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Giornale dei Navigli n. 14 - 8 aprile 2022

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Venerdì 8 Aprile <strong>2022</strong> ATT UA L I TÀ 5<br />

FOCUS - SECONDA PARTE<br />

La guerra in Ucraina e il progetto imperiale di Putin<br />

di Andrea Pipino, giornalista di<br />

I n te rn a z i o n a l e<br />

(ces) segue da settimana scorsa.<br />

..<br />

Proviamo a ricostruire rapidamente<br />

gli eventi: le proteste<br />

cominciano spontaneamente<br />

quando il presidente<br />

Viktor Janukovic (lo stesso<br />

deposto nel 2004 dalla rivoluzione<br />

arancione per i gravissimi<br />

brogli alle elezioni<br />

presidenziali, poi rieletto nel<br />

2010) fa un’improvvisa marcia<br />

indietro e rifiuta di firmare<br />

l’accordo di associazione<br />

con l’Unione europea<br />

(che, è bene sottolinearlo,<br />

non significava affatto l’in -<br />

gresso di Kiev nell’Ue). Il motivo<br />

sta nelle fortissime pressioni<br />

del Cremlino, che promette<br />

a Kiev anche sconti sul<br />

gas e sostanziosi investimenti.<br />

I manifestanti chiedono le<br />

dimissioni del presidente e<br />

respingono il progetto politico<br />

e sociale incarnato dal<br />

suo regime, fatto di corruzione,<br />

autoritarismo sempre<br />

più scoperto e asservimento<br />

alla Russia.<br />

La risposta del governo è<br />

brutale –rapimenti, pestaggi,<br />

omicidi – ma invece di fiaccare<br />

le proteste, ne rafforza la<br />

determinazione. Dopo tre<br />

mesi di mobilitazione, violenze,<br />

repressione, Janukovic<br />

scappa in Russia e a Kiev<br />

s’insedia un governo d’emer -<br />

genza guidato dal premier ad<br />

interim Arsenyj Jatsenjuk,<br />

che convoca subito elezioni<br />

presidenziali per il mese di<br />

maggio. Negli stessi giorni il<br />

parlamento approva la proposta<br />

di abolire la legge del<br />

2012 che attribuiva al russo lo<br />

status ufficiale di “lingua reg<br />

i o na l e”, proposta però bocciata<br />

dal presidente facente<br />

funzioni, Oleksandr Turinov.<br />

A nessuno viene impedito di<br />

parlare il russo, come invece<br />

sostiene la propaganda di<br />

Mosca. Come tutto questo<br />

possa essere definito un golpe<br />

non è chiaro.<br />

La risposta della Russia<br />

non si fa attendere. Il momento<br />

è propizio per mettere<br />

in pratica un progetto che il<br />

Cremlino cova da tempo –<br />

riprendersi la Crimea – e per<br />

appoggiare, con invio di miliziani<br />

e armi, la nascita di<br />

due repubbliche separatiste<br />

n e l l’est russofono del paese,<br />

la regione del Donbass. Il<br />

pretesto per l’intervento è la<br />

protezione <strong>dei</strong> russi dal governo<br />

di Kiev e l’obiettivo è lo<br />

stesso degli altri conflitti congelati<br />

seminati da Mosca nelle<br />

ex repubbliche sovietiche<br />

(oltre ad Abkhazia e Ossezia<br />

del Sud, c’è anche la Transnistria,<br />

in Moldova): indebolire<br />

la sovranità del paese<br />

colpito, creando elementi di<br />

instabilità nel suo territorio e<br />

mettendo quasi un’ipote ca<br />

sulle sue future scelte geopolitiche.<br />

A chi sostiene che l’annes -<br />

sione della Crimea sia il risultato<br />

di un pronunciamento<br />

popolare, occorre ricordare<br />

che il referendum sulla<br />

sovranità della regione (già<br />

repubblica autonoma all’in -<br />

terno dell’Ucraina) è stato organizzato<br />

in due settimane<br />

sotto l’occupazione militare<br />

<strong>dei</strong> famigerati omini verdi,<br />

militari russi senza mostrine<br />

e simboli di appartenenza,<br />

mentre gli attivisti tatari e<br />

ucraini venivano fatti sparire<br />

e senza la possibilità di un<br />

seppur minimo dibattito<br />

pubblico. Che questo possa<br />

essere considerato un sistema<br />

accettabile per ridisegnare<br />

i confini di un paese sovrano<br />

è quantomeno singola<br />

re.<br />

L’Ucraina fa storia a sé<br />

Detto <strong>dei</strong> fatti di Euromaidan,<br />

vanno messe nella giusta<br />

prospettiva anche le accuse<br />

all’Ucraina di essersi radicalmente<br />

spostata a destra,<br />

perfino su posizioni neonaziste.<br />

Sono accuse chiaramente<br />

amplificate e diffuse<br />

dalla propaganda russa, ma<br />

non basate su elementi reali.<br />

È vero che nel paese esistono<br />

alcune sigle minoritarie di<br />

estrema destra. E l’ormai celebre<br />

battaglione Azov ha<br />

avuto un ruolo importante<br />

nei combattimenti nell’e st<br />

del paese nel 20<strong>14</strong>, ed è poi<br />

stato integrato nella guardia<br />

nazionale ucraina. Ma si tratta<br />

di circa mille soldati, che<br />

hanno una capacità di mobilitazione<br />

che non supera le<br />

diecimila persone. L’Uc ra i na<br />

ha 44 milioni di abitanti, e il<br />

suo esercito conta 125mila<br />

effettivi .<br />

A livello politico, invece, il<br />

picco del successo dell’estre -<br />

ma destra (che ovviamente<br />

non vuol dire neonazisti) è<br />

stato raggiunto nel 20<strong>14</strong>, con<br />

l’1,8 per cento di Pravyj Sektor<br />

e il 4,7 per cento <strong>dei</strong><br />

nazionalisti di Svoboda alle<br />

elezioni legislative. Nel 2019<br />

il fronte nazionalista (Svoboda,<br />

Pravyj Sektor e altre due<br />

sigle minoritarie) ha raccolto<br />

il 2,1 per cento <strong>dei</strong> voti. L’uni -<br />

co deputato portato in parlamento<br />

è stato eletto in un<br />

collegio uninominale. Senza<br />

dover ricordare le origini<br />

ebraiche di Volodymyr Zelenskyj,<br />

e il fatto che diversi<br />

suoi parenti siano morti nella<br />

shoah, è evidente che chi definisce<br />

nazista un paese in<br />

base a criteri simili lo fa in<br />

malafede o perché completamente<br />

vittima delle bugie<br />

del Cremlino (che peraltro i<br />

neonazisti e i suprematisti<br />

bianchi li ha ampiamente<br />

utilizzati nella guerra del<br />

Donbass, dove hanno combattuto<br />

sotto diverse sigle<br />

de ll’estremismo di destra<br />

russo – Gioventù eurasiatica,<br />

Unità nazionale russa, Altra<br />

Russia – e dove i primi leader<br />

delle repubbliche non riconosciute<br />

di Donetsk e Luhansk<br />

erano estremisti di destra e<br />

nazionalisti radicali russi).<br />

Poi, a voler essere onesti, è<br />

abbastanza prevedibile che<br />

ogni violazione dell’integr ità<br />

territoriale di un paese e della<br />

sua sovranità possano spostarne<br />

l’asse politico verso il<br />

nazionalismo. Ma anche qui<br />

il caso ucraino fa storia a sé:<br />

nonostante il Donbass separatista<br />

e la Crimea perduta,<br />

nel 2019 l’ex comico Zelenskyj<br />

ha sconfitto il presidente<br />

uscente Petro Porošenko<br />

proprio grazie alla scelta di<br />

non cavalcare l’etnonaziona -<br />

lismo e gli istinti bellicisti inevitabilmente<br />

presenti in parte<br />

della società. L’Uc rai na<br />

precedente all’invasione russa<br />

era meno nazionalista di<br />

quella del 2015. E se c’è una<br />

cosa che questa mistificazione<br />

su nazisti ed estremisti di<br />

destra dimostra è la capacità<br />

della propaganda russa di avvelenare<br />

il dibattito e far circolare<br />

informazioni false o<br />

scor rette.<br />

Il problema insomma, non<br />

è cosa ha fatto, cosa ha desiderato,<br />

cosa ha deciso<br />

l’Ucraina. Il problema è a<br />

Mosca. In quella miscela di<br />

autoritarismo sempre più<br />

sfacciato, ortodossia religiosa,<br />

revanscismo, nazionalismo<br />

e tradizionalismo che<br />

negli ultimi dieci anni sembra<br />

essersi impossessata delle<br />

élite del Cremlino. Il problema<br />

è l’ideologia che vuole<br />

negare agli ucraini il diritto di<br />

avere un paese indipendente<br />

e sovrano, che li cancella dalla<br />

storia e ne fa un’appendice<br />

della nazione russa.<br />

Più volte in questi giorni si<br />

è scritto e si è detto che dietro<br />

alla decisione d’inva de re<br />

l’Ucraina ci siano le informazioni<br />

errate che Putin<br />

avrebbe ricevuto sul paese, la<br />

sua forza militare e la sua<br />

determinazione a difendere<br />

la propria sovranità. Gli errori<br />

d e ll’intelligence contano<br />

senz ’altro. Ma al Cremlino<br />

c’è soprattuto una profonda<br />

incomprensione <strong>dei</strong> tratti salienti<br />

di una società che i<br />

leader russi immaginavano<br />

pronta a piegarsi e ad accogliere<br />

il “liberatore” mo -<br />

scovita e che invece sta dimostrando<br />

una straordinaria<br />

capacità di resistenza. Non<br />

per il culto della bandiera o<br />

per un astratto ideale di patria,<br />

ma per difendere la propria<br />

esistenza, per non rinunciare<br />

alla libertà di vivere<br />

in un paese che sia in grado<br />

di determinare in autonomia<br />

le proprie scelte e la propria<br />

posizione nel mondo. Come<br />

ha spiegato sul New York Times<br />

lo storico ucraino Jaroslav<br />

Hrytsak, i due paesi<br />

hanno cultura e lingua quasi<br />

comuni, ma tradizioni politiche<br />

diverse. Il risultato è che<br />

oggi “è impensabile che in<br />

Russia ci sia una rivoluzione<br />

democratica, come è inimmaginabile<br />

che l’Uc rai na<br />

possa accettare un governo<br />

autor itar io”.<br />

Tutto questo le élite russe<br />

non l’hanno capito semplicemente<br />

perché non potevano<br />

capirlo. È come se Putin<br />

e la sua cerchia più ristretta,<br />

ex uomini <strong>dei</strong> servizi che al<br />

leader devono la ricchezza e<br />

il potere, fossero rimasti vittime<br />

della loro stessa propaganda,<br />

del genietto malefico<br />

del nazionalismo che ai<br />

tempi di Euromaidan hanno<br />

deciso di far uscire dalla lampada<br />

e che ha finito per fagocitare<br />

ogni loro pensiero e<br />

azione. Alla radice di questa<br />

radicalizzazione può esserci<br />

stato un freddo calcolo politico<br />

che poi ha portato a<br />

conseguenze inattese – Pu t i n<br />

può aver cercato una contronarrazione<br />

dal basso da<br />

contrapporre alle parole<br />

d’ordine della democrazia e<br />

da usare come strumento di<br />

mobilitazione dopo l’ondata<br />

di proteste in Russia del<br />

2011-12 – oppure la sincera<br />

adesione alle teorie eurasiste<br />

e imperialiste di Lev Gumilëv<br />

e più recentemente di Aleksandr<br />

Dugin. Ma il risultato<br />

non cambia: la Russia è diventata<br />

– o è tornata a essere<br />

–una potenza aggressiva, tradizionalista,<br />

nazional-imper<br />

iale.<br />

Traiettorie perdute<br />

Vent ’anni fa non era detto<br />

che le cose dovessero prendere<br />

questa piega. All’inizio<br />

degli anni Duemila, la prima<br />

fase della presidenza dell’al -<br />

lora sconosciuto Vladimir<br />

Putin, il paese aveva di fronte<br />

a sé diverse possibili traiettorie.<br />

E aveva un grande bisogno<br />

di stabilità, modernizzazione<br />

economica e aperture<br />

compiutamente democratiche.<br />

In un tempo relativamente<br />

breve il primo<br />

obiettivo – che era senz’a l t ro<br />

il più urgente – è stato raggiunto<br />

e per un certo periodo<br />

è perfino sembrato possibile<br />

che il paese prendesse la strada<br />

delle riforme politiche ed<br />

economiche, anche se con<br />

grande prudenza e in base<br />

alle proprie inclinazioni naz<br />

i o na l i .<br />

Con il passare degli anni è<br />

successo invece il contrario:<br />

gli spazi di libertà hanno cominciato<br />

a restringersi, le voci<br />

discordanti nel governo e<br />

al Cremlino hanno cominciato<br />

a essere marginalizzate,<br />

la repressione del dissenso si<br />

è fatta sempre più brutale, la<br />

diffidenza verso il mondo<br />

esterno ha raggiunto livelli<br />

mai conosciuti da decenni, la<br />

retorica ufficiale ha rispolverati<br />

i miti della missione<br />

storica, della grandezza e<br />

d e l l’unicità della Russia. Il<br />

paese è così precipitato in<br />

una spirale autoritaria senza<br />

via d’uscita. Gli oppositori<br />

sono diventati dissidenti, e i<br />

dissidenti sono finiti in prigione.<br />

E si è capito definitivamente<br />

che, più delle armi<br />

della Nato, il vero spauracchio<br />

del Cremlino era la democrazia.<br />

In particolare<br />

quella che cercava faticosamente<br />

di affermarsi nelle<br />

vecchie terre dell’impero zarista<br />

e poi sovietico.<br />

internazionale .it<br />

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