I Quaderni di WineCouture Dicembre / 2022
I Quaderni di WineCouture sono monografie, disponibili gratuitamente al pubblico nel loro formato cartaceo presso le enoteche dell'associazione Vinarius, dedicate a una tipologia specifica, a un particolare momento di consumo o a un’area di produzione, che si pone l’obiettivo di fornire ai consumatori una “guida all’acquisto” e alla conoscenza delle etichette disponibili sul mercato, mediante il racconto delle stesse e delle cantine che le producono.
I Quaderni di WineCouture sono monografie, disponibili gratuitamente al pubblico nel loro formato cartaceo presso le enoteche dell'associazione Vinarius, dedicate a una tipologia specifica, a un particolare momento di consumo o a un’area di produzione, che si pone l’obiettivo di fornire ai consumatori una “guida all’acquisto” e alla conoscenza delle etichette disponibili sul mercato, mediante il racconto delle stesse e delle cantine che le producono.
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definitivamente alla tra<strong>di</strong>zione natalizia, come racconta<br />
Pietro Verri, filosofo e storico, che nei suoi scritti lo definisce<br />
“pane <strong>di</strong> tono”, ovvero pane <strong>di</strong> lusso, de<strong>di</strong>cato alle occasioni<br />
speciali. Persino Brueghel il Vecchio lo raffigurò nei suoi<br />
quadri, ispirato pare dai libri <strong>di</strong> ricette del cuoco milanese<br />
Bartolomeo Scappi. Ma storie e leggende non finiscono<br />
qui. Ne esistono, infatti, almeno tre <strong>di</strong>verse sulla sua nascita.<br />
Secondo alcuni, messer Ughetto degli Atellani, figlio del<br />
falconiere <strong>di</strong> corte, che abitava nella Contrada delle Grazie<br />
a Milano, innamorato della bella Adalgisa, figlia <strong>di</strong> un<br />
fornaio, si fece assumere nella panetteria come garzone. Per<br />
incrementare le ven<strong>di</strong>te, Ughetto provò a inventare un dolce:<br />
con la migliore farina del mulino impastò lievito, uova, burro,<br />
miele e uvetta sultanina, per poi cuocerlo nel forno. Fu un<br />
grande successo in tutta la città e gli permise <strong>di</strong> coronare il<br />
sogno <strong>di</strong> sposare la sua bella. Un’altra leggenda, invece, fa<br />
risalire l’origine del panettone a un fortunato errore. Quella più<br />
accre<strong>di</strong>tata conduce nelle principesche cucine <strong>di</strong> Ludovico il<br />
Moro. Il capo dei cuochi, incaricato <strong>di</strong> preparare il sontuoso<br />
banchetto <strong>di</strong> Natale, alla fine della giornata si addormentò<br />
prima d’aver infornato una focaccia dolce. Al suo risveglio<br />
l’impasto, lievitando, era uscito dalle ciotole e sembrava<br />
ormai irrecuperabile. Mentre il capocuoco si <strong>di</strong>sperava,<br />
temendo l’ira del duca, il giovane sguattero Toni ebbe<br />
un’improvvisa intuizione: a quell’informe impasto aggiunse<br />
tutti gli ingre<strong>di</strong>enti che aveva sottomano, dal burro alle uova<br />
e ancora miele, uvetta, scorza <strong>di</strong> cedro, frutta e così via, poi lo<br />
infornò. Quando quel bruno dolce venne portato in tavola,<br />
tutti ne furono entusiasti e al duca, che voleva conoscere il<br />
nome <strong>di</strong> quella prelibatezza, il cuoco rivelò il segreto: “L'è 'l<br />
pan del Toni”, ossia il panettone. Terza e ultima variante della<br />
leggenda, quella che attribuisce l’invenzione del panettone<br />
a suor Ughetta, monaca in un convento molto povero che,<br />
per celebrare il Natale insieme alle sue consorelle, aggiunse<br />
all’impasto <strong>di</strong> pane zucchero, burro, can<strong>di</strong>ti e uvetta, tracciando<br />
con il coltello una croce sulla sommità del dolce in segno <strong>di</strong><br />
bene<strong>di</strong>zione: la ricetta si <strong>di</strong>ffuse velocemente tra tutti i citta<strong>di</strong>ni<br />
milanesi che iniziarono a fare cospicue offerte per comprare<br />
una fetta <strong>di</strong> quel dolce speciale.<br />
Quel che sappiamo <strong>di</strong> certo, comunque, è che all’inizio il<br />
panettone era come una grossa pagnotta: l’impasto non veniva<br />
inserito in uno stampo e, una volta cotto, restava largo e basso.<br />
È Angelo Motta a cambiare le cose, nel 1920, circondando<br />
con una fascia <strong>di</strong> carta l’impasto: nasce così la classica forma<br />
a “fungo” che tutti ben conosciamo. Amato in tutto il mondo,<br />
ancora oggi gli ingre<strong>di</strong>enti utilizzati per la sua preparazione<br />
sono gli stessi. Per un panettone da 1,5 chilogrammi,<br />
occorrono: 500 grammi <strong>di</strong> farina <strong>di</strong> forza, 250 grammi <strong>di</strong><br />
burro, 225 grammi <strong>di</strong> zucchero, 9 uova gran<strong>di</strong>, miele <strong>di</strong><br />
acacia, semi <strong>di</strong> vaniglia, 200 grammi <strong>di</strong> uvetta e, per finire,<br />
150 grammi <strong>di</strong> frutta can<strong>di</strong>ta. Ma se gli ingre<strong>di</strong>enti sono<br />
semplici, non altrettanto lo è il proce<strong>di</strong>mento, che richiede<br />
<strong>di</strong>versi giorni <strong>di</strong> lavoro e <strong>di</strong> lievitazione, nonché l’esperienza<br />
<strong>di</strong> un vero pasticcere. Ma poi, quando arriva in tavola<br />
esistono anche delle regole <strong>di</strong> bon ton su come si gusta.<br />
Il panettone si mangia con le mani, tenendolo la fetta<br />
con la sinistra e portando alla bocca piccole porzioni <strong>di</strong><br />
dolce con la destra. Questo in<strong>di</strong>cano le buone maniere a<br />
tavola. Ma c’è un’eccezione: quando è servito ricoperto<br />
con una crema al cucchiaio liquida, va servito su un piatto,<br />
sdraiando la fetta. Si utilizzerà, poi, la forchettina da dolce<br />
per tenere fermo il panettone, mentre il cucchiaio servirà<br />
a porzionarlo e portarlo alla bocca. Con un importante<br />
nota bene: va servito a tavola insieme alla frutta <strong>di</strong> stagione<br />
e mai con il caffè (che va accompagnato con meringhe e<br />
cioccolatini). E ricordando il detto “San Biagio bene<strong>di</strong>ce<br />
la gola e il naso”, non <strong>di</strong>menticatevi che a Milano è uso<br />
conservare una porzione del panettone mangiato a Natale,<br />
per poi con<strong>di</strong>viderlo in famiglia il 3 febbraio, festa <strong>di</strong> San<br />
Biagio. Un gesto propiziatorio per tenere lontani mal <strong>di</strong><br />
gola e raffreddori, secondo la tra<strong>di</strong>zione. Un’ottima scusa<br />
per guastare l’ultimo panettone dopo le feste, per tutti.<br />
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