PIER PAOLO PASOLINI<br />
Un nuovo mese di appuntamenti sotto il titolo<br />
#InMoltiSogni a Officina Pasolini, il Laboratorio creativo<br />
di alta formazione e HUB culturale della Regione Lazio. Da<br />
martedì 8 febbraio, al Teatro Eduardo De Filippo alle<br />
21.00, tanti nuovi ospiti e appuntamenti di musica, teatro,<br />
lezioni concerto, proiezioni e incontri di approfondimento<br />
sul mondo della letteratura. SI parte con la proiezione del<br />
film Dio è donna e si chiama Petrunya, pellicola diretto<br />
dalla regista e attivista femminista macedone Teona<br />
Strugar Mitevska e ritenuto da critica e pubblico il film<br />
rivelazione della Berlinale 2019: Petrunya è la storia di<br />
una giovane donna in lotta contro il sistema patriarcale e<br />
sociale diventa una vicenda universale capace di parlare a<br />
un’intera generazione. Da non perdere o da rivedere una<br />
seconda volta.<br />
Giovedì 10 nuovo appuntamento con gli attori di<br />
Superficie Live Show, ideata e condotta da Matteo<br />
Santilli, è composta da monologhi teatrali, brevi video con<br />
racconti e testimonianze di attori, registi, sceneggiatori<br />
affermati in un mix di spettacolo che unisce le forme di<br />
recitazione che siamo abituati a vedere: Fabio Antonelli,<br />
Angela Ciaburri, Elisabetta Ventura, Alberto Paradossi,<br />
Simone Corbisiero, Lucio De Francesco, Bianca<br />
Mastromonaco, Lorenzo Terenzi. L’ospite speciale<br />
sarà Paola Minaccioni.<br />
Lunedì 14 Giorgio Cappozzo incontra la consolidata e<br />
amatissima coppia composta da Massimo Lopez e<br />
Tullio Solenghi. Attori, showman, imitatori, artisti poliedrici<br />
e versatili, pilastri del glorioso Trio che vedeva al loro<br />
fianco un’indimenticabile Anna Marchesini. Una serata di<br />
racconti tra aneddoti, dietro le quinte e ricordi per<br />
ripercorrere un lungo viaggio artistico di successi, comicità<br />
intelligente, dialoghi esilaranti e tanti personaggi entrati<br />
nella storia della tv.<br />
Martedì 15 un ciclo di appuntamenti dedicato ai nuovi<br />
artisti della canzone italiana. Condotto da Riccardo<br />
Zianna, speaker di Radio Sonica, mc di uno dei più noti<br />
format di concerti della nuova musica Spaghetti<br />
Unpuggled.<br />
Mercoledì 16 a Prospettive d’autore, Valentina<br />
Farinaccio, parlerà insieme con l’autore di Sempre<br />
tornare, Daniele Mencarelli, poeta e scrittore, ha composto<br />
negli ultimi anni<br />
Venerdì 18 il consueto incontro di Enrico Deregibus<br />
sarà con Ron, personaggio fra i più popolari della nostra<br />
canzone, che dopo l’esordio da enfant-prodige al Sanremo<br />
1970 ha inanellato una lunga serie di esperienze e di<br />
successi, da "Una città per cantare" a "Non abbiam<br />
bisogno di parole", da "Vorrei incontrarti fra cent’anni" a<br />
"Joe Temerario". È uscito nei mesi scorsi, in vista di un<br />
nuovo album, un singolo intitolato "Sono un figlio", in cui<br />
l’artista lombardo parla, per la prima volta, della grande<br />
storia d’amore dei suoi genitori, nata durante la seconda<br />
guerra mondiale. Nell’incontro si parlerà di questo e di<br />
molto altro, di Lucio Dalla, dei tanti Sanremo a cui ha<br />
partecipato, dell’amore per i cantautori americani. E non<br />
mancherà una manciata di canzoni fatte live.
o<br />
LA GENTILEZZA DELLA CARTA<br />
La sostenibilità è bellezza<br />
fino al 27 febbraio la mostra di abiti di carta di Caterina Crepax<br />
Resterà aperta al pubblico anche a febbraio la mostra “La Gentilezza<br />
della Carta. La sostenibilità è bellezza”, ideata e realizzata da Caterina<br />
Crepax per la Fondazione Fashion Research Italy, che avrebbe dovuto<br />
chiudersi oggi. Il successo di pubblico ha spinto il Cavalier Alberto<br />
Masotti, in accordo con l’artista, a prorogare fino a domenica 27<br />
febbraio l’esposizione che intende riflettere, attraverso la lente della<br />
bellezza, sul tema della sostenibilità.<br />
I 18 abiti-scultura, realizzati dalla Crepax in carta prodotta con il 100%<br />
di fibre riciclate dalla storica cartiera Cordenons, mettono in scena più<br />
di 60 soggetti grafici provenienti dal prezioso archivio di textile design<br />
che la Fondazione custodisce nei suoi caveaux e che mette a<br />
disposizione del mondo moda e interior design. Disegni tessili antichi e<br />
moderni di cui l’artista ha stravolto i connotati accostandoli in un<br />
equilibrio di forme e colori che dà vita al suo immaginario multiforme e<br />
onirico, dove decorativismi del mondo orientale sono accostati alle<br />
bellezze della natura o a grattacieli e mappe di città.<br />
Un universo senza fine di elementi d'ispirazione che, tra le mani della<br />
Crepax, si fondono per rinascere in forme nuove. La sua passione è<br />
infatti da sempre la carta, che, grazie alla fantasia e alla manualità<br />
ereditata dal padre — il celebre fumettista Guido Crepax — riesce a<br />
trasformare in vere e proprie opere d’arte.<br />
Una materia funzionale che, con le sue infinite vite, può diventare<br />
sempre altro da sé, fino a trasformarsi in sostanza di una<br />
immaginazione feconda. Esaltando il fascino dell’Italian style, “La<br />
Gentilezza della Carta” restituisce quindi anche una riflessione contro lo<br />
spreco. Anche i manichini su cui sono modellati gli abiti sono prodotti<br />
dall’azienda Bonaveri, in materiale da fonte rinnovabile e<br />
biodegradabile.<br />
La mostra è stata realizzata in occasione dell’inaugurazione di Punto<br />
Sostenibilità, il più completo archivio italiano, sia fisico che digitale, di<br />
materiali tessili, accessori e soluzioni di packaging sostenibili per la<br />
moda: l’ultimo progetto green della Fondazione ospita il meglio<br />
dell’innovazione nell’ambito della sostenibilità nel settore moda, dai<br />
tessuti riciclati e rigenerati ai complementi in alluminio riciclato,<br />
provenienti da un centinaio di aziende su tutto il territorio nazionale in<br />
grado di fornire materiali immediatamente disponibili per la produzione<br />
in piccola o larga scala.<br />
“Il tema della sostenibilità è da sempre centrale nel mio lavoro – dice<br />
Caterina Crepax – e la carta di riciclo e riuso è il materiale che più di<br />
altri diventa metafora della gentilezza che dovremmo usare nei<br />
confronti del nostro pianeta. Per questo progetto ho cambiato il mio<br />
usuale approccio creativo, che normalmente concepisce l’idea finale<br />
dell’opera, per realizzare la quale poi cerco carte di ogni tipo, dagli<br />
scarti tipografici ai vecchi libri ai pirottini per i dolci. In questa occasione<br />
invece il punto di partenza è stato il magnifico Fondo Brandone, e la<br />
sfida è stata quella di creare abiti che valorizzassero le splendide<br />
grafiche dell’archivio, mixandole per arrivare a un’armonia di colori e<br />
forme: in un certo senso per la prima volta mi sono improvvisata, per<br />
così dire, stilista, un approccio che mi ha stimolato e divertito<br />
moltissimo”.<br />
“Sono passati molti anni da quando ho letto i primi report<br />
sull’inquinamento prodotto dall'industria della moda, ma ricordo ancora<br />
lo sconcerto che ho provato – spiega il Presidente della Fondazione<br />
FRI Alberto Masotti. - Il settore in cui lavoravo e che tanto amavo era la<br />
seconda attività più inquinante del mondo e ancora oggi, purtroppo, la<br />
strada verso l’evoluzione green è lunga. Mi consola vedere che le<br />
nuove generazioni sono più attente a questi temi e ne sentano<br />
l’urgenza. Spero che la mostra – che parla ai cuori attraverso il<br />
linguaggio universale dell’arte – possa far riflettere e trasmetta un<br />
concetto in cui credo profondamente: la sostenibilità è bellezza, è un<br />
valore e un dovere imprescindibile”.<br />
La mostra è accessibile durante i tour guidati negli spazi della<br />
Fondazione, di norma chiusa al pubblico, ogni sabato e domenica su<br />
prenotazione. Tutte le informazioni e la prevendita su<br />
www.mybologna.app/FFRI.<br />
Particolare attenzione alle scolaresche a cui sono riservate visite<br />
guidate anche durante la settimana.<br />
CATERINA CREPAX<br />
Nasce a Milano nel 1964 e cresce in un ambiente ricco di suggestioni, estro<br />
e creatività, fondamentale per la sua preparazione. Fin da bambina ì gira<br />
per casa munita di matite, forbici, fogli e cartoncini cercando di riprodurre la<br />
meraviglia dei libri pop up che riceve in regalo. La formazione di architetto<br />
influenza notevolmente il suo approccio alla tridimensionalità, all'attenzione e<br />
alla ricerca dell'equilibrio tra insieme e dettagli, tra struttura portante ed<br />
elementi decorativi, tra vuoti e pieni, ma si completa di una visionarietà che è<br />
tipica dell’artista. Il suo processo creativo parte da schizzi e bozzetti delle<br />
forme, poi arricchite di dettagli che, in relazione tra loro, riescono a evocare<br />
tutto il mondo che alimenta la sua ispirazione. Caterina Crepax si dedica alla<br />
carriera artistica solo a partire dagli anni ‘90, grazie all’incontro con il<br />
designer Nicola Gallizia che, in occasione del Salone del Mobile, le permette<br />
di creare il suo primo grande allestimento, interamente realizzato con carta<br />
di recupero. Da allora, porta la sua arte nelle scuole, nei musei e nelle<br />
aziende, collaborando con artisti e fotografi e realizza sfilate ed eventi in<br />
Italia e all'estero, affinando sempre più una visione sostenibile dell’arte e<br />
della vita.
o<br />
Shōzō Shimamoto<br />
Grandi Opere<br />
in mostra a Foligno fino fino al 1° maggio 2022<br />
Il successo di presenze in questi mesi e la grande richiesta di<br />
poterla ancora visitare siglano la proroga della mostra al Centro<br />
Italiano Arte Contemporanea di Foligno. L’ampia retrospettiva<br />
“Shōzō Shimamoto. Grandi Opere" resterà visitabile fino a domenica<br />
1° maggio 2022. L’esposizione ha registrato già oltre 2000 visitatori<br />
ed è stata scenario anche di eventi collaterali e attività per<br />
famiglie. Il suggestivo percorso al CIAC, curato da Italo Tomassoni,<br />
presenta la produzione del Maestro giapponese Shōzō Shimamoto:<br />
dalle prime opere con il gruppo Gutai alle esplosioni di colore dei<br />
lavori realizzati in Italia.<br />
La retrospettiva, progetto espositivo della Fondazione Morra di<br />
Napoli, voluto e sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di<br />
Foligno, con il supporto tecnico, logistico e organizzativo<br />
dell’Associazione Shōzō Shimamoto, intende evidenziare la<br />
grandezza della superficie pittorica su cui l’artista ha sempre agito,<br />
rendendo la dimensione dell’opera elemento che non ne costituisce<br />
la totale pienezza, ma confine da superare, a favore di una sempre<br />
più ampia visione della dirompente materialità. Da sempre nell’opera<br />
del Maestro giapponese la dimensione è considerata un punto di<br />
vista altro, l’opera si compone ad una distanza tale che tra cielo e<br />
terra il suo gesto artistico trova una connessione che va oltre il<br />
tempo e lo spazio.<br />
Il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno,<br />
Umberto Nazzareno Tonti: “Siamo molto soddisfatti dell’andamento di<br />
questa mostra d’arte, un successo importante per la Fondazione<br />
Cassa di Risparmio di Foligno, per il polo museale CIAC e frutto della<br />
preziosa sinergia con la Fondazione Morra che ringraziamo per aver<br />
rinnovato la disponibilità ad estendere il prestito.<br />
Riscontriamo la presenza di un pubblico variegato di ogni età e<br />
proveniente da tutta Italia; un interesse che abbiamo potuto<br />
apprezzare anche a livello di comunicazione con tante riviste di<br />
settore e i quotidiani che hanno dedicato ampie recensioni alla<br />
mostra e al progetto culturale. La proroga ci permetterà anche di<br />
poter presentare adeguatamente, emergenza sanitaria permettendo,<br />
il catalogo di mostra in via di definizione. Con l’occasione, vogliamo<br />
evidenziare che sono stati molto partecipati anche gli eventi<br />
collaterali all’interno della mostra: i focus di approfondimento<br />
organizzati dal gestore del polo museale Maggioli Cultura, i percorsi<br />
didattici per bambini del progetto “Innesti Lab, connessioni tra arte<br />
e digitale al museo”, promossi dalla Fondazione Carifol e curati dalla<br />
Cooperativa Densa nonché il concerto "Il tempo del sogno - L’altro<br />
Novecento tra cinema e opera lirica” con le musiche di<br />
UmbriaEnsemble organizzato sempre dalla Fondazione Cassa di<br />
Risparmio di Foligno.” Per informazioni sulla mostra: tel. 0742.340090<br />
– e-mail ciacfoligno@gmail.com
Museo e Real Bosco di Capodimonte<br />
presenta il progetto espositivo di Andrea Bolognino<br />
Per il settimo appuntamento con il ciclo di mostre-focus Incontri Sensibili, il<br />
Museo e Real Bosco di Capodimonte presenta il progetto espositivo di Andrea<br />
Bolognino, i cui disegni sono posti in dialogo con uno dei capolavori più noti<br />
della collezione, la Parabola dei ciechi (1568) di Pieter Brueghel il Vecchio. La<br />
mostra Cecità, accecamento, oltraggio propone fin dal titolo una stretta<br />
relazione con l’enigmatico dipinto del maestro fiammingo. Ne derivano tre temi<br />
che Bolognino ha riunito sotto una più ampia riflessione sul rapporto tra arte e<br />
scienza: la simulazione della rappresentazione scientifica, con l’inserimento di<br />
schemi e grafici, la simulazione del disturbo della visione, attraverso un disegno<br />
abbreviato e oscuro, l’ipervisione, effetto degli sviluppi tecnologici<br />
contemporanei. In mostra sono esposti 24 disegni (tra cui un trittico composto<br />
da tre fogli) in cui l’artista concilia disegno oggettivo e soggettivo per<br />
evidenziare la relazione tra rappresentazione artistica e conoscenze<br />
scientifiche. Alcune delle opere, realizzate su carta a matita, carboncino,<br />
pastello, acquerello e acrilico diluito, sono disposte su basi inclinate, in<br />
continuità con la logica espositiva del Gabinetto dei disegni, del quale è<br />
presente a Capodimonte un esempio tra i più ricchi e prestigiosi in Italia. Infine,<br />
il grande trittico che completa l’allestimento è dedicato all’accecamento inteso<br />
come caduta fisica e simbolica, del quale l’artista coglie le diverse fasi:<br />
abbandono, percezione della caduta, tentativo di rialzarsi.<br />
Nel video presente in mostra, Bolognino illustra così il suo lavoro: “Tutte le volte che<br />
sto per iniziare un nuovo progetto, parto sempre dalla creazione di un archivio di<br />
immagini. Mi servo del computer, della ricerca di immagini, per sviluppare una sorta<br />
di archivio digitale di riferimenti. Da questo archivio di immagini, parto poi nella<br />
costruzione del mio immaginario. Questa costruzione non può prescindere dal<br />
“fare”. La mano diventa a quel punto uno strumento che, andando a braccetto con<br />
l'occhio, costruisce un panorama, un paesaggio di figure, segni e livelli che<br />
dialogano tra di loro e costantemente si sovrappongono e si confondono. Questa<br />
tecnica mi permette di donare quella sensazione di movimento che nelle mie<br />
immagini è cosi presente”.<br />
Poi relativamente a questa mostra dice: “Cecità, accecamento e oltraggio: questi<br />
sono i temi su cui ho lavorato per lo sviluppo di questa mostra. Il tema della cecità fa<br />
parte della mia ricerca artistica ormai da molto tempo. Intendo infatti il disegno,<br />
come un tuffo nell'invisibilità. Un cercare di tracciare un sentiero all'interno di una<br />
caverna buia. L'accecamento invece si riferisce ad un graduale processo di perdita<br />
della vista. Mi sono interrogato infatti, sulle diverse e numerose problematiche della<br />
vista umana e ho cercato di sviluppare, a partire da quelle, una nuova visione che<br />
potesse comprenderle, traducendole nella forma del disegno. Il termine oltraggio, in<br />
passato, indicava semplicemente un eccesso di azione, un andare oltre qualcosa, e<br />
lo troviamo con quest'accezione anche in Dante, come eccesso di visione, come<br />
luce che acceca. Dal mio punto di vista l'eccesso di visione proviene invece dalla<br />
sovrabbondanza di immagini e di sguardi a cui siamo costantemente esposti e<br />
sottoposti. Ho provato quindi a mettere insieme quest’oltraggio della visione con la<br />
tematica della cecità”.<br />
“Con questa mostra mettiamo a confronto un grande maestro del passato come<br />
Brueghel e un giovane artista napoletano come Bolognino e mettiamo a confronto<br />
due diversi linguaggi artistici: la pittura e il disegno contemporaneo. Il rapporto tra<br />
arte e scienza rimane comune nella favola di Bruegel e nella ricerca di Andrea<br />
Bolognino. Lo sguardo, la vista, l'occhio sono da sempre un tema centrale delle arti<br />
visive. La mostra ‘Cecità, accecamento, oltraggio’, interpreta profondamente il<br />
format "Incontri sensibili", ponendo in dialogo la contemporaneità e la collezione<br />
storica di Capodimonte” afferma il direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte<br />
Sylvain Bellenger. Il progetto di allestimento della mostra è di Lucio Turchetta, la<br />
progettazione grafica di Francesco Giordano.
o<br />
Indizi di Design<br />
Dettagli che (di)segnano il percorso creativo nel e del tempo<br />
Non si tratta sempre di evoluzione ma, piuttosto, di stili appartenenti ad un determinato (e talvolta determinante) periodo.<br />
Certe caratteristiche andrebbero riprese e ricontestualizzate nell’epoca attuale, integrandole con i progressi svolti.<br />
Percettibile il grande entusiasmo ogni volta che si (ri)presenta il Salone ‘Auto e Moto d’Epoca’. Solitamente alle fiere si va<br />
per cogliere l’innovazione, qui ci si ritorna con lo sguardo (forse nostalgico) rivolto verso il passato e nella direzione degli<br />
anni più generosi per l’aspetto progettuale, quando molto era ancora da inventare
Vizi e Virtù<br />
La simbologia interpretata da Giotto<br />
Alla Cappella degli Scrovegni, magnifico luogo d’incanto e di pace, di arte e storia, Giotto contrappone (come percorso di salvezza) davanti al<br />
Giudizio Universale, verso l’Inferno - i Vizi (a sinistra) e verso il Paradiso: le Virtù (a destra) - sette di qua e sette di là:<br />
Stoltezza - Prudenza<br />
Incertezza - Fortezza<br />
Ira - Temperanza<br />
Ingiustizia - Giustizia<br />
Infedeltà - Fede<br />
Invidia - Carità<br />
Disperazione - Speranza
Infinity Mirror Rooms<br />
Yayoi Kusama at the Tate Modern Gallery<br />
A full immersion into the Kusama’s emotional World - towards Infinity<br />
Perdersi per ritrovarsi - Yayoi Kusama alla Tate Modern - essere uno di quei punti nell’Universo
Grande attesa per l’interessante e particolare rappresentazione teatrale di Andrea De Rosa, il 5 e 6 febbraio 2022 presso il<br />
Teatro Tor di Nona di Roma.<br />
“Interessante e particolare”, per vari motivi: perché è uno spettacolo che racconta una storia che potrebbe sembrare surreale,<br />
vista l’ambientazione in cui essa si svolge, un coffeshop appunto, ad Amsterdam, lontani chilometri e chilometri dalla propria<br />
casa, dove si incontrano un avvocato italiano che vuole sfuggire ai problemi quotidiani, a sua moglie, ed una prostituta; i due<br />
iniziano a parlarsi ed a sfogarsi tra sostanze allucinogene che sembrano sottrarli alla realtà, ma che, invece, nella realtà li<br />
riporteranno, certamente cambiati, depurati interiormente, grazie alla comparsa di un Jolly … Come? Beh come e cosa<br />
succederà dovremo andare a vederlo di persona nelle serate!<br />
E’ “interessante e particolare” anche per un altro motivo: tutto lo spettacolo è stato concepito, scritto, portato in scena, diretto dal<br />
nostro amico Andrea De Rosa che, oltre a tutto ciò, interpreta il personaggio del Jolly, personaggio chiave, che continua a<br />
dirigere, all’interno della storia gli altri due personaggi interpretati rispettivamente da Luis Molteni e Flavia Martino.<br />
In tale lavoro, Andrea ha dimostrato di essere tutto: autore, regista, attore … insomma, un vero e proprio “artigiano dell’Arte” a<br />
360°; allora abbiamo deciso di scambiare due chiacchiere con lui per saperne un po’ di più.
TuttoBallo<br />
Ciao Andrea e grazie per aver accettato di scambiare qualche<br />
chiacchiera con noi. Grande attesa, dunque, per il tuo debutto a<br />
Roma, con questo spettacolo tutto tuo. Abbiamo accennato,<br />
velocemente, alla trama di “Coffeshop”; a cosa ti sei ispirato<br />
scrivendo una storia così particolare, importante nel suo<br />
significato e, soprattutto, cosa ti ha ispirato il “Jolly” che tu<br />
stesso interpreti?<br />
Stavo leggendo un libro dal titolo “L’enigma del solitario” di Jostein<br />
Gaarder. L’ho richiuso e sono rimasto qualche secondo a fissare la<br />
figura sulla copertina: un Jolly. Istintivamente ho pensato a questa<br />
carta che prende vita, si fa uomo… e appare sotto forma di<br />
allucinazione a due persone che fumano “per dimenticare”… dentro<br />
un Coffeeshop di Amsterdam: una prostituta triste e un avvocato in<br />
fuga dalla moglie… Non ti dico nient’altro…<br />
Ti ho definito un autentico “artigiano dell’Arte” perché questo<br />
spettacolo è una “creatura “tutta tua, che hai seguito ed<br />
accompagnato, dal punto di vista artistico, dal momento in cui è<br />
stata concepita, sino a quando sarà rappresentata (e<br />
sicuramente applaudita ed ammirata!). Cosa ha significato per te,<br />
più fatica nel dover ricoprire ruoli diversi contemporaneamente<br />
(autore, regista, attore) o più emozione?<br />
Più o meno tutte e due le cose... Per essere precisi: da un lato si<br />
sente il peso della responsabilità, perchè hai più situazioni da gestire,<br />
ma allo stesso tempo senti la libertà di poterlo fare a modo tuo,<br />
mettendoci dentro qualcosa che vuoi raccontare...e il risultato finale<br />
sarà, nel bene e nel male, figlio tuo.<br />
Torneresti a fare cinema? Se si, quale trama e quale ruolo<br />
immagineresti in questo momento per te?<br />
In questo momento non ho un ruolo specifico che sogno di<br />
fare...l'importante per me è farne sempre uno nuovo, cercando di<br />
evitare di riciclare quelli del passato... infatti a maggio torno al<br />
cinema... e sarò in un thriller a episodi, un ruolo inedito...almeno per<br />
me...<br />
Ultima, ma fondamentale domanda: cosa significa per Andrea<br />
recitare?<br />
Cercare di essere utile a qualcuno facendo qualcosa che senti come<br />
una vocazione... e farla, quindi, con spirito di servizio. noi di<br />
Tuttoballo, come promesso, saremo in prima fila ad applaudirti e poi<br />
… solita trattoria… Che ne dici?<br />
Scoppiamo entrambe a ridere, acconsentendo con un occhiolino….
GIORDANO VANONE<br />
E<br />
CATIA ANTONIOLI
Giordano Vanone e Catia Antonioli<br />
sono una coppia nella vita e nella danza.<br />
Nella loro lunga carriera professionale ed<br />
artistica sono stati insegnanti di<br />
moltissimi campioni di danza nazionali e<br />
mondiali. Top Dance nel corso degli anni<br />
è stato un brand di successo e qualità.<br />
Giordano e Catia, come vi siete<br />
conosciuti? Tra di voi è nato prima<br />
l’amore o il ballo?<br />
Dopo essere ritornato dalla Germania,<br />
nel 1985 andavo a Venezia a prepararmi<br />
per poter diventare un maestro di ballo<br />
con riconoscimento AMB; è stato<br />
proprio lì che il maestro Rolando mi<br />
propose un talento del ballo italiano che<br />
all'epoca era campionessa CISBA. A<br />
questa sua offerta non potevo mancare,<br />
pertanto, presi appuntamento nel<br />
dicembre del 1986, presso la scuola di<br />
Rolando a Venezia con Catia. A questo<br />
punto direi che l'amore per il ballo è nato<br />
per primo e poi tutto il resto ha fatto il<br />
suo percorso.<br />
Per quanti anni avete ballato insieme?<br />
Abbiamo trascorso un anno di intensa<br />
preparazione con vari maestri inglesi e<br />
tedeschi di fama internazionale e poi ci<br />
siamo dedicati alle gare per ben 6 anni<br />
fino che una embolia polmonare, nel<br />
1993, a malincuore mi ha indotto<br />
concludere la mia carriera da<br />
competitore professionista<br />
Qual è la gara che vi è rimasta<br />
maggiormente nel cuore?<br />
Catia: Senz’altro Blackpool la gara per<br />
eccellenza per la sua maestosità e<br />
atmosfera. Seguita subito dopo<br />
dall’International; solo entrare al Royal<br />
Albert Hall ti faceva sentire speciale<br />
E quella più negativa?<br />
Giordano: non penso che ci siano gare<br />
negative ma bensì più sofferte.<br />
Senz'altro i campionati italiani<br />
professionisti dove, per la prima volta, ho<br />
notato che la politica aveva la sua forza.<br />
Secondo voi, nel corso di questi anni<br />
come è cambiato il ballo?<br />
Giordano: secondo me, come in tutte le<br />
cose, c'è un'evoluzione sia positiva sia<br />
negativa. L'importante è perfezionarsi<br />
durante il tragitto, correggendo i propri<br />
errori per poi trovare un giusto<br />
bilanciamento.<br />
Vanone Giordano e Paul Holmes.
Voi girate il mondo, tra lezioni e gare. Come è percepita la<br />
cultura del ballo negli altri paesi.<br />
Giordano: il ballo segue di pari passo la cultura del proprio<br />
Paese, della propria Regione .<br />
Ad esempio in America del Nord il ballo è concepito come<br />
educazione del corpo; in America del Sud è espressione del<br />
corpo, senza regole, ma dove domina la spntaneità;<br />
in Russia la danza classica è punto di riferimento, dove regole<br />
chiare, duro lavoro, disciplina sono fondamentali per una buona<br />
riuscita. In Asia il ballo è forma artistica basata sulla flessibilità<br />
sul rispetto e disciplina e, soprattutto confronto; in Europa si è,<br />
invece, più legati alla tradizione.<br />
Secondo voi, perché in Italia la danza è considerata la<br />
cenerentola di tutte le arti e ora anche dello sport?<br />
Giordano: non penso che la danza sia considerata la<br />
Cenerentola di tutte le arti ma è sempre stata vista più come<br />
divertimento che come un’attività di carriera.<br />
Voi, siete insegnanti internazionali, molte delle vostre<br />
coppie sono diventate campioni del mondo. Come si<br />
individua un potenziale campione?<br />
Giordano: individuare un campione non è certo facile,<br />
nonostante l'esperienza che una persona possa avere, perché<br />
sono molti i fattori che giocano un ruolo importante ma<br />
certamente l'individualità e la naturalezza hanno un ruolo<br />
fondamentale<br />
Chiunque può diventare Campione?<br />
Giordano: intanto facciamo la differenza fra campione e il<br />
campione. Sì, penso che chiunque possa diventare campione<br />
con grande impegno e costanza, poi diventare il campione unico<br />
ed irripetibile non è certo facile<br />
Quali caratteristiche deve avere un ballerino?<br />
Penso che ognuno di noi è particolare, pertanto penso che sia<br />
fondamentale che ognuno di noi esprima con il corpo il proprio<br />
modo di sentire la musica dando forma alla propria espressione<br />
Giordano, alla luce dei cambiamenti che si stanno<br />
verificando, quale futuro avrà la danza italiana?<br />
Spero che l'Italia abbia la forza di poter unire i propri<br />
professionisti e atleti perché sarà questo a decidere le sorti nella<br />
danza italiana<br />
La politica internazionale del ballo in quale direzione sta<br />
andando?<br />
Spero che il mondo della politica e il mondo del ballo trovino un<br />
modo per dialogare e arrivare a dei compromessi come marito e<br />
moglie…
Caro Mario benvenuto! Facciamo conoscere al meglio la tua persona partendo,come sempre facciamo,dai tuoi esordi.<br />
Raccontaci della tua infanzia e di come ti sei avvicinato alla Danza.<br />
Sono nato a Montreal (Canada) , da genitori emigrati dall’Italia, dopo essere sopravvissuti alle persecuzioni razziali e per cercare<br />
altre opportunità. I miei genitori hanno sempre danzato quickstep, foxtrot, valzer lento, tango , boogie woogie, e mia madre ha<br />
interrotto una carriera di cantante a causa della situazione economica in cui si trovava. Ho studiato canto da piccolo e partecipato<br />
a numerose esibizioni di canto, poi, ginnastica artistica ed in seguito danza. Dalla prima lezione ho capito che avrei voluto<br />
studiare da professionista, comincando lo studio della danza classica e modernaa Torino, con Susanna Egrie Sara Acquarone,<br />
poi alla Alvin Ailey School e Martha Graham School a New York.<br />
I tuoi primi lavori. Quali ricordi conservi?<br />
Da danzatore ho iniziato a Torino al Teatro Regio, poi, con Sara Acquarone, con gran parte delle compagnie di ricerca italiane,<br />
in seguito con Momix e Lindsay Kemp Company.Come coreografo ho iniziato presentando i miei primi lavori ai concorsi Nazionali<br />
e Internazionali di Coreografia, che mi hanno permesso di essere premiato a Londra, Parigi, ed iniziare le mie prime produzioni.<br />
Ho iniziato ad essere invitato come coreografo dal M°Poliakov al Maggiodanza, poi al Teatro Regio di Torino, Parma, Cremona ed<br />
ho cominciato un percorso creativo alla continua ricerca di nuovi contenuti, convinto di voler creare evento performativo tra danza,<br />
canto, teatro, teatro-danza, tecnologia, verso un Teatro di Danza inclusivo e come evento comunicativo e linfa vitale per la<br />
comprensione di concetti e sentimenti di interesse universale<br />
Hai fatto tante creazioni per importanti nomi della Danza e Teatri. Tra questi la grande diva Carla Fracci…..<br />
Sono alla continua ricerca di stimoli e mi interessa moltissimo l’esperienza professionale ed artistica degli Artisti con cui ho<br />
collaborato e con cui lavorerò, in modo da poter scoprirla radice unica del talento, del modo unico che questi artisti sono in grado<br />
di emanare dal proprio modo di danzare. Carla Fracci era ed è unica e con lei ho realizzato molte creazioni. Abbiamo avuto una<br />
importante collaborazione creativa, unica ed irripetibile, come “Dio salvi la Regina “ al Teatro dell’Opera di Roma . Abbiamo avuto<br />
una collaborazione stimolante, creativa, eccitante, unica, creando un Team creativo con il M°Beppe Menegatti e con il M°Ludovic<br />
Party, e portando in scena numerose mie creazioni.<br />
A Roma hai registrato sold out e primati continui con il tuo Schiaccianoci per il Balletto di Roma per oltre 10 anni. Quale<br />
segreto?<br />
La verità. Saper raccontare, evocare attraverso la danza tematiche di interesse universale in cui le persone possono riconoscersi<br />
e poter ragionare, commuovendosi e ridendo. Un metodo compositivo che è caratteristico del mio modo di far Coreografia.<br />
Oltre l'Italia anche grandi produzioni all'estero per importantissime compagnie, come il Ballet de France, il Teatro<br />
dell'Opera di Stara Zagora, il Balletto di Sofia e anche New York...<br />
Continuando il mio percorso artistico, sempre alla ricerca di nuovi modi espressivi , naturalmente cerco di essere sempre<br />
stimolato da nuove avventure creative collaborando con teatri, Compagnie di Danza, Compagnie di Danza di Teatri d’Opera e,<br />
così, ho continuato a creare nuove produzioni, spaziando dalla musica colta alla musica popolare, dalla musica classica alla<br />
musica jazz, cercando nuove espressioni danzate, ispirandomi comunque a concetti espressi da Platone, Rudolf Von Laban,<br />
sistemi compositivi ispirati a Cunningham, o a quelli legati alla video arte.<br />
Oltre la tua attività di coreografo internazionale, sei da qualche anno anche docente presso l' AccademiaNazionale di<br />
Danza di Roma. Come vivi questo ruolo nei confronti dei giovani con cui ti rapporti?<br />
…Da quando ho iniziato il mio percorso professionale nella danza, ho cercato di sviluppare nel migliore dei modi il mio modo di<br />
intendere l’Arte della Danza legato alla consapevolezza, alla tecnica, all’inclusione, al rispetto e alla massima libertà creativa .<br />
Insegnare l’arte della coreografia è uno degli aspetti del mio percorso artistico in continua evoluzione e neanche io posso capire<br />
dove potrà arrivare ed approdare perché ho sete di novità e scoperte che cerco di trasmettere agli studenti e ai danzatori<br />
professionisti con cui lavoro. Studiate, cercate di apprendere al massimo ogni tipo di conoscenza tecnica per poi potervi<br />
esprimere dopo aver nutrito il vostro sapere.<br />
Progetti Futuri?<br />
All’inizio del 2022 andrà in scena per la 150° replica il mio Ghetto in una nuova versione (Estero), visto il notevole successo che lo<br />
accompagna e, di questo, sono grato al pubblico che riempie i Teatri in cui si rappresenta. Poi, in Maggio, ci sarà la “Prima” di<br />
“Notre Dame de Paris”, prodotto dal Teatro dell’Opera di Stara Zagora con un cast eccezionale . In seguito due produzioni<br />
italiane, nella seconda metà del 2022, legate alla letteratura ( di questo ne riparleremo).<br />
Cosa rappresenta per te la Danza in una sola parola?<br />
Il mio modo per esprimere l’Amore .
Dancer Carillodol<br />
ph. Monica Irma Ricci<br />
Make-up Mauri Menga
Dancer Carillodol /ph. Monica Irma Ricci /Make-up Mauri Menga
ELISA AMENDOLA<br />
PH. Monica Irma Ricci<br />
Makeup: Mauri Menga
Elisa Amendola è una giovane promessa<br />
della danza. Romana, classe 2000 ha<br />
iniziato a studiare danza all'età di 5 anni in<br />
una scuola privata. A 14 ha preso una<br />
decisione importante per la sua carriera e<br />
ha deciso di continuare i suoi studi presso<br />
l’accademia di balletto classico di Perm<br />
(Russia).<br />
Dopo il diploma, nel 2019 entra nel corpo<br />
di ballo dell’Astra Roma Ballet diretta da<br />
Diana Ferrara e partecipa a diverse<br />
produzioni: Sulle punte e no,I tesori del<br />
cuore, Dante sommo poeta in giro per<br />
l’Italia.<br />
Dalla collaborazione con i colleghi Kevin<br />
Arduini e Fausto Paparozzi, che ricoprono<br />
il ruolo di direttori artistici, nasce la<br />
compagnia Danza d’Autore. La compagnia<br />
al suo esordio ha portato in scena “Il<br />
Poeta libero”, uno spettacolo omaggio a<br />
Fabrizio De André interamente realizzato<br />
con le sue musiche.<br />
Frequenta il corso universitario di<br />
Mediazione linguistica e in futuro il suo<br />
sogno è portare avanti questo lavoro e la<br />
danza, senza rinunciare e nessuno dei<br />
due sogni.<br />
Elisa è una persona molto dolce e<br />
determinata e come consiglio a chi vuole<br />
intraprendere il mestiere di ballerino è<br />
credere in se stessi e nelle proprie<br />
potenzialità e di affidarsi a un buon<br />
insegnante. Il mondo della danza è molto<br />
duro, tanti sono gli ostacoli ma è convinta<br />
che l’arma vincente è puntare e credere<br />
su se stessi, perchè così si è già a metà<br />
dell’opera.
PH. Monica Irma Ricci<br />
Dancer: Giorgia Montepaone<br />
Alessandro Scavella<br />
Makeup: Mauri Menga<br />
www.istagram.com/i.r.m.a19<br />
www.istagram.com/eli_amendola<br />
www.facebook.com/maurimenga<br />
www.istagram.com/linea_b_
Giorgia Montepaone nasce a Genzano di Roma nel 1994, si<br />
avvicino alla danza moderna all’età di 7 anni e alla danza<br />
classica all’età di 10 e inizia a danzare ad Anzio, dove vive.. Nel<br />
2009 tramite una borsa di studio inizia a studiare alla scuola del<br />
Teatro Greco Dance Studio di Roma, dove approfondisce gli<br />
studi della danza classica, contemporanea e jazz. Dal 2014<br />
frequenta il Triennio Classico all’Accademia Nazionale di Danza<br />
di Roma dove nel 2018 consegue la Laurea Triennale di I livello<br />
in Discipline Coreutiche indirizzo Danza Classica. In questi anni<br />
ha l’opportunità di studiare con importanti maestri e coreografi e<br />
di partecipare ad eventi e spettacoli. Nell’anno 2018/2019 lavora<br />
in quattro produzioni della compagnia Astra Roma Ballet diretta<br />
dall’Etoile internazionale Diana Ferrara: - Serata di Gala “Sulle<br />
punte e no” dove interpreta la bambola nel passo a due Muñecos<br />
del coreografo Alberto Mėndez; - il personaggio di Papagena ne<br />
Il Flauto Magico e la Gazza ne La gazza ladra entrambe<br />
creazioni del coreografo Paolo Arcangeli; - I tesori del cuore, in<br />
stile neoclassico, della violinista Anyla Kraja con musica dal vivo.<br />
Molti sono gli spettacoli e i festival ai quali partecipa sia in Italia<br />
che all’estero come all’Auditòrio Fernando Lopes – Graça ad<br />
Almada in Portogallo; o anche al Théâtre Régional d’Oran e al<br />
Sala Ibn Zeydoun di Algeri in Algeria. Per citarne alcuni. Nel<br />
2020 lavora come ballerina nel corpo di ballo dello State Opera<br />
Stara Zagora in Bulgaria dove danza nel balletto di repertorio<br />
Chopiniana nel teatro dell’opera stessa. Nell’anno 2020/2021<br />
inizia il Biennio specialistico per l’insegnamento all’Accademia<br />
Nazionale di Danza di Roma per conseguire la Laurea di II livello<br />
in Didattica delle discipline coreutiche indirizzo Danza<br />
Classica.Lavora inoltre nella nuova tournée estiva della<br />
compagnia Astra Roma Ballet con la nuova produzione Dante,<br />
sommo Poeta.<br />
Parallelamente ha partecipato come danzatrice a produzioni<br />
cinematografiche come:<br />
- la serie TV Medici: Masters of Florence 2 regia di Jon Cassar<br />
con le coreografie di Gianni Santucci,<br />
- The start up – Accendi il tuo futuro regia di Alessandro D’Alatri,<br />
- la serie TV Rai Carosello Carosone regia di Lucio Pellegrini,<br />
nonché la più recente produzione Walt Disney ancora in uscita,<br />
con la Compagnia Nazionale di Danza Storica di Nino Graziano<br />
Luca
Alessandro Scavella, ha 25 anni e vive a Roma. Sin da piccolo<br />
ha iniziato a muovere i primi passi di danza e appena ascoltava<br />
una musica cercava di accompagnarla attraverso dei movimenti<br />
che spontaneamente prendevano forma e creava una piccola<br />
coreografia. Tutto è nato che aveva solo 6 anni quando, nelle<br />
spensierate giornate delle vacanze estive, partecipava entusiasta<br />
ai balli di gruppo che si organizzano sulla spiaggia e così i genitori<br />
lo iscrissero ad una scuola di danza. I primi anni di studio sono<br />
stati caratterizzati più che altro dal gioco; considerava le lezioni<br />
come un passatempo e come una distrazione dai compiti<br />
scolastici, però bisogna riflettere sul fatto che tutto quel tempo<br />
trascorso a relazionare assieme ad altri bambini e poi adolescenti<br />
ha contribuito a farlo diventare la persona socievole, educata e<br />
disciplinata che è oggi. Tutto questo è andato avanti sino ai 14<br />
anni quando ha sentito che quel passatempo stava diventando<br />
una vera e propria passione, soprattutto per quanto riguarda gli<br />
stili classico e contemporaneo. Non resisteva più di un paio d’ore<br />
davanti ai libri di scuola ma poteva rimanere anche mezza<br />
giornata a scuola di danza allenandosi sia fisicamente, prendendo<br />
parte alle lezioni, che mentalmente, osservando altri insegnanti e<br />
assorbendo come una spugna le correzioni che indicavano agli<br />
altri allievi per poi metterle in pratica. Sino alla maggiore età sono<br />
stati anni molto difficili, ha sempre cercato di osservare e studiare<br />
con gli allievi dei corsi più grandi per rincorrere e raggiungere al<br />
più presto il loro livello, ma ciò ha richiesto molti sacrifici. Spesso<br />
ha dovuto rinunciare alle uscite con gli amici per recuperare i<br />
compiti e lo studio arretrato; raramente i suoi genitori potevano<br />
comprargli ciò che desiderava perché già si occupavano della<br />
scuola di danza. Ha frequentato il Centro Danza Kiki Urbani<br />
diretto dal maestro Giuseppe Urbani e poi il Centro Danza Fausta<br />
Spada a Roma, che per lui è stato e continua ad essere una<br />
grande famiglia alla quale rimarrà sempre legato.<br />
Successivamente è stato ammesso alla Scuola di Danza del<br />
Teatro dell’Opera di Roma ed ha perfezionato i suoi studi<br />
soprattutto con il maestro Denis Ganio, Etoile del Teatro<br />
dell’Opera di Parigi. Sono poi iniziati gli anni delle audizioni e del<br />
lavoro che gli hanno permesso di viaggiare davvero molto per<br />
tutta l’Italia ma anche all’estero in Spagna e in Germania. Nel<br />
2018 ha preso parte alle produzioni del Balletto di Siena diretto da<br />
Marco Batti ballando ne “Il Lago dei Cigni” e “Notre Dame de<br />
Parìs”.Nel 2020 è stato finalista del prestigioso concorso “Premio<br />
Roma Danza” prendendo parte all’opera “Happy Goodnight To<br />
You” di Giada Primiano. Nel 2021 ha collaborato con la<br />
compagnia “Almatanz” diretta da Luigi Martelletta ed ha preso<br />
parte alle produzioni dell’“Art Dance Theatre” diretto da Franco<br />
Franchi e Gloria Imperi ballando in “Carmina Burana” e “Bolero”<br />
con le coreografie di Tuccio Rigano. Ha partecipato a numerosi<br />
Galà di danza nazionali ed internazionali come ballerino solista e<br />
ha collaborato con numerose scuole di danza in tutta Italia sia<br />
come insegnante che come ballerino ospite. Dal 2019 ad oggi è<br />
un ballerino solista della compagnia “Astra Roma Ballet” diretta<br />
dall’Etoile del Teatro dell’Opera di Roma Diana Ferrara,<br />
prendendo parte alle produzioni “La Gazza Ladra”, “I Tesori del<br />
Cuore”, “Dante Sommo Poeta”.
La fotografia come terapia o scopo<br />
esistenziale<br />
Davide Bilancia<br />
Fotografare non è solo cogliere un'immagine.<br />
Avvicinarsi alla fotografia e fotografare è un atto d'aiuto per se stessi.<br />
Non per forza mi impongo di pubblicare o sovraprodurre immagini, né sono legato<br />
alla concezione di successo.<br />
Molti fotografi rimangono nel buio come Vivian Maier, divenuta famosa anni dopo<br />
la sua morte.<br />
Fotografare è la ricerca del sé più autentico, per cercare e prendere, cogliere, le<br />
immagini che più ci cercano a loro volta. È un disegno del destino che talvolta ci<br />
pare di vedere.<br />
Ferdinando Scianna dice che il fotografo guarda e talvolta vede qualcosa.<br />
La mente, l'anima, l'inconscio usano e vivono di immagini e spesso sento dentro<br />
me che è come se fossi distaccato dal resto del mio essere.<br />
Qualcuno ha detto che è come se io fossi un tutt'uno con la macchina fotografica<br />
ed è vero, è un'affermazione che sento particolarmente mia.<br />
Si ricerca affinità con il destino, con se stessi, mediante la fotografia.<br />
Le immagini non sono tutte buone nel senso che non sono tutte utili alla<br />
pubblicazione o a diventare opere d'arte o ad essere esposte; bensì credo,<br />
vivendolo, che un fotografo debba prima ricercare se stesso nelle immagini che<br />
cerca attivamente o attira a sé e, per questo, dico che è la mia vocazione, il mio<br />
mantra, il mio credo più profondo.<br />
Spesso mi pare che l'immagine e l'impressione percettiva di essa io l'abbia già<br />
dentro e, nel momento in cui avvicino la macchina fotografica all'occhio, succeda<br />
qualcosa dentro di me, e nello stesso momento premo il pulsante che aziona<br />
l'otturatore e qualcosa di magico accade.<br />
Quell'immagine catturata resta per sempre nella mia memoria ed alla fine, solo alla<br />
fine, avrò il quadro completo della mia esistenza, poiché ciò che faccio è stare nel<br />
cammino esistenziale raccogliendo delle impressioni vitali quando lo sento dentro.<br />
Fotografare mi porta a crescere coltivando la mia essenza, nutrendola di immagini<br />
affini.<br />
Questo percorso comporta gioia e presenza in qualcosa che esiste ma non lo<br />
senti.<br />
Il rapporto tra me e la fotografia è simbiotico e, talvolta, umanamente distaccato<br />
nel senso che mi affido agli astri alle sensazioni alle premonizioni al sapere innato<br />
del mio inconscio che mi guida facendone strada lungo il percorso al quale sono<br />
destinato.<br />
È pura magia. È inspiegabile poiché vivo.<br />
Sento l'essenza della mia anima nel momento in cui il mio essere si allinea con<br />
l'universo. Non sento errori né fallimenti, percepisco l'esperienza vitale.<br />
Non mi importa di diventare qualcuno o qualcosa di cui poter parlare; la fotografia<br />
è intima, è la materia più importante che ho, tant'è che questo lato di me è<br />
nascosto nel buio, al sicuro, come un seme nella terra che si prepara a<br />
germogliare.<br />
Qualunque sia la vostra arte, vivetela.<br />
Create e distruggete ogni volta, anche gli stessi strumenti di lavoro o le vostre tele<br />
o parole che siano esse in musica o in qualche quaderno riposto nei cassetti.<br />
Nella vita non c'è una soluzione o una risoluzione, c'è un processo e questo è il<br />
mio, la fotografia.
Cosa ci insegna il Tango a proposito dell’amore? Indubbiamente i testi di tango sono lo specchio di una vera e propria filosofia<br />
popolare sulla vita e molti di essi affrontano questo sentimento imprescindibile per l’essere umano con diverse declinazioni. Se<br />
l’amore non viene espressamente menzionato in una canzone, non si può dire che nel testo sia assente un contenuto amoroso,<br />
quindi potremmo dire che l’80% dei brani di Tango parla d’amore.<br />
La storia del Tango, le sue origini e le biografie delle persone che lo fecero, ci spiegano come poeti e parolieri di questo mondo<br />
si siano concentrati su tre domande principali: “Che cosa è l’amore?”, “Perché si soffre così tanto per amore?” e “Come si<br />
gestisce?”. Un primo risultato di tanta dedizione nel comprendere e descrivere questo tema così complesso, risiede nella<br />
raccolta di testi scritti per il Tango in più di un secolo di vita, una sorta di compendio sull’amore sparso in decine di migliaia di<br />
versi.<br />
La metafora è lo strumento principale per approcciare l’amore. Questa tecnica è comune nel mondo anglosassone come in<br />
quello ispano-americano; pertanto, questo sentimento viene spesso accostato ad un “nutrimento” che porta le persone ad<br />
avvertirlo come una necessità (“Estaba sedienta de amor”; “Esta relación no me llena totalmente”), o come l’unione di due parti<br />
complementari, secondo un’accezione occidentale di stampo platonico (“Estamos hechos el uno para el otro”; “Es mi media<br />
naranja”; “Ella y yo somos uno”) che conduce l’essere umano a concepire l’amore come uno stato idilliaco e di armonia perfetta.<br />
Ancora, le lingue europee descrivono l’amore come un fluido con la capacità di impregnare totalmente qualcuno (“Estoy lleno de<br />
amor”; “Esta relación no me llena del todo”).<br />
Nei testi di Tango si incontrato tutte queste metafore, ma il Tango va anche oltre, costruendo nuove e peculiari immagini che<br />
vanno ad arricchire la visione filosofica e psicologica dell’amore.<br />
Secondo il Tango, ad esempio, l’amore è un palazzo (“El amor es un castillo”; “El palacio de mis sueños”; “Construyamos entre<br />
los dos un nuevo mundo”), un luogo che ci protegge dal mondo esteriore (“Volvamos a nuestro nido”) e dove possiamo<br />
ubriacarci (“Tu boca que embriaga”; “La vida es corta y hay que vivirla, dejando a un lado la realidad”), una magia (“Me encanta<br />
esa mujer, está encantada”) che a volte riesce a stregarci o condurci alla follia (“Tus ojos que hechizan, y que perturban mi<br />
razón”; “La enfermedad del amor”). Ma l’amore è anche veleno (“decí, ¡por Dios!, ¿qué me has dao?”; “¡sírveme en la copa<br />
rota!, quiero sangrar, gota a gota, el veneno de su amor”; “en sus pupilas guarda el veneno de la pasión”), una luce che ci<br />
illumina e può essere una guida nel cammino della vita, così come un miraggio (“Mentíme al oído la fábula dulce, de un mundo<br />
querido, soñado y mejor”). Infine, l’amore viene spesso accostato ad un essere vivente in grado di nutrirsi, crescere, svilupparsi,<br />
maturare, ammalarsi e morire, oppure ad un paradiso fragile come una bolla di sapone (“más frágil que el cristal fue mi amor<br />
junto a ti… cristal tu corazón, tu mirar, tu reír… Ya nunca volveré, lo sé bien, nunca más, tal vez me esperarás, junto a Dios,<br />
más allá”).<br />
Le cause dell’amore sono spesso ricorrenti nei testi di Tango e fanno riferimento ad elementi “feticisti” che sono presenti<br />
all’inizio stesso di molti amori: il sorriso, gli occhi, i capelli, le labbra, la pelle (“Vi en tus ojos, un mundo de ilusiones<br />
desconocido”). Molti tanghi attribuiscono l'amore al partner che ha gusti e modi di essere che l'amante apprezza, sebbene non<br />
coincidano necessariamente con i propri; in altri casi si valuta che la persona amata sia complice del gioco della vita, che in<br />
qualche modo ne esalta le capacità, coerentemente con la metafora dell'amore come lotta contro la vita. Molti altri tanghi<br />
associano l'attrazione amorosa, non a cause esterne, ma ad una spinta interiore, di origine sconosciuta o sprannaturale (“Te<br />
quiero, porque te quiero”; “Es insondable el modo de querernos, que se escapa a la razón de quien nos mira, es profundo y<br />
tiene algo de eterno, como si hubiera recorrido muchas vidas”).
È evidente come le metafore del tango ci offrano una visione<br />
enormemente ricca di cosa sia l'amore. Esse sono abbastanza lassiste<br />
da descrivere tutti gli aspetti più importanti del fenomeno, quelli che ci<br />
colpiscono di più, ma allo stesso tempo hanno una coerenza reciproca<br />
relativamente alta, al punto da avere anche un interesse filosofico.<br />
Il tango non si ferma alla descrizione di questo complesso fenomeno<br />
che è l'amore, ma ci fornisce una serie di consigli utili per affrontare<br />
questa complessità e sopravvivere. In particolare, raccomanda una<br />
serie di atteggiamenti con i quali è possibile ottenere il meglio<br />
dell'amore. Tra i tanti atteggiamenti consigliati, ce ne sono quattro che<br />
spiccano perché coincidono con quelli che il tango suggerisce anche<br />
per affrontare le durezze della vita: atteggiamento baudelairiano;<br />
atteggiamento romantico; atteggiamento nietzschiano; atteggiamento<br />
prospettico distaccato.<br />
L'atteggiamento baudelairiano consisterebbe nel godere dell'ebbrezza<br />
amorosa finché dura, essendo consapevoli della sua natura "artificiale"<br />
e "volatile" e, quando per quella natura intrinsecamente volatile,<br />
quell'ebbrezza si dissipa, si ritorna ad ubriacarsi ancora una volta con<br />
un altro amore, con vino, con la musica, o con qualsiasi altro paradiso<br />
artificiale. La felicità e l'euforia che derivano dall'essere intossicati dalla<br />
passione sono ben descritte nel Tango “Cantemos corazón”.<br />
L'atteggiamento romantico consisterebbe nel godere dell'espressione<br />
dei sentimenti sopraffatti che l'amore e la vita mettono in gioco, e farne<br />
un'opera d'arte. Ma, oltre a ciò, può essere anche fondamentale non<br />
prestare attenzione agli altri e a ciò che diranno, e concentrarsi solo su<br />
ciò che se stessi (e il partner amorevole) considerano eticamente ed<br />
esteticamente prezioso.<br />
L'atteggiamento nietzscheano consisterebbe nell'accettare la vita,<br />
anche nei suoi aspetti più duri e instabili, e non solo nei suoi aspetti<br />
positivi, perché entrambi gli aspetti non possono essere sezionati<br />
senza che la vita scompaia. Alcuni tanghi dicono esattamente la<br />
stessa cosa: “Yo nací para querer, aunque tenga que sufrir”, “Sufrir<br />
por una mujer es la dicha de vivir”; in altre parole, vivere e soffrire<br />
d'amore sono praticamente sinonimi e non possono essere separati:<br />
“chi vuole vivere soffre”, dice un altro tango.<br />
L'atteggiamento distaccato e prospettico consisterebbe nell'imparare a<br />
cogliere la “doppia faccia” che hanno le cose. La realtà esterna non è<br />
predefinita una volta per tutte, ma ha una certa ambiguità. E la<br />
prospettiva che assume il soggetto davanti a sé è fondamentale per<br />
dare un colore o l'altro, una tonalità finale o un'altra, a quella realtà.<br />
Vorrei concludere con una bella frase di Silvio Rodriguez, che recita<br />
così: “Que me tenga cuidado el amor, que le puedo cantar su canción”<br />
(Che l’amore mi protegga, che possa cantargli la sua canzone).
TuttoBallo<br />
Quanto manca a Carnevale? Beh, se a chiederlo e a rispondere sono due uruguaiani, in realtà il Carnevale sta per iniziare. Sì<br />
perché a Montevideo dura quanto la Quaresima: 40 giorni, da fine gennaio a inizio marzo. E, soprattutto, 40 notti. E se credete che<br />
quello di Rio de Janeiro sia festoso e colorato, allora vale la pena conoscere anche quello del piccolo e troppo spesso sconosciuto<br />
paese incastonato proprio tra Brasile e Argentina.<br />
Anche in Uruguay, come in tutto il mondo, il Carnevale è momento di rovesciamento, il giorno in cui i subalterni possono liberarsi<br />
simbolicamente del loro giogo e sbeffeggiare i padroni, il giorno in cui è concesso tutto. A Montevideo il Carnevale è principalmente<br />
una lunga competizione tra gruppi di murgas.<br />
Immaginatevi una città tappezzata di tablados, piccoli palchi dagli assi di legno montati in ogni quartiere dove si avvicendano più<br />
gruppi amatoriali nella stessa sera. Per quaranta giorni. Appunto, le murgas. Una murga è una banda amatoriale di strada<br />
rappresentante solitamente un quartiere della città e composto da diciassette membri, rigorosamente: tredici cantanti, un<br />
direttore/solista e tre percussionisti, con i loro tamburi di diverse dimensioni, bombo, platillo e redoblante. Tutti sono truccati e<br />
mascherati, in uno stile che ricorda le maschere veneziane ma deformate in versione ironica e satirica.<br />
L’origine di questo stile di festeggiare (perché se è vero che il periodo centrale è quello del Carnevale, è altrettanto vero che le<br />
murgas fanno pratica tutto l’anno e, le più conosciute, si esibiscono in occasioni particolari, sempre festose) è spagnolo e si deve a<br />
un gruppo musicale andaluso che a inizio ‘900 arrivò in Uruguay per esibirsi, ‘La Gaditana’. Essendo i locali delle esibizioni troppo<br />
piccoli o particolarmente alta la richiesta da parte del pubblico o, al contrario, troppo scarsa, la banda prese a suonare girando per le<br />
strade della città. Dall’anno successivo un primo gruppo amatoriale volle omaggiare e parodiare gli spagnoli creando ‘La murga La<br />
Gaditana que se va’; da lì in poi nacquero tantissimi gruppi di murga, sempre con l’intento parodistico e sempre con nomi che già<br />
rendono idea del clima: ‘Los Domadores de Suegras’ (I Domatori di Suocere), ‘Salimos por No Quedarnos a Casa’ (Usciti per Non<br />
Starcene in Casa), ‘Tírame la Punta del Naso’ (Tira la Punta del Naso) e molti altri. Lo stile della murga è rimasto questo: parodiare,<br />
parodiare tutto: il potere, la società, i fatti principali accaduti nell’anno… tutto. Perché a Carnevale vale tutto e tutto si può.<br />
Alla murga si affianca il candombé, o candombe, un ballo frenetico e festoso, una danza-lotta in stile capoeira, di origine africana.<br />
Ma l’Uruguay che cosa c’entra? Siamo abituati a conoscerlo come un paese di immigrati europei, una seconda casa per gli italiani,<br />
al pari dell’Argentina, una sorta di avamposto della cultura europea in America meridionale… E invece la cultura africana è molto<br />
presente in Uruguay, specialmente nel settore musicale.<br />
Anche sulle sponde del Rio de la Plata sono arrivate navi spagnole cariche di deportati africani, ovviamente, ma è il 1852 quando<br />
l’Uruguay abolisce la schiavitù, giusto una quarantina d’anni prima che lo stesso avvenga in Brasile (1888) e in anticipo anche<br />
rispetto ad altre ex colonie spagnole. Questo fa sì che molti schiavi che riuscivano a fuggire o molti afro-americani che non erano<br />
più formalmente schiavi ma non godevano ancora dei pieni diritti di cittadinanza cercassero di raggiungere l’Uruguay.
TuttoBallo<br />
Lì sarebbero stati semplicemente dei cittadini. Ecco uno dei motivi principali della forte presenza di afroamericani in Uruguay<br />
rispetto, ad esempio, all’Argentina. Ovviamente, come tutti gli esseri umani che si spostano, anch’essi portarono con sé il proprio<br />
bagaglio culturale che, naturalmente, comprendeva anche la musica. E questo seme cresce in luoghi specifici, gli unici dove<br />
potessero vivere degli ex schiavi, ovvero i conventillos. Un conventillo non è altro che un intero edificio a più piani con dei ballatoi<br />
che si affacciano su uno o più cortili interni. Ogni piano è composto da più appartamenti, generalmente formati da una o due<br />
stanze e sempre senza bagno, che è in comune giù in cortile. In Italia c’è stato qualcosa di simile nelle città del nord, soprattutto<br />
Milano e Torino, con le cosiddette “case di ringhiera”, e proprio come quelle, anche i conventillos erano destinati a immigrati o,<br />
appunto, ex schiavi. È in uno di questi conventillos, precisamente nel ‘Medio Mundo’, in calle Cuareim 1080, a Montevideo, che<br />
viene storicamente datata la nascita del candombé uruguaiano.<br />
A differenza della murga, il candombé ha un’intensità di satira e di rovesciamento sociale minore, per quanto comunque presente;<br />
si concentra di più sull’aspetto festoso, essendo una rievocazione dell’incoronazione dei Re dell’antico Congo prima e dei Re Magi<br />
poi. Come la murga, anche il candombé ha una sua struttura piuttosto rigida: ogni comparsa, ossia ogni gruppo, è composto dalle<br />
maschere storiche della tradizione africana: La Mama Vieja, ossia la donna regina del Carnevale, che rappresenta la saggezza, il<br />
rispetto per l’anzianità e l’importanza della linea matriarcale nelle culture africane; El Gramillero, ossia lo stregone, a<br />
rappresentare il rispetto per l’anzianità e la vita tribale, quindi ancora una volta il legame con la tradizione africana; El Escobero,<br />
ossia colui che, bastone o scopa alla mano, in passato apriva, guidava e chiudeva la comparsa, rappresentando l’uomo, il<br />
guerriero della tribù: infatti si scontrava a duello con El Escobero di un’altra comparsa cercando di farlo cadere ballando e<br />
agitando la scopa. A queste maschere si aggiungono un nutrito corpo di ballo e un minimo di cinquanta suonatori di tambores, che<br />
sono di tre dimensioni: in ordine crescente, chico, repique e piano. Ogni tipologia di tamburo ha un suo modo di essere suonato,<br />
un proprio ruolo all’interno della musica e, soprattutto, ogni comparsa ha il proprio stile e il proprio ritmo in rappresentanza di ogni<br />
quartiere della città, senza distinzione di ceto; ogni quartiere ha la propria comparsa. Partendo da diversi angoli dei tradizionali<br />
quartieri cittadini abitati da neri, iniziano le llamadas, le ‘chiamate’: le corde dei tamburi vengono “tirate” al calore del fuoco e i<br />
tamburi cominciano a dialogare per preparare il pubblico e poi partire in sfilata insieme ai ballerini chiamando, appunto, la gente a<br />
unirsi alla festa. Tutte le comparsas si radunano poi nello stesso punto per la sfilata congiunta, che in realtà è una gara a ritmo<br />
tribale, tra tamburi impazziti e balli scatenati che richiamano la trance delle musiche tradizionali africane. Una<br />
ricchezzariconosciuta anche dall’UNESCO, che ha decretato il candombé Patrimonio immateriale dell’Umanità.<br />
Con la murga e la sua satira scherzosa e dissacrante, il candombé e la sua festosità sfrenata, il Carnevale uruguaiano è una vera<br />
occasione di gioia, leggerezza e divertimento per tutta una comunità, una città e un intero paese.<br />
David Iori<br />
traduttore ispanoamericano e portoghese<br />
www.ilcontaconti.wordpress.com
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Libertà immaginativa di un architetto pittore.
Mi chiamo Martina Bruzzone, ho 31 anni e vivo a Genova. La mia passione? ... la fotografia! ...una passione che è entrata nella<br />
mia vita fin da piccola e che a poco a poco ha preso mano, o meglio si è fatta spazio giorno dopo giorno, anno dopo anno. Da<br />
bambina mi incuriosivano i particolari di tutto ciò che mi stava attorno, volevo poterli guardare e riguardare per "scoprirli" sempre<br />
meglio ad ogni sguardo ... ero guidata dalla curiosità! È per il mio essere immensamente curiosa che ho iniziato con le vecchie<br />
macchinette usa e getta; le portavo nelle gite scolastiche e in vacanza. Inizialmente fotografavo totalmente a caso, ma in fin dei<br />
conti devo dire che quelle prime fotografie non erano poi così male. Crescendo la passione è cresciuta insieme a me; mi sono<br />
comprata la prima macchina fotografica digitale compatta e dopo anni ho acquistato la mia prima Nikon reflex: per me<br />
un’emozione unica ... la trattavo come il bene più prezioso che avessi mai avuto! Amavo fotografare ed amavo le fotografie che<br />
realizzavo, ma osservandole provavo per ognuna una costante sensazione di insoddisfazione, sembrava mancasse qualcosa che<br />
ne completasse il significato. Ho deciso di approfondire la tecnica fotografica, così mi sono iscritta a vari corsi di fotografia e a<br />
gruppi fotografici; grazie a queste esperienze ho potuto imparare tutte le tecniche ed ho avuto preziosi consigli sull' inquadratura<br />
scoprendo nuovi punti di vista che non avevo ancora considerato o messo in pratica. Sono state esperienze che mi hanno<br />
arricchito molto soprattutto perché mi sono resa conto di quanto in realtà sia complesso il mondo della fotografia e quante cose<br />
dovessi ancora imparare. Prima, quando mi approcciavo a fotografare, lo facevo seguendo l’istinto, ora stavo per tuffarmi a pieno<br />
nel mondo della fotografia. Sono sempre stata attratta più dalla ritrattistica che dal paesaggio; per me la fotografia ha sempre<br />
rappresentato il fermare un’istante, un momento, un ricordo, un’emozione; riprendere dopo anni un'istantanea doveva<br />
rappresentare l'oggetto magico che fosse in grado di riportare alla memoria un attimo, far riaffiorare la stessa sensazione, forte ...<br />
come un'onda che sembrava essersi allontanata per sempre, ma che tornava più irruenta e travolgente che mai. Fotografia dopo<br />
fotografia ho voluto cogliere e portare nel tempo letture di storie, messaggi e sentimenti. Fotografo ritratti perché mi piace<br />
immortalare le emozioni che la persona può trasmettere con il proprio corpo, con ogni suo gesto, con ogni piccolo elemento<br />
espressivo, che sia un fascio di luce nello sguardo, una ruga più profonda o un sopracciglio più inarcato ...un sorriso celato. Tutto<br />
nel volto umano contiene un profondo messaggio. Chi guarda le mie foto potrebbe dire che appaiono oltre un velo di tristezza: è<br />
vero! Amo cogliere nelle persone la loro fragilità, quella parte che tendenzialmente tutti preferiamo non mostrare agli altri che però<br />
è insita in ognuno di noi. Nel mondo di oggi è diffusa la tendenza a mostrarsi sempre felici e perfetti, ma la realtà non è così.<br />
Tristezza, frustrazione, sofferenza e rabbia sono emozioni che ci accompagnano: non c’è niente di male nel provarle, l’importante<br />
è conoscersi nel profondo per saperle affrontare. Vedo attorno a me le persone, le osservo oltre il primo sguardo cercando di<br />
"leggerle" nel loro volto ed in base a ciò che percepisco penso quale tipo di foto posso far nascere, crescere e fissare. Non amo<br />
cercare la persona adatta alla foto che vorrei scattare, sarebbe un prodotto sterile, sarebbe l'impoverimento del messaggio<br />
fotografico. Guardo le mie foto e in alcune colgo imprecisioni nell' inquadratura o altre imperfezioni e le apprezzo perché<br />
anch'esse rendono la mia fotografia semplicemente ciò che volevo realizzare, come fosse il racconto dell'animo umano, questo<br />
avviene perché quando scatto, ancora oggi, non penso ad altro che a lasciarmi guidare da quell’istinto che mi accompagna da<br />
sempre. Amo le fotografie ricche di storie e significati oltre l'apparire, un amore che sviluppo da anni, ma che non sento né<br />
completo né certo; sento dopo ogni scatto il desiderio di scoprire altro, oltre altri volti ed altre vite: è una ricerca continua, appare<br />
infinita... una ricerca che ormai fa parte di me, una spinta continua che ho dentro e che sarà la fedele compagna della mia vita.<br />
bruzzo18@hotmail.t<br />
Martina GeGe Bruzzone
FUSION&LOSA<br />
Nuraghe ispirazione coreutica<br />
foto di Luca di Bartolo<br />
Testo Francesca Cara<br />
<br />
www.lucadibartolo.it
L'intento di Luca Di Bartolo è di portare la danza in<br />
tutte le sue forme nei luoghi di importanza storica e<br />
paesaggistica della Sardegna, per promuoverne il<br />
territorio e le arti coreutiche attraverso la libera<br />
espressione artistica di danzatrici e danzatori<br />
https://www.facebook.com/LucaDiBartolocreazioni/<br />
https://www.instagram.com/lucadibartolo.photographer/<br />
https://vimeo.com/lucadibartolo<br />
https://www.linkedin.com/in/luca-di-bartolo-5986aba/<br />
https://www.youtube.com/channel/UCZth2Gnd17a6t4H7J_T24-A
TuttoBallo<br />
Il complesso nuragico Losa si erge sull'altopiano basaltico nel territorio di Abbasanta; la sua struttura imponente è costituita da<br />
un nuraghe trilobato risalente all'età del Bronzo medio, e da un antemurale più i resti di un villaggio di successiva costruzione.<br />
Ha una storia millenaria, ha subito numerose trasformazioni, è testimone silenzioso del susseguirsi della storia. Nell'avvicinarsi<br />
sembra un grande essere dormiente, si tende a centellinare le parole, ad attutire anche i suoni dei propri passi per non<br />
svegliarlo. La scelta del luogo che ci avrebbe ospitato per una nuova tappa del Sardinia@dance di Luca Di Bartolo è ricaduta<br />
su questa maestosa struttura.<br />
L'intento di Luca Di Bartolo è di portare la danza in tutte le sue forme nei luoghi di importanza storica e paesaggistica della<br />
Sardegna, per promuoverne il territorio e le arti coreutiche attraverso la libera espressione artistica di danzatrici e danzatori.<br />
Prendere parte a questo progetto è stato per me un'esperienza preziosa; nel conoscerne i tratti distintivi mi sono rispecchiata<br />
nei suoi propositi. Ho dato la mia disponibilità seguendo la mia curiosità, la mia voglia di sperimentare e di condividere con la<br />
mia terra e la fotografia di Luca la forma d'arte alla quale mi dedico da tanti anni.<br />
La fusion belly dance è uno stile nato recentemente negli Stati Uniti ma che vede i suoi sviluppi in tutto il mondo. E' frutto di<br />
una fusione consapevole di vari stili di danza, principalmente danze orientali, flamenco e danze indiane, ed aperto a tante<br />
altrettanto consapevoli contaminazioni guidate dall'esperienza di chi la sperimenta, con l'intento di lanciare un messaggio di<br />
inclusione e solidarietà, è un invito all'abbattimento delle barriere culturali.<br />
Portarla all'interno di un complesso nuragico è stata un'esperienza singolare: apparentemente distante da ciò ch'è stata la<br />
cultura nuragica, nella mia personale visione questo stile coreutico è una commistione della storia del mondo che, un vecchio<br />
patriarca dell'antica culla mediterranea come il nuraghe Losa, può facilmente accogliere ed accompagnare verso la sua futura<br />
evoluzione. Con il maggior rispetto possibile abbiamo sperimentato questa unione inedita; le mie origini sarde, la sensibilità di<br />
Luca, il suo sguardo delicato e attento, la sua preziosa accoglienza, la nostra inossidabile convinzione che anche ciò che<br />
appare diametralmente opposto possa avere una storia in comune hanno fatto da robusto collante per quello che è stato poi il<br />
risultato: un lavoro gratificante realizzato nella più totale serenità e armonia.<br />
Il nuraghe Losa ha ascoltato la nostra arte, introducendoci nella sua storia e nelle sue più intime memorie, ingurgitandoci nelle<br />
sue silenziose viscere, accogliendo per l'ennesima volta i cambiamenti del mondo, la fallibilità umana, la meraviglia e lo<br />
stupore che accomunano gli artisti di ogni provenienza. Le sue mura basaltiche si confermano solido scrigno della nostra<br />
storia, impenetrabile custode di tutto ciò che si nasconde tra le pieghe della nostra esistenza, sostegno solido per le nostre<br />
fragilità.<br />
Francesca Cara è danzatrice, coreografa e<br />
insegnante di fusion belly dance, si forma e<br />
lavora in Italia e in diversi paesi europei.<br />
Si impegna in progetti che si dispiegano<br />
abbracciando diversi ambiti, in percorsi di<br />
contaminazione tra generi di danza e culture, e<br />
di ricerca di nuove forme di espressione tra<br />
danza e teatro.
NPOTY<br />
Concorso fotografico.<br />
Lascia parlare la natura<br />
TuttoBallo<br />
Nature Photographer of the Year è un concorso di fotografia naturalistica che celebra la bellezza della fotografia naturalistica.<br />
Al vincitore vanno € 3.000,- in contanti, oltre ad altri fantastici premi in denaro e fantastiche attrezzature fotografiche.<br />
Partecipando al concorso di sostengono vari progetti di conservazione della natura. La cerimonia di premiazione si svolge<br />
all'annuale Nature Talks Photo Festival. Per il 2022 il concorso è già iniziarto. Le iscrizioni termineranno domenica 29 maggio<br />
2022 (23:59 CEST). Le immagini vincitrici vengono esposte in una mostra fotografica al festival e successivamente nei Paesi<br />
Bassi, Belgio e Francia. Lascia parlare la natura! Tutte le infonmrazioni sono scritte nel sito del concorso:<br />
https://naturephotographeroftheyear.com/enter-contest/npoty-2022/<br />
Per l’anno 2021 il vincitore assoluto è stato il fotografo e guida di Levanger, Norvegia centrale Terje Kolaas con Migrazione<br />
invernale. Lo stesso autore ha descritto così la foto: "Ho il privilegio di avere migliaia di oche dai piedi rosa letteralmente nel<br />
mio giardino diversi mesi all'anno. Più di 80.000 fanno scalo qui nel sistema delle zone umide del fiordo di Trondheim durante il<br />
viaggio tra i terreni di svernamento in Danimarca e Paesi Bassi e i terreni di riproduzione di Spitsbergen ogni primavera e in<br />
autunno e l'intero scenario è semplicemente spettacolare. Li fotografo da più di 20 anni, e ad un certo punto ho esaurito le idee<br />
e ho avuto la sensazione che «tutto» con le oche fosse già fatto. Così quello che ora?!"<br />
NPOTY - 2021 Terje Kolaas con Migrazione invernale -
TuttoBallo<br />
CATEGORIA ALTAMENTE RACCOMANDATA ALTRI ANIMALI<br />
Csaba Daróczi| Siamo in rete<br />
Ungheria
TuttoBallo<br />
VINCITORE RUNNER CATEGORIA BIANCO E NERO<br />
Roie Galitz | Matrimonio in bianco<br />
Tel Aviv, Israele.
L I B R I<br />
TuttoBallo<br />
LA RAGAZZA FUGGITA DA AUSCHWITZ<br />
Recensione di Paola Clerico<br />
Rubrica a cura del blog<br />
"Il COLORE DEI LIBRI"<br />
<br />
http://ilcoloredeilibri.blogspot.com/<br />
LA RAGAZZA FUGGITA DA AUSCHWITZ<br />
di Ellie MIDWOOD<br />
Prezzo: 9,90 € | Ebook: 4,99 € |<br />
Pagine: 384 | Genere: Romanzo storico |<br />
Editore: Newton Compton |<br />
Data di pubblicazione: 21 0ttobre 2021<br />
TRAMA<br />
Mala Zimetbaum, numero 19880, e Edward<br />
“Edek” Galiński, numero 531, sono due<br />
prigionieri di Auschwitz-Birkenau. Mala parla sei<br />
lingue ed è una Läuferin, una staffetta, e la sua<br />
condizione le permette di mantenere molti<br />
privilegi, come i suoi bei boccoli biondi e i vestiti,<br />
ma anche di potersi muovere liberamente nel<br />
campo e di ricevere cibo vero, privilegi che<br />
utilizza per aiutare (e salvare) più persone<br />
possibili, riuscendosi a procurare quasi qualsiasi<br />
cosa all’interno del campo, tramite la fervente<br />
attività di contrabbando.<br />
Edek è un prigioniero di guerra, un veterano di<br />
Auschwitz.<br />
Si conoscono per caso nell’anus mundi, e<br />
quell’incontro cambierà la loro vita per sempre,<br />
colorando di speranza tutto l’orrore che li<br />
circonda e spingendoli a cercare di scappare da<br />
tutto quel dolore, promettendosi di fuggire<br />
insieme oppure morire insieme.<br />
Un altro libro sui campi di concentramento e sugli orrori della deportazione. Un’altra<br />
storia vera. Un altro romanzo che emoziona e commuove.<br />
Leggo sempre volentieri i romanzi ambientati in questo contesto storico e anche “La<br />
ragazza fuggita da Auschwitz” non mi ha delusa affatto.<br />
La narrazione incede a tratti lenta e indolente, ma non per questo la lettura procede<br />
nello stesso modo: il romanzo si lascia divorare, mentre gli orrori e la sofferenza<br />
investono il lettore, sedimentando, sporcandolo e lasciandolo sgomento e spossato.<br />
Il tema e l’ambientazione sono simili ad altri romanzi del genere, i soprusi, i<br />
crematori, le violenze sono già stati trattati in altri libri o film, ma ogni volta provo lo<br />
stesso magone, la stessa impotenza, assorbo lo stesso dolore dei personaggi e<br />
soffro con loro.<br />
Lavori forzati, la fabbrica della morte, violenza, disumanizzazione, … contro<br />
comportamento abietto, depravazione, feroce crudeltà e sadico piacere nel torturare<br />
e uccidere, con l’odio ideologico nazista rivolto a chi ha commesso l’unica colpa di<br />
appartenere alla razza o alla nazionalità sbagliate.<br />
Gli internati sono considerati animali inferiori, “feccia subumana”, “feccia ebrea”, e le<br />
SS non perdono l’occasione per insultare la “lingua da maiali” polacca o per<br />
considerare subumani i prigionieri e aspettarsi che si comportino da tali.<br />
Tuttavia, accanto a denutrizione, malattie, sofferenza, fame, dolore, e rassegnata<br />
apatia, spiccano intensi e vigorosi la voglia di resistere e combattere, tanto che si<br />
crea una Resistenza segreta che raccoglie diversi membri di nazionalità e religione<br />
diverse, uniti dalla speranza e dalla voglia di sopravvivere. Fioriscono anche il<br />
mercato nero, il contrabbando, e gli scambi di ogni tipo, con la corruzione lecita di<br />
chi combatte per sfuggire alla morte, alimentati dall’odio e dall’astuzia.<br />
Ciò che dà speranza, inoltre, in un luogo dove il mondo si è capovolto e dove gli<br />
ultimi brandelli di speranza sono stati cancellati a colpi di bastone e le vite<br />
precedenti interrotte e spazzate via, e dove gli animi sono spezzati e umiliati, è la<br />
VITA, in contrasto a tutto il resto, perché c’è comunque spazio per cose belle che<br />
permettono ancora di avere sogni per il futuro: risate, amore, amicizia, lealtà,<br />
coraggio, musica, sorrisi, emozioni.<br />
Inoltre, qualcuno ha conservato umanità nonostante le brutture da cui è circondato,<br />
riuscendo ancora a mantenere un comportamento umano e dimostrare<br />
compassione.<br />
In questa cornice di repulsione, disgusto, odio puro e violento e umiliazione nasce la<br />
storia d’amore tra Mala e Edek, un amore totalizzante che lotta per il suo diritto alla<br />
vita; l’amore tra due giovani che sognano ciò che dovrebbe spettare loro di diritto: la<br />
libertà.<br />
Ellie Midwood è una gran narratrice, non risparmia i particolari più strazianti (pur<br />
evitando dettagli troppo macabri) e catapulta il lettore ad Auschwitz. Anche i<br />
personaggi sono molto ben caratterizzati e si fanno amare senza riserve.<br />
La storia è inventata, come la stessa autrice scrive in una nota alla fine del<br />
romanzo, ma ispirata a fatti accaduti realmente e a personaggi realmente esistiti:<br />
vale la pena leggere anche la nota stessa, perché è molto istruttiva e contiene<br />
anche spunti di approfondimento sull’argomento.<br />
Un romanzo commovente e intenso, che nonostante gli orrori riesce a trasmettere lo<br />
stesso speranza e coraggio e fa riflettere sulla storia, su quanto l’uomo possa<br />
essere brutale e inumano, su quanto possa cadere in basso, senza rimorsi.<br />
Fermiamoci a meditare su ciò che è davvero importante nelle nostre vite, e<br />
ricordiamoci che tutto questo è davvero accaduto.<br />
Lo consiglio vivamente.
DI SONIA LIPPI -<br />
giterrandoblog.blogspot.com<br />
Il genio della chiterra
TuttoBallo<br />
Vi racconto una storia tratta i da un bellissimo libro che<br />
vi consiglio di leggere dal titolo:<br />
“Django. Vita e musica di una leggenda zingara.”<br />
Di Michael Dregni edito da EDT editore.<br />
Un libro che mi ha fatto innamorare di questa<br />
meravigliosa anima musicale chiamata Django.<br />
Parigi 26 ottobre 1928 un carrozzone manouche va a<br />
fuoco.<br />
Dentro vi si trova un promettente banjoista appena<br />
rientrato da un suo concerto, felice per aver ricevuto<br />
una grande proposta, quella di entrare a far parte<br />
nell’orchestra jazz di Jach Hylton.<br />
Una banale distrazione e una candela caduta sopra dei<br />
fiori finti, trasformano una serata perfetta in una<br />
tragedia.<br />
In quell’incendio Django Reinhardt perde l’uso<br />
dell’anulare e del mignolo della mano sinistra.<br />
Sia la sua famiglia che i suoi colleghi sono sopraffatti<br />
dalla tristezza, sanno che la sua carriera è finita.<br />
Ma la musica è la sua vita; non può accettare il fatto di<br />
non poter suonare più, così con testardaggine e<br />
impegno, non si arrende alla disabilità.<br />
Per mesi si allena tenacemente, invece di suonare<br />
scale e arpeggi orizzontalmente come di norma, cerca<br />
di ricrearli correndo su e giù per il manico della chitarra<br />
regalatagli dal padre.<br />
Crea nuove forme di accordi, inventa la rullata di scala<br />
cromatica con un solo dito e sorprendendo tutti, non<br />
solo torna a suonare, ma diventa un mito che ancora<br />
oggi continua ad affascinare generazioni di chitarristi.<br />
Jean-Baptiste Reinhardt (1910-1953) detto Django, che<br />
in lingua romanì significa “colui che sa,“ ha reso<br />
possibile l’unione tra musica tradizionale Manouches e<br />
il Jazz americano.<br />
Nel Jazz di quel tempo la chitarra era relegata nella<br />
sessione ritmica, ma Django con le sue improvvisazioni<br />
geniali le dette un ruolo predominante.<br />
Fu lui ad inventare lo Swing-Musette e fu un<br />
originalissimo solista, realizzando una perfetta fusione<br />
tra la musica romanò e lo swing.<br />
Nel 1931 alla Croix du Sud, punto d’incontro per<br />
appassionati del jazz, Django sente suonare il violino di<br />
Stephane Grappelli. Rimane affascinato dal suo stile e<br />
dal suo modo di improvvisare, ma solo nel 1934<br />
riuscirono a formare un orchestra.<br />
Il Quintette du Hot Club de France acquista subito<br />
un'importanza internazionale e attraverso le proprie<br />
registrazioni si impone come il primo importante gruppo<br />
jazz non americano.<br />
Nel 1940, fu proposto a Django di arrangiare i suoi brani<br />
per una big band, era la realizzazione di un sogno.
Django però, non avendo mai studiato musica, non<br />
sapeva ne leggere gli spartiti ne tantomeno scriverli,<br />
chiese quindi al suo clarinettista Gerard Leveque di<br />
fargli da trascrittore, passando nottate intere a<br />
fischiettare e a cantare le parti per tutta la big band.<br />
Poteva sentire in testa tutto il tessuto orchestrale, e<br />
Grappelli ne rimase così colpito da affermare che<br />
“Django sentisse più musica di quella che poteva<br />
essere suonata da un orchestra al completo”. Con la<br />
big band viene registrata in quel periodo una delle<br />
composizioni più famose di Django, “Nuages,” che oggi<br />
è considerato uno standard gipsy jazz.<br />
Stephane diventa il suo punto di riferimento per quanto<br />
riguarda la mondanità e non solo.<br />
Essendo Django completamente analfabeta, chiede a<br />
Stephane di insegnargli a scrivere il suo nome, così da<br />
poter firmare gli autografi.<br />
Nonostante la notorietà, Django rimane sempre uno<br />
spirito libero, in alcune occasioni si reca ai concerti<br />
senza portarsi il suo strumento e suonando qualsiasi<br />
chitarra “d’emergenza” che gli viene messa a<br />
disposizione, in maniera egregia.<br />
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale Stéphane<br />
e Django si trovano a Londra. Nonostante il clima di<br />
persecuzione razziale nei confronti delle persone di<br />
etnia Rom nella Francia occupata dai nazisti, Django<br />
decide di ritornare a Parigi.<br />
Subito dopo la seconda guerra mondiale, viene invitato<br />
negli Stati Uniti da Duke Ellington, che lo presenta<br />
come ospite in alcuni dei suoi concerti, l’ultimo dei<br />
quali alla Carnegie Hall di New York.<br />
Tornato in Europa, Django e Stéphane si troveranno<br />
ancora a suonare, sia in Francia sia in Inghilterra, fino<br />
al 1948, trasferendosi poi a Roma nel 1949 per un<br />
lungo ingaggio.<br />
In quegli anni produsse varie incisioni, ne ricordiamo<br />
alcune come“R Vingt-Six”,una corsa mozzafiato tra<br />
continui cambi di armonizzazione; “Del Salle” elegante<br />
e malizioso, un piccolo capolavoro solistico fatto di<br />
raffiche di arpeggi e intervalli esotici; “Babik” che si<br />
può definire il suo primo pezzo bebop.<br />
Dopo la morte del secondo figlio, Django appende la<br />
chitarra al chiodo in segno di lutto, e si dedica alla<br />
pittura immergendocisi con passione.<br />
Riprende a suonare sporadicamente, e durante una<br />
breve turnee in svizzera inizia ad avere forti mal di<br />
testa che lo paralizzano.<br />
Non andrà mai in ospedale a fare accertamenti, la sua<br />
fobia per le iniezioni e il ricordo dei mesi passati in<br />
clinica lo terranno lontano dai medici.<br />
Morirà improvvisamente per un emorragia cerebrale il<br />
16 maggio 1953, lasciando famiglia, amici e colleghi<br />
immersi nello sconforto.<br />
Alcuni anni dopo suo fratello Joseph, anche lui<br />
musicista, sentendo suonare un giovanissimo Bireli<br />
Lagreene, tra le lacrime affermerà che “Django è<br />
risorto”.<br />
TuttoBallo
Tre nuove collane musicali per la cura del copro, dell’anima e della mente.<br />
Prodotte dall’associazione Stefano Francia EnjoyArt, Pomodoro Studio<br />
Edizioni Musicale - Always Record e composte dalla compositrice<br />
americana Judie Collins e dal maestro Ciro Vinci.<br />
Dopo il successo di "Dillo Alla Danza vol 2" pubblicato in occasione della Giornata<br />
Mondiale della Danza, l'associazione Stefano Francia EnjoyArt, lancia una nuova<br />
produzione discografica dedicata ai ritmi di tutti gli stili di danza. La collana<br />
discografica, disponibile su ogni digital store (Spotify, Deezer, Amazon Music, Apple<br />
Music… ) sarà composta da vari volumi, ognuno dei quali studierà il ritmo di una<br />
singola danza. I primi 3 volume sono dedicati al ritmo del Cha Cha Cha e Rumba e un<br />
volume dedicato al relax e meditazione.<br />
"Rhythm" è studiata per agevolare l'insegnamento musicale e coreutico di ogni<br />
singolo ballo. In ogni volume amatori e professionisti possono sviluppare la loro<br />
tecnica seguendo il ritmo della danza selezionata…<br />
"Relaxing" invece, è una collana che raccoglie brani composti per accompagnare il<br />
danzatore nell’ attività di rilassamento quotidiano e meditazione composte a 432 Hz.<br />
L’accordo a 432 Hertz (Hz) risuona con le frequenze fondamentali del vivente: battito<br />
cardiaco, replicazione del DNA, sincronizzazione cerebrale, e con la Risonanza di<br />
Schumann e la geometria della creazione.<br />
“Musicoterapia” La musicoterapia è una disciplina basata sull'uso della musica come<br />
strumento educativo, riabilitativo o terapeutico. Basandosi su questa definizione il<br />
Pianista, musicoterapista, compositore, vocal coach, Ciro Vinci, persenta il suo primo<br />
abum sul benssere dell’essere umano intitolandolo “Musicoterapia”, un lavoro<br />
composto da 8 track con lo scopo di educare, riabilitare e accrescere la cultura del<br />
benessere. Diversi studi hanno dimostrato che la musica influenza il cervello ed il<br />
corpo, l’ascolto delle note musicali sono utile per alleviare lo stress, ridurre la<br />
depressione e contrastare stati mentali negativi. Molte ricerche sull’argomento hanno<br />
evidenziato che alcuni dei principali modi in cui la musica può aiutarci a sentirci<br />
meglio, è ridurre l’ansia, migliorando l’ accettazione di sé e facilitando la<br />
comunicazione e le relazioni con gli altri, ascoltare musica è altamente legato<br />
all’aumento di stati di felicità. La musica a questa frequenza è stata utilizzata per<br />
migliaia di anni come musico terapia anche se è decollato nei primi anni 2000.<br />
Le pubblicazioni discografiche prodotte dalla Stefano Francia EnjoyArt sonos state<br />
composte scegliendo melodie musicali, concentrate sui ritmi accompagnati da solo<br />
armonie per sviluppare maggiore concentrazione e apprendere meglio il rimo di un<br />
ballo. Oggi avere una conoscenza di base della musica, e in particolare del ritmo,<br />
aiuta nei movimenti e armonia del copro. Una base ritmica è il giusto supporto per<br />
memorizzare la coreografia, per migliorare la coordinazione con il partner o i partner<br />
e, soprattutto, a muoverci a tempo. Ogni singola Album è utile ai principianti, agli<br />
amatori ai professionisti, ai semplici appassionati di musica, e ai coach. L’utilizzo della<br />
musica nell’apprendimento sviluppa maggiori endorfine rendendolo più facile. Il<br />
progetto è stato realizzato da Fabrizio Silvestri e Bernardo Lafonte. La produzione è<br />
affidata al Pomodoro Studio Edizioni Musicale e la distribuzione, negli store digitali,<br />
alla Always Record. La composizione delle basi musicali ritmiche di latini, standard,<br />
liscio e ballo da sala e caraibici è affidata all’artista Americana Julie Collins, mentre la<br />
musico terapia al maestro Ciro Vinci, Pianista, musicoterapista, compositore, vocal<br />
coach. La sua musica innovativa ed elegante dotata d’intensa espressività è frutto di<br />
una ricerca profonda ed elaborata di contaminazioni sonore che si aprono al new age,<br />
al jazz, alla musica mediterranea e la rendono pienamente compatibile come colonna<br />
sonora d’ immagini surreali. Dal 2019 compone musiche per programmi televisivi in<br />
onda su “La 7” e per spot pubblicitari per reti nazionali e Web. Gli album sono<br />
disponibili su tutti i digital store.
Il mito dei Bronzi di Riace<br />
“Uno dei grandi misteri della storia”<br />
Conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Reggio<br />
Calabria, i Bronzi di Riace sono tra i capolavori scultorei più<br />
significativi dell’arte greca, oltre che un ormai simbolo della città<br />
calabrese. Eppure, nonostante anni di ricerche e studi, sono<br />
ancora molti i misteri che circondano la loro origine e il loro<br />
significato: “Per poterli comprendere immergerli nel loro mito”.<br />
I bronzi di Riace: dal fondale del Mar Ionio al Museo<br />
Archeologico di Reggio Calabria<br />
Un ritrovamento avvenuto il 16 agosto 1972 da un appassionato<br />
subacqueo romano, Stefano Mariottini, durante un’immersione a<br />
circa duecento metri dalla costa e alla profondità di otto metri.<br />
Due statue mantenute in uno straordinario stato di conservazione<br />
sul fondale del Mar Ionio. I Bronzi di Riace rappresentano una<br />
delle testimonianze più significative dell’arte greca classica.<br />
Con un peso di 160 chili e un’altezza di quasi due metri, i Bronzi<br />
di Riace raffigurano due corpi bronzei maschili, dalla barba e i<br />
capelli ricci definiti in ogni forma, il braccio sinistro piegato ed il<br />
destro disteso lungo il fianco. Entrambi indossavano un elmo e la<br />
posizione delle mani e degli arti superiori indica la presenza<br />
originaria di una lancia o una spada e uno scudo. Elementi che<br />
ad oggi non sono presenti, uno dei tanti misteri che circondano il<br />
ritrovamento delle statue. Si può affermare con certezza che i<br />
Bronzi di Riace siano stati realizzati nel V secolo a.C. La<br />
somiglianza fra le due statue avvalora l’ipotesi della loro<br />
realizzazione da parte dello stesso Maestro o di maestranze<br />
diverse ma appartenenti alla stessa bottega, artisti di cui però<br />
ancora non è certa l’identità. È certa invece la provenienza delle<br />
statue da Argo, nel Peloponneso; la prova è l’argilla con cui<br />
furono creati i modelli poi utilizzati per gli stampi in cera in cui<br />
veniva colato il bronzo. Proprio nella tecnica di fusione del<br />
bronzo e nella perfezione della loro fattura si racchiude una delle<br />
più impeccabili prove di abilità arrivate a noi dai tempi antichi.<br />
Il segreto della loro intramontabile perfezione<br />
L’eccezionale bellezza dei corpi è dovuta alla cura dei dettagli<br />
che li caratterizzano. Oltre al bronzo, sono presenti particolari in<br />
argento come i denti della prima statua. Per imitarne il colore<br />
naturale, è stato usato il rame su labbra, capezzoli e ciglia di<br />
entrambe le statue che, si pensa, in origine fossero bionde e<br />
dorate. Ma ciò che più cattura l’attenzione dello spettatore sono<br />
indubbiamente gli occhi dei due Bronzi. La loro sclera è infatti<br />
composta in calcite bianca, le iridi in pasta di vetro, materiali<br />
grazie ai quali i loro sguardi appaiono tutt’oggi vivi.<br />
Nonostante le informazioni che sono in nostro possesso, a oggi<br />
non esistono reali punti fermi nella conoscenza della storia di<br />
quest’ opera. Vista la somiglianza stilistica tra le due statue, è<br />
certo che i due Bronzi siano stati ideati per essere guardati<br />
insieme. Destano molti dubbi le teorie susseguitesi negli anni che<br />
affermano l’appartenenza di altre statue alla stessa opera. Per<br />
diversi studiosi, infatti, vi sarebbero altri Bronzi.<br />
Il fascino dei Bronzi di Riace tra storia e leggenda<br />
Secondo una delle ipotesi più accreditate, recentemente formulata dal<br />
professor Daniele Castrizio, originariamente le statue sarebbero state<br />
cinque. I due Bronzi oggi conservati al Museo Archeologico di Reggio<br />
Calabria farebbero dunque parte di un gruppo statuario che rappresenta<br />
il momento precedente al duello fra Eteocle e Polinice, fratelli di<br />
Antigone, dal Mito dei Sette a Tebe.<br />
Tra mito e realtà, dunque, cercano una risposta le molte domande che<br />
circondano queste opere. Da chi furono realizzate le statue? Chi<br />
rappresentano? Guerrieri, dei, eroi classici. Quante sono veramente? E<br />
perché sono finite nelle acque dello Ionio? Domande che oramai<br />
risuonano come veri e propri misteri. Incognite che contribuiscono a<br />
conferire fascino alla storia di cui i Bronzi di Riace sono protagonisti.
di Sandro Mallamaci<br />
Non è certo il teatro dell'Opera di Roma, né il San Carlo di Torino, né tantomeno la Scala di Milano, ma è solo il teatro comunale Francesco<br />
Cilea di Reggio Calabria.<br />
È il più grande teatro della Calabria, con la classica forma a ferro di cavallo che, con un bellissimo soffitto a cupola e i quattro livelli di palchi, è<br />
una delle più belle e funzionanti strutture teatrali d'Italia, capace di ospitare fino a 1500 spettatori che ogni anno possono assistere alle<br />
rappresentazioni messe in scena dalle più importanti compagnie teatrali. Certo, da quando questo incubo è cominciato questo luogo è rimasto<br />
a lungo chiuso, interdetto a qualunque tipo di manifestazione. Ma sul finire dello scorso anno, grazie alle concessioni delle autorità sanitarie, si<br />
sono riaperte le porte dell'elegante foyer con i suoi raffinati arredi, i grandi lampadari di cristallo e le colonne di marmo scuro. L'occasione è<br />
stata propiziata dall'amministrazione comunale che ha voluto fare un regalo a tutta la cittadinanza organizzando uno spettacolo in due serate<br />
per cercare di alleggerire il pesante clima che si è stati costretti a respirare per quasi due anni. Niente di particolarmente impegnativo, non è<br />
stato certo un evento di quelli che fanno la storia del teatro, ma il festival metropolitano della comicità; è stato proprio quello che ci voleva.<br />
Ovviamente, snobbato dai cultori dell'Opera, è stato invece molto gradito da tutti coloro che avevano una gran voglia di risate. Cancellare per<br />
un paio d'ore i brutti ricordi e i brutti pensieri che ancora oggi riempiono le nostre menti. Essere spensierati, nel vero senso letterale del<br />
termine, è stato lo spirito che ha accomunato gli spettatori che hanno affollato, nei limiti consentiti, la platea e palchi del teatro. Risate a<br />
perdere sulle battute e le freddure degli artisti di fama nazionale che si sono alternati sul palco. Risate liberatorie, quasi a voler scacciare le<br />
negatività accumulate per tanto tempo, che avevano spento il cuore di molti, e ricaricarsi di speranza nell'idea, che ormai si era fatta strada,<br />
della fine del buio, nel miraggio di una luce in fondo al tunnel. Mai immaginando che invece ancora oggi ci saremmo ritrovati in piena<br />
emergenza, amplificata a dismisura dalla macchina impietosa dell'informazione che ci bombarda tutti i giorni con notizie e previsioni nefaste. E<br />
allora, ricordando con piacere quelle serate leggere e spensierate, stringiamo i denti nella certezza di tornare a sorridere, non solo per qualche<br />
ora alle battute di un comico a teatro, ma nella vita di tutti i giorni futuro
di Rita Martinelli<br />
L'Orto Botanico di Roma è un luogo nascosto. C'è una energia, in tanti rivoli, la avverti subito e, più ti inoltri, più lo conosci, più ti regala<br />
sorprese e storie.<br />
Siamo alle falde del Gianicolo - ai tempi di Giulio Cesare era parte della sua immensa tenuta - gli Horti di Cesare - che comprendeva gran<br />
parte di Trastevere e, poi, salendo, tutta l'area dove oggi si dipanano i tornanti di via Dandolo, il santuario siriaco - angolo misterioso e<br />
impraticabile (nel senso che la Soprintendenza Archeologica non consente accesso, in quanto sito ritenuto insicuro - da anni), Villa Sciarra,<br />
il Gianicolo.<br />
E, sempre alle pendici del Gianicolo, c'era la Villa (e il Palatium) che comprendeva anche l'area dove sorge, attualmente, quel gioiello che<br />
è la Farnesina (sede di rappresentanza dell'Accademia dei Lincei). Il Palatium sarà la reggia-residenza di Cleopatra, nel suo breve<br />
soggiorno romano (dal 46 al 44 a.C.). Donna intelligente, colta, poliglotta, dalla conversazione affascinante. Una regina che arriva da<br />
Alessandria d'Egitto... E una Regina dal profondo Nord...<br />
Nella Roma del '600, quando l'attuale Palazzo Corsini era ancora Villa Riario, l'Orto Botanico era il giardino della Villa. E, dal 1660 fino al<br />
1689 (a parte i periodi in cui è in viaggio), il palazzo è la residenza di Cristina di Svezia (Stoccolma 1626 - Roma 1689). Educata secondo<br />
la ferrea disciplina nordica - esercitazioni militari, intemperie e fatiche, come un uomo - è una donna coltissima, parla oltre a latino e greco,<br />
francese, italiano, spagnolo, inglese, tedesco e danese. Poco più che ventenne, discute di filosofia con Cartesio. La sua biblioteca (i codici,<br />
circa 2200 sono oggi raccolti nel Fondo Reginense, uno dei più importanti della Biblioteca Vaticana) conteneva codici, libri di teologia,<br />
filosofia, storia, letteratura e scienze, di medicina (tra cui il Canon Medicinae di Avicenna), opere di scienze naturali, botanica, matematica,<br />
astronomia (Tolomeo, Copernico, Tycho Brahe, G. Galilei), astrologia, manoscritti ebraici, turchi e arabi, numerosi testi sull'ermetismo e di<br />
alchimisti famosi.<br />
Uno spirito libero - Svezia e religione luterana le andavano strette. Rinuncia al trono e cede la corona al cugino Carlo Gustavo. Sceglie<br />
Roma - nella sua posizione, non può che convertirsi al cattolicesimo - e, nel 1655, entra trionfalmente da Porta del Popolo che, per<br />
l'occasione, papa Alessandro VII (Fabio Chigi) fa restaurare dal Bernini (nel lato interno, sull'attico, c'è l'epigrafe in suo onore "Felici<br />
faustoque ingressui", sotto al simbolo araldico dei Chigi, avvolto dai fasci di spighe dei Vasa). Fra i suoi molteplici interessi, c'è anche<br />
quello per la botanica: si dedica ai giardini, fa arrivare piante esotiche - ancora oggi, sono rimasti due platani orientali, piantati da lei, a lato<br />
della Fontana degli 11 Zampilli. E, all'entrata della Serra Corsini (realizzata nel 1800, è la prima serra calda del giardino Corsini) c'è una<br />
vasca da bagno - elegante ed essenziale - di Cristina. Ogni volta che la guardo mi viene in mente Josif Aleksandrovič Brodskij - lui<br />
trascorreva, ogni anno, il mese di novembre a Venezia (affittava un appartamento sempre nel sestiere di Castello) - e a chi gli chiedeva -<br />
ma perché vai a Venezia sempre in novembre - rispondeva: "ma perché è come Greta Garbo al bagno..."<br />
Queen Christina è il titolo del film (1933) in cui Greta Garbo interpreta Cristina di Svezia.
Gli Appennini sono per me<br />
un pezzo meraviglioso del<br />
creato. Alla grande pianura<br />
della regione padana segue<br />
una catena di monti che si<br />
eleva dal basso, per<br />
chiudere verso sud il<br />
continente fra i due mari.<br />
Johann Wolfgang von Goethe.<br />
Con l’anno nuovo si aprono nuove strade, nascono nuovi cammini o semplicemente si decide<br />
di percorrere quelli che qualcuno, spesso molto lontano nel tempo, ha percorso prima di noi<br />
per respirarne l’essenza. Il viaggio a piedi, infatti, risale alle origini dell’uomo e se prima<br />
poteva essere una necessità dovuta allo spostamento, oggi si compie per fare<br />
un’esperienza. Ecco, dunque, una carrellata di cammini indimenticabili da fare durante<br />
l’anno con lo zaino in spalla da soli a passo lento.
Il cammino dei Sanniti: Safinim! Seguendo le tracce rimaste, della confederazione dei<br />
popoli italici guidata dai Sanniti contro Roma nel 91 a.C., questo viaggio di 81 chilometri<br />
da fare in 8 giorni nella regione meno conosciuta d’Italia è riservato a chi sa<br />
suggestionarsi: mura ciclopiche, il Santuario della Nazione, la città del Toro Sacro, la<br />
Pietra-che-viene-avanti, l’antro di Kerres... Al grido di “Safinim!”. Passeggiata in uno dei<br />
tratturi principali che collegavano Abruzzo, Molise e Puglia per il trasferimento stagionale<br />
delle greggi.<br />
TuttoBallo<br />
Il Sentiero del Viandante:Denominato Via Regia, o Via Ducale nei documenti<br />
storici, il tracciato dell’attuale Sentiero del Viandante in Lombardia unisce Lecco alla<br />
Valtellina, percorso di 44 chilometri da fare anche in 4 giorni. L’itinerario, ricco di<br />
vestigia storiche come il Castello di Vezio e il borgo di Corenno Plinio offre anche un<br />
panorama lacustre che infonde calma e invita alla lentezza. Il cammino classico inizia<br />
ad Abbadia Lariana (LC) e consiste in quattro tappe che si inoltrano nell’entroterra in<br />
ripida salita per poi tornare, con conseguenti discese, sulle rive lariane a Lierna,<br />
Varenna, Dervio e, infine, Colico.<br />
Lucania, dalle gravine ai calanchi: Questo cammino percorre per circa 144 chilometri gli<br />
antichi tratturi di una terra meridiana aspra e accogliente, piena di sfumature, contraddizioni e<br />
magia. Qui si incontrano paesi e borghi che, in lontananza appaiono minuti, ma sono il fulcro di<br />
antichi riti collettivi popolari che ancora oggi sopravvivono: le transumanze, le maschere e le<br />
danze che richiamano credenze del passato, i canti e gli strumenti rudimentali che alleviavano<br />
le fatiche quotidiane dei contadini di allora e, ancora oggi, di quelli odierni. Si parte dalle<br />
gravine di Matera, e si attraversano borghi e luoghi storici come il Castello del Malconsiglio,<br />
teatro di congiura contro Ferdinando I e Ferrandina, uno dei principali epicentri del brigantaggio<br />
postunitario, per poi proseguire in direzione di Craco, vero e proprio borgo fantasma.<br />
La Via del Tratturo: 110 chilometri alla scoperta dei tratturi, le grandi strade d’erba, che<br />
collegavano l’Appennino abruzzese e il Tavoliere delle Puglie e venivano percorse dai pastori e<br />
dalle loro greggi per portare gli animali in terre meno fredde.Alfonso D’Aragona nel 1447<br />
rivitalizzò quelle strade su cui si muovevano le pecore e creò una grande rete tratturale, i regi<br />
tratturi, che avevano una larghezza ben definita, sessanta passi napoletani, corrispondenti a<br />
111 metri. Tra questi Pescasseroli – Candela e il Castel di Sangro – Lucera. La riscoperta dei<br />
tratturi, le lunghe vie d’erba che collegavano l’Abruzzo montano con il Tavoliere di Puglia è una<br />
esperienza unica che si articola in un cammino di media/alta difficoltà da fare in 8 giorni. Per<br />
orientarsi si può anche consultare il sito: www.viadeltratturo.it<br />
La Regina Viarum: l’Appia. – Questo cammino ripercorre 119 chilometri da fare in 7 giorni sui<br />
tratturi, le carrarecce e i sentieri tra Basilicata, Campania e Puglia fino ad arrivare a Gravina in<br />
Puglia, ultima statio romana lungo l’Appia per il rifornimento di grano e di vino. Nel mezzo, si<br />
incontra la Lucania, Venosa, luogo simbolo e città che diede ai natali al poeta Quinto Orazio<br />
Flacco e Melfi con il Monte Vulture a fare da guardiano e bussola. Si cammina su sentieri e<br />
tratti di asfalto: qui, sotto i propri piedi, si sente la memoria delle moltitudini che ci sono<br />
passate, la Storia, perché come riporta Orazio: “ci regali la certezza di andare nella giusta<br />
direzione<br />
La Via Lauretana Senese -. Camminare lungo i 115 chilometri che da Siena portano a Cortona<br />
significa percorrere con i propri passi una delle più antiche vie di collegamento e di commercio<br />
della Toscana che, sin da epoca Etrusca, ha segnato la fortuna e lo sviluppo di questo territorio:<br />
la Valdichiana. Si parte da Siena e si cammina per 6 giorni in un cammino di media difficoltà che<br />
passa attraverso le Crete senesi e le sue Biancane di Leonina che conferiscono al paesaggio<br />
l’aspetto lunare conosciuto anticamente come Deserto di Accona, per raggiungere prima Asciano<br />
e poi Serre di Rapolano. Proseguendo, un esteso paesaggio campestre si apre al cammino per<br />
incontraresi. Si incontrano borghi come Montepulciano e Torrita di Siena, e Valiano e le sue<br />
Leopoldine, strutture architettoniche rurali che raccontano un pezzo di storia della Valdichiana.<br />
La via delle vigne di confine -. C’era una volta la cortina di ferro: divideva Gorizia in due. Fu<br />
eretta molti anni prima del muro di Berlino e ha cessato di esistere appena nel 2004. Eppure tra<br />
tutte le zone di confine nell’estremo lembo est d’Italia, quella che va da Gorizia a Cividale è la<br />
più amabile, la più gentile. Terra chiamata "ponka", dove regnano le viti, i ciliegi, i peschi, e le<br />
linee morbide delle colline danno vita a un paesaggio di quiete e grazia. Il cammino sulle orme<br />
della prima e seconda guerra mondiale si sviluppa dal Collio ai Colli Orientali del Friuli Venezia<br />
Giulia tra le ombre di contadini, dei soldati e dei pellegrini in un percorso di media difficoltà che<br />
si percorre in 5 giorni.
C U C I N A<br />
Ivrea la bella che le rossi<br />
torri specchia sognando a la<br />
cerulea Dora nel largo seno,<br />
fósca intorno è l’ombra di re<br />
Arduino.<br />
“Giosuè Carducci”
TuttoBallo<br />
Ed eccoci a <strong>Febbraio</strong>, il mese della purificazione, dal latino “februare” che significa appunto purificare, porre rimedio agli<br />
errori. Ma è anche il mese del Carnevale e di San Valentino, la festa degli innamorati.<br />
Ricorrenze allegoriche ci riportano in tour per il mondo, saltando da una città all’altra tra colori, maschere e feste. Una<br />
delle città più caratteristiche d’Italia in questo meraviglioso mese è Ivrea, regina del Canavese.<br />
Ricca di storia ed elegante, Ivrea è una cittadina piacevole ed animata, legata con la storia all’Olivetti. Terra di sapori e di<br />
panorami, Ivrea e dintorni è una meta perfetta per chi vuole trascorrere una vacanza rilassante all’insegna della cultura e<br />
della gastronomia.<br />
Eporedia, nome antico della città, ha una storia millenaria che fonda le sue radici su un popolo di origine celtica, i Salassi<br />
nel V sec. a.C.<br />
Intorno all’anno 1000,Re Arduino creò il Regnum Italicum, un primo abbozzo di quello che, nei secoli seguenti, sarebbe<br />
diventato il Regno d’Italia. Nel XIV secolo la città passò in mano ai Savoia.<br />
Circondata da un anfiteatro morenico, fra i più noti d'Europa, formatosi durante le grandi glaciazioni che attraverso il ritiro<br />
del ghiacciaio Balteo diede origine al cordone morenico della Serra d'Ivrea, che si estende per 25 km, ed ai numerosi<br />
bacini idrici che circondano la città, come i cinque laghi d'Ivrea e quelli di Candia Canavese e di Viverone. La città è<br />
bagnata dall’affluente del Po, la Dora Baltea, che attraversa la città creando romantici ed inaspettati scorci per<br />
meravigliose fotografie e quadri naturali.<br />
Innumerevoli sono i luoghi da visitare tra i quali ricordo: il castello d’Ivrea, il vero simbolo della città, poderosa fortezza<br />
fatta costruire da Amedeo VI di Savoia nel 1358, chiamato dal Carducci “il castello dalle rossi torri”; il Municipio e la<br />
piazza Nazionale con il borgo antico; il Duomo di Santa Maria Assunta del I° secolo D.C. in stile romanico/barocco e<br />
neoclassico; la sinagoga; il ponte Vecchio ed il borghetto; l’anfiteatro romano del I° secolo D.C.; la torre di Santo Stefano,<br />
campanile dell’omonima abbazia benedettina dell’ XI secolo in stile romanico canevesano; il teatro Giacosa; il cinema<br />
Giuseppe Boario del 1910, uno dei primi cinema nati in Italia; il MAAM, il museo aperto di architettura moderna; il museo<br />
Civico Pier Alessandro Garda, dove si possono trovare reperti archeologici, etnografici ed artistici di varie epoche e<br />
culture; il laboratorio/museo “TECNOLOGICAMENTE” che rivive la storia delle tecnologie maccanico/elettriche<br />
susseguitesi nell’arco dei secoli.<br />
Ma, come non ci si può dimenticare dell’evento annuale che ha reso famosa la città in tutto il mondo,lo Storico Carnevale<br />
di Ivrea, che affonda le sue radici nel Medio Evo; è un Carnevale i cui riti primari, la Zappata e l’abbruciamento degli<br />
Scarli condotti dagli Abbà sino alla fine del ‘700, sono stati tramandati oralmente fino al 1808, anno in cui appare la prima<br />
trascrizione di una cerimonia ne “I Libri dei Processi Verbali a futura memoria”.<br />
Il Carnevale di Ivrea è un evento unico in cui storia e leggenda si intrecciano per dar vita ad una grande festa civica<br />
popolare dal forte valore simbolico, durante la quale la comunità di Ivrea celebra la propria capacità di<br />
autodeterminazione, ricordando un episodio di affrancamento dalla tirannide di medievale memoria.<br />
Noto ai più per la spettacolare Battaglia delle arance, che si svolge per tre giorni nelle principali piazze cittadine, il<br />
Carnevale eporediese si caratterizza per un complesso cerimoniale che attinge a diverse epoche storiche fino a culminare<br />
nel Corteo Storico. Vera protagonista è la Vezzosa Mugnaia, simbolo di libertà ed eroina della festa sin dalla sua<br />
apparizione nel 1858. Ad accompagnarla il Generale, di origine napoleonica, che guida il brillante Stato Maggiore e, a<br />
seguire, il Sostituto Gran Cancelliere, cerimoniere e rigido custode della tradizione, i giovanissimi Abbà, due per ognuno<br />
dei cinque rioni e il Podestà, rappresentante del potere cittadino. A scandire il Corteo, le note delle pifferate degli amati<br />
Pifferi e Tamburi. Lo spirito dello Storico Carnevale d’Ivrea, perfettamente tramandato dalla canzone del carnevale “Una<br />
volta anticamente”, vive nella rievocazione della sollevazione del popolo contro il Marchese di Monferrato che affamava la<br />
città. Nella leggenda fu il gesto eroico di Violetta, la figlia di un mugnaio, a liberare il popolo dalla tirannia.
TuttoBallo<br />
Ribellatasi allo ius primae noctis imposto dal barone, Violetta<br />
lo uccise con la sua stessa spada e la celebre Battaglia delle<br />
arance rievoca proprio questa rivolta. In segno di<br />
partecipazione alla festa, tutti i cittadini ed i visitatori, a partire dal<br />
Giovedì Grasso, scendono in strada indossando il classico<br />
Berretto Frigio, un cappello rosso a forma di calza che<br />
rappresenta l’adesione ideale alla rivolta e, quindi, l’aspirazione<br />
alla libertà, come fu per i protagonisti della Rivoluzione Francese.<br />
Per gli amanti dello shopping sono numerosi i negozi, le piccole<br />
botteghe che si sviluppano lungo le vie del centro storico e sotto il<br />
Castello, con la possibilità di poter acquistare prodotti tipici locali<br />
legati all’enogastronomia genuina e di qualità. A chi piace la vita<br />
notturna la città riserva molte attrazioni scegliendo uno dei tipici<br />
pub o locali caratteristici del centro storico.<br />
Il Piemonte è una regione in cui si mangia e si beve egregiamente<br />
ed Ivrea è degna della terra che rappresenta. Sfoggia una<br />
selezione di salumi e lardo, e ci si può riempire anche solo<br />
assaggiando antipasti a base di uova o di verdure ripiene.<br />
Interessanti anche i piatti con salse alle acciughe o lingua bollita.<br />
Un ingrediente molto presente è la rustica verza con cui preparare<br />
i caponet, involtini di cavolo ripieni di carne, e la zuppa di cavolo,<br />
la “supa mitonà”, con pane, brodo e formaggio.<br />
Nella cucina eporediese troviamo tante minestre a base di latte,<br />
riso e castagne, e altrettanti brodi di carne o di magro, da<br />
insaporire con formaggio e qualche cucchiaio di vino rosso.<br />
Tra i primi spiccano, i tajarin fatti in casa e i risorti con funghi,<br />
verdure o con zucca gialla. I secondi sono soprattutto a base di<br />
carne, spopolano i bolliti e gli stracotti di selvaggina<br />
accompagnati da vini rossi della zona.<br />
Ricette della tradizione sono la bagna caoda e la tofeja (i<br />
fagioli con le cotiche e il piedino di maiale cotti nel tipico<br />
forno a legna), e le fresse, delle deliziose polpettine di<br />
frattaglie e uvetta avvolte nell’omento di maiale.<br />
Tra i prodotti tipici della zona troviamo i biscotti eporediesi tipici<br />
della città di Ivrea fatti con cacao, nocciole e mandorle,<br />
caratteristici per il loro cuore morbido avvolto da una crosta<br />
croccante. Il fricandò, tipico spezzatino con frattaglie, cipolle,<br />
vino rosso e polenta. I baduin, classici sanguinacci da un gusto<br />
carico e speziato. Il salame di Turgia con carne di vacca, lardo e<br />
pancetta suina, sale, pepe, aglio, vino rosso e spezie. I tomini,<br />
tipici formaggi a pasta filante di latte di capra o vaccino da<br />
mangiare freschi o alla griglia. Le famosissime miasse, rettangoli<br />
croccanti cucinati con farina di mais, uova, olio e acqua da<br />
accompagnare rigorosamente con formaggio piccante e<br />
leggermente speziato (Salignun).<br />
Per gli amanti dei dolci e del cioccolato avranno il piacere di<br />
scoprire la Torta 900, una torta a base di pan di Spagna e<br />
delicata crema al cioccolato, la cui ricetta fu creata nel 1900 dal<br />
pasticciere Ottavio Bertinotti, in onore del nuovo secolo e<br />
brevettata nel 1972. Il marchio “Torta 900” è stato, in seguito,<br />
rilevato dalla famiglia Balla, che è ancora oggi proprietaria<br />
esclusiva del marchio.<br />
Ivrea è nota anche per la produzione di vini come l’Erbaluce<br />
di Caluso ed il Caluso passito, il Carema DOC e il Canavese<br />
DOC. Il primo è un vino bianco secco nato dal vitigno erbaluce in<br />
purezza. Il Carema DOC invece nasce da uve nebbiolo (minimo<br />
85%) e dà origine ad un vino rosso con un affinamento<br />
importante. Il Canavese DOC può essere un vino bianco nato da<br />
uve Erbaluce, rosato o rosso con uve Nebbiolo, Neretto o Freisa<br />
in percentuali differenti.<br />
Ivrea è patrimonio dell’Umanità per l’Unesco, non vi farà<br />
facilmente dimenticare le sue virtù, mentre vi avvierete verso il<br />
viaggio di ritorno, portando con voi una valigia piena di<br />
un’esperienza da favola e la pancia piena.
TuttoBallo<br />
INGREDIENTI PER 4 P<br />
250 grammi di fagioli borlotti<br />
secchi<br />
250 grammi di pancia fresca di<br />
maiale o cotiche<br />
8 verzini<br />
1 cipolla<br />
1 costa di sedano<br />
1 spicchio d’aglio<br />
2 foglie d’alloro<br />
olio evo q.b.<br />
sale q.b.<br />
abbondante pepe macinato<br />
PROCEDIMENTO<br />
Mettere i fagioli in ammollo con abbondante acqua fredda per circa 12 ore. Trascorso questo tempo, scolarli bene. In un tegame di<br />
terracotta (o di acciaio dal fondo spesso) scaldare l’olio e far imbiondire l’aglio pestato in camicia e la cipolla tritata finemente.<br />
Unire il sedano tagliato a dadini, i verzini, la pancia e rosolare per alcuni minuti. Versare i fagioli borlotti e fare insaporire con le<br />
foglie di alloro (se volete potete aggiungere un cucchiaio di concentrato di pomodoro per dare più colore). Ricoprire tutti gli<br />
ingredienti con acqua fredda e mescolare. Coprire il tegame e fare cuocere a fiamma molto bassa per circa 2 ore, avendo cura di<br />
controllare e rimestare di tanto in tanto. Passate le 2 ore, i borlotti dovranno essere morbidi ma non sfatti, e la salsa di cottura<br />
ristretta. Cospargere con una grattugiata di pepe e servirli ben caldi. Potete accompagnare i fagioli grassi con della polenta<br />
fumante.<br />
INGREDIENTI<br />
130g Zucchero semolato<br />
130g Burro<br />
90g Farina 0<br />
80g Fecola di patate<br />
50g Farina di mais tipo Fumetto<br />
3 uova<br />
30g granella di nocciole<br />
30g Uvetta<br />
20g Canditi<br />
1 bicchierino di liquore all’amaretto<br />
1 limone<br />
Marmellata liquida (a piacere)<br />
1 stecca di vaniglia<br />
Mezza bustina di lievito per dolci<br />
PROCEDIMENTO<br />
Separare i tuorli dagli albumi. Montare i tuorli con lo zucchero. Unire la scorza grattugiata di mezzo limone, la polpa di mezza<br />
bacca di vaniglia e l’amaretto.<br />
Incorporare le tre farine setacciate e il lievito, alternando con gli albumi montati a neve. Unire il burro fuso intiepidito, l’uvetta<br />
ammorbidita in acqua tiepida ed i canditi. Amalgamare bene il composto e versarlo in uno stampo a cupola per zuccotto, prima<br />
imburrato e infarinato. Infornare a 180° per 35 minuti circa.<br />
Lasciare raffreddare la torta, sformarla e poi pareggiarla sul fondo. Spennellare la superficie e bordi con la marmellata e spolverare<br />
di granella di nocciole (oppure miele, succo d’arancia e briciole di pan di Spagna tostate).
TuttoBallo<br />
Vi siete mai chiesti perché il pubblico in generale, al bar, è<br />
sempre ed eternamente indeciso sulla scelta di un drink?<br />
Molti si affidano alle tendenze o ai grandi classici, talvolta<br />
rivisitati dalla maestria dei baristi.<br />
Ma cosa spinge realmente verso il desiderio di provare un<br />
drink prodotto da una mano diversa, nell'esecuzione del<br />
famoso nettare D’Ambrosia, che dovrebbe rendere<br />
piacevoli le nostre serate e talvolta, con san Valentino alle<br />
porte, farci innamorare tanto da non saper distinguere tra<br />
l’innamoramento o una semplice sbornia?<br />
La verità è che ci si<br />
spinge a voler soddisfare il nostro<br />
palato per poi sentirci di un po’ “alticci” senza esagerare,<br />
ma esprimendo in pieno la nostra personalità!<br />
È chiaro che alcuni ammettono di non conoscere il mondo<br />
dei cocktails ma, alla fine della fiera , vedere un cliente<br />
sorridente e soddisfatto della sua interpretazione alcolica<br />
fa sì che il professionista cresca.<br />
Il problema del COVID ha dato la possibilità a molti di<br />
reinventarsi e, quindi, di<br />
sperimentare la bevanda<br />
d’asporto; non è stato un completo fallimento, in quanto è<br />
stata offerta la possibilità di gustare la bevanda con calma<br />
a casa, in modo da avere, comunque, un riscontro<br />
sull’indice di gradimento del prodotto.<br />
A mio avviso, è stata una interruzione che ha messo<br />
realmente alla prova le capacità e la fantasia di chi esercita<br />
il mestiere alla barra e rendere maggiormente godibile al<br />
palato il sapore di una nuova bevanda da parte del cliente.<br />
Buon anno e salute!<br />
Instagram: https://www.instagram.com/danilo_pentivolpe/<br />
WEB SITE: www.bartendersclassheroes.com<br />
Facebook: https://www.facebook.com/pentivolpe.danilo/<br />
Danilo Pentivolpe
di Giovanna Delle Site<br />
Quella dell’ hair stylist può essere definita un’arte: come fa un vero artista, immagina la sua<br />
opera, la struttura e la realizza con le sue mani. E’ cultore dell’estetica, crea bellezza, cavalca<br />
mode e tendenze senza mai perdere di vista l’approccio empatico e psicologico a cui è<br />
chiamato per lo svolgimento ad hoc della sua attività.<br />
Incontro Claudio e Giovanni, creativi ed appassionati hair stylist, per una chiacchierata tanto<br />
leggera e piacevole quanto curiosa per le interessanti riflessioni emerse: il culto della bellezza<br />
estetica in tempo di pandemia e l’importanza della figura del consulente di bellezza nel<br />
contingente ed inaspettato contesto che stiamo vivendo.
TuttoBallo<br />
Claudio, Giovanni, la vostra è stata una delle attività più coinvolte nelle<br />
limitazioni imposte dalla pandemia; domanda apparentemente scontata<br />
e banale ma d’ obbligo: la chiusura è stato indubbiamente il momento<br />
peggiore, qual è stato il vostro stato d’animo prevalente?<br />
L’incertezza, come per molti, e la frustrazione nel non poter operare e<br />
quindi non poter svolgere il nostro lavoro in nessun modo possibile sono<br />
stati gli stati d’animo che per tutto il periodo di chiusura ci hanno<br />
accompagnato. Il lavoro è ciò che permette il sostentamento e il non poter<br />
avere più un ruolo attivo è stato per noi grande fonte di frustrazione.<br />
La riapertura, i nuovi appuntamenti, rivedere le vostre clienti: avete un<br />
aggettivo che descriva quei momenti?<br />
Il primo giorno di riapertura ufficiale sembrava quasi che fosse il primo<br />
giorno di lavoro della nostra vita; non sapendo che cosa aspettarci eravamo<br />
emozionati e agitati al tempo stesso. Ma ci è bastato rivedere lo sguardo<br />
delle nostre clienti per ritrovare il desiderio e la voglia di riprendere in mano<br />
i nostri strumenti del mestiere e ricominciare a vivere la nostra arte. Se<br />
dovessimo scegliere una parola per descrivere quel momento sarebbe<br />
"elettrizzante".<br />
Dal 20 gennaio 2022, alla luce dell’ultimo decreto legislativo, obbligo<br />
del green pass per accedere ai saloni di bellezza : il provvedimento<br />
pare sia stato accolto con sollievo dalla maggior parte dei vostri<br />
colleghi, c’è tuttavia, una piccola parte che ne trova limitante e<br />
difficoltosa la gestione, cosa ne pensate?<br />
Appena abbiamo saputo che anche nel nostro settore sarebbe diventato<br />
obbligatorio richiedere il green pass c’è stato un sospiro di sollievo. Non c'è<br />
nulla di negativo: tutt’altro! Questo servirà a rendere ancora più sicuro e<br />
sereno il vostro ed il nostro momento dal parrucchiere.<br />
Il culto della bellezza: in tempo di pandemia e secondo la vostra<br />
esperienza, è cambiato qualcosa? Se sì, cosa e come?<br />
La pandemia ci ha permesso di comprendere quanto sia importante per<br />
ognuno di noi la cura dell'aspetto estetico; anche se spesso viene<br />
considerato una sfaccettatura “frivola” della vita, in realtà ha dimostrato di<br />
rappresentare una valvola di sfogo per molti di noi: riconquistare la<br />
normalità passa anche attraverso una semplice piega o un trucco<br />
particolare per una serata. Ma sotto altri punti di vista questa paura<br />
costante che ormai viviamo tutti, non ha permesso a molti di tornare dal<br />
parrucchiere con la stessa serenità e disinvoltura di prima: alle volta la<br />
paura di uscire di casa ha preso il sopravvento sul desiderio di recarsi nel<br />
salone di bellezza di fiducia. Siamo in ogni caso ben consapevoli, ora piú<br />
che mai, che con il nostro lavoro e la nostra forma d’arte possiamo aiutare<br />
le persone a stare meglio con se stesse.<br />
L’ascolto, la creatività, il senso estetico sono da sempre e<br />
notoriamente alcuni degli aspetti chiave su cui puntare maggiormente<br />
nella “conquista” delle vostre clienti. Aggiungereste altro come<br />
fondamentale in questo momento?<br />
La sicurezza: è un fattore assolutamente indispensabile in questo momento<br />
sentirsi sicuri all’interno di un salone in termini di osservanza da parte di<br />
noi gestori di tutte le norme previste.<br />
Oltre lo specchio…cosa c’è?<br />
Questa è una domanda che molti clienti ci pongono non appena fanno il loro<br />
ingresso nel salone per la prima volta. Semplicemente a noi piace pensare<br />
che “oltre lo specchio” ci siate voi, i nostri clienti. Oltre lo specchio si arriva<br />
ad una conoscenza più profonda di se stessi, noi riusciamo così a vedervi<br />
in maniera completa e ad offrirvi il meglio della nostra arte.<br />
Ringraziamo Claudio e Giovanni per la bellissima ed interessante<br />
chiacchierata, invitando tutti i nostri amici a passare presso il salone di<br />
bellezza “Oltre lo specchio” ove non mancheranno consigli di bellezza ed<br />
una piacevole chiacchierata con due grandi professionisti...ed artisti dei<br />
capelli.
TuttoBallo<br />
CURA DELLA PELLE<br />
i consigli di Mauri Menga<br />
La routine della cura della pelle prevede l'utilizzo di una serie di prodotti<br />
sapientemente applicati sul viso nel giusto ordine e soprattutto specifici per il proprio<br />
tipo di pelle. Detergente, tonico, crema, contorno occhi, ma qual è la sequenza da<br />
seguire? Per evitare confusione, chiariamo le idee anche e soprattutto a chi si sta<br />
cimentando le prime volte con la cura della pelle<br />
Premesso che la cura della pelle sia assolutamente fondamentale, avere un efficace<br />
risultato della cura della pelle è essenziale per permettere al tuo derma di ottenere un<br />
aspetto radioso e fresco. Vediamo insieme quali sono i passaggi e i prodotti da<br />
utilizzare sia al mattino che alla sera.
TuttoBallo<br />
Molto spesso la confusione di chi si approccia alla alla cura<br />
della pelle nasce dal fatto che i prodotti da utilizzare sono<br />
davvero tanti e non si sa mai da quale cominciare. La routine<br />
per la cura della pelle ha delle regole ben precise che<br />
prevedono l'utilizzo di determinati prodotti in un momento e in<br />
un ordine specifici, che spesso non si conoscono o nella<br />
maggior parte dei casi, vengono confusi.<br />
Il siero va applicato prima o dopo della crema viso? Il<br />
contorno occhi è l'ultimo step? Per rispondere a tutte queste<br />
domande abbiamo stilato un elenco con i vari passaggi.<br />
L'ordine di applicazione delle creme, anche se può sembrare<br />
strano, è davvero fondamentale per riuscire a fare la<br />
differenza: una pelle pulita e idratata correttamente è anche<br />
più luminosa e compatta, e ci fa sentire più belle.<br />
Come regola generale devi considerare ben tre momenti<br />
chiave: detersione, idratazione e protezione, che vanno<br />
eseguite in un ordine preciso, applicando ad ogni step i<br />
prodotti giusti. Ogni momento della routine per la tua<br />
bellezza, va poi personalizzata in base al tipo di pelle, in<br />
modo da scegliere il prodotto più adatto ad ogni esigenza.<br />
Niente panico: per quanto l'ordine da seguire sia rigoroso,<br />
basteranno pochi minuti al giorno per prenderti cura di te e<br />
della tua pelle.<br />
La sera è il momento ideale per dedicare qualche minuto<br />
alla cura della tua pelle. Eliminare tutte le tracce di make up,<br />
detergere a fondo la pelle, idratarla, saranno tutti step<br />
fondamentali da compiere a fine giornata, andando a<br />
rimuovere efficacemente tutte le particelle di sporco che si<br />
saranno accumulate sul viso durante il giorno. Inoltre, i<br />
trattamenti da fare la sera avranno il tempo di agire tutta la<br />
notte per un risultato di pelle bellissima al risveglio.<br />
La prima cosa da fare ogni sera: eliminare il trucco ! Se hai<br />
usato molto trucco sugli occhi, ti consigliamo di utilizzare uno<br />
struccante bifasico che sarà in grado di sciogliere anche il<br />
mascara e l'eyeliner più tenaci. Per il resto del viso, invece,<br />
puoi optare per un'acqua micellare insieme ad un dischetto di<br />
cotone. Nell'ultimo periodo sono in rapida ascesa anche alcuni<br />
struccanti oleosi in grado di rimuovere alla perfezione anche il<br />
trucco waterproof, ed hanno la particolarità di trasformarsi in<br />
latte a contatto con l'acqua, quindi sono ideali per tutti i tipi di<br />
pelle.<br />
Adesso è la volta della detersione che può essere trasformata<br />
anche in una doppia detersione, il detergente oleoso prima e<br />
quello schiumoso dopo , serviranno a rimuovere delicatamente<br />
i residui di trucco oppure lo smog che sporcano la tua pelle,<br />
rendendola soffice e vellutata al tatto<br />
Esfoliare la pelle una o due volte a settimana è utile per<br />
aiutare il ricambio cellulare. Scegli sempre un esfoliante<br />
delicato che, oltre a pulirla, renderà la pelle più luminosa. Se<br />
hai la pelle sensibile, opta per il gommage i granelli sono più<br />
piccoli ed il potere abrasivo è utile per non arrossare la pelle;<br />
ricordiamoci che il gommage lo faremmo anche sulle mucose<br />
labiali.<br />
Dopo gli step nominati in precedenza, arriva il momento di<br />
ristorare la pelle applicando una maschera lenitiva, idratante<br />
o nutriente. Puoi scegliere le maschere in tessuto, facili da<br />
applicare, veloci e che non necessitano di risciacquo. Oppure<br />
l'alternativa sono le maschere in crema: stendi sul viso una<br />
quantità piuttosto abbondante, lascia in posa e poi risciacqua.
TuttoBallo<br />
Dopo gli step nominati in precedenza, arriva il momento di<br />
ristorare la pelle applicando una maschera lenitiva,<br />
idratante o nutriente. Puoi scegliere le maschere in<br />
tessuto, facili da applicare, veloci e che non necessitano di<br />
risciacquo. Oppure l'alternativa sono le maschere in crema:<br />
stendi sul viso una quantità piuttosto abbondante, lascia in<br />
posa e poi risciacqua.<br />
Adesso arriva il momento di gratificare la pelle, sempre<br />
dopo avere esfoliato il tuo derma, applicando una maschera<br />
lenitiva, idratante o nutriente. Puoi scegliere le maschere in<br />
tessuto, al collagene ,elastina, facili da applicare, veloci e<br />
che non necessitano di risciacquo. Oppure l'alternativa<br />
sono le maschere in crema: stendi sul viso una quantità<br />
piuttosto abbondante, lascia in posa e poi risciacqua.<br />
Il tonico è il prodotto più bistrattato: alcune lo amano e<br />
altre lo odiano, ma spesso il suo utilizzo viene<br />
completamente saltato durante la cura della pelle<br />
giornaliera. In realtà, ha una funzione importante, in quanto<br />
riequilibra la pelle restringendo i pori, illuminando il viso o<br />
combattendo le imperfezioni.<br />
Applicare siero è fondamentale anche e soprattutto per<br />
massimizzare gli effetti della crema viso e il siero che<br />
permette alla crema di entrare in profondità. È il primo<br />
step per l'idratazione notturna e non va mai saltato.<br />
Anche il contorno occhi ha il suo step all'interno della<br />
cura della pelle: essendo una zona assolutamente delicata,<br />
dove avviene la maggior mobilità del viso, la sera è il<br />
momento perfetto per idratarla a fondo. Per capire che<br />
quantità di contorno occhi applicare, immagina di erogare<br />
sulla punta delle dita un chicco di riso, sarà la dose<br />
perfetta da picchiettare sotto e al lato di entrambi gli occhi.<br />
Questo dovrebbe essere fatto anche più volte al giorno<br />
anche sopra al trucco. lo stesso prodotto puoi utilizzarlo<br />
anche intorno alla mucosa della labbra.<br />
La crema viso è l'ultimo prodotto da applicare, lo step<br />
finale per chiudere in bellezza la tua routine. Scegli<br />
accuratamente la crema viso in base al tuo tipo di pelle, in<br />
modo che durante la notte possa agire alla perfezione.<br />
Proprio perché è notte, puoi optare per una crema viso<br />
dalla texture ricca, soprattutto se hai la pelle secca, ed<br />
eventualmente risciacquare i residui il mattino seguente.<br />
Ricorda che anche il giorno prima del trucco dovrai usare<br />
una crema idratante prima di iniziare a truccarti, un pò<br />
meno grassa per far sì che il tuo trucco tenga di più.<br />
Anche se ti abbiamo appena detto che la crema viso è<br />
l'ultimo step, c'è ancora qualcosa che puoi fare: idratare le<br />
labbra! Soprattutto se è inverno o se durante il giorno hai<br />
indossato un rossetto, assicurati che sia stato<br />
completamente rimosso e applica una dose generosa di<br />
balsamo labbra oppure un pò di burro di karitè, per nutrire<br />
e idratare le labbra in profondità durante il sonno. Ovvio<br />
dirlo, si può usare anche di giorno, per proteggere la<br />
labbra dal caldo e dal freddo
FISIOTECNICA<br />
E<br />
LOMBALIGA<br />
Silvio Liberto.<br />
Nel corso del tempo, anche la danza classica ha subito cambiamenti, mutamenti per<br />
meglio dire; da quasi vent’anni quest’ arte è stata approfondita in larga scala, da<br />
esperienze e conoscenze, maturando la consapevolezza di uno studio non solamente<br />
tecnico, ma anche estetico ed inconscio, implementando la ricerca anatomica di strumenti<br />
teorici e critici da parte di esperti nel settore medico.<br />
Nasce così la fisiotecnica.<br />
L’utilizzo di attrezzi, di piccole o grandi dimensioni, allo scopo di migliorare le prestazioni<br />
fisiche dei danzatori, una disciplina a cura del corpo, allineare tutti quei segmenti che<br />
compongono il copro umano muscolo-scheletrico, evitando eventuali traumi nel corso<br />
dell’attività, lavorando dalla testa ai piedi, escludendo scompensi muscolari, principale<br />
fonte di dolori articolari e squilibrio posturale.<br />
Nell’impostazione moderna, a differenza della scuola tradizionale, caratterizzata da<br />
irrigidimento in uno schema fondato dall’ uso della forza e sull’ esercizio della prontezza, il<br />
corpo lavora su fasi di rilassamento, scioltezza ed elasticità, puntando e stimolando il<br />
movimento più profondo, lavorando su un equilibrio di propriocezione neurale, attivando il<br />
processo di sinapsi celebrale, memorizzando in modo duraturo il movimento.<br />
Il danzatore non si muove solamente dentro la spazio, ma interagisce con esso,<br />
controllando le leggi fisiche che lo circondando, in primis la gravità. Qualsiasi movimento,<br />
dal più piccolo al più grande, dal più lento al più veloce, dallo scattante al più fluido, si<br />
irradiano energicamente dal centro del corpo all’ esterno, attraverso le linee dei canali<br />
degli arti, con cambi di orientamento anche dei singoli segmenti corporei, liberi di spostarsi<br />
nello spazio. È cosi che il corpo libera tensioni superflue e irrigidimenti muscolari, dalle<br />
zone più superficiali alle più profonde, economizzando sull’ energia.<br />
Nello specifico, oggi, affrontiamo il tema del dolore nell’area lombare.<br />
L’impostazione del tronco nella danza classica come nella vita odierna, è di fondamentale<br />
importanza per evitare traumi e dolori alla schiena, l’attività respiratoria e il lavoro<br />
muscolare generale, incidono molto nella statica delle pose e nella dinamica dei passi; in<br />
sostanza, nella rifinitura stilistica esteriore del corpo e nello stretto rapporto tra il lavoro di<br />
schiena. L’assestamento della colonna vertebralericade sul bacino in relazione<br />
all’equilibrio, orientando il corpo a dar spazio al movimento e non al carico maggiore sugli<br />
arti. Solamente in questo modo otterremo un equilibrio tra muscoli, tendini e forze<br />
contrarie.<br />
Il tronco esige l’ allungamento del bacino nella sua naturale forma, l’inclinazione in avanti e<br />
la riduzione delle curve vertebrali, consentendo la verticalizzazione del bacino all’ altezza<br />
della vita, diminuendo la lordosi lombare, la classica curvatura della parte bassa della<br />
colonna vertebrale che esteticamente è visibilmente accentuata interrompendo la naturale<br />
fisiologia. Questa eccessiva curvatura dà vita a dolori spesso insopportabili, impossibilità<br />
a stare seduti o in piedi per lungo tempo, formicolii e perdita di sensibilità degli arti, disturbi<br />
dell’ equilibrio e, in alcuni casi, anche vertigini.<br />
Trattare la lordosi con la fisiotecnica è uno dei migliori rimedi naturali, da esercitarsi con<br />
costanza, determinazione e con stretching dolce facendosi aiutare da un esperto; in tal<br />
modo è assolutamente risolvibile. Oggi, fortunatamente, con la presenza di attrezzature<br />
all’avanguardia e sempre in via di aggiornamento, possiamo intervenire nello specifico, sia<br />
per i più piccoli che per i più grandi, eliminando qualsiasi problema alla radice. La<br />
fisiodanza è consigliabile anche per i più adulti, lo studio della danza classica assemblata<br />
alla fisiotecnica è aperta a tutti, ma sempre in presenza di un esperto, per evitare di<br />
aggravare stati muscolari già cronici.
<strong>TuttoBallo20</strong><br />
ATTACAMENTO E SOCIAL<br />
di Giovanni Battista Gangemi<br />
Bowlby aveva identificato quattro stili di attaccamento.In primis lo stile sicuro, che<br />
consente di creare relazioni efficaci e durature, e poi tre stili disfunzionali: quello insicuro<br />
–evitante, insicuro–ansioso, e quello disordinato–disorganizzato. Secondo Bowlby,<br />
l’attaccamento non si sviluppa esclusivamente per necessità di nutrimento e per<br />
l’allattamento, ma si stabilisce sulla base e attraverso la presenza di alcuni altri elementi<br />
fondamentali: il contatto ed il calore fisico, le coccole, le attenzioni e le rassicurazioni di cui<br />
il piccolo ha bisogno, e che ricerca per istinto.<br />
Ma cosa succede se applichiamo le teorie dell’attaccamento alle nuove relazione<br />
online?<br />
E in effetti, se le analizziamo con attenzione, ritroviamo molte delle problematiche che si<br />
scorgono in tante relazioni che passano attraverso i nuovi media.<br />
Con la comunicazione che passa principalmente per il digitale, che nella maggior parte<br />
dei casi elimina la dimensione corporea, i soggetti non sono in grado di utilizzare<br />
efficacemente i MOI ( Modelli Operativi Interni), sviluppati in passato per dare un senso<br />
alle relazioni. I MOI sono “Rappresentazioni mentali, costruite dall'individuo come strutture<br />
mentali che contengono le diverse configurazioni (spaziale, temporale, causale) dei<br />
fenomeni del mondo, e che hanno la funzione di veicolare la percezione e<br />
l'interpretazione degli eventi, consentendogli di fare previsioni e crearsi aspettative sugli<br />
accadimenti della propria vita relazionale” (Albanese, 2009).<br />
Infatti la comunicazione digitale priva i soggetti di un importante punto di riferimento nel<br />
processo di apprendimento e comprensione delle emozioni proprie ed altrui, favorendo il<br />
cosiddetto “ analfabetismo emotivo” . Questa espressione indica sia la mancanza di<br />
consapevolezza , quindi un mancato controllo delle proprie emozioni, sia la mancanza di<br />
capire le ragioni per le quali si provano delle certe emozioni, sia l’incapacità di relazionarsi<br />
con le emozioni altrui. Questa mancanza di corporeità va a toccare gli stili di<br />
attaccamento identificatida Bowlby. Di conseguenza le relazioni che vediamo nascere sui<br />
media o social nella maggior parte dei casi appartengono a :<br />
lo stile insicuro–evitante, che porta a prevedere che la relazione avrà come unica<br />
soluzione l’abbandono o il rifiuto;<br />
lo stile insicuro–ambivalente, dove il soggetto tende ad interpretare i segnali dell’altro<br />
contemporaneamente in senso sia positivo che negativo;<br />
lo stile disorientato–disorganizzato dove il soggetto è caratterizzato da forti sbalzi<br />
emotivi e da una relazione intermittente.
Pensiero del mese<br />
DI FRANCESCA MEUCCI - DIRETTRICE DI SOLOMENTE<br />
Siamo nel pieno dell'inverno, i primi giorni di febbraio<br />
seguono quelli che tradizionalmente sono considerati i più<br />
freddi dell'anno e vengono chiamati "i giorni della merla". Lo<br />
sapete che esiste un fiore che sboccia a febbraio? È il<br />
bucaneve, il cui nome, dall'etimologia greca, deriva dalle<br />
parole: gala (latte), anthos (fiore) e nivalis (nella neve).<br />
Viene chiamato anche stella del mattino, in quanto spesso è<br />
il primo fiore a sbocciare anche quando la neve ricopre<br />
ancora il sottobosco. Un tempo era ritenuto di cattivo<br />
auspicio ma nel linguaggio dei fiori significa tutt'altro: vita e<br />
speranza! Il fiore del bucaneve infatti viene associato al<br />
passaggio dall'oscurità invernale alla serenità primaverile<br />
diventando un vero e proprio simbolo di speranza per il<br />
futuro e di purezza. Mai come quest'anno c'è bisogno di<br />
fiducia e ottimismo, di credere davvero che domani andrà<br />
meglio, che usciremo tutti da un periodo buio e torneremo,<br />
citando l'immenso Dante Alighieri, "a riveder le stelle". Se un<br />
fiore riesce a nascere sotto la neve, nulla è impossibile.<br />
Anzi, io credo fermamente che "nulla è impossibile, finché<br />
non lo fai". Con la speranza che ognuno di noi possa<br />
superare questo periodo nel migliore dei modi e che le<br />
nostre aspettative non rimangano mere illusioni, vi invio<br />
virtualmente piantine di bucaneve, perché possiate fiorire<br />
insieme a loro.<br />
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vincitori Festival di Sanremo 2022<br />
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