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La Torre primavera 2022

Bollettino dell'Associazione Culturale Giosuè Borsi di Livorno

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Bollettino dell'Associazione Culturale Giosuè Borsi di Livorno N. 58 - Primavera 2022

LETTERA DEL SEGRETARIATO GENERALE C4

DELLA COMMISSIONE EUROPEA A "LA TORRE"

Giovanni Giorgetti <giovanni.giorgetti34@gmail.com>

RE: Ode musicata (Ares(2022)3656033)

D'UDEKEM D'ACOZ Viviane <Viviane.D'Udekem-D'Acoz@ec.europa.eu> 17 giugno 2022 10:25

A: Giovanni Giorgetti <giovanni.giorgetti34@gmail.com>

Egregio Signor Giorgetti,

La ringrazio per la Sua e-mail indirizzata alla Presidente von der Leyen, con cui le trasmette

l'edizione invernale del bollettino "La Torre" e la informa che il Maestro Massimo

Signorini ha composto la versione musicale e vocale dell'Ode "L'Europa in volto di donna.

Ursula von der Leyen", scritta da Pier Fernando Giorgetti e pubblicata in lingua italiana

e tedesca nell'edizione dell'estate scorsa, come da Lei già comunicato nel giugno

2021.

Abbiamo apprezzato il gesto delicato da Lei compiuto nel dedicare, nel Suo bollettino,

un pensiero affettuoso al compianto "grande Europeo" David Sassoli, ricordando in

particolare l'importanza del primo discorso che egli pronunciò in qualità di Presidente

del Parlamento europeo.

Mi consenta di ringraziarLa per il Suo sostegno e di porgerLe i miei migliori auguri per il

futuro.

Con i migliori saluti.

Viviane d'Udekem

Capo Unità

Commissione Europea

Segretariato Generale C4

Corrispondenza della Presidente e dei Vice-Presidenti

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RINGRAZIAMENTO A URSULA VON DER LEYEN

Presidente della Commissione Europea

In qualità di compositore dell'Ode "L'Europa

in volto di donna, Ursula von der Leyen",

su testo del prof. Pier Fernando Giorgetti,

vorrei esprimere la mia gratitudine

per aver ricevuto il suo diretto interesse e

compiacimento per la dedica musicale a

Lei rivolta.

Onorato delle sue parole, non posso altro

che auspicare in futuro che tale composizione

possa essere eseguita, nella speranza

che sia accolta con compiacimento di

merito.

La mia composizione musicale rappresenta

uno sguardo alla pluralità delle Nazioni, in

cui l'elemento comunicativo internazionale

Ursula Von der Leyen della musica, può inneggiare all'unità dei

vari popoli europei e non solo, muniti di buona volontà, amanti della pace e

nella costruzione del dialogo.

Con stima e riconoscenza

Maestro Massimo Signorini

Massimo Signorini

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PROGRAMMA RIEVOCAZIONE STORICA IN COSTUME DELLA DIFESA

RISORGIMENTALE LIVORNESE - Venerdì 13 maggio 2022

Francesco Gazzetti - Regione Toscana

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CELEBRAZIONI DEL COMITATO LIVORNESE PER IL RISORGIMENTO

LA RESISTENZA DI LIVORNO AGLI AUSTRIACI DEL 10-11 MAGGIO 1849

Il Comitato livornese per il Risorgimento ha celebrato la resistenza di Livorno agli Austriaci

nel 1849 in due distinte giornate. La prima, quella di venerdì 13 maggio, è iniziata a Porta

San Marco, davanti alla cinta difensiva delle risorgimentali mura, di fronte alle lapidi dei

caduti, con una Rievocazione Storica in costume della difesa della città: erano pertanto

presenti figuranti sia dei soldati austriaci in divise d’epoca, sia dei personaggi livornesi in

costume destinati alla fucilazione: da Bartelloni, col suo fazzoletto rosso al collo, a don

Gio.Batta Maggini, nel suo abito di prelato d’epoca.

L’interpretazione e la lettura di questa Rievocazione storica sono state guidate e condotte

da Anna Maria Pace per il Comitato del Risorgimento. Per “La Torre”, nella libertà giornalistica

di alcuni ampliamenti e riferimenti, ne viene qui dato resoconto e – andando al di là

dei ristrettissimi vincoli dei tempi della cerimonia – ne viene interpretato lo spirito, con una

più articolata lettura teatrale.

PORTA SAN MARCO: DIALOGO DI UN VIANDANTE CON BARTELLONI

DAVANTI ALLE MURA DELLA BATTAGLIA

Lettore

E’ sabato 14 maggio 2022 e c’è molto movimento in Livorno per la ricorrenza del 1849, dopo

due anni di pandemia: la porta San Marco e la Piazza Bartelloni sono illuminate da uno

splendido sole del mattino, che fa da ariosa cornice a un grande via vai di studenti con bandiere

tricolori, di rappresentanze delle Forze Armate, di autorità civili, di pubblico attento e

curioso. Sono già presenti i trombettieri, il pennone per l’alza-bandiera, le strutture foniche

per la cerimonia messe in campo dalla Brigata Folgore; è già schierata la Fanfara

dell’Accademia Navale, che accompagnerà con le sue musiche tutta la manifestazione…

Cosa si attende?

Si attende l’inizio delle celebrazioni del 173° Anniversario delle giornate del 10 e 11 maggio

1849, nelle quali la Livorno del Risorgimento osò con i suoi volontari popolani opporsi

all’attacco del grande esercito regolare degli Austriaci, armato di tutto punto e dotato di un

parco di artiglieria. Il Comitato livornese per il Risorgimento ha organizzato ogni anno queste

celebrazioni, ma quest’anno ha proposto una rievocazione storica in costume, ridando

una voce diretta ai personaggi che nel 1849 combatterono e morirono. E’ questa voce che

bisogna attendere, che bisogna ascoltare.

E vedo un Viandante che riflette, che si guarda intorno e attende… Attende di riveder

comparire dalle mura di Porta San Marco forse addirittura il primo eroe di quelle giornate?

Attende di ascoltarlo e di potergli parlare?

Viandante

Vedo tante cose in questo scenario di Porta San Marco per il 173° anniversario della Resistenza

di Livorno agli Austriaci. Vedo autorità, labari, cittadini, studenti, bandiere, colori, ricordi,

onori militari, rievocazioni storiche: tutto è qui presente, stamani, davanti a Porta San

Marco ed alle Mura di Livorno. Ma io attendo una voce, cerco una presenza, desidero una

testimonianza, la più importante di questo luogo e di quelle giornate… Ecco, forse vedo una

figura, forse esce dalle “sue” mura, forse viene fra noi… Sì, è lui, è Enrico Bartelloni!

Bartelloni

Sì, sono io… Onore ai caduti! Questo è il mio grido stamani, di fronte a queste mura ed ai

nomi segnati sulla pietra di coloro che qui caddero. Grazie dell’onore che voi oggi rendete

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a noi tutti, che qui combattemmo una battaglia che mai avremmo potuto vincere: mille volontari

con cinque cannoni mal funzionanti contro un regolare corpo d’armata austriaco

con 16.000 fucili ed oltre 50 cannoni. E tuttavia li sfidammo, senza fuggire.

Viandante

E di questo oggi rendiamo onore a tutti voi: quell’onore che, al vostro tempo, vi è stato

spesso indegnamente negato, profanando la vostra memoria e infangando la vostra opera

di artefici della Livorno risorgimentale. So che tra essi c’era il campanajo del Duomo di Livorno,

Giovanni Scarpellini, che nel suo Diario Torbidi di Livorno, vi descriveva come incarnazione

di ogni male ed empietà, così dicendo: “Se vi dovessero narrare tutte le stoltezze,

le ipocrisie, le violenze, le scelleratezze, le Bestemmie, i Sacrilegi, che tutto dì si

commettono in questo tempo d’insopportabile dispotismo democratico, molti volumi si empirebbero

e poco sarebbe detto”. E so che di questi “Sacrilegi” Scarpellini indicava il primo

colpevole, scrivendo nel suo Diario: “Costui è il famigerato Avv. Giuseppe Mazzini, genovese,

fondatore e Capo della famosa Società Segreta o setta detta ‘La Giovine Italia’, [costui

è] il primo e principale promotore degli sconvolgimenti democratici che agitano la nostra

penisola”.

Bartelloni

Io so che voi non potete credere a simili parole di disprezzo e di dileggio. Comunque, io,

Bartelloni, ci tengo a ricordare cosa davvero diceva e pensava Mazzini di Livorno: “Livorno

è città repubblicana e onorerà fra le prime l’Italia futura. Il popolo livornese è popolo d’alti

spiriti, tenerissimo di libertà e pronto sempre a virilmente conquistarla e difenderla: facile

appunto per questo a guidarsi sulle vie del bene, purché additate da chi abbia fiducia in

esso e ispiri a esso fiducia”.

Viandante

Dimmi una cosa, Bartelloni: era Scarpellini che non vi capiva, insieme ai suoi pochi “codini”,

o lui rispecchiava un modo di sentire diffuso fra la gente?

Bartelloni

Scarpellini ce l’aveva con noi, ma non era certo il solo. C’erano anche altri, come Bettino

Ricasoli, l’inflessibile “barone di ferro”, a guardarci con disprezzo. Anche lui, a mezzogiorno

dell’11 maggio 1849, era a Livorno, di fronte a queste mura, a Porta Fiorentina: ma stava

dalla parte degli Austriaci. Stava insieme a D’Aspre, a Wimpffen, al Duca di Modena e

a tutto il Quartier generale austriaco, quando la loro artiglieria aveva appena sfondato

queste nostre mura. Ricasoli i nostri morti e feriti li vide: ma nel suo Diario scrisse contro di

noi queste parole indegne: “La loro resistenza, quantunque sia stata di un giorno e mezzo,

non porge nessun carattere di valore e di generosità. Essi hanno cercato di offendere il

nemico, ma dagli agguati, dalle torri, dalle finestre o dalle feritoie. Neppure negli estremi

momenti hanno combattuto a faccia scoperta. Si rincrudisce il pensiero che in questa città

alcuni nefandi, profittando dell’ignoranza di questo popolo, spinti da infame ambizione,

sparsero i semi di quelle discordie, di quelle fazioni, che, dopo aver rovinato la causa italiana,

ridussero così a mal punto la Toscana”. Ma come poteva definire “nefandi” e “spinti

da un’infame ambizione” eroi come Francesco Chiusa, Fortunato Boni, Teresa Verico, Artidoro

Zanobetti e tanti altri! Erano persone che, solo per amor di libertà, combattevano

dietro queste mura una battaglia che prometteva solo sconfitta e morte! Erano persone

che, come il sacerdote Don Gio Batta Maggini, senza paura si fecero poi fucilare, per aver

educato il popolo alla libertà! E Ricasoli ben conosceva quest'ardimento dei livornesi, perché

al mattino del giorno prima, il 10 maggio, mentre era con gli Austriaci a preparare

l’attacco alla città, contava il numero delle loro truppe che si radunavano e vedeva in esso

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la garanzia di una vittoria, che lui salutava compiaciuto.

Viandante

E’ molto amaro tutto questo, in un Ricasoli che poi non esitò a guidare, per ben due volte,

il governo di quel Regno d’Italia, che, se fosse stato per lui, non sarebbe mai nato. Se si

usano le sue pesanti parole, chi era “nefando” e “ignorante”, politicamente e moralmente?

Lui o il popolo livornese in lotta dietro le sue mura?

Bartelloni

Sì, questo popolo sapeva e vedeva che l’Italia stava nascendo, ma lui, il barone Ricasoli,

no! Questo popolo combatteva e moriva per la libertà, ma lui, il barone Ricasoli, no! Perché

la temeva follemente: e per questo collaborava con gli austriaci, oppressori dell’Italia.

Contro il loro assedio, si mosse anche il Vescovo Gavi, che tentò più volte, sotto il fuoco

austriaco, di uscire da una delle porte della città, per andare dal D’Aspre: l’ottimo prelato,

“nella coscienza vera della sua sublime missione, non implorava grazia, né implorava u-

milmente perdono, ma intendeva ammonire il vincitore [D’Aspre] che sopra i prepotenti

della terra c’è Dio”.

Viandante

Dunque il Vescovo Gavi porgeva una parola di umanità e di giustizia fra gli uomini in nome

della sua missione di pastore religioso! E voi eravate felici di ascoltarla…

Bartelloni

Felici? Felicissimi! E questo messaggio si univa a quello, pur di diversa natura, offertoci da

Anita Garibaldi, che, proprio poche settimane prima dell’XI maggio 1849, fu acclamata a

Livorno, nel quartiere della Venezia, mentre passava per andare a Roma dal marito Giuseppe,

che combatteva per la Repubblica Romana proclamata da Mazzini. Quale forza

nello sguardo del suo bellissimo viso! Quale trionfale eco la Venezia riservò alle sue parole

di fuoco! Ecco, se fate silenzio, se guardate da queste mura le vie d’acqua della Venezia,

potete veder alzarsi la sua immagine e udire la sua voce… Sì, eccola, ascoltate!

Anita

Sì, sono io. Sono donna e sono fiera di sposare la mia bellezza all’idea di libertà! Costi pure

anche la vita, io non lascio questo mio sogno, che m'ispirò nel Nuovo Mondo delle Americhe

lontane e or mi guida qui da voi, nel Quartiere di Venezia, fra voi donne come me.

Siate un simbolo anche voi, non accettate l’oppressore e la resistenza di Livorno sia un

chiamare alla libertà i popoli ovunque oppressi. Ripetete al mondo quello che nella primavera

del 1849, mentre passavo da Livorno, fu il messaggio che mi rivolse il quartiere della

Venezia, accogliendomi con una Ballata a me ispirata: la Ballata per Anita Garibaldi, che

invocava il richiamo del mio Giuseppe, il guerriero che poneva la spada al servizio della libertà

dei diseredati dei due mondi.

Tra l’esplosion di razzi / e di cannoni i colpi, / tra di caduti grida / e vittime innocenti, / la

popolar Venezia / di te fu degna, Anita.

Gli anneriti volti / di guerra e di battaglia / e gli stravolti occhi /offese la ferocia / passata

per le strade / dal D’Aspre conquistate. Il manto femminile / di tua bellezza ardita / soave

allor sfiorò / gli occhi dei caduti, / che orfani lasciavano / e spose senza amore.

E tu seguisti, Anita, / col cuore tuo di fiamma! / Fu il richiamo d’un guerrier / che alla spada

in una mano / univa poi nell’altra / un Vangel di libertà.

Bartelloni

Per questo Anita fu trionfalmente accolta nella nostra Venezia e la sua statua rimase per

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quasi mezzo secolo nella Piazza che porta il suo nome. Quale simbolo era Anita! Essa era

l’audacissima donna, che affrontava il duro combattimento all’arma bianca e a fuoco – fino

ad allora affrontato solo dagli uomini – per difendere la libertà. Agli occhi delle popolane,

Anita fu slancio di bellezza, che dalla Venezia parlava al cuore di donne pronte a sfidare

anch’esse tutti i colpi dei tiranni, ma mai ad arrendersi. E poi… non è per questo che io,

Enrico Bartelloni detto “il gatto”, sono morto? Da via della Cappellina, non potevo guardare

da vivo alle vendette e alle violenze dei vincitori sulla mia città… Ed io, il “gatto”, li sfidai

nell’unico modo che mi restava, dimostrando che non li temevo…

Viandante

Riposa in pace, con tutti i martiri della dignità e della libertà. Vi saluti il vento tempestoso di

libeccio, forte come voi. Vi saluti il soffio del maestrale, che rende azzurro il cielo dopo la

tempesta e di azzurro tinge la vostra memoria storica. Vi salutino le brezze di primavera,

che ingentiliscono il clima dopo il rigido inverno e che la vostra gentilezza incarnano. Io,

viandante, tornerò qui e qui sosterò. Quando? Ogni qual volta un bisogno d’anima e di vita

urgerà nel mio cuore… Il che accadrà spesso, molto spesso, in un mondo che ha dimenticato

la dignità e l’onore…

Lettore

Il vento ha raccolto i tuoi pensieri, o Bartelloni che ora scompari di nuovo alla nostra vista e

torni a vivere nel silenzio delle pietre delle tue mura. Ma da stamani il tuo silenzio parla! Parla,

perché non vuol lasciare inascoltata l’invocazione del Viandante, che, pensoso, torna ora

sulle vie del mondo. Il vento ha disperso nell’aria e nell’azzurro del cielo le tue parole di dignità

e di onore: ed ora le riporta ovunque, cantando una sua struggente elegia di amore e

di vita alla conquista di una libertà dal costo alto, molto alto… E’ l’elegia dei tuoi compagni di

vita e di battaglia, caro Enrico Bartelloni, detto “il gatto”: con te, e dopo di te, hanno avuto

l’ardire di tutto rischiare, nel segno della loro camicia che era un segno, un simbolo, una

consegna di sé all’eterno della libertà e della dignità… Che si alzi la sua voce!

Pier Fernando Giorgetti

Fabio Bertini già Presidente Comitato Risorgimentale

Relatore ufficiale

Foto di Maria Grazia Fontani

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Fortezza Nuova: di fronte al monumento a Giuseppe Mazzini

In attesa del lancio dei paracadutisti della "Brigata Folgore" in piazza della Repubblica

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Sala Consiglio Comunale di Livorno: omaggio alle Associazioni presenti alla Celebrazione

Foto di Maria Grazia Fontani

Piazza del Municipio - Ingresso Palazzo Granducale - Omaggio alle lapidi dei Caduti

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IL GRAN BALLO RISORGIMENTALE ALLA TERRAZZA MASCAGNI

Il Gran Ballo Risorgimentale ha caratterizzato la seconda giornata delle celebrazioni che il

Comitato per il Risorgimento ha dedicato al 173° anniversario della rivolta antiaustriaca del

1849.

L’organizzazione del Ballo, con la sfilata delle coppie da Villa Mimbelli alla Terrazza Mascagni,

è dovuta alla Società di Danza – Circolo Livornese, al cui appello hanno risposto

Circoli provenienti da molte parti d’Italia, con una grande partecipazione di giovanissimi.

Lo spirito, la sensibilità e il gusto della società ottocentesca, che si apriva alle istanze del

Risorgimento, non potevano meglio essere meglio espressi, definiti e simboleggiati.

Quando, partendo da Villa Mimbelli, il lungo corteo di ben 130 danzatori ha raggiunto lo

splendido scenario di luce e di sole della Terrazza Mascagni, esso è stato accolto

dall’applauso del folto pubblico, che da tempo attendeva sulla spianata prospiciente la Terrazza,

ove la Seconda Brigata Mobile dei Carabinieri metteva a disposizione il complesso

supporto tecnico fonico e musicale. Era una grande rappresentazione dell’Italia, quella

che, in punta di danza, sfilava sul lungomare livornese. Infatti, i danzatori partecipanti, come

ha ricordato al pubblico la Presidente della Società di Danza Livornese, Simonetta

Balsamo, provenivano da città e circoli di Bologna, Bergamo-Stezzano, Carrara, Chieti,

Erba, Firenze, Livorno, Lucca, Mantova, Milano e Monza, Modena, Novara, Pisa, Pistoia,

Prato, Trento, Verona, Viareggio.

Un tocco di splendente freschezza di vita, sul palcoscenico della Terrazza Mascagni, era

dato dalla partecipazione di giovanissimi danzatori: una ventina di studenti del Liceo

Scientifico Cecioni di Livorno – preparati dalla Società di Danza Livornese in collaborazione

con la scuola – e una trentina di studenti della Scuola Media Galileo Ferraris di Modena

– preparati dalla Società di Danza Modenese in collaborazione con la scuola –. Il progetto

d'integrazione tra scuola ed esperienza di danza sociale, insieme a musica e storia, è risultata

per i giovanissimi una prospettiva nuova per la loro cultura sui valori della società

moderna. Il Gran Ballo si basa infatti – come ha tenuto a sottolineare la Presidente Balsa-

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mo – su un accurato studio del repertorio di danze di società – quadriglie, valzer e mazurka

figurate, marce e polka – ricostruite con attenzione filologica allo stile e forme descritte

dai migliori maestri di ballo in Europa. Le danze sono eseguite su coinvolgenti melodie

tratte dal miglior repertorio musicale del tempo, spaziando dai ballabili delle opere dei celebri

compositori italiani – come Rossini, Paganini e naturalmente Verdi – a immancabili

compositori europei – come la famiglia Strauss –.

“La Torre” ha voluto lasciare una testimonianza fotografica, per conservare nel tempo il

senso di ammirazione del pubblico livornese di fronte alla fantasmagoria dei colori e delle

fogge dei costumi delle coppie: esse hanno offerto uno spettacolo di affascinante armonia

di immagini e di movimenti, nella risposta alle varie figure, che, di volta in volta, erano richiamate

e richieste alla musica dalla Presidente della Società di Danza Simonetta Balsamo.

Ma “La Torre” vuol offrire anche un omaggio di onore all’architettura e agli scenari di natura

e di mare che lo splendido palcoscenico della Terrazza Mascagni presenta: oltreché in

un dialogo con il turbinio brillante delle coppie del Gran Ballo, questo palcoscenico viene

offerto anche nel silenzio e nel fascino di una sua maestosa solitudine, vibrante di poesia

e di mistero.

Pier Fernando Giorgetti

La Terrazza Mascagni - Foto di Lorenzo Giorgetti

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Il Gran Ballo Risorgimentale - Foto di Giovanni Giorgetti

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Il Gran Ballo Risorgimentale - Foto di Giovanni Giorgetti

Altre foto dell'avvenimento sono nel sito face book Giovanni Giorgetti

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Il Gran Ballo Risorgimentale - Foto di Giovanni Giorgetti

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LUNEDÌ 16 MAGGIO 2022 - X FESTA DI SAN GIOVANNI NEPOMUCENO

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SAN GIOVANNI NEPOMUCENO E LA STORIA DI LIVORNO

Tra l’eredità medicea del quartiere della Venezia e il Risorgimento:

il filone storico del Nepomuceno

Il decennale della Festa di San Giovanni Nepomuceno

La Festa di San Giovanni Nepomuceno ha raggiunto, a Livorno, il traguardo del suo decennale

di vita e si è celebrata lunedì 16 maggio, con un ricco ed articolato complesso di rievocazioni

storiche, artistiche, religiose e musicali. Esse si sono svolte tra la Sala Consiliare della

Provincia di Livorno, la Chiesa della Madonna e il ponte con la statua del Santo, che, fra

Fortezza Vecchia e Fortezza Nuova, mette in comunicazione il vecchio tessuto urbano di Livorno

con il quartiere della Venezia.

Grande e multiforme è stata la valenza storica e culturale di questo quartiere, che fu voluto

dai Medici come esempio e punto di partenza per la costruzione di una città ideale, basata

sulle rinascimentali idealità urbanistiche di Leonardo da Vinci, da lui, in parte, messe in atto a

Milano con il sistema dei Navigli. La sua grande avveniristica idea di un’armonica razionalizzazione

della mobilità urbana, con un articolato sistema d'integrazione fra vie d’acqua e vie di

terra per tutte le forme di spostamento di merci e persone nella città, trovava piena attuazione

nel progetto di una nuova città nascente in simbiosi con l’acqua, con il quale, nel 1576, il

grande architetto Buontalenti aveva risposto alle pressanti richieste del Granduca. E questa

volta, rispetto all’opera di Leonardo a Milano, il nuovo progetto poteva avere il grande vantaggio

di poter pensare al suo ideale rinascimentale di città partendo da un nulla urbanistico

preesistente, che non presentava nessuno dei condizionamenti posti da un assetto urbano

consolidato da secoli di storia. Poiché Livorno ancora non esisteva ufficialmente come città,

tanto più grande era il significato che assumeva questo così ambizioso ed avveniristico disegno

di una realtà urbana pensata per una così stretta integrazione tra vie di terra e vie

d’acqua. Le due grandi strutture della Fortezza Vecchia e della Fortezza Nuova, nel loro a-

prirsi al mare, quasi simbolicamente affiancavano ed abbracciavano la nascitura città, progettata

per vivere – come la grande Repubblica di Venezia – un suo “sposalizio con il mare”.

Ed il quartiere della Venezia divenne così il grande dono dei Medici a Livorno, con suo collegamento

tramite un ponte alla vecchia città. Esso è, oggi, il ponte di San Giovanni Nepomuceno.

Pur nei più drastici cambiamenti, quanta continuità della storia di Livorno è legata a questo

ponte! Esso ha conservato e rafforzato nei secoli, pur nel cambio delle dinastie regnanti sulla

Toscana e su Livorno, il legame della città con il mare e con l’acqua. Quando, estintasi la dinastia

dei Medici nel 1738, i Lorena divennero i nuovi Granduchi della Toscana, il comandante

della guarnigione delle truppe lorenesi, alle quali era affidato il controllo militare di Livorno,

ottenne nel 1739 dal nuovo Consiglio di Reggenza di Firenze l’autorizzazione a collocare

sull’allora ponte della Madonna la statua di San Giovanni Nepomuceno, il santo boemo tanto

caro a lui e a tutte le popolazioni dell’Europa centrale attraversata dal Danubio e dai suoi affluenti.

La collocazione della statua era anche l’effetto della visita di omaggio che nel marzo

1739, per ben dieci giorni, le nuove Altezze Reali Francesco III di Lorena e Maria Teresa

d’Austria avevano reso a Livorno, tra le più festose accoglienze non solo dei livornesi, ma dei

cittadini di tutte le altre “nazioni” presenti in città: del resto, proprio dietro al Palazzo dei

Granduchi si trovava la Chiesa della Madonna, che, con i suoi sei altari ad esse singolarmente

dedicati, era chiamata la Chiesa delle Nazioni.

La Livorno medicea dell’apertura al mare e alle genti di tutte le “nazioni”, con le libertà concesse

dalle Leggi Livornine a tutti i perseguitati d’Europa, in tempi di ferocissime persecuzioni

religiose, ben poco conosceva del boemo San Giovanni Nepomuceno protettore dai pericoli

delle acque: ma i molteplici rischi della continua vita sula mare e poco dopo, il 27 gennaio

1742, il terribile maremoto che terrorizzò la città – inducendola a chiedere protezione con il

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trasporto in Piazza Grande della Madonna di Montenero – fecero sì che i livornesi considerassero

con favore la sua fama di santo e miracoloso intercessore, fama che dilagava nella

lontana Europa danubiana. La Livorno dei Lorena rinnovava così – sia pure in riferimenti storici

e culturali del tutto diversi – il legame della città con il mare, ribadito nell’età dei Medici

dalla nascita del quartiere della Venezia, come primo nucleo di una realtà urbana destinata a

realizzare la rinascimentale e leonardiana intuizione di città ideale. Un santo non italiano, ma

boemo e non rinascimentale, ma tardo-medievale portava con sé la fama della fedeltà – pagata

con la vita, per non essersi piegato alla prepotenza dell’Imperatore e re Venceslao – ad

alcuni valori religiosi e politici di grande “modernità”.

In primo luogo, un'eroica difesa dell’indipendenza della dignità dei sacramenti e della religione

– quella vera e autentica – dall’uso strumentale che di essa imperatori e re facevano, per i

loro fini di controllo politico sullo Stato e di ricerca di interessi economici e dinastici. Un martire

che muore per fedeltà al segreto che il sacramento della confessione richiede al sacerdote

– anche di fronte ad imperatori e re, che dal tradimento di tale segreto vorrebbero ottenere

un facilitato dominio sui sudditi e sui familiari – era, in pieno medioevo, una rivendicazione

ben preziosa di autonomia e di indipendenza fra Chiesa e Stato. Ma, nel caso del Nepomuceno,

era anche una straordinaria difesa dei diritti della donna, da rispettare nella sua autonomia

e libertà di coscienza. Era, infatti, una violenza sulla libertà di coscienza della moglie

ciò che il re e imperatore Venceslao si proponeva, pretendendo che il Nepomuceno, il di lei

confessore, rivelasse a lui i presunti – ed inesistenti – tradimenti della moglie: appellandosi

ad essi, avrebbe avuto motivi “inoppugnabili” di persecuzione su di lei.

Era il rigetto del “diritto” dell’uomo – che questa volta era l’imperatore stesso – a violare la libertà

della donna, ciò che condusse San Giovanni Nepomuceno a non cedere neppure di

fronte alla tortura ed alla minaccia di morte per annegamento nelle acque della Moldava. Minaccia

che Venceslao tradusse ferocemente in atto il 30 aprile 1383, facendolo gettare nelle

acque della Moldava dal ponte che in Praga attraversa il fiume. Il quale, nella leggenda popolare

subito scattata, nella notte s'illuminò di fiammelle, che si muovevano sopra le sue onde.

Quando, dieci anni fa, ricevetti dal Maestro Signorini la spartitura musicale da lui composto

per celebrare di nuovo a Livorno – dopo profonde dimenticanze, che ne avevano quasi oscurato

la precisa memoria storica – la Festa di San Giovanni Nepomuceno, cercai di stendere il

libretto del testo poetico, che l’autore della musica aveva destinato a voce di soprano, tenendo

ben conto di questi riferimenti e del loro significato nel lontano passato di Livorno e

dell’Europa centro-orientale. Praga, la Moldava e, più in generale, tutta la sconfinata orografia

disegnata dal Danubio e dai suoi fiumi, mi sembrarono avere da noi una loro eco nel mediceo

sistema dei Fossi, che, aprendosi al mare e passando sotto il ponte Nepomuceno, univa

in un abbraccio di storia e di acque Livorno, il quartiere della Venezia e le due grandi Fortezze.

Nell’ottica di unità delle genti, riunite dalle acque dello sterminato bacino danubiano, le

due Fortezze si facevano eco di Praga e della voce del Santo, che, con il volto rivolto verso

una di loro, la Fortezza Vecchia, proteggeva l’altra, la Fortezza Nuova, che stava alle sue

spalle, con la sua candida statua che si alzava dalla spalletta del ponte. E nel riferimento al

dito del Santo, portato al sacro labbro in segno di “fedeltà” al segreto della confessione, si

esprimeva il richiamo alla parola “Fides”, che, sul piano civile, onorava lo stemma ufficiale

della città di Livorno. Era una trasposizione ed una significativa osmosi dei valori della “fedeltà”

tra la statua del Santo e la città di Livorno: un’osmosi, quindi, tra dimensioni religiose e

dimensioni civili. Ma senza nessun equivoco di integralismo politico-religioso. L’“imperial regio

comando”, per il Nepomuceno, mai doveva prevalere, costasse anche la vita, sulla “fedeltà”

alla distinzione di funzioni e di ruoli tra Stato e Chiesa e tra Chiesa e Stato.

Di questo testo poetico, nella cerimonia del 16 maggio nella Chiesa della Madonna, oltre

all’impeccabile esecuzione ed interpretazione musicale, con la fisarmonica del Maestro Signorini

e la voce del soprano Barbara Luccini, è stata data lettura anche verbale, che qui sotto

si riporta.

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LETTURA POETICA

“Il ponte della Venezia: San Giovanni Nepomuceno”

Fortezza Vecchia, Fortezza Nuova,

eco di Praga e di quella voce

che da candida marmorea effigie

del ponte onora mite la sponda

E di Venezia al quartier conduce

il putto di Nepomuck Giovanni

e il dito al sacro labbro chiama

ad onorare gran fedeltà

Tu, dal tuo pensoso ponte,

tu, che mostri al sacro labbro il dito,

chiedi a città labronica

eterno di fedeltà gran segno

E di Venezia al quartier conduce

il putto di Nepomuck Giovanni

e il dito al sacro labbro chiama

ad onorare gran fedeltà

Il tradire che a te chiedeva

l’imperial regio comando

tu sfidasti col tuo ardore

e la tua vita desti in pegno

E di Venezia al quartier conduce

il putto di Nepomuck Giovanni

e il dito al sacro labbro chiama

ad onorare gran fedeltà.

Pier Fernando Giorgetti

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SAN GIOVANNI NEPOMUCENO ED IL “SACRO COLLE” DI MONTENERO

La Festa del 16 maggio ha rappresentato quest’anno – dopo la lunga pandemia – anche

un ritorno all’attenzione alle celebrazioni delle memorie storiche dei territori, con le rievocazioni

di costumi e di scenari d’epoca, peraltro richiamate anche dalla recente legislazione

della Regione Toscana.

Significativamente, La Regione era rappresentata nella cerimonia da Francesco Gazzetti,

come Presidente della Commissione per le politiche europee e per le relazioni internazionali:

e questi ha tenuto a ricordare il suo impegno legislativo in favore di questo recupero

delle figurazioni e delle evocazioni del passato storico.

Non a caso, nello splendore dei loro costumi d’epoca, di fronte all’altare della Chiesa della

Madonna, davanti ai sacerdoti officianti – Don Placido Salvatore Bevinetto e Don Donato

Mollica – esprimevano la loro “devota” partecipazione e facevano solenne mostra di attenzione

e di rispetto le figure del Granduca Francesco III di Lorena e della Granduchessa

Maria Teresa d’Austria, figure magistralmente interpretate da Fabrizio Ottone e da Anna

Nosiglia.

Il percorso pubblico dei Granduchi dalla Chiesa al ponte Nepomuceno, accompagnato dalla

Banda Città di Livorno, diretta da Massimo Ferrini, ha ancor più sottolineato l’altissima

qualità dell’interpretazione e dell’effetto sulla gente.

La statua di San Giovanni Nepomuceno, dialogante dal suo ponte con la croce, con il

bambino Gesù portato in collo e con le acque dalle quali sorgevano il quartiere della Venezia

e la Fortezza Vecchia, che, insieme a quella Nuova, salutava il mare aperto della Livorno

dei Lorena, ha certamente dato alla popolazione settecentesca un senso profetico di

celeste protezione dai pericoli delle acque: un maremoto altamente distruttivo, come quello

del 1742, era passato alla fine senza fare vittime, dopo appena tre anni dalla collocazione

sul ponte della Venezia della statua del Santo. La sua fama di protettore dalle minacce

delle acque, fama che dilagava nell’Europa danubiana, non poteva trovare un più efficace

segno di conferma nella popolazione livornese del tempo.

Lo spirito religioso popolare, a Livorno nutrito di filiale affetto per la figura protettiva della

Madonna di Montenero, per effetto del terrore causato dal maremoto, volle che

quell’immagine di Maria fosse portata giù dal suo “ardito e sacro Colle” di Montenero fino

alla Piazza Grande, in quel drammatico gennaio del 1742: in tal modo la protezione dalle

acque che avevano sommerso la città ad opera della Madonna, discesa dal suo “Sacro

Colle”, veniva invocata a poca distanza dalla vicina statua del Santo, che, disceso dalla

sua terra boema per proteggere dai pericoli del mare, vigilava su Livorno dalla spalletta del

suo ponte a lui dedicato.

La figura di Maria – come divina incarnazione di Donna, nel quadro di una femminilità piena

di bellezza, di grazia, di forza e di ardita dolcezza non sfiorata dai limiti del peccato di

Adamo – nella celebrazione del 16 maggio è stata significativamente invocata proprio nella

chiesa che in Livorno è a lei intitolata: la Chiesa della Madonna.

E’ stata un’invocazione ripetuta due volte, all’inizio ed alla fine della celebrazione religiosa,

nella limpida e splendida voce della soprano Barbara Luccini e nell’ispirata musicalità –

forte e commossa – della partitura che, per fisarmonica da concerto, è stata appositamente

scritta dal Maestro Signorini. Per me, come autore del libretto poetico di questa “Ave

Maria della Misericordia”, è stata una nostalgia di struggenti sentimenti e di taglienti emozioni

ascoltare quelle note e quel canto in quella Chiesa, per un motivo personale e familiare:

nella casa alla Chiesa immediatamente adiacente sono nato e in quella Chiesa, in

braccio a mia madre Gina ed a mio padre Amerigo, sono stato condotto a ricevere il battesimo,

poco prima che le bombe della seconda guerra mondiale polverizzassero la nostra

casa. In omaggio al decennale della Festa di San Giovanni Nepomuceno – ed in riconoscenza

la più profonda ai miei genitori – riproduco qui il testo del libretto poetico.

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LETTURA POETICA

Montenero. Ardito Colle e di mistero voce

Ave Maria della misericordia

Sempre d’incanto fosti, o sacro Colle,

nell’ardua tua salita che chiamava

la dolce fanciullezza e il puro viso

l’ignota tua bellezza ad incarnare.

Ardito Colle e di mistero voce,

di luce infuso lo scenario tuo

al salire offrivi con fraterno dono,

di gioia pegno e di gran pace segno.

Di fremito poetico vibravan

tuoi pastoral scenari e tuoi vigneti,

ove nobili villan se dispiegavano

in pie fatiche tra uliveti antichi

e umili dimor dal sol baciate,

che struggente spendevano armonia

e della vita il gusto ed il saluto.

E vibrerò di luce e d’esultanza,

a te tornando con le mani giunte

ad un salire che com’ieri invoca

bianca e celeste Donna a benedire

la vita che si schiude e che si spenge:

con l’occhio sempre al cielo fisso e teso,

solleverò la terra e le sue forme

a viver di bellezza e d’innocenza,

con grido di ribelle respinge

di miseria e degrado ogni frastuono.

Pier Fernando Giorgetti

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ORE 10.30, 16 MAGGIO 2022, SALA CONCILIARE C. A. CIAMPI

DELLA PROVINCIA DI LIVORNO

Presentazione del volume, La Statua di San Giovanni Nepomuceno

Retrospettive religiose, artistiche e musicali. Massimo Signorini, Sillabe, Livorno

Il volume

La Sala Conciliare della Provincia di Livorno - Foto di Giovanni Giorgetti

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ORE 18, 16 MAGGIO 2022, CHIESA DELLA MADONNA

SS. Messa in onore di Giovanni Nepomuceno

Intervento musicale: Massimo Signorini, fisarmonica, Barbara Luccini, soprano

Lettura del testo poetico del prof. Fernando Giorgetti dedicato a San Giovanni Nepomuceno

Il labaro della città di Livorno e il quadro del Santo

Massimo Signorini e Barbara Luccini - Foto di Giovanni Giorgetti

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Barbara Luccini

Pier Fernando Giorgetti

Don Donato Mollica

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Don Placido Salvatore Bevinetto


Il Granduca Francesco III di Lorena e la Granduchessa Maria Tersa d'Austria

(Fabrizio Ottone e Anna Nosigli) - Foto di Giovanni Giorgetti

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ORE 18.40, 16 MAGGIO 2022 - Breve processione religiosa dalla Chiesa

della Madonna alla Statua di San Giovanni Nepomuceno, con intervento

della banda cittadina diretta dal maestro Massimo Ferrini

La Processione all'uscita della Chiesa della Madonna

Francesco Gazzetti e Simone Lenzi

Presidente Commissione politiche europee e relazioni internazionali - Assessore alla Cultura

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La Statua del Santo con la corona commemorativa

La Banda cittadina - Foto di Giovanni Giorgetti

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25 MAGGIO 2022: INCONTRO DI DIANA PATTERSON CON SIMONE LENZI

ASSESSORE ALLA CULTURA DELLA CITTÀ DI LIVORNO

Il giorno 25 maggio 2022 è avvenuto l'incontro tra Diana Smith Brindle, pronipote di Giosuè

Borsi, e Simone Lenzi, assessore alla Cultura della città di Livorno. Sfortunatamente

non ha potuto essere presente la sorella Olivia.

Olivia e Diana Smith Brindle sono le pronipoti di Giosuè Borsi. Sono di nazionalità del Regno

Unito avendo la loro madre Giulia, nipote di Giosuè Borsi, sposato il cittadino britannico

Reginald Smith Brindle e sono residenti in Inghilterra. Comunque tornano spesso in Italia,

dove Olivia possiede una casa vicino a Monteverdi Marittimo.

Scopo dell'incontro era di poter dare una maggiore visibilità ai cimeli di Giosuè Borsi in

possesso al Comune di Livorno.

Diana Smith Brindle Lucia Zagni Nicoletta Borgioli

sposata Patterson Presidente dell'Ass. G. Borsi Consigliera dell'Ass. G. Borsi

Olivia Smith Brindle Simone Lenzi

pronipote di Giosuè Borsi Assessore alla Cultura

La sede del Comune di Livorno

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Uno dei cimeli di Giosuè Borsi: il Dantino insanguinato che aveva nella giubba quando morì

Le cittadine di Redhill e Leicester dove abitano le sorelle Smith Brindle

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Diana Patterson ha chiesto all'assessore alla Cultura Simone Lenzi la possibilità di avere

una stanza dove radunare tutti i cimeli di Giosuè Borsi e renderli visibili al pubblico in modo

da poter ricordare il sacrificio del suo antenato.

Già nel 2015 aveva fatto una sua rievocazione nel centenario della guerra 1915 - 1918.

Presenti: per il Comune l'Assessore Simone Lenzi, il dott. Giovanni Cerini e la dott.ssa

Cristina Luschi, accompagnano la sig.ra Diana Smith Beindle, Nicoletta Borgioli e Lucia

Zagni.

Il Comune ribadisce che non ha gli spazi per allestire una mostra permanente.

Sta valutando l'idea di utilizzare spazi presso i Bottini dell'olio per allestire a rotazione nuove

mostre su temi vari e tra questi potrebbe anche mettere in mostra i cimeli del Borsi, ma

sempre in modo temporaneo.

La sig.ra Diana premette che il desiderio e l'intenzione di sua madre e sua zia, che donarono

i cimeli, sia stato sempre quello di dare ai cimeli una collocazione definitiva ed una

visibilità costante ed adeguata a perenne ricordo dello zio.

Chiede se il Comune di Livorno darebbe il suo consenso a dare in comodato i cimeli ad

un'altro Comune che avesse gli spazi e la volontà di accoglierli.

L'assessore non vede nessun ostacolo a questa soluzione.

La sig.ra Diana pertanto chiederà un incontro con il Comune di Castagneto Carducci per

sentire di questa possibilità.

"Quando eravamo bambine a Firenze, la famiglia parlava spesso dello zio Giosuè, per cui

per noi era una presenza costante nella nostra vita.

Nei primi tempi, i nonni tenevano la sua divisa in camera e c’erano sue foto in mostra in

varie stanze.

Noi sapevamo solo che era morto nella guerra molto giovane e che non erano riusciti a

trovare i suoi resti.

Bambina, io mi chiedevo come mai avevano trovato la sua uniforme.

È stato solo con l’anniversario del centenario della prima guerra in Inghilterra durante il

2015, che io ho fatto delle ricerche più approfondite sulla vita dello zio.

Ho fatto quindi un piccolo riassunto che è stato messo in una mostra nella nostra cittadina,

assieme a storie di soldati inglesi.

In questa mostra, gli abitanti del paesino, che si chiama Hoby, parlarono dei loro antenati

anche loro soldati deceduti nella prima guerra mondiale più che altro in Francia.

Io vi ho preso parte volendo mostrare che non erano solo i britannici, francesi e tedeschi a

morire in quella terribile guerra, ma tanti altri giovani che avevano sacrificato la loro vita

per la patria nelle terribili condizioni delle trincee.

Sono tutti simboli di una vita sprecata, buttata via in quella follia che è una guerra, sempre

istigata da dittatori, fanatici che pensano solo alle loro ambizioni.

Come sta succedendo anche in questo momento.

E sono questi giovani eroi che devono dare il messaggio al mondo che la pace, l’amore

per il prossimo, la carità sono le cose più importanti che dobbiamo insegnare ai nostri figli".

Diana Patterson

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NON MI DIMENTICARE

GIOSUÈ BORSI

PROZIO DI DIANA PATTERSON

La commemorazione di Giosuè in Inghilterra fatta dalla pronipote Diana Patterson

Giovanni Giorgetti

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3 GIUGNO 2022, VISITA A PARIGI DEL MUSEO DELL'ARIA

4 - 5 GIUGNO FETE ARIENNE - AERODROME DE CERNY - LA FERTE - ALAIS

Partecipanti: Riccardo Collini, Mario Federighi, Federigo Federighi sr.,

Federigo Federighi jr., Giovanni Giorgetti, Giorgio Giorgi

dell'Archivio Storico Federighi e del GAVS Toscana

Il Museo dell'aria e dello spazio nasce nel vecchio aeroporto di Parigi Le Bourget.

Le Musée de l'Air et de l'Espace, è un importante museo aeronautico francese, uno tra i

più grandi al mondo.

Il museo, inaugurato nel 1919, occupa una parte dell'aeroporto di Parigi-Le Bourget e custodisce

una straordinaria raccolta composta da quasi 20 mila pezzi, tra cui circa 150 aerei

che hanno fatto la storia del trasporto aereo e diverse mongolfiere dei secoli scorsi.

E' possibile ammirare, oltre ai primi aerei e motori dei pionieri degli anni 1910, un Boeing

747 visitabile, anche due modelli di Concorde: “prototype 001” e “Sierra Delta”.

La collezione comprende anche un medaglione in bronzo dorato dei fratelli Montgolfier

realizzato nel 1783 da Jean-Antoine Houdon, e tanti altri oggetti legati alla storia del volo,

civile e militare.

Una parte del gruppo all'ingresso del Museo

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Aereo Morane Saulmier Type G - Francia 1812

Avion Niuport -Type XI Bébé - Francia 1915

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Motore rotativo GNOME Omega

7 cilindri rotativo da 50 CV

Francia 1908 - 1911

L'Archivio Storico Federighi possiede un motore simile da 80 CV

della stessa epoca

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Il lanciatore Arianespace

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FETE AERIENNE 4 - 5 GIUGNO 2022 - AERODROME DE CERNY - FRANCE

IL TEMPO DELLE ELICHE - 49 a EDIZIONE

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UN WEEKEND ECCEZIONALE AL PIÙ GRANDE RADUNO AEREO STORICO

4 - 5 GIUGNO 2022

Da 48 edizioni, l'Associazione Jean-Baptiste Salis (AJBS), in collaborazione con l'Aéro-

Club de France, propone un ritorno alle origini con il tema dell'Air Festival.

L'associazione è stata fondata da Jean-Baptiste Salis che depositò nel 1933 gli statuti

dell'associazione “Caschi in pelle”, che intende “diffondere il gusto e il significato dell'aviazione

tra le folle, e più precisamente tra i giovani”.

L'aeroporto di La Ferté-Alais è stato ufficialmente creato il 14 giugno 1946, in un luogo

chiamato “plateau de l'Ardenet”, nel cantone di La Ferté-Alais (Seine-et-Oise).

Tutto ebbe inizio nel 1970 all'aerodromo Cerny – La Ferté-Alais, con il primo evento organizzato

da pochi appassionati sotto il nome di Festival Aero - Folcloristico.

50 anni dopo, il "Temps des Hélices", tradizionalmente organizzato a Pentecoste, è diventato

un appuntamento imperdibile della stagione degli incontri in Europa, attraverso il suo

palcoscenico e le sue attività a terra. Il pubblico può avvicinarsi agli aerei tramite l'esposizione

statica che consente il contatto con i piloti e i meccanici. In programma varie attività

(sfilata di vecchi mezzi di trasporto, ricostruzione storica di truppe e battaglie, musica, divise

d'epoca, ecc.).

Il pomeriggio è dedicato alle presentazioni in volo con uno spettacolo della durata di oltre 5

ore tra cui un centinaio di aerei che volano nel cielo dell'Essonne. La mostra si snoda attraverso

pannelli tematici sulla storia dell'aeronautica, dai tempi dei pionieri agli aerei di ultima

generazione, civili e militari.

Una parte dell'esposizione

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Programma di sabato e domenica 4 e 5 giugno 2022 all'aerodromo La Ferté Alais

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Programma di sabato e domenica 4 e 5 giugno 2022 all'aerodromo La Ferté Alais

F. Federighi sr. M. Federighi R. Collini G. Giorgetti G. Giorgi F. Federighi jr.

I partecipanti - Foto della manifestazione sono su face book Giovanni Giorgetti

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Orchestra jazz degli anni '45

Una cantante delle Satin Doll Sister

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Manifesto del gruppo Satin Doll Sisters

La ricostruzione dell'aereo Blériot XI con il quale Luis Blériot attraversò la Manica.

Era il 25 giugno 1909. L'aereo aveva un motore Anzani da 25 CV

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Acrobazie da brivido dei coniugi Danielle e Emiliano Del Buono con un biplano Stearman

E' incredibile pensare che copie di aerei costruiti nel 1913 siano ancora fatti volare da dei

temerari. L'aereo è un Morane - Saultier H.

Con questo aereo, nel 1913, fu effettuato il primo volo senza scalo attraverso il Mediterraneo,

da Fréjus nel sud della Francia a Biserta in Tunisia.

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Donnet - Lévêque Type C, F - AZXB - Replica 1912

Tora Tora - Simulazione dell'attacco giapponese a Pearl Harbor - 7 dicembre 1941

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Quei temerari sulle "macchine volanti" - Foto di Giovanni Giorgetti

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LA TORRE, IL BOLLETTINO DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE “GIOSUÈ BORSI”

ESCE UNICAMENTE IN FORMATO DIGITALE PER RAGIONE DI COSTI E PER POTER

RAGGIUNGERE PIÙ PERSONE

Comitato di redazione: Lucia Zagni direttore responsabile, Carlo Adorni, Giovanni

Giorgetti, Pier Fernando Giorgetti, Paolo Pasquali.

Gli articoli firmati o con pseudonimo riflettono unicamente le opinioni dell’autore.

Sono ben accette collaborazioni.

Per informazioni e collaborazioni: Giovanni Giorgetti cell. 349 4428403,

email: giovanni.giorgetti34@gmail.com

Dal 2017 la rivista La Torre si trova anche nel sito Valorizziamo Livorno:

http://valorizziamolivorno.it/la-torre/

ove è possibile leggere i numeri arretrati.

PER MANCANZA DI SPAZIO LA TESI DI LAUREA DI CARLO ADORNI -

LIVORNO E l SUOI CANALI - SARÀ PUBBLICATA NEL PROSSIMO

NUMERO

Sommario del n. 58 - Primavera 2022

Indice

Lettera del Segretariato Generale C4 della Commissione Europea a La Torre

Ringraziamento a Ursula von der Leyen da Massimo Signorini

Programma rievocazione storica in costume della difesa risorgimentale, Livorno,

venerdì 13 maggio 2022

Celebrazioni del Comitato livornese per il Risorgimento

Porta San Marco: dialogo di un viandante con Bartelloni

Il Gran Ballo risorgimentale alla Terrazza Mascagni

X Festa di San Giovanni Nepomuceno e la storia di Livorno

San Giovanni Nepomuceno ed il “sacro Colle” di Montenero

Ore 10.30, 16 maggio 2022, Sala conciliare C. A. Ciampi della Provincia di Livorno

Ore 18, 16 maggio 2022, Chiesa della Madonna

ORE 18.40, 16 maggio 2022 - Breve processione religiosa

25 maggio 2022: incontro di Diana Patterson con l'assessore Simone Lenzi

3 giugno 2022, visita a Parigi del Museo dell'aria

Fete aerienne 4 - 5 giugno 2022 - Aerodrome de Cerny - France

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ASSOCIAZIONE CULTURALE “GIOSUÈ BORSI”

Via delle Medaglie d’oro, 6 - 57127 Livorno - Cell. 329 3967701

email: associazioneborsilivorno@virgilio.it - htt://giosueborsilivorno.jimdo-com//

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