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Turismo del Gusto Magazine - Gennaio 2024

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N°23

Rivista bimestrale

Gennaio/Febbraio 2024

Questo magazine è un allegato del sito www.turismodelgusto.com

Direttore Responsabile Roberto Rabachino

La Madernassa a Guarene

molto più che una stella (Michelin)

La memoria degli alberi

di Gran Canaria

Il nuovo cortometraggio

del Consorzio Prosecco DOC

Rozelieures, il Single Malt francese

dai campi di orzo alla bottiglia

SAGNA S.p.A.

il gusto di una costante selezione di eccellenze

Editore e Amministrazione ADV SRLS – Torino – Italia



Direttore Responsabile

Roberto Rabachino

direttore@turismodelgusto.com

Redazione Centrale:

Gladys Torres Urday

Paolo Alciati

redazione@turismodelgusto.com

Editore e Amministrazione

ADV SRLS – Torino – Italia

P.IVA 11457360011

qualityadv@turismodelgusto.com

Grafica e Impaginazione

Martina Rabachino

m.rabachino@turismodelgusto.com

Collaborazioni:

Paolo Alciati, Enza D’Amato, Franca Dell’Arciprete Scotti, Silvia

Donatiello, Jimmy Pessina e Redazione Centrale

Immagini:

Paolo Alciati, Franca Dell’Arciprete Scotti, Redazione Centrale,

Enza D’Amato, Jimmy Pessina, Consorzio Tutela Prosecco DOC,

Silvia Donatiello, Tourism New Zeland, Philippe Labeguerie

Credit Cover

Foto di D Mz da Pixabay

Questo magazine è un allegato del sito www.turismodelgusto.com.

Il sito viene aggiornato senza alcuna periodicità dichiarata e per questo motivo non

può considerarsi un prodotto editoriale o testata giornalistica come previsto dalla

Legge 8 febbraio 1948, n.4.

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ADV SRLS – Torino – Italia

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Contenuti

#TuttoDrink

#TuttoFood

8 SAGNA S.p.A., il gusto di una costante selezione

di eccellenze, da concedersi durante le feste

12 Rozelieures, il Single Malt francese – dai campi di

orzo alla bottiglia

20 Ristorante La Madernassa a Guarene (CN) –

Molto più che una stella (Michelin)

28 Cetara: buone pratiche per un nuovo turismo


#TuttoOk #TuttoTravel #Speciale

Degustando

36 Dal 12 al 14 febbraio 2024 il

prossimo Wine Paris & Vinexpo Paris

44 Assaporare l’inverno

nell’esclusivo mondo acquatico dei

Quellenhof Luxury Resorts

50 Aspettando la Fiera del

Cicloturismo, dove pedalare in

inverno

62 Il nuovo cortometraggio del

Consorzio Prosecco DOC

68 FSC: il futuro responsabile

passa attraverso i tappi in sughero

72 Da Col Vetoraz l’arte ha un

posto privilegiato

82 Nuova Zelanda: tra Oceano

Pacifico e Vulcani

88 Il delta del Po di Rovigo: le

Everglades italiane

94 La memoria degli alberi di

Gran Canaria

102 La Cantina St. Michael-Eppan

festeggia 10 anni di Appius con una

degustazione storica


6 TuttoDrink


#

8

TuttoDrink

SAGNA S.p.A., il gusto

di una costante selezione di

eccellenze, da concedersi

durante le feste

12 Rozelieures, il Single Malt

francese – dai campi di orzo alla

bottiglia

TuttoDrink

7


8 TuttoDrink


SAGNA S.p.A.

Il gusto di una costante selezione di eccellenze,

da concedersi durante le feste

Si chiude un 2023 segnato da eventi imprevedibili, ma che non hanno

influito negativamente nel consumo di champagne, vini e distillati

di eccellenza distribuiti dalla famiglia torinese Sagna

A cura di Redazione Centrale TdG

La quarta generazione, i fratelli Leonardo e Carlo

Alberto Sagna, da qualche anno sta traghettando

l’azienda, fondata nel 1928, in una nuova

dimensione pur rimanendo fedelmente attaccata e al

contempo attratta da chi l’ha preceduta nella gestione

aziendale: il Sig. Giusto Lusso, Presidente della società

da una ventina di anni e Massimo Sagna, AD nonché

ineguagliabile front man, un comunicatore appassionato

di quelle che sono le storie che animano le aziende

presenti nel catalogo piemontese.

Sono 40 le Case attualmente rappresentate; in questi

ultimi dodici mesi, oltre ad aver potenziato la rete vendita,

i due fratelli si sono concentrati nella selezione e

inserimento di vecchi millesimi prodotti dalle aziende

italiane, dai toscani Canalicchio di Sopra e Querciabella

alle cantine delle Langhe, il Castello di Neive e

Pianpolvere Soprano.

A questi si aggiunge un instancabile sguardo ai vini

prodotti all’estero, Francia in primis ma anche la sempre

più dibattuta Svizzera. La scelta è ricaduta su ben

4 spumanti metodo classico prodotti nella Loira dalla

storica azienda Marc Bredif: due Chenin in purezza

della zona del Vouvray e due Crémant de la Loire

a base Chardonnay. Espressivi, moto impattanti per

Barolo Pianpolvere Soprano Riserva

TuttoDrink

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struttura e potenziale evolutivo i primi, più seduttivi

e approcciabili per la loro apertura e morbidezza i secondi.

Una selezione sfaccettata, che accontenta tutti i

palati. Restando in Borgogna, si è ampliata l’offerta di

Chardonnay prodotti da Albert Pic, che vanta superfici

vitate in tutte e 7 i climat dell’AOC Chablis Grand Cru.

Lato rossi, invece, si è dato ancora più spazio ai Gamay

di P.Ferraud: Brouilly, Julienas e il corposo Morgon

vanno a completare la già ricca selezione, che vede i cru

Mouilin a Vent e Fleurie a primeggiare per l’approccio

palatale gioviale e dinamico.

A fargli da contraltare ci sono i tanti e grandissimi

Pinot noir del Domaine Faiveley di Nuits-Saint-Georges

che, grazie alla sua vastissima proprietà terriera,

123 ettari, riesce a produrre oltre centocinquanta cru. La

selezione di Sagna S.p.A. sfiora le 60 referenze. Ma tra

le novità più entusiasmanti ci sono i bianchi svizzeri a

base Chasselas prodotti dall’azienda Mont le Vieux

sul Lago di Ginevra, vini agrumati, freschi e dalla

spiccata freschezza prima che mineralità che grazie alla

loro bassa gradazione alcolica riescono a guadagnarsi

molti consensi, soprattutto tra i più giovani.

Canalicchio di Sopra

Rosso di Montalcino

Brédif Brut Extrême

Tante etichette dunque si sono dunque aggiunte a

questa che rappresenta la selezione più prestigiosa in

Italia e che in occasione delle prossime feste sfoggeranno

il loro profilo. Consigliati un Rosso di Montalcino

(Canalicchio di Sopra) e una Barbera d’Alba (Castello

di Neive) per accompagnare i primi piatti, un Morgon

Les Charmes (P.Ferraud) o un Les Cazetiers Premier

Cru (Domaine Faiveley) per i secondi. Immancabili, poi,

gli Champagne, che l’azienda importa e distribuisce da

decadi. Questo 2023 sarà infatti ricordato dalla società

per i suoi 95 anni di attività e i 35 anni di collaborazione

con la Maison Louis Roederer, celebre per la sua cuvée

Cristal®, ma non solo.

Info: www.sagna.it

Moulin à Vent

10 TuttoDrink


DISTRIBUITO DA SAGNA S.P.A. DAL 1928 - WWW.SAGNA.IT TuttoDrink

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il Single Malt francese –

dai campi di orzo alla bottiglia

Rozelieures è la storia di una famiglia visionaria che ha trasformato

la propria fattoria familiare in una vera e propria distilleria

conosciuta e in un punto fermo del whisky francese

A cura di Redazione Centrale TdG

Oggi è uno dei rari brand di whisky al mondo a possedere il 100%

della materia prima e controllare il 100% del processo. I cereali,

la maltazione, la distillazione, l’invecchiamento: tutto è fatto in

casa – autonomia energetica inclusa – in un raro e unico modello di integrazione

verticale, in un esempio di fattoria del ventunesimo secolo. L’acqua

della regione, la Lorena, è celebre per la sua purezza.

Tutti i whisky Rozelieures sono Single Malt e tutti sono distillati due volte

per un’intensità aromatica ineguagliabile, inoltre la distilleria è la prima in

Francia a proporre anche whisky torbati. L’invecchiamento avviene in botti

provenienti da varie regioni: Kentucky, Xerez, Borgogna, Valle del Rodano,

Banyuls, Armagnac e Sauternes. Tutte le botti riposano in tre magazzini,

ognuno con differenti caratteristiche che donano ai whisky aromi e profumi

estremamente fini e complessi.

Rozelieures è una distilleria familiare, una vera e propria fattoria che si

distingue per il suo orgoglio e per la volontà di creare Single Malt dall’identità

chiara ma differenti uno dall’altro in base al malto utilizzato e alla grande

attenzione per le diverse tipologie di invecchiamento.

12 TuttoDrink Rozelieures,


TuttoDrink

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“Qualità, Cultura, Territorio” in ogni selezione,

ha scelto di distribuire l’intera gamma dei Single

Malt Rozelieures.

In particolare la novità per l’italia sarà rappresentata

da Les Argileux, whisky che ricordano

le logiche produttive di Cognac ed Armagnac

nella scelta di un terroir ben preciso, in questo

caso tutto il malto arriva da una zona

seminata chiamata Tiachamps.

Questo whisky viene invecchiato

in botti ex-Cognac e botti di rovere

francese nuovo. Al naso è molto

espressivo con note di cereali e

di bosco. In bocca è ben presente

la frutta gialla con sentori di

spezie che precedono un finale

cremoso.

14 TuttoDrink Rinaldi 1957, attenta nel rispettare il suo motto


Altri whisky della gamma saranno Origin Collection,

invecchiato in botti ex-Sherry, Subtil Collection in

ex-Cognac, Rare Collection in ex-Sherry, ex-Cognac

ed ex-Sauternes, Peaty Collection e Smoked Collection

dalle note decisamente torbate ma allo stesso tempo

fruttate e con sentori di cereali.

L’obiettivo dei Parcellaire è evidenziare l’influenza

del terroir nel gusto del whisky perché vengono

realizzati whisky con le stesse tempistiche e modalità

di raccolta dell’orzo, lo stesso tipo di distillazione e

invecchiamento. Il controllo totale di ogni fase del processo

produttivo permette una tracciabilità impeccabile

dei whisky, dal singolo campo (parcella) alla bottiglia.

Grazie ai suoi single malt con orzo di una sola parcella,

la distilleria di malto Rozelieures mette in evidenza la

ricchezza e la diversità del terroir della Lorena. Ciascuno

è in edizione limitata: circa 3.000 bottiglie al mondo

ogni anno (a seconda delle dimensioni del campo).

Le Parcellaire “Mont-Poiroux” – 43° – 70 cl

Orzo invernale coltivato su terreno argilloso-calcareo

dall’appezzamento di Mont Poiroux: piantato il 30

settembre 2017, raccolto il 25 giugno 2018 e maltato nel

dicembre 2018.

Questo Single Malt è stato distillato in discontinuo nel

marzo 2019 prima di essere affinato in barriques nuove

di legno francese, in botti ex Cognac ed ex Bourbon.

Rozelieures Le Parcellaire ” Mont-Poiroux ” è un whisky

non torbato dal profilo aromatico minerale e salino

Le Parcellaire “Blanches-Terres” – 43° – 70 cl

Orzo invernale coltivato su terreno limoso (suolo

costituito al 10% di sabbia, all’80% di limo e al 10% di

argilla) dall’appezzamento Blanches Terres: piantato

a fine settembre 2017, raccolto il 27 giugno e maltato a

dicembre 2018. Questo Single Malt è stato distillato in

discontinuo nel marzo 2019 prima di essere affinato in

barriques nuove di legno francese, in botti ex Cognac

ed ex Bourbon.

Il Single Malt Rozelieures Le Parcellaire “Blanches-Terres”

è stato distillato in doppia distillazione

nell’aprile 2019 prima di essere invecchiato in botti ex

Cognac ed ex Bourbon. Le Parcellaire “Blanches Terres”

è un whisky non torbato dal profilo aromatico fruttato

e floreale.

Note di degustazione

• Naso: Note vegetali e floreali

• Bocca: Vegetale con lievi note di mentolo, agrumi

(pompelmo), ricco e complesso.

• Finale: Salino e leggermente speziato

Distribuito da Rinaldi 1957

Viale Masini, 34 – Bologna

tel. 051 4217811

Note di degustazione

• Naso: aromi di cereali e di legno

• Bocca: minerale, cereali e spezie dolci

• Finale: salino e con sentori di legno

TuttoDrink

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16 TuttoDrink


TuttoDrink

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18 TuttoFood


#

TuttoFood

20 Ristorante La Madernassa a

Guarene (CN) – Molto più che una

stella (Michelin)

28 Cetara: buone pratiche per

un nuovo turismo

TuttoFood

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Ristorante La Madernassa a Guarene (CN)

– Molto più che una stella (Michelin)

Nove anni in Francia e cinque in Svizzera sono fortemente indicativi

del respiro internazionale che lo chef Giuseppe D’Errico, al

suo secondo anno in Italia, ha portato nella cucina del ristorante

La Madernassa

A cura di Paolo Alciati e Enza D’Amato

Casertano d’origine, frequenta la scuola di cucina

più importante d’Italia, l’ALMA, diretta

da Gualtiero Marchesi, si forma come souschef

presso uno dei guru dell’alta cucina mondiale, il

tristellato Michel Troisgros chef proprietario della

prestigiosa Maison Troigros a Roanne, nella Francia

centrale, prosegue la sua esperienza come Executive

Chef al Ristorante Ornellaia di Zurigo – avamposto svizzero

della famosa cantina di Bolgheri – conquistando

la stella nel 2018 dopo soli 10 mesi dalla sua apertura e

nel 2021 viene chiamato da Ivan Delpiano, co-fondatore

e proprietario della Madernassa, come executive-chef

nel ristorante orfano di chef Mammoliti a perpetuare il

percorso di alta cucina che fin qui aveva contraddistinto

questo piccolo paradiso della ristorazione.

E Giuseppe D’Errico, insieme al fratello Francesco,

non ha affatto deluso le aspettative, anzi… Ha portato

una visione di una cucina sempre in evoluzione, perfettamente

allineata sia all’incedere delle stagioni sia al

territorio, pur con qualche divagazione marinara della

sua terra d’origine, perché le radici sono importanti

e diventano simbiotiche col vissuto contemporaneo.

Gli chef Giuseppe e Francesco D’Errico

20 TuttoFood


TuttoFood

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Le creazioni

Ecco quindi che prendono corpo le “creazioni”, come

le ha chiamate lo chef nell’intrigante menù dal significativo

titolo “Dai Gusto alla Vita”: delicatezza assoluta

negli amuse-bouche, piccole perle che segnano già

l’impronta stilistica di D’Errico, dal cracker croccante

con burro e acciughe del Cantabrico in carpaccio di

Fassona al foie gras, mela verde e zucchero croccante

all’anice stellato, dall’insalata di gallinacci in acqua

di crescione, bolle alla nocciola e crostini di pane allo

sgombro cotto a vapore adagiato su gelatina al Campari,

o una splendida crema di cipolle che accompagna

un’insalata sempre di cipolle nelle sue diverse variazioni

o ancora tacos croccanti con lumache, mais, purée di

mais, coriandolo e peperoncino per chiudere con un

intenso cono di alga nori farcito ricci di mare, panna

affumicata, wasabi e bottarga.

Mare Nostrum

Nella prima “creazione” – Mare Nostrum – il mare

è protagonista: cozze e vongole abbinate ai calamaretti

e ai canolicchi amalgamati al midollo di manzo leggermente

affumicato, chips di tapioca e erbe aromatiche

e gustose come la salicornia, la portulaca, la foglia

d’ostrica, il plancton e il finocchietto di mare. Questo

stupendo piatto, che viene completato con una salsa

al beurre blanc con estratto di salicornia a esaltare

tutti gli ingredienti, racchiude un concerto di sapori e

sensazioni incredibili: fumé, acidità, sapidità spiccata,

note di piante aromatiche in una proposta dal grande

equilibrio gusto-olfattivo elevato dalla salsa dai sentori

iodati e salmastri che riportano ad una passeggiata

settembrina sulla battigia, accarezzati dal vento che

profuma di alghe e salsedine.

22 TuttoFood


Da Bra a Napoli

La seconda “creazione” – da Bra a Napoli – racchiude

il rapporto d’amore tra la terra d’origine di

D’Errico e quella adottiva, in cui la salsiccia cruda di Bra

è l’ingrediente del territorio e la cima di rapa scottata,

con la sua foglia cotta a vapore ‘à la minute’, la purée di

cime di rapa e finocchietto, la salsa di ‘nduja, la gelatina

al bergamotto e la ricotta affumicata sono il tuffo nei

sapori classici meridionali, prodotti semplici e quotidiani

per un piatto complesso e intenso, ottimamente

abbinato a un gran Moscato dal bravo sommelier di sala.

L’amaricante della cima di rapa, ortaggio protagonista

assoluto del piatto, la gradevolezza della salsiccia e la

piccantezza della ‘nduja vengono mitigati dal vino, in

equilibrio tra acidità e dolcezza, e il risultato è un palato

pulito, asciutto e una persistenza gustativa davvero

intensa. Un piatto che ribalta le priorità, per dirla con

parole di D’Errico “…la proteina al servizio del vegetale”.

Il Grande Rosso

Se questo piatto possiamo a ragione definirlo una

scultura vegetale, la portata successiva riporta immediatamente

ad un quadro del grande Alberto Burri, il

pittore dell’informale materico, dello studio del nero

non come ‘non colore’, ma come buio che esalta la luce.

E qui, a ricordare proprio un suo famosissimo quadro –

Rosso Plastica – ci viene presentato il ‘Grande Rosso’,

un risotto ai profumi mediterranei, origano, limone,

yuzu con una cialda rotonda di crema di olive nere

disidratate lavorata come una pasta e sovrapposta a

un’altra cialda di pomodoro al burro; entrambe vengono

fiammeggiate al cannello, proprio come Burri faceva

con le sue plastiche.

Inutile dire che è un piatto straordinario, con il pomodoro

che, in abbinata al citrico del risotto, dona

una formidabile sferzata di agrumata acidità mentre

l’ingresso in bocca della crema di olive immerge in

sentori mediterranei assoluti, riporta ad una cucina

di fanciullesca memoria, fatta di sapori semplici ma

intensi, a sensazioni che riconducono il pensiero ad

assolate giornate estive perfette per oziare all’ombra di

ulivi secolari col frinire delle cicale a tener compagnia.

TuttoFood

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Sim - Sim

Dai sapori mediterranei lo chef D’Errico ci conduce

nuovamente nel nord Italia con un tenero capriolo

avvolto nello speck insieme alla melanzana affumicata,

gustosa e con una texture morbidissima e scorza

d’arancia, completato con la salsa Sim – Sim (che dà il

nome al piatto) a base di pasta sesamo tostata abbinata a

sapori orientali, saké dolce, miso bianco, zenzero e aglio.

La carne, in un territorio come il cuneese che ha

nell’allevamento della razza Fassona un fiore all’occhiello,

ha la sua importanza e lo chef le offre la giusta

ribalta, ma altrettanto importante per D’Errico è il

vegetale per il quale, spiega, “… Ci vuole una complessità di

lavoro e di sensibilità per farlo diventare protagonista, importante,

bello da vedere. Pensiamo alla semplice foglia di broccolo

del piatto ‘da Bra a Napoli’…devi selezionare, devi pensare a

come poter esaltare quel prodotto agli occhi del cliente, dargli

un valore aggiunto e non un ‘minus’.

Io penso a valorizzare il mondo vegetale in tutte le sue forme,

in tutte le sue declinazioni e alle stagioni, è stimolante, bisogna

lavorarlo con rispetto, non si può denaturalizzare creando tante

lavorazioni e la nostra abilità entra in campo per presentarlo

in modo gourmet, ma sempre rispettando la stagionalità e la

freschezza assoluta. Oltretutto – prosegue lo chef – mentre un

tempo non si andava troppo frequentemente al ristorante, oggi

le cose sono cambiate e non posso sovraccaricare il mio cliente

di proteine, che già assume praticamente tutti i giorni con la

frequentazione di tanti ristoranti, ed ecco che la parte vegetale

assume un ruolo importante per l’equilibrio nutrizionale”.

24 TuttoFood


Collisioni

Segnalo con piacere la sostituzione dei bicchieri

dell’acqua e dei tovaglioli prima del dessert, un ulteriore

riguardo che migliora un servizio già eccellente.

Con ‘Collisioni’ ci si avvia al percorso finale e gli ingredienti

del pre-dessert sono solo apparentemente

in contrasto tra loro, ma il risultato è sorprendente:

zucca in agrodolce con ganache al pistacchio, gelatina

di cassis, sorbetto allo scalogno nero fermentato e marinata

di fragole all’aceto di Sherry Pedro Ximenez e olio

all’erba cipollina. Sentori speziati che si alternano ad

acidità spiccata, note verdi e tostate, un caleidoscopio

di sapori. Strepitoso! Ottimo anche l’abbinamento con

un caffè in estrazione.

Alchimia e coccole

finali

‘Alchimia’ è un piatto giocato sui sapori classici del

territorio, le pere e le nocciole: una crepe di farina di

nocciole farcita con le pere cotte, un cremoso e croccante

di nocciola, sorbetto alla pera, coulis di rosmarino

e gelatina di Yuzu, succo di pera Madernassa e olio di

rosmarino.

La piccola pasticceria, vere e proprie coccole finali,

dalla torta classica alla nocciola al cri-cri torinese passato

nell’amaranto tostato, dal semolino fritto al limone

alla tartelletta croccante con ganasche alla vaniglia e

gelatina di zucca e anice, conclude un percorso di alta

cucina che ha coinvolto palato, vista e olfatto in un tourbillon

di sensazioni a volte spiazzanti, ma sicuramente

sorprendenti e appaganti.

TuttoFood

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Lo chef ha nella leggerezza il leitmotiv della cucina

e la assembla con grande tecnica per offrire una straordinaria

esperienza gustativa in cui gli ingredienti

sono lavorati il meno possibile, le salse – retaggio del

suo grande vissuto in Francia – sono sgrassate e rese

essenziali nei profumi e negli spiccati sapori e i pani

e le focacce vengono lavorati con metodo diretto, con

lievito madre e maturazione degli impasti tra le 48 e le

72 ore per ottenere un prodotto leggerissimo, soffice e

croccante allo stesso tempo.

In una carta dei vini ricca e di grande valore, sia per

la proposta degli champagne sia per prestigiosi produttori

d’oltralpe, voglio sottolineare la grande attenzione

ai piemontesi, Barolo, Barbaresco e Barbera su tutti e

anche un occhio di riguardo al Roero, mai valorizzato

abbastanza; lodevole la bella proposta di vini dolci e

passiti. Molto interessante l’assortimento dei grandi

formati. Last but not least la carta dei caffè con ben 8

raffinate tipologie.

Infine, un plauso alla frase finale riportata sull’ultima

pagina del menù con un riconoscimento all’ottima

brigata di cucina e al personale di sala, attento, educato

e impeccabile nel servizio al tavolo: “Giuseppe, Francesco,

Imma, Giorgia, Niccolò, Giovanni, Jessica, Andrea, Francesco,

Marta, Beppe, Logann, Vince, Elisabetta, Nicola, Chiara,

Gabriele, Louis Paul, Nicolas, Alex, Roberto e Kostel vi hanno

accompagnato in questa esperienza”.

Complimenti a loro e alla Direzione per la sensibilità!

La Madernassa

• Località Lora 2 – 12050 Guarene (Cn)

• Tel. 0173 611716

• www.lamadernassa.it

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Un mondo unico di tradizioni, bellezza e stile racchiuso

in ogni calice di Prosecco DOC. Ecco perché Prosecco DOC è

un vino speciale che puoi trovare solo in bottiglia. E

proveniente dal territorio unico delle nove province di

Veneto e Friuli-Venezia Giulia: la Dreamland. La regione del

Prosecco DOC ti dà il benvenuto su www.prosecco.wine

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TuttoFood

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28 TuttoFood


Cetara: buone pratiche

per un nuovo turismo

Sulla Costiera Amalfitana, il piccolo borgo di Cetara è protagonista

di progetti esemplari per la tutela dell’ambiente e una nuova

attrattività

A cura di Franca Dell’Arciprete Scotti

Una risorsa unica sia per il turismo che per l’alimentazione,

che per l’economia. E’ il mare

italiano, spesso a rischio di depauperamento

e inquinamento. Contro questi pericoli il mare della costiera

amalfitana sta diventando protagonista di progetti

coraggiosi e avveniristici da prendere ad esempio. Merito

soprattutto del sindaco visionario di Cetara, Fortunato

Della Monica, Presidente fino al 2023 del FLAG “Approdo

di Ulisse”.

Il FLAG è capofila del Gal Pesca che si costituirà nei

primi mesi del 2024, mettendo in sinergia 65 partner

pubblici e privati, nell’area territoriale da Salerno a

Torre Annunziata e l’isola di Capri. Quali gli obiettivi

di questi progetti? Assicurare al territorio una transizione

ecologica, con grande attenzione all’equilibrio delle risorse

ambientali e sociali, in modo che lavoro, economia, vita

sociale della comunità possano garantire uno sviluppo

sostenibile.

E quale il settore su cui si concentrano le azioni del progetto?

Sicuramente la pesca, quell’attività primaria

che ha sempre contraddistinto il lavoro a Cetara. Il

Sindaco stesso, appartenente, come molti cetaresi, a una

famiglia di proprietari di barche da pesca, conosce a fondo

i problemi e le opportunità di questo lavoro. Ecco quindi

una serie di attività intelligenti a favore della pesca, che

rientrano sotto il nome di “Pesca in Campania”.

Dai battelli antinquinamento o “spazzamare”, primi

nel Sud Italia, “Costa d’Amalfi” e “Penisola Sorrentina”

full electric, dotati di droni e robot per perlustrare il mare,

all’utilizzo di cassette per il pescato in plastica riciclabile e

biodegradabile, contro quelle in polistirolo non riutilizzabili,

all’introduzione della lampare da pesca elettriche che

non inquinano e non danneggiano la salute dei pescatori.

Un altro aspetto fondamentale di questo progetto

che vuole tutelare uomini e ambiente è stata la forte

riduzione di quote di pescato. Contrariamente a quanto

si temeva, la riduzione del pescato ha arricchito i

pescatori, valorizzando il loro lavoro: meno quantità,

più qualità. Senza dimenticare che così si è realizzato

il ripopolamento del mare, salvando questa preziosa

risorsa minacciata da depauperamento. E il lavoro del

pescatore, alleggerito da turni troppo gravosi e meglio

remunerato, è diventato di nuovo attrattivo per

i giovani. Proprio ai giovani si rivolge un’altra azione

fondamentale. A loro, che sono i cittadini di domani, si

rivolgono lezioni di sensibilizzazione e di educazione

ambientale, affinché capiscano che ognuno, anche nel

suo piccolo, può fare la sua parte per affrontare bene

i cambiamenti.

TuttoFood

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30 TuttoFood


Ecco dunque una piccola comunità, quella di Cetara, che

diventa un bellissimo esempio del passaggio equilibrato

verso la modernità, conservando in pieno le proprie

radici e la propria identità. E Cetara, nel suo piccolo,

diventa anche esempio di un nuovo turismo attrattivo.

In questa Costiera Patrimonio Unesco, così celebre in

tutto il mondo, così amata dagli intellettuali del Grand

Tour e dai VIP anni ’60, così ricca di offerte esclusive 5

stelle, Cetara con i suoi dintorni può proporsi come meta

rivolta anche ad altri target.

La cittadina conserva il suo aspetto tradizionale di

borgo di pescatori, dominato da una parte dalla imponente

Torre Vicereale, inserita nel sistema di difesa costiera

contro gli attacchi dei pirati barbareschi, all’altra dalla

chiesa di San Pietro con la sua bellissima cupola maiolicata.

Intorno si distende il borgo, con grappoli di case, vicoli,

scalinate, nella tipica architettura mediterranea. Sparsi

ovunque vasi panciuti e panchine decorati dalla colorata

vivacissima maiolica di Vietri.

Sullo sfondo il Monte Falerio e i Monti Lattari.

Sfondo perfetto per un turismo non solo estivo e balneare.

Qui le reti di mille sentieri ad ogni altezza invitano

gli appassionati di trekking e di turismo all’aria aperta,

che spesso provengono dal Nord Europa. E l’entroterra

non deluderà sicuramente, tra panorami spettacolari,

ulivi, vigneti e i profumi dei meravigliosi limoni di

Amalfi.

quantitativo di pesce fresco. Il prodotto di punta, però,

che prende il nome proprio dal borgo, è la “Colatura

di alici di Cetara”, che nel 2020 ha avuto il riconoscimento

europeo della DOP.

Anche questa è un segno identitario che racconta la

storia secolare del borgo: la pesca in mare, la cattura

delle alici, la disposizione a strati alterni con sale marino

all’interno di una piccola botte di legno di castagno, la

pazienza dell’attesa di mesi fino a quando si effettua la

spillatura di un liquido ambrato, perfetto per insaporire

i cibi, sia crudi che cotti, che ricorda sia il garum dei

Romani, sia le salse di pesce del sud-est asiatico.

Conosciuta da secoli e realizzata da sempre nelle

famiglie dei pescatori di Cetara, la Colatura di alici, che

oggi è sottoposta a un disciplinare rigoroso, è diventata

da 20 anni un prodotto prezioso, richiestissimo da chef

stellati, splendido testimone della tradizione marinara.

Info: https://pescaincampania.it/

Anche questa un’occasione per alleggerire l’overtourism

della costa, che rischia in certi periodi dell’anno

di rendere invivibile questo lembo prezioso di terra. A

tutto ciò si affianca la splendida cordialità e capacità di

accoglienza dei Cetaresi, appassionati del loro borgo e

desiderosi di farlo conoscere agli ospiti, definiti “cittadini

temporanei”. Ospiti che anche in un breve soggiorno

possono assaporare in tutta la sua autenticità lo stile

di vita tranquillo e rilassato di un borgo del Sud Italia.

Nell’accoglienza la parte del leone la fa la ristorazione,

che punta ovviamente alla cucina di pesce.

Basti pensare che ogni ristorante di Cetara ha la convenzione

con una barca, per assicurarsi ogni giorno il

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www.rinaldi1957.it

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BEVI RESPONSABILMENTE.

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#

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36 Dal 12 al 14 febbraio

2024 il prossimo Wine Paris &

Vinexpo Paris

44 Assaporare l’inverno

nell’esclusivo mondo acquatico

dei Quellenhof Luxury Resorts

50 Aspettando la Fiera del

Cicloturismo, dove pedalare in

inverno

62 Il nuovo cortometraggio

del Consorzio Prosecco DOC

68 FSC: il futuro responsabile

passa attraverso i tappi in

sughero

72 Da Col Vetoraz l’arte ha un

posto privilegiato

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Dal 12 al 14 febbraio 2024

il prossimo Wine Paris & Vinexpo Paris

L’edizione 2024 sarà una vetrina mondiale del dinamismo

del settore del vino e degli alcolici

A cura di Paolo Alciati e Enza d’Amato

“L’industria del vino e degli alcolici oggi è un mondo ad un bivio. Deve affrontare

molteplici sfide come il cambiamento climatico, le mutevoli aspettative

dei consumatori, i conflitti geopolitici sullo sfondo di questioni economiche

e commerciali.

In questo contesto, tutta la filiera del vino e degli alcolici è alla ricerca

di soluzioni che ne supportino la necessaria evoluzione… Oltre al grande

successo commerciale, che anche quest’anno si conferma (aumento del 28%

della superficie, apertura di un nuovo padiglione dedicato ai produttori internazionali),

Wine Paris & Vinexpo Paris è un evento che facilita gli scambi

per dare risposte alle problematiche di oggi e di domani.

Il suo posizionamento a Parigi, la reputazione del suo marchio, conosciuto

da oltre 40 anni, la ricchezza e la qualità della sua offerta di contenuti, il suo

legame intimo e appassionato con gli operatori della filiera, lo rendono un

evento unico. Un evento pieno di anima che attrae, riunisce, muove le linee,

apre nuovi territori e accelera i cambiamenti di un’intera professione.

Abbiamo riunito tutti questi elementi in un unico luogo e tempo per

rendere Wine Paris & Vinexpo Paris l’evento strategico dell’inizio del 2024.

Appuntamento dal 12 al 14 febbraio 2024 a Paris Expo Porte de Versailles!”

Questa la premessa di Rodolphe Lameyse, Direttore Generale

di Vinexposium, nella presentazione alla stampa italiana di uno

degli eventi enologici più attesi del 2024, il Wine Paris & Vinexpo

Paris, in cui ha trattato argomenti e aspetti salienti della prossima

fiera parigina.

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L’edizione 2024 sarà una vetrina mondiale del

dinamismo del settore del vino e degli alcolici.

Tra i 50 paesi riuniti, la Francia rappresenta il

primo paese espositore con tutta la diversità dei suoi

territori vinicoli riuniti per tre giorni. Accanto ai produttori

di vino indipendenti e ai grandi operatori, il

salone riunisce un numero maggiore di grandi marchi

rispetto alle precedenti edizioni e attira ancora nuovi

produttori francesi (+8% di superficie espositiva dedicata

alla Francia).

L’Italia, che ha perso la sua posizione di primo produttore

di vino al mondo per la prima volta in sette

anni, rimane il secondo produttore di vino espositore.

Rinomata per la sua lunga tradizione vinicola, i suoi

territori e la qualità dei suoi vini, l’Italia possiede 400

vitigni classificati in varie denominazioni.

Il più antico produttore di vino del mondo è al centro

di questa nuova edizione di Wine Paris & Vinexpo

Paris, occupando il 75% della superficie supplementare

rispetto all’edizione precedente. Per la prima volta a

Parigi, l’Italia beneficerà di un intero padiglione

(padiglione 2.2). Quasi tutti i vigneti delle regioni

italiane saranno presenti.

I vini del nuovo mondo stanno guadagnando popolarità.

Alcuni stanno vincendo premi, come i vini

americani, i grandi vincitori dei Decanter World Wine

Awards nel 2023 (con 265 medaglie). Insieme agli Stati

Uniti sul podio dei vini stranieri pluripremiati, anche

i vini cinesi fanno notizia con 274 vini cinesi premiati

nel 2023, tra cui i vini rossi secchi dello Xinjiang, del

Ningxia e dello Shandong, che quest’anno hanno vinto

le medaglie d’oro cinesi.

Anche il mercato degli alcolici è molto vivace con

alcolici prodotti a tutte le latitudini. Un’apertura mentale

che premia il pisco, il mezcal e la tequila, mentre

il whisky seduce gli indiani, il rum il Regno Unito e

il cognac il Giappone. Senza dimenticare il sake, un

distillato fermentato complesso che viene sempre più

importato in Occidente.

Significativa la presenza dell’Agenzia ICE, del Consorzio

Istituto Marchigiano di Tutela Vini, dei Vini

del Piemonte e il ritorno della prestigiosa Italian Signature

Wines Academy, accanto alle regioni Sicilia,

Puglia, Calabria, al Consorzio Vino Chianti Classico,

l’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, l’Enoteca Regionale

Emila Romagna e il Consorzio Tutela del Vino

Conegliano Prosecco.

Le tendenze di consumo di vino e alcolici sono in

continua evoluzione, influenzate da una moltitudine

di fattori, che vanno dalle preferenze personali agli

sviluppi culturali, sociali ed economici. Nonostante

un rallentamento del consumo complessivo di vini e

alcolici, la tendenza del consumatore è quella di scoprire

nuovi orizzonti, con il desiderio di nutrire la propria

curiosità con un’ampia varietà di denominazioni, vitigni,

territori, ecc.

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Tra le tendenze sorprendenti osservate negli ultimi

anni a Wine Paris & Vinexpo Paris, i vini No/Low, ossia

“senza alcol” e a “basso contenuto alcolico”, stanno

attirando un numero crescente di consumatori. Se i

Millennials e la Generazione Z giocano un ruolo di

primo piano in questa evoluzione (il 44% dei consumatori

No/Low ha un’età compresa tra i 18 e i 25 anni

– fonte Sowine/ Dynata 2023), il trend è riscontrabile

sulle tavole dei ristoranti stellati Michelin e nessuna

nazione ne è immune. Francia, Germania, Finlandia e

Paesi Bassi sono nelle prime posizioni per la richiesta

di vino analcolico.

Per quanto riguarda il vino a bassa gradazione alcolica,

la Norvegia, gli Stati Uniti e i Paesi Bassi sono

i maggiori consumatori. Alcuni governi incoraggiano

persino i consumatori ad optare per vini con una gradazione

alcolica bassa. Nel Regno Unito, il governo

ora consente la dealcolazione del vino sfuso, il che

incoraggerà l’aumento delle bevande alternative a

quelle alcoliche.

In Australia, il governo ha fornito una sovvenzione

di 4 milioni di dollari australiani per promuovere la

qualità e l’innovazione nel fiorente mercato dei vini

a basso contenuto alcolico e analcolici. Ovunque, da

Liegi, a Londra, Dublino, Berlino, San Francisco, New

York e Chicago stanno facendo la loro comparsa nuovi

concetti di bar analcolici.

All’opposto, la premiumizzazione nell’industria del

vino e degli alcolici è una tendenza in crescita da diversi

anni. I consumatori sempre più edonisti, soprattutto

nei paesi sviluppati, mostrano un crescente interesse

per i prodotti premium, i vini rari, gli alcolici premium

e le esperienze di degustazione esclusive. Cercando di

compensare il costo della vita e le pressioni inflazionistiche,

i consumatori, soprattutto nei mercati maturi,

sono selettivi su come spendere i loro soldi in alcolici.

vino consumati sono diminuiti negli Stati Uniti nel

2022, il segmento del vino premium è cresciuto del 6%,

secondo i dati IWSR. L’aumento del tenore di vita delle

popolazioni sta anche facilitando lo sviluppo di segmenti

di vino più costosi in alcuni mercati. Inoltre, si prevede

che la categoria «Ready To Drink» (RTD) raggiungerà i

40 miliardi di dollari entro il 2027, grazie alla crescita

di cocktail e prodotti di alta gamma (fonte: IWSR).

Infine la sostenibilità, che è diventata una questione

importante nell’industria delle bevande alcoliche. I consumatori,

i produttori e le autorità di regolamentazione

e controllo si preoccupano sempre più per l’impatto

ambientale di questo settore. Dalla vigna al packaging,

lo sviluppo sostenibile diventa imprescindibile per

tutti. La gestione sostenibile dei vigneti comporta la

riduzione dell’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici,

la conservazione della biodiversità, la gestione dell’acqua

e la promozione di pratiche agricole rispettose

dell’ambiente.

Anche l’industria del vino e degli alcolici contribuisce

a un’economia circolare riciclando e riutilizzando gli

scarti agricoli, come le vinacce, per la produzione di

sottoprodotti utili o per la distillazione di alcolici. Allo

stesso tempo, i produttori si sforzano di ridurre l’impronta

di carbonio delle loro lavorazioni, riducendo al

minimo le emissioni di gas serra legate alla produzione,

al trasporto e alla distribuzione dei prodotti.

Alcuni produttori riducono il peso delle bottiglie

di vino per ottimizzare il consumo di vetro e i costi di

trasporto. Utilizzano anche materiali di imballaggio

riciclabili, come il vetro riciclato, ed evitano imballaggi

non necessari. Non resta dunque che attendere il 12

febbraio per assistere alla kermesse parigina che apre

i grandi eventi mondiali del vino del 2024.

Vogliono bere meno ma meglio. Sebbene le vendite

siano diminuite (-2% nel 2022), i consumatori di età

inferiore ai 40 anni stanno mostrando un rinnovato

interesse. Allo stesso modo, mentre i volumi totali di

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WINE PARIS & VINEXPO PARIS

• Parigi Expo Porte de Versailles

• 1 place de la Porte de Versailles – Parigi

• 12 e 13 febbraio dalle 9:00 alle 19:00

• 14 febbraio dalle 9:00 alle 17:00

• www.vinexposium.com/wineparis-vinexpo

• www.facebook.com/wineparisvinexpo/

• www.linkedin.com/company/wineparisvinexpo/

• www.youtube.com/channel/UC9yaf2KhnwJPDiX7EXW4FWQ

• twitter.com/wineparisevent

• instagram.com/wineparisvinexpo

• vinexposium365.com

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Assaporare l’inverno nell’esclusivo

mondo acquatico dei Quellenhof

Luxury Resorts

Assaporare l’inverno nell’esclusivo mondo acquatico dei Quellenhof

Luxury Resorts: tra Alto Adige e Lazise, piscine riscaldate

e Sky Pool romantiche per soli adulti

A cura di Redazione Centrale TdG

Una vacanza invernale tra piscine riscaldate a sfioro, Sky pool e laghi

balneabili panoramici: questo e altri highlight attendono gli ospiti dei

Quellenhof Luxury Resorts tra la Val Passiria e la località di Lazise sul

Lago di Garda. Un soggiorno di coppia per soli adulti assolutamente da provare

almeno una volta nella vita.

Per la famiglia Dorfer, proprietaria dei Quellenhof Luxury Resorts, le

strutture di lusso che si trovano in Val Passiria e a Lazise, l’acqua significa

sorgente di vita, fonte di energia, colei che possiede il potere di dissolvere la

gravità e far emergere sensazioni uniche. Fiore all’occhiello dei tre resort sono

le esperienze di benessere legate all’esclusivo mondo di piscine dedicate

agli adulti.

Le proposte sono diverse e si distinguono tra le Guesthouse al Quellenhof

Luxury Resort Passeier con infinity pool e piscine riscaldate tutto l’anno, le

ville nel lago balneabile con grande terrazza comprensiva di piscina privata con

idromassaggio nell’esotico Quellenhof See Lodge, infine la Sky pool esterna

riscaldata lunga 21 metri al Quellenhof Luxury Resort Lazise con vista panoramica

sul Lago di Garda.

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L’hotel 5 stelle della Val Passiria:

l’autentica oasi di pace in Alto Adige

staff è far vivere l’esperienza di concedersi una pausa

romantica dalla vita di tutti i giorni per immergersi

in una sensazione di puro benessere. Per scoprire il

significato di questo concetto è consigliato trascorrere

una vacanza invernale nel paradiso di relax vicino a

Merano, vivendo in prima persona l’acqua nelle sue

infinite sfaccettature.

Quellenhof Luxury Resort Passeier, in Alto Adige,

è perfetto per interiorizzare l’idea di wellness. Tra gli

highlights che contraddistinguono le diverse Guesthouse,

sistemazioni ideali per un soggiorno in coppia, una

piscina olimpionica di 25 metri con accesso al coperto,

una piscina esterna riscaldata a 32 °C e un’altra con

il 7% di sale, oltre alla rinomata piscina infinity

rotonda a sfioro in vetro, a forma di fiore, riscaldata

tutto l’anno (32 °C) e con vista sulle montagne

della Passiria.

All’interno della struttura principale molte altre

piscine e il laghetto naturale balneabile, vanno a completare

il magico mondo acquatico del Quellenhof

Luxury Resort Passeier.

46 TuttoOk Fondamentale per la famiglia Dorfer e tutto il suo


Romantica atmosfera maldiviana tra le vette

dell’Alto Adige al Quellenhof See Lodge

Quellenhof See Lodge dai richiami maldiviani

rappresenta un tempio di salute e armonia circondato

dalla natura dell’Alto Adige e dalle vette imbiancate

delle Alpi. Una delle missioni del moderno e lussuoso

hideaway è la rigenerazione del benessere dell’ospite che

si percepisce nell’atmosfera di pace della zona wellness.

Qui, in uno dei più esotici 5 stelle adults only dell’Alto

Adige, ci si può rilassare nelle tre saune, nel grande

laghetto balneabile di 4.500 m² – considerato come la

piscina più grande della regione – e nella piscina interna

riscaldata collegata all’infinity pool esterna di 25 metri.

Il luogo perfetto per un inverno di spensieratezza provando

la sensazione di leggerezza del corpo immerso in

acqua e circondati da una realtà sempre a disposizione

per esaudire i sogni di tutti gli ospiti.

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Quellenhof Luxury Resort Lazise:

nuotare in un’infinita Sky Pool con vista sul Lago di Garda

La routine di un soggiorno in questo resort è come un film

romantico girato nel periodo delle feste natalizie. Appena

svegli, aprendo le tende delle ampie vetrate il proprio animo

è ripagato dalla vista che spazia dalle rive del lago di Garda

alle distese di olivi, cipressi e palme. Prima di colazione, si

può usufruire dell’“Infinity Sky Pool” riscaldata (30-34 °C) di

21 metri sul tetto del resort e della piscina sportiva di 25 metri

per attivare il corpo e sgranchirsi i muscoli.

Dopo aver goduto delle bellezze del territorio o delle attività

proposte dall’hotel, non resta che provare la parte wellness

deluxe del Quellenhof Luxury Resort Lazise, come la sauna

finlandese, il bagno di vapore, la biosauna o le gettate di vapore.

Non mancano poi una Private Spa Suite, un parrucchiere

e molti trattamenti beauty per lei e per lui presso l’Onda Spa.

Al tramonto si può passeggiare attorno al laghetto naturale e

nel caratteristico giardino esterno.

I Quellenhof Luxury Resorts sono tre hotel di alto pregio.

Ognuno dalle caratteristiche peculiari e che non lasciano nulla

al caso. La meta ideale per una vacanza invernale di coppia

all’attenta ricerca di attimi di leggerezza, momenti di evasione

dalla routine quotidiana in cui assaporare il vero piacere di

lasciarsi tutto alle spalle.

Info: https://www.quellenhof.it/it

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Un mondo unico di tradizioni, bellezza e stile racchiuso

in ogni calice di Prosecco DOC. Ecco perché Prosecco DOC è

un vino speciale che puoi trovare solo in bottiglia. E

proveniente dal territorio unico delle nove province di

Veneto e Friuli-Venezia Giulia: la Dreamland. La regione del

Prosecco DOC ti dà il benvenuto su www.prosecco.wine

OFFICIAL SPARKLING WINE

SPONSOR OF MILANO CORTINA 2026

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Aspettando la Fiera del Cicloturismo,

dove pedalare in inverno

Dal 5 al 7 aprile 2024 torna a Bologna la Fiera del Cicloturismo,

per scoprire dove pedalare per tutte le 4 stagioni.

Le differenze climatiche rendono l’inverno un periodo ideale

per la pratica del cicloturismo in territori come la Sicilia, la

Spagna, Gran Canaria, la Turchia, la Giordania e la Croazia.

Ecco alcune proposte, a prova di freddo.

A cura di Redazione Centrale TdG

La Fiera del Cicloturismo, il primo evento in

Italia interamente dedicato ai viaggi in bici,

si terrà a Bologna dal 5 al 7 aprile 2024. Una

delle caratteristiche del cicloturismo è la sua capacità

di destagionalizzare i flussi perché pedalare è più bello

quando il clima è mite e le destinazioni meno affollate.

3. Giordania, percorrendo il Jordan Bike Trail, tra

rovine archeologiche e riserve naturali.

4. Spagna, in bici dal Cammino Catalano alle Isole

Canarie.

5. Croazia, pedalando sul percorso Game of Thrones

o lungo gli itinerari più panoramici della Dalmazia.

Come ci ricordano dai paesi nordici, non esiste il

cattivo tempo, ma solo il cattivo abbigliamento. Quindi

oltre a scegliere l’equipaggiamento adatto è importante

scegliere la meta più adatta alle nostre esigenze. Ecco

alcune proposte:

1. Sicilia, lungo la panoramica Dorsale Peloritana,

sulla Via dei Tramonti, e nel cuore dell’isola con la

Sicily Divide o con la Ciclovia dei Parchi.

2. Turchia, seguendo l’EuroVelo 8, la via della Tracia

e la via del Mediterraneo

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Sicilia

Che si parli del mare, dei paesaggi, dei profumi, delle

sue radici storiche e culturali o semplicemente della

ricchezza della sua tavola, la Sicilia è riuscita a sedurre

chiunque l’abbia vissuta per pochi giorni o per una vita.

Il vantaggio di scegliere la Sicilia in inverno, oltre

al clima mite, è la possibilità di trovare strade a bassa

intensità di traffico, che le rende ideali per pedalare

in sicurezza. Dagli itinerari per le famiglie e per chi

preferisce un ritmo lento, intervallando la pedalata alla

visita dei tesori culturali e artistici dell’isola, a quelli

più impegnativi adatti agli sportivi e agli avventurosi

in cerca di emozioni forti tra vulcani e catene montuose

che attraversano la regione, la Sicilia è in grado di

accontentare tutti.

Nella parte occidentale dell’isola, la via dei Tramonti

è un percorso di 150 chilometri che parte da Trapani

e giunge a Selinunte costeggiando il mare, tra saline,

borghi ricchi di cultura e siti archeologici.

bel promontorio del mondo per Goethe, la cui “sacralità”,

oggi legata al culto di Santa Rosalia, ha in realtà

origini antichissime.

Per chi ha più allenamento ed è alla ricerca di salite,

si può scegliere la Ciclovia dei Parchi, un avvincente

itinerario che si snoda attraverso le bellezze naturalistiche

dei parchi dell’Etna, dei Nebrodi e delle Madonie

ed il fascino di alcuni borghi tra i più belli d’Italia, per

un viaggio nel cuore di una Sicilia dalla bellezza senza

tempo. Infine, per chi vuole pedalare in Mtb, la dorsale

peloritana, una catena maestosa che sovrasta lo

Stretto di Messina, assicura divertimento e panorami

indimenticabili.

Per informazioni: https://www.visitsicily.info/sicilia-unisola-due-ruote-dodici-mesi-di-meraviglia/

L’entroterra può essere scoperto percorrendo la Sicily

Divide (circa 450 km) attraverso una Sicilia rurale dal

fascino autentico e remoto. Per un’escursione giornaliera,

a pochi chilometri dallo splendido centro storico

di Palermo, ha inizio la salita di Monte Pellegrino, il più

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Turchia

La Turchia si sviluppa su un territorio enorme, che in

superficie supera di due volte e mezzo quello dell’Italia.

La sua posizione come terra di mezzo l’ha reso un punto

di passaggio necessario per popoli e commerci nel corso

dei millenni e il minimo che ci si possa attendere è

trovare percorsi anche molto lunghi e carichi di storia,

natura, cultura ed emozioni da affrontare in bicicletta.

Tra i mille disponibili, abbiamo qui selezionato per

voi 3 diversi itinerari che coprono un’ampia parte del

Paese e paesaggi diversi e che rappresentano un primo

assaggio della penisola anatolica, da affrontare in brevi

escursioni o viaggi veri e propri.

EuroVelo 8, Da Pergamo a Efeso – Come si può iniziare

un viaggio nel 282 a.C. e terminarlo nel 6000 a.C.

passando per la modernità? Basta percorrere i 500 km

dell’EuroVelo 8 che parte dall’antica città di Pergamo,

passa per Smirne e arriva finalmente a Efeso dopo aver

attraversato innumerevoli piccoli centri archeologici,

paesini di campagna e località balneari.

Ottomano. Subito dopo aver visitato Edirne la strada si

snoda attraverso la natura rigogliosa della Tracia, fatta

di boschi rigogliosi in estate, foreste verdi in primavera

e foglie cadenti in autunno, che porta fino a Kırklareli.

L’ultima tappa dell’itinerario è Istanbul, la vivace metropoli

turca, una città ricca di fascino, dove il passato

va di pari passo con il presente.

La via del Mediterraneo da Antalya a Mersin – Un

itinerario di spettacolare bellezza naturale, ricco di

storia e con condizioni climatiche eccezionali. Qui si

viene accolti da un sole splendente e da acque turchesi

quasi tutto l’anno. Questo itinerario a lunga percorrenza

parte da Antalya, e segue la strada per l’antica città di

Side, la più importante città portuale della Panfilia.

Da qui, si tengono le acque del Mar Mediterraneo sulla

destra e si percorre un lungo tragitto lungo la costa. Il

percorso copre una distanza di 500 km attraverso un

mix di strade tranquille e piste ciclabili.

Per informazioni www.goturkiye.com

La via della Tracia, da Edirne a Istanbul – La Tracia

è quel lembo di terra della Turchia che fa ancora parte

geograficamente dell’Europa e il punto di partenza

dell’itinerario è Edirne, la seconda capitale dell’Impero

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Giordania

Il “Jordan Bike Trail” è un itinerario di 730 chilometri,

e di 20.000 metri di dislivello, che permette

di scoprire la Giordania da Nord a Sud, percorrendo il

Paese in 12 macro tappe, tra rovine archeologiche di

immenso valore, riserve naturali, villaggi ospitali e deserto.

Si parte da Um Qais e si arriva al porto meridionale

di Aqaba, attraversando un’impressionante varietà di

meraviglie storiche e naturali. Il sentiero inizia con dolci

colline, uliveti e fattorie nel nord; continua attraverso

gli spettacolari canyon della regione del Mar Morto;

si snoda attraverso gli straordinari paesaggi di Dana,

Petra e Wadi Rum, prima di tuffarsi nel Mar Rosso.

Sul sito https://jordanbiketrail.com/ si trovano informazioni

dettagliate: per ogni tappa ci sono le difficoltà

dei percorsi, le distanze e il tempo medio di percorrenza,

mappe, file GPX per l’orientamento, dati altimetrici,

luoghi di ristoro e per pernottare, trasporti, suggerimenti,

descrizione dei luoghi di maggior interesse che

s’incontrano lungo il percorso.

zano i percorsi e noleggi di biciclette e le indicazioni per

acquisire mappe e itinerari su carta stampata presso gli

uffici del Jordan Bike Trail di Amman. Si può scegliere

tra un viaggio con il supporto logistico o un’avventura

minimalista in totale autonomia o una delle tante

possibilità che stanno in mezzo a queste due opzioni.

È un percorso adatto a chi ha buon allenamento ed

esperienza, ma i paesaggi e le persone che si incontrano

ripagano della fatica.

Per pianificare il viaggio e chiedere informazioni

prima della partenza si può consultare il sito https://

jordanbiketrail.com/ – www.visitjordan.com

L’organizzazione del Jordan Bike Trail si propone

anche di suggerire itinerari alternativi, per chi non ha

molto tempo a disposizione, e di fornire le principali

informazioni sull’organizzazione prima di partire. Nel

sito sono presenti anche gli operatori locali che organiz-

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Spagna

La Spagna è una delle destinazioni più ambite da

scoprire in bicicletta. Dal nord al sud alle Isole, la varietà

dei paesaggi, le bellezze naturalistiche unite a

quelle architettoniche delle città e una gastronomia

eccellente rendono questo paese oggetto del desiderio

degli italiani a due ruote e non.

Gli itinerari in bicicletta sono un modo eccellente per

conoscere la Catalogna, una regione ricca di tradizioni,

di contrasti (non a caso è incorniciato dai Pirenei e dal

Mar Mediterraneo) e dal suo importante patrimonio

culturale. Un suggerimento? Il Cammino Catalano di

Santiago attraverso San Juan de la Peña, che inizia al

Santuario di Monserrat, un monastero a poca distanza

da Barcellona risalente al X secolo, dove nella basilica

si trova la “Moreneta”.

Da Montserrat, che è un luogo circondato da montagne

magiche e uniche, si arriva a San Juan de la Peña, un

altro luogo circondato da rocce e montagne considerate

nell’antichità le custodi del Santo Graal. Il Cammino

Catalano passa attraverso San Juan de la Peña a Santa

Cilia de Jaca, dove si collega il Cammino Aragonese

che in realtà è il Cammino Francese (di Santiago) che

passa per Somport. In totale sono quasi 350 km lungo

tutta la regione.

Le Isole Canarie si confermano come la meta ideale

per le vacanze invernali in bicicletta, con un affascinante

connubio tra bellezze naturali e avventura. Questa

regione spagnola vanta il numero più alto di parchi

nazionali, naturali, riserve della Biosfera e Destinazioni

Starlight di tutta la Spagna. Luoghi idilliaci che

offrono un terreno dinamico adatto a ciclisti di ogni

livello e specializzazione: i paesaggi vulcanici, le foreste

rigogliose e gli itinerari costieri regalano esperienze

entusiasmanti.

Il clima mite costante durante tutto l’anno assicura

condizioni eccellenti per esplorare affascinanti villaggi,

siti storici e vivaci mercati lungo le rotte. Per coloro che

amano le sfide, le ripide salite verso le cime vulcaniche

regalano panorami mozzafiato. Inoltre, l’arcipelago

ospita numerosi eventi ciclistici che attraggono appassionati

da ogni parte del mondo.

Per uscire dai percorsi consueti, due chicche:

La prima a Tenerife, nel Parco rurale di Teno che

si trova nell’estremo nord-ovest dell’isola e comprende

parte dei comuni di Buenavista del Norte, Los Silos, El

Tanque e Santiago del Teide. Con i suoi 8.063,3 ettari,

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è una delle aree naturali più belle di Tenerife e ha conservato

i suoi grandi valori ecologici, paesaggistici e

culturali, soprattutto grazie al suo isolamento. Quando

si vede l’orografia estremamente complicata di questa

zona, vi sembrerà incredibile pensare a come le persone

vivevano qui nei tempi passati. Si rimane stupiti dalla

varietà del paesaggio, che spazia da imponenti scogliere,

valli, isole basse, boschi di alloro e magnifici esempi di

architettura tradizionale. Ideale da scoprire in sella a

una mountain bike.

Gran Canaria, invece, offre ai bikers più esperti la

versione ciclistica del Cammino di Santiago di Gran

Canaria, l’unico cammino ufficiale di Santiago non

continentale. Il Cammino che parte dal Faro di Maspalomas,

nel Sud di Gran Canaria, si inerpica verso

il centro dell’Isola, passando per Tunte e Tejeda fino

ad arrivare al versante settentrionale nella cittadina

di Galdar, dove si trova la Chiesa di Santiago de Los

Caballeros.

Una settantina di chilometri attraverso paesaggi

molto contrastanti tra loro: dagli aridi canyon del sud,

costellati di palmeti e enormi cactus, alle pinete, dai

paesaggi lunari tipicamente vulcanici, alle foreste di

alloro e le colline verdissime dal fascino irlandese. Sole,

montagna, pioggia e collina, e infine una fitta nebbiolina

intrisa di rugiada prima di arrivare alla meta finale

circondata da piantagioni di banane. Il Cammino ad

un certo punto si sovrappone alla Via de la Plata, un

cammino preispanico usato come via commerciale

dagli antichi abitanti dell’isola.

Per più informazioni:

• https://www.catalunyaexperience.it/

• https://www.webtenerife.com/

• https://www.grancanaria.com/turismo/it/

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Croazia, Dalmazia

Ci sono 145 piste ciclabili segnalate per una lunghezza

totale di 4.500 km che conducono attraverso

panorami inaspettati, valli fluviali, pascoli e vigneti.

Tratte impegnative per i più allenati e percorsi ricreativi

adatti a tutti solcano zone pittoresche e incantevoli.

Le condizioni meteorologiche, ideali in tutte le stagioni,

consentono non solo di visitare in tranquillità

la Regione, ma anche di allenarsi come fanno i ciclisti

professionisti di tutto il mondo che scelgono la Dalmazia

come terreno di preparazione. Le riviere di Makarska

e Spalato, le isole di Brazza, Lèsina, Lissa e l’entroterra

dalmata sono mete ideali per una vacanza in bicicletta.

e Marjan. Per chi ama i panorami incantati, invece, si

parte dal villaggio di Stara Sela lungo un percorso che

si snoda da Gornja Podstrana attraverso Gornja Duća

fino a Omiš e ritorno. Questo circuito offre una vista

panoramica mozzafiato sull’intera parte orientale della

riviera di Spalato e tutte le isole della Dalmazia centrale.

Per informazioni: https://www.dalmatia.hr/it/attivita/vacanze-attive

Si segnalano in particolare due trail: il percorso

Game of Thrones e il percorso più panoramico della

Dalmazia. Il primo percorso è lungo 55 km e attraversa

numerose attrazioni che sono state parte della scenografia

del Trono di Spade. Si parte da Spalato Riva e si

visitano le cantine di Diocleziano, il mulino e la cava di

Antoničin e la fortezza di Klis. La tratta passa vicino ai

siti che si trovano alla foce del fiume Žrnovnica e poi

attraversa l’antica Salona e il Parco Forestale di Vranjic

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La fiera

La Fiera del Cicloturismo è organizzata da Bikenomist,

azienda specializzata nella comunicazione e

promozione delle economie della bicicletta, da venerdì

5 a domenica 7 aprile 2024, a Bologna, nello spazio

DumBO. Giunta alla terza edizione si conferma un

punto di riferimento per il settore del turismo attivo

nazionale e internazionale.

Ci sarà spazio ai workshop e ai racconti di esperienze

di viaggio con i Bikeitalia Talks, accanto a un’ampia area

espositiva per accogliere le proposte di mete per le vacanze

attive, italiane ed estere, le proposte di produttori

di bici e accessori e offrire un’esperienza di visita a 360°.

partecipazione alla prossima edizione della Fiera del

Cicloturismo come Spagna, Turchia, Slovenia, Repubblica

Ceca, Croazia, Belgio, Regione Sicilia, Veneto,

Basilicata, Toscana e Friuli Venezia Giulia e molte altre

destinazioni che hanno puntato al turismo attivo.

Confermati anche brand del settore bici e servizi come

Shimano, Canyon, 3T, Decathlon, Gazelle, Bergamont,

BRN, Repower e altri.

La partecipazione alla Fiera è gratuita, previa

registrazione su www.fieradelcicloturismo.it

Per contatti ed esporre alla Fiera del Cicloturismo:

expo@fieradelcicloturismo.it

La Fiera del Cicloturismo si conferma quindi come

un’occasione importante anche per chi già opera nel

settore dei viaggi e del turismo attivo per incontrarsi e

professionalizzare un settore, ma anche per chi vuole

avvicinarsi per la prima volta a un segmento promettente

del mondo del turismo.

Oltre 80 tra destinazioni, operatori e produttori

in Italia e nel mondo hanno già confermato la loro

TuttoOk

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SUMMER VIBES

PANAREA GIN

A Bot a n i c al t o uch of It aly, Lo ndo n D r y

Un Gin tutto italiano, frutto delle

origini siciliane degli Inga, una famiglia

che vanta una lunga tradizione

liquoristica in Piemonte risalente al

1832. Entrambi i Gin prodotti, Island

e Sunset, si ispirano all’isola di Panarea

e infatti, ad eccezione del ginepro

(del Piemonte e in parte della Toscana),

tutte le botaniche provengono

dalla Sicilia.

La speciale forma della bottiglia,

caratterizzata da una spalla più larga,

presenta un’etichetta la cui grafica

richiama un fregio esclusivo che ricorda

l’arte barocca siciliana, già presente

in molti monumenti di Noto, città

natale della famiglia.

gin

“Il

ISLAND: è il primo nato e si presenta

con caratteristiche nette e pulite.

È ben bilanciato, secco e persistente,

con una gradazione alcolica poco al

di sopra la media ma che all’assaggio

non si avverte. Questo gin è ottimo

per qualsiasi tipo di miscelazione

(cocktail).

SUNSET: è un gin a cui sono state

aggiunte 2 fragranze (scorze di pompelmo

e basilico) in più rispetto all’Island

che lo rendono più fresco, più

“estivo”. Considerata la sua grande

morbidezza, in un Gin & Tonic e nei

Long Drink in generale, si consiglia

di impiegare una Tonica non aromatizzata

per esaltarne le qualità.

gin è un distillato che negli ultimi 20 anni ha avuto non solo una riscoperta, ma un’evoluzione

qualitativa enorme, diventando uno degli spiriti (distillati) più in voga, apprezzato da tutte le

fasce di età.” Luca Picchi

island

sunset

STAND

G11

BEVI RESPONSABILMENTE | DISTRIBUITO DA SAGNA S.P.A. DAL 1928 - WWW.SAGNA.IT - @SAGNADAL1928

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IL NUOVO CORTOMETRAGGIO

DEL CONSORZIO PROSECCO DOC

Il nuovo cortometraggio del Consorzio Prosecco DOC,

intitolato “INSPIRED BY THE CLASSIC, MOVED BY THE

FUTURE”, offre uno straordinario viaggio attraverso il

tempo e lo spazio, incanalando la bellezza intramontabile

del classico verso un futuro dinamico ed entusiasmante

A cura di Redazione Centrale Tdg

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Questa breve opera cinematografica, curata

dalla maestria del regista Carlo Guttadauro,

trasforma Villa Contarini, gioiello del Veneto

barocco, in un labirinto scenografico dove il classico si

fonde con il contemporaneo.

Attraverso la danza classica e l’arte del parkour il

cortometraggio ci invita a esplorare la convergenza

tra ispirazione e azione, rivelando che il classico è il

trampolino di lancio per una visione futuristica.

Questa interazione tra il classico e il contemporaneo

crea uno spazio di sperimentazione e innovazione,

dimostrando che l’ispirazione tratta dal classico diventa

il motore propulsivo per un’azione dinamica e

avveniristica. In questo connubio, il cortometraggio

esplora la tensione creativa tra il passato che ispira e

il futuro che guida l’azione, suggerendo che è proprio

nella fusione di questi due elementi che si manifesta la

bellezza senza tempo.

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La protagonista di questo suggestivo viaggio è Virna

Toppi, la prima ballerina del Teatro alla Scala di

Milano. Con la sua grazia e la sua abilità, Virna danza

nella Sala degli Specchi di Villa Contarini, illuminata

da luci metafisiche, creando un connubio perfetto tra il

classico e il contemporaneo. Il cortometraggio ci invita

a riflettere sul concetto di ispirazione, che, come afferma

il progetto, è l’istante in cui la bellezza si manifesta

improvvisa e accende il nostro entusiasmo.

La scelta di Virna Toppi come protagonista non è

casuale. I suoi gesti armonici e il movimento graziato

del suo corpo incarnano la bellezza della danza classica,

che diventa fonte d’ispirazione. La sala degli specchi

diventa il palcoscenico dove il classico si offre in modo

sinuoso e sensuale, con curve e pieghe che emanano

un’energia armonica, una variazione d’andatura che

restituisce la bellezza come grazia in movimento.

diventa evidente, sottolineata dal brindisi sulla terrazza

affacciata sul Canal Grande. Le bollicine di Prosecco

DOC, simbolo di raffinatezza, conoscono il potere di

un’ebbrezza che ci fa sognare, regalandoci momenti

di pura leggerezza.

Il cortometraggio diventa così una rappresentazione

visiva della filosofia del Consorzio Prosecco DOC: uno

slancio moderno che trova nel passato le sue radici e

nel futuro le sue sperimentazioni, di come il classico si

trasformi da elemento di ispirazione a catalizzatore di

azione. Senza dubbio, è attraverso queste sperimentazioni

che si può veramente comprendere e apprezzare

la bellezza intrinseca del Prosecco DOC.

Accanto a Virna, compare Davide Garzetti, il traceur,

un praticante di parkour. In una porta incorniciata di

stucchi, immobile, osserva la danza, introducendo un

elemento non classico che si nutre del classico. Il cortometraggio

esplora il confine tra la danza classica e il

parkour, creando uno spazio inedito e misterioso per

la relazione tra i due protagonisti. L’accostamento tra

queste due forme d’arte aggiunge sfumature e novità

al progetto.

Il viaggio tra la danzatrice e l’atleta si snoda attraverso

luoghi iconici, come Venezia e le fondamenta della

Giudecca. Qui avviene una trasformazione estetica

sorprendente: la ballerina, avvolta in una luce diafana,

si trasforma in un cigno nero. Il designer costumista

Salvatore Vignola contribuisce a questa metamorfosi

con un tutù nero ricoperto di paillettes che rifrange la

luce, accentuando il movimento della danzatrice. Il

tocco grintoso e gotico di Cinzia Trifiletti nell’hair e

make-up completa l’immagine.

Il cortometraggio raggiunge il suo apice su un ponte

di ferro in Giudecca, dove i confini svaniscono, e i protagonisti,

ora liberi da schemi predefiniti, celebrano un

accordo segreto. La fusione tra classico e contemporaneo

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FSC: il futuro responsabile passa

attraverso i tappi in sughero

Amorim Cork Italia offre un plusvalore ai vini sigillati

con le sue chiusure, grazie alle imbattibili garanzie di

sostenibilità

A cura di Redazione Centrale Tdg

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Amorim Cork Italia da tempo ha intrapreso un

percorso di sostenibilità che non ha eguali.

Se mantenere sempre alta l’avanguardia

tecnologica a tutela dei vini che protegge è la base della

sua attività aziendale, farlo in un’ottica di rispetto per

la Natura da cui tutta la sua filiera trae origine è la più

armonica scelta di vita. Ecco perché, forte di dominare

la sua intera filiera, fin dalla coltivazione delle querce,

può certificare tutti i suoi tappi in sughero FSC® (Forest

Stewardship Council).

Una possibilità per i suoi clienti, in tempi in

cui il valore di un vino passa sempre più, anche,

da come si racconta. Se da un lato il valore tangibile,

infatti, è quello della degustazione che deve rimanere

impeccabile dal punto di vista sensoriale, dall’altro

lato il valore intangibile più importante è quello della

strada che ha percorso e delle scelte che quel vino ha

fatto per arrivare a chi lo beve.

Amorim Cork Italia, inoltre, da tempo rende disponibile

il Certificato con il Bilancio di CO2 dei tappi in

sughero scelti dai propri clienti. Il calcolo è stato commissionato

da Corticeira Amorim a due enti certificatori

internazionali indipendenti, PricewaterhouseCoopers

e EY, e include nella sua analisi tutto ciclo di vita del

sughero, dalla foresta fino all’arrivo nella cantina, sottraendo

ovviamente quella che è l’impronta aziendale,

ovvero dalla produzione fino al trasporto. Ad oggi Corticeira

Amorim è l’unica società di chiusure in sughero

al mondo ad aver intrapreso un percorso così virtuoso,

mettendo sotto la lente di ingrandimento l’impatto dei

propri processi produttivi e identificando il Life Cycle

Assessment di ogni suo prodotto, attribuendone un

valore preciso.

Quale ulteriore e notevole garanzia in materia di

sostenibilità, c’è la revisione del disciplinare VIVA

(VIVA è il Programma del Ministero dell’Ambiente

e della Sicurezza Energetica che dal 2011 promuove

la sostenibilità del comparto vitivinicolo italiano): da

ottobre 2023 viene formalmente introdotta una breve

nota metodologica che traccia la strada per utilizzare i

fattori di emissione carbonica calcolata dai produttori

di packaging nelle LCA o Carbon footprint di prodotto

al posto dei dati standard, migliorando quindi le prestazioni

climatiche delle bottiglie di vino.

Ancor di più, in un mondo in cui il packaging

è sempre più veicolo alla dimostrazione (e non

solo alla narrazione) della sostenibilità, avvalersi di

un tappo in sughero certificato FSC® fa la differenza

competitiva, sul mercato e per l’ambiente. Significa

scegliere fornitori caratterizzati da processi produttivi

che rispettano la natura e garantire anche ai clienti che

i propri vini sono protetti da cartoni, capsule, etichette

e, quindi, tappi realizzati in materiale ottenuto da foreste

coltivate responsabilmente. Questo significa, a sua

volta, proteggere le specie vegetali e animali, i diritti

dei popoli indigeni, la sicurezza dei lavoratori forestali

e molto altro, in un circolo virtuoso che restituisce un

plusvalore di sostenibilità.

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Spiega a tal proposito l’ad Amorim Cork Italia,

Carlos Veloso dos Santos: “Di fronte a questa evoluzione

il sughero, ancora una volta, è la chiusura ideale. Da un lato,

è dimostrato come sia vero e proprio plusvalore per l’imbottigliamento

e per l’esperienza degustativa: rende premium il

packaging e, di fatto, ogni vino. Ora diventa riconosciuto anche

il suo apporto a livello di sostenibilità: che VIVA affermi il valore

delle nostre certificazioni sull’impronta di carbonio negativa

dei tappi Amorim è per noi motivo di orgoglio, ma anche una

conferma di essere sulla strada giusta. Questo percorso, infatti, è

destinato solo a rafforzarsi nei prossimi anni, con la piantagione

già programmata di 1.500.000 nuove querce da sughero”.

Chiedere ad Amorim la versione certificata dei

propri tappi è chiedere responsabilità e solo chi

ha dalla sua un impegno concreto può fornirlo con

vigoroso entusiasmo. Per le cantine è anche un’occasione

per dare un contributo concreto al futuro delle

foreste e dei mercati, a partire da quello che riguarda

la propria cantina. Maggiori informazioni su www.

amorimcorkitalia.com

Ricerca&Sviluppo, al quale si associa una spiccata

sensibilità per la tutela dell’ambiente e in particolare

per la salvaguardia delle foreste da sughero. Accento

vigoroso anche quello sulle risorse umane, con una

serie di iniziative di work-life balance per una migliore

armonia tra vita personale e lavorativa della grande

famiglia Amorim.

Tra gli ultimi grandi traguardi raggiunti, infine, il

compimento perfetto dell’economia circolare grazie alla

linea SUBER, arredo di design nato dalla granina dei

tappi raccolti dalle onlus del progetto ETICO (di Amorim

stessa) e riciclati. Un’opera di sostenibilità divenuta

anche culturale grazie alla Mostra “SUG_HERO – Metaforme

– Le mille vite di uno straordinario dono della

natura, il sughero”, esposizione nata per valorizzare e

testimoniare i valori che animano l’azienda.

Il Gruppo Amorim è la prima azienda al mondo

nella produzione di tappi in sughero, in grado di coprire

da sola nel 2022 il 45% del mercato mondiale di questo

comparto e il 28% del mercato globale di chiusure per

vino; conta un totale di 56 filiali di cui 22 distribuite nei

principali Paesi produttori di vino. Il Gruppo Amorim

esporta in più di 100 Paesi e ha le sue aziende in 28 Paesi

nei cinque continenti.

Amorim Cork Italia, con sede a Conegliano (Treviso),

filiale italiana del Gruppo Amorim, si è confermata nel

2022 azienda leader del mercato del Paese. Con i suoi

75 dipendenti, nel 2022 ha registrato oltre 667 milioni

di tappi venduti per un fatturato di 75,1 milioni di euro,

pari al +6,5% rispetto all’anno precedente.

La leadership di Amorim è dovuta ad una solida rete

tecnico-commerciale distribuita su tutto il territorio

della penisola, ad un efficace servizio di assistenza pre e

post vendita ma anche all’avanguardia dei suoi sistemi

produttivi e gestionali e soprattutto del suo reparto

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La tecnologia più ecologica e più efficace

al mondo contro il TCA per i tappi in

sughero naturale.

Ispirato dallo straordinario lavoro che la Natura ha fatto con il sughero, abbiamo creato Naturity®, un processo

interamente naturale che rimuove il TCA e altri composti di deviazioni sensoriali dai nostri tappi in sughero naturale.

Sviluppato dall’Università NOVA di Lisbona e da Amorim Cork, Naturity® è una tecnologia rivoluzionaria progettata

per massimizzare la performance dei nostri tappi senza comprometterne la natura. Grazie ad un processo avanzato

che combina tempi, pressione, temperatura e acqua purificata, siamo ora in grado di separare le molecole del TCA e

altre molecole volatili dalla struttura cellulare dei tappi in sughero naturale, attraverso un metodo non invasivo che

mantiene intatte le caratteristiche cruciali di questo materiale unico.

amorimcorkitalia

La scelta naturale

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Da Col Vetoraz l’arte ha un

posto privilegiato

Arianna Gasperina espone nuove sculture lignee

fino a fine marzo

A cura di Redazione Centrale TdG

Sotto il segno favorevole dell’incontro di eccellenze, prosegue il

suo corso il progetto Terra d’Arte, ideato da Col Vetoraz e iniziato

lo scorso anno, che continua ad ottenere notevoli riscontri

dal pubblico in termini di attenzione e gradimento. Un’esperienza coinvolgente

che esalta l’emozione di degustare un calice di briose bollicine di

Valdobbiadene DOCG circondati da meravigliosi vigneti sul punto più alto

dell’intera denominazione Conegliano Valdobbiadene, proprio di fronte al

celebre Mont del Cartizze.

La sala accoglienza dell’azienda trevigiana diventa infatti il posto privilegiato

dove, dal mese di dicembre fino a fine marzo, tre sculture scelte

tra le opere dell’artista pordenonese Arianna Gasperina, in arte Arya,

trovano casa. Le creazioni in esposizione, tutte in legno di Pino Cembro

naturale, portano nomi di grande suggestione: ‘Sono Qui’, ‘Eccomi’ e

‘Rinascita’.

Ogni scultura è accompagnata da un pensiero di Arianna Gasperina, che

esprime, sia a livello scultoreo che di parola, tutta la forza del sentimento e

della passione che attraverso queste opere ha voluto comunicare. Ne emerge

un dialogo costante, intimo e unico con ogni albero utilizzato per scolpire

queste creature, in un crescendo espressivo che l’artista ha saputo tradurre

nelle seguenti citazioni.

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74 TuttoOk Eccomi


Sono qui

“Prendi la mia mano, stringila forte non ti perderai, in questa melma dai ricordi

bui. Ogni passo ti porterà lontano da tutto questo. Non temere, ascolta il tuo battito,

esplora la tua luce interiore seppur fievole. Guarisci, cammina, respira e torna a sorridere

io Sono Qui”.

Eccomi

“Non sei solo. È il momento di Rialzarsi, di proseguire il cammino senza più guardarsi

in dietro. Ho grandi ali che proteggono, non temere. Ti avvolgo e ti risollevo.”

Rinascita

“Rinascita è un Oltre, un sapersi evolvere, staccandosi da quel tutto che ci pianta a

terra le membra senza darci spazio di movimento. Quel tutto che soffoca. Rinascita è

dunque un passaggio che ci spoglia dalla vischiosità di questa vuota società, superficiale,

per arrivare all’essenza di sé.”

Rinascita

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A trovare piena corrispondenza con la filosofia di Col

Vetoraz, da sempre attenta all’eccellenza, è il fatto che

le creazioni di Arianna Gasperina riescono a esprimere

una potente carica emotiva ispirandosi alla figura

femminile, raffigurando sia angeli che donne forti,

impetuose, avvolgenti e protettive, capaci di sostenere,

guidare e salvare.

Sono tutte realizzate con la materia prima che l’artista

predilige, il legno, che viene scolpito al novanta

per cento a motosega, per poi definire le figure solo in

alcuni punti con l’ausilio di attrezzi come scalpelli e

raspe per conferire maggiore finezza, creando un contrasto

con le parti grezze in un gioco di pieni e vuoti.

L’arte di Gasperina, vissuta come missione di vita,

nasce da un forte desiderio di condivisione pura di

emozioni e idee che derivano da un lungo processo

di ricerca. E’ il suo vivere, la sua casa.

di Silvia Canton per quattro mesi, seguiranno poi fino

alla fine del 2024 quelle di Elena Ortica, in un percorso

culturale sempre arricchente.

Per approfondire sull’artista:

Arianna Gasperina

www.aryart.it

FB @arianna.gasperina

A rafforzare il senso della presenza delle sue opere

presso la cantina, quindi, è una serie di elementi

comuni a Col Vetoraz, come il filo conduttore dell’elemento

naturale e l’alternanza tra spigolosità, quali le

pendenze delle rive che rendono eroica la vendemmia

sul territorio di Valdobbiadene, e le armonie, presenti

nelle tipologie di vini che qui trovano origine. Il rispetto,

la sensibilità e la cura per la materia sono, così, gli stessi

principi che Col Vetoraz adotta nei confronti della terra

da cui originano i suoi Valdobbiadene DOCG.

Una terra preziosa coi suoi ritmi ai quali è importante

adattarsi, lasciando fare alla Natura evitando forzature.

Questi elementi costituiscono la struttura della filosofia

di Col Vetoraz, un fil rouge che avvicina molto

l’universo enologico a quello artistico. Un vino che

sappia trasmettere armonia nei profumi ed equilibrio

nel gusto con eleganza e mirando sempre all’eccellenza

in fondo, può a tutti gli effetti essere considerato

un’opera d’arte.

Per questi motivi, il progetto Terra d’Arte ospitato

da Col Vetoraz intende alternare nel corso dell’anno

artisti affini alla propria filosofia: da aprile, infatti,

presso la sala degustazione verranno esposte le opere

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Col Vetoraz Spumanti S.p.A.

Situata nel cuore della Docg Valdobbiadene, la cantina

Col Vetoraz si trova a quasi 400 mt di altitudine, nel

punto più alto dell’omonimo colle, parte delle celebri

colline del Cartizze da cui ha origine questo vino pregiato.

E’ proprio qui che la famiglia Miotto si è insediata

nel 1838, sviluppando fin dall’inizio la coltivazione

della vite.

Nel 1993 Francesco Miotto, discendente di questa

famiglia, assieme all’agronomo Paolo De Bortoli e all’enologo

Loris Dall’Acqua hanno dato vita all’attuale Col

Vetoraz, una piccola azienda vitivinicola che ha saputo

innovarsi, crescere e raggiungere in 25 anni il vertice

della produzione di Valdobbiadene Docg sia in termini

quantitativi che qualitativi, con oltre 2.200.000 kg di

uva Docg vinificata l’anno da cui viene selezionata la

produzione di 1.250.000 di bottiglie.

Grande rispetto per la tradizione, amore profondo per

il territorio, estrema cura dei vigneti e una scrupolosa

metodologia della filiera produttiva e della produzione

delle grandi cuvée, hanno consentito negli anni di ottenere

vini di eccellenza e risultati lusinghieri ai più prestigiosi

concorsi enologici nazionali ed internazionali.

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82 Nuova Zelanda: tra

Oceano Pacifico e Vulcani

88 Il delta del Po di Rovigo: le

Everglades italiane

94 La memoria degli alberi di

Gran Canaria

TuttoTravel

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82 TuttoTravel


Nuova Zelanda:

tra Oceano Pacifico e Vulcani

Per immergersi nella storia della Nuova Zelanda basta solo un

biglietto aereo e tanta voglia di scoprire i luoghi simbolo del Paese

A cura di Jimmy Pessina

Se la fine di un viaggio non è altro che “l’inizio si un

altro, ed è necessario ricominciare viaggiare. “Sempre”.

Come scriveva José Saramago nel “Viaggio in

Portogallo”. Sono un esempio di ciò che il Nobel portoghese

della letteratura intendeva, sia come movimento verso un

luogo, sia dentro sé stessi.

Per immergersi nella storia della Nuova Zelanda basta

solo un biglietto aereo e tanta voglia di scoprire i luoghi

simbolo del Paese. In pieno Oceano Pacifico del sud, sotto

un cielo dove l’astronomia sta a testa in giù, la Nuova

Zelanda, un Paese di due isole grande come l’Italia, ospita

vulcani che ogni tanto esplodono, distruggendo i paesi e

seminando il panico.

Ma per lo più tranquillamente, il magma si limita a

scaldare l’acqua e a fornire energia a buon mercato per le

case e le industrie dei quasi cinque milioni di neozelandesi

che vivono nella patria dei maori. Aotearoa è il nome

“maori” della Nuova Zelanda, battezzata ben prima che i

colonizzatori europei giungessero sulle rive ventose del

verde diviso in due isole (North e South), adagiato nel Mar di

Tasman, il blocco di terra emersa più distante dall’Europa.

Oltre solo le stelle.

Lembo di terra isolato, distante da tutto, luogo ideale

per fare maggese dentro di sé, per resettare l’anima, in

fuga dal caos della quotidianità ad alta densità abitativa

nelle nostre lande domestiche. 28 ore di volo (in direzione

occidente oppure oriente, dall’Italia non fa differenza) e si

atterra agli antipodi, fuggendo dall’inverno e conquistando

l’estate australe.

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Che in Nuova Zelanda assume sapori speciali: fresca,

sognante, oceanica. Vestigia vulcaniche che attraversano

la terra: la North Island è la massa di terra che costituisce il

lembo settentrionale della Nuova Zelanda. Il suo scheletro

è retto da una colonna vertebrale di fuoco che si esprime attraverso

colossali vulcani, pozze di fango ribollenti, geyser.

Una cintura del fuoco che costituisce l’essenza stessa

dell’isola. In cui vive anche ampia parte della popolazione

maori, comunità che conserva con cura le proprie tradizioni

e i propri rituali originari. Dai 3 vulcani che definiscono

il panorama straordinario del Tongariro National Park

(“set” reale che ha dato forma alle fantasie tolkieniane

nella saga cinematografica del Signore degli Anelli, firmata

Peter Jackson) ai fenomeni geotermici di Rotorua, fino al

campo vulcanico su cui è edificata la magnifica Auckland,

la città più popolosa del Paese adagiata su coni di vulcani

dormienti che si inabissano nelle acque azzurre del Golfo

di Hauraki, campo di regata e di battaglia di passate sfide

di America’s Cup.

Non esiste una graduatoria che allinei i Paesi per grado

di civiltà. Non può esistere, naturalmente, nemmeno

in un mondo di ansie classificatorie come il nostro:

perché il concetto è sfuggente, indefinibile. Eppure, se

ci fosse, la Nuova Zelanda competerebbe a buon diritto

per i primi posti. Lo testimoniano tanti piccoli segnali

che si possono cogliere nell’atmosfera quotidiana.

Il rispetto, per le regole non scritte. Il garbo, nei rapporti

tra le persone. I sentieri naturalistici, non importa

quanto remoti, immancabilmente accessibili ai disabili.

Il rispetto per la natura, che laggiù domina sull’uomo,

poco più che pioniere soprattutto nell’Isola del Sud.

La Nuova Zelanda, grande più o meno come l’Italia, ha

poco più di quattro milioni di abitanti, come la Croazia

o l’Irlanda: pochi, e inoltre concentrati nella più calda

Isola del Nord dove sorgono Auckland, la “metropoli”

neozelandese e la capitale Wellington.

L’Isola del Sud, che occupa metà della superficie del

Paese, ha invece da poco festeggiato il suo primo milione

di abitanti, che quindi si ritrovano dispersi in un ambiente

naturale vasto, imprevedibile e di sorprendente

bellezza. Il paesaggio è dominato dalla catena delle Alpi

meridionali, in tutto simili a quelle europee: la forma

dei rilievi, i solchi delle vallate, gli allungati laghi glaciali,

i colli delle Prealpi rimandano immediatamente

alle immagini consuete da quest’altra parte del mondo;

solo, laggiù si conservano intatte, non trasformate e

plasmate dalla millenaria mano dell’uomo.

I neozelandesi sono tutti appena arrivati, sia i maori

di ceppo polinesiano, sbarcati nel Duecento, sia i discendenti

degli inglesi, giunti nel Settecento. Entrambi

i gruppi sono cittadini fin dalla nascita dello Stato come

dipendenza britannica, formalizzata dal trattato di

Watangi nel 1840. Fin da allora gli inglesi riconobbero i

diritti di proprietà dei maori; nei decenni seguenti non

mancarono certo abusi, forzature e anche scontri armati

tra i due gruppi etnici, ma le tensioni non andarono mai

al di là di un certo segno, e oggi tutti antepongono a ogni

altra identità quella peculiare neozelandese: kiwi – dal

nome dell’uccello simbolo del Paese – è il nomignolo

nel quale tutti si riconoscono.

I maori, circa il quindici per cento dei neozelandesi,

coincidono ancora in gran parte con la fascia più debole

della popolazione: ma di un’etnia eccezionalmente

equilibrata. Il divario tra i più ricchi e i più poveri è

contenuto, l’indice di sviluppo umano è altissimo – il

terzo nel mondo nel 2013 – anche se il Pil pro-capite è

di circa diciannovemila euro annui, inferiore a quello

italiano (quasi ventunomila, sempre nel 2013). Per contro,

la Nuova Zelanda è al primo posto nella particolare

graduatoria che misura la corruzione; sostanzialmente,

non c’è. Wellington, la capitale, placida ed elegante,

sorge all’interno di un antico cratere vulcanico, riempito

dalle acque del mare, situata all’estremità meridionale

dell’Isola del Nord.

I villini dove risiede gran parte della popolazione

punteggiano il verde dei colli digradanti verso il centro

storico – si fa per dire: gli edifici più antichi sono quelli

di foggia inglese, sorti a fine Ottocento – e il porto, dal

quale i traghetti partono per affrontare il turbolento

Stretto di Cook che divide le due isole. In quella del Sud

la dorsale alpina, che si eleva a ridosso della costa occi-

84 TuttoTravel


TuttoTravel

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dentale, s’incontra con il mare in un susseguirsi di baie,

insenature e fiordi, che non hanno nulla da invidiare

ai più celebri norvegesi: centinaia di metri di roccia si

buttano a picco nelle fredde acque australi, popolate

di pinguini e foche orsine. Le nevi perenni e i ghiacciai

scendono fino a poche centinaia di metri di altitudine

al livello del mare; la Nuova Zelanda si trova alla stessa

latitudine dell’Italia – ovviamente ribaltata –, ma non

beneficia della Corrente del Golfo che riscalda l’Europa.

E quindi ha un clima più freddo e, soprattutto, più

piovoso della sua controparte boreale. Questa caratteristica,

combinata con l’isolamento ininterrotto da

ere geologiche, ha generato un panorama ambientale

unico. Non esistono mammiferi terrestri, salvo quelli

importati dall’uomo negli ultimi secoli, e ovunque sorge

la foresta pluviale. Una strana foresta: apparentemente

alpina, se vista da lontano; simile al contrario alle

giungle tropicali, se osservata più da vicino.

Ma una giungla fredda, con le palme adattate al clima,

grazie alle foglie sfrangiate, le conifere dagli aghi

sottili e aguzzi, i rampicanti e le felci – altro simbolo

della Nuova Zelanda –. E ovunque, spessa e soffice la

coltre, il muschio che ricopre ogni cosa: terreno, rocce,

tronchi, rami, foglie. Infatti, è qui che il regista kiwi

Peter Jackson, ha trovato la Terra di Mezzo evocata

da Tolkien, immortalano le immagini nella trilogia “Il

signore degli anelli”.

Nella stretta fascia costiera occidentale gli insediamenti

umani sono ancor più radi e conservano un

che di provvisorio, pionieristico, e possono scorrere

centinaia di chilometri tra uno e l’altro. I collegamenti

con la sponda orientale passano attraverso due passi

che si aprono al culmine di valli nebbiose e deserte,

appena superata la cresta il paesaggio improvvisamente

s’illumina, e degrada dolcemente in colline via via più

arrotondate, sulle quali brucano in stato semi-brado

pecore, mucche e cervi, le tre razze che costituiscono

l’ossatura dell’allevamento neozelandese.

per produrre Sauvignon e Pinot di ottima qualità. In

fondo alla piana, sempre ondulata, le piccole città – la

remota Invercargill, l’eccentrica Dunedin, la martoriata

Christchurch –; nel mezzo, la campagna punteggiata

di fattorie dove ogni famiglia vive quasi in autarchia,

eppure parlando un impeccabile inglese oxfordiano e

rimuginando la propria nostalgia dell’Europa. Ogni

casa ha almeno una stanza per i viaggiatori di passaggio,

accolti con un bicchiere di vino e il rito vittoriano

del tè, imprescindibile appuntamento con i vicini ma

anche con gli ospiti – e non importa se conosciuti o no.

Per uscire però dalle tratte turistiche, uno dei tracciati

che ho preferito è la Copland Track, a poca distanza da

Fox Glacier, che richiede due giorni, e lungo un percorso

poco battuto, passano fiumi, torrenti, risalendo il fianco

di una montagna fino a delle piscine termali naturali.

La Nuova Zelanda è un paese di cui si parla sempre

poco, un po’ all’ombra della vicina Australia, che proprio

per questo motivo riesce a sorprendere chi arrivi senza

meta. Andando oltre i paesaggi e la natura per cui i più

la raggiungono, la Nuova Zelanda è a mio parere un

luogo che ha bisogno di tempo per essere conosciuto. I

suoi ritmi lenti e lo stile vita che caratterizzano questa

popolazione sono qualcosa a cui è necessario abituarsi

e apprezzare con il tempo. Della Nuova Zelanda non

scorderò mai il profumo dei fiori e della fitta vegetazione,

detta “bush”, la cordialità e la disponibilità dei

suoi abitanti, la musica creata dalle numerose specie

di uccelli, le nuvole che disegnano sempre dei cieli

meravigliosi e la variabilità del meteo, non a caso un

detto tipico è” four season in one day”.

L’altro caposaldo dell’economia dell’Isola del Sud è

la vite, coltivata nelle regioni più riparate e impiegata

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Un mondo unico di tradizioni, bellezza e stile racchiuso

in ogni calice di Prosecco DOC. Ecco perché Prosecco DOC è

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Il delta del Po di Rovigo: le

Everglades italiane

Il Polesine, una terra dai ritmi rallentati, simili a quelli del

fiume che, carico di detriti, scivola ormai lentissimo verso il

mare

A cura di Jimmy Pessina

La strada statale Romea sembra tagliare l’universo

in due parti: da un lato il mondo del terzo

millennio, con le piatte campagne coltivate e i

territori strappati alle acque dalle bonifiche. Dall’altra

il Delta, dove sottile e indefinita è la linea che distingue

la terra all’acqua, il dolce dal salmastro.

Percorrendo la statale Romea che collega Chioggia

a Ravenna, o ancor meglio se la lasciamo per seguire

strade secondarie, incontriamo un paesaggio inconsueto:

un grande fiume, il Po, che si ramifica in tante

direzioni, un ambiente naturale e lussureggiante, dove

miriadi di uccelli di tante specie si levano in volo radente,

mentre una nebbia leggera attenua il tramonto. Ancora

tutto da scoprire, il Delta offre infinite possibilità di

esplorazione di un ambiente in cui la natura è ancora

la dominatrice assoluta.

Le valli, i canali, gli acquitrini, i canneti e le pinete

hanno creato una sorta di labirinto naturale in cui

può essere molto bello indugiare e lasciarsi andare a

bordo di una barca a raccogliere le impressioni di un

paesaggio che vive i ritmi a cui non siamo più abituati

da tempo. Infatti, un paesaggio che si perde, dove

l‘unico elemento verticale è quello dei campanili, che

non riesce a superare l’altezza degli argini. Un mondo

fatto di canneti che suonano mossi dal vento, di lagune

e di valli di pesca dove regnano sovrani il fenicottero,

la volpoca e il cavaliere d’Italia. Il Parco Naturale del

Delta è nato nel 1997 tra burrascose polemiche, nonostante

che il piano dell’area che lo ha accompagnato sia

stato premiato come il migliore in Europa per qualità

urbanistica.

Dal Po Grande o di Venezia si dirama a nord il Po di

Maista (il Po di Levante, porta d’accesso delle merci di

navi che provengono da Grecia e Russia cariche di tufo

o pietre per fare ghiaia colorata e risalgono la corrente

su chiatte e imbarcazioni di trasporto, essendo regolamentato

dalla chiusa di Volta Grimana, non può dirsi

veramente ramo attivo).

È anche il ramo più giovane, nato da due storici interventi

sul corso del fiume: la deviazione delle acque

di Ficarolo nel XVI secolo, con cui la Serenissima deviò

a sud il Po creando un canale per collegare il ramo del

fiume in prossimità di Ponte Viro con la Sacca di Goro

riuscendo così a salvare la laguna. A sud si diramano il

Po Piccolo o di Goro, il Po della Donzella, il Po di Gnocca

e il Po delle Tolle. Nella parte terminale il Po di Venezia

viene chiamato Po di Pila che a sua volta si divide in

Busa di Tramontana a nord e in Busa di Scirocco a sud,

e il Taglio di Porto Viro.

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92 TuttoTravel Nella cuspide verso il mare il Po si chiama Busa Dritta

e sfocia a Punta Maistra dove c’è il Faro di Pila. Nei

punti dove il mare riesce a penetrare con le sue onde

si formano le sacche, uniformi distese d’acqua salata a

fondale basso delimitate dai bracci di fiume. Sia nelle

lagune, che nelle sacche si allevano i prelibati mitili

e si pratica la pesca, si cattura il novellame, il piccolo

pesce che viene allevato in valle. Le lagune del Delta del

Po sono sette: Caleri, Vallona, Barbamarco, Batteria,

Brucio, Basson e Monelli Levante; le sacche due: Sacca

Canarin e Sacca degli Scardovari. Lasciando ai lettori

il gusto della ricerca di angol suggestivi, di un percorso

a ritroso nel tempo, alla riscoperta di una natura che ci

riporta alle nostre origini, in un territorio in continua

evoluzione.

Un fine settimana nel Delta, è un appuntamento da

vivere con entusiasmo, che sarà ampiamente ripagato.

Appunti: dormire – Hotel Gran Delta – Rosolina, tutti i

venerdì cena tipica a base di pesce, e rappresentazione

di “Metti una sera a cena….con il Teatro” . Un mirabile

esempio di come si possa unire il godimento ludico

con il rispetto della Natura e la valorizzazione di un

territorio: è simboleggiato dal Canarin, amatissimo

ristorante nel cuore del Delta del Po, di Porto Tolle,

dove si carica il cuore di aspettative, poiché si fende un

paesaggio di rara bellezza, il quale sfocia letteralmente

nella struttura, un’autentica palafitta che si specchia

sulle acque del Polesine.


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La memoria degli alberi

di Gran Canaria

Gli alberi di Gran Canaria hanno un nome proprio e gli abitanti

dell’isola si rivolgono a loro come se stessero parlando a un vecchio

amico

A cura di Silvia Donatiello

Gran Canaria ospita una grande diversità di

ecosistemi naturali e formazioni vegetali che

caratterizzano il suo paesaggio, con una grande

varietà di alberi e boschetti nei suoi cortili, piazze, strade

e giardini, molti dei quali degni di essere considerati singolari

o monumentali.

Gli alberi di Gran Canaria hanno un nome proprio e

gli abitanti dell’isola si rivolgono a loro come se stessero

parlando a un vecchio amico, a un anziano venerabile o

a una madre all’ombra della quale sono cresciute diverse

generazioni, come accadeva intorno alla foresta di castagni,

la Castañera Grande de Las Lagunetas, a Vega de San

Mateo, quando la cenere della legna da ardere di questo

esemplare di oltre tre secoli di vita veniva usata per curare

gli ombelichi dei nuovi arrivati in questo mondo insulare

riparato sotto il boschetto di alberi.

Come un bambino, la dracena draco, chiamata comunemente

l’albero del Drago e, in questo caso, il Drago di

Pino Santo, è spuntato spontaneamente dalla terra più

di 240 anni fa e da allora è rimasto in piedi, aggrappato

a una parete di basalto su cui pendono le sue radici secolari.

La contemplazione di questo monumento vegetale,

con la sua silhouette perfetta e i suoi 16 metri di altezza,

dalla strada o dal fondo del Barranco Alonso, offre una

visione fugace e quasi onirica di un paradiso perduto.

Nel 1718, lo stesso anno in cui i francesi fondarono

la città di New Orleans, in cui morirono il pirata Barbanera

e il re Carlo XII di Svezia e in cui fu firmato il

trattato di pace che pose fine alla guerra austro-turca,

qualcuno piantò l’Albero del Drago di Gáldar, il più

antico di Gran Canaria, ancora oggi testimone delle

vicende umane, situato nel cortile interno dell’antico

municipio e dell’attuale ufficio di informazione turistica.

La sua corteccia di pelle di drago rivela le incisioni e

le cicatrici dovute all’estrazione della resina per scopi

medicinali o per le tinture da parte di coloro che lavoravano

come erboristi e fitoterapeuti, come la mitica

Catalina, soprannominata “La Regañona” (brontolona)

per il suo carattere forte.

Prima erano i pastori, i mulattieri, i boscaioli, i transumanti

e i carbonai a sedersi sotto la sua folta chioma

sulla collina su cui sorge l’albero. Oggi sono soprattutto

gli alpinisti e gli escursionisti a guardare con stupore il

Pino di Cassandra o Pino Bonito, il pino più antico di

Gran Canaria, con un’età stimata di circa quattro secoli,

che gli ha permesso di vivere il passaggio dalla società

preispanica a quella moderna. Il segno di una grande

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bruciatura sul suo tronco ha alimentato la fiamma delle

leggende in innumerevoli notti sotto le stelle accanto

alla diga di Las Niñas. Anche i suoi fratelli, i Pini di

Gáldar, anch’essi centenari, toccano il cielo tra i 1.400

e i 1.500 metri di altitudine.

I ricordi a volte ci arrivano avvolti in fragranze.

Questo è anche il caso dei ginepri, il cui legno veniva

utilizzato per la produzione di incenso per purificare

e profumare gli ambienti della casa. Inoltre, è così resistente

che è ancora possibile trovare travi di ginepro

che sostengono strutture, di diversi secoli fa. Una delle

più grandi e antiche delle Isole Canarie è la Sabina

(ginepraio) de Tirma che, secondo la tradizione orale,

ebbe origine quando un corvo venne a bere a questa

sorgente e depositò il seme adatto.

Le cicas sono fossili viventi emersi più di trecento

milioni di anni fa, nell’era mesozoica. Questa specie

è considerata una delle prime con un certo grado di

complessità a comparire sul pianeta e non è esattamente

una palma, anche se ne ha l’aspetto. La Cica di

San Martín è alta 11 metri e vive da più di due secoli tra

le mura dell’antico Hospital San Martín, oggi Centro

San Martín di Cultura Contemporanea e futuro Museo

delle Belle Arti di Gran Canaria, dove presiederà uno

spazio che esporrà le opere di artisti che sono nati e

hanno prodotto le loro opere molto tempo dopo questa

bellezza botanica.

Per chi fosse interessato ad approfondire questo

argomento, esiste una cartina degli alberi “unici” di

Gran Canaria, con una spiegazione per ciascuno di

esso qui: https://custodiadelterritorio.grancanaria.com/

arboles-singulares

Accanto alla strada che collega la tenuta di Las Casas

de Almácigos, si trova la Cardonera (cardoni) de Veneguera,

presa come palcoscenico per l’allestimento di

presepi, un uso curioso per questo gioiello botanico,

una sorta di gigantesco candelabro intrecciato di oltre

cinque metri di altezza e quindici di diametro, che

rappresenta le specie dei versanti più soleggiati di Gran

Canaria. All’altro estremo, il Barbusano de Osorio è un

esempio di foresta di Laurisilva (alloro dell’era terziaria)

o foresta pluviale delle Canarie, alla base della leggendaria

Selva de Doramas, nome che prende in prestito

dall’antico guerriero canario.

Il Palmeral (palmeto) de la Sorrueda, nella zona

centrale del sud-est, è una lezione a cielo aperto sulla

bellezza della palma canaria. Quest’oasi si trova anche

accanto a un mosaico di appezzamenti agricoli, alcuni

dei quali sono stati sfruttati fin dal XVI secolo. Dal

canto loro, le palme di Tenoya, sulla strada per Casa

Ayala, sorgono dal terreno accanto a una piantagione

di banane e le loro chiome si estendono come un fuoco

d’artificio a 36 metri di altezza, solitarie e inaccessibili.

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Speciale

Degustando

102 La Cantina St. Michael-Eppan

festeggia 10 anni di Appius con una

degustazione storica

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La Cantina

St. Michael-Eppan festeggia

10 anni di Appius con una

degustazione storica

Appius è l’antico nome latino di Appiano, territorio vinicolo

altoatesino risalente ai tempi dei Romani e, al giorno

d’oggi, una delle migliori zone italiane di produzione di

vini bianchi d’eccellenza

A cura di Paolo Alciati e Enza D’Amato

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Dieci anni, dieci vendemmie, dieci Appius.

Questo è il risultato di un grandissimo lavoro

di vinificazioni, di degustazioni e di assemblaggi

che Hans Terzer, uno dei più grandi enologi al

mondo altresì definito dalla rivista VINUM “La leggenda

vivente del vino dell’Alto Adige” o anche “Il mago dei

bianchi”, ha tradotto in un vino esclusivo dal nome

intimamente legato alla sua terra d’origine.

Appius, infatti, è l’antico nome latino di Appiano,

territorio vinicolo altoatesino risalente ai tempi dei Romani

e, al giorno d’oggi, una delle migliori zone italiane

di produzione di vini bianchi d’eccellenza. Un terroir

caratterizzato da terreni calcarei, porfirici, morenici

ed un microclima influenzato da importanti escursioni

termiche, temperature miti e freschi venti notturni che

conferiscono ai vini preziosi profumi, inconfondibile

mineralità e aromi complessi.

Terzer è il winemaker della Kellerei St. Michael-Eppan,

cantina con 114 anni di storia, che ha festeggiato

la decima edizione di Appius, annata 2019,

una cuvée da sogno creata con selezioni di uvaggi personalmente

da lui individuati che hanno raggiunto la

massima espressione dei più preziosi vitigni a bacca

bianca di quella vendemmia e ottenuta realizzando un

assemblaggio di Chardonnay (60%), Pinot grigio (15%),

Pinot bianco (13%) e Sauvignon blanc (12%). Un insieme

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di aromi avvolgenti, profumi inebrianti, dai fruttati a

quelli più intensi grazie ad un’annata caratterizzata da

un’estate ed un inizio d’autunno climaticamente ideali.

Appius è il frutto di un meticoloso lavoro di selezione

in vigna, della lavorazione individuale in cantina, di un

accurato assemblaggio finale e questa edizione dimostra

un profilo lineare, dritto e preciso, votato alla longevità.

La vinificazione inizia con la fermentazione alcolica

e malolattica dello Chardonnay e dei due Pinot e con

un successivo affinamento in barrique/tonneaux. Si

procede all’assemblaggio dopo un anno e un ulteriore

affinamento sui lieviti per tre anni in tini di acciaio

inox, di cui due sulle fecce fini.

All’esame visivo si presenta limpido con un colore

giallo paglierino e profondi riflessi verdognoli; all’olfatto

emerge una evidente sapidità, un naso leggermente

salmastro e note iodate. Dopo pochi secondi si passa alla

frutta tropicale matura, dovuta alla preponderanza di

Chardonnay, poi frutta a polpa bianca per la presenza

dei due Pinot, bianco e grigio. Piacevoli sono i sentori

erbacei e aromatici del Sauvignon, oltre a note floreali

agrumate, vegetali e balsamiche.

Infine, il passaggio in legno regala note di vaniglia

Bourbon, orzo tostato e tabacco.Al palato, interessante

è l’acidità in perfetto equilibrio con la mineralità e intense

sfumature balsamiche, agrumate e leggermente

speziate. Appius 2019 accompagna piatti di pesce

decisi come rombo o coda di rospo, ma si abbina

perfettamente anche a specialità di funghi e tartufi,

carni bianche nobili e selvaggina. Ottima anche

la combinazione con formaggi cremosi con crosta e

formaggi stagionati.

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Il progetto Appius

Il progetto Appius vuole realizzare, anno dopo anno

a partire dall’annata 2010, un vino capace di rispecchiare

il millesimo e di esprimere la creatività e la sensibilità

del suo autore, Hans Terzer per il quale c’era l’intenzione

di “…fare di più di Sanct Valentin” (la linea di vini di

punta della cantina). Ma quale tipologia di vino fare per

realizzare questo obiettivo? Un super Chardonnay, un

super Sauvignon o chissà cos’altro?

E Terzer spiega il suo ragionamento iniziale “…mi

sono detto: io vorrei, in primis, che il vino sia buono ogni anno,

che ci sia una costanza qualitativa ogni anno, che rispecchi il

nostro territorio ma rispecchi soprattutto anche l’annata. Per

cui ho preso la decisione di fare un assemblaggio di quattro

vitigni: Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Grigio e Sauvignon.

Non ho inserito il Gewurztraminer, un vitigno importante per

l’Alto Adige, perché io amo anche la Borgogna e la mia idea era

quella di fare un vino che assomigliasse a quelli di quel territorio

e non fosse troppo aromatico. Ho vinificato diverse piccole

partite – prosegue il winemaker Hans Terzer – e dopo un anno

le ho assemblate secondo la visione mia e dei miei collaboratori.

Il vino rimane per tre anni sulle fecce prima di imbottigliarlo”.

Anche il design della bottiglia e la sua etichetta vengono

reinterpretati in ogni edizione: lo scopo è di concepire

una “wine collection” capace di appassionare

gli amanti del vino di tutto il mondo. L’etichetta della

decima edizione di Appius, ideata da Life Circus, incorona

l’importante anniversario, strutturando l’aspetto

grafico a partire dall’emblematico numero 10, proposto

in un’accattivante alternanza d’oro e platino. L’immagine

permette sempre una libera interpretazione, affinché

ogni wine lover possa trarne un’intima ispirazione.

Come per le altre annate, anche questa edizione di

Appius è limitata.

Hans Terzer ha voluto celebrare la decima versione

di Appius con una strepitosa verticale di tutte le annate

partendo dalla 2010, una delle migliori versioni tra le

10 degustate.

“Il 2010 – spiega ancora Terzer – è stata un’annata un

po’ particolare e assomiglia molto al 2023 perché nel luglio di

13 anni fa abbiamo avuto in estate un clima quasi tropicale con

temperature che hanno superato i 30 gradi e un autunno piovoso.

A causa di ciò, abbiamo fatto una vendemmia abbastanza

tardiva raccogliendo le uve verso metà settembre”.

Stupisce il colore dorato brillante ma con ancora

qualche riflesso verdognolo che in genere è indice di

gioventù. Una caratteristica che accomuna quasi tutte

le annate è quella relativa a sentori iodati, leggermente

salmastri e a un delicato fumé.

Il passaggio in legno, ancora apprezzabile, ha rilasciato

piacevoli note burrose, sentori floreali e di frutta

esotica con un agrumato che, unito all’acidità ancora

evidente, stimola la voglia di un secondo bicchiere.

La caratteristica che emerge all’analisi olfattiva

dell’Appius 2011 è la forte presenza aromatica dovuta

all’utilizzo del Sauvignon per ben un terzo a causa della

mancanza del Pinot Bianco, poiché quell’anno le uve

sono state rovinate da due intense grandinate.

Appius 2012 è molto interessante e presenta note di

frutta matura, banana e frutta esotica con buona acidità

e sapidità. Il 2013 ha un sorso piuttosto morbido,

sapido e chiude con un elegante nota ammandorlata.

Grande soddisfazione per l’Appius della vendemmia

2014, all’olfatto presenta sentori di aromatiche, una

leggera nota affumicata e una minerale più evidente.

In bocca è ampio, agrumato, con un’acidità piacevole e

non invadente e una intensa persistenza finale. Ottimo!

Si prosegue con il 2015, di un bel colore dorato brillante,

morbido al palato e con una fresca sensazione

citrica. L’annata 2016 è stata straordinaria per produzione

e condizioni ottimali per la maturazione delle uve

e il vino prodotto ne è la diretta espressione: intenso,

floreale e fruttato, elegante e con un finale lunghissimo.

Grande annata e grande vino!

Al contrario, il 2017 è stata, per dirla con le parole

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di Terzer “…un’annata da incubo! Il germogliamento precoce

è stato falcidiato dall’ondata di gelo che ha colpito l’Europa in

aprile rovinando la maggior parte dei grappoli e di conseguenza

è stata la vendemmia più scarsa della mia vita”. Il risultato

è un vino senza acuti, ma comunque gradevole e di

buona mineralità.

“Il 2018, nonostante qualche grandinata che ci ha fatto fare

una selezione quasi chicco per chicco, ci ha permesso di ricavare

ottime uve, sane che hanno dato un gran bel prodotto”, racconta

Hans Terzer terminando la sessione di valutazione

organolettica delle prime nove annate.

Tirando le somme da questo interessante incontro di

degustazione, emergono in modo importante le annate

pari – 2010, 2012, 2014, 2016 e 2018 – mentre le dispari,

pur essendo di grande piacevolezza, risultano meno

intense. La nostra opinione è che avendo comunque

una buona acidità, sinonimo di serbevolezza, abbiano

necessità di maggiore permanenza in bottiglia per

sfruttare al meglio le caratteristiche dei singoli uvaggi

utilizzati per l’assemblaggio.

In ogni caso quest’ultima annata dispari, la 2019,

ha tutte le carte in regola per sovvertire questo nostro

giudizio. Ci ripromettiamo, fra qualche anno, di valutarne

l’evoluzione in una nuova esaltante degustazione.

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Un mondo unico di tradizioni, bellezza e stile racchiuso

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