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siciliani più raffinati alternavano con quelli in -ia, per evitare, sembra,<br />
la noia di ripetere le stesse desinenze (Parodi 1957:152) (si rimanda a<br />
Giacomo da Lentini, ai vv. 57-60 di «Madonna, dir vo voglio»: Che s’eo<br />
no li gittasse/ parria che soffondasse,/ e bene soffondara,/ lo cor tanto gravarain<br />
suo disio).<br />
Il toscaneggaimento è probabilmente stato un lavoro agevole<br />
dato che il siciliano ed il toscano terminano le parole in vocale e mantengono<br />
il numero stesso di sillabe della voce latina. Tuttavia, tra vocalismo<br />
di Sicilia e vocalismo di Toscana esistono, accanto agli accordi,<br />
divergenze tali che il copista si trovava costretto o a rinunciare alla rima<br />
o a conservare la veste <strong>siciliana</strong>. Per esempio, le rime siciliane amurusu<br />
e nuiusu sono state trascritte in amoroso e noioso, eliminando in tal<br />
modo ogni ricordo della primordiale sicilianità. Invece, con le rime siciliane<br />
del tipo nutrisci e accrisci, ascusu e usu, o si doveva operare il<br />
travestimento toscano in nutrisce e accresce, ascoso e uso, e si veniva perciò<br />
meno alla salda consuetudine di adoperare la rima perfetta, oppure<br />
si scriveva - come si è fatto per quanto riguarda la prima coppia di rimanti<br />
- nutrisce e accrisce, e uso e ascuso lasciando una spia evidentissima<br />
dell’originale siciliano. Lettori ed imitatori hanno ritenuto ancora<br />
lecito far rimare o chiusa con u, tanto che anche Dante usa come:lume<br />
(Inf. X, 67:69) (Stussi 1994:71). In siciliano c’era una sola o e quindi, facendo<br />
rimare un latinismo (o provenzalismo) come amori (invece del<br />
locale amuri) con cori, si aveva rima perfetta; non altrettanto in Toscana<br />
dove amore ha una o chiusa e core una o aperta. Prendiamo ancora una<br />
volta la canzone del Notaro «Madonna, dir vo voglio» per addurre ulteriori<br />
esempi:<br />
Madonna, dire vi voglio<br />
come l’Amore m’à preso;<br />
inver lo grande orgoglio<br />
che voi, bella, mostrate, e’ no m’aita.<br />
Oi lasso, lo me’ core<br />
ch’è ’n tanta pena miso,<br />
che vede che si more<br />
per ben amare, e tenolosi in vita.<br />
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