Nelle Valli Bolognesi N° 61
Il numero della primavera 2024 della rivista su natura, cultura e tradizioni locali tra bassa e appennino
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<strong>Nelle</strong><br />
NATURA, CULTURA, TRADIZIONI E TURISMO SLOW TRA LA MONTAGNA E LA PIANURA<br />
Anno XVI - numero <strong>61</strong> - APRILE - MAGGIO - GIUGNO 2024<br />
il poster centrale<br />
In regalo la foto<br />
della mitica formazione<br />
che fece l’impresa<br />
PRIMAVERA<br />
Indimenticabile ‘64<br />
Il doping, Dall’Ara, lo spareggio e lo scudetto:<br />
il ricordo sessant’anni dopo quella splendida stagione
Diamo vita<br />
alle emozioni<br />
Hotel-Ristoranti Cerimonie<br />
ed eventi Congressi<br />
Via Santa Margherita, 21<br />
40050 Loiano Bologna<br />
Tel.: 051 6544040 info@palazzo-loup.it<br />
www.palazzo-loup.it
Periodico edito da<br />
Numero registrazione Tribunale<br />
di Bologna - “<strong>Nelle</strong> <strong>Valli</strong> <strong>Bolognesi</strong>”<br />
n° 7927 del 26 febbraio 2009<br />
Direttore responsabile:<br />
Filippo Benni<br />
Hanno collaborato:<br />
Stefano Lorenzi<br />
William Vivarelli<br />
Claudia Filipello<br />
Katia Brentani<br />
Gianluigi Zucchini<br />
Claudio Evangelisti<br />
Gian Paolo Borghi<br />
Paolo Taranto<br />
Guido Pedroni<br />
Serena Bersani<br />
Marco Tarozzi<br />
Andrea Morisi<br />
Francesca Biagi<br />
Francesca Cappellaro<br />
Mario Chiarini<br />
Ciro Gardi<br />
Linda Cavicchi<br />
Elena Boni<br />
Silvano Ventura<br />
Fausto Carpani<br />
Sandra Sazzini<br />
Giuliano Musi<br />
Gianluigi Pagani<br />
Alessio Atti<br />
Anna Magli<br />
Sofia Barbi<br />
Lucio Piana<br />
Glauco Guidastri<br />
Nadia Berti<br />
Alice Boldri<br />
Anna Maria Galliani<br />
Elena Boni<br />
Paola Verini<br />
Alessandra Testa<br />
Foto di:<br />
William Vivarelli<br />
Archivio Bertozzi<br />
Archivio AppenninoSlow<br />
Paolo Taranto<br />
Guido Barbi<br />
e altri in pagina<br />
Progetto Grafico:<br />
Studio Artwork Grafica & Comunicazione<br />
Roberta Ferri - 347.4230717<br />
Pubblicità:<br />
distribuzione.vallibolognesi@gmail.com<br />
051 6758409 - 334 8334945<br />
Rivista stampata su carta ecologica<br />
da Rotopress International<br />
Via Mattei, 106 - 40138 Bologna<br />
Per scrivere alLA REDAZIONE:<br />
vallibolognesi@emilbanca.it<br />
Per abbonamenti e pubblicità contattare appenninoslow:<br />
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Questa rivista<br />
è un prOdotto editoriale<br />
ideato e realizzato da<br />
In collaborazione con<br />
CITTÀ<br />
METROPOLITANA<br />
DI BOLOGNA<br />
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Gli scatti di William Vivarelli<br />
Faina<br />
In dialetto si dice....<br />
Petross e Limalen dal fred<br />
La nostra cucina<br />
Il fungo di San Giorgio<br />
Erbe di casa nostra<br />
Strigoli<br />
Fino alla fine Forza Bologna<br />
Quell’incredibile 1964<br />
Tante partite in una partita<br />
Formidabili quegli anni<br />
SOMMARIO<br />
Marconi Days<br />
I giorni del Genio<br />
In giro con AppenninoSlow<br />
La Via della Lana e della Seta<br />
La Via Medicea<br />
Le grotte di Labante<br />
In giro con ConfGuide<br />
Continua L’Ottocento a Bologna e dintorni<br />
Il posterino rossoblù<br />
La formazione che fece l’impresa<br />
Personaggi<br />
Gentile Budrioli e la caccia alle streghe (Prima parte)<br />
Tenente Colonnello Giorgio Ercolani<br />
In giro per la Bassa - Sant’Agata Bolognese<br />
Il Parco Lamborghini<br />
La nostra storia - Pianoro<br />
Santa Maria del Mileto<br />
Bologna Montana Art Trail<br />
Moccus, il cinghiale celtico<br />
Da vedere<br />
Lo zafferano di Castel de’ Britti<br />
Questo lo faccio io - Sustenia<br />
Lo stagno<br />
Biosostenibile<br />
La rivoluzione nell’orto<br />
Alle origini del vino<br />
Il trebbiano<br />
Fotonaturalismo<br />
Fotocamere, videocamere e obiettivi<br />
Entomologia<br />
La sfinge della qurecia<br />
Movimento lento di Gianfranco Bracci<br />
Poetica del camminare<br />
Racconti<br />
La brutta idea di un mezzadro - Lucio Piana<br />
Il Ponte della Bionda - Fausto Carpani<br />
Arvaddres, amico Zuffi - Fausto Carpani<br />
I Pianeti della Fortuna - Gian Paolo Borghi<br />
3
GLI SCATTI DI WILLIAM VIVARELLI<br />
FAINA<br />
Martes foina<br />
4
L’ALFABETO di VIVARELLI<br />
Misura 45–50 cm, a cui vanno sommati 25 cm di coda, per un peso medio<br />
di un paio di chilogrammi. Frequenta ambienti assai vari, dalla pianura alla<br />
montagna, fino ad altitudini di 2.000 m s.l.m. È diffusa nelle zone forestali,<br />
cespugliati, ambienti rurali, mentre evita le vaste aree aperte. Per quanto sia<br />
abile nell’arrampicarsi, vive di norma sul terreno e trova rifugio tra le radici<br />
degli alberi, tra le rocce ed anche in fienili, sottotetti, cantine o ambienti non<br />
utilizzati di edifici. È attiva soprattutto durante la notte. Si ciba principalmente<br />
di frutta (è il piccolo rappresentante europeo dell’Ordine dei Carnivori in<br />
assoluto più frugivoro), piccoli Mammiferi, Uccelli, Insetti ed altri Invertebrati,<br />
uova e rifiuti. Il periodo degli amori è compreso tra luglio e agosto, e nella<br />
primavera successiva, tra fine marzo e inizio aprile, la femmina partorisce<br />
da 2 a 7 piccoli all’interno di un nido predisposto in un luogo tranquillo e<br />
sicuro. La gestazione dura in realtà un mese, in quanto dopo l’accoppiamento<br />
le uova fecondate arrestano il proprio sviluppo per circa 7-8 mesi. I piccoli<br />
alla nascita e fin oltre il primo mese di vita hanno gli occhi chiusi; vengono<br />
allattati per circa 8 settimane, quindi inizia la fase di svezzamento e seguono<br />
la madre apprendendo le tecniche di caccia. Il nucleo familiare si disperde<br />
con la fine dell’estate e per i giovani inizia la ricerca di un proprio territorio.<br />
La maturità sessuale viene raggiunta ad un’età compresa tra i 12 ed i 24 mesi.<br />
La durata massima della vita accertata in cattività è di 14 anni.<br />
Nei numeri precedenti:<br />
Albanella Autunno 2010<br />
Allocco Inverno 2010<br />
Assiolo Primavera 2011<br />
Allodola Estate 2011<br />
Airone cenerino Autunno 2011<br />
Averla maggiore Inverno 2011<br />
Averla piccola Primavera 2012<br />
Aquila reale Estate 2012<br />
Ballerina bianca Autunno 2012<br />
Ballerina gialla Inverno 2012<br />
Barbagianni Primavera 2013<br />
Beccamoschino Estate 2013<br />
Balestruccio Autunno 2013<br />
Calandro Inverno 2013<br />
Capriolo Primavera 2014<br />
Capinera Estate 2014<br />
Cervo Autunno 2014<br />
Cinghiale Inverno 2014<br />
Canapiglia Primavera 2015<br />
Canapino Estate 2015<br />
Cannaiola comune Autunno 2015<br />
Canapino maggiore Inverno 2015<br />
Cannareccione Primavera 2016<br />
Cardellino Estate 2016<br />
Cavaliere d’Italia Autunno 2016<br />
Cinciallegra Inverno 2016<br />
Cincia bigia Primavera 2017<br />
Cincia dal ciuffo Estate 2017<br />
Cincia mora Autunno 2017<br />
Cinciarella Inverno 2017<br />
Cesena Primavera 2018<br />
Cicogna bianca Estate 2018<br />
Civetta Autunno 2018<br />
Cornacchia grigia Inverno 2018<br />
Cormorano Primavera 2019<br />
Codibugnolo Estate 2019<br />
Codirosso comune Autunno 2019<br />
Codirosso spazzacamino Inverno 2019<br />
Colubro di Esculapio Primavera 2020<br />
Coronella Girondica Estate 2020<br />
Covo Imperiale Autunno 2020<br />
Corriere piccolo Inverno 2020<br />
Cuculo Primavera 2021<br />
Culbianco Estate 2021<br />
Cutrettola Autunno 2021<br />
Daino Inverno 2022<br />
Chirotteri Primavera 2022<br />
Cinghiale Estate 2022<br />
Cigno Autunno 2022<br />
Canapiglia Inverno 2023<br />
Uccello combattente Primavera 2023<br />
Codirossone Estate 2023<br />
Colombaccio Autunno 2023<br />
Fagiano comune Inverno 2023<br />
Tutte le foto sono state scattate nel bolognese.<br />
I PDF degli arretrati della rivista si possono scaricare<br />
da www.nellevalli.it. Per altri scatti di William Vivarelli<br />
si può consultare il sito: www.vivarelli.net<br />
5
In dialetto si dice...<br />
LA FAUNA LOCALE NELLA TRADIZIONE<br />
DELLA BASSA BOLOGNESE<br />
Foto e testi a cura di Mario Chiarini<br />
Pettirosso – PETROSS/PITAREN DAL FRED<br />
Nella raccolta poetica I canti di Castelvecchio, Giovanni Pascoli trasforma la<br />
leggenda del pettirosso, allora chiamato Pittiere, in poesia dal titolo “Il compagno<br />
dei taglialegna”. Narra la leggenda che Giuseppe, si proprio lui il Santo, intento<br />
a svolgere il suo lavoro di falegname, dovesse tagliare un bel toppo di cipresso<br />
mentre Maria restava al focolare e dava il latte a Gesù. Il pittiere era lì nei pressi<br />
e Giuseppe lo chiamò dicendogli di tenere il capo mentre lui intingeva la spugna<br />
di un colore rossastro per tracciare l’asso da segare. Stava per completare il lavoro<br />
quando Maria con Gesù in braccio uscì di casa e salutò. Il pittiere si voltò netto,<br />
torto venne il segno rosso, la spugna gli gettò nel petto San Giuseppe; e fu così<br />
che l’uccelletto è diventato pettirosso. Conclude il poeta dicendo: “viene sempre,<br />
gira intorno al toppo, guarda e frulla, guarda e vola; ma ora non s’accosta troppo,<br />
ch’ora non si fida più…”. Il Poeta chiama il pettirosso pittiere che è il nome<br />
in uso in un ampio territorio italiano, prima della definizione convenzionale ed<br />
univoca dei nomi italiani degli uccelli. Ed in dialetto, riportato sia dai dizionari<br />
che dai lavori scientifici degli ornitologi di inizio Novecento, diventava PITAREN<br />
DAL FRED, anche per la sua abitudine di trascorrere nel nostro territorio i freddi<br />
mesi invernali. Oggi questo termine dialettale è quasi estinto e sostituito con il più<br />
banale PET-ROSS; anche se il termine PITAREN è stato in alcuni casi assegnato, a<br />
mio avviso erroneamente allo scricciolo.<br />
Ascolta il canto<br />
del pettirosso<br />
Scricciolo – ARIATEN /LIMALEN dal FRED<br />
Ascolta il canto<br />
dello scricciolo<br />
Quel giorno stavo ispezionando un’ampia area che oggi offre un interessante grado di<br />
biodiversità. Lungo il lato che separa l’area dalla strada, c’è una lunga siepe di cespugli<br />
di carpino che, pur essendo una specie a foglia caduca, le foglie non si staccano dai<br />
rami fino alla ripresa vegetativa primaverile. E questo fornisce un riparo per tanti piccoli<br />
passeriformi proteggendoli dai predatori, sparviere in primis, e contemporaneamente<br />
offre loro una possibilità alimentare dovuta al fatto che tanti piccoli insetti scelgono<br />
questo ambiente per svernare. Ed è proprio dall’interno della siepe che mi arriva un<br />
verso; scrii-tri scrii- tri; capisco subito che si tratta di uno scricciolo, dopo il regolo, il<br />
più piccolo passeriforme europeo. Alcuni ornitologi del secolo scorso ritengono che il<br />
suo nome, scricciolo, derivi proprio da questo suo verso di contatto che altro non è che<br />
un avviso ai “naviganti” della sua presenza ed una difesa del territorio. Di color marron<br />
rossiccio sul dorso, bruno bianco sporco con piccole gocce scure sul petto ed addome<br />
e presenta una caratteristica coda corta, generalmente sollevata in alto. Erano i primi<br />
giorni di ottobre, il calendario ci aveva appena portato nelle stagione autunnale, anche<br />
se la temperatura era ancora estiva, ma lui che viene a svernare nella bassa bolognese,<br />
puntuale era già arrivato ed aveva già preso possesso di un territorio per lui adatto<br />
al superamento dell’inverno. Il suo nome dialettale, riportato in tutti i testi consultati<br />
è ARIATEN, anche se questo nome è, come altri, decisamente estinto nel dialetto<br />
bolognese attualmente parlato. Ma allora da dove deriva? Troviamo una attendibile<br />
spiegazione consultando un vecchio, vecchissimo libro pubblicato nell’anno 1622 di<br />
un illustre ornitologo Giovanni Pietro Olina (1585-1645) “Ucceliera, overo discorso<br />
della natura e proprietà di diversi uccelli e in particolare di qei’ che cantano, con<br />
il modo di prenderli, conoscergli, allevarli e mantenergli”. Questo libro è ritenuto il<br />
primo tentativo programmatico di repertorio ornitologico nella storia della scienza. In<br />
esso si parla del Reattino detto Re degli uccelli con una precisa, puntuale ed articolata<br />
descrizione dello scricciolo; da qui si deduce che a quel tempo il nome italiano<br />
della scricciolo era Reattino da cui dialettizzato era diventato ARIATEN. Oggi questo<br />
termine è estinto: nelle diverse interviste fatte a vecchi cacciatori, contadini, fattori di<br />
grandi aziende agricole nessuno ha ricordato il citato nome dialettale, ma per tutti era<br />
l’uccellino che viene con il freddo e quindi lo Scricciolo “l’è al limalen dal fred.”<br />
7
LA NOSTRA CUCINA<br />
Curiosità, consigli e ricette<br />
della tradizione<br />
culinaria bolognese,<br />
dalla Montagna alla Bassa<br />
a cura di Katia Brentani<br />
Il Prugnolo (Calocype Gambosa)<br />
matura in aprile, è ottimo soprattutto<br />
se cucinato con cotture rapide.<br />
Se fresco, è buono anche a crudo<br />
Il Fungo di San Giorgio<br />
Si narra che l’eroe greco Perseo, di<br />
ritorno da un lungo viaggio, trovò ristoro<br />
nell’acqua raccolta dal cappello di un<br />
fungo, incontrato per caso sulla sua via.<br />
Grato dell’aiuto inaspettato e necessario,<br />
fondò una colonia e le diede il nome di<br />
Micene, ovvero “fungo” in greco.<br />
I funghi hanno dimensioni e forme<br />
diverse. Ci sono funghi giganteschi e<br />
altri microscopici. Per quel che riguarda<br />
la forma, al classico fungo con il gambo<br />
e il cappello, si contrappongono funghi<br />
che assomigliano a spugne o coralli, altri<br />
che ricordano una clava. Non bisogna<br />
dimenticare i funghi tuberiformi, come<br />
i tartufi, che crescono sotto terra e<br />
che hanno una forma a tubero. Nella<br />
maggior parte dei casi i funghi usati<br />
in cucina sono quelli con gambo e<br />
cappello.<br />
Fra i vari funghi troviamo il Prugnolo<br />
(Calocype Gambosa). Questo fungo<br />
cresce nei prati o ai margini del bosco,<br />
spesso in cerchi. Lo si trova spesso<br />
tra i cespugli di piante spinose come<br />
il biancospino, la rosa canina, il ginepro e<br />
il prugnolo da cui deriva il nome<br />
volgare Prugnolo oppure Spinarolo. Il<br />
Prugnolo viene chiamato anche Fungo<br />
di San Giorgio perché matura secondo<br />
la tradizione popolare il 23 aprile,<br />
giorno della ricorrenza del Santo, ma<br />
ovviamente può anticipare o posticipare<br />
la sua comparsa a seconda dell’altitudine<br />
o dell’andamento stagionale.<br />
Il Prugnolo si trova sia in pianura che in<br />
montagna. È molto comune in pianura e<br />
in media montagna e molto più raro in<br />
alta quota. Questo fungo ama il terreno<br />
calcareo. Il suo cappello nella prima fase<br />
dello sviluppo sembra saldato al gambo<br />
e di forma rotondeggiante, poi prende<br />
forma emisferica, quasi piana. É di colore<br />
bianco, ma si possono trovare esemplari<br />
di color nocciola chiaro, simile alla crosta<br />
di pane. Le sue lamelle sono smarginate<br />
al gambo oppure sinuoso-uncinate, fitte,<br />
intercalate da lamelle di colore bianco<br />
tendenti al crema. Il suo gambo è sodo<br />
e massiccio, talvolta tozzo. Ha una<br />
carne molto soda e compatta, bianca<br />
con odore e sapore di farina lievitata. È<br />
un gran fungo e trovare una prugnolaia<br />
dà una soddisfazione unica tanto che,<br />
certe volte fortunate, bastano pochi passi<br />
per riempire la gerla fino al quantitativo<br />
consentito. Anche se è un saprofago,<br />
lo troviamo spesso vicino al Prunus<br />
spinosa, il prugnolo selvatico, un arbusto<br />
spinoso con foglie ovate che produce dei<br />
caratteristici frutti rotondi e bluastri, le<br />
prugne selvatiche.<br />
L’uso del prugnolo in cucina è molteplice,<br />
il buon profumo che ci inonda quando<br />
lo stiamo raccogliendo si mantiene bene<br />
anche una volta pulito e cotto. Meglio<br />
cucinarlo con una cottura rapida, mai<br />
eccessiva proprio per mantenere al<br />
massimo il sapore. Se abbiamo dei funghi<br />
belli giovani e sani, è ottimo grattarli a<br />
crudo su una buona tagliatella fresca in<br />
bianco. Lo possiamo anche essiccare,<br />
per poi ridurlo in polvere, utilizzandolo<br />
a piacere nelle ricette, basta che siano<br />
delicate per non alterare l’ottimo sapore<br />
di questo fungo.<br />
8
Curiosità e ricette sono tratte<br />
da Funghiamo? di Massimo<br />
Tramontano edito da I<br />
Quaderni del Loggione<br />
Le RICETTE<br />
RICETTA<br />
DELLA MONTAGNA<br />
TAGLIOLINI AI PRUGNOLI<br />
Ingredienti: 300 gr. di tagliolini - 200<br />
gr. di prugnoli – aglio - Parmigiano<br />
Reggiano q.b. - timo fresco - vino<br />
bianco fermo - olio evo - sale – pepe.<br />
Procedimento: pulire bene i funghi,<br />
tagliarli a listerelle sottili non più<br />
di mezzo centimetro, se i funghi<br />
sono piccoli basta tagliarli a metà.<br />
Utilizzando una padella di adeguate<br />
dimensioni, tanto da contenere i<br />
tagliolini per 4 persone, mettere lo<br />
spicchio d’aglio schiacciato con<br />
un filo d’olio che ricopra il fondo.<br />
Appena diventato caldo mettere i<br />
funghi in padella. Regolare di sale.<br />
Far rosolare bene i funghi a fuoco<br />
medio aggiungendo di tanto in tanto<br />
il vino bianco in cucchiai: non più di<br />
2. Non tenere in cottura per più di<br />
10 minuti, togliendo a metà cottura<br />
l’aglio in modo che non bruci.<br />
Lasciar riposare la salsa mentre,<br />
nel frattempo, mettere in cottura i<br />
tagliolini. Rimettere la salsa al fuoco,<br />
aggiungere qualche cucchiaio di<br />
acqua di cottura e i tagliolini bene<br />
al dente. Terminare la cottura dei<br />
tagliolini, aggiungendo due rametti<br />
di timo, il Parmigiano Reggiano<br />
grattugiato e impiattare.<br />
RICETTA<br />
DELLA PIANURA<br />
RISOTTO AI PRUGNOLI E SILENE<br />
Sono belli gli accoppiamenti in<br />
cucina, quando funzionano, fra<br />
piante e funghi raccolti nello stesso<br />
periodo. In questo caso abbiamo una<br />
pianta molto comune: la silene, Silene<br />
vulgaris, chiamata comunemente<br />
strigolo, ma anche cavoletto, verzino,<br />
schioppettino, fischio e chissà in<br />
quanti altri modi. Come preparazione,<br />
le foglioline della silene basta lavarle,<br />
lasciandole intere. Andando a<br />
prugnoli è praticamente impossibile<br />
non passare accanto a questa erba<br />
ottima in cucina.<br />
Ingredienti: 200 gr. di prugnoli - 100<br />
gr. circa di silene - 360 gr. di riso - 1<br />
cipolla bianca media - 150 ml di vino<br />
bianco - 2 uova - un cucchiaio di latte<br />
- sale - pepe - olio evo.<br />
Procedimento: mettere a bollire<br />
2 litri circa di acqua, immergere la<br />
silene solo sbollentandola. Estrarla<br />
senza buttare l’acqua di bollitura.<br />
Tritare finemente la cipolla e metterla<br />
in pentola con un filo d’olio che<br />
ricopra il fondo. Farla dorare, quindi<br />
aggiungere il riso. A fuoco medio<br />
bagnare con il vino e farlo evaporare<br />
completamente. Preparare i prugnoli<br />
tritandone la maggior parte; lasciare<br />
alcuni prugnoli fra i più piccoli solo<br />
tagliati a metà. Aggiungere il trito di<br />
prugnoli e la silene al riso. Allungare<br />
piano piano il riso con l’acqua di<br />
cottura della silene e regolare di sale<br />
e pepe. Aggiungere poco prima di<br />
fine cottura i piccoli prugnoli. Visto<br />
che sia la silene che il prugnolo sono<br />
ottimi con l’uovo, quando la cottura<br />
del riso sarà terminata, aggiungere<br />
le uova sbattute col latte al riso fuori<br />
dalla fiamma, amalgamando bene.<br />
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9
ERBE DI CASA NOSTRA<br />
Con una naturopata<br />
per conoscere le leggende,<br />
gli usi medici e quelli tradizionali<br />
delle piante della nostra provincia<br />
La Silene Vulgaris è una delle prime<br />
specie spontanee della primavera. Si<br />
raccolgono i germogli e gli apici delle<br />
piante più grandi, anche i fiori sono<br />
commestibili: sono ottimi infarinati e fritti<br />
Gli STRIGOLI<br />
Testo di Claudia Filipello - www.naturopatiabologna.it<br />
Silene Vulgaris o Strigoli o Stridoli: la spontanea<br />
commestibile e dai tanti benefici<br />
La Silene rigonfia o Silene vulgaris è una piccola e delicata<br />
creatura, che si esprime nel mondo per un’altezza non più<br />
di 60-70 cm fino ad un massimo di 100 cm; è una perenne<br />
e glabra, dai caratteristici fiori chiamati “bubbolini”<br />
ed appartiene alla famiglia delle Caryophyllaceae. Il<br />
nome “Silene”, secondo alcuni studiosi, deriva dal greco<br />
“Silenòs”, nome dato, nella mitologia greca, ad un essere<br />
semidivino compagno di Dioniso e padre dei Satiri, per<br />
metà uomo e per metà cavallo, caratterizzato da un<br />
ventre rigonfio (che rimanda alla forma a calice del fiore).<br />
Secondo altri studiosi, deriva invece, dal greco “Sialon”,<br />
che significa “saliva, muco”, in riferimento alla sostanza<br />
bianca e appiccicosa presente nel fusto e nel calice.<br />
Altri ancora lo fanno risalire a “Selene”, “Luna”, poiché<br />
alcune specie hanno fiori che si aprono la notte, alla luce<br />
lunare. Il termine “Vulgaris” proviene dal latino e significa<br />
“comune”, per l’ampia distribuzione di questa specie.<br />
La Silene vulgaris è presente in Europa, Asia, Africa<br />
settentrionale, America meridionale ed in Italia è comune<br />
in tutte le regioni, soprattutto nella nostra Emilia-Romagna.<br />
In Italia la si può trovare su prati, arbusteti, boschi radi<br />
e ai margini dei sentieri. La pianta è frequente in zone<br />
ruderali ricche di azoto, o anche nei prati fertili concimati<br />
e antropizzati. In alcuni casi può essere considerate erba<br />
infestante. Se andiamo a ricercare il significato di “erba<br />
infestante”, il vocabolario ci racconta che, un’infestante<br />
è una pianta che non ha alcun ha valore agricolo, che si<br />
diffonde a danno delle coltivazioni sottraendo loro luce,<br />
spazio e sostanze nutritive del terreno. In verità, ritengo<br />
che questa definizione sia data partendo dal punto di vista<br />
dell’uomo, che ha sempre il bisogno assoluto di controllare<br />
ogni aspetto della Natura, affinché essa possa esistere<br />
solo ad uso e consumo dell’uomo stesso. A mio parere,<br />
nell’osservazione e nell’amore che sento verso la Natura,<br />
ritengo che le creature cosiddette “infestanti”, al contrario,<br />
abbiano un loro valore e una loro funzione in relazione<br />
alla vastità dell’armonia del Creato.<br />
Esse giungono in questa dimensione con un disegno preciso<br />
e mirato, rispetto la loro funzione; crescono, mettono<br />
radici spontaneamente, con forza e determinazione. Mi<br />
piace chiamarle erbe spontanee, appunto. A livello pratico,<br />
esse hanno un loro linguaggio soprattutto con l’ambiente<br />
circostante; le erbe spontanee, infatti, sono in grado di<br />
indicare ciò di cui ha bisogno un terreno e nella maggior<br />
parte dei casi sono anche in grado di fornirlo. Prendiamo<br />
ad esempio il Cardo Mariano, una pianta diffusissima nel<br />
Centro e Sud Italia e che viene generalmente estirpata dalla<br />
maggior parte degli agricoltori. Il Cardo Mariano ha in verità<br />
un compito vitale rispetto la rigenerazione del terreno. Le<br />
sue radici, profondissime e potenti infatti, bucano la terra<br />
permettendole di respirare, specialmente dopo grandi<br />
piogge che potrebbero compattarla. In questo modo il<br />
terreno può tornare morbido e rigenerarsi da solo, senza la<br />
necessità di interventi esterni da parte dell’uomo. Il Cardo<br />
Mariano, inoltre, opera anche in altro modo più indiretto.<br />
La sua presenza, infatti, attrae tantissimi insetti: loro sono<br />
tra gli attori protagonisti e principali della fertilizzazione<br />
del terreno, portatori di diversità e prosperità.<br />
La Silene vulgaris è molto ricercata in gastronomia,<br />
conosciuta a questo proposito con il nome di Strigoli,<br />
Stridoli, Carletti, Strisci, Scrissioi, S-ciopit, S-ciopetin,<br />
Cuiet in Piemonte e nell’Appennino Umbro Marchigiano,<br />
meglio conosciuti con il nome di Concigli. Ci sono inoltre,<br />
altri termini adottati fra cui: Bubbolini, Crepaterra, Erba<br />
del Cucco, Minuto, Sciopeti, Stridoli, Stringoli, Sgrizoi,<br />
Tagliatelle della Madonna, Verzuli, Lacitt. Tutti questi nomi<br />
dimostrano che questa pianta spontanea, è fra le migliori<br />
erbe selvatiche commestibili che da sempre accompagnano<br />
la donna nelle sue ricerche quale addetta all’accudimento<br />
10
Silene Vulgaris<br />
e al nutrimento dei famigliari.<br />
È una delle prime specie spontanee di prato che si trovano<br />
in primavera, insieme al tarassaco. Si raccolgono i germogli<br />
e gli apici delle piante più grandi. Le foglie si possono<br />
raccogliere anche in estate; infatti, nei prati ricresce<br />
tenerissima, dopo lo sfalcio, avendo cura di eliminare<br />
il fusto che, crescendo, diventa legnoso. Spesso cresce<br />
vicina a Silene dioica o Silene alba, con cui condivide<br />
l’habitat. Vanno raccolte sempre prima della fioritura, nel<br />
mese di aprile; dopodiché le foglie basali diventano troppo<br />
coriacee. Si possono mangiare crude, cotte (come gli<br />
spinaci), in risotti, minestre, ripieni, ravioli e frittate. Hanno<br />
un sapore delicato e dolce. Sempre a scopo alimentare, si<br />
possono raccogliere le giovani cimette che se, strofinate<br />
delicatamente, producono il caratteristico stridìo. È molto<br />
ricercata dal bestiame ed è ottima come foraggio. I fiori di<br />
Silene, conosciuti anche con il nome di fiori a palloncino,<br />
sono commestibili, ottimi infarinati e fritti, il cui sapore<br />
ricordano lontanamente il gusto degli asparagi.<br />
Un tempo veniva utilizzata per le sue funzioni diuretiche<br />
e anche come un rimedio contro la gotta, il fuoco di<br />
S. Antonio e l’anemia. Anche se lo Strigolo è un’erba<br />
commestibile antichissima, non è mai stata oggetto di<br />
studi scientifici. Questo spiega il motivo per cui non<br />
è inserita nell’elenco ufficiale delle piante officinali<br />
e non usata in fitoterapia e naturopatia. Ho imparato,<br />
però, a considerare che l’uso delle piante secondo la<br />
tradizione antica si poggia su una saggezza ancestrale,<br />
la cui conoscenza ha origine fin dalla notte dei tempi,<br />
dall’osservazione e dallo studio delle comparazioni e<br />
dell’interazione sottile che la pianta ha con il suo habitat<br />
e le sue caratteristiche di forma (Legge della Segnatura).<br />
Generalmente quindi, quando si applica uno studio nei<br />
confronti di una pianta, si riscontra la conferma degli<br />
aspetti già rilevati dalla medicina tradizionale.<br />
Le proprietà nutritive conosciute della Silene vulgaris<br />
comprendono un buon contenuto di vitamina C, e<br />
un’elevata presenza di sali minerali, i fenoli, composti<br />
antiossidanti utili per la salute; infatti, il contenuto di<br />
questi micronutrienti è molto più alto di quello negli<br />
spinaci. Inoltre, sono presenti acidi grassi, fra cui<br />
acido oleico, linoleico e stearico. Per quanto riguarda<br />
le proprietà terapeutiche, le uniche informazioni note<br />
che abbiamo sono che gli estratti di questa pianta sono<br />
particolarmente emollienti; per questo motivo, la specie<br />
Silene vulgaris è usata per la preparazione di saponi per<br />
la pelle e per la creazione di rimedi per le affezioni agli<br />
occhi.<br />
A questa pianta sono spesso associati i ricordi infantili<br />
della generazione passata, soprattutto se vissuta in<br />
campagna. I ragazzi, infatti, facevano le “scattiole” con<br />
il fiore, che avendo la forma a palloncino, si prestava<br />
in una pratica divertente; il fiore, infatti, dopo essere<br />
stato chiuso con le dita, all’apertura del calice, poiché<br />
vescicoloso, schiacciandolo sul dorso della mano o sulla<br />
fronte, si produceva un sonoro scoppio, da cui i nomi<br />
volgari di Schioppettini o Schioppetti. Lo stesso suono lo<br />
si ottiene sfregandoli insieme.<br />
La primavera è alle porte, le giornate si sono allungate,<br />
la bella stagione ci permette di iniziare ad uscire di casa:<br />
quale occasione migliore per avventurarsi nei boschi e<br />
raccogliere un po’ di erbe selvatiche, fra cui la gentile<br />
Silene vulgaris. Portare lo sguardo verso di loro, alla<br />
ricerca di fiorellini o foglioline da utilizzare per qualche<br />
semplice, ma gustosa e antica ricetta, significa entrare<br />
nuovamente in quel legame speciale ed unico che solo<br />
Madre Terra è in grado di evocare e donare.<br />
11
FINO ALLA FINE FORZA BOLOGNA<br />
La “ricostruzione”, il tocco magico di Bernardini, l’accusa<br />
di doping, la morte di Dall’Ara. Alla fine, il trionfo sul prato<br />
dell’Olimpico<br />
Quell’incredibile 1964<br />
Testo di Marco Tarozzi<br />
Era stata una ricostruzione, quella<br />
di Dall’Ara. Partita nella seconda<br />
metà degli anni Cinquanta, quando il<br />
presidente rossoblù, già vincitore di<br />
quattro scudetti negli anni d’oro, si era<br />
messo in testa di riportare ai vertici il<br />
Bologna proprio mentre subiva le più<br />
dure contestazioni dalla piazza, arrivata<br />
a sperare che il petroliere ravennate<br />
Attilio Monti gli subentrasse al timone.<br />
Strada facendo, il numero uno aveva<br />
ritrovato l’entusiasmo di un tempo, e<br />
soprattutto la velocità d’esecuzione che<br />
lo faceva arrivare per primo a chiudere<br />
operazioni di mercato decisive. Aveva<br />
puntato sui giovani, non potendo<br />
arginare diversamente lo strapotere<br />
delle società milanesi: era ancora<br />
un imprenditore solido, ma contro il<br />
petroliere Moratti o la famiglia Agnelli<br />
bisognava giocare d’astuzia.<br />
RICOSTRUZIONE. Così nel tempo<br />
erano arrivati Pascutti, Pavinato, Furlanis,<br />
Tumburus, tutti talenti in sboccio che<br />
sul momento non avevano soddisfatto le<br />
attese dei tifosi, ma erano andati via via<br />
Dall’Ara<br />
maturando. E poi il Bologna si era trovato<br />
in casa una fortuna: quel Giacomo<br />
Bulgarelli, un ragazzo di Portonovo di<br />
Medicina esile ma nato per il calcio,<br />
come subito aveva capito Istvan Mike<br />
vedendolo giocare e consigliandolo a<br />
Gyula Lelovics, allora responsabile del<br />
vivaio. Infine, la scelta più azzeccata:<br />
mettere le sorti della squadra nelle mani<br />
di Fulvio Bernardini, il tecnico che già<br />
aveva saputo tener testa alle “grandi”<br />
nella stagione 1955-56, vincendo lo<br />
scudetto con la Fiorentina.<br />
MANICO. Bernardini arriva nell’estate<br />
del 19<strong>61</strong> e spiega subito che per arrivare<br />
al tricolore serve un progetto triennale.<br />
Non si prendono, il Dottor Pedata e il<br />
Commendator Paradiso, hanno caratteri<br />
troppo diversi. Però si rispettano, al di là<br />
di qualche frecciata scambiata a mezzo<br />
stampa. Il presidente mantiene pazienza<br />
e impegni, anche perché il Bologna<br />
inizia a mostrare un gioco brillante<br />
anche se non sempre redditizio, e con<br />
altri due colpi da maestro consegna al<br />
suo tecnico anche gli stranieri giusti<br />
per tentare la scalata decisiva: Harald<br />
Nielsen nel 19<strong>61</strong>, Helmut Haller un<br />
anno dopo.<br />
MOSAICO. Serve ancora qualcosa,<br />
a questo Bologna-cicala che<br />
generosamente si produce in attacco,<br />
ma traballa pericolosamente dietro.<br />
Esemplificativo il quarto posto della<br />
stagione ‘62-63, con 58 reti fatte, due<br />
più dei campioni dell’Inter, e 39 subite,<br />
20 più dei nerazzurri: il Bologna bello<br />
da vedere, che gioca come si fa “solo in<br />
Paradiso”, ha bisogno di un ennesimo<br />
ritocco. A chiudere la saracinesca<br />
rossoblù nell’estate del ’63 arriva<br />
dunque, dal Mantova, William Negri,<br />
detto “Carburo”. Una delle mosse<br />
decisive verso il settimo sigillo. Insieme<br />
alla decisione di mettere Romanino<br />
Fogli più aggrappato alla mezza punta<br />
avversaria. E’ la quadratura del cerchio<br />
I giocatori del BFC<br />
accusati di doping<br />
e nella stagione 1963-64 il Bologna<br />
parte forte, già il 9 febbraio è in testa<br />
alla classifica. Il primo marzo, battendo<br />
il Milan a San Siro con reti di Nielsen<br />
e Pascutti, viaggia con due lunghezze<br />
sull’Inter e tre sui rossoneri. Sembra<br />
un volo inarrestabile. Invece tre giorni<br />
dopo scoppia il caso destinato a<br />
dividere tifoserie e addetti ai lavori tra<br />
innocentisti e colpevolisti, a rompere di<br />
colpo amicizie consolidate.<br />
L’ACCUSA. Il 4 marzo la Federazione<br />
emette un comunicato in cui si parla<br />
di analisi positive “all’esame per le<br />
sostanze anfetamine-simili” per cinque<br />
giocatori rossoblù. I cinque, secondo<br />
l’accusa, sono Fogli, Pavinato, Pascutti,<br />
Perani e Tumburus. Il controllo si<br />
riferisce alla partita Bologna-Torino del<br />
2 febbraio, vinta 4-1 incassando anche<br />
i complimenti di Rocco, allenatore<br />
granata. Poco più di due settimane<br />
più tardi, il 20 marzo, la giustizia<br />
sportiva emette il verdetto: sconfitta<br />
a tavolino col Torino, un punto di<br />
penalizzazione, 18 mesi di squalifica a<br />
Bernardini e assolti i giocatori perché,<br />
secondo la commissione giudicante, la<br />
somministrazione delle sostanze illecite<br />
era avvenuta a loro insaputa. La città<br />
scende in piazza, il sindaco Dozza si<br />
schiera accanto a società e squadra.<br />
La stampa bolognese fa quadrato, con<br />
12
le migliori firme in circolazione (e<br />
quelle che lo diventeranno) impegnate<br />
in una caparbia ricerca della verità.<br />
Ma la mossa più importante la fanno<br />
tre avvocati bolognesi. Si chiamano<br />
Gabellini, Cagli e Magri. Chiedono<br />
l’intervento della magistratura ordinaria,<br />
che sequestra le provette incriminate per<br />
le controanalisi. È la svolta.<br />
SOLLIEVO. Intanto, la stagione va<br />
avanti: Bernardini guida Cervellati dalla<br />
tribuna con la radiolina a transistor<br />
delle polemiche, all’Olimpico contro la<br />
Roma; il Bologna perde in casa contro<br />
l’Inter in quella che i giornali milanesi<br />
annunciano come una “Pasqua di<br />
sangue”, e che invece una volta di più<br />
mostra il grado di civiltà della tifoseria<br />
bolognese. Poi, un po’ alla volta, la<br />
squadra riprende a viaggiare spedita,<br />
dando la sensazione di intravvedere una<br />
luce in fondo al tunnel. E quella luce,<br />
in effetti, esiste davvero. Le controanalisi<br />
ordinate dalla magistratura dimostrano<br />
senza ombra di dubbio che nelle<br />
provette sigillate non esisteva traccia<br />
di anfetamina, né di qualsiasi altra<br />
droga. Quella trovata (in dosi buone per<br />
abbattere un cavallo da corsa) era soltanto<br />
nelle provette del primo controllo,<br />
senza chiusura ermetica e alla portata<br />
di chiunque. Diventa chiara a tutti una<br />
verità inquietante: i campioni controllati<br />
in un primo momento avevano subito<br />
una manomissione, certamente dolosa.<br />
Il 16 maggio 1964 la Caf, alla quale il<br />
Bologna si era appellato, assolve tutti<br />
e il Bologna, innocente come i suoi<br />
cinque incriminati, riottiene i suoi tre<br />
punti e si ritrova in cima alla classifica,<br />
a pari merito con l’Inter. Mancano due<br />
giornate alla fine e la volata finale non<br />
cambia la situazione: il 31 maggio 1964<br />
la cavalcata finisce in parità a quota<br />
54 punti. Dopo una serie di proposte,<br />
alcune decisamente discutibili, si<br />
sceglie la strada dello spareggio: la sfida<br />
che deciderà il campionato viene fissata<br />
per domenica 7 giugno, all’Olimpico di<br />
Roma.<br />
TRAGEDIA. Sono giorni di tensione.<br />
Ma all’improvviso l’attesa viene scossa<br />
da una tragedia. Mercoledì 3 giugno, a<br />
Milano, nella sede della Lega Calcio,<br />
Renato Dall’Ara e Angelo Moratti,<br />
presidenti di Bologna e Inter, sono<br />
impegnati in una discussione sui premipartita<br />
alla presenza del presidente<br />
della stessa Lega, Giorgio Perlasca.<br />
Dall’Ara ha il cuore malandato e lo sa,<br />
è salito a Milano accompagnato dalla<br />
moglie e dal dottore di fiducia, non può<br />
affrontare un viaggio stancante senza<br />
prendere precauzioni. Ma lo fa per il<br />
bene del Bologna. E con la passione di<br />
sempre si fa prendere dalla discussione,<br />
si accalora, si accende. Finché, di colpo,<br />
si accascia tra le braccia di Moratti.<br />
Infarto fulminante.<br />
La notizia arriva a Bologna in un attimo<br />
e la sconvolge. La società chiede un<br />
rinvio, che viene respinto. Si deve<br />
giocare il 7, non c’è tempo per elaborare<br />
il lutto. Destino assurdo: Dall’Ara non<br />
potrà vedere il capolavoro finito, dopo<br />
tanti anni di sofferenza, di critiche, di<br />
lavoro per riportare il Bologna ai vertici.<br />
Ma ora la squadra ha un motivo in più<br />
per ribaltare una sorte fin qui spietata, e<br />
portarsi a casa il settimo scudetto.<br />
TRIONFO. «Quel giorno non ci<br />
avrebbe battuti nessuno», dirà poi<br />
per anni Romano Fogli, che quel<br />
giorno all’Olimpico gioca la partita<br />
perfetta: gol dell’1-0 su punizione<br />
deviata da Facchetti nella propria<br />
rete, assist vincente per il 2-0 di<br />
Nielsen. I tifosi sugli spalti a Roma<br />
non dimenticheranno mai più quel<br />
pomeriggio, mentre su Bologna<br />
aleggia un irreale silenzio fino al gol<br />
di Romanino. Alle 16.45 per le strade<br />
della città esplode la festa: nella gioia il<br />
popolo rossoblù ripensa agli anni duri<br />
e a quel presidente che non ha mai<br />
mollato, nemmeno negli anni della<br />
contestazione: che voleva riportare il<br />
Bologna in alto e c’è riuscito, pagando<br />
con la vita una passione infinita.<br />
13
FINO ALLA FINE FORZA BOLOGNA<br />
Aneddoti e curiosità prima e dopo lo Spareggio. Bernardini<br />
a Corradi, in odore di prendere il posto di Pascutti<br />
infortunato: “Ragazzo non posso farti giocare perché<br />
voglio fare un brutto scherzo ad Herrera”. Giocò Capra e<br />
sappiamo come andò a finire....<br />
Tante partite in una partita<br />
Testo di Giuliano Musi<br />
Lo spareggio di Roma è stato vissuto in<br />
due modi molto diversi dal club e dai<br />
tifosi. Determinante in tal senso fu anche<br />
la scomparsa del presidente Dall’Ara<br />
stroncato da un infarto a Milano mentre<br />
discuteva, a dir poco animatamente col<br />
presidente dell’Inter Moratti, l’ammontare<br />
del premio partita da assegnare alla<br />
squadra vincitrice.<br />
Appena saputa la tragica notizia la squadra<br />
fu subito compatta nel voler tornare a<br />
Bologna per partecipare ai funerali del<br />
presidente che si sarebbero svolti durante<br />
i giorni del ritiro pre-partita. Ciò avrebbe<br />
comportato lo slittamento dello spareggio<br />
ma l’allenatore Bernardini preferì restare<br />
in ritiro a Fregene, al caldo e in pineta,<br />
per abituarsi al clima già estivo di Roma<br />
(all’Olimpico si giocò nelle ore più calde<br />
del pomeriggio) e per non turbare ancora<br />
di più il morale del gruppo. Pascutti<br />
(infortunato) l’unico titolare presente al<br />
funerale di Dall’Ara che vide l’intera città<br />
partecipare commossa e unita con il centro<br />
storico irraggiungibile per ore. Tornata da<br />
Roma, tutta la squadra andò alla Certosa<br />
per rendere omaggio al presidente.<br />
Scelta opposta a quella del Bologna la fece<br />
l’Inter che essendo reduce dalla vittoria di<br />
Vienna in Coppa dei Campioni con il Real<br />
Madrid andò subito in ritiro ad Appiano<br />
Gentile per ritrovare freschezza fisica. Il<br />
risultato però non fu quello sperato.<br />
L’Inter giocò il secondo tempo dello<br />
spareggio con fazzoletti pieni di ghiaccio<br />
intorno al collo per assicurarsi ristoro e<br />
vigore muscolare ma non servì perché i<br />
nerazzurri terminarono la partita con un<br />
netto calo fisico che non consentì loro il<br />
recupero del risultato firmato da Fogli e<br />
Nielsen.<br />
Appena l’arbitro Lo Bello fischiò il fine<br />
partita tra i tanti tifosi non bolognesi<br />
che corsero in campo all’Olimpico<br />
per festeggiare il Bologna le riprese Tv<br />
immortalarono anche Vanni Canepele,<br />
ex campione della Virtus nel tennis ed ex<br />
capitano della Nazionale italiana in Davis.<br />
Nei filmati RAI si vede Canepele che a fine<br />
gara vola in campo per abbracciare tutto<br />
il gruppo del Bologna. Con lui molti dei<br />
personaggi che erano in tribuna allo stadio<br />
Olimpico che inseguirono Bernardini,<br />
issato sulle spalle dei giocatori sul terreno<br />
di gioco, per congratularsi coi dirigenti, il<br />
DS Bovina e il dottor Dalmastri.<br />
Terminato lo spareggio si verificarono<br />
i primi cortei spontanei con vetture,<br />
moto e bici per le strade di Bologna con<br />
appuntamento iniziale allo stadio, poi in<br />
Piazza Maggiore e davanti al Bar Otello<br />
sede naturale di ritrovo dei fans rossoblù.<br />
Grandi feste furono fatte anche sulla riviera<br />
romagnola dove molti tifosi del Bologna<br />
erano già in vacanza.<br />
I tifosi hanno vissuto a ranghi compatti lo<br />
spareggio andando in migliaia a Roma e<br />
puntando anche su metodi atipici come la<br />
….. preveggenza<br />
LA MATTA PORTAFORTUNA<br />
Legato al Club Fogli-Rio Bar c’è un<br />
simpaticissimo avvenimento che si è<br />
verificato il giorno dello spareggio a<br />
Roma. Il Club Fogli, come molti altri<br />
club bolognesi, organizzò la trasferta<br />
all’Olimpico per vivere da vicino la grande<br />
avventura-scudetto.<br />
Dalla sede di Via Massarenti presero la via<br />
di Roma due pullman con circa cento tifosi<br />
armati di bandiere. Raggiunta la Capitale<br />
venne spontaneo cercare un ristorante e<br />
un posto sicuro per i mezzi. In poco tempo<br />
si risolsero entrambi i problemi e così la<br />
comitiva, in fila indiana, si diresse dal<br />
garage verso un vicino ristorante. Il vice<br />
presidente Bambini che guidava a piedi il<br />
gruppo era un tipo molto superstizioso e<br />
in una giornata così particolare prestava la<br />
massima attenzione ad ogni particolare.<br />
Fu proprio lui, a due passi dall’entrata<br />
del ristorante, a notare a terra una carta<br />
appartenuta ad un mazzo da ramino.<br />
Fermò tutti e prima di raccoglierla disse:<br />
“Se è una matta vuoi dire che vinciamo la<br />
partita e ci portiamo a casa lo scudetto”.<br />
Si fece un silenzio assoluto e la tensione<br />
salì di colpo mentre Bambini allungava<br />
la mano. Dopo pochi secondi aveva la<br />
carta ben stretta ma con la faccia ancora<br />
rivolta al suolo. Appena la girò si sentì un<br />
boato ed un applauso lunghissimo perché<br />
si trattava proprio di una matta. Nessuno<br />
ebbe più dubbi, il Bologna avrebbe vinto<br />
lo spareggio e all’Olimpico giunse la<br />
conferma che Bambini aveva visto giusto.<br />
Il ritorno a Bologna della squadra fu<br />
ovviamente trionfale con centinaia di<br />
tifosi riuniti alla stazione Centrale che<br />
con bandiere e cori portarono in trionfo i<br />
giocatori sulle spalle.<br />
Il sostanzioso premio scudetto (oltre<br />
un milione di lire) venne impiegato<br />
con grande intelligenza da quasi tutti i<br />
giocatori del Bologna. Fogli acquistò un<br />
immobile a Santa Maria a Monte, sua città<br />
natale, molti altri investirono il danaro in<br />
immobili e Janich che era appassionato<br />
di arte comperò alcune opere di artisti<br />
internazionali.<br />
La scomparsa di Dall’Ara portò alla<br />
presidenza Goldoni, noto industriale del<br />
settore sanitario, già presente in società,<br />
che per pareggiare il deficit societario<br />
che ammontava a circa 450 milioni (cifra<br />
rilevante nel 1964) cedette Haller alla<br />
Juventus.<br />
Alcune dichiarazioni della vigilia sono<br />
emblematiche dello stato d’animo che<br />
pervadeva Bologna e la squadra prima<br />
dello spareggio<br />
Ezio Pascutti: “Dall’Ara è stato un<br />
14
Il gol di Nielsen<br />
Bernardini portato<br />
in trionfo<br />
grandissimo presidente per me è stato un<br />
padre. Mi ha dato anche “le botte” quando<br />
le meritavo.... La sua morte per me è stato<br />
un colpo troppo duro”<br />
Helmut Haller è stato tra i primi a voler<br />
lasciare il ritiro di Fregene per fare ritorno a<br />
Bologna e partecipare al funerale facendo<br />
slittare lo spareggio. “Non voglio giocare<br />
per onorare la memoria di Dall’Ara che<br />
per me è stato come un padre”.<br />
La moglie di Dall’Ara, Nella, non ha<br />
avuto il minimo dubbio nel dichiarare che<br />
secondo lei Dall’Ara, in particolare nella<br />
sua veste di presidente, avrebbe chiesto<br />
espressamente ai suoi giocatori di dare il<br />
massimo giocando lo spareggio nei tempi<br />
previsti e conquistato lo scudetto rendergli<br />
omaggio alla Certosa di Bologna.<br />
I protagonisti del fantastico anno scudetto<br />
hanno ancora ricordi vivissimi e li<br />
raccontano con grande gioia anche se non<br />
manca qualche rimpianto.<br />
Sidio Corradi, che nell’anno dello scudetto<br />
ha debuttato in A, ha solo sfiorato la<br />
grande passerella come protagonista dello<br />
spareggio all’Olimpico e il rammarico di<br />
non essere sceso in campo ancora non<br />
l’abbandona.<br />
“Eravamo in ritiro a Fregene per lo<br />
spareggio scudetto con l’Inter – ricorda -<br />
Pascutti era infortunato, Renna non stava<br />
bene ed io ero in ballottaggio con Pace<br />
per il ruolo di ala sinistra. Tutti pensavano<br />
che avrei giocato io ma Bernardini ebbe<br />
la grande intuizione di lanciare Capra<br />
che annullò completamente Suarez. Il<br />
“dottore” me lo comunicò con grande<br />
imbarazzo ma con parole chiare ‘Ragazzo<br />
non posso farti giocare perché voglio<br />
fare un brutto scherzo ad Herrera’. Capii<br />
che era giusto così, ci rimasi comunque<br />
male. Sarei stato il più giovane schierato<br />
in campo nello spareggio scudetto, che<br />
comunque ho contribuito a conquistare;<br />
il ruolo di più giovane scudettato d’Italia<br />
comunque l’ho avuto. Ricordo che andai<br />
in campo a fine partita e abbracciai tutti.<br />
In quegli anni chi non giocava andava in<br />
tribuna, non c’erano le sostituzioni, e la<br />
rosa della prima squadra era al massimo<br />
di 16 elementi (i titolari più 4 della<br />
De Martino) non 30 come è normale<br />
adesso”.<br />
Anche Rino Rado, riserva di William<br />
Negri in porta, ha un ricordo di<br />
particolare intensità della fantastica<br />
giornata all’Olimpico.<br />
“Nello spareggio scudetto di Roma del<br />
1964 ero in tribuna ma cinque minuti<br />
prima della fine sono sceso in campo.<br />
Appena l’arbitro ha fischiato sono corso<br />
da Negri e prima di fare festa con gli<br />
altri ci siamo abbracciati a lungo, come<br />
fratelli, mentre l’Olimpico esplodeva di<br />
gioia. La nostra era vera amicizia sincera<br />
non spettacolo”.<br />
Romano Fogli è stato subito uno dei<br />
pochi protagonisti che ha saputo capire<br />
ed apprezzare la intelligente scelta tattica<br />
di Bernardini che lanciò Capra all’ala<br />
sinistra nel doppio ruolo di difensore<br />
con il compito di cancellare Suarez e in<br />
quello di ala pura in fase di attacco del<br />
Bologna.<br />
Fogli aveva conosciuto e visto Capra<br />
giocare come ala sinistra, proveniente<br />
dal Bolzano, durante un provino fatto<br />
dal Torino a cui aveva partecipato<br />
anche Romano che fu preso dai granata<br />
e in seguito scambiato da Dall’Ara<br />
con Bonifaci più soldi. La decisione<br />
di Bernardini quindi fu intelligente ma<br />
anche supportata da una indiscutibile<br />
base tecnica.<br />
Uno dei più delusi da questa scelta di<br />
Bernardini fu Renna che era attaccante<br />
e spesso si alternava con Perani all’ala<br />
destra. Sperava di giocare ma non era in<br />
condizioni ottimali e così l’allenatore lo<br />
spedì in tribuna. In quegli anni non erano<br />
ammesse le sostituzioni e chi non partiva<br />
subito non andava neppure in panchina.<br />
Il gol di Fogli<br />
15
FINO ALLA FINE FORZA BOLOGNA<br />
Il Baby Boom, le candid camera di Nanni Loy girate in un<br />
bar della città, l’Autosole, il Nobel a Martin Luther King<br />
ma anche il Piano Solo e il carcere per Mandela<br />
Formidabili quegli anni<br />
Testo di Serana Bersani<br />
Era l’anno in cui si poteva ancora<br />
guardare lontano. E sperare. Nel 1964<br />
raggiunge l’apice (e poi si arresta)<br />
il cosiddetto miracolo italiano ed è<br />
l’anno del Novecento in cui nascono<br />
più bambini in Italia (oltre un milione,<br />
sono i figli del Baby Boom, gli attuali<br />
“boomer”), a dimostrazione che a<br />
vent’anni dalla fine della guerra il<br />
futuro che si intravvede è roseo e<br />
carico di prospettive.<br />
Il 19 marzo viene inaugurato il primo<br />
traforo stradale alpino, quello del<br />
Gran San Bernardo, e si apre così<br />
una strada verso la Francia e verso<br />
l’Europa. E il 4 ottobre il presidente<br />
del consiglio Aldo Moro taglia il<br />
nastro dell’Autostrada del Sole, la<br />
Milano-Napoli che congiunge l’Italia<br />
da nord a sud. Il 21 agosto muore<br />
a Yalta uno dei fondatori del più<br />
grande partito comunista del mondo<br />
occidentale, Palmiro Togliatti. Ai<br />
suoi funerali partecipa un milione di<br />
persone e con lui finisce un’epoca.<br />
Mentre nelle segrete stanze si trama<br />
per attuare un colpo di stato (il<br />
Piano Solo), di cui si saprà solo<br />
anni dopo, l’Italia spensierata va al<br />
mare sulle Fiat 600 (ne circolano<br />
due milioni) e la riviera romagnola<br />
diventa la valle dell’eden su cui si<br />
riversano le famiglie. È la rampa di<br />
lancio del consumismo. Costa tutto<br />
relativamente poco, anche il ceto<br />
medio può rimanere in vacanza fino<br />
a un intero mese. Lo stipendio medio<br />
di un operaio è di 86.000 lire al<br />
mese, con mille lire si sta un giorno<br />
a pensione completa a Rimini, con<br />
cinque stipendi si può comperare<br />
un’utilitaria. Il giornale costa 50 lire,<br />
la benzina 120 lire al litro, per un<br />
ghiacciolo (a Bologna il cof) bastano<br />
dieci lire. I bimbi partono per le<br />
colonie, spesso a quasi totali spese<br />
delle grandi aziende che le hanno<br />
costruite, da Milano Marittima a<br />
Cattolica.<br />
A Bologna la giunta del sindaco<br />
Dozza vede, tra gli altri, Renato<br />
Zangheri, Giuseppe Campos Venuti<br />
e Armando Sarti. Nessuna donna.<br />
Sotto le torri, in senso letterale, nasce<br />
la libreria Feltrinelli in locali scelti<br />
da Giangiacomo con l’assessore<br />
alla Cultura Zangheri. Per la prima<br />
volta i libri sono esposti e disponibili<br />
allo sfoglio e alla consultazione dei<br />
clienti. E, a proposito di libri, nel<br />
1964 apre i battenti anche la Fiera<br />
del libro per ragazzi, che nei decenni<br />
diventerà una delle più importanti<br />
rassegne internazionali.<br />
Al Festival di Sanremo vince la<br />
giovanissima Gigliola Cinquetti con<br />
“Non ho l’età”, ma l’hit parade del<br />
1964 è saldamente dominata dal<br />
ragazzo di Monghidoro, Gianni<br />
Morandi, con “In ginocchio da te”<br />
(con la quale vincerà il Cantagiro)<br />
e “Non son degno di te”. Nei night<br />
(non c’erano ancora le discoteche) si<br />
balla stretti al suono di “Una lacrima<br />
sul viso” di Bobby Solo e di “Una<br />
rotonda sul mare” di Fred Bongusto<br />
I juke boxe suonano “E’ l’uomo per<br />
me” e “Città vuota” di Mina. Le hit<br />
dell’estate sono “Sei diventata nera”<br />
dei Los Marcellos Ferial , “Con te<br />
sulla spiaggia” di Nico Fidenco e<br />
“Amore scusami” di John Foster, che<br />
infatti si classificano nelle prime tre<br />
posizioni a “Un disco per l’estate”,<br />
presentato dal casinò di Saint Vincent<br />
da Pippo Baudo. Le ragazze vanno<br />
Il sindaco<br />
DOZZA<br />
pazze per quattro (per l’epoca)<br />
“capelloni” di Liverpool che cantano<br />
“She loves you” cavalcando la moda<br />
Yéyé. Comincia la stagione del Beat,<br />
incarnata in Italia dal “casco d’oro”<br />
Caterina Caselli.<br />
Il numero di “Noi Donne” in edicola<br />
l’8 giugno si interroga sul tema “La<br />
parità è tutto?”. Intanto Mary Quant<br />
aveva tagliato gli orli e le ragazze<br />
sono libere di mostrare le gambe<br />
sotto minigonne destinate a diventare<br />
sempre più corte.<br />
A tingere di nero le cronache della<br />
dolce vita è il delitto Bebawi,<br />
avvenuto a Roma nel gennaio di<br />
quell’anno e destinato a rimanere<br />
uno dei più controversi e famosi<br />
casi giudiziari italiani. Al centro<br />
della vicenda due agiati coniugi<br />
egiziani residenti in Svizzera,<br />
16
che si accusano vicendevolmente<br />
dell’uccisione del giovane amante di<br />
lei, riuscendo alla fine a farla franca.<br />
Ma a Bologna risuona ancora l’eco<br />
del caso Nigrisoli, “il delitto del<br />
curaro”, avvenuto l’anno precedente<br />
nell’appartamento del figlio del<br />
proprietario dell’omonima clinica. La<br />
città è già spaccata in innocentisti e<br />
colpevolisti, in vista del processo che<br />
l’anno successivo si concluderà con<br />
la condanna all’ergastolo di Carlo<br />
Nigrisoli per l’uccisione della moglie<br />
Ombretta Caleffi.<br />
Al cinema esordisce Sergio Leone<br />
con “Per un pugno di dollari”, mentre<br />
Bernardo Bertolucci propone “Prima<br />
della rivoluzione” e il bolognese Pier<br />
Paolo Pasolini esce con “Il Vangelo<br />
secondo Matteo” mentre gira il<br />
documentario “Comizi d’amore”,<br />
nel quale intervista anche i giocatori<br />
della sua squadra del cuore.<br />
Gli italiani hanno ormai tutti la<br />
televisione e guardano “La biblioteca<br />
di studio uno” o lo stupefacente<br />
(per l’epoca) format della candid<br />
camera, importata dagli Stati Uniti<br />
quell’anno da Nanni Loy per la<br />
trasmissione “Specchio segreto”, con<br />
la celeberrima scena della zuppetta<br />
girata proprio in un bar di Bologna,<br />
tra gli sconcertati avventori nostrani.<br />
Ma a tenere inchiodati gli italiani<br />
sulle poltrone la domenica sera c’è<br />
“La cittadella”, sceneggiato televisivo<br />
di Anton Giulio Majano con uno<br />
strepitoso Alberto Lupo, trasmesso<br />
sul programma nazionale. Nei sabati<br />
d’autunno arriva invece “Il giornalino<br />
di Gian Burrasca” per la regia di<br />
Lina Wertmuller, con Rita Pavone<br />
nei panni del terribile ragazzino.<br />
Nel 1964 inizia anche la serie di<br />
grandissimo successo “Le inchieste<br />
del commissario Maigret”, con il<br />
bolognese Gino Cervi interprete<br />
perfetto dell’investigatore di<br />
Simenon. In quello stesso anno Cervi<br />
è protagonista, insieme a Fernandel,<br />
anche di un celebre carosello che<br />
pubblicizza la Vecchia Romagna<br />
etichetta nera, “il brandy che crea<br />
un’atmosfera” (prodotto dalla Buton,<br />
alle porte di Bologna). Per i bambini<br />
la trasmissione di punta è “Lo<br />
zecchino d’oro” con il Piccolo Coro<br />
dell’Antoniano di Bologna diretto da<br />
Mariele Ventre e la conduzione di<br />
Cino Tortorella nei panni di Mago<br />
Zurlì. Quell’anno vince “Il pulcino<br />
ballerino”, il disco dello Zecchino<br />
che ha venduto il maggior numero<br />
di copie.<br />
In libreria arrivano “La califfa” di<br />
Alberto Bevilacqua e “Le due città”<br />
di Mario Soldati, mentre il Premio<br />
Strega va a Giovanni Arpino per<br />
“L’ombra delle colline”, il Premio<br />
Viareggio a Giuseppe Berto per<br />
“Il male oscuro”, il Bancarella a<br />
Giulio Bedeschi per “Centomila<br />
gavette di ghiaccio”. Negli Stati<br />
Uniti il prestigioso premio Pulitzer<br />
va al giovane inviato di guerra<br />
David Halberstam, considerato<br />
la coscienza critica di un’intera<br />
generazione per i suoi servizi sul<br />
Vietnam in cui racconta gli orrori di<br />
quella guerra sbagliata, che proprio<br />
in quell’anno sotto la presidenza<br />
di Lyndon Johnson vede la sua<br />
intensificazione, e le manipolazioni<br />
nei confronti della stampa. Il Nobel<br />
per la Letteratura lo vince Jean Paul<br />
Sartre, lo scrittore e filosofo francese<br />
simbolo della ribellione dei giovani<br />
del dopoguerra, che però lo rifiuta<br />
perché non compatibile con quello<br />
che ritiene essere il ruolo politico<br />
dell’intellettuale.<br />
Il Nobel per la Pace va invece a un altro<br />
simbolo degli anni Sessanta, Martin<br />
Luther King, come riconoscimento<br />
per le sue lotte per i diritti civili,<br />
specie degli afroamericani.<br />
Contemporaneamente, quello stesso<br />
anno, viene arrestato e condannato<br />
all’ergastolo l’attivista sudafricano<br />
Nelson Mandela. Ne uscirà ventisette<br />
anni dopo e diventerà presidente del<br />
Sudafrica negli anni Novanta.<br />
Ma a Bologna tutti questi avvenimenti,<br />
anche per chi c’era, sono offuscati da<br />
quello che è rimasto finora un unicum<br />
nella storia della città. Sotto le torri<br />
il 1964 resta un anno leggendario<br />
soltanto per il motivo di cui leggete in<br />
queste pagine.<br />
17
Marconi Days<br />
Bologna e Sasso celebrano i 150 anni<br />
dalla nascita del Premio Nobel papà<br />
della comunicazioni senza fili. Dalla<br />
fiction in anteprima al Modernissimo<br />
al videomapping in Piazza Maggiore,<br />
in programma anche visite guidate ed<br />
escursioni<br />
I giorni del genio<br />
Testo di Glauco Guidastri<br />
Guglielmo Marconi compie 150 anni. Tanto è passato da quel<br />
lontano 25 aprile 1874, quando a Bologna nasceva l’uomo<br />
che avrebbe rivoluzionato il nostro modo di comunicare. Una<br />
rivoluzione partita proprio da Sasso Marconi: è sulle colline<br />
di Pontecchio che nel 1895 il giovane Marconi effettuò i<br />
primi, decisivi esperimenti di radiotelegrafia senza fili. La<br />
scintilla destinata a innescare un processo inarrestabile, che<br />
aprirà le porte all’era della moderna comunicazione.<br />
Per Bologna, e per il territorio dove Marconi è nato, questo<br />
anniversario rappresenta una straordinaria occasione per<br />
ricordare un grande uomo e le invenzioni che hanno<br />
cambiato il corso della storia. Per l’occasione si è costituito un<br />
Comitato che riunisce gli Enti locali e le Istituzioni impegnate<br />
a promuovere l’opera e la memoria dello scienziato:<br />
Regione Emilia-Romagna, Comune e Città metropolitana di<br />
Bologna, Comune di Sasso Marconi, Fondazione Marconi<br />
e Università. Tante realtà che lavoreranno insieme per<br />
celebrare Marconi attraverso una serie di eventi diffusi sul<br />
territorio metropolitano e capaci di coinvolgere cittadini,<br />
scuole e associazioni. Bologna, ad esempio, ospiterà negli<br />
spazi del rinnovato Cinema Modernissimo l’anteprima della<br />
serie tv dedicata a Marconi e prodotta da Rai Fiction, con<br />
Stefano Accorsi nei panni dell’inventore del wireless (la serie<br />
andrà poi in onda a maggio sulle reti Rai), mentre il 20 luglio<br />
un videomapping illuminerà Piazza Maggiore ripercorrendo<br />
le tappe delle scoperte marconiane con uno sfavillante show<br />
di luci e suoni. Anche la città di Sasso Marconi ha una parte<br />
importante nella definizione del programma di iniziative e<br />
attività che ci accompagnerà di qui ai primi mesi del 2025,<br />
fino al… 151° compleanno di Marconi.<br />
Sasso ha iniziato a celebrare Marconi già nel periodo<br />
natalizio, illuminando la città con una frase emblematica<br />
dello scienziato (“Le mie invenzioni sono per salvare<br />
l’umanità”) e coinvolgendo gli studenti delle scuole medie<br />
nella realizzazione di una serie di disegni ispirati alla figura<br />
di Nobel (i più belli verranno utilizzati per la produzione di<br />
cinque cartoline celebrative, tutti saranno esposti a Colle<br />
Ameno in occasione dei festeggiamenti del 150° previsti il 24<br />
aprile). Un lavoro preceduto dalla presentazione del podcast<br />
fantasy “La ragazza delle onde” realizzato dai ragazzi e dalle<br />
ragazze di Radioimmaginaria (la radio degli adolescenti, che<br />
nel 2017 ha vinto il Premio Città di Sasso Marconi “per il<br />
miglior progetto radiofonico”).<br />
Le celebrazioni entreranno nel vivo ad aprile con un’edizione<br />
Le visite guidate<br />
I PERCORSI MARCONIANI<br />
DIMORE STORICHE DELLE FAMIGLIE MARCONI<br />
E GHISILIERI<br />
Visita esterna a Villa Griffone, raccontando la vita dello<br />
scienziato Guglielmo Marconi ed alcuni aneddoti/curiosità<br />
sul più famoso cittadino di Sasso Marconi. Trasferimento a<br />
piedi al Borgo di Colle Ameno, dove si visiterà Villa Davia,<br />
l’Oratorio di Sant’Antonio da Padova e l’Aula della Memoria.<br />
SULLE ORME DI MARCONI<br />
Una passeggiata di circa 6 km alla scoperta dei luoghi<br />
in cui Guglielmo Marconi é cresciuto ed ha svolto i suoi<br />
primi esperimenti. Si partirà da Villa Griffone, antica villa di<br />
famiglia che si leva su campi e vigneti e sede del Museo a lui<br />
dedicato, passando per la famosa collina dei Celestini, luogo<br />
in cui fu captato il primo segnale di trasmissione telegrafica<br />
senza fili.<br />
LE VICENDE DELLA FAMIGLIA MARCONI<br />
TRA ALTO RENO TERME E SASSO MARCONI<br />
Una visita che si sviluppa su un’intera giornata, con la<br />
possibilità di abbinare il percorso delle dimore storiche alla<br />
visita del centro storico della cittadina termale che diede i<br />
natali a Giuseppe Marconi, padre di Guglielmo, con i suoi<br />
caratteristici murales. E’ possibile scegliere di effettuare<br />
entrambi i percorsi o solamente uno dei due. Durata effettiva<br />
della visita: 5 ore circa (2,5 a Sasso Marconi + 2,5 a Porretta<br />
Terme), tempi di trasferimento esclusi e a proprio carico.<br />
Le visite si tengono da aprile a maggio<br />
e sono a pagamento, per info e prenotazioni:<br />
Marconi Days 2024 - speciale 150 anni<br />
dalla nascita di Guglielmo Marconi<br />
40037 Sasso Marconi - + 39 051 6758409<br />
info@infosasso.it | www.marconidays.it<br />
18
IL PROGRAMMA<br />
SABATO 6 APRILE<br />
Ore 16 - Borgo di Colle Ameno, Salone delle Decorazioni<br />
Comunicare oggi: una sfida aperta, un esercizio di<br />
responsabilità. Intervista e consegna del Premio “Città di<br />
Sasso Marconi” al Cardinale Matteo Maria Zuppi<br />
speciale dei Marconi Days, la rassegna che il Comune di<br />
Sasso organizza dal 2004 per approfondire un tema dalle<br />
tante sfaccettature come quello della comunicazione<br />
attraverso appuntamenti istituzionali, workshop, talk e<br />
convegni e la consegna del Premio “Città di Sasso Marconi”<br />
ai comunicatori contemporanei. Una rassegna che nel tempo<br />
è cresciuta e si è consolidata grazie alle sinergie attivate<br />
con realtà come l’Ordine dei Giornalisti, la Federazione<br />
Nazionale della Stampa, il Premio Roberto Morrione, e alle<br />
testimonianze offerte da personalità del calibro di Enzo Biagi,<br />
Piero Angela, Bruno Bozzetto, don Luigi Ciotti, Lilli Gruber,<br />
Milena Gabanelli, Enrico Mentana, Marco Presta, Diego<br />
Bianchi, Alessandro Bergonzoni e Federico Taddia (sono<br />
alcuni dei comunicatori premiati in questi vent’anni), che<br />
hanno consentito di realizzare qualificati momenti di incontro<br />
e dibattito, utili a stimolare la riflessione sulle potenzialità<br />
legate a un uso corretto dei media e ragionare sull’evoluzione<br />
di tecnologie e linguaggi della comunicazione.<br />
Tra i tanti eventi ci sarà una mostra dedicata alla relazione<br />
tra Marconi e il territorio che sarà allestita presso la sede<br />
dell’Assemblea Legislativa regionale e poi al borgo di Colle<br />
Ameno; ci sarà uno spettacolo ispirato all’infanzia del Genio,<br />
portato in scena dagli studenti dell’Istituto Comprensivo di<br />
Borgonuovo. Si parlerà di comunicazione con il Cardinale<br />
Matteo Maria Zuppi, che il 6 aprile dialogherà con Luca<br />
Bottura sul significato e sul valore della comunicazione<br />
nella società contemporanea, ricevendo dal sindaco Roberto<br />
Parmeggiani il Premio “Città di Sasso Marconi” per il suo<br />
lavoro improntato a un uso responsabile della comunicazione<br />
e per il prezioso impegno a difesa della pace.<br />
Il 24 aprile verranno premiate le associazioni locali e si<br />
festeggeranno i 150 anni del Genio assieme alla Principessa<br />
Elettra Marconi, figlia dello scienziato cui lo scorso anno<br />
sono state consegnate le chiavi della città di Sasso Marconi.<br />
Ad arricchire il calendario, gli eventi in programma a Villa<br />
Griffone le Giornate marconiane promosse da Pro Loco<br />
Sasso Marconi a Villa Achillini e curati dalla Fondazione<br />
Marconi: il “week-end a Casa Marconi” del 20/21 aprile<br />
(con porte aperte al Museo Marconi, spettacoli e laboratori<br />
ludico/scientifici per bambini) e la Giornata di Marconi del<br />
25 aprile, cui interverranno Anne L’Huillier, Premio Nobel<br />
per la Fisica 2023, e l’astrofisico della NASA Mark Clampin.<br />
Altre iniziative verranno definite nelle prossime settimane<br />
e proposte in calendario nella seconda parte dell’anno e<br />
durante il prossimo inverno.<br />
Per restare aggiornati:<br />
www.comune.sassomarconi.bologna.it<br />
infoSASSO |051 6758409 | info@infosasso.it<br />
DOMENICA 14 APRILE<br />
Ore 21 - Borgo di Colle Ameno, Salone delle Decorazioni<br />
Concerto cameristico dedicato a Guglielmo Marconi<br />
con la partecipazione dei solisti della Filarmonica del<br />
Teatro comunale di Bologna. Musiche di Schubert e<br />
Beethoven a cura del Trio d’Archi formato da Giacomo<br />
Scarponi (violino), Alessandro Savio (viola) e Mattia Cipolli<br />
(violoncello). Ingresso gratuito.<br />
SABATO 20 - DOMENICA 21 APRILE<br />
Week-end a Casa Marconi - Visite guidate al Museo<br />
Marconi a Villa Grifone (Pontecchio), laboratori ludico/<br />
scientifici per ragazzi, spettacolo “Marconi, doppia<br />
frequenza” (di Mario Giorgi). A cura della Fondazione<br />
Marconi<br />
Giornate marconiane presso Villa Achillini<br />
Visite guidate a Villa Achillini e all’Oratorio di S. Apollonia,<br />
incontri culturali con degustazione dei “GuglielMini” (i<br />
biscotti creati dalla chef stellata Aurora Mazzucchelli),<br />
mostra di antichi apparecchi radio, presentazione della<br />
graphic novel “Guglielmo Marconi. Il ragazzo che fece<br />
parlare il mondo”, omaggio musicale a Marconi della<br />
soprano Paola Matarrese. A cura di Pro Loco Sasso<br />
Marconi<br />
MARTEDÌ 23 APRILE<br />
Ore 20.30 - Teatro comunale di Sasso Marconi<br />
“Guglielmo Marconi, il sogno di un bambino”- Spettacolo<br />
teatrale ispirato all’infanzia di Guglielmo Marconi, con gli<br />
studenti dell’Istituto Comprensivo di Borgonuovo. A cura di<br />
MOMI Show. Ingresso gratuito<br />
MERCOLEDÌ 24 APRILE<br />
Dalle 17.30 - Borgo di Colle Ameno, Villa Davia/Salone<br />
delle Decorazioni<br />
“Buon compleanno, Guglielmo!” - Pomeriggio di festa<br />
dedicato a Guglielmo Marconi per il suo 150° compleanno.<br />
Dalle 17.30: inaugurazione della mostra fotografica<br />
“Sasso Marconi, la città di Guglielmo”, premiazione delle<br />
associazioni locali impegnate a promuovere la memoria di<br />
Marconi, interventi musicali dell’Orchestra Onda Marconi,<br />
mostra con i disegni realizzati dagli studenti delle scuole<br />
medie, apericena con dj set e torta finale.<br />
GIOVEDÌ 25 APRILE<br />
Dalle 10.30 - Villa Griffone, Pontecchio Marconi<br />
Giornata di Marconi nel 150° della nascita - S. Messa<br />
celebrata dal Cardinale Matteo Maria Zuppi presso il<br />
Mausoleo Marconi, conferenza scientifica con Anne<br />
L’Huillier, Premio Nobel per la Fisica 2023, e Mark Clampin,<br />
astrofisico NASA. Consegna del Premio Marconi per la<br />
Creatività 2024 alla presenza della Principessa Elettra<br />
Marconi. A cura della Fondazione Marconi<br />
Info e dettagli : fondazioneguglielmomarconi.it<br />
19
INSERZIONE PUBBLICITARIA<br />
I cammini come volano<br />
di sviluppo turistico dell’Appennino<br />
Lungo la Via degli Dei e la Via della Lana e della Seta, nuove strutture aprono e altre risorgono a nuova<br />
vita! I cammini si confermano uno stimolo per chi ama sviluppare nuovi progetti di ospitalità. Vediamo<br />
come si sta evolvendo il turismo nel versante emiliano.<br />
Oggi vi facciamo fare un bel tour tra<br />
quelle strutture che, lungo le principali<br />
vie di trekking che attraversano<br />
l’Appennino e uniscono l’Emilia-Romagna<br />
alla Toscana, hanno trovato<br />
nuova vita o sono nate dallo stimolo<br />
turistico dei Cammini. Un successo<br />
che certamente è legato alla bellezza<br />
dei territori attraversati dai due percorsi<br />
principali che partono da Bologna:<br />
la Via degli Dei per raggiungere<br />
Firenze e la Via della Lana e della<br />
Seta, per arrivare a Prato. È bene ricordare<br />
che la fama di ogni cammino<br />
si alimenta anche della struttura organizzativa<br />
in cui il camminatore non<br />
è un turista qualsiasi, ma un viaggiatore<br />
che ama essere accolto con<br />
calore e che ha bisogno di servizi e<br />
ospitalità su misura.<br />
Ecco allora che tante persone hanno<br />
deciso di ristrutturare le loro case<br />
o di aprire nuove strutture a questi<br />
viaggiatori e ci raccontano storie di<br />
incontri speciali e di amicizie nate<br />
lungo la via. Anche strutture più<br />
tradizionali abituati ad un turismo<br />
di villeggiatura si sono rinnovate ad<br />
un’accoglienza meno stagionale e più<br />
rivolta alla persona, adeguando i servizi<br />
offerti.<br />
Albergo Ristorante Musolesi<br />
B&B Romani<br />
Alberto Ristorante Poli<br />
Cominciamo ad andare a ritrovare<br />
quei luoghi dal sapore di un tempo,<br />
come l’Hotel Musolesi a Madonna dei<br />
Fornelli o il B&B della famiglia Romani<br />
che esercita l'attività da generazioni.<br />
Anche l’Hotel Poli a Madonna<br />
dei Fornelli è un’istituzione, grazie a<br />
Michele Brizzi che accoglie il camminatore<br />
con esperienza e passione.<br />
Alberghi da sempre meta di turismo,<br />
che sono riusciti a venire incontro alle<br />
esigenze moderne, offrendo servizi<br />
preziosi per ciclisti e camminatori,<br />
come il rimessaggio bici con attrezzi<br />
per piccole riparazioni, e servizio<br />
ristoro aperto tutto l’anno, per degustare<br />
le specialità tosco-emiliane.<br />
Albergo Ristorante Musolesi<br />
Piazza Madonna della Neve 4<br />
Madonna dei Fornelli<br />
Tel. 0534 94156<br />
Mail: musolesihotel@libero.it<br />
https://www.viadeglidei.it/madonna-dei-fornelli/albergo-ristorante-musolesi<br />
B&B Romani<br />
Piazza Madonna della Neve 13<br />
Madonna dei Fornelli<br />
Tel. 327 7763868<br />
Mail: bebromani@libero.it<br />
https://www.viadeglidei.it/madonna-dei-fornelli/bb-romani<br />
Albergo Ristorante Poli<br />
Piazza Madonna della Neve 5/B - Madonna<br />
dei Fornelli<br />
Tel. 0534 94114 Mail: info@albergoristorantepoli.it<br />
https://www.viadeglidei.it/madonna-dei-fornelli/albergo-ristorante-poli<br />
Sia a Madonna dei Fornelli che a<br />
Monzuno, ecco che sono sorti tanti<br />
piccoli B&B o Affittacamere che<br />
hanno colto l’occasione della richiesta<br />
crescente sulla Via degli Dei, per<br />
cominciare una nuova attività, per<br />
ristrutturare una casa di famiglia o<br />
per trasferirsi fuori città. Troviamo<br />
strutture aperte dagli stessi camminatori,<br />
appassionati di trekking o<br />
mountain bike, che hanno deciso di<br />
trasformare le loro passioni in nuove<br />
possiblità professionali.<br />
B&B Domus degli Dei<br />
Nel 2018 Maria Teresa ha deciso di<br />
mettere a frutto la sua esperienza di<br />
viaggi in moto e di crearsi un lavoro<br />
che rispecchiasse il suo spirito libero.<br />
Aprendo il B&B Domus degli Dei,<br />
ha cercato di rispettare le esigenze<br />
del suo modo di viaggiare, al di fuori<br />
degli schemi tradizionali, per offrire<br />
ai camminatori quel lato umano e<br />
non consumistico che spesso viene a<br />
mancare. A vedere le foto soddisfatte<br />
dei suoi ospiti che la abbracciano,<br />
sembra proprio che ci sia riuscita!<br />
B&B Domus degli Dei<br />
Via Capezzale 3<br />
40036 Monzuno (Bo)<br />
20
Tel. 340 552 3396<br />
Mail: info@domusdeglidei.it<br />
www.viadeglidei.it/monzuno/bb-domus-degli-dei<br />
B&B Numero 11<br />
Romina ha messo a frutto la sua trentennale<br />
esperienza per aprire il B&B<br />
Numero 11 e trasferirsi a Madonna dei<br />
Fornelli, realizzando il suo amore per<br />
il paese e i suoi paesaggi; ama stare<br />
con le persone e ascoltare le loro storie.<br />
Dice che l'ispirazione sia arrivata<br />
proprio dal numero 11 (civico della sua<br />
struttura) che per lei ha un significato<br />
simbolico legato ai Tarocchi, numero<br />
di buon auspicio, perché rappresenta<br />
l’azione e la forza di volontà.<br />
B&B Numero 11<br />
Via Bologna 11<br />
Madonna dei Fornelli - San Benedetto<br />
V. di S. (Bo)<br />
Tel. 3287<strong>61</strong>3362<br />
Mail: rominik73@gmail.com<br />
www.viadeglidei.it/madonna-dei-fornelli/bed-and-breakfast--n-11<br />
B&B Il Molinello<br />
Laura e Riccardo nel 2021 hanno acquistato<br />
un vecchio mulino in mezzo<br />
al bosco con l'intenzione di ristrutturarlo<br />
per trasformarlo nella loro nuova<br />
casa, progettando da subito una<br />
parte dedicata all'accoglienza. Si<br />
erano conosciuti durante un trekking<br />
di alcuni giorni e hanno condiviso subito<br />
il desiderio di trovare una casa<br />
immersa nella natura.<br />
Ci sono voluti due anni di ricerca,<br />
ma quando hanno trovato questa<br />
struttura, hanno guardato "oltre" le<br />
sue condizioni e visto il potenziale di<br />
un luogo speciale. Nasce così, dopo<br />
tanti sacrifici, il B&B Il Molinello e<br />
oggi Laura, musicista classica, è entusiasta<br />
di questa esperienza che ha<br />
cambiato almeno in parte la sua vita<br />
e il suo sguardo sulle cose.<br />
B&B Il Molinello<br />
Località Molinello 58 - Monzuno<br />
Tel. 3939150528<br />
Mail: ilmolinello.58@gmail.com<br />
www.viadeglidei.it/monzuno/<br />
bb-il-molinello<br />
Da Lea<br />
“Lea è il semplice nome della nonna,<br />
quella nell’immaginario di tutti e la<br />
mia si chiamava Lea”, ci spiega Enrico<br />
quando parla della storia della piccola<br />
struttura in legno che ha aperto<br />
a Monzuno nel 2019: lo chalet Da Lea.<br />
Ha creduto da sempre nell’Appennino<br />
e nella Via degli Dei, e per questo ha<br />
voluto dedicare a questo cammino la<br />
sua struttura immersa nel bosco, in<br />
una zona che lui definisce “magica”,<br />
sotto il Monte Adone. Impegnandosi<br />
con semplicità e ospitalità informale<br />
e con l’aiuto di Simone e Luca, riesce<br />
ad aprire tutto l'anno.<br />
Da Lea<br />
Via Canalecchio 4 - Brento - Monzuno<br />
Tel. 3494917168<br />
Mail: enrico.tonelli80@gmail.com<br />
www.viadeglidei.it/brento/da-lea<br />
B&B L’Angolo in Belvedere<br />
Subito dopo il periodo del Covid, nel<br />
settembre del 2022, Clelia ha potuto<br />
finalmente aprire la sua struttura a<br />
Monzuno: il B&B L’Angolo in Belvedere.<br />
La sua più grande soddisfazione<br />
è conoscere persone di diversi<br />
luoghi che contribuiscono alla vita<br />
sostenibile, che hanno voglia di conoscere<br />
il nostro territorio. Lo fanno<br />
scegliendo di percorrere la Via degli<br />
Dei a piedi o in bici e per chi decide<br />
quest'ultima modalità, il B&B mette<br />
a disposizione il garage come parcheggio<br />
coperto per le biciclette.<br />
B&B L’Angolo in Belvedere<br />
Via Belvedere 13/1 - Monzuno<br />
Tel. 3332204656<br />
Mail: davalosclelia@gmail.com<br />
www.viadeglidei.it/monzuno/bb-an-<br />
golo-in-belvedere-<br />
B&B Artemilland<br />
Passando sulla Via della Lana e della<br />
Seta, anche lungo il percorso che<br />
unisce Bologna a Prato, si trovano<br />
alcune strutture tradizionali in cui<br />
il camminatore può sostare in un<br />
albergo, soprattutto nei paesi principali<br />
come Castiglione dei Pepoli e<br />
Montepiano, dove stanno nascendo<br />
nuove realtà turistiche.<br />
A Camugnano, se la sosta è al B&B<br />
Artemilland, si ha la possibilità di conoscere<br />
il progetto di una giovane famiglia<br />
trasferitasi dalla pianura e che<br />
ha trovato in questa piccola borgata<br />
il suo nido. Con l’apertura di realtà legate<br />
al turismo sostenibile che integrano<br />
l'ecocamping, aggiungono un<br />
tassello al loro progetto familiare di<br />
sostegno ad una vita a basso impatto<br />
ambientale, insieme al loro brand artigianale<br />
“Soffio di Scilla”:abiti sartoriali<br />
su misura per i più piccoli in cui<br />
le parole d’ordine sono sostenibilità,<br />
etica e consapevolezza.<br />
B&B Artemilland<br />
Località La Lastra 88<br />
40032 Camugnano (BO)<br />
Tel. 349 652 6091<br />
Mail: artemilland88@gmail.com<br />
www.viadellalanaedellaseta.com/camugnano-bb-artemilland<br />
B&B Tana delle Fate<br />
A Camugnano, si trova anche il B&B<br />
La Tana della Fate, dove Francesca<br />
e Giovanni hanno deciso di trasferirsi<br />
da due anni, dopo una lunga esperienza<br />
di vita a Castiglione dei Pepoli.<br />
A loro piace vivere circondati dai<br />
boschi e una volta ceduta l’attività,<br />
possono dedicarsi a tempo pieno al<br />
B&B curandolo nei dettagli. Nel primo<br />
anno hanno ottenuto ottime recensioni,<br />
d’altronde il loro posto è veramente<br />
strategico, trovandosi vicino<br />
al bacino del Brasimone, con un grande<br />
parco dove si può fare colazione<br />
ascoltando il bramito del cervo!<br />
B&B Tana delle Fate<br />
Località Case Roncacce, 101/AB<br />
Camugnano (BO)<br />
Tel. 333 178 7766<br />
Mail: bb.tanadellefate@gmail.com<br />
21
IN GIRO CON APPENNINOSLOW<br />
Le anime del cammino tra Bologna e Prato tra acqua,<br />
natura e storia: 130 chilometri dalla Chiusa di Casalecchio<br />
al Cavalciotto del Bisenzio passando da Monte Sole<br />
La Via della Lana<br />
e della Seta<br />
Testi di Nadia Berti<br />
Acqua, natura e storia: sono tre le parole<br />
chiave per scoprire le tre anime dei 130 km<br />
della Via della Lana e della Seta, il cammino<br />
che unisce Bologna e Prato.<br />
Se avete deciso di percorrere la Via della<br />
Lana e della Seta, il vostro viaggio inizia e<br />
termina proprio in due famose infrastrutture<br />
idrauliche che ancora oggi conservano la<br />
loro funzione tecnica e tutto il fascino dello<br />
scorrere impetuoso delle acque “domate”<br />
dall’uomo: la Chiusa di Casalecchio sul<br />
Reno a Bologna e il Cavalciotto del Bisenzio<br />
a Prato.<br />
Iniziamo allora dall’anima più originale di<br />
questa Via, quella che le ha dato il nome:<br />
il legame idrico-industriale che lega le due<br />
città capolinea, Bologna e Prato. Che cosa<br />
unisce infatti queste due importanti città?<br />
Proprio il loro rapporto ingegnoso con<br />
la risorsa naturale più preziosa: l’acqua.<br />
Menti lungimiranti di ingegneri e architetti<br />
medievali, già nel XII secolo erano riuscite a<br />
trasformare un bene naturale in forza motrice<br />
industriale. L’industria della Seta a Bologna<br />
e della Lana a Prato devono tutto alla forza<br />
di queste acque che trovate sulla vostra<br />
via, acque ben incanalate che riuscivano<br />
a far muovere opifici idraulici, muline e<br />
gualchiere per i laboratori artigianali e per<br />
le industrie del tessile, fino ai giorni d’oggi.<br />
Seguendo il percorso della Via della Lana<br />
e della Seta, a Bologna potrete superare il<br />
fosso scolmatore e da qui salire sui ruderi<br />
dell’antica Chiusa del XIV secolo. Da questa<br />
posizione panoramica si ammira quest’opera<br />
grandiosa e affascinante che tuttora ha<br />
un ruolo fondamentale nella raccolta e<br />
nel deflusso delle acque meteoriche che<br />
scendono dai colli. L’Appennino, meno di<br />
un anno fa, ha provato sulla propria pelle di<br />
che portata possano essere i danni causati<br />
dalle piogge straordinarie, ma Bologna li ha<br />
contenuti grazie proprio a questa preziosa<br />
struttura.<br />
Si lasciano quindi i tranquilli e addomesticati<br />
canali di Bologna, per entrare nel Parco della<br />
Chiusa e poi costeggiare il tratto iniziale della<br />
Chiusa, con il primo spumeggiante flusso di<br />
acque che scende dal boccaccio ed entra<br />
nel canale costruito ad una quota superiore<br />
a quella del fiume. Un gioco di acque che<br />
poi ritroveremo anche a Prato, in località<br />
Santa Lucia, di fronte ad una struttura simile,<br />
il Cavalciotto, meno complessa e articolata,<br />
ma con le stesse funzioni svolte in passato<br />
dalla Chiusa. Anche da qui si trasportano<br />
in città le acque del fiume Bisenzio per<br />
alimentare gualchiere e mulini, regolare il<br />
flusso delle acque. Non possiamo che restare<br />
ammirati di fronte a queste opere idrauliche<br />
complesse, tra le più antiche d’Europa, che<br />
continuano a svolgere la loro funzione dopo<br />
più di novecento anni.<br />
Ma vediamo adesso che cosa troviamo<br />
tra le due città e andiamo a scoprire la<br />
seconda anima della Via della Lana e della<br />
Seta, la quale viene definita un cammino<br />
“selvaggio”. Dovete sapere infatti che per<br />
la quasi totalità delle cinque tappe, per<br />
oltre 100 km, si cammina in luoghi ancora<br />
selvaggi, con intere giornate trascorse<br />
nella natura incontaminata. Si attraversano<br />
castagneti e abetaie, pascoli e crinali, con<br />
paesaggi mozzafiato e magnifiche viste in<br />
tutte le stagioni, con una ricca varietà di flora<br />
e fauna.<br />
Se siete in cammino nei mesi di settembre e<br />
ottobre, potete avere la fortuna di udire “il re<br />
dei boschi”. Per i cervi è l’autunno la stagione<br />
degli amori e in questo periodo dell’anno<br />
intonano, come un’orchestra naturale, il loro<br />
canto d’amore per conquistare le femmine:<br />
è il bramito dei cervi. Potreste anche udire<br />
rumori che ricordano uno sbattere di spade…<br />
niente panico, sono sempre loro, i maschi<br />
cervi contendenti che passano allo scontro<br />
fisico, corna contro corna, palco contro<br />
palco. Non si fa mai facilmente avvistare, un<br />
cervo adulto, ma in autunno si farà sentire!<br />
La primavera è invece la stagione migliore<br />
per attraversare il massiccio della Calvana,<br />
nella penultima tappa, un territorio selvaggio,<br />
22
aspro, roccioso e carsico che a ogni passo<br />
regala emozioni e sorprese, che ci regala<br />
lo spettacolo dei suoi prati in fiore, veri e<br />
propri “tappeti di verzura e spianate vestite<br />
di fiorellini alpestri”. Oltre alla straordinaria<br />
fioritura di narcisi, crocus e gigli, negli<br />
habitat protetti della Calvana si possono<br />
scoprire più di sessanta specie di orchidee,<br />
in un’esplosione di colori e profumi.<br />
Ma non preoccupatevi se percorrete questo<br />
crinale in periodi più caldi o più freddi:<br />
durante tutto l’anno si può godere dello<br />
spettacolo più sorprendente di tutta la Via: i<br />
famosi cavalli selvaggi e i bianchi mantelli<br />
della “Calvana”. Branchi di cavalli e di bovini<br />
autoctoni vivono liberi su questi pianori<br />
erbosi, ancora allo stato brado facendoci<br />
balzare indietro nel tempo, come se la civiltà<br />
ancora non fosse iniziata. Sotto l’occhio<br />
vigile dei capobranco, si può assistere alle<br />
veloci galoppate di giovani puledri o al<br />
branco che si abbevera nelle acque di una<br />
dolina.<br />
Se poi siete appassionati di birdwatching<br />
non sarete delusi: negli habitat protetti della<br />
Calvana sono numerosi gli uccelli, rapaci e<br />
passeriformi legati ad ambienti di prateria,<br />
come il falco pecchiaiolo, il biancone, il<br />
gheppio e il falco pellegrino.<br />
Per scoprire invece la terza anima della<br />
Via, quella più storica e riflessiva, occorre<br />
soffermarsi in quei luoghi che, lungo la Linea<br />
Gotica, testimoniano di atroci episodi che<br />
fanno parte della nostra storia recente. Storie<br />
che smuovono a commozione soprattutto se<br />
chi le racconta le ha apprese direttamente<br />
da nonni e genitori o dai sopravvissuti. Un<br />
esempio per tutti, è il paese di Nuvoleto,<br />
totalmente distrutto durante la guerra, ma<br />
dove, dalla fine degli anni ‘70, un membro<br />
della famiglia Celati ha intrapreso la<br />
ricostruzione. Adesso Nuvoleto è un’oasi<br />
di pace in cui accogliere e raccontare, nel<br />
segno della più pura ospitalità, non solo<br />
il dolore e la disperazione, ma anche la<br />
capacità di elaborare il lutto e di riacquistare<br />
la forza per tornare a vivere.<br />
Nuvoleto e il vicino Borgo di San Martino,<br />
sono solo alcune delle tante località che nel<br />
settembre del 1944 furono oggetto della<br />
violenza tedesca. Quando salite a Monte<br />
Sole incontrate il monumento dedicato al<br />
“Lupo” e ai partigiani della Stella Rossa. Uno<br />
sguardo al panorama sulle valli del Reno e<br />
del Setta e sul massiccio del Monte Salvaro<br />
vi farà capire subito l’importanza che per i<br />
tedeschi doveva avere il controllo di questi<br />
monti. Su queste alture si è consumata la<br />
strage più efferata e più grande compiuta<br />
dalle SS naziste in Europa, attorno a Monte<br />
Sole, nei territori di Marzabotto, Grizzana<br />
Morandi e Monzuno, comunemente nota<br />
come la “strage di Marzabotto”. Proprio<br />
dove è il Memoriale su cui si leggono i<br />
principali luoghi della strage e il numero<br />
delle vittime, oggi si ritrovano tanti giovani,<br />
ogni 25 aprile, con una cerimonia che<br />
prosegue fino a notte, nel prato davanti al<br />
Centro Visita il Poggiolo, trasformandosi<br />
in una festa dei giovani, con un numero<br />
impressionante di partecipanti. Sono tanti<br />
i giovani che percorrono la Via della Lana<br />
e della Seta o che frequentano i laboratori<br />
della Scuola di Pace di Montesole: sport<br />
e natura si uniscono così a coscienza e<br />
conoscenza.<br />
Quando si arriva alla meta finale di un<br />
cammino, non si è mai gli stessi di quando<br />
si è partiti. Per la Via della Lana e della Seta<br />
questo è ancora più vero, un cammino<br />
che ci rimane dentro, che ci ha fatto<br />
sorprendere, commuovere, riflettere.<br />
TURISMO<br />
INDUSTRIALE<br />
Se questo tema vi appassiona<br />
dovete prendervi il tempo di<br />
visitare agli estremi del cammino<br />
i due musei dedicati alla storia<br />
economica delle due città,<br />
entrambi in edifici di recupero<br />
industriale, alta testimonianza<br />
di archeologia industriale. A<br />
Bologna il Museo del Patrimonio<br />
Industriale (www.museibologna.<br />
it/patrimonioindustriale)<br />
dove potete trovare modelli<br />
funzionanti di grande<br />
dimensione degli apparati<br />
produttivi dell’antico setificio<br />
dei secoli XIV-XVIII. A Prato<br />
il Museo del Tessuto (https://<br />
www.museodeltessuto.it/), il<br />
più grande centro culturale<br />
italiano dedicato all’arte e alla<br />
produzione tessile antica e<br />
contemporanea, oggi ospitato<br />
nella ex fabbrica Campolmi. Il<br />
Comune di Prato ha dedicato<br />
una sezione del suo portale<br />
turistico proprio al turismo<br />
industriale.<br />
Per info:<br />
www.pratoturismo.it<br />
PARCO<br />
DELLA CHIUSA<br />
Noto ai più come Parco Talon,<br />
è un luogo di grande bellezza<br />
e di qualità ambientale ma<br />
ancora poco conosciuto in tutta<br />
la sua complessità anche se<br />
in tanti, da tutta la regione, lo<br />
hanno visitato con motivazioni<br />
diverse. Dal 2006 il territorio<br />
di 110 ettari del Parco è<br />
stato incluso nel SIC, Sito di<br />
Importanza Comunitario - ZPS,<br />
Zona di Protezione Speciale<br />
denominato “Boschi di San<br />
Luca e del Reno” (IT4050029).<br />
L’importanza dell’area risiede in<br />
particolare nella conformazione<br />
e ubicazione del sito: si tratta di<br />
un corridoio ecologico sia per<br />
gli uccelli che per le specie a<br />
locomozione terrestre. Per info:<br />
www.parcodellachiusa.it/<br />
23
IN GIRO CON APPENNINOSLOW<br />
Da Prato a Fucecchio in quattro tappe (o<br />
con percorsi ad anello) tra uliveti e vigneti<br />
alla scoperta delle testimonianze lasciate<br />
dalla famiglia Medici tra ville e cascine<br />
inserite nel Patrimonio UNESCO<br />
La Via Medicea<br />
A cura di AppenninoSlow<br />
Un nuovo cammino in Toscana, da Prato a Fucecchio attraverso<br />
l’area naturalistica del Montalbano e le due grandi pianure<br />
distese ai suoi piedi. Un itinerario che si snoda attraverso sette<br />
comuni e tre province, lontano dalle grandi città, in un luogo<br />
ancora non influenzato dai grandi flussi turistici, che conduce<br />
alla scoperta di luoghi ancora intimi, legati alle tradizioni di un<br />
territorio ancora tutto da scoprire. Un percorso suggestivo che<br />
unisce l’esplorazione all’emozione, un cammino adatto anche<br />
alle famiglie e a tutti coloro che vorranno riscoprire le bellezze<br />
paesaggistiche e culturali, ma anche enogastronomiche, di cui<br />
questo territorio è ricco. Questo itinerario permette di conoscere<br />
a passo lento la zona del Montalbano, un armonico paesaggio<br />
puntellato di uliveti e vigneti, alla scoperta delle testimonianze<br />
lasciate dalla famiglia Medici con le Cascine Medicee di Prato,<br />
le Ville Medicee – inserite nel Patrimonio UNESCO – di Poggio a<br />
Caiano, di Artimino, di Quarrata e di Cerreto Guidi, i numerosi<br />
musei, il Barco Mediceo di Bonistallo e quello Reale. Non<br />
solo luoghi medicei, la Via attraversa il territorio di Vinci, dove<br />
sorge il Museo Leonardiano e la vicina località di Anchiano,<br />
luogo che ha dato i natali al genio di Leonardo e dove sorge la<br />
Casa Natale. Numerose sono anche le aziende vitivinicole che<br />
sorgono nelle vicinanze della Via, da cui nascono vini storici<br />
come il Carmignano, prima DOC al mondo, istituita proprio<br />
dal Granduca Cosimo III de’ Medici nel 1716. I Medici fanno<br />
la loro comparsa in questo territorio nella seconda metà del<br />
‘400, iniziando una lenta acquisizione di terreni nell’area di<br />
Poggio a Caiano in quella dove ora sorge il Parco delle Cascine<br />
di Tavola, luogo dove oggi comincia il cammino. La conquista di<br />
queste terre fu così rapida che già verso la fine del Quattrocento<br />
il casato dei Medici detiene il dominio politico, economico e<br />
territoriale del versante settentrionale del Montalbano.<br />
Le Tappe<br />
La prima tappa della Via Medicea è un susseguirsi di borghi<br />
storici, aree boschive diventate riserve di caccia, uliveti e<br />
vigneti. Qui si trovano ben tre gioielli storico-architettonici e<br />
paesaggistici dell’intero percorso – le Cascine Medicee, un<br />
modello di produzione agricola d’avanguardia, la Villa medicea<br />
di Poggio a Caiano, ispirata al manierismo fiorentino e sede del<br />
Museo della Natura Morta e la Villa medicea “La Ferdinanda”,<br />
anticipatrice della cultura artistica del ‘600 ad Artimino, due<br />
ville entrambe patrimonio UNESCO e simbolo di magnificenza<br />
e dominio della casata.<br />
La seconda tappa si sviluppa sulle colline e sul crinale del<br />
Montalbano, attraverso un’area boschiva che risale al Medioevo.<br />
In questo tratto della Via si può notare il netto distacco tra il<br />
paesaggio costruito dall’uomo e la natura, nelle aree più<br />
accessibili si sono concentrati i segni e gli interventi apportati<br />
dai Medici con le loro ville-fattorie, con l’avvio di un’agricoltura<br />
di qualità, come la produzione vinicola, la riserva di caccia<br />
del Barco reale, simbolo di un’epoca che accomunava le corti<br />
dell’intera l’Europa.<br />
Lungo l’itinerario si notano anche testimonianze di altre epoche,<br />
024
2531<br />
La Via Medicea<br />
Pisa, la prima costruita a metà Ottocento nel Granducato di<br />
Toscana, di cui si possono notare alcuni resti ancora presenti.<br />
Qui, nel borgo di Montelupo Fiorentino è possibile visitare (per<br />
ora solo all’esterno) un’altra delle ville costruite dai Medici,<br />
l’Ambrogiana.<br />
dall’Antichità al Medioevo, che ancora oggi contraddistinguono<br />
la parte alta del Montalbano, come gli insediamenti etruschi, le<br />
chiese e le abbazie.<br />
La terza tappa procede tra i boschi sul crinale del Montalbano,<br />
con alcuni scorci sul Valdarno in cui è sempre visibile l’impronta<br />
dell’uomo con testimonianze risalenti al Medioevo. Inizia<br />
poi la discesa tra i campi coltivati sul versante meridionale,<br />
che regala una vista panoramica dal monte Serra, alle Apuane<br />
e all’Appennino pistoiese. Infine, i mulini, che punteggiano<br />
i numerosi corsi d’acqua che scendono dalla parte alta del<br />
monte, testimoniano l’utilizzo da parte dell’uomo dell’energia<br />
idraulica. La città di Vinci ed il genio ingegneristico di Leonardo<br />
costituiscono l’emblema di questa tappa.<br />
La quarta tappa si snoda attraverso un paesaggio collinare<br />
tipicamente toscano, morbido e sinuoso in direzione di Fucecchio,<br />
dove si collega con la Via Francigena. Una tappa immersi in<br />
un autentico giardino, così definito dai viaggiatori stranieri dei<br />
gran tour nel corso del ‘700 e dell’800, un paesaggio che fa<br />
capolino nelle opere d’arte e nei paesaggi riprodotti da Leonardo<br />
Da Vinci nei suoi quadri. In questa tappa si incontrano la terza<br />
Villa Medicea, quella di Cerreto Guidi, anch’essa patrimonio<br />
UNESCO, e uno dei pochissimi ambienti palustri italiani, il<br />
Padule di Fucecchio – qui Cosimo I de’ Medici commissionò agli<br />
scienziati idraulici la sistemazione idrica del lago per farne un<br />
vasto bacino riservato alla pesca.<br />
Come scoprirla?<br />
La Via Medicea è un viaggio nel tempo, un percorso che conduce<br />
alla scoperta di un territorio e della sua genesi attraverso uno<br />
sviluppo plurisecolare, in cui la modernità di una delle famiglie<br />
più potenti dell’epoca ha modificato il paesaggio e il territorio<br />
lasciando opere meravigliose e innovative.<br />
È in commercio la cartoguida escursionistica ufficiale del<br />
percorso, con tutte le informazioni utili al camminatore o al turista<br />
che vuole scoprire queste terre e questi luoghi in autonomia. Per<br />
ulteriori informazioni e approfondimenti visita il sito ufficiale<br />
viamedicea.it. Per chi volesse scoprire la Via insieme ad una<br />
guida è possibile unirsi a una delle partenze in gruppo. Sono<br />
presenti anche diversi weekend in cui scoprire alcuni piccoli<br />
tratti della Via e conoscere alcune aziende vitivinicole dell’area,<br />
oltre alla visita di una Villa Medicea.<br />
Il Cammino in breve<br />
Lunghezza totale: 78,3 km<br />
Dislivello complessivo in salita: 2.480 m<br />
Difficoltà: Medio/Bassa<br />
Durata complessiva: 4 o più giorni<br />
Comuni attraversati: 7 – Prato, Poggio a Caiano,<br />
Carmignano, Quarrata, Vinci, Cerreto Guidi, Fucecchio<br />
Ville medicee Patrimonio UNESCO: 4<br />
INFO: www.appenninoslow.it<br />
Gli Anelli<br />
La Via Medicea non è solo il cammino da Prato a Fucecchio,<br />
esistono anche 2 anelli che permettono di scoprire altre aree<br />
in cui i Medici hanno lasciato la loro impronta. L’Anello della<br />
Magia, a Quarrata, città posta sulla viabilità fra Firenze e Pistoia:<br />
il simbolo del legame tra la città e la famiglia dei Medici si<br />
consolida con l’acquisto da parte di Francesco I della villa la<br />
Magia nel 1583, dove era passato l’Imperatore Carlo V nel<br />
maggio del 1536.<br />
L’anello di Capraia e Montelupo inserisce nel percorso della<br />
Via Medicea l’estrema parte sud-orientale del Montalbano:<br />
l’itinerario percorre alcuni tratti della vecchia ferrovia Firenze-
IN GIRO CON APPENNINOSLOW<br />
Suggestivo anello di 12 chilometri e 600 metri di dislivello,<br />
con partenza dal borgo di Pietracolora, attraversando<br />
fitti boschi che si aprono sulla valle del Reno<br />
A Labante e ritorno<br />
Testo di Alice Boldri<br />
Il percorso ad anello parte dal borgo<br />
di Pietracolora, nel Comune di Gaggio<br />
Montano. Da qui ci avventuriamo<br />
sul sentiero CAI 166, da pochi anni<br />
ripristinato, e proseguiamo verso la<br />
piccola valle del torrente Aneva, a<br />
pochi passi da Castel d’Aiano, dove<br />
si trovano le suggestive cascate di<br />
Labante. Lungo l’itinerario si attraversa<br />
uno dei luoghi meno conosciuti del<br />
monte della Croce: il Sasso del Corvo,<br />
un balcone panoramico sui monti<br />
dell’alto Appennino bolognese.<br />
Seguendo la SS 64 Porrettana si<br />
raggiunge Riola di Vergato, per poi<br />
salire verso il piccolo abitato di<br />
Pietracolora dove si lascia l’auto<br />
e si imbocca il sentiero CAI 166.<br />
Prima di immergersi nei colorati<br />
boschi circostanti, vi consigliamo<br />
una visita alla caratteristica torre di<br />
Pietracolora, costruita tra gli anni ‘80<br />
e ‘90 del Novecento. Raggiungendone<br />
la sommità, si potrà ammirare il<br />
bellissimo paesaggio dell’Appennino<br />
bolognese dove spicca la grande mole<br />
del Corno alle Scale. Ridiscesi, si<br />
inizia a camminare lungo il sentiero,<br />
che, inizialmente pianeggiante, sale<br />
nei pressi di Ca’ di Monetta, appena<br />
sorpassato il bivio con il sentiero 182,<br />
al quale si mantiene la destra sul 166.<br />
Appena il bosco si apre, si prosegue<br />
su un panoramico crinale. Facendo<br />
una piccola deviazione sulla destra,<br />
tramite un sentiero non segnato ma<br />
ben visibile, si può raggiungere la vetta<br />
del Monte della Croce, che, con i suoi<br />
917 metri di altitudine, è il punto più<br />
elevato del percorso. Fate attenzione<br />
Pietracolora<br />
alla località Cà del Vento, perché il<br />
sentiero verso Sasso del Corvo passa<br />
attraverso una proprietà privata.<br />
Il sentiero prosegue poi su un<br />
falsopiano, che scende dolcemente,<br />
snodandosi tra boschi di faggi e<br />
castagni, nei quali si possono scorgere<br />
antichi ruderi e alberi secolari. Si<br />
incontrano poi due bivi, ai quali<br />
bisogna seguire sempre il sentiero 166.<br />
A 600 metri circa dal secondo bivio,<br />
un segnavia in mezzo al bosco indica<br />
la direzione verso la quale prosegue<br />
il sentiero 166, ovvero il Molino di<br />
Corba, che si raggiunge attraversando<br />
tramite una passerella sul torrente<br />
Aneva. Il mulino sorge a pochi passi<br />
dalle incantevoli cascate di Labante,<br />
sulla riva sinistra del torrente; oggi è<br />
stato trasformato in abitazione. Qui<br />
si può osservare anche un essiccatoio<br />
per castagne, che evidentemente era<br />
funzionale all’attività dell’opificio.<br />
Dopo qualche centinaio di metri, si<br />
raggiungono finalmente le grotte di<br />
Labante, vera attrazione di questo<br />
itinerario. Le grotte si sono formate<br />
grazie al fiume proveniente dalla<br />
sorgente di San Cristoforo, che qui<br />
forma una cascata che sgorga da due<br />
speroni di roccia. Con i loro 54 metri di<br />
lunghezza, le grotte di Labante sono tra<br />
le grotte di travertino più grandi d’Italia.<br />
Dopo la visita al complesso, si<br />
prosegue su un breve tratto di strada<br />
asfaltata sulla via Val d’Aneva, per poi<br />
imboccare, dopo circa 1,5 km, nei<br />
pressi di una sbarra, il sentiero CAI<br />
182B. Il sentiero ridiscende in mezzo<br />
al bosco verso il torrente Aneva, che<br />
Cascate di Labante<br />
va guadato, in un punto in cui le sue<br />
acque scorrono delicatamente. Appena<br />
attraversato il torrente, al primo bivio<br />
si sale verso sinistra, sul sentiero 182,<br />
che ascende abbastanza ripidamente<br />
fino ad incontrare un paio di case, in<br />
concomitanza di un secondo bivio, al<br />
quale si deve procedere verso destra.<br />
Il sentiero continua a salire lievemente<br />
e, raggiunto il crinale, si scorge in<br />
lontananza il complesso di Tinazzolo<br />
di Sopra, una volta abitazione con<br />
fienile, porcilaia ed essicatoio, oggi un<br />
agriturismo completamente ristrutturato<br />
rispettando lo stile originale.<br />
Il sentiero prosegue sulla destra,<br />
immergendosi nuovamente nel<br />
bosco. Tra lievi salite e ampi scorci<br />
che permettono una visuale a 360°<br />
sull’Appennino, ci si ricongiunge al<br />
sentiero 166, che si imboccherà sulla<br />
sinistra, non appena finito l’ultimo<br />
tratto di salita. Un ultimo falsopiano<br />
condurrà nuovamente al centro<br />
di Pietracolora, punto di partenza<br />
dell’itinerario.<br />
Un percorso poco impegnativo, adatto<br />
a chi si vuole godere una giornata in<br />
montagna, passeggiando tra panorami<br />
variegati e sceniche attrazioni naturali.<br />
Val d’Aneva
IN GIRO CON CONFGUIDE<br />
Continua fino a giugno la<br />
mostra diffusa tra la città e<br />
San Giovanni in Persiceto<br />
L’OTTOCENTO<br />
a Bologna<br />
e dintorni<br />
Testi di Sandra Sazzini - Confguide<br />
Come già annunciato nel numero<br />
precedente, la mostra diffusa intitolata<br />
“La pittura a Bologna nel lungo Ottocento<br />
1796 - 1915” resterà aperta fino al 30<br />
giugno 2024. Questo concetto innovativo<br />
di mostra allargata al territorio coinvolge<br />
oltre all’arte figurativa del periodo, troppo<br />
spesso ignorata o sottovalutata, anche<br />
temi di storia e di costume. Abbondano<br />
nel programma, che si può trovare in<br />
versione completa aprendo il QR Code<br />
in questa pagina, gli eventi teatrali, le<br />
rievocazioni e, ovviamente, le visite<br />
guidate per scoprire come l’Ottocento<br />
abbia rinnovato e modificato non solo<br />
Bologna ma anche aspetti importanti<br />
dei paesi della provincia, dove facciate,<br />
colonnati e palazzi, dall’aspetto familiare<br />
e dati quasi per scontati, acquistano una<br />
nuova consapevolezza sia estetica che di<br />
funzione.<br />
San Giovanni in Persiceto è un esempio<br />
notevole di questa trasformazione<br />
ottocentesca, già avviata negli ultimi anni<br />
del governo pontificio. Edifici, palazzi e<br />
chiese furono riammodernati quando non<br />
completamente rifatti, con l’indirizzo del<br />
pontefice ad utilizzare non solo maestranze<br />
bolognesi, ma anche artisti ed artigiani<br />
locali, che poterono così esprimere le loro<br />
capacità. Le quattro diverse sedi espositive<br />
consentono di ammirare i risultati di<br />
questo fervore artistico, che ci fa percepire<br />
il paese come un grande cantiere. Il<br />
Teatro storico comunale, inaugurato senza<br />
decorazioni nel 1790, fu completato<br />
nella volta con le pitture di Andrea Pesci<br />
e Gaetano Lodi, intenti negli stessi anni<br />
a decorare anche il Teatro Comunale a<br />
Bologna, mentre le sculture in stucco sono<br />
di Vincenzo Testoni, artista persicetano,<br />
affermatosi anche oltre i confini della<br />
sua città. All’interno della Chiesa di San<br />
Giovanni Battista la decorazione pittorica<br />
tardo ottocentesca della volta e della<br />
cupola, forse il capolavoro di Giovanni<br />
Battista Baldi, mette ancor più in risalto la<br />
Salomè con la testa del Battista dei fratelli<br />
Fabio e Alberto Fabbi, da poco ricollocata<br />
nell’abside centrale. L’adiacente Museo<br />
d’Arte Sacra è un vero e proprio scrigno<br />
prezioso ove vedere le tele di Pietro Fabri,<br />
Pietro Fancelli e Alessandro Guardassoni.<br />
Infine, nel restaurato Coro della chiesa<br />
della Cintura sono esposte le opere della<br />
quadreria civica: ritratti, paesaggi e soggetti<br />
storici comprese le opere di Corrado<br />
Manzi, poco note agli studiosi e agli stessi<br />
cittadini persicetani.<br />
Anche a San Matteo della Decima, la<br />
località del territorio persicetano che si<br />
allunga a nord fino a lambire i confini delle<br />
province di Modena e Ferrara, sarà possibile<br />
parlare di un bell’Ottocento, con la<br />
Chiesa parrocchiale, ampliata e ricostruita<br />
proprio in quel secolo, e visitando, in via<br />
eccezionale, il Chiesolino dedicato a Santa<br />
Maria Auxilium Christianorum, esempio<br />
di elegante oratorio neoclassico, crocevia<br />
stradale importante e “sfortunato” ...<br />
EVENTI GRATUITI<br />
A SAN GIOVANNI<br />
IN PERSICETO<br />
Sabato 13 aprile ore 17:00<br />
L’Ottocento tra cortei e balli<br />
In piazza del Popolo personaggi in<br />
costume storico sfilano e danzano<br />
sotto i portici e tra le colonne di<br />
palazzo Comunale, per farci sognare<br />
“con un tuffo nel passato”.<br />
Sabato 25 maggio ore 20:45<br />
Concerto in poesia<br />
Il tema del Lungo Ottocento e<br />
dei suoi cambiamenti si esprime<br />
nel dialogo tra la musica e le<br />
voci dei “Ragazzi Cantori di san<br />
Giovanni – Leonida Paterlini”,<br />
diretti da Arlotti, e i versi letti<br />
da Mazzacori e Di Bernardo.<br />
28
FLASH TOUR: bologna IN 30 MINUTI<br />
Poco tempo ma tanta voglia di scoprire nuovi dettagli e bellezze di Bologna? Proprio<br />
a questo scopo, Succede solo a Bologna ha lanciato i flash tour, ovvero visite guidate<br />
gratuite di 30 minuti dedicate ogni volta a un luogo o istituzione diversi. Una pausa pranzo,<br />
ad esempio, all’insegna di arte e storia, che permetterà ai partecipanti di conoscere, solo<br />
per citarne alcuni, l’Archiginnasio, Palazzo d’Accursio, la Sala Borsa. Non mancano poi<br />
gli approfondimenti su alcuni luoghi della città, come Piazza Minghetti, Piazza Cavour e il Pratello. Tante piccole<br />
e grandi curiosità su Bologna vengono così allo scoperto, permettendo a tutti di conoscere in poco tempo tante<br />
parti della storia della città con le guide abilitate di Succede solo a Bologna.<br />
I flash tour si inseriscono all’interno della fitta programmazione di visite guidate – tutte gratuite - di Succede solo<br />
a Bologna, che vede centinaia di itinerari, all’aperto o all’interno di monumenti, per imparare storia e particolarità<br />
sotto le Due Torri. Oltre alle visite di 30 minuti, proseguono infatti quelle tradizionali, che vedono protagonisti, ad<br />
esempio, i famosi “sette segreti”, i portici da record della città, le Torri ancora presenti, i misteri più curiosi che<br />
tuttora aleggiano su Bologna, i luoghi legati alla vita e alle canzoni di Lucio Dalla e tanto altro. Un programma<br />
davvero vasto per scoprire in ogni occasione un nuovo angolo di Bologna e particolari sulla sua storia. Per dare<br />
a tutti la possibilità di parteciparvi, le visite guidate sono in programma ogni giorno, in diverse fasce orarie. Basta<br />
un click sul sito di Succede solo a Bologna per scegliere il tour più adatto!<br />
Non mancano poi gli approfondimenti su alcuni monumenti di Bologna, come i Bagni di Mario, la Cripta di<br />
San Zama, il Teatro Mazzacorati, l’Oratorio dei Fiorentini, le Basiliche di San Petronio, Santo Stefano e San<br />
Francesco e, per spingerci anche in provincia, la Badia del Lavino a Monte San Pietro. Una vastissima scelta che<br />
comprende anche i tour…in dialetto bolognese, grazie alle visite guidate che si svolgono ogni mercoledì sera.<br />
Una “vîṡita guidè” che tocca la storia di Bologna, ma si spinge anche oltre i confini comunali, fino ad arrivare a<br />
Crevalcore, Pieve di Cento, San Giovanni in Persiceto, Budrio, Sala Bolognese, la chiesa di S. Maria di Venazzano<br />
a Mascarino e tanti altri luoghi.<br />
Il calendario: www.succedesoloabologna.it<br />
VISITE GUIDATE A CURA DEL COMUNE<br />
DI SAN GIOVANNI IN PERSICETO<br />
Sabato 6 e domenica 14 aprile; domenica 12 maggio;<br />
domenica 16, 23 e 30 giugno (ore 10:00)<br />
La pittura dell’Ottocento a Persiceto tra storia e<br />
costume.<br />
Visita guidata alle quattro sedi della mostra, per scoprire<br />
opere poco note anche agli stessi cittadini persicetani.<br />
Ritrovo davanti al Teatro, corso Italia, 72. Partecipazione<br />
€ 15, bambini dai 7 anni € 10.<br />
Giovedì 23 maggio ore 20:30<br />
Decima nell’Ottocento<br />
Il paese cresce e la Chiesa di San Matteo, rinnovata e<br />
ampliata all’interno, sfoggia la sua nuova facciata lungo<br />
il canale. Visita in esclusiva con apertura straordinaria<br />
serale. Ritrovo davanti alla Chiesa di San Matteo della<br />
Decima. Partecipazione € 5, gratuita per i bambini.<br />
Inquadra il Qr-code per<br />
il programma completo<br />
Giovedì 6 giugno ore 18:00<br />
Dal Chiesolino alla Rotonda<br />
Passeggiata con ingresso esclusivo all’elegante<br />
Chiesolino, che da inizio Ottocento, nonostante<br />
le sue sfortunate vicissitudini, si erge sull’antico<br />
incrocio a nord del paese.<br />
Ritrovo davanti alla Chiesa di San Matteo della<br />
Decima. Partecipazione € 5, gratuiti bambini.<br />
Prenotazione 0516812955<br />
cultura.turismo@comunepersiceto.it<br />
29
tracce di storia<br />
Gli spettacolari finestroni lungo via dell’Archiginnasio<br />
e le altre meraviglie di Niccolò dell’Arca<br />
Piccoli grandi tesori<br />
attorno al Pavaglione<br />
Testo di Gian Luigi Zucchini - Foto di Guido Barbi<br />
De minimis non curat praetor, dicevano<br />
i latini, per indicare come in genere le<br />
cose minime sono oggetto di scarse<br />
cure ed attenzioni da parte degli<br />
amministratori publici. Invece in questa<br />
rubrica ci si occupa proprio di cose<br />
che sono, diciamo così, abbastanza<br />
trascurabili, però interessanti per<br />
capire meglio la cultura, le abitudini,<br />
la storia della città. Del resto, ora che<br />
libri e opuscoli su Bologna dilagano<br />
dappertutto, e quasi tutto ormai<br />
si sa sulla città per via di gruppi e<br />
associazioni che conducono a visite<br />
guidate e ad intelligenti escursioni<br />
in città e fuori, ben poco resterebbe<br />
da dire. Tuttavia, esplorando scorci<br />
di vicoli, arcate di portici, o lapidi<br />
scrostate, qualcosa si va sempre<br />
scoprendo e imparando. Collegando<br />
poi questi piccoli frammenti, si<br />
ricostruiscono spesso pezzi di storia o<br />
di costume, in altre parole di cultura,<br />
intesa non tanto come erudizione ma<br />
come spinta al sapere e al desiderio di<br />
sempre ulteriori conoscenze.<br />
Ad esempio, passeggiando per via<br />
dell’Archiginnasio, comunemente<br />
conosciuta come ‘il Pavaglione’, si<br />
potrebbe dare un’occhiata ai grandi<br />
finestroni della basilica di San Petronio;<br />
è dalla fine del Trecento che sono lì, e li<br />
conosciamo bene, si dirà. Ma ora sono<br />
stati ripuliti e ritoccati, e si presentano<br />
come nuovi, bellissimi nel loro tardogotico,<br />
detto anche gotico fiorito o<br />
cortese, per via del loro stile elaborato<br />
con elegante armonia. Spiccano bianchi<br />
e perfettamente allineati sul fondo<br />
scuro della pietra annerita dai secoli,<br />
così si possono meglio apprezzare i<br />
fregi, le decorazioni e in particolare<br />
una figura contenuta in una formella,<br />
nel finestrone che sta proprio di fronte<br />
a via de’ Foscherari, settimo dalla<br />
facciata. Si tratterebbe, secondo noti<br />
studiosi e storici dell’arte, di un’opera<br />
giovanile di Niccolò dell’Arca, che<br />
probabilmente rappresenta Santa<br />
Caterina da Siena. La figura è in<br />
atteggiamento di preghiera, con le<br />
mani giunte e il capo velato. In perfetto<br />
equilibrio formale, offre allo sguardo,<br />
proprio in ragione della sua simmetrica<br />
compostezza, un senso di intensa<br />
spiritualità. Da qui, da questa formella,<br />
Madonna di Piazza con Bambino,<br />
Palazzo D’Accursio<br />
si potrebbe approfondire la conoscenza<br />
di questo artista, peraltro notissimo,<br />
in alcuni suoi capolavori presenti in<br />
città. Sono tutti qui nei pressi: l’Arca<br />
di San Domenico, (da cui appunto<br />
Nicolò dell’Arca), del 1473, nella<br />
chiesa omonima e due busti del Santo,<br />
nel museo della stessa chiesa; poi la<br />
grande Madonna con Bambino (1478),<br />
sulla facciata di Palazzo d’Accursio,<br />
anch’essa da poco ripulita e visibile<br />
in bellissima luce; e, soprattutto, il<br />
famoso Compianto sul Cristo morto,<br />
in Santa Maria della Vita, oggetto<br />
30
Bologna<br />
da sempre di stupita ammirazione,<br />
opera composita e di grande impatto<br />
emotivo, con il gruppo delle tre Marie<br />
che nel XVII secolo Giulio Cesare<br />
Malvasia, commentando l’opera,<br />
definì “sterminatamente piangenti”.<br />
Scorrendo sempre la fila dei finestroni,<br />
si noterà (nel secondo a partire dalla<br />
facciata) una grande scritta in facile<br />
latino, che segnala come, all’interno<br />
della chiesa, sia conservato il tesoro di<br />
Angelo reggicandelabro,<br />
Arca di San Domenico | Basilica di San Domenico<br />
Felsina. Il finestrone corrisponde alla<br />
quarta cappella interna alla chiesa,<br />
che si trova a sinistra dell’entrata,<br />
conosciuta come Cappella Bolognini.<br />
Il tesoro di Felsina, segnalato<br />
dall’iscrizione esterna, è costituito<br />
dai resti del corpo di San Petronio:<br />
il capo, che era conservato con<br />
gli altri resti in Santo Stefano, fu<br />
traslato in San Petronio il 3 ottobre<br />
1873; le ulteriori reliquie furono<br />
traslate con solenne processione aux<br />
flambeau nell’anno 2000, per volere<br />
del cardinale Giacomo Biffi, dalla<br />
Basilica del Santo Sepolcro (una delle<br />
‘sette chiese’ di Santo Stefano) in San<br />
Petronio, dove, ricongiunte al teschio,<br />
si trovano tutt’ora. Un particolare poco<br />
conosciuto è che all’arrivo dell’urna<br />
con i sacri resti, furono solennemente<br />
cantate le litanie ai Santi bolognesi,<br />
di cui pochi conoscono l’esistenza. In<br />
queste litanie figurano tutti i santi e i beati<br />
che vissero e operarono nella città di<br />
Felsina (come si canta nel solenne inno<br />
dedicato alla Madonna di San Luca),<br />
cominciando dai protomartiri Vitale<br />
e Agricola, fino ai recenti beati don<br />
Giovanni Fornasini, ucciso dai nazisti<br />
nel corso della carneficina conosciuta<br />
come “strage di Marzabotto”, e padre<br />
Olinto Marella, conosciuto come il<br />
padre degli ultimi, di cui ancora molti<br />
ricordano il ‘famoso’ cappello, che i<br />
bolognesi riempivano quotidianamente<br />
di offerte per i ragazzi del ‘prete dei<br />
poveri’, all’angolo tra via Caprarie e<br />
via Drapperie. Ed ora un’immagine in<br />
terracotta ne ricorda, proprio in quel<br />
luogo, la presenza, l’impegno, la fede.<br />
Settimo Finestrone dalla facciata della Basilica di San Petronio<br />
I romanzi e i volumi di ZUcchini<br />
Sono diversi i libri di Gian Luigi Zucchini attualmente disponibili. L’ultimo è il romanzo pubblicato<br />
da Edizioni Efesto, “Verso l’altra parte del cielo”. Vittoria è una donna del popolo - si legge nella<br />
sinossi - nasce in una famiglia molto povera in un antico vicolo del centro storico di Bologna,<br />
città dove si svolge il racconto. Insieme a Vittoria ci sono tanti altri personaggi, con le loro<br />
microstorie: dalla nonna Marianna, ai genitori, alle vicine di casa, alle amiche d’infanzia, al marito;<br />
tutti coinvolti in questo suggestivo romanzo corale che, attraverso la vita della protagonista,<br />
ripercorre in sintesi gli eventi lieti e drammatici dell’ultimo secolo, dall’inizio del Novecento fino<br />
alla partenza di lei per la terra d’Israele, evento con cui si chiude il romanzo. Per il Gruppo<br />
Studi Savena Setta Sambro, ha invece scritto “Una scuola e 50 bambini tra macerie e speranze”,<br />
un libro di ricordi sull’esperienza da maestro di scuola elementare dello stesso Zucchini, e<br />
“L’Appennino: una stagione ritrovata – Avventure e disavventure letterarie”. Per Pendragon ha<br />
pubblicato “Antiche storie di libri e di vita”.<br />
INFO: gianluigizucchini34@gmail.com<br />
31
FOTO ARCHIVIO BERTOZZI<br />
<strong>Nelle</strong><br />
IL TABELLINO<br />
Roma, domenica 7 giugno 1964,<br />
Stadio Olimpico, ore 17.00<br />
BOLOGNA-INTER 2-0
FINO ALLA FINE FORZA BOLOGNA<br />
BOLOGNA: Negri, Furlanis, Pavinato, Tumburus, Janich, Fogli, Perani, Bulgarelli, H. Nielsen, Haller, Capra. All. Bernardini<br />
INTER: G. Sarti, Burgnich, Facchetti, Tagnin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola I, Milani, Suarez, Corso. All. H. Herrera<br />
MARCATORI: 75’ aut. Facchetti, 83’ H. Nielsen<br />
Arbitro: Concetto Lo Bello di Siracusa
PERSONAGGI<br />
Piccole grandi storie<br />
su chi merita<br />
di essere ricordato<br />
a cura di Claudio Evangelisti<br />
Nel XV secolo la città era ritenuta ”il<br />
principale vivaio di aspiranti inquisitori<br />
dell’Italia rinascimentale”. La prima<br />
parte della storia di Gentile Budrioli<br />
BOLOGNA e la<br />
caccia alle streghe<br />
Piazza Maggiore, 14 luglio 1498,<br />
è qui che viene condotta all’ultimo<br />
supplizio quella che fu una donna<br />
bella, istruita, ricca e potente. Si<br />
chiamava Gentile Budrioli conosciuta<br />
ancora oggi come “la strega<br />
enormissima di Bologna”, processata<br />
e condannata al rogo per aver guastato<br />
et amaliato infinite persone e fattone<br />
morire assai.<br />
A Bologna presso il convento di<br />
San Domenico dal 1233 risiedeva il<br />
tribunale dell’inquisizione tra i più<br />
attivi e feroci d’Italia. Nel XV secolo<br />
la sede di Bologna, di competenza<br />
domenicana e appartenente alla<br />
Congregazione Osservante di<br />
Lombardia era considerata più<br />
importante del rispettivo distretto di<br />
Milano. La città felsinea godeva di un<br />
notevole prestigio sia per la presenza<br />
nella grande chiesa conventuale<br />
della tomba del fondatore dell’ordine<br />
domenicano, sia perché sede di un<br />
importante Studium, integrato nella<br />
facoltà teologica dell’Università di<br />
Bologna. Questo studio universitario<br />
era ritenuto “il principale vivaio<br />
di aspiranti inquisitori dell’Italia<br />
rinascimentale” e rappresentò una<br />
delle sedi più prestigiose ed ambite.<br />
Il principale artefice delle ondate<br />
persecutorie che scatenarono la caccia<br />
alle streghe fu il frate domenicano di<br />
origine alsaziana Heinrich Kramer<br />
che pubblicò il Malleus Maleficarum,<br />
il famigerato trattato che contribuì<br />
alla repressione delle presunte<br />
stregonerie. Secondo questo trattato,<br />
vi erano prove certe di stregoneria a<br />
cui sottoporre gli indagati prima della<br />
tortura. Una di queste consisteva nella<br />
Prova dell’acqua: secondo Plinio il<br />
vecchio le streghe galleggiavano,<br />
quindi le indagate venivano immerse<br />
nell’acqua (di un fiume o di un lago)<br />
per 10 – 15 minuti con la mano destra<br />
legata al piede sinistro. Trascorso<br />
questo tempo se erano ancora vive<br />
era provata la loro colpevolezza e<br />
condannate al rogo, se erano morte<br />
erano innocenti. Il domenicano Kramer<br />
conobbe personalmente a Bologna<br />
il confratello Giovanni Cagnazzo,<br />
l’Inquisitore che condannò Gentile<br />
Budrioli. Entrambi erano ossessionati<br />
dalla paura profonda verso le donne<br />
dotate di carisma e perciò ritenute<br />
streghe. Donne il cui sapere le portava<br />
a essere considerate pericolose. Infatti<br />
nel corso del cinquecento Padre<br />
Cagnazzo contribuì a diffondere la<br />
credenza di una setta organizzata di<br />
streghe e stregoni eretici tramite la<br />
sua enciclopedia Summa Summarum<br />
dove cita esplicitamente il Malleus. Va<br />
anche aggiunto che Bologna fu la sede<br />
della prima Compagnia della Croce<br />
fondata dall’inquisitore domenicano<br />
Corrado di Germania e fu incaricata<br />
di finanziare la costruzione di una<br />
prigione, nonché di fornire sostegno<br />
finanziario e morale all’inquisitore di<br />
Bologna.<br />
GENTILE BUDRIOLI IN CIMIERI<br />
Le bolognesi condannate per<br />
stregoneria erano per lo più<br />
astrologhe, erboriste, prostitute,<br />
donne che sapevano curare i malati,<br />
ma che una scienza ferma ai precetti<br />
medici dell’antica Grecia non poteva<br />
accettare. Secondo le confessioni<br />
ottenute dall’inquisizione le streghe<br />
si radunavano per il sabba nei boschi<br />
vicino a Paderno volandovi su scope o<br />
bastoni, però bisogna considerare che<br />
allora nel bolognese era molto diffusa<br />
la coltivazione della canapa e presso i<br />
contadini si era soliti mangiare quello<br />
che si produceva e pertanto erano<br />
molto usate ricette a base di canapa<br />
che procuravano allucinazioni<br />
da cui tali confessioni. Gentile<br />
Budrioli, figlia di Nicolò Budrioli,<br />
nacque in una famiglia benestante<br />
di Bologna. Sposò con una cerimonia<br />
sontuosa il ricco notaio Alessandro<br />
Cimieri, la dote che Gentile portò al<br />
marito fu di ben 500 ducati d’oro e<br />
andò a vivere con lui nel Torresotto<br />
di Porta Nova, compreso nella mura<br />
del Mille, di fronte alla Basilica di<br />
San Francesco. Negli atti processuali<br />
Gentile viene descritta come una<br />
graziosa brunetta che passeggiava per<br />
Bologna con vesti di seta e di velluto,<br />
con orecchini preziosi, braccialetti<br />
34
<strong>Nelle</strong><br />
A no X I - numero 51 - O TOBRE - NOVEMBRE - DICEMBRE 2021<br />
Torresotto di via Portanova<br />
d’oro e perle al collo e tra i capelli. In<br />
più aveva un servo che la precedeva e<br />
due damigelle che la seguivano. Colta<br />
e sempre assetata di conoscenza,<br />
aveva frequentato le lezioni di<br />
astrologia tenute dal professore<br />
universitario Scipione Manfredi e<br />
aveva appreso le arti erboristiche<br />
da Frate Silvestro del convento<br />
francescano nei pressi della sua<br />
casa. Si narra che, circondata sempre<br />
NATURA, CULTURA, TRADIZIONI E TURISMO SLOW TRA LA MONTAGNA E LA PIANURA<br />
<strong>Nelle</strong><br />
da persone importanti e servitori<br />
ubbidienti, la Signora di Bologna non<br />
poteva nascondere le sue attenzioni<br />
per un’amante (nella Bologna<br />
del Cinquecento era uso comune<br />
averceli). Nonostante l’ostilità del<br />
marito, iniziò a mettere a disposizione<br />
degli altri le sue conoscenze di<br />
medicina e ben presto in città si diffuse<br />
la fama del suo sapere, unita alla rara<br />
capacità di comprendere e qualche<br />
Quindici anni di articoli, ricerche e fotografie<br />
sulla storia, la natura e la cultura dei nostri territori<br />
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NATURA, CULTURA, TRADIZIONI E TURISMO SLOW TRA LA MONTAGNA E LA PIANURA<br />
A no X I - numero 50 - LUGLIO - AGOSTO - SE TEMBRE 2021<br />
<strong>Nelle</strong><br />
NATURA, CULTURA, TRADIZIONI E TURISMO SLOW TRA LA MONTAGNA E LA PIANURA<br />
A no X I - numero 49 - APRILE - MAGGIO - GIUGNO 2021<br />
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<strong>Nelle</strong><br />
NATURA, CULTURA, TRADIZIONI E TURISMO SLOW TRA LA MONTAGNA E LA PIANURA<br />
A no X I - numero 46 - O TOBRE - NOVEMBRE - DICEMBRE 2020<br />
<strong>Nelle</strong><br />
NATURA, CULTURA, TRADIZIONI E TURISMO SLOW TRA LA MONTAGNA E LA PIANURA<br />
A no X I - numero 4 - GENNAIO - FE BRAIO - MARZO 2020<br />
Ritratto di giovane donna<br />
di Charles Frederick Naegele<br />
generalmente attribuito a Budrioli<br />
volta risolvere i problemi psicologici<br />
delle altre persone. Anche Ginevra<br />
Bentivoglio, moglie del Signore di<br />
Bologna, Giovanni II, volle conoscerla<br />
e diventarne amica.<br />
Per sapere come va a finire la storia di<br />
Gentile Budrioli, leggete il prossimo<br />
numero di <strong>Nelle</strong> valli <strong>Bolognesi</strong> in<br />
uscita la prossima estate<br />
www.nellevalli.it
PERSONAGGI<br />
Nell’ottantesimo anniversario della<br />
morte, il ricordo dell’ufficiale trucidato<br />
dai tedeschi alle Fosse Ardeatine<br />
Tenente colonnello<br />
Giorgio Ercolani<br />
Testo di Anna Maria Galliani<br />
Certo che il destino è proprio strano, combina bizzarri<br />
incontri in vita, ma non si arresta nemmeno dopo la<br />
morte. Nel Cimitero Monumentale della Certosa di<br />
Bologna la contessa Cornelia Rossi di San Secondo<br />
riposa accanto a suo marito l’ingegnere architetto<br />
Giovanni Battista Martinetti, progettista, fra l’altro, del<br />
Parco della Montagnola, di Villa Spada e del suo giardino<br />
all’italiana, del cinema Contavalli assieme a Nadi, della<br />
nuova strada Porrettana. Lei, nobildonna romagnola di<br />
Lugo, era famosa per la sua seducente bellezza, per<br />
la brillante intelligenza e per il cenacolo culturale,<br />
noto in Europa come “Il Tempio della Venere Bruna”<br />
con chiaro riferimento ad essa. Lo creò nella casa con<br />
giardino di via San Vitale 56, affascinando visitatori del<br />
calibro di Giacomo Leopardi, Vincenzo Monti, Antonio<br />
Canova, Ludwig di Baviera, George Byron, René de<br />
Chateaubriand, Stendhal, si mormora forse addirittura<br />
Napoleone Bonaparte e Ugo Foscolo, che la immortalò<br />
nel suo poema “Le Grazie” sotto le spoglie di Polinnia,<br />
musa del canto sacro. Ella parlava correntemente le<br />
principali quattro lingue europee oltre al latino. La sua<br />
tomba si trova nella galleria di collegamento fra i tre<br />
chiostri X - III – V Maggiore, di fronte alla Sala di San<br />
Paolo.<br />
La contessa, morta ottantaseienne dopo una dorata<br />
esistenza, ha come dirimpettaio un giovane ufficiale,<br />
perito nel fiore degli anni in modo tragico: il tenente<br />
colonnello Giorgio Ercolani, trucidato dai tedeschi alle<br />
Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944, di tutti i 335 Martiri<br />
uno dei pochi non tumulati nei rispettivi sacelli a Roma.<br />
Merita di essere ricordato, poiché ricorre quest’anno<br />
l’80° Anniversario di quel triste episodio.<br />
Nato a Cremona, risiedeva a Bologna con i suoi genitori:<br />
la mamma Alessandra Tassinari e il padre Ercole, generale<br />
che aveva combattuto in Africa e di quella terra serbava<br />
interessanti reperti nella bella casa di via Odofredo, sul<br />
colle dell’Osservanza. L’avida guerra ghermì a lui e a<br />
tanti, troppi ragazzi, la spensierata gioventù. Militava<br />
nell’Esercito Italiano e, dopo l’8 settembre 1943, entrò a<br />
far parte del Fronte Militare Clandestino Romano e nello<br />
specifico del “Centro R”, servizio di informazioni della<br />
Resistenza, segretamente in contatto con la N1 Special<br />
Force britannica per missioni di aiuto e coordinamento<br />
delle formazioni partigiane in attività nell’Italia occupata.<br />
Il comandante e animatore del Fronte era il colonnello<br />
Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo che, dismessa<br />
la divisa militare, operò dapprima con la falsa identità<br />
di ingegner Giacomo Cateratto, poi mutata in professor<br />
Giuseppe Martini. In effetti lui era davvero laureato in<br />
ingegneria e aveva pure insegnato. Per evitare rappresaglie<br />
naziste sui civili, Montezemolo aveva raccomandato di<br />
non compiere attentati contro i tedeschi, specialmente<br />
nei centri urbani.<br />
Il 25 gennaio 1944 venne arrestato dalle SS in seguito<br />
a delazione, la cui provenienza resta controversa e<br />
oscura, ancor oggi dibattuta. Fu tradotto nel famigerato<br />
carcere di via Tasso, dal quale riuscì fortunosamente a<br />
scrivere alcuni messaggi in uno dei quali si legge: “… Se<br />
tutto andasse male … (probabile diminutivo illeggibile<br />
della moglie Amalia) sappia che non sapevo di amarla<br />
tanto e rimpiango solo lei ed i figli. Confido in Dio. Però<br />
occorre aiutarsi. Io non posso che resistere e durare. Lo<br />
farò per quanto umanamente possibile”. In prigione si<br />
trovava già anche il suo fidato collaboratore Giorgio<br />
Ercolani con altri compagni del Fronte, tutti subirono<br />
interrogatori e torture, lui era stato catturato tre giorni<br />
prima insieme alla fidanzata e ad un amico, questi due<br />
furono rilasciati il giorno successivo. Poco tempo dopo,<br />
Ercolani poté avere un unico brevissimo colloquio con<br />
la madre, fu l’ultima volta che lei lo vide. Entrambi erano<br />
agli arresti da due mesi quando nel primo pomeriggio del<br />
23 marzo avvenne l’attentato partigiano di via Rasella ai<br />
danni della 11a Compagnia 3° Battaglione Reggimento<br />
Bolzano, composto da altoatesini reclutati dai tedeschi<br />
dopo l’occupazione. Era un Corpo di Polizia addetto<br />
al mantenimento dell’ordine pubblico. Lo scoppio<br />
dell’ordigno nascosto in un carretto della spazzatura e il<br />
lancio di alcune granate causarono la morte immediata di<br />
32 militari e due civili, tra cui un ragazzino di 12 anni, e<br />
la sparatoria che ne seguì tra le parti uccise altri 4 civili. Si<br />
disse che l’ira di Hitler sul momento fu tremenda, voleva<br />
che fosse raso al suolo l’intero quartiere e venissero<br />
giustiziate 50 persone per ogni militare, invece alle ore<br />
20.00 arrivò l’ordine ufficiale di uccidere 10 uomini<br />
pro capite entro 24 ore. Iniziò il febbrile reperimento<br />
36
Bologna<br />
A destra,<br />
Giuseppe Cordero<br />
Lanza di Montezemolo<br />
di 320 vittime, alcune prese dai rastrellamenti e tutte<br />
le altre già detenute nelle carceri cittadine, tra queste<br />
anche Ercolani e Montezemolo. Durante la notte morì<br />
il 33° militare per gravi ferite riportate, e il comandante<br />
Herbert Kappler aggiunse altre 10 persone alla lista dei<br />
condannati.<br />
Il giorno successivo, 24 marzo 1944, furono portati<br />
alle Grotte Ardeatine, cava abbandonata di pozzolana<br />
lungo l’Appia Antica, legati con una corda per mano a<br />
due a due e uccisi con un colpo di pistola alla nuca.<br />
I trasferimenti si protrassero per tutto il giorno e verso<br />
il termine dell’esecuzione i tedeschi si accorsero che<br />
vi erano 5 persone in più, 335 in totale. Quei cinque<br />
avrebbero dovuto essere risparmiati, ma purtroppo per<br />
loro erano diventati testimoni scomodi e furono anch’essi<br />
uccisi. Infine la cava fu fatta saltare per occultare o<br />
almeno ritardare la scoperta dei cadaveri.<br />
Joseph Reider, un disertore austriaco, fu l’unico<br />
sopravvissuto alla strage delle Fosse Ardeatine. <strong>Nelle</strong><br />
sue memorie si legge: “… Non oso descrivere i visi<br />
supplichevoli e disperati, né ricostruire in pieno il<br />
momento tragico e crudele. Accennerò soltanto ad<br />
un colonnello che stava davanti a me, credo un certo<br />
Montezemolo, dal volto già gonfio per le percosse e i<br />
colpi ricevuti, con un’enorme borsa sotto l’occhio destro,<br />
il cui aspetto stanco ma tuttavia marziale ed eroico non<br />
poteva nascondere le passate sofferenze. Tutti avevano<br />
i capelli irti e molti erano incanutiti nel frangente<br />
per le perdute speranze, assaliti dal terrore o colti da<br />
improvvisa pazzia. In mezzo al frastuono udii esclamare<br />
con voce mesta e supplichevole: “Padre, benediteci!”.<br />
In quel momento accadde qualcosa di sovrumano:<br />
deve aver operato la mano di Dio perché don Pietro<br />
(Pappagallo) riuscì a liberarsi dai suoi vincoli (era legato<br />
per mano allo stesso Reider) e pronunciò una preghiera,<br />
impartendo a tutti la sua paterna benedizione”. Lo<br />
scrivente approfittò di questo momento e si diede alla<br />
fuga, ma fu catturato, riportato in carcere e in seguito<br />
processato sommariamente per diserzione e condannato<br />
a morte. Il provvidenziale arrivo degli Americani a Roma<br />
gli permise di salvarsi dall’esecuzione.<br />
Il regista Roberto Rossellini si ispirò alla figura di don<br />
Pietro Pappagallo per il personaggio interpretato da Aldo<br />
Fabrizi nel film “Roma città aperta”.<br />
I responsabili dell’eccidio furono processati e condannati<br />
(Kappler all’ergastolo) non per l’uccisione dei 320,<br />
eseguita per obbedienza a ordine supremo militare<br />
in tempo di guerra, bensì per le vittime eccedenti tale<br />
numero decise in modo arbitrario.<br />
Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo aveva 42<br />
anni, moglie e 5 figli. Per meriti militari fu insignito di 3<br />
Medaglie al Valore: Oro, Argento e Bronzo. Riposa nel<br />
Cimitero Monumentale di Torino.<br />
Giorgio Ercolani aveva 32 anni ed era figlio unico. Gli<br />
fu conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare. Il<br />
babbo e la mamma vollero che i suoi resti riposassero in<br />
Certosa a Bologna, nella tomba della famiglia materna,<br />
i Tassinari. Mamma Alessandra scriveva ogni anno<br />
una raccomandata al Presidente della Repubblica per<br />
chiedere che anche gli attentatori di via Rasella venissero<br />
condannati, al pari dei tedeschi.<br />
La breve via che collega Porta Lame al Palazzetto dello<br />
Sport è intitolata a Giorgio Ercolani.<br />
.<br />
Nel portico di San Luca, tra gli archi 462 e 463 posti<br />
fra le Cappelle del VII e VIII Mistero, si legge questa<br />
targa:<br />
“PER RICORDARE<br />
GIORGIO ERCOLANI<br />
VALOROSO TENENTE COLONNELLO DI S.M.<br />
A 32 ANNI INCARCERATO A ROMA<br />
E TRUCIDATO ALLE FOSSE ARDEATINE<br />
PER AVERE AMATO E SERVITO<br />
CON FEDELTA’ LA PATRIA<br />
LA MAMMA E IL BABBO<br />
1955<br />
Nella galleria della Certosa la Contessa e l’Ufficiale<br />
si guardano silenziosi nel riposo eterno e il vento che<br />
in certi giorni la percorre impetuoso porta lontano i<br />
loro pensieri.<br />
37
In giro per la Bassa<br />
A San’Agata bolognese<br />
un’oasi di verde e cultura:<br />
10.000 querce per mitigare<br />
l’impatto della produzione<br />
automobilistica<br />
Il Parco<br />
Lamborghini<br />
Testi di Elena Boni – Paola Verini<br />
Foto di Comune di Sant’Agata Bolognese<br />
A Sant’Agata Bolognese nel 2011, da<br />
una collaborazione tra le Università di<br />
Bologna, Bolzano e Monaco, ha preso<br />
vita il progetto “Bosco delle Querce”:<br />
una ricerca scientifica sui diversi ritmi<br />
di crescita e assorbimento di anidride<br />
carbonica da parte di alberi di quercia.<br />
La ricerca è stata promossa e finanziata<br />
da Automobili Lamborghini, storica<br />
azienda del territorio che costituisce<br />
un’eccellenza produttiva mondiale<br />
e una risorsa economica e lavorativa<br />
fondamentale per la zona. Intenzione<br />
dell’azienda era creare su valide basi<br />
scientifiche un “polmone verde” in<br />
risposta all’inquinamento creato con la<br />
produzione automobilistica.<br />
A fianco dei cinque ettari di terreno<br />
dedicati al progetto scientifico e delle<br />
10 mila querce che vi sono state<br />
piantumate, in collaborazione con il<br />
Comune di Sant’Agata Bolognese, è<br />
stato realizzato un vero e proprio parco<br />
con finalità naturalistico-ricreative e<br />
didattiche.<br />
NATURA E SCIENZA<br />
L’area è dotata di un percorso che<br />
consente di apprezzare un arboreto<br />
(rassegna di alberi delle diverse specie<br />
tipiche della pianura), un arbusteto,<br />
una zona umida palustre (ricostruzione<br />
dell’ambiente acquatico delle paludi),<br />
una zona umida lacustre (ricostruzione<br />
dell’ambiente acquatico degli stagni),<br />
un boschetto igrofilo (ricostruzione del<br />
bosco legato agli ambienti acquatici),<br />
un boschetto mesofilo (ricostruzione del<br />
bosco di pianura), una siepe e un filare<br />
alberato. L’ambiente acquatico ricreato è<br />
particolarmente ricco di specie animali e<br />
vegetali e vi si coglie a colpo d’occhio la<br />
ricchezza di biodiversità che potremmo<br />
avere ancora nelle nostre acque, se ci<br />
impegnassimo a tenerle più pulite. Nei<br />
piccoli bacini d’acqua in primavera<br />
possono essere osservati migliaia di<br />
girini di rospo smeraldino che nell’area<br />
hanno trovato un luogo di rifugio, ma<br />
anche la rana verde e alcuni tritoni. Il<br />
parco è inoltre sede di un importante<br />
progetto di biomonitoraggio ambientale<br />
con le api a cura dell’entomologa Bettina<br />
Maccagnani. Le api ospiti del parco<br />
sono vere e proprie sentinelle in grado<br />
di rilevare il grado di inquinamento<br />
dell’aria, in particolare la presenza di<br />
metalli pesanti, nel raggio di diversi<br />
chilometri dallo stabilimento. Vicino<br />
all’area boschiva trova posto una<br />
struttura prefabbricata in legno utilizzata<br />
per finalità didattiche e ricreative.<br />
VIVERE IL PARCO<br />
Il parco è sempre aperto per i dipendenti<br />
dell’azienda Automobili Lamborghini.<br />
Grazie a una convenzione col Comune<br />
di Sant’Agata Bolognese, inoltre,<br />
viene aperto e reso fruibile a tutta la<br />
cittadinanza nei fine settimana tra<br />
aprile ed ottobre di ogni anno. In tali<br />
periodi il Comune assicura i servizi<br />
di vigilanza, pulizia ed apertura del<br />
parco. Per l’utilizzo del parco vige<br />
anche un regolamento, costruito al fine<br />
di assicurare la sostenibilità ambientale<br />
della gestione. La convenzione,<br />
rinnovata nell’anno 2022, prevede<br />
all’art 3: “(…) <strong>Nelle</strong> giornate di fruizione<br />
pubblica, qualora, nell’ambito di progetti<br />
istituzionali, didattici, ricreativi venga<br />
manifestata al Comune la volontà di<br />
svolgimento di iniziative all’interno del<br />
parco, iniziative ulteriori rispetto alle<br />
consuete modalità di fruizione pubblica,<br />
il Comune provvederà a sottoporre<br />
la relativa richiesta all’attenzione di<br />
Automobili Lamborghini (…)”. Sono<br />
stati quindi ideati e organizzati dal<br />
Servizio amministrativo dell’Area tecnica<br />
del Comune eventi di valorizzazione<br />
ambientale che esplorano annualmente<br />
temi diversi.<br />
Diventa un punto di distribuzione<br />
della rivista<br />
Puoi contattarci al numero 334.8334945 o scrivere una<br />
mail a: distribuzione.vallibolognesi@gmail.com<br />
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038
3931<br />
San’Agata Bolognese<br />
IN PROGRAMMA<br />
Nel 2022 si sono svolti incontri di<br />
yoga gratuiti e aperti a tutti, un’attività<br />
esperienziale sul labirinto, un<br />
laboratorio di disegno naturalistico<br />
per bambini in occasione dei 500 anni<br />
dalla nascita di Ulisse Aldrovandi,<br />
un laboratorio di fotografia e un<br />
concerto conclusivo. Nel 2023 si è<br />
costruito, anche con la collaborazione<br />
della Partecipanza Agraria, il Festival<br />
Inclusivo Divertente e Sostenibile<br />
(FIDES), rivolto alle tre scuole del<br />
territorio con diversi laboratori e<br />
mostre realizzati in modalità itinerante<br />
per valorizzare le risorse naturali e<br />
antropiche del territorio. Si sono svolti<br />
inoltre spettacoli musicali e di danza, un<br />
progetto di moda sostenibile realizzato<br />
da sole ragazze, una rievocazione<br />
storico-letteraria dedicata alle famiglie<br />
santagatesi del dopoguerra, numerose<br />
attività di educazione ecologica.<br />
Domenica 21 aprile si svolgerà<br />
un’iniziativa ecologica in<br />
collaborazione con la sezione<br />
Scout di Sant’Agata Bolognese e<br />
Geovest Srl: al mattino partirà una<br />
gara a squadre per raccogliere i<br />
rifiuti attraverso le vie del paese,<br />
con arrivo e premiazione finale al<br />
parco. A seguire, intorno alle ore 12<br />
il Consorzio della Bonifica Burana<br />
offrirà a grandi e piccini lo spettacolo<br />
di animazione teatrale “Divertiamoci<br />
col ciclo dell’acqua” di Lorenzo<br />
Bonazzi (La Piccola Carovana coop.<br />
soc.).<br />
Venerdì 24 maggio al pomeriggio<br />
si svolgerà “Mettiamo Radici al<br />
Parco/2”: un progetto sulla riscoperta<br />
della canapa, per secoli coltivata e<br />
lavorata nel territorio. Gli alunni della<br />
Scuola Steineriana “Il Ramo d’Oro”<br />
di S. Agata realizzeranno animazioni<br />
teatrali a tema mentre il corso<br />
“Tecnico sistema moda” dell’Ist.<br />
“Malpighi” di Crevalcore offrirà un<br />
allestimento di abiti “scolpiti” con la<br />
tecnica moulage.<br />
Domenica 2 giugno, Festa della<br />
Repubblica, i cori “I Castellani<br />
della Valle” di Crevalcore e “Coro<br />
Aurora” di Bologna rievocheranno le<br />
tradizioni e la storia del territorio con<br />
brani scelti dalla direttrice Angela<br />
Troilo.<br />
Per informazioni:<br />
Paola Verini | Comune di<br />
Sant’Agata Bolognese<br />
051 6818929<br />
paola.verini@comune.<br />
santagatabolognese.bo.it<br />
www.comune.santagatabolognese.<br />
bo.it/parco-lamborghini<br />
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La nostra STORIA<br />
A Carteria di Sesto c’è una delle più antiche chiese<br />
della Valle del Savena<br />
Alle origini dell’oratorio di<br />
Santa Maria del Mileto<br />
Testi di Gianluigi Pagani<br />
Nella località di Carteria di Sesto,<br />
frazione di Rastignano, Comune<br />
di Pianoro, esiste una delle più<br />
antiche chiese della Valle del Savena,<br />
denominata “Oratorio di Santa Maria<br />
del Mileto”, che le persone del luogo<br />
chiamano “Chiesuola”. Le prime<br />
notizie ufficiali di tale edificio sono<br />
riportate in un antico documento<br />
del 1116, e poi nel 1336, quando il<br />
notaio Lenzio Cospi redige un atto<br />
con cui il prete Benvenuto dona alla<br />
sua chiesa di Santa Maria del Mileto<br />
di Sesto alcuni terreni sulla destra<br />
del corso Savena. Successivamente,<br />
nel 1392, nell’elenco delle chiese<br />
bolognesi, viene censita dal notaio<br />
Paolo Cospi la “Ecclesia Santa Maria<br />
del Mileto” al numero 744, unita alla<br />
chiesa di “Sant’Andrea di Sesto” al<br />
numero 745. Numerosi documenti<br />
successivi (ex multis, notaio Giacomo<br />
Grassi) confermano l’attività di questa<br />
chiesa, che nel 1566 ha ricevuto la<br />
visita pastorale del cardinal Gabriele<br />
Paleotti e nel 1692 quella del<br />
cardinale Girolamo Boncompagni.<br />
Negli stessi anni il Casolari riferisce<br />
che la chiesa di Santa Maria del<br />
Mileto riceve dal marchese Tadeo<br />
Pepoli “…16 quattrini ed un cappone<br />
come canone per un pezzo di terra<br />
con un camino ed una camera”.<br />
Lo stesso oratorio è appartenuta<br />
nel 1378 al Plebanato del Pino, e<br />
poi con il rogito del notaio Vitale<br />
Antonio Maltacheti del 1500 è stata<br />
unita in modo perpetuo alla chiesa di<br />
Sant’Andrea. Il 12 ottobre 1760 altri<br />
documenti riferiscono che il parroco<br />
Arcangeli concede di tumulare<br />
all’interno della chiesa la salma di<br />
uno degli enfiteuti, esattamente il<br />
notaro Franco Antonio Galli. Nella<br />
ultima compravendita del notaio<br />
Sassoli del 31 dicembre 1946 alcuni<br />
terreni vengono venduti insieme<br />
alla stessa chiesa, con l’obbligo alla<br />
compratrice di mantenere l’edificio<br />
religioso adibito in perpetuo al culto.<br />
L’oratorio è l’unica chiesa della Valle<br />
del Savena, insieme alla Chiesa dei<br />
Santi Pietro e Girolamo di Rastignano,<br />
ad essere rimasta indenne dopo i<br />
gravissimi bombardamenti alleati<br />
della Seconda guerra mondiale, che<br />
rasero al suolo il 98% degli edifici<br />
civili e religiosi di Pianoro, definita la<br />
“Montecassino del nord”. All’interno<br />
dell’Oratorio si trova un pregevole<br />
affresco del 1518, una pala d’altare<br />
raffigurante la Madonna con Gesù<br />
Bambino e San Giovannino, con<br />
ai lati i santi Pietro e Sebastiano.<br />
L’oratorio è stata sede provvisoria<br />
parrocchiale della comunità locale<br />
fino al 19<strong>61</strong>, quando l’allora ‘vicario<br />
sostituto’ padre Stefano Marchioro<br />
ha trasferito la parrocchia nel centro<br />
abitato della vicina Carteria di Sesto,<br />
adibendo a chiesa un locale di nuova<br />
costruzione. Questa frazione prende<br />
il suo nome dalla definizione romana<br />
ad sextum lapidem in quanto dista<br />
da Bologna, in particolare da piazza<br />
Santo Stefano, sei miglia romane.<br />
I romani segnavano ogni miglia<br />
con una pietra, dove era indicato il<br />
numero e la distanza. Tale numero<br />
veniva quindi scritto ad sextum<br />
lapidem, da cui la denominazione di<br />
Sesto. La frazione anticamente aveva<br />
anche un castello alle falde del Monte<br />
detto Pollicino, ora Monte Pulcino,<br />
dove passava una via romana. Detto<br />
castello è stato distrutto dalla fazione<br />
avversa dei Lambertazzi, che hanno<br />
invaso il bolognese dalla vicina<br />
Faenza. Nel 1056, nel documento<br />
di manomissione della schiava<br />
Clariza, fatta dalla contessa Willa, fra<br />
i testimoni vi era Lamberto Foscolo<br />
figlio di Leone da Sesto. La località ha<br />
dato i natali a personaggi famosi fra<br />
i quali, il più illustre è sicuramente il<br />
frate Chiaro da Sesto, professore, che<br />
ha vestito l’abito di San Domenico<br />
nel 1219 ed è morto a Civitavecchia<br />
nel 1235, in odore di santità.<br />
EMIL GREEN. L’ONDA VERDE<br />
DEL CAMBIAMENTO<br />
Emil Banca si impegna concretamente per rispondere alle sfide del<br />
cambiamento climatico e promuovere uno sviluppo sostenibile. Con Emil<br />
Green sosteniamo l’acquisto di veicoli elettrici, pannelli solari, impianti<br />
fotovoltaici e gli investimenti di chi ha a cuore la salute del nostro pianeta.<br />
IL CUORE NEL TERRITORIO<br />
4131
l’istallazione<br />
A Monterenzio la nuova scultura di land<br />
art del percorso Bologna Montana Art<br />
Trail. Dal 1 al 9 giugno il festival green<br />
con trenta eventi sui territori toccati dal<br />
cammino<br />
MOCCUS,<br />
il cinghiale celtico<br />
Testi di Anna Magli<br />
C’è una nuova opera sul percorso Bologna Montana Art<br />
Trail. Dopo Baofés - Il Soffione di Monghidoro, le Colonne<br />
della Memoria di Monzuno, il Lupus Lujanes di Loiano e San<br />
Giorgio e il Drago di San Benedetto Val di Sambro, anche<br />
Monterenzio ha la sua scultura di land art: il Cinghiale<br />
Celtico. Nel Pantheon delle divinità adorate dagli antichi<br />
Celti, il protettore dei cacciatori e delle foreste era Moccus,<br />
il dio cinghiale. Questo animale, così caro a quel popolo,<br />
era usato come simbolo su stendardi di guerra, sulle monete,<br />
armature, indumenti e vasellame. Il Moccus, realizzato con<br />
salice viminale, ora posa sul Parco Archeologico di Monte<br />
Bibele in prossimità del Centro Servizi ed è facilmente<br />
raggiungibile per visite. Il Cinghiale Celtico è diventato la<br />
quinta opera del percorso di Bologna Montana Art Trail,<br />
in continuazione del progetto creativo che porterà alla<br />
realizzazione, nell’arco di alcuni anni, di una galleria a cielo<br />
aperto, lunga circa 100 km, costellata di decine e decine<br />
di opere di land art. Questa forma d’arte contemporanea è<br />
caratterizzata dall’intervento diretto dell’artista sul territorio,<br />
utilizzando il paesaggio non solo come soggetto, ma come<br />
materia stessa dell’opera. Questo significa che gli artisti<br />
creano le loro opere avvalendosi principalmente di materiali<br />
raccolti sul territorio come alberi, rami, tronchi, sassi, terra<br />
e quanto d’altro il territorio mette a disposizione.<br />
Bologna Montana Art Trail si candida, fin dal suo esordio, a<br />
qualificarsi come unico e distintivo rispetto a tutti i cammini<br />
presenti sia in Italia che all’estero. Un contesto originale,<br />
dove la creatività dialoga con l’ambiente fino a fondersi in<br />
un unico itinerario con arte e natura che interagiscono in un<br />
processo di costante rinnovamento e trasformazione.<br />
Il programma di Viva il Verde prevede, dall’1 al 9 giugno<br />
2024, la quarta edizione di Bologna Montana Evergreen<br />
Fest, il Festival “diffuso” dell’ambiente e della sostenibilità.<br />
Saranno oltre trenta eventi e proprio l’1 giugno, oltre<br />
all’inaugurazione del percorso Bologna Montana Art Trail<br />
che sarà realizzata da un gruppo di podisti con una staffetta<br />
ambientale lungo i 100 km del percorso, si terrà anche la 2°<br />
edizione di Bologna Montana Land Art.<br />
I 10 artisti selezionati durante il periodo del Festival<br />
realizzeranno le nuove opere di land art che andranno ad<br />
aggiungersi a quelle già installate. Sarà un’attività molto<br />
interessante e coinvolgente perché Viva il Verde organizzerà<br />
alcune escursioni per osservare gli artisti durante le fasi di<br />
creazione delle varie opere.<br />
La rassegna Bologna Montana Land Art, contribuirà a<br />
connotare in modo distintivo Bologna Montan Art Trail<br />
rendendolo un progetto di intrattenimento unico nel suo<br />
genere con l’intento di farlo diventare, negli anni, un<br />
movimento in grado di attrarre persone da tutto il mondo.<br />
Bologna Montana Art Trail e la Rassegna Bologna Montana<br />
Land Art sono stati progettati prevedendo l’integrazione tra<br />
le due attività con l’obiettivo di creare un progetto innovativo<br />
in costante rinnovamento e trasformazione dove natura,<br />
ecologia, sport, tempo libero, arte e cultura interagiscono<br />
e dialogano tra di loro generando una piattaforma<br />
esperienziale e sorprendente dedicata a chi vuole vivere<br />
e condividere emozioni. Inoltre, da quest’anno, anche il<br />
Festival Bologna Montana Evergreen Fest si terrà lungo il<br />
percorso per rafforzare ulteriormente il progetto.<br />
L’Associazione Viva il Verde vuole rendere l’itinerario un<br />
progetto d’avanguardia che, nella sua esclusività, sia in<br />
grado di attrarre sui territori oltre a camminatori, biker e<br />
cavalieri anche persone interessate all’arte, all’estetica<br />
paesaggio, all’architettura del verde, all’ecologia, alle<br />
tecniche naturali rivolte al benessere fisico e mentale come,<br />
42
Monterenzio<br />
Foto 1:Il cinghiale celtico<br />
Foto 2: L’assessore regionale alla cultura Mauro Felicori e il<br />
Presidente di Viva il Verde Daniele Maestrami<br />
Foto 3: Escursionisti in posa a Mone Bibele<br />
ad esempio, la terapia forestale. In previsione di un pubblico<br />
sempre più eterogeneo, Viva il Verde lavora da mesi con<br />
altre associazioni, aziende e professionisti per dare vita ad<br />
un vero e proprio cartellone di eventi che si terrà nel corso<br />
dell’anno in prossimità delle opere. Il programma prevede:<br />
concerti, visite guidate, campus, eventi, convegni, iniziative<br />
legate al teatro e alla danza, workshop, presentazioni di<br />
libri, laboratori per le scuole e per adulti oltre ad attività di<br />
yoga e meditazione ed innumerevoli altre iniziative. Tutti<br />
eventi che saranno contestualizzati nell’ambito di Bologna<br />
Montana Art Trail che potrà connotarli in modo esclusivo e<br />
dargli un valore aggiunto particolare.<br />
Bologna Montana Art Trail con la sua forte componente<br />
innovativa si propone anche alle aziende come luogo non<br />
convenzionale dove realizzare seminari, gruppi di lavoro,<br />
team building e attività motivazionali.<br />
Il progetto ha già registrato ampio consenso e partecipazione,<br />
oltre che del pubblico, anche di istituzioni e amministratori,<br />
a partire dall’Assessore Regionale alla Cultura e al Paesaggio<br />
Mauro Felicori. Il calendario visite, che la stagione invernale<br />
ha momentaneamente rallentato ma mai interrotto, si<br />
annuncia ricco di richieste da molte regioni italiane grazie<br />
alla spontanea cassa di risonanza generata dalle visite di<br />
questi mesi e dall’interesse dei media.<br />
43
DA VEDERE<br />
Sembra un angolo di Iran ma è nel Parco dei Gessi e<br />
Calanchi dell’Abbadessa. L’avventura di tre amici che<br />
producono (e commercializzano) la preziosa spezia<br />
alle porte di Bologna<br />
Lo zafferano<br />
di Castel de’ Britti<br />
Testo di Alessandra Testa<br />
C’è un piccolo regno dello zafferano<br />
all’interno del Parco dei gessi<br />
bolognesi e calanchi dell’Abbadessa,<br />
il più grande parco carsico dell’Emilia-<br />
Romagna che, con i suoi quasi<br />
3.500 ettari di superficie, nel 2023 è<br />
stato riconosciuto come patrimonio<br />
dall’Unesco.<br />
Dietro questo sorprendente lembo di<br />
terra, che si estende per appena 150<br />
metri quadri quasi fosse un angolo<br />
di Iran, dai colori che ricordano<br />
i monti Sibillini fra le Marche e<br />
l’Umbria, si nasconde la storia di<br />
una grande amicizia, iniziata molti<br />
anni fa nei locali di un barbiere, fra<br />
tre ormai ex ragazzi: Cristian Greco,<br />
Andrea Querzè e Alessandro Fazioli.<br />
A coltivare la pianta dal cui fiore si<br />
ottiene la spezia, decisamente atipica<br />
per il territorio emiliano, sono proprio<br />
loro, i tre soci del Podere Castel de’<br />
Britti, che si trova a pochi chilometri<br />
da San Lazzaro di Savena e che fu<br />
fondato dal padre di Andrea, che di<br />
mestiere fa “l’acconciatore” ma che<br />
ha da sempre il lavoro della terra nel<br />
Cristian Greco, Andrea Querzè<br />
e Alessandro Fazioli:<br />
i tre soci del Podere Castel dè Britti<br />
dove coltivano<br />
lo zafferano a km zero<br />
che commercializzano<br />
con il marchio<br />
L’Oro Rosso dei Gessi <strong>Bolognesi</strong><br />
dna e il tarlo per i prodotti di stagione<br />
a chilometro zero. Una passione che<br />
ha trasmesso anche ai suoi compagni<br />
di avventura che, proprio perché<br />
anch’essi impegnati in altre attività<br />
lavorative, sono entrambi dipendenti<br />
dell’impresa di macchine automatiche<br />
Ima, la svolgono con la devozione che<br />
si concede solo ad un grande amore.<br />
“Per noi è più di un secondo lavoro –<br />
spiega infatti Greco – e trascorriamo<br />
tutto il nostro tempo libero in questa<br />
azienda agricola”.<br />
Persino la mattina, qualche ora prima<br />
di timbrare il cartellino per Cristian e<br />
Alessandro, e tutti i sacrosanti lunedì,<br />
quando i parrucchieri non esercitano,<br />
per Andrea. Fanno i turni, proprio come<br />
in fabbrica, ma coprono ogni ruolo:<br />
l’impianto dei bulbi, la raccolta dei<br />
fiori, l’operazione di mondatura, “con<br />
le nostre dita e le nostre unghie che<br />
si colorano di rosso”, e l’essiccatura.<br />
“Siamo perdutamente innamorati<br />
di queste colline – aggiunge –, ci<br />
siamo nati e per noi sono il luogo<br />
più bello del mondo”. Quando il<br />
podere già aveva scelto di distinguersi<br />
specializzandosi nella localissima<br />
coltivazione del carciofo violetto di<br />
San Luca, primo amore dei tre soci,<br />
l’idea dello zafferano è arrivata quasi<br />
per caso. Serendipity la chiamano gli<br />
inglesi. Mentre Cristian cercava altro,<br />
di godersi semplicemente un periodo<br />
di vacanza in Umbria, ecco che si<br />
palesa la folgorazione. “Davanti a quel<br />
terreno che assumeva una colorazione<br />
così spettacolare, mi sono chiesto: ma<br />
perché non posso esportare anche<br />
dalle nostre parti una meraviglia del<br />
genere?”. Detto e fatto. Condivisa la<br />
suggestione con Alessandro e Andrea,<br />
“dopo qualche tempo avevamo già<br />
acquistato da due vivaisti umbri<br />
certificati i primi duemila bulbi da<br />
impiantare”. Cristian utilizza la stessa<br />
pazienza con cui si dedica al “suo”<br />
zafferano, che ama indicare come<br />
“l’oro rosso dei Gessi bolognesi”, per<br />
ripercorrere le fasi della coltivazione.<br />
“Il bulbo si pianta alla fine del mese<br />
di agosto – racconta –. Con le prime<br />
piogge, inizia a germogliare e, verso<br />
la metà di ottobre, a fiorire. La<br />
fioritura dura molto poco, circa un<br />
mese. Ora siamo in marzo e cioè –<br />
spiega – in piena stagione vegetativa<br />
con solo le foglie in bella vista. Foglie<br />
che inizieranno a seccarsi con i primi<br />
caldi, verso maggio, consentendo<br />
sotto di esse la riproduzione dei<br />
bulbi”. Il Podere Castel de’ Britti fa<br />
parte dell’associazione Zafferano<br />
Italiano, che ha come obiettivo<br />
la tutela e la promozione dello<br />
zafferano prodotto in Italia secondo<br />
una storia che si tramanda di<br />
generazione in generazione oltre<br />
che la garanzia di tracciabilità del<br />
prodotto. L’azienda agricola è inoltre<br />
Presidio Slow Food e dal 2023 ha<br />
44
San Lazzaro<br />
ricevuto il marchio di denominazione<br />
comunale De.Co, un riconoscimento<br />
dalla Città Metropolitana di<br />
Bologna a salvaguardia dei prodotti<br />
agroalimentari del territorio locale.<br />
Non solo zafferano, dunque, ma anche,<br />
come si diceva, il carciofo. “Nel 2014<br />
Andrea e suo zio Graziano – accenna<br />
Cristian – cominciarono a piantare<br />
carciofi per il puro piacere di ricercare<br />
un prodotto che si distinguesse dagli<br />
altri, dando spazio a decine di varietà,<br />
spesso senza conoscerne il nome. Nel<br />
coglierli, scoprirono una varietà che si<br />
distingueva per profumo e dolcezza.<br />
“Par forza l’ è bon – gli disse allora<br />
un esperto, tal Mattioli, che poi ci<br />
vendette migliaia di piante – quest<br />
què l’ è un Sanluchino!”. Una coltura<br />
dimenticata di cui in provincia di<br />
Bologna si occupano in tutto cinque<br />
agricoltori, riunitisi nell’associazione<br />
Violetto di San Luca. “A parte due<br />
piccolissime aziende di Monghidoro<br />
– informa Greco con orgoglio<br />
tornando invece all’oro rosso –,<br />
siamo gli unici bolognesi a produrre<br />
zafferano, una spezia che oggi<br />
vendiamo in stimmi (non in polvere,<br />
ndr) a privati e a diversi ristoratori<br />
della zona”. La purezza del prodotto,<br />
e le sue caratteristiche organolettiche,<br />
e dunque profumo, aroma e colore,<br />
sono ogni anno certificati grazie alle<br />
analisi dell’Università de L’Aquila. “È<br />
da tre anni che siamo classificati con<br />
il livello massimo di qualità”, assicura<br />
Greco mettendo il sigillo ad una storia<br />
che in fondo ha dell’incredibile visto<br />
che – precisa – “il 90% dello zafferano<br />
commercializzato in Italia proviene<br />
dall’Iran o dal Marocco”.<br />
45
QUESTO LO FACCIO IO<br />
Azioni e comportamenti<br />
per la tutela<br />
della biodiversità<br />
a cura di Andrea Morisi<br />
(Sustenia srl)<br />
stagno in funzione<br />
Acque basse, lame di fango, canneti sono formidabili per lo sviluppo della biodiversità<br />
LO STAGNO<br />
Un terzo appuntamento per cimentarsi<br />
nella ricostruzione di spazi naturali. Dopo<br />
aver parlato di boschi e siepi, passiamo<br />
all’ecosistema acquatico, l’altro ambiente<br />
di base per la pianura, che più di tutti<br />
rappresenta il territorio che ha bisogno di<br />
restaurare l’ambiente e ridare spazio alla<br />
natura.<br />
L’ecosistema di riferimento è quello<br />
palustre ovvero la raccolta di acqua dolce<br />
stagnante e poco profonda. È quella che<br />
chiamiamo anche palude, anche se spesso<br />
questo termine viene ancora visto con<br />
un’accezione negativa.<br />
L’ecosistema palustre caratterizzava vaste<br />
- Giunco Schoenoplectus mucronatus<br />
- Nannufero<br />
superfici della pianura bolognese ancora<br />
fino alla metà del secolo scorso. Una<br />
parte era in realtà semi-addomesticata<br />
in forma di risaie, ma grandi estensioni<br />
erano costituite dalle cosiddette “valli” in<br />
cui finivano le acque dei fiumi non ancora<br />
irregimentati.<br />
Tipicamente, la palude è un ecosistema<br />
molto ricco di vita, ma anche ostico, non<br />
solo per la presenza di acqua e fango,<br />
ma anche per l’impenetrabilità della<br />
vegetazione che ne copre grandi porzioni:<br />
il canneto. Non è un caso che parte della<br />
Resistenza nella Bassa bolognese abbia<br />
trovato base e rifugio tra i canneti e le<br />
paludi, ma si pensi anche al romanzo<br />
L’Agnese va a morire di Renata Viganò,<br />
ambientato, appunto, nelle valli del<br />
Ferrarese.<br />
Acque basse, lame di fango, canneti sono<br />
altresì formidabili luoghi per lo sviluppo<br />
della biodiversità. La loro eliminazione ha<br />
sì portato a scongiurare il rischio malarico<br />
e ha messo a disposizione terreni per<br />
l’agricoltura, ma con questi ecosistemi<br />
se ne sono andati elementi regolatori<br />
fondamentali per l’idrogeologia della<br />
pianura, di fitodepurazione delle acque,<br />
di assorbimento di anidride carbonica, di<br />
diversificazione del paesaggio e di hot spot<br />
della biodiversità e dei servizi ecosistemici<br />
correlati.<br />
Detto questo, dalla metà degli anni ’90<br />
del secolo scorso, in pianura hanno<br />
fatto la ricomparsa zone umide palustri,<br />
spesso incentivate dai finanziamenti<br />
agroambientali dell’Unione Europea e<br />
molte piante ed animali hanno ritrovato<br />
uno spazio per sopravvivere tra i campi<br />
sterminati dell’agricoltura industriale e gli<br />
insediamenti urbani e produttivi. Questi<br />
interventi sono stati per lo più operati da<br />
grandi aziende agricole, spesso dedicati<br />
anche all’attività venatoria, ma anche vari<br />
enti pubblici hanno ricreato zone umide,<br />
in questo caso pubblicamente fruibili.<br />
46
Ambiente e territorio<br />
iI questa pagina:<br />
- Brasca Potamogeton natans<br />
- Genziana d’acqua<br />
- Rana verde<br />
- Stagno nel bosco<br />
È questo il caso delle aree protette che<br />
afferiscono alla Convenzione GIAPP.<br />
Ma anche un singolo cittadino, nel suo<br />
piccolo, può intervenire per favorire la<br />
biodiversità palustre, magari nel proprio<br />
giardino, ricostruendo un piccolo stagno<br />
che si potrà rivelare pieno di vita ed<br />
attraente.<br />
COME REALIZZARE UNO STAGNO<br />
Non ha bisogno di grandi spazi, lo si può<br />
fare in un angolo del giardino, nel ritaglio<br />
di terreno non coltivato, nel parco della<br />
scuola, nel giardino pubblico.<br />
La sua forma non ha molta importanza,<br />
se non per eventuali ragioni estetiche.<br />
Qui per praticità consideriamo una forma<br />
schematica, rettangolare, di 6 metri di<br />
lunghezza e 4 metri di larghezza per una<br />
profondità massima di 75 centimetri.<br />
Quello che è importante è prevedere<br />
l’impermeabilizzazione del fondo (si può<br />
utilizzare un telo plastico in pvc) e creare<br />
almeno una sponda con una pendenza<br />
molto lieve.<br />
Quindi, fatto lo scavo, si dispone il telo<br />
impermeabile, si rincalzano bene i suoi<br />
margini, avendo cura di ricavare delle<br />
“terrazze” perimetrali in cui la terra<br />
rimane imbevuta d’acqua, e poi si riempie<br />
lo stagno stando ben attenti che il telo<br />
rimanga disteso. Può essere utile mettere<br />
un po’ di terra anche sul fondo, ma va<br />
considerato che il principale fattore di<br />
invecchiamento dello stagno sarà proprio<br />
rappresentato dal depositarsi di terreno e<br />
residui vegetali sul suo fondo, quindi non<br />
conviene aiutare troppo questa dinamica<br />
naturale.<br />
Una volta riempito d’acqua, il nuovo<br />
stagno risulta “sterile” per cui è opportuno<br />
introdurre appositamente piante<br />
acquatiche, sia con piccoli vasi adagiati<br />
sul fondo (per quanto riguarda ninfee,<br />
nannuferi, genziane d’acqua, brasche,<br />
ecc.), sia lasciando cadere in acqua ciuffi<br />
flottanti (per ceratofilli, miriofilli, ecc.), sia<br />
piantando esemplari sui bordi (per giunchi,<br />
carici, iris gialli, ecc.).<br />
LE PIANTE ACQUATICHE<br />
Le specie vegetali legate all’acqua si<br />
distinguono per la loro collocazione<br />
a seconda della profondità e possono,<br />
sommariamente, essere suddivise tra<br />
quelle di sponda (elofite) e quelle che<br />
radicano sul fondo dello stagno (idrofite).<br />
Altre risultano flottanti nello spessore<br />
dell’acqua e altre ancora sono galleggianti.<br />
In natura stanno rarefacendosi sempre<br />
di più, anche i canali, ormai, risultano<br />
estremamente impoveriti. Per questa<br />
ragione può essere molto utile ricreare<br />
uno stagno che ospiti le piante acquatiche<br />
autoctone. Attenzione però al loro<br />
reperimento: andarle a prendere in<br />
natura può voler dire creare gravi danni<br />
e incorrere anche in violazioni delle<br />
leggi che le tutelano. Meglio riferirsi a<br />
vivai specializzati, stando attenti alla<br />
provenienza delle piante per evitare di<br />
introdurre specie o ecotipi estranei.<br />
In diversi casi, nello stagno possono<br />
arrivare, nel tempo, alcune piante<br />
acquatiche spontaneamente, magari con<br />
semi trasportati dal vento o, più spesso,<br />
trasportate da uccelli acquatici che<br />
vengono a far visita all’ambiente che avete<br />
ricostruito.<br />
È comunque molto importante introdurre<br />
nel nuovo stagno quante più piante<br />
acquatiche si può. All’inizio stenteranno<br />
un po’, ma poi andranno incontro ad una<br />
forte crescita e tutto lo stagno ne verrà<br />
colonizzato. La loro crescita avviene grazie<br />
alle sostanze nutritive che assorbono<br />
direttamente dall’acqua e questo porterà a<br />
due risultati apprezzabili: l’acqua risulterà<br />
limpida e le larve delle zanzare avranno<br />
poco cibo per accrescersi, oltre a venire<br />
predate da altri organismi che riusciranno<br />
a vivere grazie all’acqua pulita.<br />
Dopo qualche anno, o se alcune piante<br />
dovessero crescere troppo, risulterà<br />
opportuno togliere un po’ di vegetazione<br />
dallo stagno per evitare che si decomponga<br />
e vanifichi il mantenimento della buona<br />
qualità dell’acqua. Questa è un’operazione<br />
delicata, che va fatta stando ben attenti<br />
a non togliere assieme alle piante, anche<br />
uova di anfibi, girini e piccoli invertebrati.<br />
La Convenzione GIAPP da una decina<br />
d’anni ha attivato presso la “Bora” a San<br />
Giovanni in Persiceto, un “Giardino<br />
delle Acquatiche” dedicato proprio alla<br />
conservazione delle piante acquatiche<br />
della pianura.<br />
47
QUESTO LO FACCIO IO<br />
SCHEMA REALIZZAZIONE STAGNO<br />
GLI ANIMALI DELLO STAGNO<br />
Gli animali arriveranno quasi<br />
sicuramente da soli. Le libellule e altri<br />
insetti acquatici giungeranno in volo,<br />
rane e tritoni nelle notti di pioggia. Ma<br />
sarà una continua scoperta di nuovi<br />
organismi che colonizzeranno lo stagno,<br />
si sostituiranno nel tempo e creeranno<br />
un incantevole piccolo ecosistema.<br />
L’osservazione di questo processo<br />
naturale costituisce un ottimo esercizio<br />
di educazione ambientale.<br />
Vi consigliamo vivamente di non<br />
introdurre pesci in quanto, in una piccola<br />
raccolta d’acqua come quella di cui<br />
stiamo parlando, non darebbero scampo<br />
né ai girini, né agli invertebrati acquatici,<br />
impoverendo e alterando l’ecosistema.<br />
Una raccolta d’acqua con molta<br />
vegetazione acquatica e invertebrati<br />
predatori che vi sopravvivono perché<br />
l’acqua è pulita, non produrrà le temute<br />
pullulazioni di zanzare. Innanzitutto<br />
perché le zanzare, che pure vi<br />
giungeranno e vi deporranno le uova,<br />
saranno predate dagli altri organismi e,<br />
soprattutto, le larve, che per accrescersi<br />
filtrano i nutrienti presenti nell’acqua,<br />
avranno ben poco cibo a disposizione<br />
in quanto le piante acquatiche avranno<br />
assorbito la maggior parte della sostanza<br />
organica. Basterà, per stare nel sicuro,<br />
controllare ogni tanto con un retino a<br />
maglie molto fini: se proprio dovessimo<br />
raccogliere larve di zanzara (attenti a<br />
non confonderle con altri organismi!),<br />
allora potremo intervenire con Bacillus<br />
thuringiensis, un prodotto biologico che<br />
si trova in commercio e che è selettivo<br />
per i Ditteri. Ma nella nostra esperienza,<br />
SEZIONE STAGNO<br />
uno stagno ben realizzato e ben gestito e<br />
pieno di piante, non “produce” zanzare.<br />
Per completezza: la zanzara tigre (quella<br />
che punge di giorno), che è la zanzara che<br />
più temiamo per la numerosità e il fastidio<br />
che provoca, non depone negli stagni, ma<br />
in piccolissime raccolte d’acqua (i famosi<br />
sottovasi, le caditoie, i tombini) e quindi, se<br />
ve le ritrovate in giardino, non date la colpa<br />
allo stagno, ma cercate bene altre cause.<br />
Ogni piccolo stagno in più nel nostro<br />
territorio costituisce un ottimo aiuto alla<br />
biodiversità e potremo dire “Questo l’ho<br />
fatto io!”.<br />
48
Ambiente e territorio<br />
La crisi climatica e le sue conseguenze ci invitano<br />
a cambiare le nostre abitudini e noi, con l’arrivo<br />
della primavera vi invitiamo a fare un gesto antico<br />
e rivoluzionario: imparare a coltivare una parte<br />
del cibo che consumate<br />
La rivoluzione<br />
nell’orto<br />
Testo di Silvano Ventura – info@bioesostenibile.it<br />
La coltivazione di un orto biologico, quindi senza l’uso di prodotti<br />
chimici, per la produzione di parte del fabbisogno alimentare<br />
familiare presenta molteplici benefici, sia per la salute individuale<br />
e collettiva, sia per l’ambiente, che per il portafoglio. Innanzitutto,<br />
la coltivazione di ortaggi biologici garantisce un’alimentazione<br />
sana e genuina, priva di pesticidi e altri agenti chimici. In secondo<br />
luogo, la cura dell’orto è un’attività fisica all’aperto che favorisce<br />
il benessere psicofisico e contribuisce a ridurre lo stress. Inoltre, la<br />
coltivazione dell’orto è un’esperienza educativa che consente di<br />
comprendere i meccanismi della vita e di sviluppare un rapporto<br />
più consapevole con la natura. Un’esperienza che fa bene a<br />
tutti, dai bambini fino agli anziani e che fa riscoprire il valore<br />
dei prodotti alimentari, che quando sono frutto del nostro lavoro<br />
e delle nostre cure, hanno un gusto diverso. E portarli in tavola,<br />
è sempre una festa! Per avviare un orto biologico è necessario<br />
scegliere un luogo soleggiato e riparato dal vento, preparare<br />
il terreno con concime organico e scegliere le piante giuste<br />
per il clima e la stagione. E’ sempre bene avere una persona<br />
d’esperienza che, almeno per i primi tempi, ci affianchi e ci<br />
insegni, per evitarci errori banali e farci avere fin da subito,<br />
la gioia di un buon raccolto! La cura dell’orto richiede un<br />
impegno costante, ma è un’attività gratificante che può apportare<br />
benefici significativi alla salute, all’ambiente e alla comunità. In<br />
conclusione, la coltivazione di un orto biologico è un’attività che<br />
può essere svolta da chiunque, indipendentemente dall’età, dalle<br />
condizioni fisiche e acquisendo qualche conoscenza tecnica<br />
attraverso libri o corsi, la soddisfazione di consumare i prodotti<br />
del nostro orto è assicurata.<br />
Adesso, non vi resta che mettervi all’opera e cominciare la vostra<br />
rivoluzione nell’orto.<br />
49
Chi ben comincia<br />
è a metà dell’opera<br />
con Conto Generazione<br />
BCC Junior<br />
Tenuta conto a zero euro fino ai 18 anni<br />
https://www.emilbanca.it/generazionebccjunior<br />
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Il Conto Generazione BCC Junior è destinato a Consumatori Giovani, di età compresa tra i 0 e i 17 anni, e comprende spese di tenuta conto, canone periodico e costo di attivazione<br />
del Servizio RelaxBanking, nonché rilascio di una Carta di Debito CartaBCC Green Minori gratuiti.<br />
Per maggiori informazioni sul conto corrente “Conto Generazione BCC Junior”, sul servizio di home banking “Servizio RelaxBanking” associabili è necessario far riferimento alla<br />
documentazione informativa e precontrattuale di Trasparenza – Fogli Informativi e Documento Informativo sulle Spese del conto corrente - disponibile presso tutte le Filiali e<br />
nella sezione “Trasparenza” dei siti internet delle Banche di Credito Cooperativo aderenti all’iniziativa.<br />
La Carta di Debito Consumer CartaBCC Green Minori è emessa dall’Istituto di Moneta Elettronica BCC Pay S.p.A. e collocata dalle Banche di Credito Cooperativo Affiliate al Gruppo<br />
Bancario Cooperativo Iccrea. Per le condizioni economiche e le principali clausole contrattuali della Carta di Debito pubblicizzata e per quanto non espressamente indicato è<br />
necessario fare riferimento al Foglio Informativo disponibile presso le Filiali e nella sezione “Trasparenza” del sito internet della Banca di Credito Cooperativo collocatrice, nonché<br />
nella sezione “Trasparenza” del sito www.cartabcc.it dell’Emittente BCC Pay S.p.A.. La concessione della Carta di Debito CartaBCC Green Minori è subordinata alla sussistenza dei<br />
necessari requisiti in capo al soggetto richiedente, nonché all’approvazione della Banca collocatrice e dell’Emittente BCC Pay S.p.A..<br />
La Carta di Debito CartaBCC Green Minori richiede l’apertura di un conto corrente ed il compimento dei 15 anni di età da parte del Minore.
ALLE ORIGINI DEL VINO<br />
La storia<br />
dei vitigni<br />
dei Colli <strong>Bolognesi</strong><br />
È sul nostro territorio da più di due mila<br />
anni, si contende il primato dei vini<br />
petroniani con il Pignoletto<br />
IL TREBBIANO<br />
Testo di Alessio Atti<br />
Da 30 anni a questa parte Bologna ha scelto il suo<br />
vino di riferimento, realizzato in diverse versioni e<br />
stili, sta trovando un grande consenso nazionale ed<br />
internazionale. I vignaioli che lo producono imbottigliano<br />
vere eccellenze. Quando si parla di vino petroniano,<br />
oggi, si pensa al Pignoletto che sui Colli <strong>Bolognesi</strong> trova<br />
la seconda DOCG regionale dopo la Romagna Albana.<br />
Oltre alle consuete etichette superiore e frizzante, non<br />
mancano pregiatissime versioni spumantizzate o, le più<br />
rare, raccolte tardive.<br />
Il Pignoletto unisce tantissimi vignaioli bolognesi dando<br />
una definizione a questo territorio. Benché il suo reame<br />
vada dal modenese orientale al faentino occidentale ed è<br />
l’incontrastato re enoico felsineo, la sua corona è contesa<br />
da un altro bianco.<br />
A quantità di vino prodotto e di ettari coltivati, il Pignoletto<br />
deve fare i conti con il vero monarca del bolognese,<br />
il Trebbiano Romagnolo detto anche Trebbiano della<br />
fiamma. Il primo è difficile trovarlo in blend con altri<br />
bianchi, il secondo è quasi sempre in uvaggio. Il primo è<br />
difficile da lavorare, il secondo dà ottime rese ed è anche<br />
resistente a diverse malattie.<br />
Probabilmente dopo secoli di anonimato, il mercato<br />
vitivinicolo bolognese richiedeva un vino particolare,<br />
antico, meno conosciuto e la scelta ricadde sul Pignoletto<br />
da uve di Grechetto Gentile, stesso DNA del Grechetto<br />
di Todi.<br />
Del resto il Trebbiano Romagnolo fa parte della grande<br />
famiglia dei Trebbiani che sono sul territorio nazionale<br />
da almeno due millenni. Pare che il nome derivi dal<br />
latino Trebula, fattoria. Poteva quindi essere considerato<br />
il vino casereccio, quotidiano, di paese. Citato anche da<br />
Pier de’ Crescenzi sul finire del XIV secolo era già molto<br />
diffuso nel medioevo.<br />
Diamo i numeri: nella provincia di Bologna il Pignoletto<br />
abita sul 22% del territorio vitato mentre il Trebbiano<br />
Romagnolo si attesta su un perentorio 33%, in Emilia<br />
Romagna è il vitigno a bacca bianca più diffuso e convive<br />
con altri Trebbiani. Tra i più famosi parenti del Trebbiano<br />
Romagnolo troviamo il Trebbiano Toscano, quello di<br />
Soave e quello, forse più pregiato, Abruzzese.<br />
Non minori il Trebbiano di Modena che concorre a<br />
realizzare l’omonimo Aceto Balsamico Tradizionale e la<br />
Trabbianella di Spagna, per citarne di vicini.<br />
Il vino che ci offre il Pignoletto è sottile, fresco, floreale<br />
con sentori di frutta a polpa bianca e la caratteristica nota<br />
amarognola finale; connotati riconoscibili e piuttosto<br />
definiti che inquadrano il territorio.<br />
Il Trebbiano Romagnolo, dal canto suo, ci dona un<br />
bouquet aromatico più fine e per questo forse ci appare<br />
più limitato, frutta a polpa bianca, fiori di campo,<br />
note erbacee sono sostenute da una discreta sapidità e<br />
freschezza. Queste caratteristiche lo pongono come tra<br />
i bianchi preferiti nel concorrere a importanti uvaggi per<br />
completare eccellenti vini offrendo spalla acida, struttura,<br />
mineralità e arricchire ventagli aromatici.<br />
Oggi, alcuni vignaioli credono molto in lui e lo<br />
propongono discrete versioni in purezza soprattutto<br />
verso l’imolese con la DOC Romagna Trebbiano.<br />
Sui nostri Colli Pignoletto e Trebbiano trovano<br />
comunque un insieme proponendo interessanti versioni<br />
spumantizzate, verso occidente più presente il Trebbiano<br />
di Modena e, manco a dirlo, ad oriente quello Romagnolo.<br />
Il Trebbiano, infine, appare oggi come un vino<br />
contemporaneo, spensierato, ottimo per aperitivi con<br />
salumi, tigelle o piadine e si accompagna benissimo con<br />
cene di pesce, al tramonto, mentre si ascoltano le onde<br />
infrangersi in riva al mare.<br />
51
FOTONATURALISMO<br />
La decima puntata<br />
di un piccolo corso<br />
sui segreti<br />
del fotografo<br />
naturalista<br />
WildWatching<br />
Lupo fotografato in digiscoping a 500 metri di distanza<br />
Fotocamere,<br />
videocamere e obiettivi<br />
Testi e foto di Paolo Taranto<br />
Per la documentazione naturalistica<br />
possono essere utilizzate diverse tipologie<br />
di camere, da modelli compatti ed<br />
economici a modelli di fascia alta, più<br />
costosi ma molto più performanti come<br />
le moderne mirrorless o reflex a obiettivi<br />
intercambiabili. I modelli compatti sono<br />
solitamente fotocamere con obiettivo<br />
zoom integrato, che consentono di avere in<br />
un unico strumento varie lunghezze focali,<br />
dal grandangolo al tele o super-tele.<br />
TIPOLOGIE<br />
Quando si documenta la natura, con foto<br />
o video, infatti bisogna distinguere diverse<br />
tipologie di obiettivi in funzione di ciò che<br />
si vuole documentare:<br />
-per i paesaggi, gli ambienti, gli habitat è<br />
necessario un obiettivo grandangolare<br />
-per piccoli soggetti come fiori, invertebrati,<br />
rettili, anfibi di piccole dimensioni si<br />
utilizza solitamente una lente macro, cioè<br />
che consente di mettere a fuoco a distanza<br />
ravvicinata, dai 60 ai 180 mm in genere ma<br />
in alcuni casi sono utili anche i grandangoli<br />
macro che consentono di includere oltre al<br />
piccolo soggetto anche l’ambiente in cui<br />
vive.<br />
Per gli animali, principalmente mammiferi<br />
e uccelli, è invece necessario l’uso di<br />
obiettivi tele o super-tele, in generale<br />
almeno da un minimo di 300 mm in<br />
su, questo perché a causa della elevata<br />
distanza di fuga è difficile documentare<br />
questi soggetti a brevi distanze a meno<br />
che non si usino particolari accorgimenti<br />
come l’appostamento, le fototrappole etc.<br />
Maggiore è la lunghezza focale di questi<br />
obiettivi, espressa in mm, maggiore sarà<br />
la distanza operativa, ma generalmente<br />
obiettivi di questo genere sono piuttosto<br />
costosi. Per fortuna le fotocamere compatte<br />
come le camere compatte con zoom<br />
offrono una buona alternativa fornendo<br />
tanti mm a costi più accessibili.<br />
Videocamera palmare Panasonic<br />
HC-V380 con zoom tele fino a 1740 mm<br />
Esempi di foto (fotogrammi estratti<br />
da video) dello zoom di una<br />
videocamera palmare super-zoom<br />
TRASPORTABILITÀ<br />
Ciò che porta spesso a scegliere i modelli<br />
compatti e multiruolo, come le camere con<br />
zoom, non è sempre l’aspetto economico<br />
ma anche la trasportabilità dovuta al<br />
minor peso e ingombro ma anche la<br />
comodità. Un’attrezzatura standard<br />
con reflex/mirrorless e teleobiettivo è<br />
spesso ingombrante e molto pesante, una<br />
fotocamera superzoom invece è molto<br />
più trasportabile e leggera. Alcune piccole<br />
videocamere palmari sono davvero<br />
minuscole e possono addirittura stare in<br />
tasca.<br />
TANTI MM A BASSO COSTO<br />
Come abbiamo detto, a parte le costose<br />
mirrorless o reflex con supertele, oggi sono<br />
disponibili altre tipologie di attrezzature<br />
che consentono di avere tanti millimetri<br />
con poca spesa. Analizziamole nei<br />
paragrafi successivi:<br />
VIDEOCAMERE PALMARI<br />
Si tratta di piccole videocamere che stanno<br />
sul palmo di una mano e raggiungono<br />
ingrandimenti nell’ordine dei 1600-1800<br />
mm; trattandosi di videocamere sono<br />
più specializzate per realizzare video<br />
(solitamente in full-hd per i modelli<br />
più economici) che comunque come<br />
documentazione è molto più utile delle<br />
foto in quanto include anche il movimento<br />
52
Un falco pellegrino fotografato a 3000 mm da circa 500 metri<br />
di distanza con una bridge superzoom (Nikon P1000)<br />
e l’audio. Queste piccole videocamere si<br />
possono usare anche a mano libera grazie<br />
alla loro efficace stabilizzazione anche<br />
se ai massimi ingrandimenti è sempre<br />
consigliato un treppiedi, e stanno davvero<br />
in una tasca o in un marsupio.<br />
BRIDGE SUPERZOOM<br />
Ormai sembra che la sfida ai<br />
megapixel sia terminata soprattutto<br />
nelle fotocamere compatte e Bridge<br />
mentre da qualche anno a questa<br />
parte è iniziata la sfida ai millimetri<br />
di focale; diverse case produttrici<br />
rinomate (Canon, Nikon, Panasonic<br />
etc) infatti hanno messo sul mercato<br />
delle fotocamere (principalmente<br />
Bridge) dotate di zoom integrato che da<br />
una lunghezza focale grandangolare<br />
arriva a lunghezze focali molto spinte<br />
superiori ai 1000 mm. I modelli sono<br />
diversi, e di diverse fasce di prezzo,<br />
la più economica è attualmente la<br />
Panasonic DC-FZ83 che arriva a 1200<br />
mm, la più costosa è la Nikon P1000<br />
che arriva a ben 3000 mm.<br />
DIGISCOPING<br />
La tecnica del Digiscoping è nata<br />
con l’arrivo nel 2000 delle prime<br />
fotocamere compatte; i loro piccoli<br />
sensori consentono infatti di<br />
intercettare tutta la luce sull’oculare<br />
di un cannocchiale così permettendo<br />
di scattare foto nitide sfruttando il<br />
potere di ingrandimento di queste<br />
ottiche. Usando degli adattatori, che<br />
possono essere costruiti in casa o<br />
acquistati, è quindi possibile collegare<br />
una fotocamera compatta ad un<br />
cannocchiale per scattare a lunghe<br />
e lunghissime distanze. Inoltre negli<br />
ultimi anni l’arrivo delle Mirrorless<br />
4:3 ha migliorato ulteriormente<br />
le prestazioni fotografiche nel<br />
digiscoping; le Mirrorless hanno<br />
qualità fotografica spesso superiore<br />
alle compatte e grazie ai loro piccoli<br />
sensori 4:3 sono perfettamente<br />
adattabili, con appositi adattatori,<br />
ai cannocchiali. L’ingrandimento<br />
finale che si può ottenere con un<br />
apparato per Digiscoping deriva<br />
dalla moltiplicazione del fattore di<br />
ingrandimento della fotocamera per<br />
gli ingrandimenti del cannocchiale: i<br />
cannocchiali in genere hanno oculari<br />
con ingrandimenti variabili (zoom) da<br />
20x a 60x dunque se per esempio una<br />
fotocamera compatta ha uno zoom<br />
integrato di 24-150 mm corrispondenti,<br />
gli ingrandimenti ottenibili vanno<br />
da 24x20=480 mm fino a 150x60=<br />
9000 mm, cioè da 10 ingrandimenti<br />
totali fino a 180 ingrandimenti totali;<br />
ovviamente spingendo al massimo<br />
l’ingrandimento del cannocchiale (e in<br />
parte anche quello della fotocamera)<br />
la qualità degrada enormemente e la<br />
luce diminuisce, dunque raramente si<br />
usa un sistema Digiscoping al massimo<br />
degli ingrandimenti possibili; le vide<br />
di mezzo sono sempre le migliori,<br />
dunque sul cannocchiale si lascia<br />
generalmente lo zoom al minimo,<br />
quindi 20x, mentre sulla fotocamera<br />
si imposta al massimo uno zoom<br />
intermedio per esempio 50 o 100<br />
mm, si lavora così con ingrandimenti<br />
che vanno dai 1000 mm ai 2000<br />
mm potendosi spingere anche fino<br />
ai 3-4000 mm senza perdere troppa<br />
qualità. Come è facile pensare per<br />
ottenere la migliore qualità è bene<br />
usare cannocchiali di fascia alta, che<br />
abbiano trattamenti speciali nelle<br />
loro lenti per la maggiore nitidezza<br />
possibile per esempio la tecnologia<br />
APO della Leica o la tecnologia alla<br />
Fluorite dei cannocchiali Zeiss o<br />
la tecnologia HD dei cannocchiali<br />
Swarowski, dunque parliamo di ottiche<br />
con prezzi che vanno dalle 1000 alle<br />
Alcuni modelli attuali di Bridge<br />
superzoom (da sinistra: Panasonic<br />
Lumix DC-FX83 fino a 1200 mm, Canon<br />
Powershot SX70 HS fino a 1365 mm,<br />
Nikon P1000 fino a 3000 mm)<br />
2000 euro, ma gli ultimi modelli più<br />
avanzati arrivano a superare le 3000<br />
euro di costo. Da un punto di vista<br />
economico dunque il Digiscoping è<br />
più conveniente se si possiede già un<br />
cannocchiale di buona qualità. Negli<br />
ultimi anni, infine, con l’evoluzione<br />
tecnologica degli smartphone e<br />
l’inserimento di camere con zoom<br />
è possibile utilizzare i nostri telefoni<br />
per fotografare a lunga distanza in<br />
abbinamento ad un cannocchiale<br />
utilizzando gli appositi adattatori per<br />
smartphone.<br />
OBIETTIVI<br />
PER REFLEX-MIRRORLESS<br />
Per chi volesse maggiore qualità<br />
usando fotocamere reflex o mirrorless<br />
è possibile trovare teleobiettivi<br />
che non costano eccessivamente<br />
consentendo di arrivare a un buon<br />
53
FOTONATURALISMO<br />
numero di millimetri di lunghezza<br />
focale. Le opzioni principali sono due.<br />
Obiettivi di seconda mano<br />
Gli obiettivi super-tele di vecchie<br />
generazioni mantengono ancora<br />
qualità fotografiche ottime ma il<br />
loro prezzo nel mercato di seconda<br />
mano è molto diminuito dunque<br />
non è difficile trovare un 600 mm<br />
F4 a 1500-2000 euro per esempio.<br />
Il “limite” di questi obiettivi è il loro<br />
peso e ingombro, davvero notevoli.<br />
OBIETTIVI CATADIOTTRICI<br />
Gli obiettivi detti catadiottrici sono<br />
caratterizzati da una lunghezza<br />
focale elevata ma una dimensione<br />
più contenuta rispetto ad un<br />
obiettivo tradizionale, ad esempio<br />
un 400 mm catadiottrico è molto<br />
più corto di un 400 mm tradizionale<br />
(che appunto è lungo circa 400<br />
mm); questo grazie a degli specchi<br />
inseriti all’interno dell’obiettivo<br />
catadiottrico che riflettendo la luce<br />
più volte fino al sensore consentono<br />
di ottenere lunghezze focali anche<br />
spinte mantenendo però dimensioni<br />
contenute dell’obiettivo stesso.<br />
Generalmente i catadiottrici sono<br />
obiettivi di qualità bassa e hanno<br />
prezzi molto economici.<br />
Alcuni esempi di obiettivi catadiottrici:<br />
Zenit MTO 500 mm f/8 e Zenit MTO<br />
1000 mm f/10<br />
Walimex Pro 800 mm f/8<br />
Nikon 1000 mm f/11<br />
Samyang 650-1300mm<br />
Obiettivo catadiottrico<br />
Samyang 650-1300mm<br />
Adattatore universale per digiscoping,<br />
L’uso di teleobiettivi o superteleobiettivi<br />
con reflex o mirrorless<br />
consente una maggiore manovrabilità<br />
e dunque anche foto d’azione di<br />
animali in corsa o in volo senza<br />
bisogno di un treppiedi, almeno per<br />
le foto.<br />
Un altro vantaggio dell’uso di<br />
teleobiettivi con le reflex o mirrorless è<br />
la possibilità di scattare in condizione<br />
di scarsa luce come nel caso di<br />
questi caprioli fotografati dopo il<br />
tramonto. Le reflex o mirrorless<br />
infatti hanno sensori più grandi delle<br />
videocamere o bridge super-zoom<br />
o degli smartphone, riuscendo a<br />
cogliere molta più luce senza rovinare<br />
i dettagli.<br />
LIMITI<br />
La qualità di immagine della<br />
maggior parte di queste attrezzature<br />
non è mai elevata anche a causa<br />
di un importante limite: per poter<br />
raggiungere tanti ingrandimenti<br />
queste camere (videocamere palmari,<br />
bridge, compatte, smartphone) hanno<br />
sensori molto più piccoli di un<br />
classico sensore Full-Frame e come<br />
si sa i piccoli sensori sono molto<br />
meno sensibili alla luce e hanno una<br />
scarsa tenuta agli iso. Le fotocamere<br />
o videocamere superzoom e il<br />
digiscoping sono quindi sistemi adatti<br />
solo in situazione di luce ottima.<br />
Altro limite importante è il treppiedi:<br />
lavorando a ingrandimenti molto<br />
Cannocchiale con<br />
adattatore per<br />
smartphone<br />
spinti infatti l’uso del treppiede e<br />
di un telecomando per scattare è<br />
fondamentale, impossibile altrimenti<br />
registrare foto o video oltre i 600-<br />
1000 mm a mano libera. L’unico caso<br />
in cui si può lavorare a mano libera<br />
è con le reflex o mirrorless e tele o<br />
super-tele obiettivi.<br />
TANTI MILLIMETRI<br />
MA NON TROPPI<br />
Il sogno di ogni naturalista che<br />
vuole documentare mammiferi è<br />
uccelli è quello di avere strumenti<br />
che consentono di scattare foto o<br />
registrare video a lunghe distanze con<br />
forti ingrandimenti. È però importante<br />
ricordare che una buona qualità<br />
delle immagini non dipende solo<br />
dall’ingrandimento che si può ottenere<br />
e dalla qualità dell’attrezzatura usata<br />
ma anche dalla distanza che separa la<br />
camera dal soggetto; questa distanza<br />
elevata è occupata da aria molto<br />
spesso ricca di umidità; le molecole<br />
di vapore acqueo nella colonna<br />
d’aria tra la camera e il soggetto, se<br />
questa è molto ampia, ad es oltre<br />
i 100 metri, creano un effetto che<br />
impasta i dettagli dell’immagine.<br />
Dunque in moltissime situazioni<br />
purtroppo, avere a disposizione tanti<br />
millimetri per documentare fauna a<br />
lunga distanza diventa quasi inutile,<br />
si producono immagini dalla qualità<br />
molto scadente ma comunque valide<br />
per documentazione naturalistica.<br />
54
ENTOMOLOGIA<br />
Un viaggio nel territorio<br />
per conoscere la diversità<br />
biologica che rende unico<br />
il nostro ecosistema<br />
Marumba quercus (ordine<br />
Lepidotteri) è stata osservata<br />
recentemente nella Valle del Reno.<br />
La SFINGE della quercia<br />
Testi Sofia Barbi e Guido Pedroni - guidopedroni@libero.it<br />
Adulto Marumba quercus<br />
Foto: Associazione Lepidotterologica Italiana)<br />
Nella Valle del Reno (Appennino<br />
bolognese) è stata avvistata e osservata in<br />
varie occasioni una falena molto estetica<br />
e non comune, dai colori delicati e dalle<br />
grandi ali, di abitudini notturne, la sfinge<br />
della quercia, che ha il nome scientifico<br />
di Marumba quercus, descritta da Denis<br />
& Schiffermüller nel 1775. Questa specie<br />
appartiene all’ordine dei Lepidotteri,<br />
famiglia Sphingidae. Un esemplare<br />
è depositato presso il Piccolo Museo<br />
dell’Appennino a Bologna.<br />
In generale, le falene sono animali<br />
notturni, presenti e attive soprattutto nelle<br />
ore successive al tramonto. Nonostante<br />
questa caratteristica esse sono attratte<br />
dalle fonti luminose per un fenomeno<br />
chiamato “fototassi”, riscontrabile anche<br />
in altre specie animali, il quale provoca<br />
attrazione (come nel caso delle falene) o<br />
repellenza dalla luce.<br />
Questi insetti contano numerosissime<br />
specie all’interno dell’ordine<br />
dei Lepidoptera, molto maggiori rispetto<br />
alle simili farfalle. Le falene sono insetti<br />
principalmente notturni. Si distinguono<br />
dalle farfalle anche per la presenza di<br />
colori più spenti; le farfalle hanno una<br />
vita diurna e hanno colori sgargianti<br />
anche quando sono bruchi.<br />
Le antenne delle falene, a differenza<br />
di quelle delle farfalle, possono avere<br />
diverse forme: pennate o bipennate, cioè<br />
ramificate come un pettine, filiformi,<br />
oppure a bastoncello o clavate mentre le<br />
ali, a riposo, sono chiuse a tetto o aperte.<br />
Le ali di Marumba quercus hanno una<br />
colorazione sul marrone chiaro, con<br />
due fasce centrali biancastre; hanno una<br />
apertura alare massima di circa 10 cm<br />
localizzata sulle ali anteriori, mentre quelle<br />
posteriori sono più piccole e arrotondate.<br />
Maschi e femmine differiscono in quanto<br />
queste ultime, oltre ad essere più grandi,<br />
mostrano colorazione più rossastra con<br />
antenne sottili.<br />
Un certo interesse riveste il fatto che<br />
gli adulti non si nutrono; rispetto agli<br />
esemplari femmina, i maschi hanno<br />
l’addome più sottile, le antenne<br />
decisamente più spesse e leggermente<br />
pettinate; sono attratti dalle luci artificiali,<br />
ma nella notte compaiono tardi,<br />
abitualmente dopo la mezzanotte; le<br />
femmine con l’addome più voluminoso<br />
e antenne filiformi, si vedono meno<br />
frequentemente alle luci e di solito solo<br />
all’inizio della notte.<br />
Le femmine dopo l’accoppiamento<br />
depongono le uova sulle parti verdi (foglie<br />
e giovani rametti) delle querce, soprattutto<br />
di Quercus suber e Quercus ilex, delle<br />
quali si nutre il bruco, cioè la giovane<br />
falena. Le uova sono verdi, traslucide, così<br />
come i bruchi, opachi, che subiscono la<br />
metamorfosi alla fine dell’estate. Le uova<br />
vengono deposte isolate o in gruppetti di<br />
due o tre, sulle foglie delle querce o, più<br />
raramente, sui rametti.<br />
Questa specie è a distribuzione<br />
mediterranea; in Italia la sua presenza<br />
è frammentata lungo tutta la penisola.<br />
Predilige zone calde e secche dalla<br />
pianura alla collina.<br />
Uova Marumba quercus<br />
Bruco Marumba quercus<br />
55
MOVIMENTOLENTO<br />
Appuntamenti, suggestioni,<br />
recensioni, guide<br />
e suggerimenti tecnici<br />
per chi ama<br />
il turismo a passo d’uomo<br />
di Gianfranco Bracci<br />
Poetica del CAMMINARE<br />
di Gianfranco Bracci<br />
Il grande filosofo e camminatore<br />
Herman Hesse, diceva che - quando si<br />
cammina per almeno due, tre giorni -<br />
si entra in una specie fase r.e.m. che<br />
lui definiva “l’essere in cammino”.<br />
Passo dopo passo, si penetra in quella<br />
strana dimensione: una modalità<br />
particolare, quasi onirica. Una sorta<br />
di “meditazione camminata” che ci<br />
apre agli altri oltre che a noi stessi.<br />
Spalanca la nostra anima preparandola<br />
a nuovi incontri, con paesaggi del<br />
mondo naturale e umano, i quali ci<br />
fanno crescere, salire verso il cielo<br />
dello star bene, in equilibrio con<br />
tutto ciò che ci circonda. Al punto<br />
che il camminare diventa una specie<br />
di “droga” virtuosa, utile ad aprire le<br />
porte di un mondo che non si pensava<br />
neppure potesse esistere e invece è<br />
insito in quel breve spazio tra un passo<br />
e l’altro. Un universo sconfinato, dove<br />
appunto è proprio questa leggerezza<br />
d’animo che solleva lo spirito verso il<br />
sacro del mondo che ci circonda, che<br />
noi uomini moderni non riusciamo più<br />
ad ascoltare e far nostro, abituati come<br />
siamo a penetrarvi con dei filtri, quali i<br />
mezzi motorizzati o la realtà virtuale e<br />
digitale. Camminando si riceve anche<br />
una specie di “effetto placebo”. Infatti<br />
il nostro corpo si stanca ma la mente<br />
ed il sistema nervoso si rilassano e<br />
ne traggono un grande beneficio. Per<br />
induzione quindi, anche il sistema<br />
cardio-circolatorio non può che<br />
goderne. Effettuare un’escursione<br />
giornaliera su sentieri montani e<br />
boschivi rappresenta senza dubbio<br />
un’esperienza formativa e rigenerante.<br />
Ancor più coinvolgente, può essere<br />
il viaggiare a piedi per alcuni giorni,<br />
utili per intraprendere un percorso<br />
di evoluzione interiore. per iniziare<br />
questo viaggio dentro di Noi, occorre<br />
esercitare una sorta di “nomadismo<br />
intelligente” anche nei nostri viaggi<br />
lenti e attuali. Infatti il nomadismo<br />
è stata la condizione entro cui è<br />
avvenuta l’evoluzione del genere<br />
umano: solo da epoche relativamente<br />
recenti, se paragonate ai tempi di<br />
permanenza del genere Homo su<br />
questo pianeta, abbiamo adottato uno<br />
stile di vita stanziale. Ancora in epoche<br />
molto recenti, abbiamo smesso<br />
di camminare quotidianamente,<br />
nell’adempimento dei compiti usuali<br />
della nostra vita. Camminare è la<br />
dimensione fondante della natura<br />
umana, che consente di riconnetterci<br />
con la nostra interiorità per riscoprire<br />
meccanismi atavici. Ma se una volta si<br />
camminava solo con le gambe, adesso<br />
lo si può fare usando anche le braccia<br />
e tutto il corpo: io consiglio di provare<br />
a farlo con i bastoncini, meglio se<br />
del tipo N&Wcurve (www.infocurve.<br />
it): può sembrare un controsenso,<br />
perché impiegare dei bastoncini<br />
significa comunque portarsi dietro<br />
qualche ettogrammo di attrezzatura<br />
in più. Usate alla giusta misura e con<br />
la corretta tecnica, queste protesi<br />
assistono nella spinta in salita, aiutano<br />
nella stabilità su terreni impervi, e<br />
in discesa, permettono di scaricare<br />
anche su spalle e braccia gli sforzi che<br />
altrimenti si concentrerebbero solo su<br />
caviglie, ginocchia e muscolatura delle<br />
gambe. Camminare con i bastoncini è<br />
recuperare le quattro zampe motrici<br />
di quando eravamo una specie di<br />
quadrupedi primordiali. In questi<br />
ultimi anni, il camminare è diventato<br />
un piccolo fenomeno sociale e<br />
culturale: la riscoperta — o la creazione<br />
ex novo — di itinerari di media e<br />
lunga percorrenza ha portato molte<br />
persone ad affrontare strade bianche,<br />
mulattiere e sentieri. Esperienze quali il<br />
Camino de Santiago, la Via Francigena<br />
o il Cammino d’etruria (da Volterra a<br />
Chiusi), attraggono ogni anno sempre<br />
più appassionati e introducono al<br />
viaggio a piedi molte persone prive di<br />
precedente esperienza di cammino.<br />
Ma anche boschi e montagne —<br />
teatri di una più classica attività<br />
escursionistica — non smettono di<br />
esercitare il loro fascino su viandanti,<br />
pellegrini o viaggiatori a piedi:<br />
scegliete voi il termine che preferite o<br />
che più vi rappresenta. Io li definisco<br />
semplicemente “camminatori lenti”.<br />
Si, lenti perché occorre riappropriarsi<br />
della lentezza e del silenzio, esteriore<br />
ed interiore. In questo mondo così<br />
innaturale, sempre accelerato, dove<br />
tutto si svolge in tempo reale, che<br />
poi viene dimenticato in un secondo,<br />
dovremmo ricercare quella lentezza<br />
che l’atavico incedere dell’essere<br />
umano ci ha regalato da quando ci<br />
siamo affrancati dall’animale che<br />
ci precedeva. Testa alta, sguardo<br />
parallelo al terreno, per vedere bene<br />
ciò che ci circonda ed è sul nostro<br />
sentiero, senza filtri e a bassa velocità,<br />
in modo da goderne in pieno. A questo<br />
proposito mi piace immaginare che<br />
Lucy (Australopithecus afarensis),<br />
una volta raggiunta la stazione eretta,<br />
si sia solo guardata un po’ in giro e<br />
poi... abbia iniziato semplicemente<br />
a muovere un passo dietro l’altro:<br />
cioè a “camminare”. Così in modo<br />
semplicissimo, come se tutti quei<br />
milioni d’anni occorsi alle migliaia<br />
di generazioni di proscimmie,<br />
scimmie e ominidi che l’avevano<br />
preceduta, non avessero avuto alcun<br />
peso. A pensarci bene, il fascino del<br />
camminare è una vera banalità fisica,<br />
un gioco di contrapposizioni e di<br />
56
equilibri compresi nella stessa geniale<br />
semplicità della deambulazione. Ed è<br />
anche il modo più antico e naturale di<br />
spostarsi, trasferirsi e quindi viaggiare.<br />
I primi tempi, la posizione verticale,<br />
deve aver sconvolto il punto di vista di<br />
quegli ominidi. Finalmente potevano<br />
vedere al di sopra degli arbusti,<br />
dell’erba stessa; non erano costretti ad<br />
arrampicarsi per montare di vedetta<br />
ai tanti pericoli presenti. Certamente,<br />
questo nuovo modo di vedere il<br />
mondo avrà rivoluzionato anche<br />
l’immaginario dei nostri avi. dando<br />
fiducia all’animale e contribuendo<br />
a farne un uomo. Da allora, molto<br />
lentamente, passo dopo passo,<br />
questa creatura ha indubbiamente<br />
fatto, e non solo metaforicamente,<br />
molta strada. Oggi, tutto ciò, essendo<br />
ormai geneticamente acquisito, ci<br />
fa sorridere…ma il ”selvatico che<br />
è in noi”, invece si riaffaccia più<br />
spesso di quanto crediamo e talvolta<br />
esulta ancora, come all’alba dei<br />
tempi, quando appunto, riuscimmo<br />
finalmente a mettere in fila una<br />
prima serie di passi, tenendo il busto<br />
ben eretto. Probabilmente eravamo<br />
talmente felici da sentirsi già padroni<br />
di un mondo che in futuro avremmo<br />
conquistato, asservito e forse, chissà?<br />
Contribuito a distruggere? Ecco che<br />
il camminatore odierno (Homo<br />
tecnologicus), ancora oggi, possa<br />
provare intimamente la stessa atavica<br />
gioia del suo avo, semplicemente<br />
camminando. Una gioia tanto scontata<br />
quanto universale. Dopo di ché, come<br />
per magia, ecco apparire le stelle in<br />
cielo, con le loro luci diamantine; poi<br />
il sole, la nostra stella più importante,<br />
piena d’accecante energia.<br />
Il camminatore si sente sempre felice.<br />
Durante la marcia si riappropria<br />
della spiritualità del mondo. In<br />
quel momento riesce persino ad<br />
esprimere una forma di preghiera.<br />
Infatti, se esiste un modo di pregare,<br />
laico quanto l’essenzialità della<br />
natura, ritengo che il cammino sia<br />
un’altissima forma di preghiera, forse<br />
la più pura in quanto interattiva con<br />
l’universo. Il camminatore, assorto<br />
nell’ammirazione dell’ambiente<br />
naturale (il creato per i credenti), con i<br />
propri sensi, e quindi col cuore e con<br />
l’anima, ne esalta la magnificenza,<br />
onorando e ringraziando quelle<br />
forze primordiali dalle quali tutto<br />
ciò è scaturito e che gli sono madri<br />
e sorelle. Apprezzando una fioritura,<br />
un panorama, l’ombra d’un albero<br />
secolare. Egli, in qualche modo, “ ne<br />
accresce il valore” aumentando la<br />
caratura complessiva del patrimonio<br />
che lo circonda. Il suo sguardo<br />
accarezza l’ambiente emanando<br />
forze positive che colloquiano con<br />
quelle naturali per uno scambio<br />
di reciproco giovamento. Forse in<br />
questo modo di porsi vi è anche<br />
una solitudine cosmica, che non si<br />
commisera e non vuole confluire nella<br />
tristezza, ma appare invece come una<br />
bella solitudine (sola beatitudo beata<br />
solitudo, diceva il grande Francesco)<br />
ricercata e piacevole, immersa<br />
nel silenzio di una natura amica<br />
e incantata della quale dobbiamo<br />
essere assolutamente rispettosi.<br />
Allora ditemi: questa non è pura<br />
preghiera?<br />
Tutto ciò, non vi fa pensare alle Laudi<br />
del Poverello d’Assisi? E quindi ai<br />
vari “frate lupo” e “sorella luna”? Un<br />
modo antico ma sempre attuale di<br />
“interpretare la natura”.<br />
Francesco era uno straordinario<br />
pensatore-camminatore che nella<br />
meditazione camminata e nell’analisi<br />
del perfetto ordine naturale aveva<br />
trovato l’essenza del divino. In<br />
questo il Santo assomiglia molto ad<br />
un uomo vissuto in Asia molti secoli<br />
prima di lui: il Buddha, Gauthama,<br />
l’illuminato. Chiaramente, in quei<br />
tempi, camminare era una necessità<br />
ma sono altresì certo che sia Buddha<br />
che Francesco abbiano elaborato<br />
molte delle loro universali filosofie<br />
durante le tante ore di strada a piedi<br />
che quotidianamente erano usi<br />
trascorrere.<br />
La poesia di<br />
Herman Hesse<br />
sul camminare<br />
“O sole, entrami luminoso nel<br />
cuore,<br />
o vento, disperdi con il tuo soffio<br />
pene e malanni!<br />
Non conosco sulla terra gioia più<br />
profonda<br />
dell’essere in viaggio in paesi<br />
lontani<br />
Verso la pianura dirigo i miei<br />
passi,<br />
il sole deve bruciarmi, il mare<br />
rinfrescarmi;<br />
per partecipare alla vita della<br />
nostra terra<br />
dischiudo festosamente tutti i<br />
miei sensi<br />
E così ogni giorno novello deve<br />
indicarmi nuovi amici, nuovi<br />
fratelli,<br />
finchè senza pena posso mettere<br />
in luce ogni energia,<br />
essere amico e ospite di tutte le<br />
stelle”<br />
57
Il racconto di Lucio Piana<br />
Storie di vita contadina tra miseria,<br />
ignoranza e voglia di riscatto: “A Bedel<br />
e a Battdezz da la fam i sarabessen”<br />
LA BRUTTA IDEA<br />
DI UN MEZZADRO<br />
Sulle nostre montagne, la vita dei mezzadri e delle loro<br />
famiglie era dura in generale, ma quando c’era da spartire<br />
con il padrone la questione diventava davvero drammatica.<br />
Se poi la proprietà del fondo era della curia o del sacerdote<br />
della parrocchia, i poveri cristi erano spesso condannati<br />
alla fame. I preti inflessibili dovevano riempirsi la pancia<br />
loro, cedere una bella fetta alla curia arcivescovile e in<br />
più spesso soddisfavano le esigenze delle famiglie dei<br />
loro parenti più stretti, quando non c’erano in giro figli<br />
illegittimi. La storia di Ardilio, valido agricoltore di<br />
montagna, mi fù raccontata da mia madre che era parente<br />
di sua moglie Anna. Ardilio era un mezzadro sul podere di<br />
un prete: un angolo di terra buona, in mezzo a un deserto<br />
di lastre. “A Bedel e a Battdezz da la fam i sarabessen”,<br />
recitava il detto tipico della zona.<br />
“A Badolo e a Battedizzo ci si arrabbia per la fame”.<br />
Sta di fatto che la famiglia in questione, marito, moglie,<br />
due zii non sposati e cinque figli in tenera età, sarebbe<br />
stata anche abbastanza bene, se non ci fosse stato di<br />
mezzo il fatto che tre volte l’anno dovevano spartire con il<br />
prete padrone, che aveva diritto alla metà di tutti i prodotti<br />
della terra. Ad aggravare ulteriormente la situazione alla<br />
stesura del contratto era stata aggiunta una clausola in<br />
base alla quale, per quanto riguardava alcuni prodotti, la<br />
proprietà aveva diritto all’acquisizione dei due terzi del<br />
totale. Chiaramente erano state comprese in questa lista<br />
tutte derrate di valore: uva, vitelli, maiali, marroni ecc….<br />
Già così era dura. A tutto ciò va aggiunto un altro<br />
particolare che aggravava ulteriormente la situazione.<br />
Il fattore, “peggio di una poiana” diceva mia madre,<br />
visto che voleva tenere una parte del ricavato per lui,<br />
aveva architettato negli anni una vera e propria truffa<br />
approfittando del fatto che nessuno nella povera famiglia<br />
sapeva leggere e far dei conti, ingannava regolarmente quei<br />
cristi in croce, falsificando a suo vantaggio i conti. I quali<br />
alla fine risultavano sempre a perdere per il mezzadro e<br />
la sua famiglia. Ardilio , finché i figli erano piccoli aveva<br />
sopportato. Non era uno stupido, aveva capito di essere<br />
sistematicamente derubato, ma per paura di ritorsioni,<br />
taceva. Quando però le esigenze della famiglia erano<br />
aumentate, visto che i figli dovevano mangiare di più per<br />
crescere, e la moglie gli aveva annunciato, più sgomenta<br />
che felice, di aspettare il sesto figlio, lui si decise ad agire.<br />
Del resto la scelta era obbligata, se non si voleva morire di<br />
fame o emigrare. Fu una zia che era serva a Bologna presso<br />
Foto di Frediano Salomoni<br />
una famiglia agiata, a dargli l’idea per uscire da questa<br />
situazione intollerabile. L’anziana parente,”serva”, come si<br />
diceva una volta, semplice ma piena di buon senso, si offrì<br />
di ospitare a Bologna per un certo periodo il più piccolo<br />
della famiglia, Bernardo. In quel frangente gli avrebbe<br />
insegnato a leggere, a scrivere e a fare i conti. La zia Argia<br />
non si era mai sposata e svolgendo le sue mansioni presso<br />
gente altolocata si era pian piano prodigata per essere<br />
alla loro altezza e come autodidatta si era costruita una<br />
discreta cultura di base. Il piano era che una volta che<br />
Bernardo avesse appreso le nozioni principali del sapere<br />
in generale, sarebbe tornato a casa in montagna. La prima<br />
volta che il fattore avesse fatto visita alla Val di Fosso (così<br />
si chiamava il podere) con i conti truccati già fatti, sarebbe<br />
stato immediatamente smascherato dal bravo Bernardo. E<br />
così fu. Ci vollero diversi mesi, ma alla fine la testa dura<br />
di Bernardo cominciò a fallare, e qualche nozione iniziò<br />
a incunearsi nel suo cervello. Raccontava la zia Argia a<br />
mia madre “sembrava che quel cinno avesse un’ ombra<br />
calata sugli occhi, era duro come un legno di sorbo, ma<br />
alla fine si è piegato e ha accettato l’idea di apprendere”.<br />
Così Bernardo imparò a leggere, a scrivere e a fare i conti e<br />
quando la zia fu convinta che le sue lezione non sarebbero<br />
state più dimenticate, lo rimandò al paese.<br />
In realtà quella scuola rudimentale era servita molto<br />
al ragazzo, che apparve subito ai genitori veramente<br />
cambiato, più maturo ed educato, oltre che più sapiente.<br />
In ogni modo il piccolo studente rientrò a metà novembre<br />
e per l’Immacolata sarebbe passato il fattore per il terzo<br />
ed ultimo rendiconto dell’anno corrente. Per la cronaca,<br />
a detta di mia madre, si era nel 1926. Bernardo aveva<br />
un mesetto per studiare ancora un po’, chiaramente nel<br />
tempo che avanzava alle sue abituali mansioni. Fin da<br />
piccolissimi, infatti i bambini erano costretti a lavorare, in<br />
questa povera civiltà contadina.<br />
Fra il lavoro e lo studio il giorno dell’immacolata giunse<br />
in un lampo. La misera famiglia era tutta riunita in cucina<br />
quando Sassi bussò alla porta e fu fatto accomodare. In<br />
realtà il fatto che ci fossero tutti, lasciò un po’ perplesso il<br />
becero ruffiano del prete, abituato ad avere a che fare solo<br />
con Ardilio e gli zii. Ma dopo una scrollata di spalle tirò<br />
fuori dalla borsa di cuoio tutti i consueti fogli dei conti e<br />
li sparpagliò sul tavolaccio della cucina. Fuori cominciò<br />
a nevicare, Sassi guardò fuori dalla finestra impaziente.<br />
Dentro di sé non si vedeva l’ora che Ardilio, come aveva<br />
058
5931<br />
sempre fatto, mettesse una croce sopra ad ognuno dei<br />
fogli contabili e lo lasciasse così libero di andare, con la<br />
prospettiva del solito gruzzoletto guadagnato con la frode.<br />
In più, lo aspettavano a pranzo a Loiano (due ore a cavallo<br />
dalla Val di Fosso) e non voleva tardare. Sbiancò in volto<br />
quando girandosi verso il centro della cucina, vide il piccolo<br />
Bernardo intento a consultare i fogli e nello stesso tempo<br />
ad annotare alcune righe in un foglio grande bianco che<br />
evidentemente gli aveva regalato la zia Argia. Lo stupore<br />
si trasformò subito in un ghigno di stizza e di minaccia.<br />
Da bianco il suo viso divenne rosso e poi viola e alla fine<br />
cominciò a urlare invettive contro tutta la famiglia. Lo<br />
agitarono ancora di più le parole di Bernardo, il quale capì<br />
subito che i conti reali erano stati volutamente manomessi.<br />
“Qui manca denaro per noi e i prodotti non sono divisi<br />
in maniera giusta: la bilancia pende troppo dalla vostra<br />
parte Sig Sassi” sentenziò il bambinetto con una calma<br />
inverosimile. Tutti, anche l’Anna con il pancione si<br />
alzarono rabbiosi dalla sedia. Ma fu il vecchio zio<br />
Melchiade a parlare. Rivolgendosi all’infame lo apostrofò<br />
dicendo: “carogna ci hai sempre succhiato il sangue.<br />
Morirai all’inferno!”. Quando l’altro zio prese in mano un<br />
mestolo di legno e fece un passo avanti verso di lui, Sassi<br />
in tutta fretta infilò la porta, montò a cavallo e fiondò via<br />
come una lepre appena levata dai cani. Quella sera tutta la<br />
famiglia, ingenuamente, festeggiò, erroneamente convinta<br />
di avere vinto e che nel futuro le cose sarebbero andate per<br />
il loro verso. Chiamarono anche il calzolaio che suonava<br />
il clarino, sparsero la voce nei dintorni e fecero baldoria<br />
fino all’alba fra canti e vino buono. Ma la loro felicità ebbe<br />
vita corta. Il fattore aveva subito informato i carabinieri:<br />
era inconcepibile che un povero schiavo si ribellasse al<br />
suo padrone ed era ritenuto socialmente inaccettabile che<br />
un povero figlio di contadini salisse lo scalino culturale,<br />
che affrancava dalla schiavitù e dell’ignoranza. Anche con<br />
violenze fisiche, ma soprattutto con pressione psicologiche<br />
e intimidazioni furono costretti ad abbandonare il podere.<br />
Il prete diede “commiato” come si usava dire al povero<br />
Ardilio e alla sua famiglia. E così fecero in tutta fretta San<br />
Michele e andarono a patire la fame sotto qualche altro<br />
aguzzino. Ora va sicuramente meglio per tutti, i tempi sono<br />
cambiati, ma anche ai giorni nostri determinati interessi,<br />
certi poteri, non vanno messi in discussione, pena guai seri.<br />
Mia madre è sempre rimasta in contatto, fino alla morte<br />
con la sua parente Anna, e mi raccontò una volta che il<br />
piccolo Bernardo aveva fatto fortuna in Francia. Dio verso<br />
di lui aveva rivolto lo sguardo, ma purtroppo tanti morirono<br />
in miseria.<br />
P.S.<br />
Questo umile assieme di racconti, scritto non certamente<br />
con la tecnica e la capacità di gente del mestiere è la fedele<br />
riproduzione scritta di alcuni racconti fatti da mia madre<br />
a me e a mia sorella Alba Serena. Molto probabilmente<br />
hanno una certa corrispondenza alla verità e alla realtà,<br />
sicuramente sono uno specchio fedele della vita sul nostro<br />
appennino prima dell’ultima guerra. Mia madre proveniva<br />
da una famiglia miserabile. Prima di dieci figli. Il nonno<br />
provò anche a emigrare. Ma purtroppo non ebbe fortuna,<br />
perché prese una brutta malattia nelle piantagioni di caffè<br />
in Brasile. Furono costretti a tornare tutti, più poveri di<br />
prima a spaccarsi la schiena sulle terre magre della nostra<br />
montagna. Mamma era semi-analfabeta, ma aveva un senso<br />
innato della giustizia e del lavoro, che spero che traspaia da<br />
queste righe.<br />
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IL CUORE NEL TERRITORIO
TRACCE DI STORIA<br />
Ascesa, caduta e rinascita<br />
di una delle ultime strutture<br />
storiche rimaste lungo il<br />
canale Navile, un tempo vera<br />
e propria autostrada liquida<br />
lungo la quale si era sviluppato<br />
un mondo fatto di osterie,<br />
magazzini, posti di sosta per<br />
i cavalli che trainavano le<br />
barche verso Bologna<br />
Il Ponte della Bionda<br />
un sogno lungo vent’anni<br />
Il timone di manovra<br />
delle paratie del Sostegno Grassi<br />
Testo di Fausto Carpani<br />
Bologna un tempo fu una città di ponti,<br />
logica conseguenza al fatto che il territorio<br />
cittadino era solcato da canali e da torrenti.<br />
Molti di questi manufatti erano, ovviamente,<br />
sul canale di Reno, cominciando dal ponte<br />
degli stecchi, nel tratto ora coperto di<br />
via Sabotino. Era così chiamato perchè,<br />
quando le piene del canale portavano in<br />
città rami di albero raccolti lungo il suo<br />
corso, questi si ammucchiavano incontro<br />
alla sua struttura, a pelo d’acqua, ove<br />
venivano raccolti dalla gente che li usava<br />
da bruciare nel camino.<br />
Poi vi era il ponte dei merli che, in pratica,<br />
segna l’ingresso del canale in città, alla<br />
Grada. Il nome non fa riferimento ai volatili,<br />
bensì alla merlatura ancora visibile, pur se<br />
incastonata nella sovrastante porzione di<br />
mura.<br />
Il ponte della Carità prendeva il nome dalla<br />
vicina Chiesa, in via San Felice. Poi vi era<br />
Anno 1955 – Sullo sfondo<br />
la scomparsa fornace “Cordara”<br />
quello dell’Abbadia, quello del Poggiale e<br />
viandare. Tutti scomparsi con la copertura<br />
del canale di Reno.<br />
Ve ne erano anche altri, dei quali è<br />
rimasto il nome, come il Pontevecchio,<br />
che non si riferisce a quello ferroviario<br />
che scavalca via Emilia Levante, bensì a<br />
un antico ponte sul Savena. Anche di uno<br />
scomparso Ponte di Ferro sull’Àposa resta la<br />
memoria nell’antico toponimo di una parte<br />
dell’attuale via Farini. Di un ponte romano<br />
sul Reno rimane il ricordo nel nome di una<br />
via a Santa Viola, mentre di un altro sono<br />
visibili le strutture murarie percorrendo il<br />
tratto sotterraneo dell’Àposa.<br />
Bologna, quindi, città di antichi ponti<br />
scomparsi insieme ai corsi d’acqua sui<br />
quali sorgevano. Il canale Navile, però,<br />
c’era ancora... Negletto, degradato,<br />
ridotto a discarica per ogni sorta di rifiuto<br />
ingombrante, ma è ancora lì. Addirittura<br />
dà il nome a un quartiere... Sul suo<br />
corso, ormai lontano dalla città, ecco un<br />
piccolo ponticello dall’aria romantica:<br />
il Ponte Nuovo, detto popolarmente<br />
Ponte della Bionda. L’origine di questa<br />
leggiadra denominazione pare risalire al<br />
tempo in cui il canale era una via d’acqua<br />
importantissima, quasi un’autostrada<br />
liquida, sulla quale si era sviluppato tutto un<br />
mondo fatto di osterie, magazzini, posti di<br />
sosta per i cavalli che trainavano le barche<br />
verso Bologna. In mezzo a questo “indotto”<br />
vi era anche il più antico mestiere del mondo<br />
che lì, nei pressi del nostro ponticello, era<br />
esercitato da una non meglio precisata<br />
signora biondochiomata... Un’altra ipotesi<br />
fa menzione di una fulva ragazza residente<br />
in una casa prossima al Navile. Sempre a<br />
proposito di denominazioni popolari, in<br />
zona raccolsi a suo tempo, in verità da<br />
un’unica persona, l’abusato toponimo di<br />
Ponte del diavolo, attribuito a tantissimi<br />
ponti medievali sparsi per tutta l’Italia<br />
e riferito a una comune leggenda che li<br />
vorrebbe costruiti in una sola notte da<br />
Belzebù in persona. Vi è anche chi lo<br />
chiama, con molta fantasia, Ponte romano<br />
per il suo aspetto antico...<br />
A ds. il timone di manovra delle paratie del Sostegno Grassi. A sin. l’<br />
passerella pedonale girevole. La foto, in origine in B/N, è stata success<br />
Sullo sfondo è visibile il Ponte della Bionda.<br />
060<br />
5 – La rarità di questa foto è rappresentata dallo sfondo, in cui appare la scomparsa<br />
rdara”. In secondo piano è già presente il tubo della SNAM. La foto è ci è stata donata<br />
Stefano Gardini che a sua volta l’aveva ricevuta dalla prof. Mirella Querzè.
Bologna<br />
Battiferro. Una barca della Regia<br />
Marina sta per attraccare davanti<br />
a quella che fu la carteria Bardi<br />
non poco solo per capire, scomparso<br />
il Genio Civile, chi ne fosse divenuto<br />
il proprietario! Lo scoglio più grande,<br />
come sempre succede, era rappresentato<br />
dal reperimento dei fondi necessari per<br />
il restauro. Fu così che approdai alla<br />
Fondazione del Monte di Bologna e<br />
Ravenna, al cui segretario generale Marco<br />
Poli suggerii timidamente l’erogazione di<br />
un contributo. Questo fu l’ultimo passo<br />
che feci, oltre a scrivere una canta, nella<br />
consapevolezza che il “mio” ponticello non<br />
presentasse quelle caratteristiche di ritorno<br />
di immagine che credevo indispensabili<br />
alla sua salvaguardia. Un conto è, pensavo,<br />
promuovere il restauro di Palazzo Re Enzo,<br />
altro invece metter le mani su un piccolo<br />
o. Una barca<br />
La mia<br />
della<br />
frequentazione<br />
Regia Marina<br />
di<br />
sta<br />
questo<br />
per attraccare<br />
manufatto<br />
davanti<br />
ponte<br />
a quella<br />
sperduto<br />
che fu<br />
nella campagna.<br />
la carteria Bardi, poi divenuta pila da riso.<br />
risale ormai agli anni ‘80, quando per Non fu così. Dal giorno in cui, nell’agosto<br />
vederlo bisognava scarpinare sulla del 2003, assistetti incredulo alle<br />
restara, l’argine che divide il Navile vero e<br />
proprio dal Canalazzo. In questi anni, con<br />
l’apertura della via dei Terraioli, il ponte è<br />
diventato visibile e facilmente raggiungibile<br />
da tutti. Questo, però, rallentò il suo rapido<br />
prospezioni geologiche sul terreno a ridosso<br />
del ponte, è proprio il caso di dire che tanta<br />
acqua è passata sotto di lui. Nel frattempo<br />
se ne innamorarono, oltre a Marco Poli,<br />
anche Francisco Giordano, l’architetto che<br />
degrado, originato principalmente dalla ha stilato il progetto di restauro e Alberto<br />
crescita di alcuni alberi di acacia che Tagliavini, che ha faticato non poco con<br />
avevano sviluppato la loro parte ipogea fra<br />
le strutture murarie. Tale lenta ma continua<br />
azione aveva provocato la quasi completa<br />
scomparsa della spalletta sinistra e il<br />
distacco della sottostante fascia dall’arcata.<br />
i suoi giganteschi autocarri a collocare<br />
in loco il ponteggio necessario ai lavori.<br />
<strong>Nelle</strong> mie quotidiane visite al cantiere<br />
diventai amico dei muratori che, lavorando<br />
alla maniera antica e utilizzando vecchi<br />
Dell’antica lapide che era collocata al mattoni, hanno curato le ferite inferte dal<br />
centro del ponte non è stata trovata traccia,<br />
neppure sondando il fondo del canale,<br />
ma un anziano corticellese mi disse che<br />
quell’antica pietra vi era scolpita una<br />
scritta che ricordava il passaggio in barca<br />
di Santa Caterina da Bologna, proveniente<br />
da Ferrara (1456).<br />
Le mie continue e periodiche visite mi<br />
confermarono ogni volta che un intervento<br />
non era più rimandabile. Iniziai allora a<br />
scrivere ai giornali, a sondare le intenzioni<br />
di enti e istituzioni circa il destino del nostro<br />
malato. Vagando di ufficio in ufficio, mi<br />
resi conto che il Ponte della Bionda era un<br />
illustre sconosciuto per molti. Faticammo<br />
tempo e dalla incuria degli uomini. Franco,<br />
Piero, Michele, Cristian, Alfredo, Salvatore,<br />
sono alcuni di quei ragazzi venuti dal sud<br />
Italia che, con l’arte di cui sono depositari<br />
- novelli Maestri Comacini del terzo<br />
millennio - stanno rifacendo bella Bologna.<br />
Anche loro, mi disse Franco, si sono<br />
affezionati al Ponte della Bionda, della cui<br />
antica funzione hanno sentito raccontare<br />
da me, quasi una favola ascoltata fra una<br />
cazzuolata di calcina e la posa di un<br />
mattone...<br />
A lavori iniziati mi venne la curiosità di<br />
vedere come potesse apparire il ponte tanti<br />
anni fa. <strong>Nelle</strong> antiche mappe dell’Archivio<br />
di Stato esso è appena riconoscibile, ma ciò<br />
che io volevo era una foto. Così preparai<br />
una specie di bando, che affissi nei pressi<br />
del cantiere e nei Centri Sociali della zona,<br />
in vero nutrendo poca fiducia nella riuscita<br />
del mio tentativo. Ancora una volta dovetti<br />
ricredermi: il signor Walter Lorenzoni mi<br />
fece pervenire due istantanee, nelle quali<br />
lui e il suo amico Rino Comastri si erano<br />
reciprocamente ritratti proprio lì, sul<br />
ponte, esattamente il 17 agosto 1951, alle<br />
ore 17,15 (!). <strong>Nelle</strong> immagini in bianco e<br />
nero si notano lavori di restauro eseguiti<br />
in quegli anni sulla spalletta destra con<br />
mattoni moderni, sicuramente prodotti<br />
in una delle tante fornaci della zona. Si<br />
notano anche evidenti tracce di pneumatici<br />
di biciclette, segno che il sentiero era allora<br />
molto frequentato, forse dagli operai delle<br />
fornaci che sorgevano a ridosso del canale<br />
(la Galotti, la Guastadina, la Giostra, la<br />
fornace del Pellegrino, la Cordara), e anche<br />
- aggiungo io - da coppiette che cercavano,<br />
nelle calde sere d’estate, un po’ di intimità<br />
lungo il canale...<br />
Le foto hanno un sapore d’altri tempi,<br />
pervase come sono di pace agreste,<br />
senza il traffico di via dei Terraioli sullo<br />
sfondo, senza capannoni industriali,<br />
senza quell’orrendo tubo della SNAM che<br />
scavalca il canale a pochi metri dal ponte,<br />
deturpandone la vista. Chissà se un giorno<br />
sarà possibile interrarlo...<br />
Quest’anno, in giugno, festeggeremo i<br />
venti anni dalla fine del restauro. Come<br />
allora, canteremo e suoneremo, insomma:<br />
faremo festa.<br />
Per adesso mi accontento. Il mio malatino<br />
è guarito, però bisogna tenerlo d’occhio e<br />
a questo pensiamo noi dell’Associazione<br />
culturale “Il Ponte della Bionda”: in<br />
sincrono con la Coop. Avola, da anni<br />
manteniamo pulita e percorribile la restara<br />
fino alla Battiferro (circa 2500 metri), nella<br />
speranza che prima o poi vada finalmente<br />
in porto l’antico progetto del Parco Fluviale<br />
del Navile.<br />
Il ponte prima del restauro<br />
(1984)<br />
Anno 1910, circa -<br />
La paratoia “a ghigliottina”<br />
del Sostegno Grassi<br />
Nella primavera del 1984 il ponte era ridotto così (Foto di Fausto Carpani)<br />
Il burchiello sta discendendo la corrente, si sta quindi allontanando da Bologna. Il<br />
Anno 1910, circa - La paratoia "a ghigliottina" del Sostegno Gra<br />
cavallo sulla barca è un fotomontaggio di Ivo Passarini.<br />
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Il ricordo di Fausto Carpani<br />
Arvàddres, amico Zuffi<br />
Un pezzo di legno o di ferro, due<br />
cucchiai, una canna palustre, una<br />
catinella per fare il bucato, il manico<br />
di una scopa, un tubo da innaffiare il<br />
giardino (o “per travasare il vino, che è<br />
meglio”, come diceva lui), insomma:<br />
un oggetto qualsiasi che fosse in grado<br />
di emettere un suono, fra le mani di<br />
Stefano diventava uno strumento musicale.<br />
Poi c’erano gli strumenti veri: la<br />
chitarra, che però disdegnava “perché<br />
la suonano tutti”; il violino, la viola da<br />
braccio (costruita da lui), il mandolino<br />
e la mandola, la piva emiliana, la<br />
bombarda, l’ocarina, l’organetto, la tamorra,<br />
l’ud e il saz, una specie di liuto<br />
il primo e una sorta di mandolino dal<br />
manico lunghissimo il secondo. Ma<br />
lo strumento in cui Stefano eccelleva<br />
era la ghironda, difficile da suonare e<br />
da tenere accordata, della quale era<br />
un vero virtuoso e che nelle sue mani<br />
diventava un’orchestra. Alla sua strabiliante<br />
capacità di spadroneggiare gli<br />
strumenti univa una cultura musicale<br />
rara, che faceva di lui un musicologo<br />
di razza, ma i suoi interessi culturali<br />
spaziavano a 360 gradi. Prodigiosa<br />
Zuffi era allievo di Melchiade Benni<br />
era la sua capacità di leggere velocissimamente<br />
un libro e assimilarne<br />
il testo. Lui stesso fu autore di vari<br />
libri di argomento musicale e non<br />
solo. Pur non essendo laureato (aveva<br />
un diploma di perito elettronico),<br />
collaborò per anni con varie università<br />
come “esterno”. Per la RAI ideò<br />
e condusse un programma intitolato<br />
Sonata improbabile. Era un esperto<br />
delle danze popolari, al “bâl dspécc”<br />
(il “ballo staccato”, giga, monferrina,<br />
trescone...) che sapeva accompagnare<br />
magistralmente con il violino. Stefano<br />
fu tra gli estimatori ed eredi musicali<br />
di Melchiade Benni, il violino della<br />
Valle del Savena (foto).<br />
Con il nome di Ditta Carpani & Zuffi,<br />
ma anche come Orchestra dei baggiani<br />
o anche Improbabile Orchestra<br />
Carpani & Zuffi abbiamo imperversato<br />
in sagre, teatri, feste patronali per<br />
ben undici anni, spesso senza sapere<br />
se almeno ci avrebbero pagato le spese<br />
vive. Con noi, sempre, l’amico Gigén<br />
Lîvra (Luigi Lepri), che “curava” il<br />
dialetto recitato con poesie e zirudelle<br />
Con il nome di Orchestra Transitaliana,<br />
sotto l’egida della FILEF (Federazione<br />
Italiana Lavoratori Migranti e<br />
Famiglie) ci siamo esibiti in Svizzera,<br />
Francia, Uruguay, Argentina, Brasile,<br />
Canada, Stati Uniti, Romania, Gran<br />
Bretagna, sempre riuscendo a tornare<br />
a casa indenni. Il nostro sodalizio<br />
musicale era supportato da una robusta<br />
amicizia, anche se tra di noi vi era<br />
una notevole differenza di età: undici<br />
anni, a mio discapito...<br />
Nel 1989 decidemmo di unire le nostre<br />
solitudini musicali eseguendo le<br />
mie canzoni in dialetto bolognese e<br />
così pensammo di farci una foto per<br />
le locandine: io seduto su una poltroncina<br />
stile antico, bombetta sulle<br />
ginocchia, e lui in piedi con in mano<br />
il violino. Per terra un tappeto di strumenti<br />
che lui suonava (tranne la mia<br />
chitarra a 12 corde...). Per questa foto<br />
ci ispirammo al manifesto del film<br />
Butch Cassidy. Questa immagine divenne<br />
poi la copertina del primo CD<br />
prodotto in dialetto bolognese.<br />
Fausto Carpani e Stefano Zuffi<br />
Mi vengono in mente le tante cose che<br />
ci siamo inventati. Un Don Giovanni<br />
di Mozart messo in scena nel cortile<br />
dell’Università con i... burattini. Accanto<br />
alla nostra baracca (o casotto)<br />
ve ne era una più piccola, dentro la<br />
quale agiva un undicenne Riccardo<br />
Pazzaglia, oggi affermato burattinaio.<br />
E poi, nel 1990: tredici serate nel cortile<br />
di Palazzo Re Enzo, trasformato in<br />
un palcoscenico in cui artisti bolognesi,<br />
in parte come lui ormai scomparsi,<br />
si sono alternati in un applauditissimo<br />
omaggio alla città; una Sacra Rappresentazione<br />
sulla Natività portata in<br />
giro con successo.<br />
E poi ancora le serate estive davanti<br />
alla chiesa della Vita a Bologna e tanti,<br />
tanti concerti.<br />
Come succede spesso, ad un certo<br />
punto le nostre strade presero direzioni<br />
diverse, ma a me rimane il ricordo<br />
di undici anni vissuti in amicizia e che<br />
a tutti due sono serviti come reciproco<br />
arricchimento. Sono stato onorato<br />
di aver avuto come compagno di avventure<br />
un artista del suo calibro, un<br />
genio che - come sempre succede in<br />
Italia - per campare ha fatto per anni il<br />
portinaio al Resto del Carlino. A volte,<br />
quando intorno alle 23 finivamo di<br />
suonare magari in un paese dell’Appennino,<br />
lo vedevo fuggire perché<br />
alle 24 doveva prendere servizio in<br />
guardiola. Per scherzare lo chiamavo<br />
Cenerentola e gli dicevo di far presto<br />
perchè a mezzanotte la sua auto si sarebbe<br />
trasformata in una zucca...<br />
Arvàddres, arrivederci, amico Zuffi.<br />
062
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IL NONNO DELLA BASSA RACCONTA<br />
I PIANETI<br />
DELLA FORTUNA<br />
Antenati dell’oroscopo<br />
Un tempo, la “fabbrica dell’appetito” induceva<br />
mendicanti, girovaghi e artisti ambulanti a<br />
sbarcare il lunario mediante l’offerta, in cambio<br />
di un modesto obolo, dei cosiddetti “Pianeti<br />
della Fortuna”, ovvero di foglietti multicolori<br />
riproducenti a stampa le più svariate e<br />
fantasiose predizioni sul futuro (salute,<br />
fortuna, lavoro, amore ecc.), indirizzati sia a<br />
un generico benefattore sia a uno specifico<br />
donatore di moneta spicciola (donna, uomo,<br />
signorina, giovanotto, bambina, bambino ecc.).<br />
Per destare più curiosità (e, potenzialmente,<br />
maggiore generosità) i “venditori” affidavano<br />
spesso al “destino” (in genere rappresentato<br />
dalla manina di una scimmietta curiosamente<br />
vestita o dal becco di un pappagallo) la<br />
consegna dei “responsi”. Erano pure attivi<br />
“venditori-suonatori” con il classico “organetto<br />
di Barberia”, azionato a manovella. In questo<br />
caso, oltre che per il foglietto, la monetina<br />
ricompensava anche per la musica offerta<br />
gratuitamente.<br />
I Pianeti, di piccolo formato, in un certo senso,<br />
possono considerarsi gli antenati degli odierni<br />
oroscopi pubblicati sui quotidiani o sulle<br />
riviste oppure letti in rubriche radiofoniche o<br />
televisive.<br />
La loro realizzazione era di solito curata da<br />
tipografie specializzate in questo umile genere<br />
editoriale, al quale abbinavano pure i “fogli<br />
volanti” dei cantastorie (canzoni, “tragedie”,<br />
satire ecc.) e gli almanacchi. Le più note, a<br />
cavallo tra Otto e Novecento, erano le stamperie<br />
Pennaroli e Marchi & Pelacani di Fiorenzuola<br />
d’Arda (Piacenza), Salani di Firenze, Ranzini di<br />
Milano, Càiro di Codogno (Milano), Campi di<br />
Foligno (Perugia), Casamara di Genova.<br />
Rivolti soprattutto al mondo popolare, i Pianeti<br />
della Fortuna univano ai “responsi” disegni (a<br />
volte di sapore naïf), tre numeri per tentare la<br />
sorte al gioco del lotto e, in tempi a noi più<br />
vicini, anche la “colonna” del Totocalcio. I<br />
destinatari avevano l’opportunità di leggere,<br />
con attenzione o per semplice curiosità, le<br />
predizioni sulla loro buona o cattiva sorte,<br />
sull’eventuale imminenza del loro matrimonio,<br />
su eredità più o meno sostanziose, sulla durata<br />
della loro esistenza, e così via. Per destare<br />
“maraviglia” nei fruitori, lo stile letterario<br />
di questi foglietti tradiva spesso uno stile<br />
volutamente ricercato, ridondante di vocaboli<br />
dal sapore misterioso e non facilmente<br />
comprensibili da un pubblico popolare.<br />
Tra la fine dell’800 e gli anni ’50 del ‘900, anche<br />
alcune tipografie petroniane si dedicarono alla<br />
stampa di Pianeti. Tra queste, gli Stabilimenti<br />
Tipografici Riuniti e le Tipografie Moderna<br />
e Grossi. A queste due ultime si rivolgeva il<br />
cantastorie Marino Piazza (“Piazza Marino, il<br />
poeta contadino”, 1909-1993), che distribuiva<br />
pure questi pronostici ai girovaghi. Trascrivo<br />
un suo testo facente parte della mia raccolta,<br />
risalente con ogni probabilità agli anni ’50:<br />
Il pronostico/Pianeta della fortuna/responso<br />
dell’astrologo/14 27 49.<br />
La carità che voi fate oggi, la riceverete domani,<br />
l’aiuto e il più grande conforto che porta nella<br />
vita per essere felici è vivere tranquilli, bisogna<br />
soccorrere i bisognosi e dar a loro man forte<br />
per metterli sulla via della esistenza umana.<br />
Avrete così la probabilità di conseguire una<br />
discreta fortuna che sarà premio delle vostre<br />
fatiche.<br />
Un bel sogno presto farete<br />
questo è il terno che vincerete.<br />
Piazza Marino Tipografia Nettuno – Bologna.<br />
Concludo questa mia “chiacchierata” riportando<br />
quanto stampato su un Pianeta della Fortuna,<br />
sempre “bolognese”, probabilmente di fine 800:<br />
Il Vero Pianeta della Fortuna; 24 50 86<br />
Eccoci [Eccovi] il pronostico della Sibilla<br />
Che dirò di voi se non in bene? siete una<br />
persona tanto cara che da ora in poi tenterò<br />
proteggervi.<br />
Quantunque spesse volte maledite il vostro<br />
destino perché vi crea qualche grattacapo,<br />
pure non voglio abbandonarvi perché conosco<br />
avrete un ottimo cuore capace di commuovervi<br />
dell’altrui sventure soccorrendo il tapino che<br />
vi chiede aita. In guiderdone di tutto ciò voi<br />
per l’avvenire cambierete posizione ad ogni<br />
trascorrer di ore, giorni e mesi voi sentirete<br />
un benessere e una gioia occulta invadervi<br />
facendovi presagire che il giorno desiderato<br />
d’ogni felicità sta per venire.<br />
Non più dolori né sventure né avversità, lungi<br />
da voi staranno i dì melanconici ed in cambio<br />
gusterete i soavi gaudi di una nuova vita<br />
cosparsa di ogni ricchezza.<br />
Prospera vita passerete fino a 88 anni.<br />
La chiave della ricchezza è il terno suesposto.<br />
(Tip. Grossi Via Belle Arti 14)<br />
Gian Paolo Borghi<br />
Le tradizioni popolari<br />
della pianura bolognese<br />
tra fede, storia<br />
e dialetto
L’IMPORTANTE È PARTECIPARE<br />
UN SOCIO EMIL BANCA FA LA DIFFERENZA<br />
La nostra banca è fatta di persone, di soci che credono nel valore della comunità e investono<br />
nel territorio scegliendo chi lavora per farlo crescere. La nostra banca è costruita sulla fiducia<br />
di chi insieme a noi vuole generare un cambiamento per rendere il futuro più inclusivo e<br />
desiderabile. Emil Banca, una scelta di valori.<br />
IL CUORE NEL TERRITORIO