Turismo del Gusto Magazine - Gennaio 2024
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N°23
Rivista bimestrale
Gennaio/Febbraio 2024
Questo magazine è un allegato del sito www.turismodelgusto.com
Direttore Responsabile Roberto Rabachino
La Madernassa a Guarene
molto più che una stella (Michelin)
La memoria degli alberi
di Gran Canaria
Il nuovo cortometraggio
del Consorzio Prosecco DOC
Rozelieures, il Single Malt francese
dai campi di orzo alla bottiglia
SAGNA S.p.A.
il gusto di una costante selezione di eccellenze
Editore e Amministrazione ADV SRLS – Torino – Italia
Direttore Responsabile
Roberto Rabachino
direttore@turismodelgusto.com
Redazione Centrale:
Gladys Torres Urday
Paolo Alciati
redazione@turismodelgusto.com
Editore e Amministrazione
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P.IVA 11457360011
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Grafica e Impaginazione
Martina Rabachino
m.rabachino@turismodelgusto.com
Collaborazioni:
Paolo Alciati, Enza D’Amato, Franca Dell’Arciprete Scotti, Silvia
Donatiello, Jimmy Pessina e Redazione Centrale
Immagini:
Paolo Alciati, Franca Dell’Arciprete Scotti, Redazione Centrale,
Enza D’Amato, Jimmy Pessina, Consorzio Tutela Prosecco DOC,
Silvia Donatiello, Tourism New Zeland, Philippe Labeguerie
Credit Cover
Foto di D Mz da Pixabay
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Contenuti
#TuttoDrink
#TuttoFood
8 SAGNA S.p.A., il gusto di una costante selezione
di eccellenze, da concedersi durante le feste
12 Rozelieures, il Single Malt francese – dai campi di
orzo alla bottiglia
20 Ristorante La Madernassa a Guarene (CN) –
Molto più che una stella (Michelin)
28 Cetara: buone pratiche per un nuovo turismo
#TuttoOk #TuttoTravel #Speciale
Degustando
36 Dal 12 al 14 febbraio 2024 il
prossimo Wine Paris & Vinexpo Paris
44 Assaporare l’inverno
nell’esclusivo mondo acquatico dei
Quellenhof Luxury Resorts
50 Aspettando la Fiera del
Cicloturismo, dove pedalare in
inverno
62 Il nuovo cortometraggio del
Consorzio Prosecco DOC
68 FSC: il futuro responsabile
passa attraverso i tappi in sughero
72 Da Col Vetoraz l’arte ha un
posto privilegiato
82 Nuova Zelanda: tra Oceano
Pacifico e Vulcani
88 Il delta del Po di Rovigo: le
Everglades italiane
94 La memoria degli alberi di
Gran Canaria
102 La Cantina St. Michael-Eppan
festeggia 10 anni di Appius con una
degustazione storica
6 TuttoDrink
#
8
TuttoDrink
SAGNA S.p.A., il gusto
di una costante selezione di
eccellenze, da concedersi
durante le feste
12 Rozelieures, il Single Malt
francese – dai campi di orzo alla
bottiglia
TuttoDrink
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8 TuttoDrink
SAGNA S.p.A.
Il gusto di una costante selezione di eccellenze,
da concedersi durante le feste
Si chiude un 2023 segnato da eventi imprevedibili, ma che non hanno
influito negativamente nel consumo di champagne, vini e distillati
di eccellenza distribuiti dalla famiglia torinese Sagna
A cura di Redazione Centrale TdG
La quarta generazione, i fratelli Leonardo e Carlo
Alberto Sagna, da qualche anno sta traghettando
l’azienda, fondata nel 1928, in una nuova
dimensione pur rimanendo fedelmente attaccata e al
contempo attratta da chi l’ha preceduta nella gestione
aziendale: il Sig. Giusto Lusso, Presidente della società
da una ventina di anni e Massimo Sagna, AD nonché
ineguagliabile front man, un comunicatore appassionato
di quelle che sono le storie che animano le aziende
presenti nel catalogo piemontese.
Sono 40 le Case attualmente rappresentate; in questi
ultimi dodici mesi, oltre ad aver potenziato la rete vendita,
i due fratelli si sono concentrati nella selezione e
inserimento di vecchi millesimi prodotti dalle aziende
italiane, dai toscani Canalicchio di Sopra e Querciabella
alle cantine delle Langhe, il Castello di Neive e
Pianpolvere Soprano.
A questi si aggiunge un instancabile sguardo ai vini
prodotti all’estero, Francia in primis ma anche la sempre
più dibattuta Svizzera. La scelta è ricaduta su ben
4 spumanti metodo classico prodotti nella Loira dalla
storica azienda Marc Bredif: due Chenin in purezza
della zona del Vouvray e due Crémant de la Loire
a base Chardonnay. Espressivi, moto impattanti per
Barolo Pianpolvere Soprano Riserva
TuttoDrink
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struttura e potenziale evolutivo i primi, più seduttivi
e approcciabili per la loro apertura e morbidezza i secondi.
Una selezione sfaccettata, che accontenta tutti i
palati. Restando in Borgogna, si è ampliata l’offerta di
Chardonnay prodotti da Albert Pic, che vanta superfici
vitate in tutte e 7 i climat dell’AOC Chablis Grand Cru.
Lato rossi, invece, si è dato ancora più spazio ai Gamay
di P.Ferraud: Brouilly, Julienas e il corposo Morgon
vanno a completare la già ricca selezione, che vede i cru
Mouilin a Vent e Fleurie a primeggiare per l’approccio
palatale gioviale e dinamico.
A fargli da contraltare ci sono i tanti e grandissimi
Pinot noir del Domaine Faiveley di Nuits-Saint-Georges
che, grazie alla sua vastissima proprietà terriera,
123 ettari, riesce a produrre oltre centocinquanta cru. La
selezione di Sagna S.p.A. sfiora le 60 referenze. Ma tra
le novità più entusiasmanti ci sono i bianchi svizzeri a
base Chasselas prodotti dall’azienda Mont le Vieux
sul Lago di Ginevra, vini agrumati, freschi e dalla
spiccata freschezza prima che mineralità che grazie alla
loro bassa gradazione alcolica riescono a guadagnarsi
molti consensi, soprattutto tra i più giovani.
Canalicchio di Sopra
Rosso di Montalcino
Brédif Brut Extrême
Tante etichette dunque si sono dunque aggiunte a
questa che rappresenta la selezione più prestigiosa in
Italia e che in occasione delle prossime feste sfoggeranno
il loro profilo. Consigliati un Rosso di Montalcino
(Canalicchio di Sopra) e una Barbera d’Alba (Castello
di Neive) per accompagnare i primi piatti, un Morgon
Les Charmes (P.Ferraud) o un Les Cazetiers Premier
Cru (Domaine Faiveley) per i secondi. Immancabili, poi,
gli Champagne, che l’azienda importa e distribuisce da
decadi. Questo 2023 sarà infatti ricordato dalla società
per i suoi 95 anni di attività e i 35 anni di collaborazione
con la Maison Louis Roederer, celebre per la sua cuvée
Cristal®, ma non solo.
Info: www.sagna.it
Moulin à Vent
10 TuttoDrink
DISTRIBUITO DA SAGNA S.P.A. DAL 1928 - WWW.SAGNA.IT TuttoDrink
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il Single Malt francese –
dai campi di orzo alla bottiglia
Rozelieures è la storia di una famiglia visionaria che ha trasformato
la propria fattoria familiare in una vera e propria distilleria
conosciuta e in un punto fermo del whisky francese
A cura di Redazione Centrale TdG
Oggi è uno dei rari brand di whisky al mondo a possedere il 100%
della materia prima e controllare il 100% del processo. I cereali,
la maltazione, la distillazione, l’invecchiamento: tutto è fatto in
casa – autonomia energetica inclusa – in un raro e unico modello di integrazione
verticale, in un esempio di fattoria del ventunesimo secolo. L’acqua
della regione, la Lorena, è celebre per la sua purezza.
Tutti i whisky Rozelieures sono Single Malt e tutti sono distillati due volte
per un’intensità aromatica ineguagliabile, inoltre la distilleria è la prima in
Francia a proporre anche whisky torbati. L’invecchiamento avviene in botti
provenienti da varie regioni: Kentucky, Xerez, Borgogna, Valle del Rodano,
Banyuls, Armagnac e Sauternes. Tutte le botti riposano in tre magazzini,
ognuno con differenti caratteristiche che donano ai whisky aromi e profumi
estremamente fini e complessi.
Rozelieures è una distilleria familiare, una vera e propria fattoria che si
distingue per il suo orgoglio e per la volontà di creare Single Malt dall’identità
chiara ma differenti uno dall’altro in base al malto utilizzato e alla grande
attenzione per le diverse tipologie di invecchiamento.
12 TuttoDrink Rozelieures,
TuttoDrink
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“Qualità, Cultura, Territorio” in ogni selezione,
ha scelto di distribuire l’intera gamma dei Single
Malt Rozelieures.
In particolare la novità per l’italia sarà rappresentata
da Les Argileux, whisky che ricordano
le logiche produttive di Cognac ed Armagnac
nella scelta di un terroir ben preciso, in questo
caso tutto il malto arriva da una zona
seminata chiamata Tiachamps.
Questo whisky viene invecchiato
in botti ex-Cognac e botti di rovere
francese nuovo. Al naso è molto
espressivo con note di cereali e
di bosco. In bocca è ben presente
la frutta gialla con sentori di
spezie che precedono un finale
cremoso.
14 TuttoDrink Rinaldi 1957, attenta nel rispettare il suo motto
Altri whisky della gamma saranno Origin Collection,
invecchiato in botti ex-Sherry, Subtil Collection in
ex-Cognac, Rare Collection in ex-Sherry, ex-Cognac
ed ex-Sauternes, Peaty Collection e Smoked Collection
dalle note decisamente torbate ma allo stesso tempo
fruttate e con sentori di cereali.
L’obiettivo dei Parcellaire è evidenziare l’influenza
del terroir nel gusto del whisky perché vengono
realizzati whisky con le stesse tempistiche e modalità
di raccolta dell’orzo, lo stesso tipo di distillazione e
invecchiamento. Il controllo totale di ogni fase del processo
produttivo permette una tracciabilità impeccabile
dei whisky, dal singolo campo (parcella) alla bottiglia.
Grazie ai suoi single malt con orzo di una sola parcella,
la distilleria di malto Rozelieures mette in evidenza la
ricchezza e la diversità del terroir della Lorena. Ciascuno
è in edizione limitata: circa 3.000 bottiglie al mondo
ogni anno (a seconda delle dimensioni del campo).
Le Parcellaire “Mont-Poiroux” – 43° – 70 cl
Orzo invernale coltivato su terreno argilloso-calcareo
dall’appezzamento di Mont Poiroux: piantato il 30
settembre 2017, raccolto il 25 giugno 2018 e maltato nel
dicembre 2018.
Questo Single Malt è stato distillato in discontinuo nel
marzo 2019 prima di essere affinato in barriques nuove
di legno francese, in botti ex Cognac ed ex Bourbon.
Rozelieures Le Parcellaire ” Mont-Poiroux ” è un whisky
non torbato dal profilo aromatico minerale e salino
Le Parcellaire “Blanches-Terres” – 43° – 70 cl
Orzo invernale coltivato su terreno limoso (suolo
costituito al 10% di sabbia, all’80% di limo e al 10% di
argilla) dall’appezzamento Blanches Terres: piantato
a fine settembre 2017, raccolto il 27 giugno e maltato a
dicembre 2018. Questo Single Malt è stato distillato in
discontinuo nel marzo 2019 prima di essere affinato in
barriques nuove di legno francese, in botti ex Cognac
ed ex Bourbon.
Il Single Malt Rozelieures Le Parcellaire “Blanches-Terres”
è stato distillato in doppia distillazione
nell’aprile 2019 prima di essere invecchiato in botti ex
Cognac ed ex Bourbon. Le Parcellaire “Blanches Terres”
è un whisky non torbato dal profilo aromatico fruttato
e floreale.
Note di degustazione
• Naso: Note vegetali e floreali
• Bocca: Vegetale con lievi note di mentolo, agrumi
(pompelmo), ricco e complesso.
• Finale: Salino e leggermente speziato
Distribuito da Rinaldi 1957
Viale Masini, 34 – Bologna
tel. 051 4217811
Note di degustazione
• Naso: aromi di cereali e di legno
• Bocca: minerale, cereali e spezie dolci
• Finale: salino e con sentori di legno
TuttoDrink
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#
TuttoFood
20 Ristorante La Madernassa a
Guarene (CN) – Molto più che una
stella (Michelin)
28 Cetara: buone pratiche per
un nuovo turismo
TuttoFood
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Ristorante La Madernassa a Guarene (CN)
– Molto più che una stella (Michelin)
Nove anni in Francia e cinque in Svizzera sono fortemente indicativi
del respiro internazionale che lo chef Giuseppe D’Errico, al
suo secondo anno in Italia, ha portato nella cucina del ristorante
La Madernassa
A cura di Paolo Alciati e Enza D’Amato
Casertano d’origine, frequenta la scuola di cucina
più importante d’Italia, l’ALMA, diretta
da Gualtiero Marchesi, si forma come souschef
presso uno dei guru dell’alta cucina mondiale, il
tristellato Michel Troisgros chef proprietario della
prestigiosa Maison Troigros a Roanne, nella Francia
centrale, prosegue la sua esperienza come Executive
Chef al Ristorante Ornellaia di Zurigo – avamposto svizzero
della famosa cantina di Bolgheri – conquistando
la stella nel 2018 dopo soli 10 mesi dalla sua apertura e
nel 2021 viene chiamato da Ivan Delpiano, co-fondatore
e proprietario della Madernassa, come executive-chef
nel ristorante orfano di chef Mammoliti a perpetuare il
percorso di alta cucina che fin qui aveva contraddistinto
questo piccolo paradiso della ristorazione.
E Giuseppe D’Errico, insieme al fratello Francesco,
non ha affatto deluso le aspettative, anzi… Ha portato
una visione di una cucina sempre in evoluzione, perfettamente
allineata sia all’incedere delle stagioni sia al
territorio, pur con qualche divagazione marinara della
sua terra d’origine, perché le radici sono importanti
e diventano simbiotiche col vissuto contemporaneo.
Gli chef Giuseppe e Francesco D’Errico
20 TuttoFood
TuttoFood
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Le creazioni
Ecco quindi che prendono corpo le “creazioni”, come
le ha chiamate lo chef nell’intrigante menù dal significativo
titolo “Dai Gusto alla Vita”: delicatezza assoluta
negli amuse-bouche, piccole perle che segnano già
l’impronta stilistica di D’Errico, dal cracker croccante
con burro e acciughe del Cantabrico in carpaccio di
Fassona al foie gras, mela verde e zucchero croccante
all’anice stellato, dall’insalata di gallinacci in acqua
di crescione, bolle alla nocciola e crostini di pane allo
sgombro cotto a vapore adagiato su gelatina al Campari,
o una splendida crema di cipolle che accompagna
un’insalata sempre di cipolle nelle sue diverse variazioni
o ancora tacos croccanti con lumache, mais, purée di
mais, coriandolo e peperoncino per chiudere con un
intenso cono di alga nori farcito ricci di mare, panna
affumicata, wasabi e bottarga.
Mare Nostrum
Nella prima “creazione” – Mare Nostrum – il mare
è protagonista: cozze e vongole abbinate ai calamaretti
e ai canolicchi amalgamati al midollo di manzo leggermente
affumicato, chips di tapioca e erbe aromatiche
e gustose come la salicornia, la portulaca, la foglia
d’ostrica, il plancton e il finocchietto di mare. Questo
stupendo piatto, che viene completato con una salsa
al beurre blanc con estratto di salicornia a esaltare
tutti gli ingredienti, racchiude un concerto di sapori e
sensazioni incredibili: fumé, acidità, sapidità spiccata,
note di piante aromatiche in una proposta dal grande
equilibrio gusto-olfattivo elevato dalla salsa dai sentori
iodati e salmastri che riportano ad una passeggiata
settembrina sulla battigia, accarezzati dal vento che
profuma di alghe e salsedine.
22 TuttoFood
Da Bra a Napoli
La seconda “creazione” – da Bra a Napoli – racchiude
il rapporto d’amore tra la terra d’origine di
D’Errico e quella adottiva, in cui la salsiccia cruda di Bra
è l’ingrediente del territorio e la cima di rapa scottata,
con la sua foglia cotta a vapore ‘à la minute’, la purée di
cime di rapa e finocchietto, la salsa di ‘nduja, la gelatina
al bergamotto e la ricotta affumicata sono il tuffo nei
sapori classici meridionali, prodotti semplici e quotidiani
per un piatto complesso e intenso, ottimamente
abbinato a un gran Moscato dal bravo sommelier di sala.
L’amaricante della cima di rapa, ortaggio protagonista
assoluto del piatto, la gradevolezza della salsiccia e la
piccantezza della ‘nduja vengono mitigati dal vino, in
equilibrio tra acidità e dolcezza, e il risultato è un palato
pulito, asciutto e una persistenza gustativa davvero
intensa. Un piatto che ribalta le priorità, per dirla con
parole di D’Errico “…la proteina al servizio del vegetale”.
Il Grande Rosso
Se questo piatto possiamo a ragione definirlo una
scultura vegetale, la portata successiva riporta immediatamente
ad un quadro del grande Alberto Burri, il
pittore dell’informale materico, dello studio del nero
non come ‘non colore’, ma come buio che esalta la luce.
E qui, a ricordare proprio un suo famosissimo quadro –
Rosso Plastica – ci viene presentato il ‘Grande Rosso’,
un risotto ai profumi mediterranei, origano, limone,
yuzu con una cialda rotonda di crema di olive nere
disidratate lavorata come una pasta e sovrapposta a
un’altra cialda di pomodoro al burro; entrambe vengono
fiammeggiate al cannello, proprio come Burri faceva
con le sue plastiche.
Inutile dire che è un piatto straordinario, con il pomodoro
che, in abbinata al citrico del risotto, dona
una formidabile sferzata di agrumata acidità mentre
l’ingresso in bocca della crema di olive immerge in
sentori mediterranei assoluti, riporta ad una cucina
di fanciullesca memoria, fatta di sapori semplici ma
intensi, a sensazioni che riconducono il pensiero ad
assolate giornate estive perfette per oziare all’ombra di
ulivi secolari col frinire delle cicale a tener compagnia.
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Sim - Sim
Dai sapori mediterranei lo chef D’Errico ci conduce
nuovamente nel nord Italia con un tenero capriolo
avvolto nello speck insieme alla melanzana affumicata,
gustosa e con una texture morbidissima e scorza
d’arancia, completato con la salsa Sim – Sim (che dà il
nome al piatto) a base di pasta sesamo tostata abbinata a
sapori orientali, saké dolce, miso bianco, zenzero e aglio.
La carne, in un territorio come il cuneese che ha
nell’allevamento della razza Fassona un fiore all’occhiello,
ha la sua importanza e lo chef le offre la giusta
ribalta, ma altrettanto importante per D’Errico è il
vegetale per il quale, spiega, “… Ci vuole una complessità di
lavoro e di sensibilità per farlo diventare protagonista, importante,
bello da vedere. Pensiamo alla semplice foglia di broccolo
del piatto ‘da Bra a Napoli’…devi selezionare, devi pensare a
come poter esaltare quel prodotto agli occhi del cliente, dargli
un valore aggiunto e non un ‘minus’.
Io penso a valorizzare il mondo vegetale in tutte le sue forme,
in tutte le sue declinazioni e alle stagioni, è stimolante, bisogna
lavorarlo con rispetto, non si può denaturalizzare creando tante
lavorazioni e la nostra abilità entra in campo per presentarlo
in modo gourmet, ma sempre rispettando la stagionalità e la
freschezza assoluta. Oltretutto – prosegue lo chef – mentre un
tempo non si andava troppo frequentemente al ristorante, oggi
le cose sono cambiate e non posso sovraccaricare il mio cliente
di proteine, che già assume praticamente tutti i giorni con la
frequentazione di tanti ristoranti, ed ecco che la parte vegetale
assume un ruolo importante per l’equilibrio nutrizionale”.
24 TuttoFood
Collisioni
Segnalo con piacere la sostituzione dei bicchieri
dell’acqua e dei tovaglioli prima del dessert, un ulteriore
riguardo che migliora un servizio già eccellente.
Con ‘Collisioni’ ci si avvia al percorso finale e gli ingredienti
del pre-dessert sono solo apparentemente
in contrasto tra loro, ma il risultato è sorprendente:
zucca in agrodolce con ganache al pistacchio, gelatina
di cassis, sorbetto allo scalogno nero fermentato e marinata
di fragole all’aceto di Sherry Pedro Ximenez e olio
all’erba cipollina. Sentori speziati che si alternano ad
acidità spiccata, note verdi e tostate, un caleidoscopio
di sapori. Strepitoso! Ottimo anche l’abbinamento con
un caffè in estrazione.
Alchimia e coccole
finali
‘Alchimia’ è un piatto giocato sui sapori classici del
territorio, le pere e le nocciole: una crepe di farina di
nocciole farcita con le pere cotte, un cremoso e croccante
di nocciola, sorbetto alla pera, coulis di rosmarino
e gelatina di Yuzu, succo di pera Madernassa e olio di
rosmarino.
La piccola pasticceria, vere e proprie coccole finali,
dalla torta classica alla nocciola al cri-cri torinese passato
nell’amaranto tostato, dal semolino fritto al limone
alla tartelletta croccante con ganasche alla vaniglia e
gelatina di zucca e anice, conclude un percorso di alta
cucina che ha coinvolto palato, vista e olfatto in un tourbillon
di sensazioni a volte spiazzanti, ma sicuramente
sorprendenti e appaganti.
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Lo chef ha nella leggerezza il leitmotiv della cucina
e la assembla con grande tecnica per offrire una straordinaria
esperienza gustativa in cui gli ingredienti
sono lavorati il meno possibile, le salse – retaggio del
suo grande vissuto in Francia – sono sgrassate e rese
essenziali nei profumi e negli spiccati sapori e i pani
e le focacce vengono lavorati con metodo diretto, con
lievito madre e maturazione degli impasti tra le 48 e le
72 ore per ottenere un prodotto leggerissimo, soffice e
croccante allo stesso tempo.
In una carta dei vini ricca e di grande valore, sia per
la proposta degli champagne sia per prestigiosi produttori
d’oltralpe, voglio sottolineare la grande attenzione
ai piemontesi, Barolo, Barbaresco e Barbera su tutti e
anche un occhio di riguardo al Roero, mai valorizzato
abbastanza; lodevole la bella proposta di vini dolci e
passiti. Molto interessante l’assortimento dei grandi
formati. Last but not least la carta dei caffè con ben 8
raffinate tipologie.
Infine, un plauso alla frase finale riportata sull’ultima
pagina del menù con un riconoscimento all’ottima
brigata di cucina e al personale di sala, attento, educato
e impeccabile nel servizio al tavolo: “Giuseppe, Francesco,
Imma, Giorgia, Niccolò, Giovanni, Jessica, Andrea, Francesco,
Marta, Beppe, Logann, Vince, Elisabetta, Nicola, Chiara,
Gabriele, Louis Paul, Nicolas, Alex, Roberto e Kostel vi hanno
accompagnato in questa esperienza”.
Complimenti a loro e alla Direzione per la sensibilità!
La Madernassa
• Località Lora 2 – 12050 Guarene (Cn)
• Tel. 0173 611716
• www.lamadernassa.it
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Un mondo unico di tradizioni, bellezza e stile racchiuso
in ogni calice di Prosecco DOC. Ecco perché Prosecco DOC è
un vino speciale che puoi trovare solo in bottiglia. E
proveniente dal territorio unico delle nove province di
Veneto e Friuli-Venezia Giulia: la Dreamland. La regione del
Prosecco DOC ti dà il benvenuto su www.prosecco.wine
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28 TuttoFood
Cetara: buone pratiche
per un nuovo turismo
Sulla Costiera Amalfitana, il piccolo borgo di Cetara è protagonista
di progetti esemplari per la tutela dell’ambiente e una nuova
attrattività
A cura di Franca Dell’Arciprete Scotti
Una risorsa unica sia per il turismo che per l’alimentazione,
che per l’economia. E’ il mare
italiano, spesso a rischio di depauperamento
e inquinamento. Contro questi pericoli il mare della costiera
amalfitana sta diventando protagonista di progetti
coraggiosi e avveniristici da prendere ad esempio. Merito
soprattutto del sindaco visionario di Cetara, Fortunato
Della Monica, Presidente fino al 2023 del FLAG “Approdo
di Ulisse”.
Il FLAG è capofila del Gal Pesca che si costituirà nei
primi mesi del 2024, mettendo in sinergia 65 partner
pubblici e privati, nell’area territoriale da Salerno a
Torre Annunziata e l’isola di Capri. Quali gli obiettivi
di questi progetti? Assicurare al territorio una transizione
ecologica, con grande attenzione all’equilibrio delle risorse
ambientali e sociali, in modo che lavoro, economia, vita
sociale della comunità possano garantire uno sviluppo
sostenibile.
E quale il settore su cui si concentrano le azioni del progetto?
Sicuramente la pesca, quell’attività primaria
che ha sempre contraddistinto il lavoro a Cetara. Il
Sindaco stesso, appartenente, come molti cetaresi, a una
famiglia di proprietari di barche da pesca, conosce a fondo
i problemi e le opportunità di questo lavoro. Ecco quindi
una serie di attività intelligenti a favore della pesca, che
rientrano sotto il nome di “Pesca in Campania”.
Dai battelli antinquinamento o “spazzamare”, primi
nel Sud Italia, “Costa d’Amalfi” e “Penisola Sorrentina”
full electric, dotati di droni e robot per perlustrare il mare,
all’utilizzo di cassette per il pescato in plastica riciclabile e
biodegradabile, contro quelle in polistirolo non riutilizzabili,
all’introduzione della lampare da pesca elettriche che
non inquinano e non danneggiano la salute dei pescatori.
Un altro aspetto fondamentale di questo progetto
che vuole tutelare uomini e ambiente è stata la forte
riduzione di quote di pescato. Contrariamente a quanto
si temeva, la riduzione del pescato ha arricchito i
pescatori, valorizzando il loro lavoro: meno quantità,
più qualità. Senza dimenticare che così si è realizzato
il ripopolamento del mare, salvando questa preziosa
risorsa minacciata da depauperamento. E il lavoro del
pescatore, alleggerito da turni troppo gravosi e meglio
remunerato, è diventato di nuovo attrattivo per
i giovani. Proprio ai giovani si rivolge un’altra azione
fondamentale. A loro, che sono i cittadini di domani, si
rivolgono lezioni di sensibilizzazione e di educazione
ambientale, affinché capiscano che ognuno, anche nel
suo piccolo, può fare la sua parte per affrontare bene
i cambiamenti.
TuttoFood
29
30 TuttoFood
Ecco dunque una piccola comunità, quella di Cetara, che
diventa un bellissimo esempio del passaggio equilibrato
verso la modernità, conservando in pieno le proprie
radici e la propria identità. E Cetara, nel suo piccolo,
diventa anche esempio di un nuovo turismo attrattivo.
In questa Costiera Patrimonio Unesco, così celebre in
tutto il mondo, così amata dagli intellettuali del Grand
Tour e dai VIP anni ’60, così ricca di offerte esclusive 5
stelle, Cetara con i suoi dintorni può proporsi come meta
rivolta anche ad altri target.
La cittadina conserva il suo aspetto tradizionale di
borgo di pescatori, dominato da una parte dalla imponente
Torre Vicereale, inserita nel sistema di difesa costiera
contro gli attacchi dei pirati barbareschi, all’altra dalla
chiesa di San Pietro con la sua bellissima cupola maiolicata.
Intorno si distende il borgo, con grappoli di case, vicoli,
scalinate, nella tipica architettura mediterranea. Sparsi
ovunque vasi panciuti e panchine decorati dalla colorata
vivacissima maiolica di Vietri.
Sullo sfondo il Monte Falerio e i Monti Lattari.
Sfondo perfetto per un turismo non solo estivo e balneare.
Qui le reti di mille sentieri ad ogni altezza invitano
gli appassionati di trekking e di turismo all’aria aperta,
che spesso provengono dal Nord Europa. E l’entroterra
non deluderà sicuramente, tra panorami spettacolari,
ulivi, vigneti e i profumi dei meravigliosi limoni di
Amalfi.
quantitativo di pesce fresco. Il prodotto di punta, però,
che prende il nome proprio dal borgo, è la “Colatura
di alici di Cetara”, che nel 2020 ha avuto il riconoscimento
europeo della DOP.
Anche questa è un segno identitario che racconta la
storia secolare del borgo: la pesca in mare, la cattura
delle alici, la disposizione a strati alterni con sale marino
all’interno di una piccola botte di legno di castagno, la
pazienza dell’attesa di mesi fino a quando si effettua la
spillatura di un liquido ambrato, perfetto per insaporire
i cibi, sia crudi che cotti, che ricorda sia il garum dei
Romani, sia le salse di pesce del sud-est asiatico.
Conosciuta da secoli e realizzata da sempre nelle
famiglie dei pescatori di Cetara, la Colatura di alici, che
oggi è sottoposta a un disciplinare rigoroso, è diventata
da 20 anni un prodotto prezioso, richiestissimo da chef
stellati, splendido testimone della tradizione marinara.
Info: https://pescaincampania.it/
Anche questa un’occasione per alleggerire l’overtourism
della costa, che rischia in certi periodi dell’anno
di rendere invivibile questo lembo prezioso di terra. A
tutto ciò si affianca la splendida cordialità e capacità di
accoglienza dei Cetaresi, appassionati del loro borgo e
desiderosi di farlo conoscere agli ospiti, definiti “cittadini
temporanei”. Ospiti che anche in un breve soggiorno
possono assaporare in tutta la sua autenticità lo stile
di vita tranquillo e rilassato di un borgo del Sud Italia.
Nell’accoglienza la parte del leone la fa la ristorazione,
che punta ovviamente alla cucina di pesce.
Basti pensare che ogni ristorante di Cetara ha la convenzione
con una barca, per assicurarsi ogni giorno il
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www.rinaldi1957.it
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BEVI RESPONSABILMENTE.
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36 Dal 12 al 14 febbraio
2024 il prossimo Wine Paris &
Vinexpo Paris
44 Assaporare l’inverno
nell’esclusivo mondo acquatico
dei Quellenhof Luxury Resorts
50 Aspettando la Fiera del
Cicloturismo, dove pedalare in
inverno
62 Il nuovo cortometraggio
del Consorzio Prosecco DOC
68 FSC: il futuro responsabile
passa attraverso i tappi in
sughero
72 Da Col Vetoraz l’arte ha un
posto privilegiato
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Dal 12 al 14 febbraio 2024
il prossimo Wine Paris & Vinexpo Paris
L’edizione 2024 sarà una vetrina mondiale del dinamismo
del settore del vino e degli alcolici
A cura di Paolo Alciati e Enza d’Amato
“L’industria del vino e degli alcolici oggi è un mondo ad un bivio. Deve affrontare
molteplici sfide come il cambiamento climatico, le mutevoli aspettative
dei consumatori, i conflitti geopolitici sullo sfondo di questioni economiche
e commerciali.
In questo contesto, tutta la filiera del vino e degli alcolici è alla ricerca
di soluzioni che ne supportino la necessaria evoluzione… Oltre al grande
successo commerciale, che anche quest’anno si conferma (aumento del 28%
della superficie, apertura di un nuovo padiglione dedicato ai produttori internazionali),
Wine Paris & Vinexpo Paris è un evento che facilita gli scambi
per dare risposte alle problematiche di oggi e di domani.
Il suo posizionamento a Parigi, la reputazione del suo marchio, conosciuto
da oltre 40 anni, la ricchezza e la qualità della sua offerta di contenuti, il suo
legame intimo e appassionato con gli operatori della filiera, lo rendono un
evento unico. Un evento pieno di anima che attrae, riunisce, muove le linee,
apre nuovi territori e accelera i cambiamenti di un’intera professione.
Abbiamo riunito tutti questi elementi in un unico luogo e tempo per
rendere Wine Paris & Vinexpo Paris l’evento strategico dell’inizio del 2024.
Appuntamento dal 12 al 14 febbraio 2024 a Paris Expo Porte de Versailles!”
Questa la premessa di Rodolphe Lameyse, Direttore Generale
di Vinexposium, nella presentazione alla stampa italiana di uno
degli eventi enologici più attesi del 2024, il Wine Paris & Vinexpo
Paris, in cui ha trattato argomenti e aspetti salienti della prossima
fiera parigina.
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L’edizione 2024 sarà una vetrina mondiale del
dinamismo del settore del vino e degli alcolici.
Tra i 50 paesi riuniti, la Francia rappresenta il
primo paese espositore con tutta la diversità dei suoi
territori vinicoli riuniti per tre giorni. Accanto ai produttori
di vino indipendenti e ai grandi operatori, il
salone riunisce un numero maggiore di grandi marchi
rispetto alle precedenti edizioni e attira ancora nuovi
produttori francesi (+8% di superficie espositiva dedicata
alla Francia).
L’Italia, che ha perso la sua posizione di primo produttore
di vino al mondo per la prima volta in sette
anni, rimane il secondo produttore di vino espositore.
Rinomata per la sua lunga tradizione vinicola, i suoi
territori e la qualità dei suoi vini, l’Italia possiede 400
vitigni classificati in varie denominazioni.
Il più antico produttore di vino del mondo è al centro
di questa nuova edizione di Wine Paris & Vinexpo
Paris, occupando il 75% della superficie supplementare
rispetto all’edizione precedente. Per la prima volta a
Parigi, l’Italia beneficerà di un intero padiglione
(padiglione 2.2). Quasi tutti i vigneti delle regioni
italiane saranno presenti.
I vini del nuovo mondo stanno guadagnando popolarità.
Alcuni stanno vincendo premi, come i vini
americani, i grandi vincitori dei Decanter World Wine
Awards nel 2023 (con 265 medaglie). Insieme agli Stati
Uniti sul podio dei vini stranieri pluripremiati, anche
i vini cinesi fanno notizia con 274 vini cinesi premiati
nel 2023, tra cui i vini rossi secchi dello Xinjiang, del
Ningxia e dello Shandong, che quest’anno hanno vinto
le medaglie d’oro cinesi.
Anche il mercato degli alcolici è molto vivace con
alcolici prodotti a tutte le latitudini. Un’apertura mentale
che premia il pisco, il mezcal e la tequila, mentre
il whisky seduce gli indiani, il rum il Regno Unito e
il cognac il Giappone. Senza dimenticare il sake, un
distillato fermentato complesso che viene sempre più
importato in Occidente.
Significativa la presenza dell’Agenzia ICE, del Consorzio
Istituto Marchigiano di Tutela Vini, dei Vini
del Piemonte e il ritorno della prestigiosa Italian Signature
Wines Academy, accanto alle regioni Sicilia,
Puglia, Calabria, al Consorzio Vino Chianti Classico,
l’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, l’Enoteca Regionale
Emila Romagna e il Consorzio Tutela del Vino
Conegliano Prosecco.
Le tendenze di consumo di vino e alcolici sono in
continua evoluzione, influenzate da una moltitudine
di fattori, che vanno dalle preferenze personali agli
sviluppi culturali, sociali ed economici. Nonostante
un rallentamento del consumo complessivo di vini e
alcolici, la tendenza del consumatore è quella di scoprire
nuovi orizzonti, con il desiderio di nutrire la propria
curiosità con un’ampia varietà di denominazioni, vitigni,
territori, ecc.
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Tra le tendenze sorprendenti osservate negli ultimi
anni a Wine Paris & Vinexpo Paris, i vini No/Low, ossia
“senza alcol” e a “basso contenuto alcolico”, stanno
attirando un numero crescente di consumatori. Se i
Millennials e la Generazione Z giocano un ruolo di
primo piano in questa evoluzione (il 44% dei consumatori
No/Low ha un’età compresa tra i 18 e i 25 anni
– fonte Sowine/ Dynata 2023), il trend è riscontrabile
sulle tavole dei ristoranti stellati Michelin e nessuna
nazione ne è immune. Francia, Germania, Finlandia e
Paesi Bassi sono nelle prime posizioni per la richiesta
di vino analcolico.
Per quanto riguarda il vino a bassa gradazione alcolica,
la Norvegia, gli Stati Uniti e i Paesi Bassi sono
i maggiori consumatori. Alcuni governi incoraggiano
persino i consumatori ad optare per vini con una gradazione
alcolica bassa. Nel Regno Unito, il governo
ora consente la dealcolazione del vino sfuso, il che
incoraggerà l’aumento delle bevande alternative a
quelle alcoliche.
In Australia, il governo ha fornito una sovvenzione
di 4 milioni di dollari australiani per promuovere la
qualità e l’innovazione nel fiorente mercato dei vini
a basso contenuto alcolico e analcolici. Ovunque, da
Liegi, a Londra, Dublino, Berlino, San Francisco, New
York e Chicago stanno facendo la loro comparsa nuovi
concetti di bar analcolici.
All’opposto, la premiumizzazione nell’industria del
vino e degli alcolici è una tendenza in crescita da diversi
anni. I consumatori sempre più edonisti, soprattutto
nei paesi sviluppati, mostrano un crescente interesse
per i prodotti premium, i vini rari, gli alcolici premium
e le esperienze di degustazione esclusive. Cercando di
compensare il costo della vita e le pressioni inflazionistiche,
i consumatori, soprattutto nei mercati maturi,
sono selettivi su come spendere i loro soldi in alcolici.
vino consumati sono diminuiti negli Stati Uniti nel
2022, il segmento del vino premium è cresciuto del 6%,
secondo i dati IWSR. L’aumento del tenore di vita delle
popolazioni sta anche facilitando lo sviluppo di segmenti
di vino più costosi in alcuni mercati. Inoltre, si prevede
che la categoria «Ready To Drink» (RTD) raggiungerà i
40 miliardi di dollari entro il 2027, grazie alla crescita
di cocktail e prodotti di alta gamma (fonte: IWSR).
Infine la sostenibilità, che è diventata una questione
importante nell’industria delle bevande alcoliche. I consumatori,
i produttori e le autorità di regolamentazione
e controllo si preoccupano sempre più per l’impatto
ambientale di questo settore. Dalla vigna al packaging,
lo sviluppo sostenibile diventa imprescindibile per
tutti. La gestione sostenibile dei vigneti comporta la
riduzione dell’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici,
la conservazione della biodiversità, la gestione dell’acqua
e la promozione di pratiche agricole rispettose
dell’ambiente.
Anche l’industria del vino e degli alcolici contribuisce
a un’economia circolare riciclando e riutilizzando gli
scarti agricoli, come le vinacce, per la produzione di
sottoprodotti utili o per la distillazione di alcolici. Allo
stesso tempo, i produttori si sforzano di ridurre l’impronta
di carbonio delle loro lavorazioni, riducendo al
minimo le emissioni di gas serra legate alla produzione,
al trasporto e alla distribuzione dei prodotti.
Alcuni produttori riducono il peso delle bottiglie
di vino per ottimizzare il consumo di vetro e i costi di
trasporto. Utilizzano anche materiali di imballaggio
riciclabili, come il vetro riciclato, ed evitano imballaggi
non necessari. Non resta dunque che attendere il 12
febbraio per assistere alla kermesse parigina che apre
i grandi eventi mondiali del vino del 2024.
Vogliono bere meno ma meglio. Sebbene le vendite
siano diminuite (-2% nel 2022), i consumatori di età
inferiore ai 40 anni stanno mostrando un rinnovato
interesse. Allo stesso modo, mentre i volumi totali di
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WINE PARIS & VINEXPO PARIS
• Parigi Expo Porte de Versailles
• 1 place de la Porte de Versailles – Parigi
• 12 e 13 febbraio dalle 9:00 alle 19:00
• 14 febbraio dalle 9:00 alle 17:00
• www.vinexposium.com/wineparis-vinexpo
• www.facebook.com/wineparisvinexpo/
• www.linkedin.com/company/wineparisvinexpo/
• www.youtube.com/channel/UC9yaf2KhnwJPDiX7EXW4FWQ
• twitter.com/wineparisevent
• instagram.com/wineparisvinexpo
• vinexposium365.com
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Assaporare l’inverno nell’esclusivo
mondo acquatico dei Quellenhof
Luxury Resorts
Assaporare l’inverno nell’esclusivo mondo acquatico dei Quellenhof
Luxury Resorts: tra Alto Adige e Lazise, piscine riscaldate
e Sky Pool romantiche per soli adulti
A cura di Redazione Centrale TdG
Una vacanza invernale tra piscine riscaldate a sfioro, Sky pool e laghi
balneabili panoramici: questo e altri highlight attendono gli ospiti dei
Quellenhof Luxury Resorts tra la Val Passiria e la località di Lazise sul
Lago di Garda. Un soggiorno di coppia per soli adulti assolutamente da provare
almeno una volta nella vita.
Per la famiglia Dorfer, proprietaria dei Quellenhof Luxury Resorts, le
strutture di lusso che si trovano in Val Passiria e a Lazise, l’acqua significa
sorgente di vita, fonte di energia, colei che possiede il potere di dissolvere la
gravità e far emergere sensazioni uniche. Fiore all’occhiello dei tre resort sono
le esperienze di benessere legate all’esclusivo mondo di piscine dedicate
agli adulti.
Le proposte sono diverse e si distinguono tra le Guesthouse al Quellenhof
Luxury Resort Passeier con infinity pool e piscine riscaldate tutto l’anno, le
ville nel lago balneabile con grande terrazza comprensiva di piscina privata con
idromassaggio nell’esotico Quellenhof See Lodge, infine la Sky pool esterna
riscaldata lunga 21 metri al Quellenhof Luxury Resort Lazise con vista panoramica
sul Lago di Garda.
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L’hotel 5 stelle della Val Passiria:
l’autentica oasi di pace in Alto Adige
staff è far vivere l’esperienza di concedersi una pausa
romantica dalla vita di tutti i giorni per immergersi
in una sensazione di puro benessere. Per scoprire il
significato di questo concetto è consigliato trascorrere
una vacanza invernale nel paradiso di relax vicino a
Merano, vivendo in prima persona l’acqua nelle sue
infinite sfaccettature.
Quellenhof Luxury Resort Passeier, in Alto Adige,
è perfetto per interiorizzare l’idea di wellness. Tra gli
highlights che contraddistinguono le diverse Guesthouse,
sistemazioni ideali per un soggiorno in coppia, una
piscina olimpionica di 25 metri con accesso al coperto,
una piscina esterna riscaldata a 32 °C e un’altra con
il 7% di sale, oltre alla rinomata piscina infinity
rotonda a sfioro in vetro, a forma di fiore, riscaldata
tutto l’anno (32 °C) e con vista sulle montagne
della Passiria.
All’interno della struttura principale molte altre
piscine e il laghetto naturale balneabile, vanno a completare
il magico mondo acquatico del Quellenhof
Luxury Resort Passeier.
46 TuttoOk Fondamentale per la famiglia Dorfer e tutto il suo
Romantica atmosfera maldiviana tra le vette
dell’Alto Adige al Quellenhof See Lodge
Quellenhof See Lodge dai richiami maldiviani
rappresenta un tempio di salute e armonia circondato
dalla natura dell’Alto Adige e dalle vette imbiancate
delle Alpi. Una delle missioni del moderno e lussuoso
hideaway è la rigenerazione del benessere dell’ospite che
si percepisce nell’atmosfera di pace della zona wellness.
Qui, in uno dei più esotici 5 stelle adults only dell’Alto
Adige, ci si può rilassare nelle tre saune, nel grande
laghetto balneabile di 4.500 m² – considerato come la
piscina più grande della regione – e nella piscina interna
riscaldata collegata all’infinity pool esterna di 25 metri.
Il luogo perfetto per un inverno di spensieratezza provando
la sensazione di leggerezza del corpo immerso in
acqua e circondati da una realtà sempre a disposizione
per esaudire i sogni di tutti gli ospiti.
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Quellenhof Luxury Resort Lazise:
nuotare in un’infinita Sky Pool con vista sul Lago di Garda
La routine di un soggiorno in questo resort è come un film
romantico girato nel periodo delle feste natalizie. Appena
svegli, aprendo le tende delle ampie vetrate il proprio animo
è ripagato dalla vista che spazia dalle rive del lago di Garda
alle distese di olivi, cipressi e palme. Prima di colazione, si
può usufruire dell’“Infinity Sky Pool” riscaldata (30-34 °C) di
21 metri sul tetto del resort e della piscina sportiva di 25 metri
per attivare il corpo e sgranchirsi i muscoli.
Dopo aver goduto delle bellezze del territorio o delle attività
proposte dall’hotel, non resta che provare la parte wellness
deluxe del Quellenhof Luxury Resort Lazise, come la sauna
finlandese, il bagno di vapore, la biosauna o le gettate di vapore.
Non mancano poi una Private Spa Suite, un parrucchiere
e molti trattamenti beauty per lei e per lui presso l’Onda Spa.
Al tramonto si può passeggiare attorno al laghetto naturale e
nel caratteristico giardino esterno.
I Quellenhof Luxury Resorts sono tre hotel di alto pregio.
Ognuno dalle caratteristiche peculiari e che non lasciano nulla
al caso. La meta ideale per una vacanza invernale di coppia
all’attenta ricerca di attimi di leggerezza, momenti di evasione
dalla routine quotidiana in cui assaporare il vero piacere di
lasciarsi tutto alle spalle.
Info: https://www.quellenhof.it/it
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Un mondo unico di tradizioni, bellezza e stile racchiuso
in ogni calice di Prosecco DOC. Ecco perché Prosecco DOC è
un vino speciale che puoi trovare solo in bottiglia. E
proveniente dal territorio unico delle nove province di
Veneto e Friuli-Venezia Giulia: la Dreamland. La regione del
Prosecco DOC ti dà il benvenuto su www.prosecco.wine
OFFICIAL SPARKLING WINE
SPONSOR OF MILANO CORTINA 2026
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Aspettando la Fiera del Cicloturismo,
dove pedalare in inverno
Dal 5 al 7 aprile 2024 torna a Bologna la Fiera del Cicloturismo,
per scoprire dove pedalare per tutte le 4 stagioni.
Le differenze climatiche rendono l’inverno un periodo ideale
per la pratica del cicloturismo in territori come la Sicilia, la
Spagna, Gran Canaria, la Turchia, la Giordania e la Croazia.
Ecco alcune proposte, a prova di freddo.
A cura di Redazione Centrale TdG
La Fiera del Cicloturismo, il primo evento in
Italia interamente dedicato ai viaggi in bici,
si terrà a Bologna dal 5 al 7 aprile 2024. Una
delle caratteristiche del cicloturismo è la sua capacità
di destagionalizzare i flussi perché pedalare è più bello
quando il clima è mite e le destinazioni meno affollate.
3. Giordania, percorrendo il Jordan Bike Trail, tra
rovine archeologiche e riserve naturali.
4. Spagna, in bici dal Cammino Catalano alle Isole
Canarie.
5. Croazia, pedalando sul percorso Game of Thrones
o lungo gli itinerari più panoramici della Dalmazia.
Come ci ricordano dai paesi nordici, non esiste il
cattivo tempo, ma solo il cattivo abbigliamento. Quindi
oltre a scegliere l’equipaggiamento adatto è importante
scegliere la meta più adatta alle nostre esigenze. Ecco
alcune proposte:
1. Sicilia, lungo la panoramica Dorsale Peloritana,
sulla Via dei Tramonti, e nel cuore dell’isola con la
Sicily Divide o con la Ciclovia dei Parchi.
2. Turchia, seguendo l’EuroVelo 8, la via della Tracia
e la via del Mediterraneo
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Sicilia
Che si parli del mare, dei paesaggi, dei profumi, delle
sue radici storiche e culturali o semplicemente della
ricchezza della sua tavola, la Sicilia è riuscita a sedurre
chiunque l’abbia vissuta per pochi giorni o per una vita.
Il vantaggio di scegliere la Sicilia in inverno, oltre
al clima mite, è la possibilità di trovare strade a bassa
intensità di traffico, che le rende ideali per pedalare
in sicurezza. Dagli itinerari per le famiglie e per chi
preferisce un ritmo lento, intervallando la pedalata alla
visita dei tesori culturali e artistici dell’isola, a quelli
più impegnativi adatti agli sportivi e agli avventurosi
in cerca di emozioni forti tra vulcani e catene montuose
che attraversano la regione, la Sicilia è in grado di
accontentare tutti.
Nella parte occidentale dell’isola, la via dei Tramonti
è un percorso di 150 chilometri che parte da Trapani
e giunge a Selinunte costeggiando il mare, tra saline,
borghi ricchi di cultura e siti archeologici.
bel promontorio del mondo per Goethe, la cui “sacralità”,
oggi legata al culto di Santa Rosalia, ha in realtà
origini antichissime.
Per chi ha più allenamento ed è alla ricerca di salite,
si può scegliere la Ciclovia dei Parchi, un avvincente
itinerario che si snoda attraverso le bellezze naturalistiche
dei parchi dell’Etna, dei Nebrodi e delle Madonie
ed il fascino di alcuni borghi tra i più belli d’Italia, per
un viaggio nel cuore di una Sicilia dalla bellezza senza
tempo. Infine, per chi vuole pedalare in Mtb, la dorsale
peloritana, una catena maestosa che sovrasta lo
Stretto di Messina, assicura divertimento e panorami
indimenticabili.
Per informazioni: https://www.visitsicily.info/sicilia-unisola-due-ruote-dodici-mesi-di-meraviglia/
L’entroterra può essere scoperto percorrendo la Sicily
Divide (circa 450 km) attraverso una Sicilia rurale dal
fascino autentico e remoto. Per un’escursione giornaliera,
a pochi chilometri dallo splendido centro storico
di Palermo, ha inizio la salita di Monte Pellegrino, il più
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Turchia
La Turchia si sviluppa su un territorio enorme, che in
superficie supera di due volte e mezzo quello dell’Italia.
La sua posizione come terra di mezzo l’ha reso un punto
di passaggio necessario per popoli e commerci nel corso
dei millenni e il minimo che ci si possa attendere è
trovare percorsi anche molto lunghi e carichi di storia,
natura, cultura ed emozioni da affrontare in bicicletta.
Tra i mille disponibili, abbiamo qui selezionato per
voi 3 diversi itinerari che coprono un’ampia parte del
Paese e paesaggi diversi e che rappresentano un primo
assaggio della penisola anatolica, da affrontare in brevi
escursioni o viaggi veri e propri.
EuroVelo 8, Da Pergamo a Efeso – Come si può iniziare
un viaggio nel 282 a.C. e terminarlo nel 6000 a.C.
passando per la modernità? Basta percorrere i 500 km
dell’EuroVelo 8 che parte dall’antica città di Pergamo,
passa per Smirne e arriva finalmente a Efeso dopo aver
attraversato innumerevoli piccoli centri archeologici,
paesini di campagna e località balneari.
Ottomano. Subito dopo aver visitato Edirne la strada si
snoda attraverso la natura rigogliosa della Tracia, fatta
di boschi rigogliosi in estate, foreste verdi in primavera
e foglie cadenti in autunno, che porta fino a Kırklareli.
L’ultima tappa dell’itinerario è Istanbul, la vivace metropoli
turca, una città ricca di fascino, dove il passato
va di pari passo con il presente.
La via del Mediterraneo da Antalya a Mersin – Un
itinerario di spettacolare bellezza naturale, ricco di
storia e con condizioni climatiche eccezionali. Qui si
viene accolti da un sole splendente e da acque turchesi
quasi tutto l’anno. Questo itinerario a lunga percorrenza
parte da Antalya, e segue la strada per l’antica città di
Side, la più importante città portuale della Panfilia.
Da qui, si tengono le acque del Mar Mediterraneo sulla
destra e si percorre un lungo tragitto lungo la costa. Il
percorso copre una distanza di 500 km attraverso un
mix di strade tranquille e piste ciclabili.
Per informazioni www.goturkiye.com
La via della Tracia, da Edirne a Istanbul – La Tracia
è quel lembo di terra della Turchia che fa ancora parte
geograficamente dell’Europa e il punto di partenza
dell’itinerario è Edirne, la seconda capitale dell’Impero
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Giordania
Il “Jordan Bike Trail” è un itinerario di 730 chilometri,
e di 20.000 metri di dislivello, che permette
di scoprire la Giordania da Nord a Sud, percorrendo il
Paese in 12 macro tappe, tra rovine archeologiche di
immenso valore, riserve naturali, villaggi ospitali e deserto.
Si parte da Um Qais e si arriva al porto meridionale
di Aqaba, attraversando un’impressionante varietà di
meraviglie storiche e naturali. Il sentiero inizia con dolci
colline, uliveti e fattorie nel nord; continua attraverso
gli spettacolari canyon della regione del Mar Morto;
si snoda attraverso gli straordinari paesaggi di Dana,
Petra e Wadi Rum, prima di tuffarsi nel Mar Rosso.
Sul sito https://jordanbiketrail.com/ si trovano informazioni
dettagliate: per ogni tappa ci sono le difficoltà
dei percorsi, le distanze e il tempo medio di percorrenza,
mappe, file GPX per l’orientamento, dati altimetrici,
luoghi di ristoro e per pernottare, trasporti, suggerimenti,
descrizione dei luoghi di maggior interesse che
s’incontrano lungo il percorso.
zano i percorsi e noleggi di biciclette e le indicazioni per
acquisire mappe e itinerari su carta stampata presso gli
uffici del Jordan Bike Trail di Amman. Si può scegliere
tra un viaggio con il supporto logistico o un’avventura
minimalista in totale autonomia o una delle tante
possibilità che stanno in mezzo a queste due opzioni.
È un percorso adatto a chi ha buon allenamento ed
esperienza, ma i paesaggi e le persone che si incontrano
ripagano della fatica.
Per pianificare il viaggio e chiedere informazioni
prima della partenza si può consultare il sito https://
jordanbiketrail.com/ – www.visitjordan.com
L’organizzazione del Jordan Bike Trail si propone
anche di suggerire itinerari alternativi, per chi non ha
molto tempo a disposizione, e di fornire le principali
informazioni sull’organizzazione prima di partire. Nel
sito sono presenti anche gli operatori locali che organiz-
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Spagna
La Spagna è una delle destinazioni più ambite da
scoprire in bicicletta. Dal nord al sud alle Isole, la varietà
dei paesaggi, le bellezze naturalistiche unite a
quelle architettoniche delle città e una gastronomia
eccellente rendono questo paese oggetto del desiderio
degli italiani a due ruote e non.
Gli itinerari in bicicletta sono un modo eccellente per
conoscere la Catalogna, una regione ricca di tradizioni,
di contrasti (non a caso è incorniciato dai Pirenei e dal
Mar Mediterraneo) e dal suo importante patrimonio
culturale. Un suggerimento? Il Cammino Catalano di
Santiago attraverso San Juan de la Peña, che inizia al
Santuario di Monserrat, un monastero a poca distanza
da Barcellona risalente al X secolo, dove nella basilica
si trova la “Moreneta”.
Da Montserrat, che è un luogo circondato da montagne
magiche e uniche, si arriva a San Juan de la Peña, un
altro luogo circondato da rocce e montagne considerate
nell’antichità le custodi del Santo Graal. Il Cammino
Catalano passa attraverso San Juan de la Peña a Santa
Cilia de Jaca, dove si collega il Cammino Aragonese
che in realtà è il Cammino Francese (di Santiago) che
passa per Somport. In totale sono quasi 350 km lungo
tutta la regione.
Le Isole Canarie si confermano come la meta ideale
per le vacanze invernali in bicicletta, con un affascinante
connubio tra bellezze naturali e avventura. Questa
regione spagnola vanta il numero più alto di parchi
nazionali, naturali, riserve della Biosfera e Destinazioni
Starlight di tutta la Spagna. Luoghi idilliaci che
offrono un terreno dinamico adatto a ciclisti di ogni
livello e specializzazione: i paesaggi vulcanici, le foreste
rigogliose e gli itinerari costieri regalano esperienze
entusiasmanti.
Il clima mite costante durante tutto l’anno assicura
condizioni eccellenti per esplorare affascinanti villaggi,
siti storici e vivaci mercati lungo le rotte. Per coloro che
amano le sfide, le ripide salite verso le cime vulcaniche
regalano panorami mozzafiato. Inoltre, l’arcipelago
ospita numerosi eventi ciclistici che attraggono appassionati
da ogni parte del mondo.
Per uscire dai percorsi consueti, due chicche:
La prima a Tenerife, nel Parco rurale di Teno che
si trova nell’estremo nord-ovest dell’isola e comprende
parte dei comuni di Buenavista del Norte, Los Silos, El
Tanque e Santiago del Teide. Con i suoi 8.063,3 ettari,
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è una delle aree naturali più belle di Tenerife e ha conservato
i suoi grandi valori ecologici, paesaggistici e
culturali, soprattutto grazie al suo isolamento. Quando
si vede l’orografia estremamente complicata di questa
zona, vi sembrerà incredibile pensare a come le persone
vivevano qui nei tempi passati. Si rimane stupiti dalla
varietà del paesaggio, che spazia da imponenti scogliere,
valli, isole basse, boschi di alloro e magnifici esempi di
architettura tradizionale. Ideale da scoprire in sella a
una mountain bike.
Gran Canaria, invece, offre ai bikers più esperti la
versione ciclistica del Cammino di Santiago di Gran
Canaria, l’unico cammino ufficiale di Santiago non
continentale. Il Cammino che parte dal Faro di Maspalomas,
nel Sud di Gran Canaria, si inerpica verso
il centro dell’Isola, passando per Tunte e Tejeda fino
ad arrivare al versante settentrionale nella cittadina
di Galdar, dove si trova la Chiesa di Santiago de Los
Caballeros.
Una settantina di chilometri attraverso paesaggi
molto contrastanti tra loro: dagli aridi canyon del sud,
costellati di palmeti e enormi cactus, alle pinete, dai
paesaggi lunari tipicamente vulcanici, alle foreste di
alloro e le colline verdissime dal fascino irlandese. Sole,
montagna, pioggia e collina, e infine una fitta nebbiolina
intrisa di rugiada prima di arrivare alla meta finale
circondata da piantagioni di banane. Il Cammino ad
un certo punto si sovrappone alla Via de la Plata, un
cammino preispanico usato come via commerciale
dagli antichi abitanti dell’isola.
Per più informazioni:
• https://www.catalunyaexperience.it/
• https://www.webtenerife.com/
• https://www.grancanaria.com/turismo/it/
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Croazia, Dalmazia
Ci sono 145 piste ciclabili segnalate per una lunghezza
totale di 4.500 km che conducono attraverso
panorami inaspettati, valli fluviali, pascoli e vigneti.
Tratte impegnative per i più allenati e percorsi ricreativi
adatti a tutti solcano zone pittoresche e incantevoli.
Le condizioni meteorologiche, ideali in tutte le stagioni,
consentono non solo di visitare in tranquillità
la Regione, ma anche di allenarsi come fanno i ciclisti
professionisti di tutto il mondo che scelgono la Dalmazia
come terreno di preparazione. Le riviere di Makarska
e Spalato, le isole di Brazza, Lèsina, Lissa e l’entroterra
dalmata sono mete ideali per una vacanza in bicicletta.
e Marjan. Per chi ama i panorami incantati, invece, si
parte dal villaggio di Stara Sela lungo un percorso che
si snoda da Gornja Podstrana attraverso Gornja Duća
fino a Omiš e ritorno. Questo circuito offre una vista
panoramica mozzafiato sull’intera parte orientale della
riviera di Spalato e tutte le isole della Dalmazia centrale.
Per informazioni: https://www.dalmatia.hr/it/attivita/vacanze-attive
Si segnalano in particolare due trail: il percorso
Game of Thrones e il percorso più panoramico della
Dalmazia. Il primo percorso è lungo 55 km e attraversa
numerose attrazioni che sono state parte della scenografia
del Trono di Spade. Si parte da Spalato Riva e si
visitano le cantine di Diocleziano, il mulino e la cava di
Antoničin e la fortezza di Klis. La tratta passa vicino ai
siti che si trovano alla foce del fiume Žrnovnica e poi
attraversa l’antica Salona e il Parco Forestale di Vranjic
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La fiera
La Fiera del Cicloturismo è organizzata da Bikenomist,
azienda specializzata nella comunicazione e
promozione delle economie della bicicletta, da venerdì
5 a domenica 7 aprile 2024, a Bologna, nello spazio
DumBO. Giunta alla terza edizione si conferma un
punto di riferimento per il settore del turismo attivo
nazionale e internazionale.
Ci sarà spazio ai workshop e ai racconti di esperienze
di viaggio con i Bikeitalia Talks, accanto a un’ampia area
espositiva per accogliere le proposte di mete per le vacanze
attive, italiane ed estere, le proposte di produttori
di bici e accessori e offrire un’esperienza di visita a 360°.
partecipazione alla prossima edizione della Fiera del
Cicloturismo come Spagna, Turchia, Slovenia, Repubblica
Ceca, Croazia, Belgio, Regione Sicilia, Veneto,
Basilicata, Toscana e Friuli Venezia Giulia e molte altre
destinazioni che hanno puntato al turismo attivo.
Confermati anche brand del settore bici e servizi come
Shimano, Canyon, 3T, Decathlon, Gazelle, Bergamont,
BRN, Repower e altri.
La partecipazione alla Fiera è gratuita, previa
registrazione su www.fieradelcicloturismo.it
Per contatti ed esporre alla Fiera del Cicloturismo:
expo@fieradelcicloturismo.it
La Fiera del Cicloturismo si conferma quindi come
un’occasione importante anche per chi già opera nel
settore dei viaggi e del turismo attivo per incontrarsi e
professionalizzare un settore, ma anche per chi vuole
avvicinarsi per la prima volta a un segmento promettente
del mondo del turismo.
Oltre 80 tra destinazioni, operatori e produttori
in Italia e nel mondo hanno già confermato la loro
TuttoOk
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SUMMER VIBES
PANAREA GIN
A Bot a n i c al t o uch of It aly, Lo ndo n D r y
Un Gin tutto italiano, frutto delle
origini siciliane degli Inga, una famiglia
che vanta una lunga tradizione
liquoristica in Piemonte risalente al
1832. Entrambi i Gin prodotti, Island
e Sunset, si ispirano all’isola di Panarea
e infatti, ad eccezione del ginepro
(del Piemonte e in parte della Toscana),
tutte le botaniche provengono
dalla Sicilia.
La speciale forma della bottiglia,
caratterizzata da una spalla più larga,
presenta un’etichetta la cui grafica
richiama un fregio esclusivo che ricorda
l’arte barocca siciliana, già presente
in molti monumenti di Noto, città
natale della famiglia.
gin
“Il
ISLAND: è il primo nato e si presenta
con caratteristiche nette e pulite.
È ben bilanciato, secco e persistente,
con una gradazione alcolica poco al
di sopra la media ma che all’assaggio
non si avverte. Questo gin è ottimo
per qualsiasi tipo di miscelazione
(cocktail).
SUNSET: è un gin a cui sono state
aggiunte 2 fragranze (scorze di pompelmo
e basilico) in più rispetto all’Island
che lo rendono più fresco, più
“estivo”. Considerata la sua grande
morbidezza, in un Gin & Tonic e nei
Long Drink in generale, si consiglia
di impiegare una Tonica non aromatizzata
per esaltarne le qualità.
gin è un distillato che negli ultimi 20 anni ha avuto non solo una riscoperta, ma un’evoluzione
qualitativa enorme, diventando uno degli spiriti (distillati) più in voga, apprezzato da tutte le
fasce di età.” Luca Picchi
island
sunset
STAND
G11
BEVI RESPONSABILMENTE | DISTRIBUITO DA SAGNA S.P.A. DAL 1928 - WWW.SAGNA.IT - @SAGNADAL1928
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IL NUOVO CORTOMETRAGGIO
DEL CONSORZIO PROSECCO DOC
Il nuovo cortometraggio del Consorzio Prosecco DOC,
intitolato “INSPIRED BY THE CLASSIC, MOVED BY THE
FUTURE”, offre uno straordinario viaggio attraverso il
tempo e lo spazio, incanalando la bellezza intramontabile
del classico verso un futuro dinamico ed entusiasmante
A cura di Redazione Centrale Tdg
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Questa breve opera cinematografica, curata
dalla maestria del regista Carlo Guttadauro,
trasforma Villa Contarini, gioiello del Veneto
barocco, in un labirinto scenografico dove il classico si
fonde con il contemporaneo.
Attraverso la danza classica e l’arte del parkour il
cortometraggio ci invita a esplorare la convergenza
tra ispirazione e azione, rivelando che il classico è il
trampolino di lancio per una visione futuristica.
Questa interazione tra il classico e il contemporaneo
crea uno spazio di sperimentazione e innovazione,
dimostrando che l’ispirazione tratta dal classico diventa
il motore propulsivo per un’azione dinamica e
avveniristica. In questo connubio, il cortometraggio
esplora la tensione creativa tra il passato che ispira e
il futuro che guida l’azione, suggerendo che è proprio
nella fusione di questi due elementi che si manifesta la
bellezza senza tempo.
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La protagonista di questo suggestivo viaggio è Virna
Toppi, la prima ballerina del Teatro alla Scala di
Milano. Con la sua grazia e la sua abilità, Virna danza
nella Sala degli Specchi di Villa Contarini, illuminata
da luci metafisiche, creando un connubio perfetto tra il
classico e il contemporaneo. Il cortometraggio ci invita
a riflettere sul concetto di ispirazione, che, come afferma
il progetto, è l’istante in cui la bellezza si manifesta
improvvisa e accende il nostro entusiasmo.
La scelta di Virna Toppi come protagonista non è
casuale. I suoi gesti armonici e il movimento graziato
del suo corpo incarnano la bellezza della danza classica,
che diventa fonte d’ispirazione. La sala degli specchi
diventa il palcoscenico dove il classico si offre in modo
sinuoso e sensuale, con curve e pieghe che emanano
un’energia armonica, una variazione d’andatura che
restituisce la bellezza come grazia in movimento.
diventa evidente, sottolineata dal brindisi sulla terrazza
affacciata sul Canal Grande. Le bollicine di Prosecco
DOC, simbolo di raffinatezza, conoscono il potere di
un’ebbrezza che ci fa sognare, regalandoci momenti
di pura leggerezza.
Il cortometraggio diventa così una rappresentazione
visiva della filosofia del Consorzio Prosecco DOC: uno
slancio moderno che trova nel passato le sue radici e
nel futuro le sue sperimentazioni, di come il classico si
trasformi da elemento di ispirazione a catalizzatore di
azione. Senza dubbio, è attraverso queste sperimentazioni
che si può veramente comprendere e apprezzare
la bellezza intrinseca del Prosecco DOC.
Accanto a Virna, compare Davide Garzetti, il traceur,
un praticante di parkour. In una porta incorniciata di
stucchi, immobile, osserva la danza, introducendo un
elemento non classico che si nutre del classico. Il cortometraggio
esplora il confine tra la danza classica e il
parkour, creando uno spazio inedito e misterioso per
la relazione tra i due protagonisti. L’accostamento tra
queste due forme d’arte aggiunge sfumature e novità
al progetto.
Il viaggio tra la danzatrice e l’atleta si snoda attraverso
luoghi iconici, come Venezia e le fondamenta della
Giudecca. Qui avviene una trasformazione estetica
sorprendente: la ballerina, avvolta in una luce diafana,
si trasforma in un cigno nero. Il designer costumista
Salvatore Vignola contribuisce a questa metamorfosi
con un tutù nero ricoperto di paillettes che rifrange la
luce, accentuando il movimento della danzatrice. Il
tocco grintoso e gotico di Cinzia Trifiletti nell’hair e
make-up completa l’immagine.
Il cortometraggio raggiunge il suo apice su un ponte
di ferro in Giudecca, dove i confini svaniscono, e i protagonisti,
ora liberi da schemi predefiniti, celebrano un
accordo segreto. La fusione tra classico e contemporaneo
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FSC: il futuro responsabile passa
attraverso i tappi in sughero
Amorim Cork Italia offre un plusvalore ai vini sigillati
con le sue chiusure, grazie alle imbattibili garanzie di
sostenibilità
A cura di Redazione Centrale Tdg
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Amorim Cork Italia da tempo ha intrapreso un
percorso di sostenibilità che non ha eguali.
Se mantenere sempre alta l’avanguardia
tecnologica a tutela dei vini che protegge è la base della
sua attività aziendale, farlo in un’ottica di rispetto per
la Natura da cui tutta la sua filiera trae origine è la più
armonica scelta di vita. Ecco perché, forte di dominare
la sua intera filiera, fin dalla coltivazione delle querce,
può certificare tutti i suoi tappi in sughero FSC® (Forest
Stewardship Council).
Una possibilità per i suoi clienti, in tempi in
cui il valore di un vino passa sempre più, anche,
da come si racconta. Se da un lato il valore tangibile,
infatti, è quello della degustazione che deve rimanere
impeccabile dal punto di vista sensoriale, dall’altro
lato il valore intangibile più importante è quello della
strada che ha percorso e delle scelte che quel vino ha
fatto per arrivare a chi lo beve.
Amorim Cork Italia, inoltre, da tempo rende disponibile
il Certificato con il Bilancio di CO2 dei tappi in
sughero scelti dai propri clienti. Il calcolo è stato commissionato
da Corticeira Amorim a due enti certificatori
internazionali indipendenti, PricewaterhouseCoopers
e EY, e include nella sua analisi tutto ciclo di vita del
sughero, dalla foresta fino all’arrivo nella cantina, sottraendo
ovviamente quella che è l’impronta aziendale,
ovvero dalla produzione fino al trasporto. Ad oggi Corticeira
Amorim è l’unica società di chiusure in sughero
al mondo ad aver intrapreso un percorso così virtuoso,
mettendo sotto la lente di ingrandimento l’impatto dei
propri processi produttivi e identificando il Life Cycle
Assessment di ogni suo prodotto, attribuendone un
valore preciso.
Quale ulteriore e notevole garanzia in materia di
sostenibilità, c’è la revisione del disciplinare VIVA
(VIVA è il Programma del Ministero dell’Ambiente
e della Sicurezza Energetica che dal 2011 promuove
la sostenibilità del comparto vitivinicolo italiano): da
ottobre 2023 viene formalmente introdotta una breve
nota metodologica che traccia la strada per utilizzare i
fattori di emissione carbonica calcolata dai produttori
di packaging nelle LCA o Carbon footprint di prodotto
al posto dei dati standard, migliorando quindi le prestazioni
climatiche delle bottiglie di vino.
Ancor di più, in un mondo in cui il packaging
è sempre più veicolo alla dimostrazione (e non
solo alla narrazione) della sostenibilità, avvalersi di
un tappo in sughero certificato FSC® fa la differenza
competitiva, sul mercato e per l’ambiente. Significa
scegliere fornitori caratterizzati da processi produttivi
che rispettano la natura e garantire anche ai clienti che
i propri vini sono protetti da cartoni, capsule, etichette
e, quindi, tappi realizzati in materiale ottenuto da foreste
coltivate responsabilmente. Questo significa, a sua
volta, proteggere le specie vegetali e animali, i diritti
dei popoli indigeni, la sicurezza dei lavoratori forestali
e molto altro, in un circolo virtuoso che restituisce un
plusvalore di sostenibilità.
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Spiega a tal proposito l’ad Amorim Cork Italia,
Carlos Veloso dos Santos: “Di fronte a questa evoluzione
il sughero, ancora una volta, è la chiusura ideale. Da un lato,
è dimostrato come sia vero e proprio plusvalore per l’imbottigliamento
e per l’esperienza degustativa: rende premium il
packaging e, di fatto, ogni vino. Ora diventa riconosciuto anche
il suo apporto a livello di sostenibilità: che VIVA affermi il valore
delle nostre certificazioni sull’impronta di carbonio negativa
dei tappi Amorim è per noi motivo di orgoglio, ma anche una
conferma di essere sulla strada giusta. Questo percorso, infatti, è
destinato solo a rafforzarsi nei prossimi anni, con la piantagione
già programmata di 1.500.000 nuove querce da sughero”.
Chiedere ad Amorim la versione certificata dei
propri tappi è chiedere responsabilità e solo chi
ha dalla sua un impegno concreto può fornirlo con
vigoroso entusiasmo. Per le cantine è anche un’occasione
per dare un contributo concreto al futuro delle
foreste e dei mercati, a partire da quello che riguarda
la propria cantina. Maggiori informazioni su www.
amorimcorkitalia.com
Ricerca&Sviluppo, al quale si associa una spiccata
sensibilità per la tutela dell’ambiente e in particolare
per la salvaguardia delle foreste da sughero. Accento
vigoroso anche quello sulle risorse umane, con una
serie di iniziative di work-life balance per una migliore
armonia tra vita personale e lavorativa della grande
famiglia Amorim.
Tra gli ultimi grandi traguardi raggiunti, infine, il
compimento perfetto dell’economia circolare grazie alla
linea SUBER, arredo di design nato dalla granina dei
tappi raccolti dalle onlus del progetto ETICO (di Amorim
stessa) e riciclati. Un’opera di sostenibilità divenuta
anche culturale grazie alla Mostra “SUG_HERO – Metaforme
– Le mille vite di uno straordinario dono della
natura, il sughero”, esposizione nata per valorizzare e
testimoniare i valori che animano l’azienda.
Il Gruppo Amorim è la prima azienda al mondo
nella produzione di tappi in sughero, in grado di coprire
da sola nel 2022 il 45% del mercato mondiale di questo
comparto e il 28% del mercato globale di chiusure per
vino; conta un totale di 56 filiali di cui 22 distribuite nei
principali Paesi produttori di vino. Il Gruppo Amorim
esporta in più di 100 Paesi e ha le sue aziende in 28 Paesi
nei cinque continenti.
Amorim Cork Italia, con sede a Conegliano (Treviso),
filiale italiana del Gruppo Amorim, si è confermata nel
2022 azienda leader del mercato del Paese. Con i suoi
75 dipendenti, nel 2022 ha registrato oltre 667 milioni
di tappi venduti per un fatturato di 75,1 milioni di euro,
pari al +6,5% rispetto all’anno precedente.
La leadership di Amorim è dovuta ad una solida rete
tecnico-commerciale distribuita su tutto il territorio
della penisola, ad un efficace servizio di assistenza pre e
post vendita ma anche all’avanguardia dei suoi sistemi
produttivi e gestionali e soprattutto del suo reparto
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La tecnologia più ecologica e più efficace
al mondo contro il TCA per i tappi in
sughero naturale.
Ispirato dallo straordinario lavoro che la Natura ha fatto con il sughero, abbiamo creato Naturity®, un processo
interamente naturale che rimuove il TCA e altri composti di deviazioni sensoriali dai nostri tappi in sughero naturale.
Sviluppato dall’Università NOVA di Lisbona e da Amorim Cork, Naturity® è una tecnologia rivoluzionaria progettata
per massimizzare la performance dei nostri tappi senza comprometterne la natura. Grazie ad un processo avanzato
che combina tempi, pressione, temperatura e acqua purificata, siamo ora in grado di separare le molecole del TCA e
altre molecole volatili dalla struttura cellulare dei tappi in sughero naturale, attraverso un metodo non invasivo che
mantiene intatte le caratteristiche cruciali di questo materiale unico.
amorimcorkitalia
La scelta naturale
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Da Col Vetoraz l’arte ha un
posto privilegiato
Arianna Gasperina espone nuove sculture lignee
fino a fine marzo
A cura di Redazione Centrale TdG
Sotto il segno favorevole dell’incontro di eccellenze, prosegue il
suo corso il progetto Terra d’Arte, ideato da Col Vetoraz e iniziato
lo scorso anno, che continua ad ottenere notevoli riscontri
dal pubblico in termini di attenzione e gradimento. Un’esperienza coinvolgente
che esalta l’emozione di degustare un calice di briose bollicine di
Valdobbiadene DOCG circondati da meravigliosi vigneti sul punto più alto
dell’intera denominazione Conegliano Valdobbiadene, proprio di fronte al
celebre Mont del Cartizze.
La sala accoglienza dell’azienda trevigiana diventa infatti il posto privilegiato
dove, dal mese di dicembre fino a fine marzo, tre sculture scelte
tra le opere dell’artista pordenonese Arianna Gasperina, in arte Arya,
trovano casa. Le creazioni in esposizione, tutte in legno di Pino Cembro
naturale, portano nomi di grande suggestione: ‘Sono Qui’, ‘Eccomi’ e
‘Rinascita’.
Ogni scultura è accompagnata da un pensiero di Arianna Gasperina, che
esprime, sia a livello scultoreo che di parola, tutta la forza del sentimento e
della passione che attraverso queste opere ha voluto comunicare. Ne emerge
un dialogo costante, intimo e unico con ogni albero utilizzato per scolpire
queste creature, in un crescendo espressivo che l’artista ha saputo tradurre
nelle seguenti citazioni.
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74 TuttoOk Eccomi
Sono qui
“Prendi la mia mano, stringila forte non ti perderai, in questa melma dai ricordi
bui. Ogni passo ti porterà lontano da tutto questo. Non temere, ascolta il tuo battito,
esplora la tua luce interiore seppur fievole. Guarisci, cammina, respira e torna a sorridere
io Sono Qui”.
Eccomi
“Non sei solo. È il momento di Rialzarsi, di proseguire il cammino senza più guardarsi
in dietro. Ho grandi ali che proteggono, non temere. Ti avvolgo e ti risollevo.”
Rinascita
“Rinascita è un Oltre, un sapersi evolvere, staccandosi da quel tutto che ci pianta a
terra le membra senza darci spazio di movimento. Quel tutto che soffoca. Rinascita è
dunque un passaggio che ci spoglia dalla vischiosità di questa vuota società, superficiale,
per arrivare all’essenza di sé.”
Rinascita
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A trovare piena corrispondenza con la filosofia di Col
Vetoraz, da sempre attenta all’eccellenza, è il fatto che
le creazioni di Arianna Gasperina riescono a esprimere
una potente carica emotiva ispirandosi alla figura
femminile, raffigurando sia angeli che donne forti,
impetuose, avvolgenti e protettive, capaci di sostenere,
guidare e salvare.
Sono tutte realizzate con la materia prima che l’artista
predilige, il legno, che viene scolpito al novanta
per cento a motosega, per poi definire le figure solo in
alcuni punti con l’ausilio di attrezzi come scalpelli e
raspe per conferire maggiore finezza, creando un contrasto
con le parti grezze in un gioco di pieni e vuoti.
L’arte di Gasperina, vissuta come missione di vita,
nasce da un forte desiderio di condivisione pura di
emozioni e idee che derivano da un lungo processo
di ricerca. E’ il suo vivere, la sua casa.
di Silvia Canton per quattro mesi, seguiranno poi fino
alla fine del 2024 quelle di Elena Ortica, in un percorso
culturale sempre arricchente.
Per approfondire sull’artista:
Arianna Gasperina
www.aryart.it
FB @arianna.gasperina
A rafforzare il senso della presenza delle sue opere
presso la cantina, quindi, è una serie di elementi
comuni a Col Vetoraz, come il filo conduttore dell’elemento
naturale e l’alternanza tra spigolosità, quali le
pendenze delle rive che rendono eroica la vendemmia
sul territorio di Valdobbiadene, e le armonie, presenti
nelle tipologie di vini che qui trovano origine. Il rispetto,
la sensibilità e la cura per la materia sono, così, gli stessi
principi che Col Vetoraz adotta nei confronti della terra
da cui originano i suoi Valdobbiadene DOCG.
Una terra preziosa coi suoi ritmi ai quali è importante
adattarsi, lasciando fare alla Natura evitando forzature.
Questi elementi costituiscono la struttura della filosofia
di Col Vetoraz, un fil rouge che avvicina molto
l’universo enologico a quello artistico. Un vino che
sappia trasmettere armonia nei profumi ed equilibrio
nel gusto con eleganza e mirando sempre all’eccellenza
in fondo, può a tutti gli effetti essere considerato
un’opera d’arte.
Per questi motivi, il progetto Terra d’Arte ospitato
da Col Vetoraz intende alternare nel corso dell’anno
artisti affini alla propria filosofia: da aprile, infatti,
presso la sala degustazione verranno esposte le opere
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Col Vetoraz Spumanti S.p.A.
Situata nel cuore della Docg Valdobbiadene, la cantina
Col Vetoraz si trova a quasi 400 mt di altitudine, nel
punto più alto dell’omonimo colle, parte delle celebri
colline del Cartizze da cui ha origine questo vino pregiato.
E’ proprio qui che la famiglia Miotto si è insediata
nel 1838, sviluppando fin dall’inizio la coltivazione
della vite.
Nel 1993 Francesco Miotto, discendente di questa
famiglia, assieme all’agronomo Paolo De Bortoli e all’enologo
Loris Dall’Acqua hanno dato vita all’attuale Col
Vetoraz, una piccola azienda vitivinicola che ha saputo
innovarsi, crescere e raggiungere in 25 anni il vertice
della produzione di Valdobbiadene Docg sia in termini
quantitativi che qualitativi, con oltre 2.200.000 kg di
uva Docg vinificata l’anno da cui viene selezionata la
produzione di 1.250.000 di bottiglie.
Grande rispetto per la tradizione, amore profondo per
il territorio, estrema cura dei vigneti e una scrupolosa
metodologia della filiera produttiva e della produzione
delle grandi cuvée, hanno consentito negli anni di ottenere
vini di eccellenza e risultati lusinghieri ai più prestigiosi
concorsi enologici nazionali ed internazionali.
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82 Nuova Zelanda: tra
Oceano Pacifico e Vulcani
88 Il delta del Po di Rovigo: le
Everglades italiane
94 La memoria degli alberi di
Gran Canaria
TuttoTravel
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82 TuttoTravel
Nuova Zelanda:
tra Oceano Pacifico e Vulcani
Per immergersi nella storia della Nuova Zelanda basta solo un
biglietto aereo e tanta voglia di scoprire i luoghi simbolo del Paese
A cura di Jimmy Pessina
Se la fine di un viaggio non è altro che “l’inizio si un
altro, ed è necessario ricominciare viaggiare. “Sempre”.
Come scriveva José Saramago nel “Viaggio in
Portogallo”. Sono un esempio di ciò che il Nobel portoghese
della letteratura intendeva, sia come movimento verso un
luogo, sia dentro sé stessi.
Per immergersi nella storia della Nuova Zelanda basta
solo un biglietto aereo e tanta voglia di scoprire i luoghi
simbolo del Paese. In pieno Oceano Pacifico del sud, sotto
un cielo dove l’astronomia sta a testa in giù, la Nuova
Zelanda, un Paese di due isole grande come l’Italia, ospita
vulcani che ogni tanto esplodono, distruggendo i paesi e
seminando il panico.
Ma per lo più tranquillamente, il magma si limita a
scaldare l’acqua e a fornire energia a buon mercato per le
case e le industrie dei quasi cinque milioni di neozelandesi
che vivono nella patria dei maori. Aotearoa è il nome
“maori” della Nuova Zelanda, battezzata ben prima che i
colonizzatori europei giungessero sulle rive ventose del
verde diviso in due isole (North e South), adagiato nel Mar di
Tasman, il blocco di terra emersa più distante dall’Europa.
Oltre solo le stelle.
Lembo di terra isolato, distante da tutto, luogo ideale
per fare maggese dentro di sé, per resettare l’anima, in
fuga dal caos della quotidianità ad alta densità abitativa
nelle nostre lande domestiche. 28 ore di volo (in direzione
occidente oppure oriente, dall’Italia non fa differenza) e si
atterra agli antipodi, fuggendo dall’inverno e conquistando
l’estate australe.
TuttoTravel
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Che in Nuova Zelanda assume sapori speciali: fresca,
sognante, oceanica. Vestigia vulcaniche che attraversano
la terra: la North Island è la massa di terra che costituisce il
lembo settentrionale della Nuova Zelanda. Il suo scheletro
è retto da una colonna vertebrale di fuoco che si esprime attraverso
colossali vulcani, pozze di fango ribollenti, geyser.
Una cintura del fuoco che costituisce l’essenza stessa
dell’isola. In cui vive anche ampia parte della popolazione
maori, comunità che conserva con cura le proprie tradizioni
e i propri rituali originari. Dai 3 vulcani che definiscono
il panorama straordinario del Tongariro National Park
(“set” reale che ha dato forma alle fantasie tolkieniane
nella saga cinematografica del Signore degli Anelli, firmata
Peter Jackson) ai fenomeni geotermici di Rotorua, fino al
campo vulcanico su cui è edificata la magnifica Auckland,
la città più popolosa del Paese adagiata su coni di vulcani
dormienti che si inabissano nelle acque azzurre del Golfo
di Hauraki, campo di regata e di battaglia di passate sfide
di America’s Cup.
Non esiste una graduatoria che allinei i Paesi per grado
di civiltà. Non può esistere, naturalmente, nemmeno
in un mondo di ansie classificatorie come il nostro:
perché il concetto è sfuggente, indefinibile. Eppure, se
ci fosse, la Nuova Zelanda competerebbe a buon diritto
per i primi posti. Lo testimoniano tanti piccoli segnali
che si possono cogliere nell’atmosfera quotidiana.
Il rispetto, per le regole non scritte. Il garbo, nei rapporti
tra le persone. I sentieri naturalistici, non importa
quanto remoti, immancabilmente accessibili ai disabili.
Il rispetto per la natura, che laggiù domina sull’uomo,
poco più che pioniere soprattutto nell’Isola del Sud.
La Nuova Zelanda, grande più o meno come l’Italia, ha
poco più di quattro milioni di abitanti, come la Croazia
o l’Irlanda: pochi, e inoltre concentrati nella più calda
Isola del Nord dove sorgono Auckland, la “metropoli”
neozelandese e la capitale Wellington.
L’Isola del Sud, che occupa metà della superficie del
Paese, ha invece da poco festeggiato il suo primo milione
di abitanti, che quindi si ritrovano dispersi in un ambiente
naturale vasto, imprevedibile e di sorprendente
bellezza. Il paesaggio è dominato dalla catena delle Alpi
meridionali, in tutto simili a quelle europee: la forma
dei rilievi, i solchi delle vallate, gli allungati laghi glaciali,
i colli delle Prealpi rimandano immediatamente
alle immagini consuete da quest’altra parte del mondo;
solo, laggiù si conservano intatte, non trasformate e
plasmate dalla millenaria mano dell’uomo.
I neozelandesi sono tutti appena arrivati, sia i maori
di ceppo polinesiano, sbarcati nel Duecento, sia i discendenti
degli inglesi, giunti nel Settecento. Entrambi
i gruppi sono cittadini fin dalla nascita dello Stato come
dipendenza britannica, formalizzata dal trattato di
Watangi nel 1840. Fin da allora gli inglesi riconobbero i
diritti di proprietà dei maori; nei decenni seguenti non
mancarono certo abusi, forzature e anche scontri armati
tra i due gruppi etnici, ma le tensioni non andarono mai
al di là di un certo segno, e oggi tutti antepongono a ogni
altra identità quella peculiare neozelandese: kiwi – dal
nome dell’uccello simbolo del Paese – è il nomignolo
nel quale tutti si riconoscono.
I maori, circa il quindici per cento dei neozelandesi,
coincidono ancora in gran parte con la fascia più debole
della popolazione: ma di un’etnia eccezionalmente
equilibrata. Il divario tra i più ricchi e i più poveri è
contenuto, l’indice di sviluppo umano è altissimo – il
terzo nel mondo nel 2013 – anche se il Pil pro-capite è
di circa diciannovemila euro annui, inferiore a quello
italiano (quasi ventunomila, sempre nel 2013). Per contro,
la Nuova Zelanda è al primo posto nella particolare
graduatoria che misura la corruzione; sostanzialmente,
non c’è. Wellington, la capitale, placida ed elegante,
sorge all’interno di un antico cratere vulcanico, riempito
dalle acque del mare, situata all’estremità meridionale
dell’Isola del Nord.
I villini dove risiede gran parte della popolazione
punteggiano il verde dei colli digradanti verso il centro
storico – si fa per dire: gli edifici più antichi sono quelli
di foggia inglese, sorti a fine Ottocento – e il porto, dal
quale i traghetti partono per affrontare il turbolento
Stretto di Cook che divide le due isole. In quella del Sud
la dorsale alpina, che si eleva a ridosso della costa occi-
84 TuttoTravel
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dentale, s’incontra con il mare in un susseguirsi di baie,
insenature e fiordi, che non hanno nulla da invidiare
ai più celebri norvegesi: centinaia di metri di roccia si
buttano a picco nelle fredde acque australi, popolate
di pinguini e foche orsine. Le nevi perenni e i ghiacciai
scendono fino a poche centinaia di metri di altitudine
al livello del mare; la Nuova Zelanda si trova alla stessa
latitudine dell’Italia – ovviamente ribaltata –, ma non
beneficia della Corrente del Golfo che riscalda l’Europa.
E quindi ha un clima più freddo e, soprattutto, più
piovoso della sua controparte boreale. Questa caratteristica,
combinata con l’isolamento ininterrotto da
ere geologiche, ha generato un panorama ambientale
unico. Non esistono mammiferi terrestri, salvo quelli
importati dall’uomo negli ultimi secoli, e ovunque sorge
la foresta pluviale. Una strana foresta: apparentemente
alpina, se vista da lontano; simile al contrario alle
giungle tropicali, se osservata più da vicino.
Ma una giungla fredda, con le palme adattate al clima,
grazie alle foglie sfrangiate, le conifere dagli aghi
sottili e aguzzi, i rampicanti e le felci – altro simbolo
della Nuova Zelanda –. E ovunque, spessa e soffice la
coltre, il muschio che ricopre ogni cosa: terreno, rocce,
tronchi, rami, foglie. Infatti, è qui che il regista kiwi
Peter Jackson, ha trovato la Terra di Mezzo evocata
da Tolkien, immortalano le immagini nella trilogia “Il
signore degli anelli”.
Nella stretta fascia costiera occidentale gli insediamenti
umani sono ancor più radi e conservano un
che di provvisorio, pionieristico, e possono scorrere
centinaia di chilometri tra uno e l’altro. I collegamenti
con la sponda orientale passano attraverso due passi
che si aprono al culmine di valli nebbiose e deserte,
appena superata la cresta il paesaggio improvvisamente
s’illumina, e degrada dolcemente in colline via via più
arrotondate, sulle quali brucano in stato semi-brado
pecore, mucche e cervi, le tre razze che costituiscono
l’ossatura dell’allevamento neozelandese.
per produrre Sauvignon e Pinot di ottima qualità. In
fondo alla piana, sempre ondulata, le piccole città – la
remota Invercargill, l’eccentrica Dunedin, la martoriata
Christchurch –; nel mezzo, la campagna punteggiata
di fattorie dove ogni famiglia vive quasi in autarchia,
eppure parlando un impeccabile inglese oxfordiano e
rimuginando la propria nostalgia dell’Europa. Ogni
casa ha almeno una stanza per i viaggiatori di passaggio,
accolti con un bicchiere di vino e il rito vittoriano
del tè, imprescindibile appuntamento con i vicini ma
anche con gli ospiti – e non importa se conosciuti o no.
Per uscire però dalle tratte turistiche, uno dei tracciati
che ho preferito è la Copland Track, a poca distanza da
Fox Glacier, che richiede due giorni, e lungo un percorso
poco battuto, passano fiumi, torrenti, risalendo il fianco
di una montagna fino a delle piscine termali naturali.
La Nuova Zelanda è un paese di cui si parla sempre
poco, un po’ all’ombra della vicina Australia, che proprio
per questo motivo riesce a sorprendere chi arrivi senza
meta. Andando oltre i paesaggi e la natura per cui i più
la raggiungono, la Nuova Zelanda è a mio parere un
luogo che ha bisogno di tempo per essere conosciuto. I
suoi ritmi lenti e lo stile vita che caratterizzano questa
popolazione sono qualcosa a cui è necessario abituarsi
e apprezzare con il tempo. Della Nuova Zelanda non
scorderò mai il profumo dei fiori e della fitta vegetazione,
detta “bush”, la cordialità e la disponibilità dei
suoi abitanti, la musica creata dalle numerose specie
di uccelli, le nuvole che disegnano sempre dei cieli
meravigliosi e la variabilità del meteo, non a caso un
detto tipico è” four season in one day”.
L’altro caposaldo dell’economia dell’Isola del Sud è
la vite, coltivata nelle regioni più riparate e impiegata
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Un mondo unico di tradizioni, bellezza e stile racchiuso
in ogni calice di Prosecco DOC. Ecco perché Prosecco DOC è
un vino speciale che puoi trovare solo in bottiglia. E
proveniente dal territorio unico delle nove province di
Veneto e Friuli-Venezia Giulia: la Dreamland. La regione del
Prosecco DOC ti dà il benvenuto su www.prosecco.wine
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Il delta del Po di Rovigo: le
Everglades italiane
Il Polesine, una terra dai ritmi rallentati, simili a quelli del
fiume che, carico di detriti, scivola ormai lentissimo verso il
mare
A cura di Jimmy Pessina
La strada statale Romea sembra tagliare l’universo
in due parti: da un lato il mondo del terzo
millennio, con le piatte campagne coltivate e i
territori strappati alle acque dalle bonifiche. Dall’altra
il Delta, dove sottile e indefinita è la linea che distingue
la terra all’acqua, il dolce dal salmastro.
Percorrendo la statale Romea che collega Chioggia
a Ravenna, o ancor meglio se la lasciamo per seguire
strade secondarie, incontriamo un paesaggio inconsueto:
un grande fiume, il Po, che si ramifica in tante
direzioni, un ambiente naturale e lussureggiante, dove
miriadi di uccelli di tante specie si levano in volo radente,
mentre una nebbia leggera attenua il tramonto. Ancora
tutto da scoprire, il Delta offre infinite possibilità di
esplorazione di un ambiente in cui la natura è ancora
la dominatrice assoluta.
Le valli, i canali, gli acquitrini, i canneti e le pinete
hanno creato una sorta di labirinto naturale in cui
può essere molto bello indugiare e lasciarsi andare a
bordo di una barca a raccogliere le impressioni di un
paesaggio che vive i ritmi a cui non siamo più abituati
da tempo. Infatti, un paesaggio che si perde, dove
l‘unico elemento verticale è quello dei campanili, che
non riesce a superare l’altezza degli argini. Un mondo
fatto di canneti che suonano mossi dal vento, di lagune
e di valli di pesca dove regnano sovrani il fenicottero,
la volpoca e il cavaliere d’Italia. Il Parco Naturale del
Delta è nato nel 1997 tra burrascose polemiche, nonostante
che il piano dell’area che lo ha accompagnato sia
stato premiato come il migliore in Europa per qualità
urbanistica.
Dal Po Grande o di Venezia si dirama a nord il Po di
Maista (il Po di Levante, porta d’accesso delle merci di
navi che provengono da Grecia e Russia cariche di tufo
o pietre per fare ghiaia colorata e risalgono la corrente
su chiatte e imbarcazioni di trasporto, essendo regolamentato
dalla chiusa di Volta Grimana, non può dirsi
veramente ramo attivo).
È anche il ramo più giovane, nato da due storici interventi
sul corso del fiume: la deviazione delle acque
di Ficarolo nel XVI secolo, con cui la Serenissima deviò
a sud il Po creando un canale per collegare il ramo del
fiume in prossimità di Ponte Viro con la Sacca di Goro
riuscendo così a salvare la laguna. A sud si diramano il
Po Piccolo o di Goro, il Po della Donzella, il Po di Gnocca
e il Po delle Tolle. Nella parte terminale il Po di Venezia
viene chiamato Po di Pila che a sua volta si divide in
Busa di Tramontana a nord e in Busa di Scirocco a sud,
e il Taglio di Porto Viro.
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92 TuttoTravel Nella cuspide verso il mare il Po si chiama Busa Dritta
e sfocia a Punta Maistra dove c’è il Faro di Pila. Nei
punti dove il mare riesce a penetrare con le sue onde
si formano le sacche, uniformi distese d’acqua salata a
fondale basso delimitate dai bracci di fiume. Sia nelle
lagune, che nelle sacche si allevano i prelibati mitili
e si pratica la pesca, si cattura il novellame, il piccolo
pesce che viene allevato in valle. Le lagune del Delta del
Po sono sette: Caleri, Vallona, Barbamarco, Batteria,
Brucio, Basson e Monelli Levante; le sacche due: Sacca
Canarin e Sacca degli Scardovari. Lasciando ai lettori
il gusto della ricerca di angol suggestivi, di un percorso
a ritroso nel tempo, alla riscoperta di una natura che ci
riporta alle nostre origini, in un territorio in continua
evoluzione.
Un fine settimana nel Delta, è un appuntamento da
vivere con entusiasmo, che sarà ampiamente ripagato.
Appunti: dormire – Hotel Gran Delta – Rosolina, tutti i
venerdì cena tipica a base di pesce, e rappresentazione
di “Metti una sera a cena….con il Teatro” . Un mirabile
esempio di come si possa unire il godimento ludico
con il rispetto della Natura e la valorizzazione di un
territorio: è simboleggiato dal Canarin, amatissimo
ristorante nel cuore del Delta del Po, di Porto Tolle,
dove si carica il cuore di aspettative, poiché si fende un
paesaggio di rara bellezza, il quale sfocia letteralmente
nella struttura, un’autentica palafitta che si specchia
sulle acque del Polesine.
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La memoria degli alberi
di Gran Canaria
Gli alberi di Gran Canaria hanno un nome proprio e gli abitanti
dell’isola si rivolgono a loro come se stessero parlando a un vecchio
amico
A cura di Silvia Donatiello
Gran Canaria ospita una grande diversità di
ecosistemi naturali e formazioni vegetali che
caratterizzano il suo paesaggio, con una grande
varietà di alberi e boschetti nei suoi cortili, piazze, strade
e giardini, molti dei quali degni di essere considerati singolari
o monumentali.
Gli alberi di Gran Canaria hanno un nome proprio e
gli abitanti dell’isola si rivolgono a loro come se stessero
parlando a un vecchio amico, a un anziano venerabile o
a una madre all’ombra della quale sono cresciute diverse
generazioni, come accadeva intorno alla foresta di castagni,
la Castañera Grande de Las Lagunetas, a Vega de San
Mateo, quando la cenere della legna da ardere di questo
esemplare di oltre tre secoli di vita veniva usata per curare
gli ombelichi dei nuovi arrivati in questo mondo insulare
riparato sotto il boschetto di alberi.
Come un bambino, la dracena draco, chiamata comunemente
l’albero del Drago e, in questo caso, il Drago di
Pino Santo, è spuntato spontaneamente dalla terra più
di 240 anni fa e da allora è rimasto in piedi, aggrappato
a una parete di basalto su cui pendono le sue radici secolari.
La contemplazione di questo monumento vegetale,
con la sua silhouette perfetta e i suoi 16 metri di altezza,
dalla strada o dal fondo del Barranco Alonso, offre una
visione fugace e quasi onirica di un paradiso perduto.
Nel 1718, lo stesso anno in cui i francesi fondarono
la città di New Orleans, in cui morirono il pirata Barbanera
e il re Carlo XII di Svezia e in cui fu firmato il
trattato di pace che pose fine alla guerra austro-turca,
qualcuno piantò l’Albero del Drago di Gáldar, il più
antico di Gran Canaria, ancora oggi testimone delle
vicende umane, situato nel cortile interno dell’antico
municipio e dell’attuale ufficio di informazione turistica.
La sua corteccia di pelle di drago rivela le incisioni e
le cicatrici dovute all’estrazione della resina per scopi
medicinali o per le tinture da parte di coloro che lavoravano
come erboristi e fitoterapeuti, come la mitica
Catalina, soprannominata “La Regañona” (brontolona)
per il suo carattere forte.
Prima erano i pastori, i mulattieri, i boscaioli, i transumanti
e i carbonai a sedersi sotto la sua folta chioma
sulla collina su cui sorge l’albero. Oggi sono soprattutto
gli alpinisti e gli escursionisti a guardare con stupore il
Pino di Cassandra o Pino Bonito, il pino più antico di
Gran Canaria, con un’età stimata di circa quattro secoli,
che gli ha permesso di vivere il passaggio dalla società
preispanica a quella moderna. Il segno di una grande
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bruciatura sul suo tronco ha alimentato la fiamma delle
leggende in innumerevoli notti sotto le stelle accanto
alla diga di Las Niñas. Anche i suoi fratelli, i Pini di
Gáldar, anch’essi centenari, toccano il cielo tra i 1.400
e i 1.500 metri di altitudine.
I ricordi a volte ci arrivano avvolti in fragranze.
Questo è anche il caso dei ginepri, il cui legno veniva
utilizzato per la produzione di incenso per purificare
e profumare gli ambienti della casa. Inoltre, è così resistente
che è ancora possibile trovare travi di ginepro
che sostengono strutture, di diversi secoli fa. Una delle
più grandi e antiche delle Isole Canarie è la Sabina
(ginepraio) de Tirma che, secondo la tradizione orale,
ebbe origine quando un corvo venne a bere a questa
sorgente e depositò il seme adatto.
Le cicas sono fossili viventi emersi più di trecento
milioni di anni fa, nell’era mesozoica. Questa specie
è considerata una delle prime con un certo grado di
complessità a comparire sul pianeta e non è esattamente
una palma, anche se ne ha l’aspetto. La Cica di
San Martín è alta 11 metri e vive da più di due secoli tra
le mura dell’antico Hospital San Martín, oggi Centro
San Martín di Cultura Contemporanea e futuro Museo
delle Belle Arti di Gran Canaria, dove presiederà uno
spazio che esporrà le opere di artisti che sono nati e
hanno prodotto le loro opere molto tempo dopo questa
bellezza botanica.
Per chi fosse interessato ad approfondire questo
argomento, esiste una cartina degli alberi “unici” di
Gran Canaria, con una spiegazione per ciascuno di
esso qui: https://custodiadelterritorio.grancanaria.com/
arboles-singulares
Accanto alla strada che collega la tenuta di Las Casas
de Almácigos, si trova la Cardonera (cardoni) de Veneguera,
presa come palcoscenico per l’allestimento di
presepi, un uso curioso per questo gioiello botanico,
una sorta di gigantesco candelabro intrecciato di oltre
cinque metri di altezza e quindici di diametro, che
rappresenta le specie dei versanti più soleggiati di Gran
Canaria. All’altro estremo, il Barbusano de Osorio è un
esempio di foresta di Laurisilva (alloro dell’era terziaria)
o foresta pluviale delle Canarie, alla base della leggendaria
Selva de Doramas, nome che prende in prestito
dall’antico guerriero canario.
Il Palmeral (palmeto) de la Sorrueda, nella zona
centrale del sud-est, è una lezione a cielo aperto sulla
bellezza della palma canaria. Quest’oasi si trova anche
accanto a un mosaico di appezzamenti agricoli, alcuni
dei quali sono stati sfruttati fin dal XVI secolo. Dal
canto loro, le palme di Tenoya, sulla strada per Casa
Ayala, sorgono dal terreno accanto a una piantagione
di banane e le loro chiome si estendono come un fuoco
d’artificio a 36 metri di altezza, solitarie e inaccessibili.
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Speciale
Degustando
102 La Cantina St. Michael-Eppan
festeggia 10 anni di Appius con una
degustazione storica
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La Cantina
St. Michael-Eppan festeggia
10 anni di Appius con una
degustazione storica
Appius è l’antico nome latino di Appiano, territorio vinicolo
altoatesino risalente ai tempi dei Romani e, al giorno
d’oggi, una delle migliori zone italiane di produzione di
vini bianchi d’eccellenza
A cura di Paolo Alciati e Enza D’Amato
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Dieci anni, dieci vendemmie, dieci Appius.
Questo è il risultato di un grandissimo lavoro
di vinificazioni, di degustazioni e di assemblaggi
che Hans Terzer, uno dei più grandi enologi al
mondo altresì definito dalla rivista VINUM “La leggenda
vivente del vino dell’Alto Adige” o anche “Il mago dei
bianchi”, ha tradotto in un vino esclusivo dal nome
intimamente legato alla sua terra d’origine.
Appius, infatti, è l’antico nome latino di Appiano,
territorio vinicolo altoatesino risalente ai tempi dei Romani
e, al giorno d’oggi, una delle migliori zone italiane
di produzione di vini bianchi d’eccellenza. Un terroir
caratterizzato da terreni calcarei, porfirici, morenici
ed un microclima influenzato da importanti escursioni
termiche, temperature miti e freschi venti notturni che
conferiscono ai vini preziosi profumi, inconfondibile
mineralità e aromi complessi.
Terzer è il winemaker della Kellerei St. Michael-Eppan,
cantina con 114 anni di storia, che ha festeggiato
la decima edizione di Appius, annata 2019,
una cuvée da sogno creata con selezioni di uvaggi personalmente
da lui individuati che hanno raggiunto la
massima espressione dei più preziosi vitigni a bacca
bianca di quella vendemmia e ottenuta realizzando un
assemblaggio di Chardonnay (60%), Pinot grigio (15%),
Pinot bianco (13%) e Sauvignon blanc (12%). Un insieme
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di aromi avvolgenti, profumi inebrianti, dai fruttati a
quelli più intensi grazie ad un’annata caratterizzata da
un’estate ed un inizio d’autunno climaticamente ideali.
Appius è il frutto di un meticoloso lavoro di selezione
in vigna, della lavorazione individuale in cantina, di un
accurato assemblaggio finale e questa edizione dimostra
un profilo lineare, dritto e preciso, votato alla longevità.
La vinificazione inizia con la fermentazione alcolica
e malolattica dello Chardonnay e dei due Pinot e con
un successivo affinamento in barrique/tonneaux. Si
procede all’assemblaggio dopo un anno e un ulteriore
affinamento sui lieviti per tre anni in tini di acciaio
inox, di cui due sulle fecce fini.
All’esame visivo si presenta limpido con un colore
giallo paglierino e profondi riflessi verdognoli; all’olfatto
emerge una evidente sapidità, un naso leggermente
salmastro e note iodate. Dopo pochi secondi si passa alla
frutta tropicale matura, dovuta alla preponderanza di
Chardonnay, poi frutta a polpa bianca per la presenza
dei due Pinot, bianco e grigio. Piacevoli sono i sentori
erbacei e aromatici del Sauvignon, oltre a note floreali
agrumate, vegetali e balsamiche.
Infine, il passaggio in legno regala note di vaniglia
Bourbon, orzo tostato e tabacco.Al palato, interessante
è l’acidità in perfetto equilibrio con la mineralità e intense
sfumature balsamiche, agrumate e leggermente
speziate. Appius 2019 accompagna piatti di pesce
decisi come rombo o coda di rospo, ma si abbina
perfettamente anche a specialità di funghi e tartufi,
carni bianche nobili e selvaggina. Ottima anche
la combinazione con formaggi cremosi con crosta e
formaggi stagionati.
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Il progetto Appius
Il progetto Appius vuole realizzare, anno dopo anno
a partire dall’annata 2010, un vino capace di rispecchiare
il millesimo e di esprimere la creatività e la sensibilità
del suo autore, Hans Terzer per il quale c’era l’intenzione
di “…fare di più di Sanct Valentin” (la linea di vini di
punta della cantina). Ma quale tipologia di vino fare per
realizzare questo obiettivo? Un super Chardonnay, un
super Sauvignon o chissà cos’altro?
E Terzer spiega il suo ragionamento iniziale “…mi
sono detto: io vorrei, in primis, che il vino sia buono ogni anno,
che ci sia una costanza qualitativa ogni anno, che rispecchi il
nostro territorio ma rispecchi soprattutto anche l’annata. Per
cui ho preso la decisione di fare un assemblaggio di quattro
vitigni: Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Grigio e Sauvignon.
Non ho inserito il Gewurztraminer, un vitigno importante per
l’Alto Adige, perché io amo anche la Borgogna e la mia idea era
quella di fare un vino che assomigliasse a quelli di quel territorio
e non fosse troppo aromatico. Ho vinificato diverse piccole
partite – prosegue il winemaker Hans Terzer – e dopo un anno
le ho assemblate secondo la visione mia e dei miei collaboratori.
Il vino rimane per tre anni sulle fecce prima di imbottigliarlo”.
Anche il design della bottiglia e la sua etichetta vengono
reinterpretati in ogni edizione: lo scopo è di concepire
una “wine collection” capace di appassionare
gli amanti del vino di tutto il mondo. L’etichetta della
decima edizione di Appius, ideata da Life Circus, incorona
l’importante anniversario, strutturando l’aspetto
grafico a partire dall’emblematico numero 10, proposto
in un’accattivante alternanza d’oro e platino. L’immagine
permette sempre una libera interpretazione, affinché
ogni wine lover possa trarne un’intima ispirazione.
Come per le altre annate, anche questa edizione di
Appius è limitata.
Hans Terzer ha voluto celebrare la decima versione
di Appius con una strepitosa verticale di tutte le annate
partendo dalla 2010, una delle migliori versioni tra le
10 degustate.
“Il 2010 – spiega ancora Terzer – è stata un’annata un
po’ particolare e assomiglia molto al 2023 perché nel luglio di
13 anni fa abbiamo avuto in estate un clima quasi tropicale con
temperature che hanno superato i 30 gradi e un autunno piovoso.
A causa di ciò, abbiamo fatto una vendemmia abbastanza
tardiva raccogliendo le uve verso metà settembre”.
Stupisce il colore dorato brillante ma con ancora
qualche riflesso verdognolo che in genere è indice di
gioventù. Una caratteristica che accomuna quasi tutte
le annate è quella relativa a sentori iodati, leggermente
salmastri e a un delicato fumé.
Il passaggio in legno, ancora apprezzabile, ha rilasciato
piacevoli note burrose, sentori floreali e di frutta
esotica con un agrumato che, unito all’acidità ancora
evidente, stimola la voglia di un secondo bicchiere.
La caratteristica che emerge all’analisi olfattiva
dell’Appius 2011 è la forte presenza aromatica dovuta
all’utilizzo del Sauvignon per ben un terzo a causa della
mancanza del Pinot Bianco, poiché quell’anno le uve
sono state rovinate da due intense grandinate.
Appius 2012 è molto interessante e presenta note di
frutta matura, banana e frutta esotica con buona acidità
e sapidità. Il 2013 ha un sorso piuttosto morbido,
sapido e chiude con un elegante nota ammandorlata.
Grande soddisfazione per l’Appius della vendemmia
2014, all’olfatto presenta sentori di aromatiche, una
leggera nota affumicata e una minerale più evidente.
In bocca è ampio, agrumato, con un’acidità piacevole e
non invadente e una intensa persistenza finale. Ottimo!
Si prosegue con il 2015, di un bel colore dorato brillante,
morbido al palato e con una fresca sensazione
citrica. L’annata 2016 è stata straordinaria per produzione
e condizioni ottimali per la maturazione delle uve
e il vino prodotto ne è la diretta espressione: intenso,
floreale e fruttato, elegante e con un finale lunghissimo.
Grande annata e grande vino!
Al contrario, il 2017 è stata, per dirla con le parole
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di Terzer “…un’annata da incubo! Il germogliamento precoce
è stato falcidiato dall’ondata di gelo che ha colpito l’Europa in
aprile rovinando la maggior parte dei grappoli e di conseguenza
è stata la vendemmia più scarsa della mia vita”. Il risultato
è un vino senza acuti, ma comunque gradevole e di
buona mineralità.
“Il 2018, nonostante qualche grandinata che ci ha fatto fare
una selezione quasi chicco per chicco, ci ha permesso di ricavare
ottime uve, sane che hanno dato un gran bel prodotto”, racconta
Hans Terzer terminando la sessione di valutazione
organolettica delle prime nove annate.
Tirando le somme da questo interessante incontro di
degustazione, emergono in modo importante le annate
pari – 2010, 2012, 2014, 2016 e 2018 – mentre le dispari,
pur essendo di grande piacevolezza, risultano meno
intense. La nostra opinione è che avendo comunque
una buona acidità, sinonimo di serbevolezza, abbiano
necessità di maggiore permanenza in bottiglia per
sfruttare al meglio le caratteristiche dei singoli uvaggi
utilizzati per l’assemblaggio.
In ogni caso quest’ultima annata dispari, la 2019,
ha tutte le carte in regola per sovvertire questo nostro
giudizio. Ci ripromettiamo, fra qualche anno, di valutarne
l’evoluzione in una nuova esaltante degustazione.
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Un mondo unico di tradizioni, bellezza e stile racchiuso
in ogni calice di Prosecco DOC. Ecco perché Prosecco DOC è
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