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IL GIOCATORE Fedor Dostoevskij

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aspettava, in piedi in mezzo alla stanza e in posa straordinariamente

maestosa. De Grieux se ne stava stravaccato sul divano.

«Egregio signore, mi permetta di chiederle che cosa ha combinato,»

ha cominciato a dire il generale rivolgendosi a me.

«Preferirei, generale, che lei venisse direttamente al fatto,» ho

risposto. «Lei evidentemente vuole alludere al mio incontro di oggi con

quel tedesco?»

«Quel tedesco!? Quel tedesco è il barone Wurmerhelm, ed è un

personaggio importante! Lei è stato villano con lui e con la baronessa.»

«No, assolutamente.»

«Lei li ha spaventati, egregio signore,» si è messo a gridare il

generale.

«Per nulla affatto. Ancora dai tempi di Berlino mi era rimasto

nell'orecchio quel loro ‹jawohl› ripetuto ad ogni istante e che loro

strascicano in maniera così rivoltante. Quando ho incontrato quei due sul

viale, non so perché, quello ‹jawohl› mi è improvvisamente tornato in

mente con un effetto notevolmente irritante... E per giunta è già la terza

volta che la baronessa, incontrandomi, ha l'abitudine di venirmi

direttamente addosso come se fossi un verme che si può schiacciare col

piede. Anche lei ammetterà che pure io posso avere dell'amor proprio. Mi

sono tolto il cappello e ho detto cortesemente (cortesemente,

gliel'assicuro): ‹Madame, j'ai l'honneur d'être votre esclave.› Quando poi

il barone si è voltato verso di me e ha gridato ‹hein!› qualcosa a un tratto

dentro di me mi ha spinto a gridare anch'io: ‹Jawohl!› E l'ho gridato due

volte: la prima volta in tono normale, la seconda strascicando la voce e con

quanto fiato avevo in gola. Ecco tutto.»

Confesso che ero terribilmente soddisfatto di quella mia spiegazione

assolutamente fanciullesca. Mi era venuta una gran voglia di far apparire

tutta quella storia sotto i colori più assurdi.

E quanto più andavo avanti, tanto più ci prendevo gusto.

«Lei vuol forse prendersi gioco di me?» ha gridato il generale, e

voltandosi verso il francese gli ha spiegato nella sua lingua che io mi

volevo ficcare in un imbroglio. De Grieux si è limitato a sorridere

sprezzantemente e a stringersi nelle spalle.

«Oh, non si faccia venire quest'idea, non è affatto così!» ho

esclamato io, rivolto al generale. «Naturalmente la mia non è stata una

bell'azione, e lo riconosco con la massima franchezza. Il mio atto lo si può

perfino definire una sciocca e sconveniente monelleria, ma nient'altro. E

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