WineCouture 1-2/2023
WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.
WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.
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3<br />
Un racconto<br />
di due mondi<br />
Viaggio al cuore di Rapitalà, la Sicilia nel calice<br />
da un punto di vista francese<br />
U<br />
na vita non è sufficiente per riassumere la storia<br />
e la filosofia di Rapitalà. Perché tre sono<br />
le esistenze che definiscono i tratti della più<br />
francese tra le cantine siciliane. Tre vite, che<br />
danno forma a due generazioni (che in realtà<br />
sarebbero tre, a contare sul lato paterno un Muscadet della<br />
Loira la cui memoria si perde nelle nebbie del tempo) di<br />
un racconto siculo-bretone in vigna, la cui sintesi<br />
è oggi la visione che Laurent Bernard de la<br />
Gatinais (in foto) preserva in sé, “avendo<br />
ereditato i migliori difetti di entrambi i<br />
mondi”, come scherzosamente sottolinea<br />
a <strong>WineCouture</strong>. Gli altri due<br />
protagonisti da conoscere sono i genitori<br />
dell’attuale presidente della Tenuta<br />
che, al cuore della Doc Alcamo,<br />
si estende per 260 ettari (“comprensivi<br />
del recente riacquisto di una porzione<br />
di terra, la dote di zia Maruzza, venduta<br />
dal bisnonno materno per maritare la prima<br />
figlia”), di cui 176 vitati: il conte Hugues Bernard de la<br />
Gatinais e sua moglie Gigi Guarrasi. Perché è necessario<br />
andare alle radici, alle origini della storia, per comprendere<br />
i vini che oggi nascono in questa terra il cui nome, richiamo<br />
dell’arabo Rabat-Allah, “giardino di Allah”, testimonia<br />
quella che ne è la vocazione fin dall’antichità. Un racconto<br />
che prende il via per “colpa” di una bocciatura alla maturità<br />
e a una famiglia palermitana che offre alla figlia di due<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
cari amici la possibilità di prendere il posto del ripetente<br />
in un viaggio in Bretagna agli inizi degli anni ’60. È questa<br />
la scintilla che innesca un susseguirsi di eventi che porta,<br />
nonostante l’ammonimento di uno zio che la ospitava in<br />
casa di “non osare neanche guardare la ragazza siciliana”, il<br />
giovane ufficiale della marina francese Hugues Bernard de<br />
la Gatinais a incontrare Gigi Guarrasi. Passano pochi anni<br />
e i due si sposano, con il conte bretone che viene<br />
“importato” al sole di Sicilia esattamente<br />
in quell’anno 1968 quando la zona dove<br />
sorge Rapitalà è sconvolta dal terremoto<br />
del Belice. A farne le spese anche<br />
la cantina, di proprietà della famiglia<br />
Guarrasi fin dal 1800, che tuttavia<br />
non solo rinasce come rinasce il ramarro,<br />
ma nella sua autorigenerazione<br />
dà inizio a un nuovo e inedito cammino.<br />
È quello che conduce fino all’oggi<br />
di una realtà che è nutrimento, economico<br />
ma anche per la cura che l’azienda riserva alla<br />
salvaguardia ambientale, per un intero territorio. Con<br />
la splendida contraddizione della perfezione disegnata<br />
dalle geometrie di filari che fa da specchio a strade d’accesso<br />
complicate, quasi a voler celare il tesoro. Una Sicilia<br />
che non ci si aspetta, a ribadire il suo essere continente in<br />
miniatura, nelle mille sfumature dell’isola, quando si parla<br />
di vino, di vigne d’altitudine, corpo unico che si estende<br />
tra i 300 e i 600 metri s.l.m. Ed è quest’ultimo un elemen-<br />
to decisivo da tenere bene a mente, perché è la chiave del<br />
fattore “freschezza” che si dipana come fil rouge nel calice<br />
tra le produzioni Rapitalà. Vini siciliani, certo, ma dall’anima<br />
transalpina. “Con Rapitalà bevi la Sicilia da un punto<br />
di vista francese”, spiega Laurent Bernard de la Gatinais.<br />
“È una storia facile da comprendere, quella svelata da ogni<br />
etichetta. Ma, attenzione: questo non significa che siano<br />
racconti banali o di scarso interesse”. Già, perché ognuno<br />
degli oltre 100 appezzamenti in cui è suddiviso il vigneto<br />
rappresenta la tessera di un affascinante mosaico siciliano,<br />
dalle differenti sfumature organolettiche ma con uno stile<br />
unico: quello Rapitalà. “Ogni filare ha il suo vino”, riprende<br />
de la Gatinais. “Cerchiamo di vinificare ogni appezzamento<br />
singolarmente, arricchendo quella che diviene poi<br />
come la credenza di uno Chef. Questo, per disporre di tutti<br />
gli ingredienti su cui plasmare la ricetta capace di esaltare<br />
le potenzialità di ciascuna tessera del mosaico”. Bianchi o<br />
rossi che siano, sono vini fratelli, quelli di Rapitalà, ma di<br />
ciascuno è riconoscibile identità e specifico profilo. E se<br />
Hugues Bernard de la Gatinais fu tra i primi a piantare vitigni<br />
internazionali in Sicilia, la partita si è sempre giocata<br />
su due tavoli, con interpretazioni assolutamente peculiari<br />
anche degli autoctoni isolani. E, una volta assaggiati, non<br />
si può non diventare ambasciatori di questi vini. Innanzitutto,<br />
per la loro estrema modernità. “Non è una Sicilia Barocca,<br />
opulenta”, evidenzia Laurent Bernard de la Gatinais.<br />
“È una Sicilia più elegante, raffinata, diversa: sia il terroir,<br />
sia la nostra storia lo testimoniano. Lo si capisce bene col<br />
Nero d’Avola, che si allontana da un’immagine o da tratti<br />
pomposi”. È un racconto, quello dei vini firmati Rapitalà, di<br />
emozioni e momenti perfetti per godere di ogni etichetta:<br />
cartoline che rimandano a una spiaggia, al sole e alla brezza<br />
marina estiva, oppure istantanee di casa, con la condivisione<br />
di un calice mentre si cucina. “Sapidità e mineralità sono<br />
i due fattori che il terroir regala ai nostri vini”, sottolinea de<br />
la Gatinais. “A cui si aggiungono le spezie sui rossi: queste<br />
le tre caratteristiche chiave per procedere nella lettura”. E<br />
poi la freschezza di cui si accennava prima, a fare da collante.<br />
Dall’annata 2021, tutti i vini sono anche bio. “La nostra<br />
naturale evoluzione era quella, la vera sfida del biologico è<br />
stata in cantina”, spiega il presidente di Rapitalà. “Perché<br />
erano i nostri vini che dovevano diventare biologici senza<br />
perdere la loro personalità e qualità”. E il terroir ha risposto<br />
alla perfezione. “C’è chi ha detto che oggi i vini sono<br />
più sexy: è vero. Sono più coinvolgenti e hanno un equilibrio<br />
migliore di prima, un’armonia che ha limato ogni<br />
precedente spigolatura”. È il know-how ad aver fatto anche<br />
in questo caso la differenza. “Per noi crescere significa trasferimento<br />
di conoscenze”, spiega de la Gatinais. “Abbiamo<br />
imparato a non fare: ma occorre apprendere prima di stabilire<br />
cosa si può togliere mantenendo la stessa qualità. E da<br />
sempre, nel nostro DNA c’è questa prospettiva di osservare<br />
le cose nella loro interezza, così da poi definire il cammino<br />
da seguire”. Oggi, in Rapitalà, si conosce il cosa, il dove e il<br />
quando, in ogni aspetto del lavoro. “Obiettivo agronomico<br />
ed enologico procedono di pari passo e c’è sinergia tra la<br />
visione di chi guida, la mano di chi sta in cantina, l’occhio<br />
di chi è in vigneto: i nostri, infatti, sono i vini di Rapitalà,<br />
perché frutto del lavoro di una squadra, non di un singolo”.<br />
Ed è così che nascono profili spesso difficilmente catalogabili,<br />
che spiccano per modernità, con la loro snellezza e<br />
freschezza a vestire anche i vitigni più tradizionali. Come<br />
testimoniano etichette quali il Bouquet Bianco, che sottolinea<br />
come anche in Sicilia possano nascere vini aromatici,<br />
il Nuhar, che esprime la misteriosa eleganza del connubio<br />
tra Pinot Noir e Nero d’Avola, il “supersicilian” Hugonis,<br />
dove il vitigno principe isolano a bacca rossa si cela dietro<br />
il Cabernet Sauvignon, o lo Chardonnay Conte Hugues,<br />
che mantenendosi saldo nel solco tracciato dal “proprio”<br />
profilo di tostatura delle barrique di quercia francese in cui<br />
affina, definisce un vino di un altro mondo ma impossibile<br />
da ricondurre ad altri universi per via della sua inimitabile<br />
identità. Un discorso, questo delle singole personalità, che<br />
vale anche per gli autoctoni Nero d’Avola Alto Reale, Catarratto<br />
Vigna Casalj o Grillo Viviri. Per un racconto di due<br />
mondi da leggere e godere, sorso dopo sorso.<br />
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