WineCouture 1-2/2022
WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.
WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.
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NUMERO 1/2<br />
Anno 3 | Gennaio - Febbraio <strong>2022</strong><br />
Poste Italiane SPA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI - In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi.<br />
NEXT LEVEL<br />
NEXT LEVEL<br />
Appunti e spunti di business. Perché il futuro è già cominciato
2<br />
Comincia una nuova storia<br />
Il vino si produce. Si vende. Si condivide. Il vino<br />
è qualcosa di vivo. Crea sinergie. Il vino non è<br />
mai solo vino. Lo abbiamo capito ancora meglio<br />
in questi ultimi due strani anni, che ci hanno fatto<br />
interrogare tutti profondamente. Cos’è il vino? È<br />
ritrovare il tempo di una visita in cantina. È chiudere<br />
un affare a una delle fiere che hanno ripreso il<br />
loro corso. È scoprire la bellezza di un nuovo abbinamento.<br />
È l’entusiasmo di raccontare l’unicità<br />
di ogni storia dopo un assaggio. Il vino è incontro,<br />
cultura, praticità. Il vino è profondamente cambiato.<br />
Le distanze si sono accorciate e questo ha<br />
generato ancor più curiosità, nel pubblico e tra gli<br />
operatori. Dopo due anni di pandemia, che hanno<br />
determinato non pochi stravolgimenti, è tempo di<br />
scrivere una nuova storia, lasciando alle spalle gli<br />
ostacoli e le incertezze.<br />
La sfida è quella di guardare a un orizzonte più ampio.<br />
Ed è in questo nuovo percorso da imboccare<br />
che <strong>WineCouture</strong>, sistema editoriale inteso in<br />
tutte le sue “sfaccettature”, per il <strong>2022</strong> ha delineato<br />
un arricchimento della propria offerta editoriale,<br />
oltre alla rivista che state sfogliando e alla Newsletter<br />
Settimanale dedicata agli operatori. Le novità<br />
sono due. I Quaderni di <strong>WineCouture</strong>, pubblicazione<br />
consumer, è pronta a tornare da marzo<br />
nelle enoteche Vinarius (e non solo) per raggiungere<br />
gratuitamente il pubblico dei wine lover loro<br />
clienti con una spumeggiante monografia sul<br />
Prosecco. Il web magazine <strong>WineCouture</strong>.it dalle<br />
prossime settimane cambierà look, diventando<br />
ancora più bello, ricco e funzionale. Perché il vino<br />
merita di essere raccontato bene. E sempre.<br />
04 Experience. Monfortino 1955 e la storia di<br />
Langa. Una degustazione da leggenda<br />
06 Giramondo. Valpolicella: vini, stili, terroir<br />
nel racconto delle etichette simbolo<br />
13 Collection. I grandi vini sfilano in passerella,<br />
alla scoperta delle novità<br />
SOMMARIO<br />
22 Scenario. Enoteche alla riscossa. Il bilancio<br />
2021 nella voce dei protagonisti<br />
24 Visioni. Il valore della praticità. Il catalogo<br />
<strong>2022</strong> firmato da Proposta Vini<br />
26 Champagne. La verticale di Cuvée Louise,<br />
gli Chardonnay Grand Cru di Benoit Munier<br />
WINECOUTURE - winecouture.it<br />
Direttore responsabile Riccardo Colletti<br />
Direttore editoriale Luca Figini<br />
Cover editor Alice Realini<br />
Coordinamento Matteo Borré<br />
Marketing & Operations Roberta Rancati<br />
Contributors Francesca Mortaro, Andrea Silvello<br />
(founder Topchampagne), Irene Forni<br />
Art direction Inventium s.r.l.<br />
Stampa La Terra Promessa Società Cooperativa<br />
Sociale Onlus (Novara)<br />
Editore Nelson Srl<br />
Viale Murillo, 3 - 20149 Milano<br />
Telefono 02.84076127<br />
info@nelsonsrl.com<br />
www.nelsonsrl.com<br />
Registrazione al Tribunale di Milano n. 12<br />
del 21 Gennaio 2020 - Nelson Srl -<br />
Iscrizione ROC n° 1172376 del 5 Febbraio 2020<br />
Periodico bimestrale<br />
Anno 3 - Numero 1-2 - Gennaio/Febbraio <strong>2022</strong><br />
Abbonamento Italia per 6 numeri: Euro 30,00<br />
L’editore garantisce la massima riservatezza<br />
dei dati personali in suo possesso.<br />
Tali dati saranno utilizzati per la gestione degli<br />
abbonamenti e per l’invio di informazioni<br />
commerciali. In base all’art. 13 della Legge<br />
n° 196/2003, i dati potranno essere rettificati<br />
o cancellati in qualsiasi momento scrivendo a:<br />
Nelson Srl<br />
Responsabile dati Riccardo Colletti<br />
Viale Murillo, 3<br />
20149 Milano<br />
Photo: (sopra) James Bort per Dom Pérignon P3<br />
(sotto) Bottega
4<br />
EXPERIENCE<br />
Monfortino 1955<br />
e la storia di Langa<br />
La degustazione da leggenda che sfata più di un mito.<br />
Perché l’Italia e Barolo non hanno nulla da invidiare<br />
ai grandi francesi<br />
Immaginatevi uno dei vini più conosciuti e apprezzati<br />
in Italia e nel mondo, il Monfortino di Giacomo<br />
Conterno. Immaginatevi il formato più grande<br />
possibile, il 13 litri. Immaginatevi un’annata assai<br />
vecchia, la 1955. Immaginatevi ora la notizia. Non<br />
è quella che questa bottiglia è stata battuta all’asta ad<br />
un prezzo esorbitante: cosa, per altro, già avvenuta,<br />
con il fortunato che se l’è aggiudicata per<br />
una cifra di circa 25 mila euro. La notizia<br />
è che qualcuno ha avuto il coraggio<br />
di aprirla quella bottiglia. Cosa<br />
che non accade spesso, si sa, perché<br />
vini del genere sono ritenuti,<br />
nell’immaginario comune, da collezione,<br />
da speculazione, da teca,<br />
da esposizione, da museo. Invece<br />
no. Per Marcello Brunetti (in foto,<br />
a destra), l’organizzatore dell’insolita<br />
degustazione, come per Roberto Barchi<br />
(in foto, a sinistra), che da trent’anni cerca,<br />
seleziona e vende bottiglie vecchie, i vini così vanno<br />
bevuti. Bevuti senza esitazione.<br />
Un’etichetta e un formato da leggenda, si diceva. Ma<br />
l’intento di Marcello Brunetti è proprio quello di sfatare<br />
alcuni miti, facendo parlare innanzitutto il vino. Nel<br />
panorama dell’enologia internazionale, infatti, la Langa<br />
rappresenta senza dubbio un fiore all’occhiello. E Giaco-<br />
DI FRANCESCA MORTARO<br />
mo Conterno, all’inizio del ‘900, fu uno dei primi a capire<br />
che si poteva produrre un vino da invecchiamento:<br />
un vino che non fosse solo un alimento ma che si potesse<br />
conservare a lungo. In due parole, un Barolo riserva.<br />
Nasce così il famoso Monfortino. Era il 1924. Il resto è<br />
storia. Ma la bravura e la lungimiranza di Conterno e degli<br />
altri produttori che si sono cimentati in Langa nella<br />
prima metà del Novecento sono in grado di<br />
arrivare fino a noi? E ancora, i vini di quegli<br />
anni cosa raccontano? Innanzitutto,<br />
che non abbiamo nulla da invidiare<br />
ai grandi vini francesi. Nulla da invidiare<br />
a Bordeaux, quindi, perché<br />
questi nostri vini piemontesi, calice<br />
alla mano, hanno una tenuta che<br />
li rende unici al mondo. Ed è bene<br />
ricordarlo. Ma come dicevamo, per<br />
accorgersene bisogna berli. Bisogna<br />
aprire le bottiglie e ascoltare quello che<br />
ha da dire il contenuto in ciascuna di esse.<br />
Ed è proprio quanto è successo in occasione di una<br />
grande sfilata di etichette di Langa andata in scena in un<br />
ristorante di Reggio Emilia lo scorso sabato 5 febbraio.<br />
All’apertura – operazione chirurgica che richiede tempo,<br />
massima precisione e maniacale delicatezza soprattutto<br />
nella rimozione dell’olio enologico che sta a protezione<br />
del vino – il Monfortino 1955 sorprende da tutti i punti<br />
di vista. Non c’è ossidazione al naso e non vira sull’aranciato<br />
nelle note cromatiche. Il colore è vivo, di un rosso<br />
acceso che sfuma ad un granato compatto. All’assaggio,<br />
poi, niente è fuori posto. Prevalgono l’integrità del vino<br />
e la sua perfetta evoluzione e conservazione, accompagnate<br />
da un sapore unico, fatto di qualche nota evoluta<br />
ma allo stesso tempo da un frutto fragrante, segno della<br />
giovinezza che non ti aspetti. È un vino che ha retto il<br />
tempo in maniera egregia. Nessuna ruga, nessun segno di<br />
stanchezza. 67 anni e sentirsene sulle spalle neanche 10.<br />
Ma il rendez-vous emiliano è stato un evento speciale non<br />
solto per l’assaggio in sé del grande protagonista, che già<br />
basterebbe reggere i confronti con tutti gli assaggi da qui<br />
ai prossimi 20 anni. La cosa interessante della giornata<br />
in compagnia con il Monfortino 1955 è stata rappresentata<br />
soprattutto dalla sua comparazione con altri vini del<br />
territorio, in diverse annate e formati. In passerella sono<br />
sfilati: Bartolo Mascarello 1971 Magnum e Barolo Castella<br />
1982 da 0,75 litri. E ancora: Cordero di Montezemolo<br />
Barolo 1971, Oddero Barolo 1964, Francesco Rinaldi<br />
Barolo 1967, Calissano Barbaresco 1965, Gaja Barbaresco<br />
1958 e 1961. E poi: Borgogno Barolo Riserva 1947 e<br />
1931. Infine, altri quattro Monfortino: 1939, 1943, 1947<br />
e riserva speciale 1964. Una batteria ricca ed interessante<br />
dalla quale sono rimasti indelebili nella memoria, insieme<br />
a Monfortino ‘55, Borgogno ‘47 e Gaja ‘58.<br />
Vini di produttori che oggi, non per nulla, sono i<br />
mostri sacri dell’enologia mondiale. Produttori che<br />
hanno saputo dare voce ad un territorio che ha dato<br />
vita a bottiglie intramontabili. E quando diciamo intramontabili<br />
non è per sentito dire, ma perché dopo<br />
averle aperte e bevute è balenato nella mente un’unica<br />
consapevolezza: tra 60 anni, ci regaleranno ancora<br />
grandi emozioni.
IMPRONTA DI<br />
UN TERRITORIO<br />
BAGLIODIPIANETTO.IT
6<br />
GIRAMONDO<br />
Photo: Allegrini<br />
Valpolicella:<br />
vini, stili, terroir<br />
Il racconto di una delle zone più vocate d’Italia.<br />
Nelle parole e nelle etichette di alcuni suoi simboli<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
Tre zone distinte, innumerevoli sfumature di<br />
suoli, un unico grande areale di produzione.<br />
La Valpolicella del vino è terroir tra i più vocati<br />
nel panorama italiano. Merito della sua collocazione<br />
geografica e della caratterizzazione<br />
morfologica, che la rendono terra eletta per alcune delle<br />
produzioni più note del made in Italy enoico nel mondo.<br />
Valpolicella, Valpolicella Ripasso, Amarone e Recioto, i<br />
quattro moschettieri della Denominazione. Ma tanta è poi<br />
la creatività in questo angolo di Veneto, che porta i produttori<br />
a interpretazione dove le varietà autoctone, a partire<br />
da Corvina, Corvinone, Rondinella e Molinara, incontrano<br />
il gusto internazionale. Vini che nascono a cavallo tra la<br />
zona Classica, che comprende i comuni di Sant’Ambrogio<br />
di Valpolicella, San Pietro in Cariano, Fumane, Marano e<br />
Negrar, la Valpantena, delimitata dall’omonima valle, e la<br />
zona Doc Valpolicella, con Verona, Illasi, Tramigna e Mezzane.<br />
Un terroir in salute, come dimostrano anche i numeri<br />
del 2021 del vino in Valpolicella (dati Wine Monitor<br />
Nomisma per Consorzio Vini Valpolicella). Un anno da<br />
incorniciare, l’ultimo, nonostante le difficolta legate alla<br />
pandemia. Un 2021 di crescita in doppia cifra. E se il vigneto<br />
ha fatto segnare uno sviluppo del 2%, raggiungendo<br />
gli 8.573 ettari, ad essere significativamente aumentata è<br />
stata la produzione (+8,6% sul 2020), a fronte di un mercato<br />
dove l’incremento delle vendite (+16% sul 2020) è<br />
proceduto di pari passo con quello dell’imbottigliato<br />
(+15,3%). Il rimbalzo della ripartenza ha interessato in<br />
particolare la domanda italiana, con uno scatto in avanti<br />
rispetto al 2020 del 31% a valore, e un export in crescita<br />
dell’8%, anche grazie ad un incremento nel prezzo medio.<br />
In termini produttivi, aumenta la messa a riposo e si<br />
procede sempre più in direzione di tipologie dal valore<br />
aggiunto, in particolare con l’Amarone che ha ripreso a<br />
crescere. Ed è proprio il re dei rossi della Valpolicella a far<br />
segnare la miglior performance sul mercato, protagonista<br />
di un autentico boom di vendite (+24%) ben oltre la media<br />
nazionale sia nelle esportazioni (+16%) sia soprattutto<br />
in Italia, dove segna un +39% a valore. Notizie positive<br />
arrivano anche da quel che oggi è sempre più driver della<br />
Denominazione, in primis per via del successo sulle piazze<br />
internazionali, con il Valpolicella Ripasso che chiude<br />
l’anno a +15%, complice anche qui l’exploit sul mercato<br />
interno (+34%, dato che si alza al +43% per le piccole imprese)<br />
a fronte di una variazione più timida dell’export<br />
(+5%) e un prezzo medio sostanzialmente stabile. Bilancio<br />
in chiaroscuro, invece, per il Valpolicella, che cresce,<br />
meno delle altre tipologie, chiudendo il 2021 a +1,2% a<br />
valore e +3% a volume, ma a fronte di un’interessante “riscoperta”<br />
dell’Italia per la produzione più storica: +9%,<br />
con le piccole aziende a +29%. Numeri, questi, che nelle<br />
prossime pagine si fanno volti e vini, con il racconto di<br />
<strong>WineCouture</strong> delle innumerevoli sfumature della Valpolicella<br />
e delle emozioni che è capace di suscitare nel calice.
7<br />
La Val d’Illasi si estende a pochi chilometri<br />
di distanza da Verona. Siamo all’estremità<br />
orientale della provincia, dove si registra l’altimetria<br />
maggiore s.l.m., in terra di “confine”<br />
tra le zone di produzione del Soave e del Valpolicella.<br />
Ed è qui che nello storico borgo di Illasi, nel<br />
1843, venne fondata la casa vinicola Santi. Fu Carlo<br />
Attilio Santi a porre le fondamenta di un’attività “per la<br />
produzione e vendita di vino”, come da iscrizione all’epoca<br />
alla camera di commercio di Verona, che oggi è una<br />
realtà, parte del ricco mosaico vitivinicolo di Gruppo<br />
Italiano Vini, situata in un’area nota per la tipicità delle<br />
sue produzioni. Siamo, infatti, all’ombra dei monti Lessini,<br />
che abbracciano da nord la città di Verona, formando<br />
l’insieme di colline dall’inconfondibile forma a ventaglio<br />
denominata Valpolicella. “Ci troviamo a ridosso<br />
delle Prealpi venete su un terreno caratterizzato per la<br />
sua natura calcarea di origine marina, con espressioni<br />
che raggiungono anche decine di metri di profondità”,<br />
spiega Cristian Ridolfi (nella foto sopra), enologo e<br />
direttore di casa vinicola Santi. “Ed è proprio questa<br />
caratterizzazione a favorire la produzione di vini<br />
rossi fini ed eleganti, ma soprattutto longevi”. Altro<br />
elemento che crea la magia è quel microclima unico<br />
che caratterizza queste zone, situate a ridosso delle<br />
montagne, ma che godono dei benefici effetti degli<br />
influssi mediterranei. “I venti che giungono da nord,<br />
per via della peculiare conformazione del territorio,<br />
non colpiscono mai in maniera diretta, offrendoci<br />
la possibilità di coltivare uve come Corvina,<br />
Corvinone e Rondinella, varietà molto sensibili<br />
alle basse temperature”. È dunque la<br />
felice combinazione del terroir, inteso come<br />
ideale congiunzione tra le caratteristiche di<br />
suolo e clima, a donare il profilo fruttato e<br />
dal tannino dolce ai vini di questa zona.<br />
I vigneti di casa vinicola Santi spaziano fin<br />
alla zona Classica, posizionati tra i 100 e i 380<br />
metri s.l.m. Cristian Ridolfi collabora con il<br />
team di agronomi per selezionare nell’ambito<br />
di ciascuna vallata della Valpolicella i<br />
migliori filari sulla base delle caratteristiche<br />
di suolo, altitudine ed esposizione. Questo<br />
consente in cantina di creare vini dallo stile<br />
unico, reale espressione della ricchezza del<br />
territorio. Ed è proprio la cantina un altro dei<br />
segreti di Santi. “La nostra struttura di Ilasi si<br />
distingue perché, dopo il rinnovamento completato<br />
nel 2016, vede l’appassimento portato<br />
all’interno della cantina, con un circolo chiuso<br />
dove, sullo stesso piano, si svolgono le fasi<br />
di appassimento, pigiatura, fermentazione e affinamento”.<br />
Quale il plus? “Questa scelta ci permette di<br />
mantenere all’interno delle stesse mura un aspetto microbiologico<br />
di cantina il più chiuso possibile. Dunque,<br />
i lieviti e i batteri selezionati nei decenni si autocontaminano<br />
da un passaggio all’altro della filiera, garantendoci<br />
uno stile integro nel tempo e la qualità che ci contraddistingue<br />
sotto il profilo organolettico”. L’utilizzo attento<br />
della Corvina, il vitigno autoctono principe della Valpolicella<br />
e della zona di Verona, il ricorso ad affinamenti in<br />
botte grande, tipica della tradizione enoica italiana, e la<br />
selezione di essenze locali – rovere, castagno, ciliegio e<br />
acacia – per le botti stesse: questi i tasselli principali di<br />
una filosofia enologica volta a sottolineare con coerenza<br />
l’appartenenza ad un territorio tra i più vocati in Italia.<br />
“Sono vini fruttati quelli che vogliamo proporre nel calice”,<br />
spiega Ridolfi, “ma non un frutto banale, seppur piacevole.<br />
È un continuo, che deve essere in parte speziato,<br />
quello che desideriamo offrire dopo il primo approccio,<br />
oltre che un palato in cui si colga una rotondità legata al<br />
retrogusto e non rilasciata dagli zuccheri”. E non a caso,<br />
quasi tutti i vini firmati Santi registrano un residuo zuccherino<br />
pari quasi a zero. “Sono espressioni vellutate, con<br />
un tannino dolce figlio del lavoro in vigna e di un affinamento<br />
in cantina dove ogni etichetta segue il suo specifico<br />
percorso, quelle che presentiamo. Il tutto per esaltare<br />
una freschezza che si deve conservare stabile nel tempo e<br />
un buon frutto vivo che sia poi accompagnato dalla complessità<br />
di una varietà di aromi che si possano cogliere al<br />
calice anche a distanza di minuti, se non ore”. La Valpolicella<br />
di Santi si esprime secondo i classici canoni delle<br />
tipologie della Denominazione, iniziando da una doppia<br />
focalizzazione sul Valpolicella Doc, con il giovane Caleselle,<br />
Classico d’annata dove la Corvina predomina,<br />
e il Ventale, Superiore realizzato interamente in Val<br />
d’Illasi e definito dalla vendemmia tardiva, oltre<br />
che dalla preponderanza del Corvinone nel blend.<br />
Il Ripasso Classico Superiore Solane è narrazione<br />
moderna nello stile ed equilibrio per tecnica. Ma<br />
è l’Amarone che meglio rappresenta Santi in bottiglia<br />
e nel calice. Accattivante icona del terroir<br />
è Santico, Classico che si caratterizza per lo stile<br />
fruttato, e Proemio, cru da singolo vigneto, dove<br />
è uno speziato dolce più intenso a predominare.<br />
“Santico uscirà in aprile con l’annata 2017, mentre<br />
per Proemio serve attendere l’autunno con il<br />
millesimo 2015. Sono due Amarone complementari,<br />
che sposano abbinamenti differenti: la cucina<br />
internazionale e più speziata, dove è domandata<br />
immediatezza, chiama Santico. Mentre i piatti più<br />
tradizionali, più grassi, il Proemio con la sua acidità<br />
spiccata”. E nei prossimi mesi, altre novità sono<br />
pronte per il debutto, tra cui una sorpresa legata<br />
al mondo Amarone e un vino che regalerà a Santi<br />
anche un’interpretazione internazionale, taglio<br />
bordolese di Cabernet Franc e Sauvignon assolutamente<br />
da non perdere.<br />
GIRAMONDO
8<br />
GIRAMONDO<br />
Albino Armani<br />
Valpolicella Doc<br />
Classico Superiore<br />
Egle, autentica<br />
espressione del<br />
terroir dell’alta collina<br />
di Marano dove il<br />
suolo vulcanico e<br />
il clima fresco con<br />
intense escursioni<br />
termiche sono fattori<br />
naturali decisivi a<br />
esaltarne l’elegante<br />
personalità.<br />
Costa Arènte Valpolicella<br />
Superiore Doc Valpantena,<br />
rosso leggero che prende<br />
l’eleganza tipica dei vini<br />
della Valpantena, profondamente<br />
legato al territorio<br />
di cui porta il nome, è vino<br />
piacevolmente fruttato e<br />
dalla beva trascinante.<br />
Dalla A di Albino Armani alla Z di Zonin,<br />
la Valpolicella è racconto di stili, interpretazioni,<br />
visioni molto diverse tra loro.<br />
Approcci che mutano per terreni, terroir<br />
e tipologie di vini. Distanze geografiche<br />
quasi impercettibili alla vista possono nascondere differenze<br />
abissali nel calice. E se questo è spesso<br />
dettato dalla zona in cui un’etichetta nasce,<br />
altrettanto decisivi risultano le scelte che<br />
sono compiute in vigna e in cantina. Una<br />
molteplicità di fattori che entrano in gioco,<br />
di anno in anno, di vendemmia in vendemmia,<br />
di generazione in generazione, definendo<br />
la linea e la firma che ogni bottiglia<br />
di questo variegato e multiforme universo<br />
poi porterà nel mondo, racconto di<br />
una delle aree più storiche e vocate<br />
per la viticoltura in Italia.<br />
Presente in Valpolicella fin dagli<br />
anni ’60, Albino Armani ha deciso<br />
di sposare negli anni ’80 l’alta<br />
collina di Marano. Oggi la cantina<br />
dell’azienda affaccia su un anfiteatro<br />
naturale in località Camporal, a<br />
500 metri s.l.m. “È a queste altitudini<br />
che ricerchiamo interpretazioni<br />
sempre più identitarie della Valpolicella<br />
di alta collina”, spiega Egle<br />
Capilupi, titolare con il marito Albino<br />
Armani. “Nel calice desideriamo<br />
siano percepite coerenza, eleganza<br />
e riconoscibilità territoriale<br />
dell’areale di Marano, zona capace<br />
di regalare vini davvero identitari”.<br />
Un’impronta forte che l’altitudine,<br />
i particolari terreni vulcanici e il delicato<br />
uso fatto del legno in cantina<br />
definiscono e riaffermano quando<br />
si parla di stile, in primis con l’Amarone. Ma è un<br />
altro vino, quello che meglio identifica l’identità<br />
di Albino Armani a queste latitudini. “Senza nulla<br />
togliere al nostro simbolo Cuslanus, iconico Amarone<br />
Classico Riserva, la tipologia che più fa trasparire<br />
il nostro stile in termini di produzione, con la<br />
sua freschezza e l’approccio diretto, è il Valpolicella<br />
Superiore, capace di lasciare dietro sé un’impronta<br />
territoriale più precisa e definita”.<br />
La Signora dell’Amarone è di casa a Fumane di<br />
Valpolicella. Qui la famiglia di Marilisa Allegrini<br />
ha posto le sue radici attorno al 1500,<br />
dando il via nel 1854 all’azienda agricola<br />
poi divenuta una delle cantine più rappresentative<br />
della zona. Il cambio di passo è<br />
avvenuto con Giovanni Allegrini, quinta<br />
generazione, che tra il 1976 e il 1979 acquista<br />
i vigneti d’alta collina di Palazzo<br />
della Torre e La Grola. Una scelta inusuale<br />
per l’epoca, spingersi oltre i 300 m.s.l.m.<br />
Una visione lungimirante, in retrospettiva,<br />
che ha delineato anche quel che oggi<br />
è lo stile nel calice di Allegrini. “Diversità,<br />
collina, integrità: questo portiamo<br />
in bottiglia”, sottolinea Caterina Mastella<br />
Allegrini, settima generazione. “La diversità<br />
fa riferimento ai suoli, quelli dei<br />
comuni della Valpolicella Classica in cui<br />
siamo quasi ovunque presenti con i vigneti.<br />
La Grola, poi, ha anticipato quel che sarebbe stato il<br />
tratto caratteristico dell’azienda di scegliere altitudini<br />
particolarmente elevate per le vigne in cui nascono i nostri<br />
vini. Infine, l’integrità è quella del frutto, che è fondamentale<br />
per capire la nostra idea di vino: desideriamo,<br />
infatti, che si avverta nel calice e operiamo, di conseguenza,<br />
dalla vite all’appassimento, per conservare questa<br />
perfezione delle uve”. Un vero e proprio fil rouge, che si<br />
avverte con precisione e lega tutti i vini firmati Allegrini.<br />
A metà strada tra Grezzana e Romagnano, in<br />
un’enclave mediterranea di uliveti e vigneti,<br />
Costa Arènte si eleva su un promontorio di<br />
250 metri d’altitudine, al cuore della Valpantena.<br />
Una nuova frontiera della Valpolicella,<br />
dove è presente la cantina acquisita nel 2015<br />
da Genagricola e che oggi è importante tassello<br />
nel mosaico de Le Tenute del Leone Alato.<br />
“Eleganza, freschezza, beva”, così Giovanni<br />
Casati, enologo e agronomo di Costa<br />
Arènte, definisce lo stile dell’azienda<br />
nel calice. “La Valpantena garantisce<br />
il raggiungimento della maturazione<br />
ottimale, una freschezza di beva capace<br />
di attenuare il grado alcolico e una<br />
spalla acida molto pronunciata che<br />
dona finezza di profumi ed eleganza,<br />
facendo presagire una certa capacità<br />
di invecchiamento del vino”. Tutti<br />
elementi identitari che si ritrovano, ad<br />
avviso di Casati, in primis nel Valpolicella,<br />
“da noi prodotto esclusivamente<br />
nella tipologia Superiore, rivendicando<br />
in etichetta proprio la sottozona<br />
Valpantena”.<br />
Riferimento nella produzione di Amarone<br />
e in quell’arte dell’appassimento<br />
delle uve conosciuta in Valpolicella<br />
sin dai tempi degli antichi Romani, le<br />
radici di Masi affondano in profondità<br />
nella zona Classica. La sua storia prende il via<br />
nel 1772, quando la famiglia Boscaini acquista il primo vigneto<br />
nella piccola valle denominata “Vaio dei Masi”. Da<br />
qui il nome di un gruppo oggi giunto, con Raffaele Boscaini,<br />
direttore marketing di Masi, alla settima generazione<br />
di viticoltori. “Cordialità, contemporaneità e internazionalità:<br />
queste le tre parole che descrivono il nostro concetto<br />
di Valpolicella”, spiega Raffaele Boscaini.<br />
“Cordialità, perché il nostro vuol sempre essere<br />
un approccio gentile al palato, anche quando<br />
parliamo di produzioni più strutturate come i<br />
nostri Amarone. Contemporaneità, perché nel<br />
solco della tradizione – vedi quel che riguarda<br />
l’appassimento – sono innovazioni e continui<br />
miglioramenti quelli che introduciamo. La tecnologia<br />
non ci fa paura, al contrario ci viene in<br />
aiuto e offre ancor più identità ai nostri vini,<br />
come dimostra l’esempio dei lieviti indigeni<br />
autoctoni naturali Masi brevettati che dal<br />
2012 in poi regalano un’ulteriore caratterizzazione<br />
territoriale alle nostre produzioni.<br />
Infine, internazionalità, perché ci<br />
siamo sempre sentiti degli ambasciatori<br />
dell’Amarone, vino che nulla ha di che<br />
invidiare agli altri grandi del mondo.<br />
Siamo stati dei pionieri, dei Marco<br />
Polo, che hanno sempre cercato di<br />
affiancare questa produzione straordinaria<br />
alle culture e le cucine del mondo,<br />
ricercando nuove connessioni”. E<br />
per Masi, la Valpolicella e le sue sfumature<br />
territoriali è proprio nell’Amarone<br />
che trovano piena espressione. “Perché<br />
la stessa tecnica dell’appassimento<br />
esprime parte della territorialità<br />
della Valpolicella”, riprende Boscaini.<br />
“Come dimostrano perfettamente due<br />
nostri Cru quando si parla di Amarone.<br />
Campolongo e Mazzano si raccontano<br />
prevalentemente per via dell’appassimento:<br />
il secondo, vigneto più battuto dai venti che non fanno<br />
sviluppare la botrite, si caratterizza per il suo essere più<br />
austero e duro; il primo, invece, dove circa il 10% dell’uva<br />
Corvina viene intaccata, è più morbido ed elegante.<br />
Non è dunque solo il suolo, ma il terroir a tutto tondo a<br />
definire i caratteri diversi tra loro di ciascun Amarone”.<br />
Allegrini Veronese Igt<br />
La Grola, da una delle<br />
più belle colline della<br />
Valpolicella Classica<br />
provengono le uve<br />
destinate a questo<br />
fragrante rosso,<br />
di classe e<br />
raffinatezza,<br />
dove il vitigno<br />
più elegante,<br />
la Corvina, è<br />
completato da<br />
uno spruzzo<br />
della più virile e<br />
grintosa Oseleta.<br />
Masi Amarone della<br />
Valpolicella Classico<br />
Docg Riserva<br />
Costasera, selezione<br />
dell’emblema dalle<br />
coste collinari rivolte<br />
al tramonto, per un<br />
vino di razza che trae<br />
beneficio dall’uso<br />
dell’uva Oseleta,<br />
da un più lungo<br />
appassimento e<br />
dal prolungato<br />
invecchiamento<br />
in botti<br />
pregiate.
9<br />
La prima immagine che si fissa nella mente e nel<br />
calice quando si scatta una fotografia della Valpolicella<br />
di Tedeschi è quella di una famiglia<br />
(nella foto a destra). Ed è da qui che occorre<br />
partire per comprendere lo stile e i vini di una<br />
tra le più storiche realtà della zona Classica. Una famiglia,<br />
dunque, presente in queste terre fin dal 1630. Una famiglia,<br />
cresciuta di generazione in generazione assieme alle<br />
sue vigne, che hanno progressivamente esteso i loro orizzonti,<br />
di pari passo con quello che è stato lo sviluppo di un<br />
mercato che da locale si è fatto con il lento incedere del<br />
tempo mondiale. Da osti di paese e commercianti, grazie<br />
all’opera delle ultime generazioni, a partire da Lorenzo per<br />
giungere oggi ai tre figli Antonietta, Sabrina e Riccardo, il<br />
nome Tedeschi è giunto ora a indicare una delle cantine<br />
tra le più rinomate dell’intera Valpolicella. Una realtà vitivinicola<br />
che dall’alta collina nella zona Classica, con i cru<br />
Capitel Monte Olmi, situato nella frazione di Pedemonte,<br />
nel comune di San Pietro in Cariano, e La Fabriseria, in località<br />
Le Pontare, tra i comuni di Sant’Ambrogio di Valpolicella<br />
e di Fumane, si è spinta fino ai comuni di Tregnago<br />
e di Mezzane di Sotto, dopo l’acquisizione nel 2006 della<br />
tenuta di Maternigo. Ed è proprio la parola cru<br />
a definire il primo e più importante tratto<br />
della filosofia produttiva Tedeschi. Una<br />
sana ossessione ereditata proprio dal padre<br />
Lorenzo, quella oggi coltivata da Antonietta,<br />
Sabrina e Riccardo. Partendo da La Fabriseria,<br />
proseguendo con lo storico Capitel<br />
Monte Olmi, intuizione di Lorenzo, fino<br />
a Maternigo, passo che ha definito l’ultima<br />
generazione, è la scelta di focalizzarsi sulla<br />
selezione dei singoli vigneti a definire in<br />
maniera indelebile la firma Tedeschi. Sostenitori<br />
dell’alta collina, come detto, è<br />
in “altitudine” che da sempre nascono<br />
i vini della famiglia, etichette oggi<br />
iconiche nel panorama della Valpolicella.<br />
Ma cosa le accomuna? Un<br />
tratto che si fa identità proprio grazie<br />
al contributo offerto da quella<br />
stessa alta collina. “Ricchezza aromatica,<br />
freschezza del frutto e verticalità,<br />
sono questi i tre elementi<br />
che regalano ai nostri vini il loro<br />
peculiare carattere”, spiega Sabrina<br />
Tedeschi. “Produzioni dove la<br />
struttura si avverte, ma a fronte<br />
di un equilibrio che rifugge l’eccessiva<br />
concentrazione e regala<br />
una piacevole bevibilità”. Ma cosa<br />
meglio definisce, per Tedeschi, le<br />
differenti sfumature dei terroir di<br />
Valpolicella in termini di produzioni?<br />
“In primis il Valpolicella<br />
stesso e subito dopo l’Amarone”, risponde<br />
Sabrina Tedeschi. “Il Ripasso è quello che<br />
invece possiamo definire più il vino di tecnica<br />
del nostro territorio”. Quel territorio<br />
che lascia dietro sé una traccia indelebile:<br />
precursori specifici, a seconda della zona,<br />
dell’altitudine e dell’esposizione. Ed è così<br />
che permette, anche dopo l’appassimento<br />
delle uve, di rendere identitario del vigneto<br />
di provenienza ciascuna espressione.<br />
La composizione del terreno è, infatti,<br />
uno dei fattori in grado d’influenzare<br />
l’aroma di un vino. Ben consapevole<br />
di questo aspetto, la famiglia Tedeschi,<br />
in modo pionieristico in Valpolicella,<br />
ha intrapreso uno studio<br />
di caratterizzazione aromatica dei<br />
vigneti. Dalle ricerche svolte, è<br />
certo che la frazione calcarea dei<br />
suoli dona intensità e complessità<br />
aromatica, oltre a generare<br />
vini eleganti. Da un’analisi più<br />
approfondita, la presenza di ossidi<br />
di ferro e di manganese favoriscono<br />
le note speziate e di frutta<br />
rossa, come amarena e ciliegia,<br />
che caratterizzano l’Amarone di<br />
casa Tedeschi. Al tempo stesso,<br />
la frazione sabbiosa del terreno<br />
accentua le note di frutti di bosco,<br />
ribes e lampone in primis, come<br />
si può avvertire all’assaggio del<br />
Ripasso San Rocco. La presenza di<br />
argilla nel terreno, unita a minerali ferrosi e manganesiferi<br />
conferisce vini strutturati, di grande longevità, con buon<br />
estratto e contenuto tannico, oltre a vini ricchi di colore.<br />
Lo scheletro, poi, trattiene l’acqua rilasciandola lentamente<br />
insieme ai sali minerali. Una tessitura del terreno bilanciata<br />
favorisce vini equilibrati e longevi. La freschezza tipica<br />
del Valpolicella d’annata, ben marcata nel Lucchine<br />
Tedeschi, è invece incoraggiata dalla presenza di ghiaie e<br />
di terreni di origine alluvionale. “Lavorando bene si riesce<br />
a interpretare il territorio, tanto che noi presentiamo<br />
cinque diverse sfumature di Valpolicella e altrettante di<br />
Amarone a catalogo”, sottolinea Sabrina Tedeschi. “E nel<br />
calice la differenza di particella in particella<br />
si rende poi evidente”. Tra Corvina, Corvinone<br />
e Rondinella, si spazia così da interpretazioni<br />
fresche e di annata, ideali<br />
anche per sposare piatti più semplici,<br />
a selezioni di maggior struttura che<br />
conducono ad abbinamenti maggiormente<br />
elaborati. Una nuova<br />
tradizione di Valpolicella, quella<br />
che si è così imposta. E che in<br />
questo <strong>2022</strong> porterà sul mercato,<br />
a fine anno come d’abitudine,<br />
il frutto di una grande<br />
annata per l’Amarone, la<br />
2016, con il Capitel Monte<br />
Olmi combinazione<br />
di potenza ed eleganza,<br />
mentre con l’Amarone<br />
Maternigo il millesimo<br />
aveva già visto la luce in<br />
chiusura di 2021. Per il<br />
Marne 180, “base che<br />
base non è”, è invece<br />
la 2018 a far capolino.<br />
“Si tratta dell’Amarone<br />
che sa sorprendere”,<br />
chiosa Sabrina Tedeschi,<br />
“come ha dimostrato facendoci<br />
giungere nella Top 100 di Wine<br />
Spectator lo scorso anno”. Con la<br />
storia di Valpolicella della famiglia<br />
Tedeschi che è già pronta ad<br />
arricchirsi di nuovi capitoli.<br />
GIRAMONDO
10<br />
GIRAMONDO<br />
Pasqua Cascina<br />
San Vincenzo<br />
Amarone della<br />
Valpolicella Docg<br />
Biologico, nuova<br />
tappa del percorso<br />
della cantina<br />
verso processi<br />
di coltivazione<br />
e produzione<br />
sostenibili,<br />
eleganza e<br />
regalità al<br />
calice che<br />
rivelano<br />
una natura<br />
in continua<br />
evoluzione.<br />
Sartori Valpolicella<br />
Ripasso Doc<br />
Superiore Regolo,<br />
celebrazione di<br />
colui che ridisegnò<br />
il destino<br />
dell’azienda,<br />
vino secco<br />
e vellutato<br />
dal corpo<br />
robusto<br />
e nel<br />
complesso<br />
molto<br />
armonico.<br />
Pasqua Vigneti e Cantine vanta ormai un secolo<br />
di storia alle spalle, ma è al contempo il<br />
nuovo che avanza. Soprattutto quando si fa<br />
riferimento a interpretazioni unconventional,<br />
in Valpolicella e non solo. È un’identità<br />
ben precisa del terroir quella che la famiglia Pasqua<br />
punta a offrire nel calice. “Naturalmente elegante,<br />
potente e dotata di una grazia sensuale: una sorta di<br />
Audrey Hepburn”, così Riccardo Pasqua, amministratore<br />
delegato, fotografa la Valpolicella delle produzioni<br />
Pasqua Vigneti e Cantine. Un territorio<br />
che vede un protagonista assoluto, laddove si parli di<br />
tipologia che meglio interpreta le diverse sfumature<br />
dei terreni: “Senza dubbio il Valpolicella, perché è<br />
l’unico ad essere vino di terroir e non di tecnica,<br />
come invece Ripasso e Amarone”. Ed è proprio<br />
da qui che Riccardo Pasqua consiglia di partire<br />
nell’intraprendere un cammino di comprensione<br />
dello stile Pasqua, parlando di Valpolicella.<br />
“Con il Valpolicella Superiore Doc Mizzole<br />
di Cecilia Beretta, progetto avviato relativamente<br />
di recente, con l’annata 2017, ma su<br />
un vigneto che gravita nella nostra famiglia<br />
da 40 anni. Un percorso che concluderei poi<br />
con il Famiglia Pasqua Cascina San Vincenzo,<br />
vino che esprime un vigneto eccezionale,<br />
per altitudine e anno di impianto – fine della<br />
prima decade del secolo –, da sempre coltivato<br />
a biologico: un progetto nel quale crediamo<br />
molto”.<br />
Quella di Casa Vinicola Sartori<br />
è avventura che prende ufficialmente<br />
il via nel 1898, per opera<br />
di Pietro, personalità eccentrica,<br />
ma magmatica dal punto di vista<br />
commerciale. Nella sua trattoria a Verona<br />
si ritrova il primo germe di quella che, con il<br />
figlio Regolo prima e con i nipoti Pierumberto<br />
e Franco poi, si sarebbe trasformata<br />
in un’attività che nel corso dei<br />
decenni è divenuta una tra le realtà di<br />
riferimento non solo per il vino della<br />
Valpolicella, ma dell’intera area di<br />
Verona. Situato a poca distanza da<br />
Negrar, al cuore della zona Classica,<br />
il quartier generale di Villa Maria<br />
accoglie le produzioni firmate<br />
Sartori. A caratterizzarle, “eleganza,<br />
contemporaneità, coerenza”,<br />
spiega Andrea Sartori, presidente.<br />
“Tre parole in forte interconnessione<br />
tra loro. Eleganza, qualcosa<br />
cui cerchiamo di aderire<br />
anche a livello d’immagine.<br />
Contemporaneità, perché<br />
nel tempo non abbiamo<br />
mai inseguito facili consensi,<br />
rifuggendo le mode.<br />
Coerenza, infine, con quelle<br />
che sono le peculiari caratteristiche della<br />
Valpolicella e dei suoi terroir, anche a fronte<br />
dei mutamenti climatici occorsi a partire<br />
dai primi anni 2000”. E se nel Valpolicella<br />
Sartori individua la forma più pura di espressione<br />
del territorio, il successo è arrivato dal<br />
Ripasso, il frutto del sapere e della tecnica<br />
enologica della zona, insieme all’Amarone,<br />
con la sua capacità d’imporsi nel gusto internazionale.<br />
“La tipicità e la coerenza del<br />
terroir la ritroviamo nel nostro Valpolicella<br />
Classico Superiore Doc Montegradella,<br />
però la produzione che riveste maggiore<br />
significato per noi è il Valpolicella Ripasso Doc<br />
Superiore Regolo, nato per celebrare mio nonno, colui il<br />
quale ha tracciato il destino dell’azienda, con i primi investimenti<br />
prima della guerra, e di tutti noi, quando scelse<br />
che il vino sarebbe stato il futuro della nostra famiglia”.<br />
Quando si parla di Valpolicella il confine che separa tradizione<br />
e innovazione è spesso sottile. Ogni produttore non<br />
solo è la propria visione che porta in bottiglia, ma è anche<br />
il suo carattere che tende a esprimere. Un caso emblematico<br />
è quello di Marco Speri e del suo ultimo Amarone,<br />
omaggio al percorso iniziato con Secondo Marco,<br />
azienda che conta oggi 15 ettari vitati e una produzione<br />
complessiva di circa 80mila bottiglie. Una “super<br />
Riserva”, la novità: insolita nella veste, Classica<br />
per contenuto. È nel 2008, infatti, che Marco Speri<br />
decide, grazie al supporto del padre Benedetto, di avviare<br />
il suo progetto personale a Fumane. E ora fa il<br />
suo debutto un esperimento di vinificazione durato<br />
13 anni. Un vino, in 3mila bottiglie numerate,<br />
che conferma proprio la vocazione dei terreni<br />
di Fumane, la capacità<br />
di invecchiamento di<br />
questo grande rosso<br />
italiano ma soprattutto<br />
la visione di Speri: “Ho<br />
disegnato così un vino<br />
che sia riflessione e gioia,<br />
complessità e facilità<br />
di beva, potenza e leggerezza,<br />
traboccante di<br />
vibrazioni ma lontano<br />
da ossessioni di struttura<br />
eccessiva. Frutto<br />
che si fa spezia, densità<br />
che evolve in sapidità,<br />
freschezza che si trasforma in grazia. Un vino<br />
serio, che sa giocare, come un fumetto”.<br />
È un sogno, nata dalla comune passione di<br />
quattro fratelli, quello di Tenuta Sant’Antonio, che<br />
sorge tra le dolci colline delle vallate di Illasi e Mezzane.<br />
“Ogni nostra azione è rivolta al rispetto e alla ricerca del<br />
vero cuore pulsante del nostro territorio”, sottolinea<br />
Armando Castagnedi, titolare insieme a Tiziano,<br />
Paolo e Massimo, descrivendo lo stile nel calice<br />
dell’azienda. “Partiamo quindi dal binomio identità<br />
e sostenibilità: esprimere le caratteristiche<br />
più iconiche e identitarie di un territorio si traduce<br />
per noi nella responsabilità di rispettarlo. Un<br />
percorso che ci sta portando sempre di più verso<br />
prodotti sinceri, autentici, frutto della forza della<br />
natura in una terra così straordinaria. La seconda<br />
chiave è la modernità, con una bevibilità piacevole,<br />
mai banale, che permette di esaltare le<br />
caratteristiche del territorio. Infine, i nostri<br />
vini esprimono innovazione, portando nel<br />
bicchiere le più avanzate tecniche: metodi<br />
che ci permettono di cogliere l’anima più<br />
pura della Valpolicella”. Quel multiforme<br />
racconto che ogni tipologia, grazie alle sue<br />
peculiarità, racconta in maniera straordinaria.<br />
“Il Valpolicella è sicuramente<br />
iconico del terroir”, evidenzia Castagnedi,<br />
“pensiamo al nostro Nanfré o<br />
al Superiore La Bandina. Mentre Ripasso<br />
e Amarone raccontano, oltre al terreno, il<br />
saper fare delle persone della nostra comunità<br />
per ottenere prodotti unici al mondo”.<br />
Terre di Leone nasce nel 1996 dall’amore<br />
e la passione di Chiara Turati e Federico<br />
Pellizzari per il territorio di Marano, nel<br />
cuore della Valpolicella Classica, e la sua<br />
tradizione vitivinicola. Il progetto conduce<br />
alla produzione del primo Amarone annata<br />
2009. Ed è uno stile ben preciso quello che<br />
traspare nel calice: identitario. “Vorremmo<br />
offrire l’eleganza, la freschezza e longevità<br />
dei vini di Marano di Valpolicella”, spiegano<br />
Chiara Turati e Federico Pellizzari. “Parlando<br />
delle molteplici sfumature che sono tipiche<br />
del nostro territorio, il vino che senza<br />
Secondo Marco<br />
Amarone della<br />
Valpolicella Classico<br />
Docg Riserva<br />
Fumetto, edizione<br />
limitata che beneficia<br />
di oltre 10 anni di<br />
affinamento, dove al<br />
centro resta il frutto,<br />
la sua espressività,<br />
un’esplosività<br />
concentrata e libera<br />
di palesarsi senza<br />
orpelli ma con<br />
grande eleganza.<br />
Terre di Leone Valpolicella<br />
Doc Classico Superiore,<br />
Corvina, Corvinone,<br />
Rondinella, Molinara e<br />
Oseleta, interpretazione<br />
non solo di una<br />
vendemmia, di un’annata,<br />
ma di un qualcosa di più<br />
grande, del territorio di<br />
Marano.<br />
Tenuta Sant’Antonio<br />
Valpolicella Doc<br />
Superiore La<br />
Bandina, single<br />
vineyard espressione<br />
massima di un<br />
prodotto che più<br />
di ogni altro sa<br />
raccontare<br />
il tempo in<br />
cui viviamo,<br />
rispettando le<br />
caratteristiche<br />
di un terroir<br />
iconico.
DEUS<br />
www.albinoarmani.com
12<br />
GIRAMONDO<br />
Tinazzi Monterè<br />
Valpolicella Superiore<br />
Ripasso Dop, vino<br />
dal sapore deciso, il<br />
tannino bilanciato e<br />
morbido, rosso figlio<br />
di una linea definita<br />
“internazionale”,<br />
cioè destinata<br />
ai palati non<br />
ancora usi alle<br />
caratteristiche<br />
forti e<br />
persistenti<br />
classiche<br />
dei vini di<br />
Valpolicella.<br />
Tommasi<br />
Valpolicella<br />
Classico<br />
Superiore Doc<br />
Rafaèl, rosso al<br />
palato sottile e<br />
vellutato che,<br />
inconfondibile,<br />
conquista<br />
per la<br />
gustosa e<br />
persistente<br />
freschezza<br />
del frutto<br />
che lo<br />
rende<br />
scorrevole,<br />
leggero e<br />
di elegante<br />
carattere.<br />
dubbio può maggiormente rappresentarle è il Valpolicella<br />
Superiore”. Ma se si fissa lo sguardo sui 7 ettari interamente<br />
destinati a vigneti, i più su terreni di origine<br />
vulcanica in collina, sono due i vini che meglio rappresentano<br />
Terre di Leone: “Il Valpolicella come<br />
espressione immediata dell’annata, capace di esprimere<br />
la freschezza tipica della collina, il Superiore<br />
per l’armonia del frutto, l’equilibrio e l’eleganza”.<br />
Dal Garda a Verona, quella della famiglia Tinazzi<br />
è una proposta enologica capace di spaziare.<br />
Portando un tocco internazionale al cuore<br />
della Valpolicella e andando a intercettare<br />
le richieste di un mercato che oggi non ha<br />
confini. “La Valpolicella racchiude terroir,<br />
esposizioni ed altitudini molto diverse tra<br />
loro, che fortunatamente consentono a noi<br />
viticoltori di distinguere le nostre produzioni<br />
e quindi personalizzare i vini”, evidenzia<br />
Francesca Tinazzi. “Noi, partendo da vigneti<br />
piantati in collina in un terreno di natura<br />
prevalentemente calcarea, offriamo<br />
vini che sicuramente si distinguono<br />
per corposità, astringenza<br />
e acidità, caratteristiche che ne<br />
garantiscono la longevità”. E la<br />
vocazione internazionale di Tinazzi<br />
è confermata anche da una<br />
predilezione per quello che oggi<br />
è il driver della Denominazione<br />
per vendite. “Siamo innamorati<br />
del Ripasso”, riprende Francesca Tinazzi.<br />
“È vero che si tratta di un vino a metà<br />
strada tra il più semplice e facile Valpolicella<br />
e l’Amarone, ma è proprio questo<br />
che ce lo fa amare: tutte le caratteristiche<br />
dell’Amarone – colore intenso, profumi<br />
fruttati di ciliegia, note balsamiche – si<br />
trovano nel Valpolicella Ripasso, ma è un<br />
vino dalla beva più semplice, continuando<br />
a dare comunque grandi soddisfazioni<br />
al palato”.<br />
Enologo e mano dietro ai vini dell’azienda,<br />
Giancarlo Tommasi rappresenta<br />
la quarta generazione della famiglia<br />
alla guida di Tommasi Family<br />
Estates, realtà che da 120 anni vive<br />
la passione per la viticoltura della<br />
Valpolicella. Su queste colline sono,<br />
infatti, le radici di un gruppo che ha<br />
oggi raggiunto alcuni dei territori più<br />
vocati d’Italia, dove ha portato uno stile “affinato”<br />
nel tempo proprio tra le vigne e la cantina<br />
di Pedemonte. “Eleganza, verticalità e coerenza,<br />
sono questi elementi a definire la nostra Valpolicella”,<br />
spiega Giancarlo Tommasi. “Il primo è<br />
conseguenza del tannino morbido che regala la<br />
Corvina; il secondo è frutto delle altitudini in cui<br />
sono situati i vigneti e soprattutto dei suoli calcarei<br />
su cui poggiano, che poi conduce anche a<br />
una maggiore capacità d’invecchiamento; il terzo<br />
è una caratteristica intrinseca di tutti gli enologi<br />
della Valpolicella di creare vini che siano specchio<br />
fedele del territorio, non andando a snaturarne le<br />
caratteristiche, ma esaltandole”. L’Amarone, per<br />
Tommasi, è la tipologia che meglio interpreta il<br />
terroir della Valpolicella, perché ne condensa perfettamente<br />
le caratteristiche, dando origine a un<br />
prodotto unico. “Ma se devo guardare al vino che<br />
meglio rappresenta oggi l’azienda indico il Valpolicella<br />
Classico Superiore Rafael, che è una sorta<br />
di passe-partout nel nostro racconto”, evidenzia l’enologo.<br />
“Nasce in un vigneto di collina, qui dietro casa, da<br />
una selezione di uve che seguono quelle raccolte per l’Amarone.<br />
E poi c’è una passione più personale, perché Rafael<br />
è sempre stato il vino del cuore. Ma la nostra Valpolicella<br />
parla anche di creatività, con il Crearo Conca d’Oro, vino<br />
intrigante e fuori dagli schemi, dal taglio più internazionale,<br />
che nasce per esaltare il particolare<br />
carattere dei vitigni autoctoni, Corvina e Oseleta,<br />
e le note erbacee tipiche del Cabernet Franc”.<br />
Tra paziente attesa e valorizzazione dell’identità<br />
di un territorio si snoda la narrazione della Valpolicella<br />
di Zenato. Con il volto in rosso della<br />
storica azienda che parla innanzitutto di Corvina<br />
e Rondinella a Costalunga, nel comune di<br />
Sant’Ambrogio. “Elegante, intensa, amabile:<br />
così interpretiamo la Valpolicella nel calice”,<br />
spiega Nadia Zenato, titolare della cantina<br />
veneta. “A rappresentare la vocazione di<br />
questa terra è innanzitutto l’Amarone,<br />
vino complesso, ricco di sfaccettature,<br />
che racchiude la potenza che nasce da un<br />
terreno impervio e da vitigni autoctoni<br />
tenaci, la concentrazione data dall’appassimento<br />
e la lunga attesa nelle grandi<br />
botti”. Ma per un primo incontro con la<br />
Valpolicella di Zenato è verso un altro<br />
vino che occorre rivolgersi. “Il Ripassa,<br />
perché concentra in sé il valore che diamo<br />
alla tradizione, attraverso il recupero<br />
dell’antico metodo dell’appassimento, e<br />
la spinta verso il contemporaneo”.<br />
Un altro protagonista della viticoltura<br />
gardesana che ha trovato casa in Valpolicella,<br />
con una scelta “Classica”, è Zeni1870. Un approccio<br />
molto chiaro quello che vi ha sviluppato. “Per noi il terroir<br />
della Valpolicella è sinonimo di grande identità,<br />
bevibilità ed eleganza”, spiega Fausto Zeni, enologo<br />
della cantina e titolare con le sorelle Elena e Federica.<br />
E se è l’Amarone che per Zeni meglio interpreta<br />
le diverse sfumature del territorio, è da un’altra<br />
tipologia che occorre partire per comprendere lo<br />
stile dell’azienda a queste longitudini. “Dal Valpolicella<br />
Classico Superiore Vigne Alte, selezioni<br />
di uve Corvina e Rondinella nate unicamente in<br />
collina”, sottolinea l’enologo. “La maturazione in<br />
legno dona una maggior struttura alla marcata<br />
identità di questo vino. Vellutato e di grande eleganza,<br />
porta nel calice la meravigliosa bevibilità di<br />
questa terra”.<br />
Il cerchio del racconto si chiude con un<br />
altro importante volto del vino italiano<br />
e veneto. Ed è il presidente Domenico<br />
Zonin a tratteggiare, tra tradizione, stile<br />
e italianità, quel che è la firma che definisce<br />
la Valpolicella di Zonin1821. “Tradizione,<br />
perché qui la nostra azienda fonda le sue origini,<br />
in una terra ricca di storia. La stessa storicità<br />
che traspare degustando i nostri vini: l’intensità<br />
del passato che ancora oggi offre<br />
spunti per evolvere. Stile, perché con costanza<br />
portiamo avanti la nostra produzione<br />
legata al terroir. Italianità, in quanto<br />
Valpolicella Classico, Ripasso e Amarone<br />
sono tra i nostri principali vini esportati<br />
nel mondo e anche grazie a queste eccellenze<br />
la nostra azienda si posiziona come<br />
player internazionale”. Ed è il Ripasso<br />
per Zonin1821 a rispecchiare la nobiltà<br />
dell’Amarone ma con l’eleganza e la beva<br />
del Valpolicella Classico. “Nel Ripasso<br />
vedo le sfumature di queste due vere realtà<br />
della Valpolicella, la natura che si fonde<br />
con la maestria umana. Queste le ragioni<br />
per cui è il Ripasso il vino da cui cogliere il<br />
nostro stile Valpolicella, che è evoluto negli<br />
ultimi anni per creare un blend sempre<br />
più vicino ai gusti di un target più giovane.<br />
Sa così tramettere le varie anime della Valpolicella<br />
anche alla generazione Z che si sta avvicinando<br />
con curiosità e passione a questo vino”. Il miglior augurio<br />
che si possa fare per il domani della Valpolicella.<br />
Zeni1870 Amarone<br />
della Valpolicella Docg<br />
Classico, vino morbido<br />
e pieno dal bouquet<br />
intenso, fruttato, con<br />
sentori di frutta cotta e<br />
spezie.<br />
Zenato Amarone della<br />
Valpolicella Docg Classico,<br />
vino maestoso, intenso,<br />
etereo, prezioso gioiello<br />
che nasce dalla selezione<br />
delle migliori uve Corvina,<br />
Rondinella, Oseleta e<br />
Croatina dai vigneti del<br />
comune di Sant’Ambrogio.<br />
Zonin1821 Valpolicella<br />
Ripasso Doc Superiore,<br />
vino di buon corpo, dal<br />
sapore fine e retrogusto<br />
piacevolmente fruttato<br />
con leggere note<br />
speziate, che sa<br />
tramettere<br />
le varie anime<br />
della Valpolicella<br />
anche alla<br />
generazione Z.
13<br />
L’eleganza del Pinot Nero in purezza. Spettacolo onirico che si riversa<br />
nel calice, incantando con le sue tenui nuance rosa. Enrosadira Brut<br />
Rosé Ruggeri è inedito spumante. Bollicina rosata dove il metodo<br />
Martinotti s’intreccia allo storico Metodo Ruggeri. A essere abbracciati,<br />
grazie all’affinamento prolungato, sono nuovi orizzonti. E si punta<br />
anche a vincere la sfida del tempo, con inedite complessità attese lungo il<br />
procedere degli anni. Oggi, l’armonia che emerge tenue alla vista e il fine<br />
perlage trovano intrigante conferma al palato, grazie ad una cremosità<br />
avvolgente, l’accesa freschezza e la vibrante mineralità.<br />
COLLECTION
14<br />
Un antico palmento ottocentesco che rinasce<br />
nel 2010, direttamente dalle ceneri:<br />
non araba fenice, ma tenuta ai piedi dell’Etna.<br />
La scelta del biologico, certificato sia in<br />
coltivazione sia in produzione. Il dettaglio<br />
come ossessione: nel vino e nella veste.<br />
Con “a Muntagna” al centro, tanto nella<br />
sartorialità trasmessa in calice, quanto in<br />
un’immagine che si fa texture multisensoriale<br />
in etichetta, grazie a un pigmento<br />
materico totalmente stampabile, estratto<br />
proprio dalla polvere dell’Etna. Nero<br />
di Sei Etna Doc Rosso Palmento<br />
Costanzo è portabandiera di un’identità<br />
che qui si esprime attraverso<br />
il procedere fianco a fianco<br />
di Nerello Mascalese e Nerello<br />
Cappuccio, un bouquet ricco,<br />
dove la frutta rossa matura e<br />
la speziatura dolce dominano<br />
la scena, un sorso vellutato.<br />
COLLECTION<br />
L’accompagnamento delle domeniche<br />
in famiglia. Il plus della carta<br />
bio. E un primo sorso che domanda<br />
qualche istante d’attesa dopo<br />
l’apertura per poterne apprezzare<br />
fino in fondo la piacevolezza e l’animo<br />
“scattante”. Il Nerobaronj Igt<br />
Terre Siciliane Rosso 2017 Gulfi<br />
è figlio di uno dei quattro “Grandi<br />
Cru di Pachino” della cantina siciliana:<br />
quello di vigna Baroni, per<br />
l’appunto. Nero d’Avola in purezza,<br />
al palato risulta fruttato, armonico,<br />
di struttura, molto persistente al gusto.<br />
Un vino terribilmente dinamico<br />
e dalla forte impronta moderna in<br />
tutta la sua incantevole naturalità.
15<br />
Nel nome come in calice, enunciato del meglio della Puglia del vino. Apripista che soffia sulle<br />
sue prime 20 candeline, espressione manifesta delle potenzialità dell’unione tra i due vitigni più<br />
importanti nel tacco dello stivale. Amativo Igt Salento Primitivo Negroamaro 2019 Cantele<br />
è legacy wine che non soltanto segna il passaggio di testimone tra due generazioni. È soprattutto<br />
vino complesso, con la sua dualità che si spinge fin dentro alla vigna al momento della doppia vendemmia<br />
“differita”. Due tempi che ritrovano il comune incedere in bottiglia, dando forma a un vino<br />
equilibrato, capace di coniugare al meglio la forza e la morbidezza del Primitivo con la struttura e<br />
la complessità del Negroamaro.<br />
COLLECTION<br />
Il frutto in purezza della tradizione, che nasce al crocevia dove il mondo<br />
mediterraneo e quello alpino ed europeo s’incontrano. Al cuore della<br />
Terra dei Forti, nella Valle dell’Adige, è un coraggioso “ritorno alle<br />
origini” quello simboleggiato dal Foja Tonda Casetta Valdadige<br />
Terradeiforti Doc di Albino Armani. Un vino che è molto più di un<br />
vino. Un’etichetta che racconta l’unicità di un universo che elegge a suo<br />
baricentro il paese di Dolcè. Un’eredità da preservare: la passione per<br />
quelle varietà autoctone ancestrali progressivamente abbandonate e che<br />
oggi prepotentemente ritornano a far udire la loro distintiva voce. Ed<br />
esattamente come la sua gente, il Casetta (“Foja Tonda” in dialetto della<br />
Vallagarina) presenta una spiccata personalità, a tratti indomita: se al<br />
primo approccio è vino che appare “ruvido”, basta lasciargli un attimo che<br />
immediatamente si ammorbidisce, facendo trasparire tutta la bontà e la<br />
genuinità del proprio animo. Per un’ode alla terra, attraverso l’esaltazione<br />
di un patrimonio ampelografico unico, che si fa contemporaneamente<br />
anche elogio della complessità, che l’attesa acuisce a fronte del lento e<br />
benefico incedere del tempo.
16<br />
COLLECTION<br />
Una delle etichette “d’altura” di Adolfo De<br />
Cecco. Un’interpretazione nuova di una tra<br />
le produzioni italiane in rosa più tipiche.<br />
Un vino che non segue le mode, ma è fedele<br />
specchio del carattere e dell’identità di<br />
un territorio. Il Cerasuolo d’Abruzzo<br />
Superiore Doc 2019 Inalto è figlio<br />
di Ofena e dell’anfiteatro naturale<br />
alle pendici del Gran Sasso dove<br />
nascono le uve di Montepulciano<br />
d’Abruzzo che lo determinano.<br />
Succoso e identitario, immediatamente<br />
riconoscibile nella sua<br />
dichiarazione d’intenti fin dal<br />
colore rosa tipicamente “cerasa”.<br />
Un rosé “quasi rosso” che ammalia<br />
e fa trasparire nel calice la<br />
scelta di una viticoltura eroica<br />
capace di donare un tratto distintivo<br />
di ulteriore eleganza.<br />
Una bollicina che invita magnificamente a farsi bere. Espressione “classica”<br />
100% Pinot Nero da uno dei territori più vocati alla coltivazione<br />
di questa varietà: l’Oltrepò Pavese. Il Montecérésino Rosè Oltrepò<br />
Pavese Metodo Classico Docg Brut Millesimato Travaglino ci<br />
ricorda (omen nomen) l’importanza di scegliere la giusta vigna. E il<br />
valore assoluto di una terra, vera e propria culla del Metodo Classico<br />
italiano. La naturalezza di un vino, l’eleganza di una sfumatura di rosa<br />
che veste bene sempre con la sua indistinguibile anima gourmand.
17<br />
Non solo quel che è dentro la bottiglia, ma cosa c’è intorno impreziosisce la<br />
Limited Edition <strong>2022</strong> La Pettegola Vermentino Toscana Igt Banfi. Annuncio<br />
di Primavera. Del vino ma non solo. Ritorno al futuro con la sua veste di design<br />
e all’avanguardia. Quinta edizione del vino che crea sinergie, con la sua etichetta<br />
che prende vita. Connubio artistico e tecnologico, questa volta si accende della<br />
grafica e dei colori accesi del duo Van Orton Design. Pop, psichedelico e giocoso,<br />
il tratto della coppia di artisti gemelli trasforma la bottiglia in vetrata gotica<br />
pronta ad animarsi in un tap dopo aver sbloccato il cellulare. Per una experience<br />
che va ben oltre il primo sorso. E si fa nuovo racconto di un Vermentino icona, La<br />
Pettegola, che giocando sul nome, parla dell’identità più profonda di quella costa<br />
della Maremma in cui nasce.<br />
COLLECTION<br />
Spirito della notte. Signature scintillante.<br />
Ricordo di una serata d’estate. L’Asolo<br />
Prosecco Superiore Docg Extra Brut Night<br />
Glowing di Montelvini oggi brilla ancor<br />
più di luce propria.
18<br />
COLLECTION<br />
Una storia di Toscana, prima ancora che una storia<br />
bolgherese. Un racconto della collina di Segalari<br />
e di antiche uve autoctone che vi hanno trovato<br />
dimora. Sangiovese, Pugnitello e Foglia Tonda:<br />
tre vitigni “diversi”, che danno forma a “un’altra<br />
Bolgheri”. È quella del Valénte Igt Toscana<br />
Podere Il Castellaccio. L’unicità di un canovaccio<br />
inedito che tratteggia un futuro in<br />
cui si fondono storicità di vecchie vigne e innovazione.<br />
Per un vino che è custode di una<br />
storia di famiglia e di un sogno trasformatosi<br />
in tratto distintivo e caratterizzante. Armoniosa<br />
fragranza nel calice, eleganza vellutata<br />
che conquista al palato. Da bere e ribere.<br />
Un gruppo di amici. Il vino che si fa collaborativo, nascendo “de garage”<br />
quasi 20 anni fa, e che oggi arriva a perpetuare la tradizione di<br />
uno dei vitigni campani più storici e identitari. L’Irpinia in bottiglia e<br />
nel calice, #NoFilter. Nel Lapoderósa Campania Igp Coda di Volpe<br />
Casa Brecceto ogni annata è studiato mix: il giusto mezzo tra spontaneità<br />
e ricerca d’equilibrio tra acciaio e legno. Un vino di uomini e per<br />
l’uomo: sapido e largo, piacevolmente da tutto pasto. Presto, anche bio.
19<br />
Ancora Pinot Nero dalle colline oltrepadane.<br />
Vigne che si adagiano dolcemente<br />
sui pendii di Corvino San<br />
Quirico, a filo del 45esimo parallelo,<br />
sinonimo di grandi vini in ogni angolo<br />
del mondo. Per un nuovo cavallo di<br />
razza al debutto: déjà-vu che non lo<br />
è. Il Terrazze Alte Igt Provincia di<br />
Pavia Tenuta Mazzolino è variazione<br />
sul tema tutt’altro che improvvisata.<br />
Il frutto di osservazione e ascolto<br />
della natura che esprimono l’evidenza<br />
della differenza. E così nasce un<br />
rosso che si distingue dal fratello<br />
maggiore (anagraficamente parlando)<br />
Terrazze per la diversa attesa<br />
cui affinamento in vasca e<br />
imbottigliamento al traguardo<br />
della successiva vendemmia<br />
lo conducono. È linguaggio<br />
più sobrio e garbato quello<br />
per cui si opta. Ma agilità<br />
nel calice e dinamicità<br />
di sorso non vengono<br />
certo meno, proprio<br />
come la vellutata eleganza:<br />
è il carattere<br />
a farsi più deciso.<br />
COLLECTION<br />
Una nuova Barbera, da chi la Barbera<br />
l’ha resa grande. Una nuova<br />
Barbera che parla di un angolo<br />
molto particolare di Piemonte,<br />
espressione del Dna di una cantina.<br />
Quel che nel tempo si è fatto<br />
ricco racconto che identifica una<br />
terra e una grande famiglia del<br />
vino. Curej Barbera d’Asti Docg<br />
Braida nasce giovane e fresca,<br />
dall’omonimo vigneto antico sulla<br />
collina di San Bernardo a Rocchetta<br />
Tanaro, per poi evolvere in<br />
botte grande e bottiglia. Nei profumi<br />
e nel sorso è aperta, semplice,<br />
gioiosa: merito del suo gusto<br />
pieno, asciutto, secco, sapido ed<br />
equilibrato. Per un vino che avanza<br />
una sola provocatoria richiesta:<br />
di essere aperto e condiviso.
20<br />
COLLECTION<br />
Un nuovo capitolo che si è tradotto in un vino unico per scelta. È la decisione di Markus Huber e<br />
Lenz Moser d’imporre nel mondo un Gruener Veltliner “reinterpretato”, trasformandolo in vitigno<br />
autoctono per eccellenza e ambasciatore dell’Austria. È definire un nuovo standard, a partire dallo<br />
stile, ciò cui mirano con New Chapter Gruener Veltliner 2020 Lenzmark Wines. Trasformando<br />
quello del Gruener Veltliner da linguaggio per pochi intenditori a interpretazione condivisa e<br />
condivisibile. Per un vino che si fa moderno, armonioso e amichevole grazie all’approccio innovatore<br />
dei suoi creatori in vigna e nell’arte del blending. Il risultato racconta di un’acidità complessa, elegante<br />
e sfaccettata, premessa e promessa di un sicuro potenziale di invecchiamento.<br />
Biodinamica interpretazione, affinata in botte, il Chinon Blanc Aoc Cuvée Les Puys Rochettes Domaine<br />
Lambert è 100% Chenin Blanc dalle colline di Cravant-les-Coteaux, nella valle della Loira. Metodi naturali,<br />
in vigna e in cantina, per esaltare la tipicità, valorizzando nelle radici ciascun micro terroir. Un vino vero<br />
già all’attacco. Fresco, equilibrato nel rimando di sponde tra ricchezza della struttura e acidità, di piacevole<br />
persistenza. Con un finale che è annuncio di un interessante potenziale d’invecchiamento.
Dolomiti, Alto Adige. Tra queste montagne incontaminate nasce Acqua Plose.<br />
Pura e leggera per natura si abbina perfettamente ai migliori piatti della cucina tradizionale<br />
e internazionale esaltandone i sapori con la sua delicata discrezione.<br />
Residuo fisso 22 mg/l Ossigeno 10 mg/l Sodio 1,2 mg/l pH 6.6<br />
Fonte Plose spa<br />
via Julius Durst 12<br />
www.acquaplose.com<br />
39042 Bressanone (BZ)
22<br />
SCENARIO<br />
Enoteche italiane<br />
alla riscossa<br />
Lo stato dell’arte del canale dalla voce<br />
dei protagonisti. Trend e bilanci 2021,<br />
con lo sguardo già rivolto ai prossimi mesi<br />
P<br />
rove di riscossa per le enoteche italiane. Il<br />
canale specializzato si lascia alle spalle<br />
un 2021 complicato nella sua evoluzione,<br />
come sentito comune noto<br />
a tutti, ma che alla fine racconta<br />
di un bilancio positivo, a fronte di<br />
crescite medie in doppia cifra. Un<br />
segno più che fa ben sperare anche<br />
per questo <strong>2022</strong>. Soprattutto ora che<br />
si comincia a vedere la luce in fondo al<br />
tunnel della pandemia.<br />
Ne abbiamo parlato con Andrea Terraneo,<br />
presidente Vinarius, e con alcuni enotecari sparsi lungo<br />
lo stivale. Con loro tracciamo lo stato dell’arte del<br />
canale, indagando su trend e cambiamenti in consumi<br />
e consumatori durante questo anomalo biennio. Ma<br />
approfondiamo anche come sono mutati orizzonti e<br />
prospettive per le enoteche italiane. Andando anche a<br />
puntare lo sguardo sui trend di domani.<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
“Possiamo indubbiamente promuovere il 2021 che ci<br />
siamo lasciati alle spalle”, esordisce Andrea Terraneo<br />
(in foto) a <strong>WineCouture</strong>. “Il bilancio varia tra il positivo<br />
e il più che positivo, nel senso che si è registrato un<br />
trend medio che oscilla tra il +10 e il +12%, con punte<br />
anche di +14%, rispetto al 2020, ma sempre con l’ovvio<br />
distinguo tra mescita e asporto più tradizionale. La<br />
prima categoria di enoteche, infatti, ha molto<br />
recuperato col boom estivo, ma sofferto<br />
delle restrizioni che hanno caratterizzato<br />
inizio e fine d’anno. La bottiglieria<br />
più classica, invece, ha visto<br />
un trend più lineare in termini di<br />
vendite. Con un finale di 2021, tuttavia,<br />
che avrebbe potuto regalare<br />
qualche soddisfazione in più”. Se il<br />
bilancio di Natale è infatti positivo,<br />
c’è un nota bene. “Tra il 25 dicembre<br />
e Capodanno è stato registrato da tutti<br />
un significativo calo del lavoro rispetto al<br />
passato”, riprende Terraneo. “Gli altri anni, infatti, le<br />
settimane che da Natale portavano fino all’Epifania<br />
rappresentavano ancora un bel traino per le vendite:<br />
è mancato questo riscontro. Il clima generale di timore<br />
tornato ad affacciarsi in quel periodo ha sostanzialmente<br />
cancellato lo sprint che avrebbe condotto a<br />
chiudere ancora meglio il mese di dicembre e il 2021”.<br />
E quali, ora, le prospettive <strong>2022</strong>? “Le previsioni per i<br />
prossimi mesi, se davvero terminerà lo stato d’emergenza<br />
e decadranno tutte le restrizioni più o meno dirette<br />
che comporta, ci fa pensare a una maggiore facilità<br />
di ripresa”. Una ripartenza che passa anche dai grandi<br />
appuntamenti del vino. “Tutti noi operatori ritorneremo<br />
da aprile alle attività in presenza. C’è tanta voglia<br />
di aggiornare le nostre proposte ai clienti. E sono segnali<br />
di ripartenza importanti quelli lanciati dalle fiere<br />
e dai diversi eventi con la programmazione e la conferma<br />
di appuntamenti per il trade nei prossimi mesi. È<br />
fondamentale per il nostro settore che ci siano fin da<br />
subito momenti per riprendere a viaggiare, assaggiare,<br />
scoprire e selezionare. Con un auspicio, però: gli appuntamenti<br />
business siano veramente riservati ai professionisti<br />
e non si torni a certe cattive abitudini del<br />
passato in tema d’ingressi indiscriminati alle fiere, che<br />
non portano benefici a nessuno in quei contesti”. Ma<br />
quali i trend che hanno caratterizzato gli scorsi 12 mesi<br />
e quali quelli che definiranno i prossimi? “Sono due i<br />
trend che hanno dominato il 2021. Da una parte, un<br />
fenomeno che va avanti da qualche anno, ovvero l’attenzione<br />
ai prodotti, autoctoni o meno che siano, del<br />
territorio in cui ogni enoteca è situata, anche con tipologie<br />
meno abituali rispetto alle tradizioni delle diverse<br />
zone. Dall’altro lato, i rossi gli scorsi 12 mesi hanno<br />
tenuto molto bene, soprattutto i toscani, e si è evidenziata<br />
l’importante ripresa degli Champagne. I trend del<br />
<strong>2022</strong>, invece, sono ancora un’incognita. Ma anche lo<br />
scorso gennaio era difficile pronosticare che sarebbe<br />
stato l’anno dello Champagne. In linea generale, però,<br />
si può pensare che la gente avrà voglia di riprendere a<br />
brindare e festeggiare, dunque, il discorso delle bollicine<br />
rimarrà attuale, tanto che si parli di Metodo Classico,<br />
quanto che si dica Prosecco. E forse il rosé prenderà<br />
ancora più piede e non solo quando si fa riferimento<br />
agli spumanti, soprattutto in vista dell’estate”. Ma cosa<br />
è cambiato in questo biennio di pandemia? “C’è una<br />
modalità differente di concepire la frequenza degli acquisti<br />
e la frequentazione delle enoteche. Fino a prima<br />
della pandemia, le vendite da asporto si concentravano<br />
nel frangente del weekend. Nel frattempo, si è assistito<br />
a un sostanziale spalmarsi degli acquisti lungo tutta la<br />
settimana. Quel che prima si spendeva nel weekend,<br />
progressivamente è stato distribuito nei giorni precedenti:<br />
lo si vede dal fatturato giornaliero che evidenzia<br />
l’aumento del lavoro a iniziare già dal martedì. Per la<br />
mescita, invece, bisogna ammettere che il servizio serale<br />
vive ancora qualche difficoltà a trovare una sua stabilità”.<br />
E per quel che concerne i consumatori? “Non è<br />
cambiato niente, eppur è cambiato tutto. L’utenza che<br />
frequenta le enoteche è sempre variegata, con il trend<br />
di crescita della fascia più giovane che si è mantenuto,<br />
ma non andando a discapito degli ultra 50 o degli over<br />
30. Sono proprio tutte le fasce di età ad aver preso a frequentare<br />
di più i negozi di vicinato e specializzati come<br />
i nostri. Se poi si vuole dettagliare un’analisi sui comportamenti<br />
d’acquisto, gli under 30 sono più propensi<br />
agli acquisti diretti e per autoconsumo, mentre il regalo<br />
con una richiesta di servizio e consiglio è più nelle corde<br />
delle fasce d’età sopra i 40 anni. Sono due approcci<br />
che anche per noi enotecari implicano comunicazioni<br />
diverse: con i più giovani, ad esempio, abbiamo preso a<br />
rapportarci attraverso i social e capita sempre più spesso<br />
che bottiglie condivise sui profili dell’attività poi ci<br />
vengano richieste nel corso della settimana”.<br />
La svolta digitale, dunque, ha conquistato anche il<br />
mondo delle enoteche? “Ci stiamo ancora lavorando”,<br />
chiosa Terraneo, “ma siamo arrivati a utilizzare le nuove<br />
modalità di comunicazione per ampliare i nostri<br />
orizzonti di business. E non parliamo solo di social, ma<br />
anche di e-commerce, che deve rappresentare per noi<br />
enoteche una vetrina aperta a 360° sul mondo. Sono<br />
opportunità in più di vendita quelle che ci sono così<br />
offerte e dobbiamo essere bravi noi enotecari a svilupparle<br />
e farle nostre”.
23<br />
Andrea Gaviglio<br />
Enoteca Vino Vino (Milano)<br />
La nostra selezione è portata già a far scoprire prodotti insoliti e il nostro cliente è abituato a farsi consigliare. Nel<br />
2021 abbiamo notato questa voglia di provare cose nuove, alzando anche l’asticella di spesa. I prodotti andati per la<br />
maggiore sono stati quelli di fascia media, tra i 15 e i 25 euro. Poca la richiesta per la fascia più bassa. Un’altra tendenza<br />
è il forte aumento nella richiesta di superalcolici, che durante la pandemia si era arrestata, specialmente Whisky, Gin<br />
e Rhum fino ai Mescal. Nel <strong>2022</strong>, a mio avviso, i trend non saranno dettati dai nomi: i brand perderanno qualcosa nei<br />
consumi giornalieri, ma avranno vantaggi sempre maggiori nella regalistica. Il consumatore in questi anni di pandemia<br />
ha bevuto avendo modo di leggere e approfondire: è così sempre più attento e voglioso di scoprire nuove realtà ma<br />
con un occhio al prezzo. Sicuramente i rossi s’imporranno maggiormente, poi bianchi e spumanti. Sulle bollicine c’è<br />
molta confusione, ma anche curiosità nell’andare alla scoperta di altri Metodi Classici, soprattutto francesi come i vari<br />
Crémant da Alsazia e Loira, per citare due zone.<br />
Mirco Carraretto<br />
Enoteca La mia Cantina (Padova)<br />
Nel 2021 sono aumentate le richieste di spumanti in generale. In crescita i vini di fascia prezzo superiore ai 40<br />
euro, ma legati a periodi particolari dell’anno. E poi i trend hanno visto sempre maggiore ricerca del vitigno<br />
autoctono, di vini più magri e di beva scorrevole, di etichette di aziende attente all’ambiente. Per il <strong>2022</strong>, pensiamo<br />
che le bollicine continueranno nella crescita, con più attenzione al Metodo Classico italiano, TrentoDoc in<br />
particolare. Poi, i vini da viticoltura sostenibile: biologici, biodinamici o anche non necessariamente certificati. E<br />
ci sarà più attenzione al rapporto tra qualità e prezzo visti gli aumenti importanti che hanno subito i listini.<br />
Giuliano Rossi<br />
Enoteca La Fiaschetta (Roma)<br />
Nel 2001, quando ho aperto, eravamo solo enoteca, birreria, asporto e mescita. Poi, dal 2011, sono diventato a tutti<br />
gli effetti anche un ristorante. Lavoriamo con il turismo, però il nostro core business ovviamente è il cliente locale,<br />
affezionato e confidente rispetto a quanto gli proponiamo. Ciò ci ha permesso di “tenere botta” in questo periodo<br />
e continuare a lavorare discretamente, nonostante tutto. Nelle vendite, sia al consumo sul posto sia al dettaglio,<br />
il Metodo Classico, in tutte le sue sfaccettature condizionate dal territorio, è stato il protagonista del 2021. Dalla<br />
Franciacorta al Carricante, passando per vari Metodo Classico delle aziende laziali, c’è tanta curiosità di bere e<br />
conoscere il territorio in modo diverso con vini che vadano bene per accompagnare il pasto. Bene ovviamente lo<br />
Champagne. E cresce l’approccio ai Crémant con il loro ottimo rapporto prezzo – qualità. Nel <strong>2022</strong> del vino vedo<br />
protagonista l’asse Piemonte – Etna, sia coi bianchi sia coi rossi. E una conferma della crescita del Lazio, di cui faremo<br />
in modo di essere buoni comunicatori delle particolari produzioni. Infine, prevedo una conferma degli spumanti a<br />
base di doppia rifermentazione e un ulteriore sviluppo nella richiesta di vini naturali.<br />
SCENARIO<br />
Domenico Terruli<br />
Enoteca Terruli (Martina Franca, Taranto)<br />
Il 2021 è stato un anno molto particolare: c’è stata una richiesta importante di prodotti di qualità, aumentando tantissimo la battuta<br />
dello scontrino. Sicuramente la domanda di Champagne è cresciuta come non mai, come in tutta Italia. Il cliente che si rivolge in enoteca<br />
ormai è il più esigente, sempre alla ricerca di prodotti di nicchia e di qualità. La mia enoteca si trova in Puglia, nel cuore della Valle<br />
d’Itria, dove da diversi anni stiamo assistendo a una esplosione di vendita di vini rosati, i quali prima si vendevano solo nel periodo<br />
estivo, mentre ora la loro richiesta è per tutto l’anno. Nel 2021, si è assistito anche al ritorno di quei territori che si erano completamente<br />
fermati: ad esempio, credo che il Piemonte sia ritornato alla grande nell’élite delle vendite, dopo anni di importante sofferenza,<br />
soprattutto grazie al cambio generazionale in diverse aziende e ad una grande comunicazione del territorio. È in continua crescita la<br />
richiesta di vini della Borgogna e soprattutto del vitigno che l’ha resa un territorio unico: il Pinot Nero. Il 2021 è stato anche un anno<br />
con pochi turisti internazionali, ma sicuramente nel <strong>2022</strong> ritorneranno alla grande. Anni addietro gli europei richiedevano solo vini<br />
premiati dalle guide, ora la tendenza è soprattutto per i vini biologici e naturali. E proprio il naturale in questo <strong>2022</strong> sarà sicuramente il<br />
prodotto sempre più richiesto: vini macerati, non filtrati e rifermentati ormai hanno un fascino anche tra i giovanissimi.<br />
Prima edizione del Concorso “Miglior Enotecario d’Italia” al via<br />
Il contest è organizzato da Aepi (Associazione Enotecari Professionisti Italiani), in collaborazione<br />
con Vinarius (Associazione Enoteche Italiane) e con il patrocinio del Mipaaf, e nasce con l’obiettivo<br />
di dare un vero e proprio palcoscenico agli enotecari italiani, categoria ambasciatrice del<br />
mondo del vino e dei prodotti alcolici in generale. L’ideazione del concorso parte dall’assunto<br />
che, a differenza di altre categorie come sommelier, barman e chef, ad oggi, gli enotecari professionisti<br />
non hanno ancora avuto l’opportunità di mettersi alla prova in una competizione a loro<br />
totalmente dedicata. Ora questa lacuna viene colmata da una competizione che ha aperto i battenti<br />
per le iscrizioni il 5 febbraio. Tutti i dettagli per partecipare sono su winecouture.it
24<br />
VISIONI<br />
Il valore<br />
della praticità<br />
Le novità <strong>2022</strong> di Proposta Vini<br />
e la filosofia distributiva che coniuga valorizzazione<br />
della biodiversità con consulenze su misura<br />
Una due giorni del vino. Senza paure. Per vivere<br />
un ritorno all’incontro faccia a faccia<br />
attorno a un calice. La “ripresa” secondo<br />
Proposta Vini, distributore trentino che<br />
opera in tutta Italia, quest’anno ha significato<br />
molto più che un semplice evento dove ritrovarsi<br />
per assaggiare quel che di nuovo è giunto a catalogo. In<br />
questo <strong>2022</strong> carico di speranze, è stato un segnale quello<br />
lanciato da Gianpaolo e Andrea Girardi (nella foto in<br />
alto): c’è voglia di normalità nel mondo del vino e del<br />
ricco panorama dell’Horeca. E la scelta d’incontrarsi a<br />
Fiera di Parma lo ha ampiamente ribadito. Con l’evento,<br />
riservato ai soli operatori, che ha visto oltre 2mila<br />
presenze tra domenica 23 e lunedì 24 gennaio: cifra<br />
che fanno ben comprendere quanto atteso fosse l’appuntamento.<br />
C’eravamo anche noi di <strong>WineCouture</strong>,<br />
per andare all’assaggio e alla scoperta: un viaggio che<br />
ci ha portato in giro non solo per l’Italia, ma il mondo<br />
intero, e ci ha permesso di confrontarci con tante nuove<br />
etichette e cantine. Ma soprattutto ci ha consentito<br />
di approfondire la conoscenza di una realtà distributiva<br />
che della sua specificità ha fatto una cifra distintiva ben<br />
caratterizzante nel ricco panorama italiano della distribuzione<br />
di vino e spirits. È, infatti, un racconto sempre<br />
più ricco di territori e tradizioni, quello offerto dal portfolio<br />
di Proposta Vini. E anche il nuovo “aggiornamento”<br />
<strong>2022</strong> lo ha ribadito. E non c’è che dire: la selezione<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
del distributore di Pergine Valsugana, già capace di andare<br />
in profondità, ha riservato tra le novità per l’anno<br />
tante belle sorprese.<br />
Dall’Italia a Francia e Spagna, passando per Svizzera,<br />
Romania e Austria, fino a giungere ai “nuovi mondi”<br />
di Argentina, Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda,<br />
è davvero una costellazione di etichette capace di modellarsi<br />
attorno ai gusti più ricercati quella del catalogo<br />
Proposta Vini, che nel <strong>2022</strong> si è arricchito di ben 39<br />
ingressi: 14 i produttori italiani e 25 dall’estero. Ma il<br />
vero focus su cui fissare lo sguardo con attenzione in<br />
questo <strong>2022</strong> è il nuovo percorso tematico introdotto,<br />
format studiato per incuriosire e particolarità che si<br />
conforma quale plus che fa ben comprendere il metodo<br />
di lavoro scelto dalla realtà fondata nel 1984 da<br />
Gianpaolo Girardi, con la sua filosofia distributiva<br />
volta alla valorizzazione e alla promozione della biodiversità<br />
viticola italiana e mondiale, avendo quale<br />
fondamento la chiara distintività di ciascun terroir.<br />
A ribadirlo una volta di più il progetto dei Vini delle<br />
Abbazie, che vanno ad affiancare i precedenti su Vini<br />
Estremi, Vini dell’Angelo, Bollicine da Uve Italiane,<br />
Vini delle isole minori, Vini Franchi e Vini Vulcanici.<br />
Un’idea, la novità <strong>2022</strong>, che unisce etichette, definite<br />
anche “paradisiache” o “celestiali”, prodotte dai<br />
frati in antichi monasteri europei, luoghi in cui da<br />
secoli si coltiva la vite e si salvaguardia la tradizione.<br />
“Proposta Vini esiste proprio per veicolare in maniera<br />
pratica all’interno del mercato i valori che noi poniamo<br />
al centro della nostra filosofia distributiva”, sottolinea il<br />
ceo Andrea Girardi. “Come trasferire il paesaggio, l’unicità<br />
del terroir o l’importanza delle tradizioni contadine<br />
che caratterizzano le storie del vino da chi lo produce<br />
a chi lo vende e lo consuma? Il nostro compito è commercializzarlo,<br />
valorizzando al meglio ogni etichetta<br />
all’interno delle wine list dei nostri clienti. Lo facciamo<br />
attraverso una rete agenti preparatissima e con una logistica<br />
realmente performante”. Ma come cambia di anno<br />
in anno il portfolio di Proposta Vini? “Il catalogo è una<br />
costante ricerca che perdura ormai da decenni”, riprende<br />
Gilardi. “Ogni anno, quel che facciamo è di raffinare,<br />
rimodulare e arricchire con nuove perle la nostra offerta.<br />
Abbiamo un team dedicato a questo, che studia e individua<br />
particolarità, provvedendo al loro inserimento<br />
in portfolio. Quest’anno, ad esempio, spaziamo con nuovi<br />
ingressi dal Ghemme a produzioni dell’Isola d’Elba,<br />
fino a giungere in Svezia con uno spumante Piwi da uve<br />
Solaris”. Novità cui si affiancano i focus tematici. “I progetti<br />
sono l’anima di Proposta Vini. Ormai sono davvero<br />
tanti: collezioni che si muovono dai Vini Estremi ai Vini<br />
dell’Angelo, ovvero quelli legati alla riscoperta delle vecchie<br />
varietà di uve trentine pre-fillossera, passando per<br />
i Vini delle isole minori, che raccolgono le etichette dei<br />
piccoli arcipelaghi dimenticati del Mediterraneo. Quello<br />
del <strong>2022</strong> è dedicato ai Vini delle Abbazie, che prende il<br />
via in Italia, ma si focalizza sulla biodiversità europea, in<br />
particolare quella di Francia e Austria”. E quali sono i plus<br />
nel servizio per cui un ristorante o un’enoteca dovrebbe<br />
affidarsi a Proposta Vini? “La nostra forza è innanzitutto<br />
una rete di agenti che offre un servizio di consulenza<br />
unico per individuare le etichette migliori per ogni tipologia<br />
di locale, personalizzando in questo modo l’offerta<br />
di ciascuna carta vini”, conclude Girardi. “Acquistare da<br />
Proposta Vini significa poter scegliere tra quasi 400 cantine<br />
e quasi 4mila vini che possono poi essere consegnati<br />
in tutta Italia in pochi giorni. Il 95% degli ordini sono<br />
infatti processati dal nostro magazzino in giornata e spediti<br />
nell’arco di 24 ore, con tempi di consegna davvero<br />
ridotti, se non unici nel panorama italiano. Un’ulteriore<br />
testimonianza, quest’ultima, del nostro credo: riuscire<br />
a far convivere i valori della nostra filosofia distributiva<br />
con la praticità a servizio delle esigenze quotidiane dei<br />
nostri clienti e partner”.
26<br />
FOCUS ON<br />
Nuovo anno,<br />
nuovi vini<br />
Sagna, Cuzziol GrandiVini, Pellegrini e Partesa:<br />
ecco le novità per il <strong>2022</strong><br />
Col via dell’anno è tempo di annunci<br />
e novità per i distributori italiani del<br />
vino. Nuove partnership e nuove etichette<br />
che vanno a regalare alle proposte<br />
di ciascun player nuove sfumature.<br />
È tempo di novità, soprattutto dopo un 2021 che ha<br />
fatto segnare nuovi record per la distribuzione del<br />
vino. La ripartenza c’è stata, ma ora serve consolidare<br />
le performance su un mercato italiano che si auspica<br />
di vivere 12 mesi meno altalenante di quelli passati.<br />
Ma qui è il calice mezzo pieno: nonostante le difficoltà<br />
che hanno caratterizzato il 2021, ristoranti ed enoteche<br />
hanno toccato con mano il rinnovato interesse<br />
dei consumatori verso il vino, con sempre più voglia<br />
di sperimentare. E allora, bene è farsi trovare pronti a<br />
sostenere questa curiosità, soprattutto con una ventata<br />
di freschezza che può arrivare dall’Italia o dal mondo.<br />
Per Sagna la prima scelta <strong>2022</strong> è ricaduta su una cantina<br />
siciliana: è Palmento Costanzo ad aver arricchito<br />
il portfolio dell’azienda fondata nel 1928 dal Barone<br />
Amerigo Sagna e fin dai suoi inizi specializzata<br />
nell’importazione e distribuzione di vini, liquori e<br />
distillati d’altissima qualità. Realtà dallo spirito moderno,<br />
14 ettari di proprietà, di cui 10 dedicati alla<br />
vite ai piedi dell’Etna (versante Nord) in cui crescono<br />
Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Carricante e<br />
Catarratto, Palmento Costanzo si distingue per l’at-<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
tenzione ai dettagli. Una caratteristica ben visibile già<br />
nel packaging innovativo delle sue bottiglie. Ma col<br />
catalogo <strong>2022</strong> Sagna racconta anche un altro angolo<br />
di Sicilia: grazie ad Hauner, azienda familiare di 20 ettari<br />
di viticoltura eroica sull’Isola di Salina, culla della<br />
Malvasia, cui si sono affiancate nel tempo produzioni<br />
di Inzolia, Catarratto, Nero d’Avola, Nerello Mascalese,<br />
Grillo e Calabrese. Poi, l’attenzione si sposta sulla<br />
Toscana, con Querciabella, oltre 74 ettari di vigneti di<br />
pregio Chianti Classico, situati nei comuni di Greve,<br />
Radda e Gaiole, e 32 ettari in Maremma, e con Canalicchio<br />
di Sopra, 60 ettari di terreno nel versante nordest<br />
della collina di Montalcino, di cui 19 coltivati a<br />
vigneto che regalano vini di straordinaria eleganza a<br />
base di uva Sangiovese.<br />
Aria di novità anche in casa Cuzziol GrandiVini, che<br />
ha riportato a Milano il suo tradizionale evento d’inizio<br />
anno dopo la pausa forzata del 2021. Una scelta non<br />
casuale: il capoluogo lombardo, nonostante la crisi, si<br />
è confermata infatti piazza forte per le vendite di vino<br />
negli scorsi 12 mesi e palcoscenico da cui è impossibile<br />
prescindere, come dimostrato dalla ripresa del settore<br />
Horeca nella seconda parte dell’anno che ha accomunato<br />
l’intero Paese. E con alle spalle un 2021 chiuso,<br />
per la realtà distributiva di Santa Lucia di Piave, con<br />
un bilancio che ha fatto segnare 21 milioni di euro di<br />
fatturato e un totale di circa 1,8 milioni di bottiglie<br />
consegnate, le novità in portfolio accendono i riflettori<br />
in primis sulla new entry dal Piemonte dell’azienda<br />
Mauro Veglio: proveniente dai rinomati pendii di La<br />
Morra, va ad affiancare una proposta che già spaziava<br />
da Marco Porello ai vini di nicchia di Socré e Parusso.<br />
E poi, dal mondo: il Sancerre di Domaine Thomas,<br />
la Languedoc di Chapelle Saint-Mathieu, i Malbec di<br />
Cahors di Chateau Ponzac e la Loira di Domaine de la<br />
Rouletière e di Clos Roussely.<br />
Anche Pellegrini conferma il generale trend da record<br />
del 2021, avendo chiuso gli scorsi 12 mesi con numeri<br />
in crescita. Dopo un 2020 in flessione del 28%, l’azienda<br />
di Cisano Bergamasco, attiva nella distribuzione<br />
di vini e distillati di qualità dal 1904, ha recuperato<br />
con un +58%, che ha spinto il fatturato a 19,8 milioni<br />
di euro. La crescita del 2021 supera del 29% anche<br />
l’ultimo dato pre-pandemia. Il 2021 ha visto non solo<br />
un’estate di ripresa per il canale Horeca, ma anche un<br />
autunno da sold out con diversi prodotti, in particolare<br />
gli Champagne, esauriti già a ottobre. E proprio<br />
allo scopo di rafforzare ancor più l’offerta, Pellegrini<br />
ha scelto di aggiungere nuove etichette alla propria<br />
proposta. Il primo inserimento <strong>2022</strong> arriva da San<br />
Floriano del Collio, al confine tra Italia e Slovenia,<br />
dove la famiglia Tercic produce vini da oltre un secolo.<br />
Dalla Francia, poi, un nuovo Champagne ad arricchire<br />
il catalogo: è Jean Velut, Récoltant Manipulant di<br />
Montgueux, nell’Aube. Ancora Francia, ma prendendo<br />
la via che conduce al cuore dello Chablis, dove Céline<br />
e Frédéric Gueguen hanno dato vita al Domaine Gueguen.<br />
L’ultima grande novità giunge dal Sudafrica ed è<br />
doppia: sono i vini di Mooiplaas e Rhebokskloof.<br />
Infine, Partesa apre il <strong>2022</strong> con due nuove partnership,<br />
a rendere ancor più ricco e profilato il portfolio<br />
del distributore lombardo. La prima è la firma di un<br />
accordo d’importazione e distribuzione con un Negociant<br />
protagonista della scena di Bordeaux: H. Cuvelier<br />
& Fils. Grazie all’intesa siglata, Partesa distribuirà<br />
non solo le etichette dell’azienda familiare del vino, le<br />
cui origini risalgono al 1804, proprietaria del Château<br />
Léoville-Poyferré, il cui nome dà origine all’omonimo<br />
prestigioso marchio di Bordeaux a Saint-Julièn, ma anche<br />
altre produzioni provenienti da questa area vinicola<br />
di altissimo spessore: Pavillon de Léoville Poyferré,<br />
Château Le Crock, Château La Croix Saint Estèphe e<br />
Château Moulin Riche. La seconda novità a catalogo in<br />
questo <strong>2022</strong> parla poi di Langa. Firmato l’accordo con<br />
la nuova azienda produttrice di Barolo Dott. Davide<br />
Fregonese, griffata enologicamente da Davide Rosso.<br />
Il portfolio Partesa si arricchisce così con i grandi cru<br />
di Cerretta e Prapò: vini che raccontano tutte le peculiarità<br />
del territorio di Serralunga.
27<br />
Photo: Giorgia Spina<br />
Cuvée Louise,<br />
più di un nome<br />
Una speciale verticale della massima espressione di Maison Pommery.<br />
Dove parla il calice non l’immagine<br />
CHAMPAGNE<br />
DI ANDREA SILVELLO E FRANCESCA MORTARO<br />
La parola Maison evoca istantaneamente i nomi di alcuni produttori di Champagne.<br />
Generalmente due o tre nell’immaginario collettivo. Le cantine che storicamente<br />
hanno sempre investito molto in comunicazione e da sempre hanno<br />
scelto di spingere su canali commerciali ad alta visibilità. Sappiamo bene, però,<br />
che le Maison in Champagne sono molte di più, anche se quelle blasonate rimangono<br />
impresse nella memoria e spesso sono comprate, stappate e bevute più per la<br />
fama dell’etichetta. Senza nulla togliere, in alcuni casi, ai vini, indubbiamente degni di nota.<br />
Un dato di fatto, che va riconosciuto e su cui occorre meditare. Noi l’abbiamo fatto e abbiamo<br />
voluto degustare la massima espressione di una Maison che ha molto da dire e raccontare<br />
a chi più che l’etichetta valuta il vino nel bicchiere. Ne è uscita una degustazione con<br />
cui abbiamo voluto mettere in evidenza un concetto importante: lo Champagne è curiosità,<br />
scoperta, passione, qualità, emozione e ascolto del calice, al di là del nome. Lo abbiamo<br />
fatto con una Maison che ha nel Dna questo approccio: Pommery. Una realtà resa grande<br />
nella seconda metà del 1800 da Madame Louise Pommery, una donna visionaria. Una<br />
delle prime a capire che per distinguersi dalla miriade di altri Champagne in commercio<br />
serviva rivoluzionare qualcosa nella produzione, per migliorare la qualità. Decise allora di<br />
lavorare su affinamenti sui lieviti più lunghi, ma soprattutto sul dosaggio. Gli Champagne<br />
dell’epoca erano zuccheratissimi. Nel 1874 nasce quello che è considerato il primo Brut<br />
della storia. Una dicitura che rimandava a uno Champagne poco dosato, con poco zucchero<br />
(sì, Brut ai tempi era sinonimo di “poco zucchero”, anche questo oggi fa riflettere). Una<br />
decisione che cambiò per sempre la storia di questa bollicina. Ed è solo una tra le innovazioni<br />
di una delle donne che hanno reso lo Champagne il prodotto inimitabile che tutti<br />
oggi amiamo. Maison Pommery ha dedicato alla sua fondatrice uno Champagne che porta<br />
proprio il suo nome: Cuvée Louise. Si tratta della Cuvée de Prestige della Maison, da Chardonnay<br />
e Pinot Noir (tipicamente circa 2/3 e 1/3 in assemblaggio) provenienti dalle migliori<br />
parcelle di tre soli villaggi grand cru: Avize, Ay e Cramant. L’abbiamo voluto scoprire<br />
in un percorso degustativo reso unico grazie ai piatti abbinati dello Chef Antonio Colasan-<br />
to, ma anche per il plus della possibilità di assaggiare due novità assolute: Cuvée Louise<br />
2006 Nature e Cuvée Louise 2005. A seguire poi la 2003 Rosè, ormai introvabile, la 1999<br />
e una 1995 in formato Jeroboam, ovvero tre litri. Tutte bottiglie provenienti dalla cantina<br />
francese, che possiede 18 km di crayères sottoterra, gallerie in gesso tra le più suggestive di<br />
tutta la Champagne. Ma cosa ha raccontato il percorso? La 2006 Nature si presenta fresca,<br />
agrumata, con una bella tensione in bocca e grande acidità. La 2005 a nostro parere è una<br />
Cuvée Louise fuori dagli schemi, che non ti aspetti. Al naso appare più golosa, già si sentono<br />
note leggere di burro e nocciola dolce. L’attacco in bocca è pieno, ricco di mineralità,<br />
una bollicina fine ed elegante, grande persistenza e profondità di beva. È la prima volta che<br />
un millesimo di questa Cuvée de Prestige si presenta così a nostro ricordo: davvero una<br />
bella sorpresa. Siamo poi passati alla 2003 Rosé. E ci piace sempre dire che i Rosé di Cuvée<br />
Louise giocano un altro campionato. Nel senso che sono davvero bottiglie molto identitarie<br />
e caratterizzanti lo stile della Maison. Un Rosé decisamente particolare e che, nel<br />
bene e nel male (è sempre questione di gusto e di soggettività), si fa ricordare. Una ridotta<br />
percentuale di vino rosso in assemblaggio rende il vino al calice fresco ed elegante. L’annata<br />
assai particolare è ricordata per essere stata una delle più calde della storia in Champagne<br />
e il lungo affinamento sui lieviti hanno fatto il resto. La conclusione della degustazione ci<br />
ha visto impegnati nell’assaggio di due annate importanti nella gamma della Maison. La<br />
1999 oggi ha sicuramente raggiunto la massima espressione della propria complessità ed<br />
evoluzione in bottiglia, che si manifesta con note di frutta secca, miele e mela cotogna sia al<br />
naso sia in bocca. Menzione a parte per la 1995, servita in Jeroboam. La dimensione della<br />
bottiglia (e la perfetta conservazione in Maison) hanno creato le condizioni perfette per<br />
consentire a questo grandissimo millesimo champenois (chi scrive non si nasconde mai<br />
nel dire che la 1995 rispetto alla più blasonata 1996 oggi ha spesso una marcia in più) di<br />
non temere la prova del tempo. Le note evolutive tipiche dei grandi Champagne degli anni<br />
‘90 sono qui perfettamente bilanciate alla freschezza e alla tensione che forse non ti aspetti<br />
per una bottiglia le cui uve sono state raccolte ormai quasi trent’anni fa. Chapeau.
28<br />
CHAMPAGNE<br />
Photo: James Bort per Dom Pérignon P3<br />
L’importanza<br />
della giusta attesa<br />
Perché la data di dégorgement è centrale<br />
per lo Champagne. E come mai sarebbe bene<br />
fosse indicata in etichetta su tutte le bottiglie<br />
Quella di dare vita alle bollicine più<br />
amate al mondo è un’arte, si sa. Ed è<br />
un’arte che necessita di tempo, passione<br />
e tante, tantissime, scelte, fatte<br />
sia in vigna sia in cantina, e che determineranno,<br />
alla fine di un lungo ed entusiasmante<br />
percorso, quel che ritroveremo nel calice.<br />
La firma di ciascun vigneron, enologo o chef de cave è<br />
proprio come quella di un artista, unica e inimitabile.<br />
E sono le decisioni prese durante il cammino dalla vite<br />
al calice che poi influenzeranno, fin da primo assaggio,<br />
il parere di noi amanti della bollicina più famosa<br />
al mondo.<br />
Nella nascita di uno Champagne, un ruolo fondamentale<br />
lo riveste il cosiddetto dégorgement. Quell’operazione<br />
che in Italia traduciamo come sboccatura e che<br />
anticipa il dosage, cioè il tocco finale prima della tappatura<br />
definitiva della bottiglia.<br />
È solo l‘ultima di una serie di tappe in cantina che il<br />
mosto deve percorrere prima di arrivare ad essere a<br />
tutti gli effetti “Champagne”. Ma perché il dégorgement<br />
è così decisivo? Perché l’eliminazione dei lieviti<br />
esauriti, sotto forma di deposito che il remuage ha<br />
portato a concentrarsi nel collo della bottiglia, teoricamente<br />
interrompe il cammino che ha condotto il<br />
vino base a trasformarsi in Champagne. Ma in realtà si<br />
può ribaltare la prospettiva e far notare che siamo solo<br />
DI MATTEO BORRÈ E ANDREA SILVELLO<br />
all’inizio di una nuova, ancora più entusiasmante, avventura.<br />
Prestate attenzione a questa affermazione: è<br />
vero che è l’ultima tappa di un percorso, ma allo stesso<br />
tempo a chi scrive piace di più considerarla un “giro di<br />
boa”. Da quel momento in poi, infatti, lo Champagne<br />
in bottiglia inizia una nuova vita che può durare ancora<br />
molto, moltissimo tempo. Parliamo del cammino<br />
che conduce fino all’apertura e alla degustazione. Ed è<br />
così che il dégorgement ritorna a essere centrale nell’equazione.<br />
Perché poi nel calice la differenza di data si<br />
noterà tutta. Già, la data in cui avviene la sboccatura è<br />
decisiva, ma spesso rappresenta anche un elemento che<br />
le cantine, grandi Maison o piccoli Vigneron che siano,<br />
tendono a non comunicare o rendere ben visibile in<br />
etichetta. Eppure, gioca un ruolo fondamentale nella<br />
corretta degustazione dello Champagne. La bollicina,<br />
infatti, dopo lo shock subito al momento del dégorgement,<br />
tanto che sia manualmente “à la volée”, quanto<br />
che avvenga meccanicamente “à la glace”, domanda<br />
qualche mese di paziente attesa per stabilizzarsi. Ma<br />
davanti alle pressanti esigenze commerciali e quel che<br />
è stato il clamoroso successo di vendite che ha caratterizzato<br />
il 2021 delle bollicine di Reims e dintorni, oggi<br />
sempre più si assiste a un fenomeno che porta a scaffale<br />
e sulle carte vini dei ristoranti etichette su cui sono<br />
impresse date di sboccatura piuttosto recenti. Questo,<br />
a parere di chi scrive, è davvero un peccato. O quanto-<br />
meno, così facendo, si tende a non dare il giusto valore<br />
a questa ultima fase di vita dello Champagne che invece<br />
meriterebbe, a pari titolo delle precedenti, di essere<br />
considerata con grande attenzione. A riguardo, mi è<br />
capitato di partecipare a delle degustazioni della stessa<br />
cuvée di sboccature diverse e posso assicurare che nel<br />
calice siamo di fronte a prodotti spesso alquanto differenti.<br />
Non si sta dicendo che per forza è meglio una<br />
sboccatura più vecchia, attenzione: quello dipende dal<br />
gusto personale. Si afferma che bere una bottiglia che,<br />
ad esempio, ha 6 mesi dalla data di sboccatura e una<br />
che di anni in bottiglia ne ha passati 5 rappresentano<br />
esperienze molto diverse. Allora, come spesso si vedono<br />
verticali di annate della stessa cuvée (si parla di<br />
millesimati in questo caso, ovviamente), sarebbe bello<br />
assistere con più frequenza a confronti della stessa<br />
bottiglia (che sia un sans année o un millesimato) in<br />
base alle diverse sboccature. Ma c’è una formula valida<br />
per stabilire quando sia il momento ideale in cui aprire<br />
uno Champagne dalla data di dégorgement? Tante le<br />
teorie in merito. E ognuno ha la propria formula, frutto<br />
del personale gusto. Poi, c’è chi lo Champagne lo<br />
vive, lo produce e lo commercializza da decenni. E che<br />
in merito all’annosa questione ha stilato un vademecum.<br />
Si tratta di Bruno Paillard, titolare dell’omonima<br />
Maison e tra i fondatori del gruppo Lanson-BCC, uno<br />
dei più grandi per dimensioni e fatturati nell’universo<br />
Champagne, di cui è anche Ceo. Per Paillard esistono<br />
dei tempi ben specifici rispetto a quando si debba aprire<br />
ogni bottiglia. E in base alla tipologia della bollicina,<br />
l’attesa dovrà essere maggiore. Per Bruno Paillard<br />
i tempi variano dagli almeno 6 mesi per un Brut sans<br />
année che ha passato dai 2 ai 4 anni sui lieviti, all’anno<br />
per il classico Millesimato, con dai 5 agli 8 anni sui<br />
lieviti. E per le Cuvée de prestige o una vecchia annata<br />
con alle spalle oltre 10 anni di evoluzione in cantina?<br />
L’attesa, in questo caso, dovrà durare almeno 2 anni<br />
prima dell’apertura. Rimane però l’annosa questione:<br />
non tutti indicano la data di sboccatura in etichetta,<br />
soprattutto quando si tratta di cuvée d’entrata nella<br />
propria offerta. E questo è un errore. Perché anche in<br />
quei casi può risultare decisiva al calice nell’apprezzamento<br />
di uno Champagne “meno evoluto”, almeno in<br />
teoria. Oggi, sempre più, si sta prendendo coscienza<br />
della tematica, a vario titolo e rispondendo con differenti<br />
modalità d’approccio. Si pensi alle App e i QR-<br />
Code con la carta d’identità degli Champagne, vedi i<br />
casi emblematici di Krug e Louis Roederer, che permettono<br />
di tracciare precisamente l’evoluzione delle<br />
bollicine davanti a noi nella bottiglia. E anche alcuni<br />
vigneron stanno iniziando a rendere le loro controetichette<br />
sempre più ricche d’informazioni, a partire ovviamente<br />
dalla sboccatura. A ognuno poi la sua scelta.<br />
Ma consapevole e informata.<br />
Photo: Marcello Brunetti per Bérèche & fils
29<br />
Photo: Giorgia Spina<br />
Il viticulteur<br />
che sfida il tempo<br />
In primo piano gli Chardonnay Grand Cru di Benoit Munier,<br />
Vigneron di Cuis. Tra piccoli numeri e grande profondità<br />
CHAMPAGNE<br />
DI ANDREA SILVELLO E FRANCESCA MORTARO<br />
Le sue mani raccontano di lunghe giornate passate a lavorare la vigna. I suoi occhi<br />
fanno trasparire la passione per un terroir unico. Il suo francese dialettale, con un<br />
forte accento locale, non tradisce la provenienza. La vita di Benoit Munier ruota<br />
tutta attorno ai vini che produce dalle uve dei suoi 1,6 ettari suddivisi in più<br />
di 30 singole parcelle. Piccoli appezzamenti di diversi villaggi Grand Cru della<br />
Côte des Blancs, tra Cramant, Avize, Oger e Chouilly, oltre a una vigna storica a Bouzy, nella<br />
parte sud delle Montagne de Reims, da dove tutto è iniziato, con suo bisnonno, e Cuis,<br />
villaggio Premier Cru, sempre della Côte des Blancs, dove risiede. Un piccolo paese dove<br />
la densità della popolazione è inversamente proporzionale a quella delle vigne. Non ci si arriva<br />
per caso, ma a noi è successo. Quello con Benoit Munier è stato un incontro tanto inaspettato<br />
quanto emozionante. Ci ha portato in casa sua per assaggiare le sue bottiglie, insieme<br />
a sua moglie Severine, che insieme a lui porta avanti l’attività. Siamo stati in vigna, ci ha<br />
raccontato i piccoli segreti di un viticulteur navigato che ogni giorno, tra i filari, vede l’alba e<br />
il tramonto. Benoit Munier è un Récoltant Coopérateur, fa parte dei “Viticulteurs d’Avize”,<br />
e oggi vende circa 7mila bottiglie l’anno. Al loro interno, grande qualità, frutto di scelte<br />
precise e coraggiose sia vigna sia in cantina: ce ne siamo accorti subito assaggiando i suoi<br />
vini. Un mix di leggerezza, precisione e profondità. Il suo vino, infatti, è prodotto in maniera<br />
sartoriale, curando spasmodicamente tutti i dettagli, con tanta voglia di sperimentare<br />
continuamente nuove lavorazioni, nuovi assemblaggi, nuovi dosaggi. Ma a Benoit Munier<br />
piace giocare anche con le sboccature, recenti e datate, per vedere come si comporta il suo<br />
Champagne. E i suoi vini sono in grado di attraversare il tempo mantenendo la freschezza<br />
dello Chardonnay tipico di questa zona che si amalgama alla perfezione con l’evoluzione<br />
innescata dai lieviti in grado di far emergere sentori complessi, pieni e ben bilanciati. Una<br />
caratteristica che stupisce, affascina e non può essere taciuta. Per questo la degustazione<br />
cui abbiamo dato vita in Italia è stata qualcosa di unico, mai visto prima con le bottiglie di<br />
un Vigneron di queste dimensioni. Una verticale dei suoi Chardonnay Grand Cru, etichette<br />
in parte frutto della generosità del produttore, che si è privato di referenze esaurite anche<br />
nel suo caveau per dimostrare nel calice il valore e la qualità del proprio lavoro negli anni.<br />
Una sfida non facile dato che solitamente i piccoli produttori non conservano in cantina<br />
le bottiglie per l’invecchiamento, ma tendono a vendere tutta la produzione dell’annata.<br />
Pronti via. La cornice: il ristorante Food Writers che ha abbinato agli Champagne una delle<br />
migliori selezioni di crudité di pesce di tutta Milano. In batteria i grandi millesimati di Benoit<br />
Munier 2012, 2008, 2005, 2004 e la Grand Reserve Sboccatura 2010. Tutto regolare,<br />
non fosse che ad aprire una serata all’insegna dello Champagne, sia stato un vino fermo: il<br />
Coteaux Champenois Blanc vendemmia 2019, Chardonnay prodotto dall’assemblaggio di<br />
quattro singole parcelle di Cramant, 170 bottiglie in totale, 9 mesi di passaggio in legno. È<br />
la prima volta nella sua storia che Benoit Munier ha messo in commercio un vino fermo.<br />
All’assaggio sembra di bere un vin clair, ma con meno acidità e più evoluzione. Un aperitivo<br />
decisamente diverso dal solito e che lascia il segno. E poi, la degustazione delle bollicine.<br />
Il marcatore che emerge dalla 2012 - sboccata 2020 - è l’ananas: non ce lo aspettavamo,<br />
ma è preponderante. Poi agrumi e burro che fanno da spalla ad uno Chardonnay in grado<br />
di regalare freschezza ed eleganza. Troviamo che questa bottiglia sia più pronta rispetto<br />
alla 2008, stessa sboccatura, che a nostro avviso ha ancora bisogno di tempo anche se ad<br />
ogni assaggio ci regala qualcosa in più. Su questo millesimo abbiamo confermato le considerazioni<br />
che avevamo già fatto per altri Champagne: è un’annata che uscirà in maniera<br />
incantevole, ma tra qualche anno. Il millesimo 2005 è un vino coinvolgente, complesso<br />
e profondo. L’evoluzione è ben integrata e la freschezza dello Chardonnay da quel tocco<br />
che non ti aspetti. 2004, sboccatura 2014: altro millesimo che ci ha regalato emozioni.<br />
Compatto e allo stesso tempo leggero. Anche in questo caso le note evolutive di pasticceria<br />
e frutta secca al naso fanno il paio con una bocca fresca e scalpitante. L’ultima bottiglia:<br />
Grand Reserve sboccata nel 2010. Si tratta di un assemblaggio, non di un millesimo, base<br />
2006 più vini di riserva fino alla 1996. I vini datati danno una complessità maggiore allo<br />
Chardonnay che in questo caso appare più rotondo, complesso con delle note che arrivano<br />
fino al caramello. Non poteva esserci finale migliore per una verticale così.
30<br />
Un matrimonio che s’aveva da fare. E che alla fine si è fatto. Ridefinendo la<br />
geografia di mercato in Champagne. E in prospettiva anche molte dinamiche.<br />
Il nuovo anno ha portato con sé la nascita del gruppo Terroirs &<br />
Vignerons de Champagne. Parliamo della fusione tra il Centre Vinicole<br />
Champagne – Nicolas Feuillatte (Cv-Cnf) e la Coopérative Régionale<br />
des Vins de Champagne – Champagne Castelnau (Crvc). A prendere forma, un gigante<br />
della cooperazione capace di unire circa 6mila vigneron e quasi 3mila ettari distribuiti su<br />
tutta la Denominazione, ovvero quasi il 9% della superficie del vigneto Champagne.<br />
Si tratta di un’operazione senza precedenti nell’ultimo quarto di secolo a Reims<br />
e dintorni, che cambia non poco le carte in tavola. L’ambizione a lungo termine<br />
della fusione, infatti, è dare vita a quello che si configurerà come uno<br />
dei tre maggiori player della Champagne, ma soprattutto una realtà in<br />
grado di rappresentare un’alternativa all’intermediazione del cosiddetto<br />
Négoce, puntando piuttosto sulla costruzione di rapporti strutturati<br />
e diretti con i vigneron associati. Terroirs & Vignerons de Champagne<br />
è organizzazione presente in ogni area di produzione, capace di vendemmiare<br />
in tutti i terroir. Ma non solo: è gruppo che opera spaziando<br />
dal segmento ultra-premium a quello del “lusso accessibile”. Poi a parlare<br />
sono i numeri: il potenziale produttivo è di 24,5 milioni di bottiglie, con l’ambizione<br />
dichiarata di raggiungere i 300 milioni di euro di fatturato e il 5% di quota<br />
mercato a volume. Data la magnitudo dell’operazione, quel che ha ora preso il via è un<br />
primo piano quinquennale per condurre alla definizione di una nuova organizzazione e<br />
di specifici target strategici. L’operazione di assorbimento che ha condotto Champagne<br />
Castelnau in Nicolas Feuillatte è progetto di fusione che aveva preso il via a dicembre 2020<br />
con l’obiettivo di concludersi entro aprile 2021, per poi subire uno stop in dirittura d’arrivo:<br />
una pausa di riflessione, potremmo definirla, necessaria a far combaciare tutti i pezzi<br />
di un puzzle estremamente complicato. Ad agosto scorso, l’accelerazione definitiva che ha<br />
condotto all’intesa finale. A prendere forma, un portfolio di marchi fortemente complementari<br />
tra loro. Ma quali i cardini su cui muoverà Terroirs & Vignerons de Champagne?<br />
“Consolidare quanto già di meglio c’è all’interno di ogni sito produttivo e dare forma a<br />
un’unica famiglia”: questo il primo step, spiega a <strong>WineCouture</strong> l’amministratore delegato<br />
Christophe Juarez (in foto). “Si tratta di condividere il know-how di ciascuna struttura e<br />
continuare a sviluppare cuvée specifiche, con i nostri Chef de Cave che saranno garanti<br />
dell’identità di ciascuna Maison”. Quale la struttura business? “Abbiamo scelto la strada<br />
di un’organizzazione a matrice in cui i marchi giocano un ruolo centrale. I riferimenti<br />
saranno, dunque, Champagne Nicolas Feuillatte, Champagne Castelnau, Abelé<br />
1757 e un polo Servizi destinato a collaborazioni con partner privilegiati.<br />
Questa modalità operativa genererà un forte vantaggio competitivo: riunire<br />
sotto lo stesso tetto tutte le competenze di filiera, dalla vigna alla<br />
vinificazione e l’assemblaggio, con un’offerta ben diversificata e dedicata<br />
su ciascun sito di produzione”. E quali i benefici per i diversi brand?<br />
“Diventiamo innanzitutto un interlocutore di riferimento con una varietà<br />
di posizionamenti intelligentemente allineati alle aspettative degli<br />
amanti dello Champagne. Forniremo così sempre più risposte adeguate a<br />
soddisfare i vari segmenti di mercato preservando la forza di ciascun brand.<br />
Con Nicolas Feuillatte, terzo al mondo, leader in Francia, siamo in grado di offrire<br />
un marchio accessibile e forte a livello internazionale. Con Castelnau potremo<br />
proporre una Maison complementare in linea con ambizioni e reti distributive chiaramente<br />
definite. Poi, saremo innovativi nel dirigere una struttura storica dell’universo dei<br />
négociant adottando un posizionamento di nicchia per Abelé 1757. Infine, ci metteremo<br />
in condizione di sviluppare una quarta strada di crescita offrendo i nostri servizi a terzi,<br />
facendo leva sulla nostra competenza in tema di vini e la nostra eccellenza tecnica. Il tutto<br />
verrà ovviamente orchestrato partendo dal legame fortissimo con la vigna e i territori<br />
che solo l’esperienza a stretto contatto con la terra dei nostri soci può garantire”.<br />
MATTEO BORRÈ<br />
CHAMPAGNE<br />
Les jeux sont faits<br />
Circa 6mila vigneron e quasi 3mila ettari di vigneto:<br />
come il nuovo colosso Terroirs & Vignerons de Champagne<br />
cambia gli scenari di mercato
31<br />
Serena<br />
Wines 1881:<br />
il 140esimo bilancio<br />
è spumeggiante<br />
Le Tenute del Leone<br />
Alato:<br />
Santa Margherita<br />
acquista la sua prima cantina<br />
fuori dall’Italia<br />
Inizio <strong>2022</strong> con un vero colpo da 90 per Santa Margherita<br />
Gruppo Vinicolo. La realtà guidata dalla famiglia Marzotto<br />
compie, infatti, il suo primo passo fuori dall’Italia attraverso<br />
un’operazione finalizzata dalla consociata e interamente<br />
controllata Santa Margherita Usa. Annunciata l’intesa<br />
che ha portato uno dei top player del vino italiano a fare<br />
propria la maggioranza della prestigiosa tenuta americana<br />
Roco Winery, in Oregon. La cantina fondata nel 2001 da<br />
Rollin Soles e Corby Stonebraker-Soles è situata nella prestigiosa<br />
regione vinicola di Willamette Valley.<br />
via al nuovo progetto<br />
di distribuzione<br />
Un anno ricco di soddisfazioni, il 140esimo<br />
della sua storia, per Serena Wines 1881. Nel<br />
2021, l’azienda vitivinicola di Conegliano<br />
(Treviso) ha superato le performance pre-Covid<br />
del 2019, quando il fatturato era stato di<br />
81,6 milioni di euro. Gli scorsi 12 mesi, infatti,<br />
hanno condotto a un giro d’affari di circa 84<br />
milioni di euro. In termini di volumi, la produzione<br />
della casa vinicola è stata pari a circa<br />
375mila ettolitri, in ripresa del 28% sul 2020,<br />
che si è tradotto in circa 26 milioni di bottiglie<br />
da 0,75 litri, 7 milioni da 0,20 lt e oltre 550 mila<br />
fusti in acciaio. Serena Wines 1881 si colloca<br />
oggi tra i primi dieci produttori del Prosecco<br />
Doc sugli oltre 330 del settore, realizzando il<br />
56% delle vendite sul mercato nazionale, per<br />
il 94% rappresentato dai canali della ricettività<br />
alberghiera, della ristorazione e del catering<br />
(Horeca). In questo inizio <strong>2022</strong>, a porre<br />
qualche interrogativo le tensioni sul fronte<br />
della materia prima. Dall’ottobre 2021 la domanda<br />
di prodotto sfuso risultava in crescita<br />
del 32% rispetto allo stesso mese del 2020, un<br />
andamento che ha portato un incremento del<br />
prezzo al litro del Prosecco Doc del 40%. “Si<br />
tratta di un fenomeno”, sottolinea il presidente<br />
di Serena Wines 1881, Luca Serena (in foto),<br />
“al quale vanno aggiunti i rincari del secco, ossia<br />
vetro, carta e tappi, oltre che dell’energia,<br />
tutte voci che si rifletteranno necessariamente<br />
sul prezzo finale del prodotto. Sarà probabilmente<br />
un anno ricco di sfide per il nuovo posizionamento<br />
del Prosecco dopo i rincari, ma<br />
siamo fiduciosi che il brand Prosecco continui<br />
a stupirci in senso positivo come nel passato”.<br />
Genagricola apre il <strong>2022</strong> presentando il nuovo progetto di<br />
distribuzione de Le Tenute del Leone Alato. Il portfolio<br />
si amplia con i vini delle Tenute Dettori di Sennori (Sassari)<br />
e di Cantina Fiorentino (Galatina, Lecce). Nuove<br />
partnership volte a completare l’offerta del Leone Alato.<br />
“Nel 2021 le aziende del nostro Gruppo hanno riscosso un<br />
crescente apprezzamento sul canale Horeca, portandoci a<br />
una crescita del 31%, tornando a valori confrontabili con<br />
quelli pre pandemia”, sottolinea l’amministratore delegato<br />
Igor Boccardo. “Vogliamo crescere ancora e lo faremo<br />
non solo attraverso le nostre aziende di proprietà ma anche<br />
stringendo partnership strategiche con i produttori in zone<br />
fortemente vocate alla produzione di vini di alta qualità”.<br />
Snow Polo World Cup:<br />
“convocato” il<br />
Prosecco Villa Sandi<br />
Un brindisi di prestigio. Su un palcoscenico unico ed<br />
estremamente esclusivo. Ad affiancare per la prima volta<br />
lo Champagne, sui campi della Snow Polo World Cup,<br />
andata in scena a St Moritz, dal 28 fino al 30 gennaio, le<br />
bollicine di Prosecco. E la scelta è ricaduta su un “official<br />
partner” all’altezza di una meta simbolo del lusso e<br />
di un rendez-vous da jet set: Villa Sandi. Per celebrare<br />
l’evento, la cantina della famiglia Moretti Polegato (nella<br />
foto Diva Moretti Polegato) ha realizzato un’esclusiva<br />
bottiglia “ad hoc”, prodotta in serie limitata e poi distribuita<br />
attraverso l’e-commerce del Gruppo oltre che nei<br />
migliori ristoranti, hotel ed enoteche elvetici.<br />
Poggio al Tesoro<br />
ha un nuovo enologo: è<br />
Christian Coco<br />
C’è un nuovo volto dietro ai vini di Poggio al Tesoro, la<br />
tenuta bolgherese fondata dai fratelli Walter e Marilisa Allegrini<br />
nel 2001. È Christian Coco a prendere il testimone<br />
di Lorenzo Fortini in qualità di enologo e direttore tecnico<br />
di produzione, con il secondo che dopo 11 anni riprende<br />
la via di Verona per proseguire la sua carriera in Allegrini.<br />
E ancora...<br />
Addio a Franz Haas, padre del Pinot Nero dell’Alto Adige.<br />
Montelvini ritorna a correre: nuovo record di fatturato.<br />
Tinazzi sbarca in Toscana nel Chianti Classico. La Riserva<br />
Poggio all’Oro Banfi spegne 30 candeline col Brunello<br />
2015. Tommasi: 2021 da en plein e nuovi investimenti<br />
per i 120 anni. Riunite & Civ resta cantina leader del vino<br />
italiano. Bolgheri: Agricola San Felice acquisisce Batzella.<br />
Barolo: nuova Riserva da una delle Mga più ambite<br />
per Mauro Veglio. Signorvino: nel <strong>2022</strong> primi store<br />
all’estero. Winelivery Pop: apre il bar del futuro a Milano<br />
dove (si può) bere gratis. Famiglia Castagnedi: 2021 da<br />
prima della classe. Lessini Durello primo Consorzio del<br />
vino Biodiversity Friend. Modus Primo: debutta un nuovo<br />
grande Super Tuscan Ruffino. Nuova avventura nelle<br />
Marche per Luca D’Attoma. Champagne, l’anno record:<br />
cifre 2021 meglio del 2019. Vino, quanto vale in Italia e<br />
nel mondo: il Wine Report 2021. Mezzacorona cantina<br />
più social d’Italia e fatturato alle stelle. Terre Cevico<br />
fa sua il 75% di Montresor. Aste<br />
vino: le etichette più costose<br />
del 2021. Asolo, Valdob biadene,<br />
Doc: Prosecco inarrestabile<br />
nel 2021. Vini Doc<br />
Sicilia con la fascetta di<br />
Stato. Bellavista saluta Mattia<br />
Vezzola dopo 40 vendemmie.<br />
TITOLI DI CODA