Vitae 32 - Marzo 2022
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soffio bianco di Corsica
nuance dell’anice, dell’aneto, del finocchietto selvatico, recuperando quel tratto olfattivo d’erbe
aromatiche che non emerge nella prima fase evolutiva. Dopo tre o quattro anni offre anche
lievissime note di pietra focaia, petrolio, espressioni terpeniche e rimandi al silex. La struttura
non evidenzia un corpo robusto, oscilla dal medio-corpo al di corpo pieno, con fusione frescosapida
(leggera prevalenza in sapidità) e un proporzionato apporto alcolico che aiuta il volume
liquido del vino a modularsi anche nella morbidezza. I còrsi lo vorrebbero emblema enoico della
mediterraneità insulare.
Talvolta al vermentinu si associa il biancu gentile, che richiama il savagnin, anche se la coltivazione
è sporadica, perché si trova più a suo agio in un clima più fresco, pur risiedendo nell’isola fin
dall’Ottocento. Il biancu gentile ha un profilo odoroso segnatamente fruttato, di agrume e frutto
della passione, che sfuma nel litchi e nell’albicocca; la struttura gusto-olfattiva si edifica sulla nota
alcolica e sulla componente acida, con una rotondità equilibratamente gradevole e sfiziosamente
sapida. Per i vigneron còrsi è l’ideale coadiuvante qualitativo del vermentinu.
Molto interessante, seppur poco coltivato, è il riminese, niente a che vedere con Rimini in Romagna.
Si coltiva a Figari, Porto Vecchio, Nebbio e nella regione di Balagne. Il bagaglio olfattivo abbraccia la
sfera floreale e quella fruttata, moderatamente esaltante in complessità; una rimarchevole acidità
riesce a imprimere una scossa vibrante che ravviva il gusto. Un po’ di legno lo aiuta a costruire una
veste organolettica più complessa.
Il nome del genovese (ghjenuvese) rimanda direttamente alla bianchetta genovese. Alcuni ettari si
trovano a Balagne e Cape Corse, ma anche nei dintorni di Bastia e a macchia di leopardo lungo la
costa orientale. Non brilla per eleganza, ha un fruttato un po’ indistinto, mentre al gusto la parte
alcolica incide con una certa prepotenza e standardizza l’espressività.
Il pagadebbitu ha un alone di misteriosità ampelografica. Per i còrsi non è apparentabile al vitigno
coltivato in Romagna, piuttosto al biancone di Portoferraio. In passato era diffusissimo, oggi ne
restano alcuni ettari a Figari, Sartène, Porto Vecchio e sulla costa orientale. Al profumo spicca la
sua fragranza floreale (acacia, biancospino, caprifoglio) che sprigiona una discreta finezza, ma non
tale da comporre una qualità da memorizzare; anche al gusto, pur presentando una freschezza
energica, ha un finale di bocca alquanto neutro e spesso sfuma in una scia di mandorla amara.
La rossola bianca o brandica è un vitigno interessantissimo, purtroppo poco diffuso. È finemente
profumato nelle note fruttate degli agrumi (pompia e cedro) e dei fiori bianchi (narciso, acacia,
mughetto), capace di combinare una struttura acida piena di vivacità ai flavour della frutta fresca
(mela verde, pesca di vigna, susina), mai disarmonico nell’equilibrio gusto-olfattivo; lascia spazio alla
finezza del floreale in chiusura.
Nelle cuvée si impiega anche il brustiano (brustianu), che certo non eccelle in nobiltà;
possiede gradevolissime espressioni fruttate (mela e pesca) e floreali (soprattutto rosa
selvatica), che in gioventù sprigionano fragranza, ma al gusto tentenna un po’: spesso è
troppo poco fresco, tanto da dare un’impressione di pesantezza ed eccessiva morbidezza.
Il biancone non ha niente a che vedere con tutti gli altri biancone: è stato riconosciuto nel 1949 e
attualmente è presente nella regione di Balagne. Nel complesso ha un medio interesse qualitativo,
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