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Vitae 32 - Marzo 2022

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A giudicare dalle recenti analisi sull’export del vino italiano nel 2021, sembra che il settore se la

stia cavando piuttosto bene sui mercati internazionali, dimostrando uno stato di salute che non

ricordavamo da tempo. Un dato che deve trasmettere ottimismo sulle prospettive dell’intero

comparto agroalimentare del nostro Paese, in un periodo in cui nulla lasciava presagire una

performance così entusiasmante. Le motivazioni sono varie, tutte riconducibili alla qualità e alla

capacità attrattiva che l’Italia esprime in molteplici settori, dalla moda al design, passando appunto

per l’enogastronomia.

Non è però il momento di abbassare la guardia, perché l’incremento di alcune voci significative nei

bilanci, come i costi energetici e quelli delle materie prime, potrebbe mitigare gli effetti positivi sulle

aziende, ancora alle prese con un lento recupero delle posizioni pre-pandemia. Senza dimenticare

che le instabilità geopolitiche e i conflitti nelle loro drammatiche evoluzioni non generano mai

prosperità.

Un eccellente banco di prova è rappresentato dal Vinitaly, la prima grande opportunità per tutti

gli attori della filiera di riprendere il filo di un dialogo che si era bruscamente interrotto. Se da un

lato le trattative commerciali possono trovare un pratico surrogato attraverso il web, i rapporti

umani – di cui il cibo e il vino costituiscono un efficace volano – necessitano di momenti di

socializzazione e condivisione, poiché questo tipo di relazioni coinvolge molto spesso la sfera dei

sentimenti.

Per l’Associazione Italiana Sommelier si era già delineato un cauto ottimismo grazie alla ripartenza

di tutte le attività formative e di buona parte degli eventi in presenza, anche se condizionati

dal ridimensionamento dei numeri. Lo scenario che si apre ci responsabilizza maggiormente nel

formare professionisti in grado di intercettare le nuove aspettative della clientela e di ampliare

il bacino dei consumatori. Dal nostro osservatorio privilegiato appare evidente un repentino

cambiamento delle abitudini, orientate su una diversificazione delle scelte, che potrebbe alla lunga

accelerare la contrazione della domanda. È ben vero che nel mondo del vino siamo stati tra i

primi a operare un’opportuna e coraggiosa distinzione tra abuso e consumo moderato, ma il

saldo rimane abbondantemente positivo, perché abbiamo avvicinato generazioni di appassionati

che ne ignoravano il valore culturale. Su questo aspetto possiamo dire di avere anticipato i tempi,

inaugurando più di dieci anni fa la Giornata Nazionale della Cultura del Vino e dell’Olio, quest’anno

celebrata in tutte le regioni il 7 maggio.

Ci aspetta proprio una bella sfida.

Buona lettura e buona Vitae a tutti!

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