syndicom rivista N.30
Da molto tempo ci impegniamo per i diritti dei lavoratori della logistica, delle telecomunicazioni e dei media. Le buone condizioni di lavoro sono, e sono sempre state, il risultato di successi raggiunti insieme. Entra anche tu nel nostro movimento e crea il tuo futuro insieme a noi. L'unione fa la forza!
Da molto tempo ci impegniamo per i diritti dei lavoratori della logistica, delle telecomunicazioni e dei media. Le buone condizioni di lavoro sono, e sono sempre state, il risultato di successi raggiunti insieme. Entra anche tu nel nostro movimento e crea il tuo futuro insieme a noi. L'unione fa la forza!
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syndicom
N. 30 Luglio-Agosto 2022
rivista
La salute
prima
di tutto
Pubblicità
Sommario
4 Team vincenti
5 Brevi ma utili
6 Dalla parte degli altri
7 L’ospite
8 Dossier: Salute sul lavoro
16 Dalle professioni
22 Politica: No ad AVS21!
24 Produttività misogina
25 Diritto e diritti
26 Idee
27 Mille parole
28 Eventi
30 Un lavoro, una vita
31 Cruciverba
32 Inter-attivi
Il 10 giugno, per la prima volta in 25 anni, la Conferenza
internazionale del lavoro tripartita ha
riconosciuto un nuovo diritto fondamentale del
lavoro: il diritto a un ambiente di lavoro sicuro e
sano. Si tratta di un elemento fondamentale del
nuovo contratto sociale che rivendichiamo al
fine di garantire una ripresa e una capacità di
recupero dopo il Covid-19. Questo cambiamento
avrà un impatto importante sulla vita dei lavoratori.
Permetterà di responsabilizzare i 187 governi
degli Stati membri dell’OIL in materia di
salute e sicurezza sul lavoro. Integrerà questi
aspetti negli accordi commerciali, nelle decisioni
di investimento e nei canali mondiali di approvvigionamento,
in particolare quando si
applicherà anche il ragionevole obbligo di diligenza.
Inoltre, darà ai sindacati il potere di
proteggere meglio i lavoratori.
I governi sono già impegnati a rispettare i
doveri e i diritti sanciti nelle Convenzioni fondamentali,
e noi invitiamo alla loro ratifica e
attuazione universale. Per la Svizzera ci sono
voluti solo tre anni dopo la dichiarazione originale
del 1998 per ratificare le altre tre Convenzioni
fondamentali, e noi invitiamo ad adottare
misure simili con la massima urgenza. I lavoratori
svizzeri otterrebbero il diritto di essere
consultati in materia di prevenzione e di rifiutare
un lavoro pericoloso. In altri paesi, come il
Bangladesh, questo consentirebbe di porre fine
agli incendi nelle fabbriche (come quello del
Rana Plaza nel 2013, che provocò numerose vittime,
in prevalenza donne). È una svolta storica.
I sindacati devono cogliere l’occasione e sfruttarla
al meglio. Per garantire che nessuno debba
morire per guadagnarsi da vivere.
4
8
22
Owen Tudor, vicesegretario generale della CSI
4
Team vincenti
La delegazione che ha negoziato
il contratto collettivo con Smood
Da sinistra:
David Roth, segretario centrale del settore
Logistica di syndicom a Berna, ha
negoziato il CCL del settore dei corrieri
in bici e dei corrieri addetti alla consegna
del cibo e conosce il settore come
le tasche della sua bici
Davide Negri, a Smood dal 2019, gira
come corriere con la sua bici a Zurigo
Kalin Atanasov, presso Smood dal 2019,
gira come corriere in auto a Winterthur
Nel tondino in alto: Michel Guillot,
segretario regionale di syndicom a
Ginevra, per molti anni fattorino presso
la Posta, lavora a stretto contatto con
corrieri di diverse aziende.
Testo: Matthias Loosli
Foto: Patrick Gutenberg
«Un passo notevole che
rafforza i nostri diritti»
È stato un inizio difficile. Dal 2018 il
contatto con Smood era solo per via legale.
Alla fine del 2020 una collaboratrice
delle risorse umane e David Roth si
sono trovati all’ufficio di conciliazione
di Lucerna. Per una volta Smood non
era rappresentata da un avvocato. David
ha proposto che Smood e syndicom
potessero incontrarsi a direttamente,
anziché solo davanti agli uffici di conciliazione:
Smood ha acconsentito.
Ci siamo quindi incontrati regolarmente
per illustrare a Smood i contratti
collettivi di lavoro e le nostre esigenze.
I colloqui si sono interrotti tra
novembre 2021 e marzo 2022, per una
controversia in Svizzera romanda. Il
prestatore di personale «SimplePay»
aveva collaborato con Smood a Ginevra
e nel Canton Vaud. Inconvenienti che
non dovrebbero verificarsi nella fornitura
di personale a prestito, poiché per
i «temporanei» vige un contratto con
carattere di obbligatorietà generale la
cui applicazione è stata evidentemente
trascurata. Dopo che la conciliazione
non ha portato ad alcuna soluzione,
abbiamo avviato le trattative contrattuali
per un CCL. Come delegati dei
nostri colleghi, anch’essi iscritti a syndicom,
abbiamo una particolare responsabilità.
Per noi era importante
confrontarci regolarmente durante le
trattative. Michel era in contatto con i
fiduciari e con il «comitato del settore
dei corrieri in bici e dei corrieri addetti
al recapito del cibo». Kalin e Davide si
sono confrontati con i colleghi presso
le loro sedi aziendali.
Per Davide era fondamentale trovare
un sistema di spese equo e comprensibile.
Un altro requisito per approvare
il CCL era quello di un salario minimo
degno. I 23 franchi orari soddisfano
questo criterio. Con il supplemento domenicale
del 5 % e una solida assicurazione
contro la perdita del salario si aggiunge
qualcosa di sostanzioso. Questo
è importante poiché la domenica noi
corrieri lavoriamo tantissimo. Per Kalin
conta soprattutto il fatto di poter lavorare
regolarmente. Ha bisogno di un
lavoro che sia pianificabile, senza tempi
di attesa non retribuiti. Con le ore di
lavoro garantite settimanalmente, una
durata minima di 2 ore per ogni turno
e la pianificazione operativa che riceve
con 14 giorni di anticipo, il CCL gli garantisce
esattamente questo. Con 324
voti a favore contro 22, i dipendenti di
Smood hanno approvato in votazione il
contratto: una conferma. Il CCL Smood
entrerà in vigore da ottobre 2022.
Brevi ma utili
Misure d’accompagnamento, protezione salariale necessaria \
Posta, segnali dal Ticino \ Iniziativa per asili nido a prezzi
accessibili \ Consiglio di fondazione comPlan \ Elezioni a Sunrise
UPC \ Rete Postale, obiettivi allentati \ Css salvo \ Contatti
5
Misure d’accompagnamento,
protezione salariale necessaria
Le misure di accompagnamento stanno
dimostrando la loro validità, commenta
l’Unione Sindacale Svizzera (USS) nel 18°
rapporto dell’Osservatorio sull’Accordo
sulla libera circolazione delle persone.
Grazie ai controlli e alle multe, i salari
svizzeri non hanno mai subito pressioni
su larga scala. Ma il dumping salariale
rimane una realtà. Un’azienda su cinque
è coinvolta nei controlli e le forme di lavoro
precario, come i distacchi e i soggiorni
di breve durata, sono aumentate
notevolmente. Per questo motivo, la
Svizzera ha bisogno di una protezione
salariale, denuncia l’USS.
Posta, segnali dal Ticino
La petizione «Basta precariato alla Posta,
lanciata ad aprile, ha già ottenuto
un primo risultato. I contratti a tempo
determinato dei nuovi assunti (oltre 40
solo nel Luganese) che non erano conformi
a quanto previsto dal CCL sono
stati regolarizzati e trasformati in contratti
indeterminati. La richiesta di aumentare
i salari per i nuovi assunti sarà
portata a livello nazionale, mentre in Ticino
si costituirà un gruppo di lavoro con
l’obiettivo di aumentare le percentuali
lavorative, garantire impieghi stabili e il
rispetto dei diritti previsti dal CCL.
Iniziativa per asili nido
a prezzi accessibili
I posti di assistenza all’infanzia sono
troppo pochi, sono troppo costosi e le
condizioni di lavoro nel settore, e quindi
la qualità dell’assistenza, sono troppo
scarse. Tutti e tre i problemi possono
essere risolti con l’Iniziativa Kita. La
cosa migliore da fare è firmare subito!
Informazioni su iniziativa-asilo-nido.ch
Consiglio di fondazione comPlan
A settembre si terranno le elezioni del
consiglio di fondazione comPlan. Si
cercano persone disponibili a dare una
mano con la campagna telefonica,
insieme ad attuali o ex lavoratori di
Swisscom, cablex e localsearch attivi
nel sindacato. Info: syndicom.ch/pyph1
Elezioni a Sunrise UPC
Tra i nuovi rappresentanti del personale
di Sunrise UPC, sono stati eletti dieci
membri di syndicom. Si tratta di Alban
Ahmeti, Alexander Drews, Beat Isler,
Bettina Huber, Matthias von Strantz,
Mariem Fiadjigbe, Peter Schneller,
Rudolf Lippuner, Stefano Lendaro,
Tayfun Aksoy. Congratulazioni!
Rete Postale, obiettivi allentati
La risoluzione di syndicom Rete Postale
«Stop alla follia degli obiettivi e alla
pressione di vendita indebita mostra i
primi risultati. La direzione di Rete Postale
ha riconosciuto le carenze e vuole
correggerle, secondo le dichiarazioni
rilasciate durante la riunione del comitato
di esperti Rete PSS.
Consiglio della stampa salvo
Il Consiglio di fondazione del Consiglio
svizzero della stampa (Css) ha messo a
disposizione dello stesso Css la somma
di 100mila franchi. Questo finanziamento
una tantum permette così al
Css di proseguire le sue attività di autoregolamentazione
dei media, fino alla
fine del 2023. Una boccata d’ossigeno,
nonostante la bocciatura del pacchetto
di sostegno ai media dello scorso febbraio,
in attesa di una ricerca di fondi
per una base finanziaria sostenibile.
Contatti
Segretariato syndicom Ticino e Moesano
via Genzana 2, 6900 Massagno
lu e gio 8.00-12.00, ma-me-ve
13.30-17.30. e-mail: info@syndicom.ch
Tel. 058 817 19 61, Fax 058 817 19 66
Cassa disoccupazione syndicom
lu-ma-gio 9.00-11.30 me 14.00-16.30
cassa.disoccupazione@syndicom.ch
Gruppo Pensionati Ticino e Moesano
pensionati.syndicom.ch
e-mail: ernesto.fenner@bluewin.ch
Agenda
Agosto
20
Festival di narrazione
Arzo,giardino del castello, ore 21.30
«Topi, spettacolo teatrale a vent’anni
dal G8 di Genova. Informazioni e programma:
festivaldinarrazione.ch
25
Incontro degli illustratori
Berna, segretariato centrale syndicom,
ore 18.00. Incontro (in tedesco) aperto
a tutti gli illustratori, iscrizioni presso
syndicom.ch/Illustammtisch
Settembre
10
Giornata degli indipendenti
Zurigo, Kulturhaus Helferei, ore 13.15
Informazioni a pagina 21
15-18
Grand Hotel Coronda
Bellinzona, Casa del Popolo, ore 20.00
Presentazione del libro di un collettivo
di prigionieri politici durante la dittatura
argentina. A seguire, presentazione
presso La Filanda, Mendrisio, domenica
18 settembre alle ore 17.00.
Info: syndicom.ch e lafilanda.ch
21
Visita centro logistico Coop
Castione, ritrovo Park & Ride FFS, ore
13.30, rinfresco dalle ore 16.00
Visita organizzata dal Gruppo d’interesse
Pensionati Ticino e Moesano.
Iscrizione obbligatoria al segretariato
entro il 9 settembre.
30
Festival di Internazionale
Fino al 2 ottobre, a Ferrara dibattiti,
film e atelier con ospiti di tutto il mondo.
Una delegazione di professionisti
dei media di syndicom sarà presente
alla manifestazione. Informazioni presso
il segretariato: info@syndicom.ch.
Programma: internazionale.it/festival
syndicom.ch/agenda
6 Dalla parte
Gertrud Hierzer è vicepresidente HR Alpine (Svizzera e Austria)
degli altri
e membro del consiglio di amministrazione di T-Systems. Dal
2012 in azienda, ha un master come Digital Engineer, una formazione
come psicologa aziendale e un diploma di coach.
1
Quali opportunità vede come Head
HR Alpine per T-Systems Svizzera e
Austria nei prossimi anni?
Tutto diventa più veloce, tecnico, digitale
e deve allo stesso tempo essere
più efficiente in termine di costi, più
agevole, più esente da errori e più
performante. E qui sta la grande opportunità:
il nostro compito principale
è quello di mantenere presso di noi
le persone valide, offrire loro un perfezionamento
e dar loro la libertà di
essere creative e innovative per i nostri
clienti. Se teniamo a mente tutto
questo, nulla ci potrà fermare.
2
Perché servono contratti collettivi di
lavoro (CCL) nel settore IT?
Il contratto collettivo di lavoro dà sicurezza
ai lavoratori. Proprio in tempi
incerti è un segnale sia nella propria
azienda sia verso l’esterno: siamo un
tutt’uno – anche in tempi meno buoni.
Considerate tutte le incertezze –
a livello geopolitico, geoeconomico e
dovute alla forte spinta innovativa –,
la stabilità può essere sicuramente
un argomento per la nostra azienda.
A questo contribuisce un CCL frutto
di una buona negoziazione.
3
In che misura T-Systems trae vantaggio
dal fatto che i lavoratori possano
partecipare all’ulteriore sviluppo del
CCL?
È sempre una buona idea far partecipare
i lavoratori a temi che li riguardano
direttamente. Solo in questo
modo si è sempre aggiornati e si colgono
le esigenze che devono essere
considerate. Senza la partecipazione
dei lavoratori è molto probabile che il
risultato non corrisponda né alle
aspettative né venga accettato positivamente.
4
Lei è responsabile HR sia della Svizzera
che dell’Austria. Vede differenze
nelle culture dei partenariati sociali?
Ce ne sono certamente, anche solo
per la diversa legislazione. In Germania
i diritti di partecipazione sono
completamente diversi rispetto
all’Austria o alla Svizzera. Le migliori
esperienze le ho fatte quando le parti
sociali si concentrano su un obiettivo
comune, ovvero che il successo economico
si ottiene solo in presenza di
una sana unità d’intenti. È questo che
viene per me al primo posto e meno
le differenze giuridiche o culturali.
Testo: Miriam Berger
Foto: T-Systems
5
Cosa fa T-Systems per attirare talenti
femminili in un settore tradizionalmente
considerato maschile?
Da una parte investiamo molto nella
promozione delle nuove leve e grazie
al nostro programma per studenti IT
accogliamo alcune giovani donne in
azienda. Queste giovani donne devono
naturalmente essere promosse e
sostenute affinché restino in azienda.
Abbiamo programmi di pari opportunità
come l’eliminazione del gender
payment gap, lo smantellamento del
«tetto di cristallo» per quanto riguarda
le opportunità di carriera per le
donne e per alcune posizioni direttive
stabiliamo anche delle quote.
6
In che misura la carenza di personale
specializzato rappresenta una sfida
nel settore IT per T-Systems?
Nel settore IT abbiamo un certo vantaggio
poiché siamo in grado di digitalizzare
e automatizzare in modo relativamente
semplice molti processi.
Naturalmente a tal fine serve innanzitutto
anche il personale. Temo che la
situazione non migliorerà. Siamo tenuti
a diventare effettivamente creativi
per trovare, formare e tenere dei
lavoratori. Per le risorse umane ciò
significa che prima erano i lavoratori
a doversi candidare per le posizioni,
oggi sono le aziende a candidarsi.
Così stanno le cose.
L’ospite
Il lavoro (che sia o meno retribuito,
come il lavoro di cura o «care») occupa una buona
parte delle nostre giornate e ci impegna per
gran parte della nostra vita adulta. Purtroppo,
malattie, infortuni e morti sul lavoro sono ancora
troppi e molto frequenti. Le stime dell’OMS e
dell’OIL indicano che negli anni 2000-2016 le
malattie professionali rappresentavano l’81% dei
decessi legati al lavoro, mentre gli infortuni sul
lavoro il restante 19% dei decessi. Se è noto che
le differenze di genere incidono sulle professioni
esercitate, sulle condizioni lavorative e sulla
modalità di trattamento tra uomini e donne, forse
è meno conosciuto che esse si riflettono anche
sui rischi per la salute. Spesso le mansioni
svolte dalle donne sono erroneamente considerate
sicure e semplici. Ad esempio, benché molte
donne lavorino a contatto con prodotti chimici,
gli effetti specifici legati all’esposizione a
queste sostanze sulla loro salute rimane poco
studiato. Anche chi opera con contratti a durata
determinata, a turni e su chiamata, o ha piccole
attività indipendenti poco tutelate, è particolarmente
a rischio. I disturbi di salute fisici, le depressioni
o la dipendenza da farmaci aumentano
di pari passo con la precarietà del lavoro. È urgente
intervenire con misure di tutela e prevenzione
che integrino i continui mutamenti del
mercato del lavoro: per l’impiegata del call center
che deve conciliare famiglia e lavoro, per il
driver che lavora su chiamata o per il giardiniere
che lavora in proprio. Grazie alla sessione nazionale
delle donne, il parlamento si sta occupando
di promuovere la medicina di genere. E finalmente,
grazie a diversi interventi parlamentari,
il Consiglio federale ha deciso la ratifica della
Convenzione n. 190 dell’OIL sull’eliminazione della
violenza e delle molestie sul lavoro. Riusciremo
a garantire anche una maggiore tutela della
salute psicofisica dei lavoratori atipici? La salute
e la sicurezza sul lavoro devono essere una priorità
nazionale che va promossa in sinergia da
tutti gli attori implicati, a partire dalla politica.
La salute sul lavoro
per una società forte
56 anni, dal 2019 Marina Carobbio è
Consigliera agli Stati del Canton Ticino
per il PS. Precedentemente è stata Consigliera
nazionale per 12 anni. Nel 2018-
2019 è stata presidente del Consiglio
nazionale. È membro della commissione
della sicurezza sociale e della sanità;
della commissione scienza educazione
e cultura; della commissione finanze e
della delegazione svizzera al Consiglio
d’Europa. Presiede ed è membro attivo
di numerose associazioni in ambito sanitario,
sociale e nella cooperazione allo
sviluppo. Vedi www.marinacarobbio.ch
7
Dossier
10 L’eterna battaglia per un posto di lavoro sicuro e sano
12 Cosa è cambiato dopo la pandemia
13 Freelance e piattaforme, il diritto non è pronto
14 Un esempio concreto: i lavoratori di Cablex
9
La salute
prima
di tutto
10 Dossier
La metafora dell’elefante
Per lungo tempo si è creduto di aver vinto
la battaglia per la salute sul lavoro.
Sbagliato: è appena iniziata.
Testo: Oliver Fahrni
Foto: Cécile Monnier
Quando a novembre in Qatar le migliori squadre di calcio
al mondo si contenderanno la Coppa del Mondo, i calciatori
milionari giocheranno su cimiteri. Infatti, da quando
la FIFA ha affidato al Qatar l’organizzazione del Campionato
del Mondo, nel piccolo e ricco emirato sul Golfo
Persico sono morti più di 6500 lavoratori migranti provenienti
da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka.
La maggior parte lavorava alla costruzione dei sette nuovi
stadi e alle gigantesche infrastrutture che ospiteranno il
torneo. È quanto ha rivelato una ricerca della rivista britannica
«The Guardian».
Le cause del decesso sono state di norma insabbiate
come «naturali». Molti sono morti per le eccessive temperature,
altri per la fatica, altri per essere caduti da altezze
vertiginose, altri ancora per scosse elettriche o per l’esplosione
di attrezzature per la saldatura, alcuni sono stati
schiacciati da pesi, da macchinari e dal crollo di impalcature.
In molti cantieri mancavano addirittura i caschi di
protezione. Laddove non c’è un sindacato che garantisca
delle condizioni di lavoro sicure, lavorare nel settore edile
può essere letale. Disperati per le condizioni di lavoro disumane,
un numero non noto di lavoratori si è tolto la vita.
L’invisibile sterminio di massa per l’evento glamour
mondiale ricorda ciò che negli Stati europei con una buona
protezione sul lavoro viene spesso dimenticato, quantomeno
fino all’epidemia del coronavirus: sul posto di lavoro
spesso ci si ammala o si muore.
La lotta per la sicurezza e la salute è stata alla base del
movimento sindacale e le casse solidali dei lavoratori contro
gli «infortuni» sono state le precorritrici di tutte le
assicurazioni sociali.
Tornare a casa in buona salute rimane uno sforzo permanente
e di grande attualità, come dimostra la testimonianza
della segretaria di syndicom Valentina Smajli (a pagina
14). In effetti, il lavoro sicuro è un diritto fondamentale
sancito a livello internazionale in occasione dell’ultimo
Congresso dell’Organizzazione internazionale del lavoro
OIL. Ma durante la produzione della presente edizione
della rivista, migliaia di lavoratori edili in Svizzera attraversano
l’inferno delle temperature roventi e dell’ozono
– e questo affrontando giornate lavorative lunghissime. Il
sindacato Unia chiede la sospensione dei lavori a partire
da 35 gradi, ma le multinazionali si rifiutano. I profitti
sono più importanti. I numeri dell’Istituto nazionale svizzero
di assicurazione contro gli infortuni SUVA parlano
chiaro: a partire da 30 gradi gli infortuni nel settore edile
e dei trasporti aumentano del 7 per cento. Si tratta di centinaia
di vittime evitabili, senza contare altre conseguenze
come ad esempio i tumori della pelle. Questo tema è di
grande attualità poiché con il riscaldamento climatico le
condizioni meteorologiche estreme diventeranno la norma.
Ora i lavoratori hanno fatto pressione sulle aziende
attraverso manifestazioni di massa per sancire nel CCL
del settore edile (CNM) migliori norme in caso di temperature
elevate e di condizioni meteorologiche avverse.
Il caldo è solo uno dei tantissimi rischi. A provocare disastri
ci sono anche i veleni, le sostanze chimiche pericolose,
le nanoparticelle, la polvere, i carichi pesanti, il frastuono
e l’uso scorretto dei macchinari. Ma anche lo
stress, orari di lavoro eccessivamente lunghi, il lavoro notturno
e il lavoro su turni. Per non parlare dei virus. E del
traffico. Per il 2019 l’Ufficio federale di statistica segnala
280mila infortuni sul lavoro. A essere particolarmente
esposti, dopo i lavoratori edili troviamo: i lavoratori
dell’industria, i conducenti e i corrieri, i meccanici. Sono
però pressoché inesistenti i lavori che non prevedano
grossi rischi per la salute.
Inoltre, la SUVA rileva circa 3500 casi di malattie professionali.
Si tratta di un numero ingannevole in quanto
non considera alcuni danni per la salute subiti durante il
lavoro. In parte perché non sono considerati ufficialmente
come malattie professionali. In parte perché vengono
percepiti come inevitabili. Ad esempio, il mal di testa degli
operai orologieri che fa sì che farciscano il loro panino
del pranzo con antidolorifici («Saridon-Sandwich»). L’artrosi
che accomuna gli operatori sanitari e alcuni agricoltori.
Oppure le conseguenze dello stress e i disturbi del
sonno dei conducenti di autobus (come testimonia uno
studio comune condotto da tre sindacati, a pagina 17). E
molti altri disturbi psicosomatici, fino alla depressione e
al burnout.
Un peso sul petto: le risposte degli assicuratori
Attualmente è in corso un’accesa controversia tra sindacati,
lobbysti dei datori di lavoro e assicurazioni per il riconoscimento
del burnout. Molti sono gli aspetti in gioco: le
assenze per problemi psichici sono aumentate di oltre il
50 per cento dal 2010. Ma solo quando determinati danni
vengono riconosciuti ufficialmente come malattia professionale,
i sindacati possono imporre un’efficace azione di
prevenzione nei contratti collettivi di lavoro e, se necessario,
nella legge. I datori di lavoro e le assicurazioni cercano
però spesso di impedire un tale riconoscimento, poiché in
tal caso sarebbero previsti indennizzi, prestazioni assicurative
e investimenti aziendali (ad esempio aumenti del
personale).
L’infezione Covid-19 contratta sul posto di lavoro è
considerata una malattia professionale? Moltissime persone
si sono contagiate sul lavoro. Ma le esperienze della
SUVA e delle assicurazioni dimostrano che un contagio
Rientrare sani
dal lavoro
è un diritto
sul lavoro non basta. Devono essere soddisfatti ulteriori
criteri. Ad esempio, il rischio di prendere il virus sul lavoro
è molto più elevato rispetto al resto della vita quotidiana.
Cosa che è difficile da dimostrare nel singolo caso, ad
esempio nel caso dei postini o dei corrieri espresso (approfondimento
al riguardo a pagina 12).
Assicurazioni e datori di lavoro preferiscono pensarla
come la metafora dell’elefante: un politico vede un uomo
a terra. Sul suo petto sta seduto un elefante. L’uomo dice:
«La prego mi aiuti, faccio fatica a respirare. Dica all’elefante
di scendere». Il politico replica: «Non sono sicuro che il
problema sia l’elefante. Magari lei fuma troppo. Probabilmente
l’elefante è solo un pretesto per approfittare di una
prestazione sociale».
I datori di lavoro hanno usato l’argomento del fumo
addirittura per giustificare il cancro da amianto, sminuendo
per decenni la silicosi (malattia del polmone
nero). L’amianto è un’enorme catastrofe industriale. La
malattia polmonare chiamata asbestosi è nota da 100
anni. Il materiale è però economico e ha proprietà utili.
Dal 1962 si sa che le sue fibre provocano anche un tumore
particolarmente letale che ha ucciso decine di migliaia di
persone. Ma i baroni dell’amianto (industria del cemento)
ne hanno bloccato il divieto fino al 1990 insabbiando, ingannando
e ammettendo solo quello che era già stato dimostrato.
Il divieto dell’UE è arrivato solo nel 2005. Ancora
oggi l’amianto uccide circa 170 persone solo in Svizzera.
In tutto il mondo si tratta di centinaia di migliaia di morti.
Questo perché la sua produzione non era stata interrotta,
ma semplicemente trasferita in paesi più poveri con leggi
sul lavoro e sulla protezione dell’ambiente permissive (e
sindacati deboli).
Così come con l’amianto, il capitale lo ha fatto anche
con numerose altre produzioni delicate. Come conseguenza
della globalizzazione neoliberale, ora sono soprattutto
i paesi industrializzati in Asia e America latina a essere
alle prese con enormi problemi di salute e catastrofi
ecologiche. Il continente africano dal canto suo sta diventando
addirittura la discarica mondiale dei rifiuti tossici.
Sfide enormi per i sindacati di tutto il mondo e per l’OIL.
Orari di lavoro troppo
lunghi sono letali
dal punto di vista
medico e sociale
In 113 paesi su 148 presi in analisi dalla Confederazione
sindacale internazionale CSI ogni anno, i lavoratori sono
esclusi da qualsiasi protezione sindacale, l’87 per cento
dei paesi ha violato il diritto fondamentale allo sciopero.
Ma la fame del capitale non si arresta. Ora attacca la
protezione dei lavoratori nei paesi ricchi, conquistata duramente
in passato. Le sue leve sono la digitalizzazione e
il lavoro mediante piattaforme digitali. Anche in Svizzera
sta aumentando rapidamente la percentuale di lavoratori
«atipici» (i problemi dei finti lavoratori autonomi, a pagina
13). La medicina del lavoro mette già in guardia da vere
epidemie di diabete, malattie cardiocircolatorie e cancro
in caso di successo dell’intento dei parlamentari di destra
di introdurre uno sconfinamento dell’orario di lavoro.
Essi intendono introdurre settimane lavorative fino a 67
ore, per 50-60 giorni all’anno 10 ore al giorno. Il rischio di
infarti cardiaci e cerebrali aumenterebbe così della metà
e l’aspettativa di vita verrebbe fortemente ridotta. Due
anni di esperienza di home office ci hanno insegnato che
sconfinamento dell’orario di lavoro, stress digitale e disponibilità
24 ore su 24 sono letali a livello di salute e a
livello sociale.
La lotta per la salute sul posto di lavoro è appena iniziata.
12
Dossier
Lavoro post-Covid, cosa cambia
Uno studio dell’Organizzazione internazionale
del lavoro fa luce sulla tutela della salute sul
posto di lavoro dopo il periodo della pandemia.
Testo: Federico Franchini
La pandemia è stata un periodo difficile per tutti noi.
Come dalle precedenti crisi, però, anche questa può essere
fonte d’insegnamento. Prendiamo il tema della salute
e della sicurezza sul posto di lavoro: la diffusione del
Covid-19 può aiutare a capire come, in futuro, prevenire la
diffusione di nuovi virus o di malattie in ambito professionale.
In seno all’Organizzazione mondiale del lavoro
(OIL), ad esempio, sono state da poco adottate delle direttive
tecniche sui rischi biologici. Questo perché con il
Covid-19 sono venute a galla diverse lacune normative
così come la necessità di iniziare a sviluppare linee guida
tecniche in materia.
A Ginevra, gli esperti dell’OIL si sono chinati in questi
ultimi anni in vari studi proprio per analizzare cosa è successo
durante il periodo pandemico e su quali lezioni trarre.
Un primo aspetto che emerge dalle ricerche più recenti
è quello che concerne la collaborazione tra lavoratori,
datori di lavoro e governi. Come ci spiega Dafne Papandrea,
autrice di un recente rapporto dell’OIL sul tema, «la
collaborazione tra gli attori del mondo del lavoro è essenziale
per garantire che le misure messe in atto siano accettabili
e sostenute dai lavoratori e dai datori di lavoro, e
quindi abbiano maggiori probabilità di essere effettivamente
messe in pratica». Per la ricercatrice la crisi ha dimostrato
come «calare misure dall’alto sia meno efficace
che portare avanti un processo partecipativo».
«Meglio un processo
partecipativo che
misure calate dall’alto»
In molti Paesi questa collaborazione ha portato all’adozione
di disposizioni di legge che coprono diversi aspetti,
dalle misure per prevenire e affrontare il Covid-19 sul
posto di lavoro agli accordi sul telelavoro. Proprio l’home
working è un altro aspetto particolarmente interessante e
inedito: da un momento all’altro molti di noi si sono ritrovati
a lavorare da casa, dovendo gestire contemporaneamente
anche gli aspetti familiari. «A livello internazionale
– spiega Dafne Papandrea – vi è l’obbligo di proteggere i
lavoratori nel/sul luogo di lavoro oppure l’obbligo di garantire
un luogo di lavoro sano e sicuro: ma la casa è un
luogo di lavoro? Come OIL oltre ad avere osservato l’impatto
del telelavoro sulla salute, la sicurezza e il benessere,
abbiamo fornito anche delle linee guida pratiche per
proteggere e promuovere la salute fisica e mentale di chi
lavora da casa».
Un altro aspetto significativo emerso è quello della
protezione sociale. O meglio: della sua importanza. Come
spiega sempre la ricercatrice, chi lavora nell’economia informale
o tramite le piattaforme durante il Covid-19 si è
trovato in una situazione molto complicata: «Chi era ammalato
e lavorava in questo tipo di economia sommersa
non poteva non lavorare, altrimenti senza protezione sociale
non avrebbe guadagnato. Ciò ha contribuito alla diffusione
del virus mettendo a rischio gli stessi lavoratori e
l’intera società. Questo fatto ha dimostrato quindi l’importanza
della protezione sociale e la sua estensione anche
a chi lavora attraverso le piattaforme».
Il processo per maggiori garanzie di salute e sicurezza
sul posto di lavoro nel frattempo ha fatto un passo in avanti
a livello internazionale. Di recente, la Conferenza internazionale
del lavoro ha proprio aggiunto il diritto ad un
ambiente di lavoro sano e sicuro ai Principi e diritti fondamentali
del lavoro (lo spiega lo stesso vicepresidente nel
nostro editoriale a pagina 3). Questa decisione definita
come “storica” significa che tutti i membri dell’OIL si impegnano
a rispettare e promuovere il diritto fondamentale
a un ambiente di lavoro sicuro e salubre, indipendentemente
dal fatto che abbiano o meno ratificato le relative
Convenzioni.
Dossier
Autonomi ma non protetti
13
I rischi per la salute connessi al lavoro
indipendente e a quello per le piattaforme.
Testo: Mattia Lento
Nel 1956 il giovane psicoanalista Herbert J. Freudenberger,
ebreo tedesco scampato al nazismo, apre uno studio
tutto suo a New York. È felice e comincia a lavorare senza
sosta dalle 8 di mattina alle 6 di pomeriggio e la sera svolge
servizio di volontariato per aiutare i giovani newyorkesi
a guarire dalla tossicodipendenza. Freudenberger, che ha
pure moglie e tre figli, probabilmente ha tanta energia e
sicuramente molta passione, ma dopo un po’ di anni qualcosa
in lui si rompe. Comincia a sentirsi sempre più esausto,
logoro, stanco, rassegnato, a volte persino squilibrato.
Dopo qualche tempo, cade addirittura in uno stato di
totale esaurimento fisico e mentale. Comincia a parlarne
con i colleghi e a scrivere articoli. Per cercare di descrivere
il suo stato utilizza per la prima volta nel 1974 una parola,
prima utilizzata nello sport, che diventerà popolarissima
nell’ambito degli studi psicologici e in quelli di medicina
del lavoro: burnout.
Diritto svizzero impreparato di fronte alle nuove sfide
Freudenberger non era soltanto un fine osservatore e uno
studioso di talento, ma anche un lavoratore autonomo.
Certo era altamente qualificato, ben collocato, probabilmente
senza molte ansie di arrivare alla fine del mese, ma
comunque un lavoratore autonomo che per una ragione o
per l’altra non ha saputo più bilanciare carichi di lavoro ed
energie a disposizione. Oggi sappiamo che il lavoro autonomo
è esploso ed è diventato, come ha più volte scritto
«Le malattie mentali
non sono classificate
come professionali»
l’economista e filosofo Christian Marazzi, un prodotto del
sistema tardocapitalistico. Oggi chi è freelance è esposto
al rischio di ammalarsi a causa di un sistema economico-sociale
instabile e con poche tutele. Essere freelance
non è sempre una scelta e spesso è anche sinonimo di precarietà.
Proprio la precarietà, a dirlo sono i dati degli ultimi
20 anni dello Swiss Household Panel, come hanno dimostrato
in un recente studio Francesco Giudici e Davide
Morselli, è fortemente correlata con il malessere psichico,
depressione in primis, una malattia che va spesso a braccetto
proprio con il burnout. Le cose non vanno certo
meglio per i lavoratori dell’economia delle piattaforme,
che non sono autonomi ma sono trattati come tali. Questa
categoria non è esposta solo a forte precarietà, ma vive
molto spesso condizioni di isolamento sociale, è sottoposta
alla sorveglianza degli algoritmi e soffre spesso di
una mancanza di identità professionale e prospettive di
carriera. Caratteristiche queste che espongono a disturbi
come depressione, ansia, insonnia e, non da ultimo, proprio
il burnout. Soltanto fra qualche anno probabilmente
riusciremo a capire dal punto di vista quantitativo la portata
dei danni che accompagnano le professioni legate
alle piattaforme.
Il diritto del lavoro svizzero non è preparato a queste
nuove sfide. Innanzitutto, va notato che il burnout non è
ancora diagnosticato come malattia, ma è definito come
un fenomeno professionale che, tuttavia, è causato da diversi
fattori. Pertanto, a differenza di alcuni paesi europei,
in Svizzera non rientra tra le malattie professionali. Anja
Zyska Cherix, responsabile della medicina del lavoro della
Suva, spiega che «le malattie mentali (ad esempio la depressione)
possono essere considerate malattie professionali
in Svizzera solo se possono essere attribuite chiaramente
al lavoro come causa principale». Classificando il
burnout come malattia professionale cambierebbe il
modo in cui è trattato dalle assicurazioni. Il tema assicurativo
in generale è un altro punto scottante relativo ai lavoratori
delle piattaforme e a quelli autonomi. Per i primi
è necessario che siano finalmente trattati da dipendenti,
come ha chiarito il Tribunale federale nel caso degli autisti
di Uber, per i secondi è importante assicurarsi contro
la perdita temporanea di salario provocata da malattia e
da infortunio. Una tutela costosa che purtroppo non tutti
possono permettersi.
14
Dossier
Operare insieme per il benessere
dei lavoratori (e delle aziende)
Un esempio di collaborazione tra parti sociali:
sindacato e aziende, a favore della protezione
della salute dei lavoratori. L’esempio di Cablex.
Testo: Valentina Smajli, segretaria sindacale syndicom
La gestione della salute in azienda (GSA) dovrebbe essere
una cosa ovvia per ogni azienda. Perché ripaga il doppio.
A livello economico i vantaggi sono più che evidenti: le assenze
dovute a malattia sono costose! Il tre per cento dei
costi salariali (regola generale) viene speso direttamente
per assenze dovute a malattia e infortunio. Ma non è tutto:
in caso di assenze il datore di lavoro deve distribuire il lavoro
rimasto fermo sul personale restante aumentando
così ulteriormente il rischio di sovraccarico e di altre malattie
o infortuni dovuti allo stress. Un circolo vizioso!
Gli investimenti in una prevenzione sensata non vanno
soltanto a favore dei lavoratori, ma preservano anche le
risorse finanziarie e personali dell’azienda e incrementano
la reputazione e l’attrattività della stessa. Ecco perché
la gestione della salute dovrebbe essere una cosa ovvia anche
dal punto di vista padronale seppure non sia ancora
ampiamente diffusa. Ed è qui che mi voglio impegnare!
Dalle visite ai cantieri al lavoro di diploma
Durante le mie visite ai cantieri di Cablex ho capito quanto
il lavoro degli addetti al cablaggio possa essere faticoso
e logorante per il fisico e per la salute. Ho appreso sul posto
che le conseguenze sono un numero di assenze per
malattia o infortunio al di sopra della media. Come rappresentate
dei lavoratori ed essendo cresciuta in una famiglia
di operai, questa situazione mi ha colpito e mi ha
spinta a dedicare la mia tesi di laurea proprio a questo
tema. L’obiettivo era quello di contribuire al miglioramento
della situazione di salute dei lavoratori addetti al
cablaggio e alle opere civili. Perché la salute dei lavoratori
è una questione centrale del sindacato! È nell’interesse
delle parti sociali riconoscere e di conseguenza ridurre al
minimo i rischi per la salute.
Secondo la legge sul lavoro, è obbligo del datore di lavoro
tutelare la salute dei suoi collaboratori. Inoltre, il sindacato
ha il compito di verificare il rispetto della legge sul
lavoro e di intervenire all’occorrenza. La questione di
come poter ridurre le assenze dovute a malattia o infortunio
dei lavoratori addetti al cablaggio e alle opere civili è
fondamentale sia per Cablex stessa sia per il sindacato.
L’obiettivo della mia tesi di laurea era quello di redigere
un catalogo di idee per misure volte a migliorare la situazione
sanitaria dei lavoratori addetti al cablaggio. Tramite
interviste, sondaggi e analisi ho verificato e riunito le esigenze
dei lavoratori in relazione alla salute.
«Le conclusioni della
mia tesi confluiscono
ora nel CCL Cablex»
Gestione della salute in azienda, una priorità
Per le aziende, la delicata gestione dei dati sanitari relativi
alle malattie e agli infortuni è associata a rischi in termini
di protezione dei dati e danni alla reputazione. La tesi di
laurea ha pertanto inevitabilmente portato a discussioni
chiarificatrici sia all’interno di Cablex sia all’interno del
sindacato. Solo grazie alla fiducia già creata e alla cooperazione
degli organi decisionali e dei colleghi addetti al
cablaggio e alle opere civili mi è stato possibile redigere
per Cablex il catalogo delle idee e, sulla base di questo, un
programma di campi d’azione basato su 10 punti.
Un programma che ho potuto presentare agli organi
decisionali comunicando loro le aspettative a esso associate
per un’efficace e completa gestione della salute in
azienda: una combinazione di misure comportamentali.
Per un’azienda sociale e orientata al futuro come Cablex il
vantaggio sanitario ed economico di una GSA sistematica
è evidente. I temi relativi alla salute psichica e allo stress
acquisteranno importanza e dovrebbero essere affrontati
in modo mirato.
Fotoreportage
Per descrivere la salute sul posto di lavoro, la fotografa e artista
Cécile Monnier ha scelto l’immagine simbolica dei fiori
che appassiscono giorno dopo giorno, si alterano, si consumano,
si usurano. Proprio come la salute dei lavoratori, che
va tutelata e protetta.
Fotografa indipendente dal 2016, Cécile Monnier insegna
all’Eracom di Losanna e all’HEAD di Ginevra. Ha esposto le sue
opere in diverse mostre collettive, ad Arles, Vevey, Basilea e
Zurigo. Nel 2020 ha vinto il premio VFG e lo scorso anno il Prix
Enquête Photographique Fribourgeoise. Fa parte del comitato
standard/deluxe, spazio d’arte indipendente a Losanna, dal
2019.
www.cecilemonnier.com
La salute e la sicurezza
sul lavoro in cifre,
in Svizzera e all’estero
La sicurezza e la salute sul lavoro sono componenti fondamentali per un lavoro
dignitoso. L’atmosfera di lavoro e le condizioni fisiche determinano in larga misura
le condizioni dei lavoratori. Gli infortuni sul lavoro hanno un importante costo
umano, sociale ed economico che dovremmo sforzarci di eliminare garantendo la
sicurezza di tutti i luoghi di lavoro.
Garantire la salute e la sicurezza sul lavoro in Europa?
La strada è ancora lunga.
88%
620 miliardi
60%
Una gran parte dei lavoratori dell’UE ha problemi di stress sul lavoro.
Soprattutto in Svizzera (v. sotto).
La somma che l’economia europea perde ogni anno
soltanto a causa della depressione legata al lavoro.
Non meno del 60% di tutte le giornate di lavoro perse
può essere attribuita allo stress e ai rischi psicosociali
legati al lavoro.
La spossatezza dei lavoratori
svizzeri è in aumento
Percentuale delle persone attive per grado di
spossatezza e anno del sondaggio.
24,0 %
25,4 %
28,7 %
2014
2016
2020
Alquanto o molto spossati
Fonte: EndStress.EU
Fonte: Promotion Santé Suisse
La discriminazione in azienda
è all’ordine del giorno
Secondo l’ultimo studio dell’UST, più di una
donna su cinque è vittima di discriminazione o
violenza sul lavoro.
21,1 %
Il 21,1% delle donne
è vittima di discriminazione
o violenza
sul lavoro.17,5%
per gli uomini.
Lo stress riguarda milioni di dipendenti in Svizzera
Dal 2014, Promotion Santé Suisse analizza regolarmente gli indicatori dello stress
legato al lavoro e delle sue relazioni con la salute e la produttività delle persone attive in
Svizzera. I risultati dell’ultimo sondaggio condotto nel 2020 sono allarmanti.
Zona favorevole:
Queste persone hanno più risorse
che limiti.
Zona sensibile:
Queste persone hanno in media circa lo
stesso numero di risorse e di limiti.
Zona critica:
Queste persone devono affrontare un
numero maggiore di limiti di quanto
permettano loro le risorse di cui dispongono.
29,6%
45,5%
Totale 5,1
milioni
di persone
attive*
24,9%
Quelle: BFS
Fonte: Promotion Santé Suisse
*Fonte: numero di persone attive UST 1° trim./2020
Gli infortuni sul lavoro sono frequenti in tutto il mondo
3003
7,5
Messico
Infortuni sul
lavoro su 100000
lavoratori in un
anno (secondo gli
ultimi dati
disponibili)
non mortali
mortali
900
5,3
USA
3142
3,1
Cile
5200
0,5
Olanda
3160
760
2,6
Francia
0,8
GB
1811
1,0
Germania
10,7
670
Egitto
1904
1,3
Svizzera
1,2 965
Israele
899
1,6
Australia
208
2,0
Giappone
Più di 300 milioni di
lavoratori intervistati
in 142 paesi hanno
dichiarato che
ritenevano di non
poter segnalare i
problemi di sicurezza
ai loro datori di lavoro
senza rischiare di
essere penalizzati.
Fonte: ILOSTAT
16
Dalle
professioni
Covid-19, per le donne è peggio
Nonostante le misure statali si sono acuite le disparità di genere
esistenti. Lo afferma uno studio dell’ufficio BASS, che su
incarico della Commissione federale per le questioni femminili ha
analizzato gli effetti del coronavirus sull’occupazione di genere.
Misure come le chiusure degli asili e
delle scuole oppure il lavoro in home
office hanno avuto su uomini e donne
effetti simili agli altri paesi: hanno rafforzato
la tradizionale suddivisione del
lavoro. Soprattutto nella prima fase del
lockdown, le donne si sono accollate
non solo la maggior parte del lavoro
extra di assistenza, ma hanno anche
ridotto fortemente la loro attività professionale
rispetto agli uomini.
Secondo lo studio, la situazione ha
toccato l’apice nelle famiglie a basso
reddito che hanno subito perdite di
reddito. Questo fenomeno ha riguardato
un numero di donne superiore alla
media: madri, famiglie monoparentali
e donne con basse qualifiche. Pertanto,
un numero di donne superiore alla
media vive in famiglie povere. Quando
a gennaio 2021 il tasso di disoccupazione
relativo ai due sessi ha raggiunto il
picco, la differenza tra i sessi era enorme.
Lo studio constata enormi differenze
all’interno dei vari gruppi di donne.
Le perdenti della crisi sono soprattutto
le donne a basso reddito, con stato di
soggiorno incerto, trascorso migratorio
oppure con occupazioni a tempo
parziale. In particolare chi opera nel
settore della gastronomia, probabilmente
a causa dei rapporti di lavoro irregolari
e spesso retribuiti su base oraria
delle donne che sono stati tagliati
per primi. E infine i lavoratori alle dipendenze
di abitazioni private che
sono stati totalmente esclusi dagli aiuti
Covid, ma rinviati all’assicurazione
contro la disoccupazione. Inoltre, sono
stati esclusi i lavoratori indipendenti
che non hanno un reddito minimo prestabilito.
Lo studio suggerisce che si
tratta spesso di donne che gestiscono
un salone di parrucchiera o un centro
estetico a tempo parziale. A causa
dell’insufficienza di dati, lo studio non
ha potuto approfondire la distribuzione
di genere delle indennità per il
lavoro ridotto: non si sa quanto denaro
abbiano percepito le donne e quanto
gli uomini. Questo complica inoltre
l’adozione di misure corrispondenti in
futuro.
Alcune delle più importanti raccomandazioni
della Commissione federale
per le questioni femminili sono
pertanto il rilevamento e la valutazione
di dati di genere, un miglior supporto
delle donne penalizzate, migliori possibilità
di assistenza ai figli come asili
o scuole diurne affinché le donne possano
lavorare con percentuali maggiori.
Altrettanto importanti sono una migliore
protezione dei salari e condizioni
quadro per l’home office. Rivendicazioni
che syndicom ha già formulato in
diverse occasioni.
Patrizia Mordini
La ricerca dello studio BASS
(Büro für arbeits- und sozialpolitische
Studien)
Le donne, a cui tocca il lavoro di cura, sono uscite perdenti dopo il periodo di crisi del Covid-19: lo afferma uno studio dell’ufficio BASS. (© Keystone-ATS)
«La pressione finanziaria sul trasporto pubblico
si ripercuote sui lavoratori» Manuel Wyss
17
Come stanno gli autisti dei bus?
Per la prima volta, i tre grandi sindacati dei servizi pubblici
operano insieme per analizzare lo stato di salute dei conducenti
di autobus in Svizzera.
Stress nel traffico stradale, responsabilità
per la vita dei passeggeri, orari di
lavoro impegnativi: i conducenti di
autobus sono costantemente esposti a
forti sollecitazioni. Nel 2010 e nel 2018
il sindacato SEV aveva già condotto
due sondaggi sulla salute dei conducenti
di autobus. Quest’anno, per la
prima volta, tutti e tre i grandi sindacati
dei servizi pubblici dell’USS (ovvero
syndicom, SEV e VPOD) collaborano a
Migliore pianificazione, meno
stress
syndicom, presso AutoPostale, è sulla
strada giusta, come sottolinea lo
studio: con il nuovo CCL è stata migliorata
proprio la pianificazione
operativa (v. grafico). Insieme ai fiduciari
e alle commissioni del personale,
syndicom si adopera per la
corretta attuazione della pianificazione
annuale. Ma sono sotto osservazione
anche la pianificazione
mensile e quella a breve termine
nonché la nuova possibilità di bloccare
i servizi o intere giornate. Dallo
studio emerge anche l’importanza
dei controlli per l’attuazione della
LDL e del CCL. Inoltre, il sindacato
non trascurerà neppure gli aspetti
ergonomici.
La salute degli autisti sotto la lente. (© Keystone-ATS)
un terzo studio nel settore degli autobus.
Questo allarga notevolmente la
cerchia degli intervistati: nella primavera
del 2022, sono stati contattati
4000 conducenti. Più di 900 autisti
hanno partecipato al sondaggio, di cui
187 solo presso AutoPostale.
Una novità è anche l’elaborazione
dello studio presso il Centro per la salute
pubblica dell’Università di Losanna.
I risultati sono seri: un conducente
su due riferisce di continui dolori alle
spalle o al collo (57%), mal di schiena
(50%) e maggiore stanchezza (50%).
Più di un conducente su tre soffre di
disturbi del sonno (43%), stress (42%),
irritabilità (36%) e mal di testa (33%).
Alcuni disturbi variano notevolmente
a seconda degli anni di servizio, si
evidenziano inoltre nette differenze
tra uomini e donne.
Nella parte dedicata all’ergonomia
è stato chiesto di classificare l’importanza
dei singoli elementi dell’ambiente
di lavoro autobus. Il sedile del
conducente è chiaramente l’elemento
più importante. Seguono l’impostazione
e la disposizione degli elementi
di comando nonché l’impianto di condizionamento.
Lo studio permette anche di conoscere
la percezione dei conducenti
della gestione della crisi del coronavirus.
Più del 40% dei conducenti di
autobus ha accusato nel 2021 ripercussioni
della pandemia sul proprio
lavoro e sulla propria salute, sia riducendo
il tempo della pausa, sia dovendo
sostituire i colleghi con scarso preavviso.
La gestione della crisi sanitaria
da parte del datore di lavoro è stata
complessivamente valutata soltanto
«sufficiente».
I problemi evidenziati dallo studio
dimostrano che la pressione finanziaria
sul trasporto pubblico si ripercuote
sui lavoratori. Un’altra novità importante
è che Unisanté sta ora pianificando
uno studio a lungo termine supportato
da tutti e tre i grandi sindacati
dei servizi pubblici.
Manuel Wyss
I risultati dello studio congiunto
CCL Cablex, trattative
imminenti
Teresa Dos Santos Lima-Matteo
è segretaria centrale settore ICT
syndicom ha condotto un sondaggio
presso i dipendenti di Cablex in relazione
alle imminenti trattative per il
CCL. A maggio e giugno si sono svolte
assemblee informative per presentare
i risultati del sondaggio. Le principali
rivendicazioni sono: più tempo di percorrenza
retribuito, trasparenza salariale,
più vacanze nonché aumento del
congedo maternità e paternità.
Un’altra rivendicazione è anche
l’ulteriore sviluppo della rendita di
vecchiaia anticipata, dato che molti lavoratori
svolgono un lavoro fisico e
sono esposti a qualsiasi condizioni
meteo. Questi dipendenti permettono
che tutti abbiano una connessione a
Internet, costruiscono inoltre reti di
telecomunicazione, linee elettriche e
linee di contatto per i trasporti pubblici
e si occupano della relativa manutenzione.
Un’altra questione è anche l’ulteriore
sviluppo delle esistenti possibilità
di formazione e di perfezionamento
per tutte le fasce di età. I lavoratori di
Cablex dovrebbero essere favorevoli a
questa rivendicazione poiché nel settore
dell’infrastruttura di rete esiste
una forte carenza di manodopera specializzata.
In occasione di una riunione del
comitato aziendale nonché della successiva
conferenza aziendale del 27
giugno, le rivendicazioni sono state
nuovamente discusse in dettaglio e
convalidate dai partecipanti. In una
prossima fase sarà trasmesso a Cablex
il catalogo delle rivendicazioni. Le
trattative inizieranno presumibilmente
in autunno.
18
Dalle
professioni
«Sono necessarie soluzioni basate sul partenariato sociale» syndicom
PostCom sbaglia bersaglio
La Commissione federale delle poste ha sottoposto a consultazione
un salario minimo orario di 19 franchi. Una proposta insufficiente,
addirittura inferiore al salario minimo più basso in
Svizzera. Salari indifendibili per lo smistamento e la consegna.
La Commissione federale delle Poste fissa gli standard minimi di lavoro nel settore. (© Keystone-ATS)
PostCom, ovvero la Commissione federale
delle poste, ha il compito di
definire gli standard minimi per le
condizioni di lavoro nel settore dei
servizi postali. Questi standard minimi
hanno lo scopo di evitare che la
concorrenza auspicata nel settore
postale avvenga a scapito dei salari e
delle condizioni di lavoro delle e dei
dipendenti. Per adempiere a questo
mandato è necessario che la PostCom
si orienti basandosi sulla realtà.
Con la sua ultima proposta, ossia
quella di fissare il salario minimo a
19 franchi, la Commissione non sta
assolutamente adempiendo al suo
mandato. Il salario minimo più basso
convalidato in Svizzera sarà applicato
a partire dal 2023 nel Canton Ticino,
ed è di 19,50 franchi. Con la sua proposta
a 19 franchi, la PostCom ignora
questa realtà: i 19 franchi sono ben
lontani dai salari effettivi del settore
del recapito pacchi e lettere. syndicom
si aspetta che dopo la procedura di
consultazione vengano apportati sensibili
miglioramenti al salario orario
minimo.
Necessaria una segmentazione
È importante anche fare la distinzione
tra le diverse categorie professionali.
Nelle attività della logistica delle spedizioni
non si può fare di tutte l’erbe
un fascio. Le rappresentanze dei datori
di lavoro e quelle dei lavoratori, che
siedono nel gruppo di esperti, hanno
convenuto che i salari minimi devono
essere segmentati in base alle categorie
professionali. È incomprensibile
che le autorità non abbiano incluso
questo consenso nella revisione della
legge.
È ovvio che ora sono necessarie soluzioni
in un quadro di partenariato
sociale. Il settore delle consegne sta
attualmente negoziando un contratto
collettivo di lavoro in cui si dovrà rispondere
a tali domande. syndicom
porterà le aspettative e i punti di vista
dei lavoratori nel dibattito che è stato
avviato.
Redazione
Il testo in consultazione
Contratto Smood,
un altro tassello per la
regolamentazione
del settore del recapito
David Roth, segretario centrale Logistica
Prima di tutto i fatti: chi fornisce servizi
di consegna per terzi è un’azienda di
logistica. Se consegna lettere o pacchi,
rientra nella legge sulle poste. La Posta
Svizzera SA di proprietà dello Stato,
come pure tutti gli altri servizi di consegna
privati: secondo la legge sulle
Poste sono considerati pacchi gli invii
postali di oltre 2 cm di spessore e fino
a 30 kg di peso. Indipendentemente
che vengano trasportati abiti, cosmetici
o cibo. Non fa neppure alcuna
differenza che il cibo sia cotto o crudo.
La legge sulle poste vale anche per il
«food delivery», la consegna di cibo a
domicilio.
Questo non ha importanza poiché
il food delivery è spesso il punto d’ingresso
nella logistica. Con le consegne
ai ristoranti si genera una quantità
elevata, ma con pochi margini. Seguono
poi le consegne più specializzate,
con margini superiori. In questo modo
i corrieri addetti alla consegna del
cibo entrano sempre più in competizione
con i prestatori di servizi postali
tradizionali.
syndicom se ne è presto reso conto
e ha pertanto già inserito nel contratto
collettivo (CCL) dei corrieri in bici la
categoria dei corrieri addetti alla consegna
del cibo. L’assoggettamento a
un CCL di syndicom comporta notevoli
vantaggi per i corrieri. Mentre i dipendenti
dei ristoranti possono essere
impiegati anche solo per pochi minuti,
tutti i CCL di syndicom hanno una
durata minima dell’impiego di 2-3
ore. I salari sono nella maggior parte
dei casi anche più alti.
Dal 2018 syndicom ha insistito anche
presso Smood per ottenere migliori
condizioni di lavoro ed è riuscito a
stipulare il contratto collettivo di lavoro
a maggio 2022. È stato così possibile
porre un’altra tessera del mosaico
nella regolamentazione del settore del
recapito.
«syndicom incoraggia i soci a iscriversi a ProLitteris e a far
valere i diritti sulle loro produzioni, testi o immagini» Melina Schröter
19
Diritti d’autore, istruzioni per l’uso
La società di gestione ProLitteris versa ai suoi membri (giornalisti,
fotografi, disegnatori) i diritti d’autore delle loro produzioni
giornalistiche. Ma occorre dichiararle. Ecco come fare.
La consegna del premio ProLitteris a Ekaterina Glikman e a Federico Franchini. (© ProLitteris-Philip Kübler)
Presi dal ritmo frenetico dell’attualità,
è tra le cose che i professionisti dei
media ignorano, dimenticano o di cui
non rispettano la scadenza di anno in
anno. Ma ogni produzione giornalistica,
testo o immagine, può essere dichiarato
a ProLitteris al fine di percepire
i diritti d’autore. Qualsiasi opera,
sia essa in formato cartaceo o digitale,
può essere registrata, indipendentemente
che il suo autore o la sua autrice
sia un dipendente o un freelance. La
fonte di questo contributo deriva dalle
tariffe negoziate con le associazioni di
utenti (come scuole, biblioteche, amministrazioni,
aziende) e approvate da
una Commissione federale di arbitraggio.
C’è tuttavia una differenza a livello
di registrazione a seconda del formato
della produzione giornalistica. I testi o
le immagini stampate sono dichiarati
direttamente dal loro autore presso
ProLitteris. Per quanto riguarda ciò
che viene pubblicato online, ad esempio
sul sito Internet di un media, è
l’editore che deve comunicare a Pro-
Litteris le cifre di diffusione ottenute
grazie a un sistema di calcolo che recensisce
le produzioni giornalistiche.
Successivamente gli autori e le autrici
percepiscono il dovuto. A condizione
ovviamente di essere membri di Pro-
Litteris; l’iscrizione è gratuita. È quindi
fondamentale per i professionisti
dei media che lavorano per uno o più
media on line assicurarsi che il loro
datore di lavoro abbia installato un
software di calcolo e che trasmetta i
dati.
syndicom incoraggia fortemente i
membri ad aderire a ProLitteris e a far
valere i loro diritti sulle produzioni. Oltre
ai diritti d’autore, in caso di malattia,
infortunio o stravolgimento in ambito
professionale i membri ProLitteris
possono richiedere un aiuto d’urgenza
presso la Fondazione sociale.
Un premio a Federico Franchini
Infine, ogni anno la società di gestione
consegna un premio che riconosce
una prestazione eccezionale in uno
dei suoi ambiti di attività. Quest’anno
il premio principale è stato assegnato
alla giornalista russa residente in Svizzera
Ekaterina Glikman, viceredattrice
di Novaïa Gazeta Europe. È poi spettato
a lei nominare il vincitore del
premio di incoraggiamento. syndicom
è particolarmente fiero che abbia scelto
il ticinese Federico Franchini, membro
di comitato del settore Press di
syndicom.
Melina Schröter
Il sito di ProLitteris
Maggior gratitudine
per il personale ATS
Stephanie Vonarburg è responsabile del settore
Media e vicepresidente di syndicom
L’agenzia Keystone-ATS è in subbuglio.
La direzione aziendale presenta
gravi carenze nella gestione del personale.
La controversia è partita con il
nuovo regolamento del personale: più
di 50 dipendenti perdono in media oltre
5 giorni di vacanza e di compensazione,
ai più anziani vengono decurtati
i termini di preavviso, viene
rafforzato l’obbligo di notifica per attività
lavorative secondarie e il volontariato.
La commissione del personale e i
lavoratori, che criticavano i peggioramenti
e la procedura, vengono messi
sotto pressione. I nuovi contratti sono
stati applicati apparentemente «di comune
accordo», di fatto però sotto la
minaccia di licenziamenti giustificati
dai cambiamenti. Il malcontento continua
a ribollire anche per altri motivi.
Da decenni i salari ristagnano, molti
dei dipendenti di Keystone non sono
stati adeguatamente inquadrati dopo
la fusione tra ATS e Keystone di 4 anni
fa, la comunicazione interna non è trasparente
e crea incomprensioni.
syndicom sostiene il personale e la
sua attiva commissione nelle diverse
rivendicazioni: trattamento alla pari,
compensazione del rincaro e prospettive
in materia di salari.
Le aziende mediatiche che non rispettano
il personale sono sulla strada
sbagliata. Keystone-ATS fornisce una
parte del servizio pubblico mediatico,
pertanto l’azienda riceve 4 milioni di
sovvenzioni federali. Ciò significa che
ha il dovere di condurre una migliore
gestione aziendale!
20
Dalle
professioni
«Se fossimo più uniti, gli editori non potrebbero imporsi,
perché là fuori non ci sarebbe la fila» Marco Cagnotti
Quanto vale il mio lavoro?
Un giornalista freelance denuncia la corsa al ribasso dei compensi.
La mancanza di un contratto collettivo contribuisce a peggiorare le condizioni salariali nei media. (© Keystone-ATS)
Un falegname. Un ristoratore. Un architetto.
Una giornalista freelance.
Che cos’hanno in comune? Sono tutti
liberi professionisti. Che cosa non
hanno in comune? La decisione sul valore
del proprio lavoro.
I primi tre lo decidono loro stessi.
Alcuni si adeguano al tariffario della
loro categoria professionale. Ma è la
loro categoria, appunto. Altri in vece
stabiliscono da soli il prezzo dei prodotti
o dei servizi.
La quarta invece non ha voce in
capitolo: il prezzo dell’articolo o del
servizio radiofonico lo stabilisce il
cliente, cioè l’editore. Come se al ristorante,
al momento di pagare il conto,
tu decidessi che la carbonara, il tiramisù
e il vino valgono 11 franchi. E il
ristoratore muto: quello è il tuo prezzo,
quello lui deve accettare. Ti sembra
assurdo? Lo è. Eppure nel giornalismo
funziona così: è sempre l’editore a stabilire
quanto viene pagato un collaboratore
esterno. C’è margine di contrattazione?
No: o mangi la minestra o
salti dalla finestra. Sottinteso: «Fuori
c’è la fila. Se non ti sta bene, troviamo
un altro». Che fai? Se hai bisogno di
lavorare, abbozzi.
Ho lavorato per il “Corriere del Ticino”
dal 1998 al 2012. Curavo le pagine
di divulgazione scientifica. All’inizio
ogni pagina veniva pagata, per gli
articoli e la cura redazionale, 550 franchi.
Poi i lettori sono diminuiti, la pubblicità
si è ridotta e i nostri compensi
sono finiti sotto la mannaia. Alla fine
una pagina valeva 250 franchi. L’impegno
non era cambiato, il costo della
vita era cresciuto. Ma la minestra o la
finestra, appunto. Chissà come avrebbero
reagito i colleghi assunti nel sentirsi
dire: «Non c’è più trippa per gatti.
Dal mese prossimo, via il 50 per cento
dai salari»?
La colpa è anche nostra. Senza un
contratto collettivo e senza tariffe minime,
noi accettiamo quel che passa il
convento. Se fossimo più uniti, gli editori
non potrebbero imporsi, perché là
fuori non ci sarebbe la fila. Ma qualche
giovane disposto a lavorare per poco,
per far conoscere la propria firma o la
propria voce, lo si trova sempre.
Però io no. Ho sufficiente esperienza.
So di essere bravo nel mio lavoro.
Non ho più bisogno di far conoscere
né la mia firma né la mia voce. Sono
anche troppo vecchio per aver la fregola
di firmare sempre. Ormai non me ne
importa più un accidente. Inoltre – lo
so: sono un privilegiato – ho un altro
lavoro per vivere dignitosamente. Sicché
adesso anche basta.
Il valore del mio lavoro adesso lo decido
io: la mia tariffa è di 180 franchi
l’ora. Ti sembra tanto? Consulta le tariffe
degli avvocati o degli architetti: vedrai
quanto vale un’ora di lavoro intellettuale
di un professionista esperto e
competente. Perciò, se ora un editore
mi chiama, glielo dico subito: il mio costo
è questo. Va bene? Ok. Vuole pagarmi
meno? Anche no, grazie. Si trovi un
altro. Gli costerà meno, ma sarà anche
meno colto, meno esperto, meno brillante
di me, se è disposto a lavorare per
poco. Proprio come i ristoranti dozzinali
costano meno degli chef stellati.
Marco Cagnotti
Sicurezza e protezione,
non solo a parole
Daniel Hügli è membro del Comitato direttivo e
responsabile del settore ICT
A giugno la Svizzera ha partecipato ai
negoziati volti a considerare l’ambiente
di lavoro sano e sicuro come un principio
e un diritto fondamentale dell’Organizzazione
internazionale del lavoro
(OIL). La Svizzera ha appoggiato una risoluzione
che è infine stata approvata.
Si viene così a creare una nuova categoria
di diritti internazionali del lavoro,
oltre agli attuali diritti relativi alla libertà
di associazione, al riconoscimento
del diritto alla contrattazione
collettiva nonché all’eliminazione del
lavoro forzato, del lavoro minorile e
della discriminazione.
In linea di principio questo suona
positivo qualora i rappresentanti di
Confederazione, datori di lavoro e sindacati
approvino questi nuovi diritti. I
numeri dimostrano però che la strada
verso l’attuazione è ancora lunga: secondo
l’ultima rilevazione dell’OIL, in
Svizzera si sono verificati 95’254 infortuni
sul lavoro non letali all’anno. Secondo
un calcolo effettuato su 100mila
lavoratori, la Svizzera si è classificata al
12° posto tra i paesi con il maggior numero
di infortuni.
La Svizzera non ha poi mai ratificato
neppure la Convenzione OIL 155
sulla salute e sicurezza dei lavoratori
del 1981 e pertanto finora non è stata
mai tenuta a renderne conto né a livello
internazionale né alle parti sociali.
Se il Consiglio federale adotterà effettivamente
delle misure efficaci volte a
diminuire il numero degli infortuni,
esso sarà chiamato a sottoporre prontamente
a ratifica la relativa convenzione.
«Lavorare da casa durante la pandemia ha cambiato
la tradizionale visione del lavoro in ufficio » Miriam Berger
21
Flessibilità nelle mani dei dipendenti
Il ritorno in ufficio come occasione per ripensare l’orario di lavoro.
Gli Zoogler (i lavoratori di Google a Zurigo) tornano in ufficio. (© Keystone-ATS)
All’inizio di giugno Google ha riportato
in ufficio i suoi dipendenti. Anche i
lavoratori di Google della sede di
Zurigo sono dovuti rientrare alle loro
postazioni di lavoro sulla Europaallee
e sulla Brandschenkestrasse. Il CEO di
Google Sundar Pichai ha affermato
che il Return to Office (RTO) sarebbe
un’ottima occasione per ripensare alla
modalità con cui lavoriamo: «Reimagine
how we work». Ci ha pensato anche
un gruppo di membri di syndicom
presso Google che ha colto l’occasione
dell’RTO per condurre un sondaggio
sul gradimento della nuova modalità
di lavoro. Per il «new normal» il gigante
dei motori di ricerca opta per un mix
ibrido di giornate fisse in ufficio e
giornate facoltative in home office.
Il lavoro flessibile è «IL» tema del
nuovo mondo del lavoro ed è senza
dubbio associato a rischi ma anche a
opportunità. Da un lato, i dipendenti
risparmiano il tragitto casa-lavoro e
possono organizzare in modo più flessibile
il loro orario. In particolare per i
lavori produttivi e che richiedono concentrazione,
il lavoro da casa appare
essere maggiormente appropriato. Si
tratta anche di una maggiore sovranità
del lavoro e di orari di lavoro pianificabili
e personalizzabili che si conciliano
con la vita privata.
Dall’altro lato, con il lavoro mobile
e digitalizzato si verifica anche una
compressione e un maggiore sconfinamento
del lavoro. I dipendenti lavorano
in orari atipici, svolgono più lavoro
non retribuito, i meeting vengono pianificati
senza pause e viene chiesto loro
di essere sempre reperibili. Da uno studio
pubblicato di recente dell’unione
sindacale tedesca emerge che un dipendente
su due riduce le pause quando
si trova in home office. Tutto questo
ha importanti conseguenze sulla salute
dei dipendenti che hanno a disposizione
meno tempo per riposarsi oppure
fanno fatica a staccare.
Esistono pertanto anche presso Google
dei sostenitori e degli oppositori
del remote work. Lavorando da casa
durante la pandemia è cambiata però
anche la visione del lavoro in ufficio.
syndicom, insieme al gruppo di membri
presso Google, resta concentrato
sul tema e approfondisce temi specifici
come la mancanza di flessibilità nella
scelta del modello di lavoro, la paura di
infettarsi visto il crescente numero di
contagi da Covid oppure la scarsità di
uffici e il rientro in uffici sovraffollati.
Ciò che continua a essere importante
e rilevante non solo per Google è
che un eventuale aumento di flessibilità
deve poter essere determinato dai
dipendenti. È fondamentale coinvolgere
il personale e le sue rappresentanze
nella stesura di regolamenti e
normative.
Miriam Berger
«Tag der Freien 2022»,
invecchiare da freelance
Una volta all’anno syndicom invita i
suoi membri freelance del settore della
stampa a un interessante confronto.
Per la tradizionale «Tag der Freien»
(Giornata degli indipendenti), il 10
settembre a Zurigo discuteremo
dell’invecchiamento. Non è così semplice
se si lavora come freelance.
Come funzionano gli incarichi?
Che ne è della cassa pensioni e del terzo
pilastro? Com’è diventare lavoratori
indipendenti dopo vent’anni passati
nelle redazioni? C’è davvero un
futuro nel giornalismo indipendente?
E come può il sindacato aiutarmi in
questo?
Desideriamo confrontarci su questa
e su altre questioni più che mai attuali.
In un mercato in costante e rapido
cambiamento, in una Svizzera con
una complessa previdenza di vecchiaia,
potrebbero aprirsi delle opportunità
interessanti.
La giornata sarà introdotta da Klara
Obermüller, grande dame del giornalismo
svizzero. A oltre 80 anni continua
a pubblicare e riferire in merito
alle insidie e ai vantaggi da freelance.
Seguirà il confronto vero e proprio. I
freelance esperti Bettina Büsser, Simon
Koechlin, Martin Müller e Rolf
Neeser parleranno della loro pluriennale
esperienza di freelance, del loro
riuscito ingresso nel lavoro indipendente
e del competitivo mercato dei
fotografi indipendenti.
L’evento non è rivolto solo ai freelance
più anziani. Sono soprattutto
molti giovani giornalisti a porsi domande
su come potersi imporre nel
settore e pertanto anche sull’invecchiamento
durante la professione.
Con una buona preparazione, molti
freelance vivono infatti l’invecchiamento
come una sorta di liberazione.
La giornata dei freelance si svolgerà
sabato 10 settembre dalle ore
13.15 alle ore 17.15 nella Helferei di
Zurigo; successivamente tutti i partecipanti
sono invitati a prendere parte
all’aperitivo. Per i membri syndicom
la partecipazione è gratuita. L’intero
programma con iscrizione online è disponibile
su syndicom.ch/tdf22
Ricordiamo infine che l’evento si
terrà solo in tedesco, senza traduzione
simultanea.
Dominik Fitze
22 Politica
Perché dobbiamo fermare
la riforma AVS 21
La lotta per una pensione dignitosa per tutti parte dal movimento
sindacale. È sempre stata condotta contro le resistenze
dei conservatori. Nello sciopero nazionale del 1918, l’AVS è
stata una delle principali richieste e, dalla sua introduzione
nel 1947, necessita della nostra strenua difesa. Il pacchetto di
tagli «AVS 21» attacca frontalmente il nostro unico sistema di
previdenza sociale e deve essere fermato. Ne abbiamo discusso
con Gabriela Medici, esperta del tema presso l’USS, e con
Patrizia Mordini, responsabile pari opportunità presso il
Comitato direttivo di syndicom. Con la moderazione di Romi
Hofer, responsabile comunicazione di syndicom, si è parlato
dei pericoli della riforma e su come opporsi alle sue giustificazioni,
spesso ciniche.
Foto: Katja Leudolph
Perché i sindacati devono unire le
loro forze nella campagna contro la
riforma delle rendite «AVS 21»?
Gabriela Medici: Questa proposta va
nella direzione completamente sbagliata,
poiché vuole indebolire l’AVS
invece di rafforzarla. L’AVS è un risultato
altamente solidale e sostenibile,
che dev’essere difeso con tutti i
mezzi. Con il voto del 25 settembre,
ci troviamo di fronte a un bivio. Se la
riforma viene approvata, l’aumento
dell’età di pensionamento delle
donne è solo l’inizio, mentre l’incremento
dell’età pensionabile per
tutti a 67 anni sarà quasi cosa fatta.
Siamo di fronte a un processo strisciante
verso una privatizzazione e
una de-solidarizzazione della previdenza
di vecchiaia.
Patrizia Mordini: A proposito di
donne: già oggi percepiscono un
terzo di rendita in meno rispetto
agli uomini. Possono contare quasi
solo sull’AVS. Questo divario delle
rendite riflette l’ineguale distribuzione
delle opportunità di lavoro. Le
donne spesso svolgono lavori faticosi,
ma meno retribuiti. Sono soprattutto
le donne a prendersi cura dei
bambini e dei familiari malati. Per
questo motivo, spesso lavorano a
tempo parziale, il che determina anche
redditi più bassi. Con l’innalzamento
dell’età pensionabile delle
donne, i risparmi saranno realizzati
ulteriormente sulle loro spalle. Le
donne perderebbero rendite pari a
1200 franchi all’anno, sempre che
possano lavorare fino a 65 anni.
Gabriela Medici: Assolutamente sì.
L’onere principale in questo caso è
sostenuto proprio dalle donne. Ma
le coppie sposate sono altrettanto
interessate. Oggi hanno un tetto sulla
loro rendita AVS, e con la riforma
«AVS 21» dovranno fare i conti con
un’ulteriore riduzione. Senza contare
che, con l’«AVS 21», è previsto anche
l’aumento dell’imposta sul valore
aggiunto. Insieme al futuro shock
delle casse malati previsto per l’autunno
e al rincaro – soprattutto se i
salari non ne seguiranno l’esempio
in modo sufficiente –, gli individui e
le famiglie a basso reddito saranno
sottoposti a una forte pressione.
Cosa significa questo concretamente
per i nostri iscritti?
Patrizia Mordini: Molti dei nostri
iscritti svolgono lavori fisicamente
impegnativi, per i quali è già ora una
sfida lavorare fino all’età pensionabile
senza incorrere in problemi di
salute. Il pensionamento anticipato
è fuori discussione per molti a causa
dei relativi tagli che questo comporta.
Un aumento dell’età di percezione
delle rendite sarebbe fatale per
loro.
Gabriela Medici: Inoltre, il tasso di
disoccupazione è il più elevato
proprio per le persone con più di
60 anni. In altre parole, se il pensionamento
anticipato con una rendita
più bassa è fuori questione, anche
cambiare lavoro non è di solito
un’opzione per queste persone. Tra
l’altro, il secondo pilastro non può
colmare questo divario e il terzo pilastro
non dovrebbe essere nemmeno
citato. Solo circa il 10% della
popolazione è in grado di pagare
l’importo massimo previsto dal
terzo pilastro.
Patrizia Mordini: La minaccia di tagli
all’AVS riguarda anche molti dei
nostri iscritti indipendenti. Anche
per loro il secondo pilastro di solito
«Se passa questa riforma, l’età pensionabile
a 67 anni per tutti sarà cosa fatta!»
23
non funziona e un’AVS stabile è essenziale,
soprattutto per loro.
Allora il problema non è tanto l’AVS,
quanto il secondo pilastro…
Gabriela Medici: Esatto, il grande
gap a livello di rendite si trova nel
secondo pilastro. Il divario tra uomini
e donne è del 3 per cento nell’AVS
e di ben il 63 per cento nelle casse
pensioni. Tuttavia, nell’AVS si dovrebbe
tenere conto anche del problema
del divario delle rendite delle
donne, poiché quasi un terzo delle
donne lavoratrici non è nemmeno
iscritto a una cassa pensioni. Nel secondo
pilastro, inoltre, passa molto
tempo prima che una misura porti a
rendite più elevate. In questa costellazione,
indebolire l’AVS non è accettabile.
I testi che pubblicizzano l’«AVS 21»
sostengono che l’AVS non è un sistema
stabile e che il suo finanziamento
non è sicuro.
Patrizia Mordini: Questo non è vero
e ci è stato inculcato erroneamente
da anni dai partiti borghesi! L’AVS è
garantita per i prossimi 10 anni ed è
in attivo, solida ed equa.
Gabriela Medici: La storia delle
previsioni errate dell’AVS è vecchia
quanto l’AVS stessa. Solo l’anno
scorso ha generato effettivamente
un’eccedenza di 2,5 miliardi. L’AVS
è un compito dello Stato e, come
tale, è ancorato nella Costituzione.
L’AVS non può fallire, non sarebbe
possibile da un punto di vista puramente
giuridico.
Quindi ai giovani di oggi è garantita
una rendita AVS?
Gabriela Medici: Certamente!
Un’AVS forte è particolarmente importante
per i giovani. Perché versano
molto meno all’AVS per la loro
rendita rispetto al caso in cui dovessero
provvedere da soli alla rispettiva
previdenza di vecchiaia attraverso
il terzo pilastro. In questo caso, per
una persona di 20 anni con un reddito
medio, stiamo parlando di una
differenza di quasi un quarto di milione!
Per le famiglie, il vantaggio
dell’AVS è ancora maggiore, con un
importo pari a circa 400 000 franchi.
Una lancia a favore dell’AVS …
Gabriela Medici: Infatti (ride). L’AVS
è un progetto per il futuro. Non esiste
alcun conflitto generazionale
nell’AVS. Quest’ultima è incredibilmente
solidale. In concreto, ciò significa
che il 92% della popolazione
riceve dall’AVS più di quanto versa.
Il motivo è che, per i bonus milionari,
vengono versati contributi illimitati,
che rappresentano il restante
8%. Un altro vantaggio della ridistribuzione
solidale è che l’AVS riconosce
il lavoro di assistenza non retribuito.
Non importa che sia un uomo
o una donna a prendersi cura dei
bambini, non importa che a versare
sia un giovane, un anziano, un
uomo o una donna. Si tratta solo di
contribuire tutti, compresi i vertici
aziendali, a finanziare l’AVS. Proprio
per questo l’obiettivo dell’AVS è
così importante e dev’essere finalmente
raggiunto: rendite che possano
garantire il sostentamento di tutti.
Ultima cosa, ma non meno importante:
quale argomentazione consueta
non volete più sentire?
Patrizia Mordini: L’argomentazione
secondo cui l’allineamento dell’età
pensionistica sarebbe dovuto al pari
trattamento uomo-donna, per cui
dovremmo accoglierla favorevolmente,
mi innervosisce parecchio.
L’argomentazione della parità di diritti
è semplicemente cinica. Le donne
continuano ad avere salari più
bassi, un terzo di rendita in meno e
ora devono anche finanziare l’AVS.
Gabriela Medici: Mi infastidisce
davvero che si discuta della previdenza
di vecchiaia in modo del tutto
indipendente dall’importo della
rendita stessa. Già oggi il fattore decisivo
in cui si percepisce una rendita
non è l’età stabilita ai sensi di legge,
bensì l’importo della rendita.
Chi deve lavorare fino a tale età perché
non può permettersi un pensionamento
anticipato ha una rendita
molto più bassa di chi la percepisce
anticipatamente. Oggi, ad esempio,
gli uomini che devono lavorare fino
a 65 anni ricevono meno di 1800
franchi dalla cassa pensioni. Di contro,
quelli che possono andare in
pensione a 60 anni ricevono dalla
cassa pensioni più del doppio della
somma, quindi quasi 4000 franchi. I
prepensionamenti sono registrati
statisticamente per settore. Il settore
che può andare in pensione più
presto è quello assicurativo e finanziario.
Quindi quelli che pubblicano
studi e sostengono che dovremmo
lavorare più a lungo e risparmiare di
più sono le stesse persone che vanno
in pensione il prima possibile.
Tutti gli argomenti per
dire NO alla riforma AVS21
Perché dire NO
Il 25 settembre si voterà sulla
modifica della Legge AVS e
sul finanziamento dell’AVS
attraverso l’aumento dell’IVA:
ecco perché votare NO!
NO a questa strana forma di parità
La riforma dell’AVS verrà realizzata
sulle spalle delle donne, che si ritroveranno
a dover lavorare fino a 65
anni invece che fino a 64.
NO a 26mila franchi in meno
Le donne ricevono già oggi pensioni
di un terzo inferiori a quelle degli
uomini. Con AVS21, ulteriori 7 miliardi
verrebbero risparmiati a
scapito delle donne nell’arco del
prossimo decennio. Per le donne
significa perdere un intero anno di
rendita AVS, pari a un taglio del
reddito di circa 26mila franchi.
NO alla flessibilizzazione ipocrita!
La riforma prevede un inizio «à la
carte» dell’età di pensionamento,
tra i 62/63 anni e i 70 anni. Oggi
però, una volta raggiunta l’età di
pensionamento, i lavoratori con salari
bassi, o quelli che hanno dovuto
interrompere la loro l’attività professionale,
sono costretti a continuare
a lavorare. Perché le loro pensioni
AVS non bastano per vivere.
NO alla pensione a 67 anni!
La riforma AVS sostituisce l’età di
pensionamento legale con una «età
di riferimento», che può essere facilmente
rimandata agli anni seguenti.
Con il pensionamento flessibile si
spalanca la porta a un aumento
dell’età di pensionamento per tutti.
NO a una tassazione antisociale!
Per finanziare parzialmente l’AVS è
previsto un aumento dell’IVA. Ma
questa è una tassa antisociale che
pesa soprattutto sulle fasce più povere
della popolazione, perché pagano
la stessa aliquota dei ricchi.
24 Politica
«La produttività
è misogina»
Autrice e relatrice in materia
di «futuro del lavoro e del management»,
Laetitia Vitaud
fornisce una critica femminista
della produttività, un indicatore
che ignora il lavoro
invisibile gratuito delle
donne.
Intervista: Muriel Raemy
In aprile ha pubblicato «En finir
avec la productivité. Critique féministe
d’une notion phare de l’économie
et du travail» edito da Éditions
Payot. Che cos’è la produttività?
La produttività corrisponde a una
proporzione, a una frazione. Ad
esempio: il numero di automobili
che esce da una fabbrica al termine
di una giornata in rapporto al numero
di lavoratori presenti. Ne risulta
una cifra chiara che illude che si sia
di fronte a un’informazione indiscutibile.
Ma in realtà è difficile isolare
un solo fattore di produzione, è
molto artificioso e ignora ciò che è
importante.
Ovvero?
Nel mondo industriale o nel mondo
agricolo è possibile misurare abbastanza
bene la produttività. Ma
come valutare le conoscenze, il trattamento,
il benessere, le relazioni,
le conseguenze sull’ambiente, sul
dinamismo urbano, sul tessuto sociale?
Per definizione, la produttività
ignora l’influenza delle attività le
une sulle altre, gli effetti esterni e
infine tutto ciò che rappresenta il
sale di un’economia. La stessa critica
viene mossa da tempo al PIL,
eppure questi due indicatori definiscono
la buona o cattiva salute di
un’economia. Da un punto di vista
economico, il mio attacco alla produttività
si basa sul suo carattere
molto limitato, ovvero decisamente
falso.
La sua critica è innanzitutto
femminista.
Sì, con l’economia industriale, la
produzione è affidata all’uomo, al di
fuori dell’abitazione, mentre spetta
invece alla donna la riproduzione
della forza lavoro (ovvero occuparsi
dei figli, della cena e della gavetta
del lavoratore, occuparsi della sua
casa mentre lui lavora ecc.). Relegata
in casa, si ritiene che sia il salario
del marito a dover coprire tutte le
esigenze della famiglia, mentre i
compiti della donna (indispensabili
pertanto alla produzione!) non sono
remunerati. Il loro lavoro non fa
parte dell’economia di mercato.
Le donne sono rese invisibili.
Nel XX secolo, i compiti detti di
“ riproduzione” hanno contribuito
in larga misura all’economia di mercato:
la preparazione dei pasti a
mezzogiorno nelle mense, la cura
delle persone anziane a casa, l’educazione
dei figli ecc. Questi mestieri
sono ancora prettamente femminili
e nettamente svalorizzati. Gli economisti
qualificano come «scarsamente
produttivi» tutti questi mestieri
svolti prevalentemente da donne!
Per molti aspetti, la produttività è
misogina!
La produttività avrebbe potuto essere
una buona cosa, non pensa?
Produrre di più con meno: avremmo
potuto guadagnare tempo per i nostri
svaghi, per occuparci degli altri,
appunto.
Si pensava che il tempo di lavoro si
riducesse, ed è ciò a cui si è assistito
d’altronde tra la fine del XIX secolo
e gli anni Novanta: le persone hanno
potuto coltivare degli hobby, andare
in vacanza ecc. Solo che la riduzione
del tempo di lavoro si è arrestata. Si
è guadagnato in produttività, ma i
lavoratori più produttivi hanno continuato
a lavorare sempre di più. In
particolare, in determinate posizioni
di prestigio, in determinati ambiti
come la finanza, la tecnologia ecc.
Nel contempo, quelli reputati meno
produttivi (tra cui molte donne e lavoratori
precari) si sono visti offrire
retribuzioni basse e posti a tempo
parziale: in altri termini, il lavoro è
semplicemente mal distribuito.
Il libro di Laetitia Vitaud
(in francese)
Diritto e diritti
25
Lavoro come giornalista in
una grossa azienda
mediatica. Il mio collega di
lavoro fa spesso commenti
sessualmente allusivi in
riferimento al mio abbigliamento,
e talvolta lo fa
anche davanti ad altri colleghi.
Quando gliene parlo,
definisce le sue affermazioni
dei complimenti da
me mal interpretati. Non
mi sta bene. Cosa posso
fare?
Qualora il mio datore di
lavoro non dovesse
intervenire, come posso
procedere?
Come posso procedere infine
nei confronti del mio
collega di lavoro? In fin dei
conti, mi ha trattato in
modo umiliante.
Risponde il servizio giuridico di syndicom
L’art. 4 della legge sulla parità dei sessi (LPar) vieta le molestie sessuali sul
posto di lavoro, ovvero vieta qualsiasi comportamento molesto di natura sessuale
tramite parole, gesti o fatti che leda la dignità della persona sul posto di
lavoro, tra cui in particolare anche commenti allusivi e “barzellette” sessiste.
Pertanto, in questo ambito non ci sono complimenti mal interpretati, poiché
non è l’intenzione in sé a fare testo. Se il commento sessista ti è sgradito,
viene considerato molestia sessuale. Dovresti reagire in modo rapido e determinato,
questo infatti costituisce una mancanza di rispetto, lede la dignità,
può demotivare o addirittura far ammalare. Innanzitutto, dovresti chiarire
verbalmente al collega che non tolleri il suo comportamento. Qualora non
ponesse fine alle molestie, dovresti invitarlo a farlo per iscritto, tenere un diario
delle molestie e informare la persona responsabile in azienda, il servizio
del personale oppure il tuo superiore. Nell’ambito del suo obbligo di diligenza,
il datore di lavoro deve intervenire ai sensi della LPar. Informati anche
se nella tua azienda esiste un regolamento che stabilisca diritti e doveri degli
interessati nonché la procedura idonea (eventualmente anche un’ufficiale
procedura interna di reclamo). Se alla fine non si dovesse riuscire a trovare
una soluzione, è possibile contattare gratuitamente l’ufficio di conciliazione
cantonale.
Se non interviene, puoi denunciarlo sulla base della LPar. Il tribunale può da
una parte disporre la cessazione della discriminazione in essere (art. 5 cpv.
1 LPar), dall’altra può riconoscerti un’indennità qualora il datore di lavoro
non sia in grado di dimostrare di aver adottato le misure necessarie (art. 5 cpv.
3 LPar). Qualora il tuo datore di lavoro dovesse effettivamente rescindere il tuo
rapporto di lavoro perché fai valere un diritto secondo la LPar, puoi denunciarlo
per licenziamento illegittimo chiedendo un’indennità (art. 10 LPar).
Si deve inoltre tener conto della protezione di sei mesi contro il licenziamento.
Un licenziamento illegittimo produce però purtroppo degli effetti
giuridici e pone per di più fine al rapporto di lavoro. Nella procedura di equiparazione
non sono previste spese procedurali, ma vengono eventualmente
attribuite delle spese sostenute dalle parti. Il tuo sindacato offre a questo proposito
assistenza giuridica e copre anche le spese nell’ambito della protezione
giuridica professionale.
Contemporaneamente alla procedura legata alla LPar è eventualmente possibile
sporgere denuncia nei confronti del molestatore se si tratta di una molestia
sessuale «impudentemente, mediante parole» ai sensi dell’art. 198 del
Codice penale. Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale quest’ultima
deve essere valutata sulla base delle circostanze concrete e del contesto generale.
Deve essere chiaramente riconoscibile dal punto di vista di un osservatore
obiettivo. Inoltre, la molestia deve essere dimostrata. Le affermazioni dei
colleghi di lavoro possono essere utili. La denuncia penale va presentata entro
tre mesi dall’ultima molestia.
Tutte le precedenti rubriche
su internet
26 Rubriche
Idee
Capire e gestire le emozioni
Negli Anni Novanta la realtà virtuale
(Virtual Reality, VR) era sulla bocca
di tutti: sembrava che occhialoni e
guanti per interagire sullo schermo
virtuale avrebbero cambiato per
sempre la nostra vita, tutto questo
grazie al film «Il tagliaerbe». In Italia,
c’era pure una rivista interamente
dedicata al fenomeno. Dal
2015 la VR è diventata realtà ma ha
faticato a imporsi nella nostra quotidianità.
Poche applicazioni, costi
troppo alti e altro ancora. Negli ultimi
anni, con la tecnologia che sta
diventando sempre più accessibile
grazie anche al continuo flusso di
importanti investitori, la VR sta riemergendo
da un mercato di nicchia
e chissà se il progetto Meta annunciato
da Zuckerberg la farà prosperare.
Studiata in campo medico fin
dal 1984 e utilizzata a livello pratico
ormai da un decennio, la VR è ideale
per il trattamento delle fobie,
come supporto per l’autismo, l’Alzheimer,
o nella riabilitazione fisica,
proponendo movimenti corretti
tramite un gioco. Diventa importante
anche come supporto a livello
formativo. La VR infatti è stata integrata
nel percorso formativo «Intelligenza
emotiva: comunicare con le
emozioni», a Bellinzona il 19 e 21
settembre. Il docente Marko Valdarnini
è un’autorità in materia: sarà
infatti lui a guidare i partecipanti in
un percorso per conoscere l’anatomia
emotiva, le funzioni e gli obiettivi
base delle emozioni. E infine
come comprendere gli stati evolutivi
e quali siano i segnali e le conseguenze
della tristezza o della frustrazione.
Argomenti davvero
importanti per tutti, da esplorare
anche indossando gli occhiali della
VR per creare un’immersione sensoriale
con lo scopo di stimolare
emozioni «chiave» e meglio comprenderle.
Giovanni Valerio
Informazioni aggiornate e lista dei corsi su
helias.ch
Le battaglie delle donne
Quali furono le strategie e i mezzi
adoperati dalle svizzere per ottenere
il diritto di voto e di eleggibilità?
Che tappe seguì questo cammino,
come avvenne la mobilitazione e
quali argomentazioni animarono il
dibattito pubblico? A queste domande
risponde la storica Brigitte
Studer nella sua pubblicazione che
esce proprio a conclusione dei festeggiamenti
per celebrare il suffragio
femminile. Attraverso l’indagine
delle relazioni e pratiche quotidiane,
l’autrice ripercorre successi e
delusioni delle cittadine nella «più
vecchia democrazia del mondo» e
restituisce loro uno spazio di visibilità
nella storia, un nome e «un volto»
(infatti il libro contiene foto e ritratti
di alcune donne in prima linea
per il diritto di voto, a partire da Marie
Goegg-Pouchoulin, fondatrice
dell’Ass. internazionale delle donne
nel 1868). Con l’evidenza di fogli ufficiali
e manifesti del tempo, Studer
documenta i problemi di comunicazione
tra le regioni linguistiche nel
Paese e le spinte giunte dal contesto
internazionale; inoltre ricostruisce
il divario città-campagna ma anche
tra la politica cantonale, comunale e
federale in tema di diritto di partecipazione
politica. Particolare attenzione,
poi, è prestata a come gli uomini
si sono rapportati e identificati
nelle relazioni con le donne – quella
del suffragio femminile, scrive la
storica, è stata una storia «di potere»
e «di violenza». In questo senso, il
saggio riveste un’importanza simbolica
e si pone quale lettura imprescindibile
per chiunque (donne e
uomini) desideri riflettere su temi a
lungo trascurati dalla storiografia
ufficiale e sul peso delle discriminazioni
di genere nel contesto politico
e sociale elvetico.
Valeria Camia
Brigitte Studer, La conquista di un diritto,
Armando Dadò Editore, www.editore.ch
© Fondazione Comensoli
Gli uomini in blu di Comensoli
Le sue opere sono tuttora esposte al
«Ristorante Cooperativo» di Zurigo,
luogo di incontro di migranti e antifascisti
e ancora oggi considerato
punto di ritrovo tradizionale dei
membri della sinistra locale. In occasione
del centenario della nascita
di Mario Comensoli, uno dei più importanti
esponenti del realismo critico
svizzero, la Fondazione Comensoli
organizza dei vernissage a
Zurigo, Lugano e Chiasso. Figlio
adottivo di due sorelle emigrate da
Cesena a Lugano, è cresciuto negli
Anni Venti nel quartiere di Molino
Nuovo a Lugano dove vivevano molti
lavoratori ed emigranti italiani. Durante
la sua giovinezza ha lavorato
come cameriere e manovale vendendo
le sue prime opere d’arte ai turisti.
Negli anni Cinquanta ha immortalato
nei suoi dipinti a olio attimi
di vita delle persone del suo ambiente:
i lavoratori italiani dell’edilizia,
delle fabbriche e del settore dei
servizi. La serie di dipinti «Uomini
in blu» gli ha dato una precoce notorietà.
L’attualità politica e sociale
della Svizzera è stata per Comensoli
un tema presente durante tutta la
sua vita e che scorre come un filo
rosso attraverso la sua opera. Ha
perfezionato costantemente il suo
linguaggio figurativo, lo testimoniano
i dipinti colorati della generazione
del ’68 contraddistinti da femminismo,
emancipazione e pura gioia
di vivere e propensione al consumo.
Negli anni Ottanta e Novanta dal
suo atelier presso la stazione del
Letten poteva guardare direttamente
il Platzspitz di Zurigo. Nelle sue
composizioni più buie ha raccontato
la disperazione e lo squallore della
droga che si consumava sotto ai
suoi occhi. L’eredità che ci ha lasciato
Comensoli può essere ammirata
davanti a una tazza di caffè al «Ristorante
Cooperativo» di Zurigo.
Lydia Schebesta
Le opere di Comensoli sono esposte al
Centro Comensoli a Zurigo e a Kemptthal
1000 parole
La matita di Ruedi Widmer
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28 Eventi 50mila: tante sono le persone scese in piazza il 14 giugno per lo Sciopero
delle donne, a chiedere la parità e anche a dire NO alla riforma AVS21.
Concordi pure i delegati syndicom, riuniti in assemblea il 18 giugno a Berna,
che hanno ribadito il NO allo smantellamento dell’AVS.
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1. Sempre arrabbiate: ancora una volta in piazza per la parità
(© Marc Wegmüller)
2. Verso la Zitglogge, a Berna (© Marc Wegmüller)
3. Non soltanto Piazza Federale, ma in tutta la Svizzera 50mila persone
hanno manifestato per la parità (© Marc Wegmüller)
4. In occasione dello sciopero delle donne, syndicom ha organizzato
diverse attività nelle aziende, qui con il personale di MS Direct a
San Gallo (© syndicom)
5. E qui alla Swisscom Pfingstweidstrasse a Zurigo (© syndicom)
6. Il comitato direttivo di syndicom all’assemblea dei delegati, il 18 giugno
al Bierhübeli a Berna: da sinistra, Daniel Hügli, Matteo Antonini, Daniel
Münger, Stefanie Vonarburg, Patrizia Mordini (© Bruno Dias per syndicom)
7. Chiacchiere e sorrisi fra i delegati e le delegate (Mariem Fiadjigbe e
Janice Matthes) (© Bruno Dias per syndicom)
8. La relazione di Daniel Lampart, capoeconomista USS (© Bruno Dias per syndicom)
9. L’intervento di Augustin Mukamba-Moyo, del Gruppo d’interesse
Migrazione (© Bruno Dias per syndicom)
10. Veduta d’insieme sulla sala del Bierhübeli (© Bruno Dias per syndicom)
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Un lavoro,
una vita
«L’importanza di mediare nelle diverse
situazioni, per trovare la giusta soluzione
Nato e cresciuto in Ticino (per la precisione
a Tesserete), Andrea Zampieri ha
messo le ali intorno a vent’anni. Dopo
qualche soggiorno linguistico in Inghilterra,
si è trasferito a Ginevra, dove ha
dapprima lavorato presso la cassa
Svizzera di compensazione (AVS/AI).
Dopo una parentesi di 10 mesi in Australia,
è ritornato a Ginevra, iniziando
a lavorare per Swisscom, come consulente
alla vendita negli Swisscom Shop.
Padre di due bambini, è appassionato
di calcio e soprattutto di musica (dal
post-punk all’elettronica).
Testo: Maria Giuditta Valorani
Foto: Sandro Mahler
Dialogo e trasparenza
per migliorare
la fiducia reciproca
Sensibile, idealista e conciliante,
sono sempre alla ricerca di dare delle
risposte e trovare soluzioni positive.
Lavoro nello shop Swisscom di Lugano
e sono delegato sindacale all’interno
di syndicom.
Il mio interesse per il sindacato è
nato molto tardi. Infatti, in passato
non avevo conosciuto bene il mondo
dei sindacati, e avevo un’idea abbastanza
negativa della loro utilità, poi
crescendo, con il passare del tempo e
le acquisite esperienze, ho avuto un
interesse sempre maggiore e ho veramente
capito che il sindacato era il
miglior mezzo per lottare, essere
ascoltati e ottenere.
Di fatto, tornato in Ticino dopo
diversi anni, ho avuto modo di conoscere
il segretario regionale syndicom
Nicola Morellato, e ho potuto
capire l’importanza e la rilevanza che
può avere una maggiore conoscenza
delle normative e dei propri diritti
nel mondo del lavoro.
Dunque, sono diventato una voce
degli Swisscom Shop e la figura di riferimento
sindacale, per far conoscere
le realtà e le specifiche dinamiche
di questo settore (diverse da quelle di
altri settori della stessa azienda,
come l’informatico e l’amministrativo,
e così via).
Quindi, a tutti gli effetti, sono
oggi il trait d’union e punto di riferimento
tra i colleghi dello shop e syndicom,
cercando di mediare nelle
diverse situazioni, per trovare delle
buone soluzioni. Con il mio ruolo di
sindacalista attivo, sono diventato il
portavoce dei colleghi per ogni loro
bisogno e/o necessità.
Spinto dal forte desiderio di rendermi
utile, sono sempre più nel
tempo un membro attivo, in grado
di influenzare e cambiare cose non
chiare. Sono particolarmente interessato
a mettere in luce certe zone grigie
e analizzare quali possano essere
i diversi diritti e le possibilità di movimento
in generale, all’interno di
una azienda leader e innovativa come
Swisscom.
Una cosa alla quale tengo particolarmente,
molto importante per il
ruolo che svolgo, è quella di cercare
sempre un dialogo costruttivo e permettere
che si crei maggiore trasparenza,
per migliorare la fiducia tra i
collaboratori e il management. Dunque,
che ci sia sempre una maggiore
sintonia tra le parti.
Penso che sarebbe auspicabile
all’interno di Swisscom un aumento
delle adesioni al sindacato dei vari
lavoratori, per mantenere e migliorare
il benessere dei dipendenti e
del loro ambiente di lavoro, per portare
una maggiore serenità e conseguentemente
far salire Swisscom
alle vette dei Great Place to Work in
Svizzera.
Infine, aggiungendo una nota di
leggerezza, ritengo che comunque
tutto possa e debba essere affrontato
con serenità e intelligenza, e anche
con una giusta dose di senso
dell’umorismo.
Impressum
Redazione: Robin Moret e Giovanni Valerio
(responsabili), Rieke Krüger, Lydia Schebesta
Tel. 058 817 18 18, redazione@syndicom.ch
Traduzioni: Alleva Translations, Alexandrine Bieri
Correzione bozze: Petra Demarchi
Illustrazioni: Katja Leudolph
Layout e stampa: Stämpfli Kommunikation, Berna
Notifica cambi di indirizzo: syndicom, Adressverwaltung,
Monbijoustrasse 33, CP, 3001 Berna
Tel. 058 817 18 18, Fax 058 817 18 17
Inserzioni: priska.zuercher@syndicom.ch
Abbonamenti: info@syndicom.com
Gratis per i soci. Per gli altri: Fr. 35– (estero: 50.–)
Editore: syndicom – sindacato dei media
e della comunicazione, Monbijoustrasse 33,
CP, 3001 Berna
La rivista syndicom esce sei volte l’anno.
Il prossimo numero uscirà il 14 ottobre 2022.
I termini riportati al maschile, laddove ambivalenti,
sottintendono sempre il genere femminile.
31
Il cruciverba di syndicom
In palio un buono REKA del valore di
50 franchi. La soluzione sarà pubblicata
sul prossimo numero insieme al nome
del vincitore. Non è previsto alcuno
scambio di corrispondenza sul concorso.
Sono escluse le vie legali. Inviare la
soluzione entro il 10 settembre a syndicom,
via Genzana 2, 6900 Massagno,
oppure per mail; info@syndicom.ch
La soluzione del cruciverba dello scorso
numero è MOBILITAZIONE. Il vincitore è
Marco Zanetti di Canobbio, a cui va il
premio di 100 grammi d’argento sotto
forma di lingotti offerti da Banca Cler.
Congratulazioni!
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convenienti
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syndicom con il
7% di sconto
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con Reka-Pay può pagare i biglietti
dei trasporti pubblici e delle ferrovie
di montagna, negli alberghi, nei
ristoranti, nelle stazioni di servizio
(AVIA, BP e Coop Pronto) e molto
altro ancora. reka.ch
REKA, PER AVERE DI PIÙ.
32 Inter-attivi
syndicom social
Assemblea dei delegati di syndicom
Giù le mani dalle nostre rendite 3.7.2022
È quanto afferma Yannick Vyaahpooree,
ICT System Manager III presso Swisscom.
Il 25 settembre 2022 voteremo due volte No
al pacchetto «AVS 21»! Impegnati anche tu
con una frase contro il progetto di smantellamento
dell’AVS. twitter.com/YVyaahpooree
18.6.2022
Al Bierhübeli di Berna si è in via eccezionale
ballato e festeggiato, diversamente
da quanto è avvenuto all’assemblea
ordinaria dei delegati #syndicom.
Abbiamo creato le premesse per il prossimo anno,
nonché approvato il bilancio e il conto annuale.
Ci impegniamo per l’uguaglianza salariale, CCL
forti e una riduzione dell’orario di lavoro.
Si chiede più sostenibilità 6.7.2022
Secondo la Piattaforma dell’Agenda 2030, la Svizzera non
è sulla buona strada verso un mondo sostenibile. Essa
chiede al Consiglio federale di assumersi l’obbligo del
dimezzamento della povertà e della protezione del clima
e dei diritti umani. (Fonte: plattformagenda2030.ch)
Una svolta storica 13.6.2022
In occasione della sua 110a conferenza, l’Organizzazione
internazionale del lavoro (OIL) ha deciso di
inserire il diritto a un ambiente di lavoro sicuro e sano nella
Dichiarazione OIL sui principi e diritti fondamentali sul lavoro.
Il mercato delle auto a guida autonoma 1.7.2022
Nel 2020 Amazon ha acquistato la società Zoonx e sta
sviluppando una sua auto urbana a guida autonoma,
per fare concorrenza ad Apple. La battaglia è aperta.
Perché sostenere l’iniziativa sugli asili nido 13.7.2022
1. Perché mancano posti negli asili nido e questo mette in
pericolo la parità.
2. Perché gli asili sono troppo cari. L’iniziativa prevede che
non si debba spendere più del 10% del proprio reddito.
3. Perché l’iniziativa sostiene la formazione e il perfezionamento
delle persone che si occupano dei bambini.
La Posta deve restare a Saint-François!
29.6.2022
Mobilitazione importante a Losanna.
Ho espresso il sostegno degli ecologisti ai
servizi pubblici di prossimità. Non molleremo!
linkedin.com/in/ilias-panchard
TikTok, droga digitale per i più giovani? 1.7.2022
Una nuova droga sta bruciando le menti più fragili, quelle
dei giovani: è TikTok. Lo afferma il blogger americano
Isaiah McCall, fondatore di Medium.
Libertà per Julian Assange
22.6.2022
syndicom si unisce all’appello del
Geneva Press Club per chiedere
la liberazione di Julian Assange. La libertà di
stampa passa anche per gli informatori
(Whistleblowers) come lui.
(twitter.com/syndicom_fr)
Pegasus in tribunale 20.6.2022
Lo scandalo delle intercettazioni Pegasus,
scoppiato un anno fa, è ora al vaglio della
magistratura francese. Il Tribunale di Parigi
ha accolto la causa contro NSO Group,
l’azienda che ha realizzato il programma
che permette la sorveglianza illegale dei
telefoni mobili. A breve sarà nominato un
magistrato inquirente per questo caso,
che riguarda la privacy di tutti noi.
La rapida ascesa di Uber 10.7.2022
Grazie al giornale «The Guardian e a un consorzio di
giornalisti investigativi, sono stati scoperti oltre 124mila
documenti interni di Uber, compresi tra il 2013 e il 2017,
che mostrano come Uber abbia cercato di ottenere supporto
corteggiando (più o meno discretamente) leader
politici, miliardari, rappresentanti dei media.
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