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siciliana

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in cui la donna sa come ribattere al corteggiatore usando toni alquanto<br />

duri. Cielo d’Alcamo toglie dunque il velo aristocratico alla fin’ amor. Con<br />

lui si sottolinea in modo anche blasfemo (si veda la disponibilità, da parte<br />

del personaggio maschile, di un accoppiamento necrofilo: Se tu nel mare<br />

gittiti, donna cortese e fina,/ dereto mi ti misera per tutta la marina,/ e poi<br />

ch’annegasseti trobarati a la rina;/ solo per questa cosa adimpretare:/ con teco<br />

m’aio a giungiere a peccare (vv. 121-5) 32 ) la carnalità del rapporto uomodonna<br />

portandolo in un milieu ”borghese” in aperta rottura con il suo<br />

ambiente sociale: A lo letto ne gimo a la bon’ora/ ché chissà cosa n’è data in ventura<br />

(vv. 159-60). Cielo dà della ”villana” a madonna, la rende più reale,<br />

conscia della propria intelligenza e la pone, fatto questo innovativo, sullo<br />

stesso piano sociale del cavaliere (in realtà lui stesso un quasi giullare) con<br />

una precisa volontà di satira nei confronti della pastorella provenzale. Il<br />

rivoluzionario componimento è stato definito «uno fra i più antichi documenti,<br />

probabilmente il più antico, di quell’espressionismo vernacolare<br />

che durerà fino all’età barocca» (Contini 1960:175).<br />

32 Se tu ti getti in mare, donna cortese e fina [complimento preso di peso alla lirica<br />

aulica, Ndr], ti verrò dietro per tutta la marina, e se ti annegassi, ti troverei sulla<br />

spiaggia [rina=rena, la sabbia della spiaggia, Ndr] e farei questo solo per impetrare che<br />

con me t’abbia a congiungere ed a peccare.<br />

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