BUSTIMER BUSTIMER Qui a lato, da destra verso sinistra, una foto scattata al Salone di Torino del 1948 raffigura la versione con rimorchio del Monotral Cv e una réclame del restyling successivo motorizzato Lancia. Sotto, due immagini del Tubocar realizzato dalla torinese Ca.SA.Ro. In basso, da sinistra, un autoportante Tr 3.5 costruito dall’ungherese Ikarus dei fratelli Uhri e il Magirus O6<strong>50</strong>0 spinto da un propulsore V8 Deutz, l’F8L 614. Un’americanata Ebbene sì, anche il bus autoportante è un invenzione yankee, addirittura degli Anni ‘30. Copiata dalla Francia prima e dall’Italia poi di Simone Gaier In alto, a sinistra, il primo Gar Wood Aerocoach autoportante, il modello ‘C’, poi seguito dal ‘D’ coi fari sovrapposti e il parabrezza bipartito (a destra nelle foto). Nell’immagine qui sotto, una vista del francese Isobloc W240, versione transalpina del model D. Pensavate che il bus autoportante fosse un’idea tutta europea del 1951? E invece no, è roba statunitense addirittura degli Anni ‘30, dell’ingegnere aeronautico William B. Stout. Il quale, osservando le carlinghe degli aerei e i telai a motore anteriore su cui venivano costruiti gli autobus, volle sperimentare la realizzazione di uno a motore posteriore utilizzando lo stesso concetto impiegato per gli aerei: una scocca in alluminio (poi in acciaio) saldato a cui fosse possibile applicare qualsivoglia assali nonché alloggiare qualsiasi tipo di motore in posizione posteriore. Per mettere in pratica il suo progetto trovò come partner e finanziatore il costruttore di barche Garfield Wood della Gar Wood Industries Inc. Nell’utilizzo della scocca autoportante e la realizzazione di una carrozzeria dalla linea filante e tondeggiante, si notò subito un’enorme riduzione di peso dell’autobus e conseguentemente una diminuzione dei consumi nonché delle vibrazioni indotte dalla meccanica all’abitacolo. Senza contare che scomparvero le esalazioni di combustibile e olio in cabina e ne guadagnò anche l’accelerazione. Costruito tra il 1937 e il ‘38, il primo autoportante Gar Wood, battezzato ‘model C’, montava sospensioni e motore Ford - nel caso un 8 cilindri a V - e venne dato in prova alla compagnia Dearborn Coach del Michigan, per utilizzarlo su linee a lunga percorrenza. Dopo vari mesi di esercizio, il cliente decise di ordinare ben ventiquattro unità, cui ne seguirono molte altre acquistate da altri operatori americani. All’inizio degli Anni ‘40, sarà introdotto sul mercato un restyling chiamato ‘model D’. Dagli Usa all’Europa L‘Aerocoach di Wood suscita un interesse tale che il francese Joseph Besset, proprietario della Isobloc, fa carte false per ottenere dagli americani la licenza di realizzare presso i propri stabilimenti di Annonay una ‘copia’ del model D, chiamandolo W240. Il bus dal design americano piacque assai, ma gli eventi della Seconda Guerra Mondiale ne rallentarono la produzione. Dal ‘46 la richiesta del mercato sarà davvero elevata e agli inizi degli Anni ‘<strong>50</strong> si contavano ben 3.400 pezzi prodotti. Venne il tempo anche di rimpiazzare il motore Ford con qualcosa di europeo, nel caso un Hl della connazionale Panhard, che però rimase ben poco nel cofano del W240: qualche anno più tardi la Isobloc - in difficoltà - fu rilevata da Saviem. In Italia, fu Candido Viberti - nel 1946 - a cimentarsi con gli autobus autoportanti, traendo ispirazione da quanto realizzato dagli americani. Decise però di fare di testa sua realizzando il Monotral Cv (acronimo di Candido Viberti), composto da un’unica trave scatolata facente da base alle centine che reggono la carrozzeria e a cui poi ancorare sul posteriore gli organi meccanici nazionali, dei camion Fiat 666 N7 o Alfa Romeo 800. Sarà suo figlio a presentare il veicolo al Salone di Torino del 1948, dove però venne giudicato troppo innovativo, quasi uno ‘studio’, e quindi snobbato sia dagli operatori del settore sia dai fornitori di meccaniche. Grazie alla sua costruzione modulare, la carrozzeria Monotral si adattò bene a veicoli di tutte le taglie e impieghi. In seguito al prototipo con meccanica posteriore seguirà una cinquantina d’esemplari su Alfa Romeo, Fiat, Lancia, Om, Pegaso e Leyland con motore anteriore. La produzione proseguirà fino a fine Anni ‘60. Nel ‘47 anche la torinese Ca.S.A.Ro. - Carrozzeria Società Anonima Rotabili - guarda agli autoportanti Aerocoach della General American di Chicago (subentrata alla Gar Wood Industries) dal nuovo design e di <strong>maggio</strong>ri dimensioni, acquisendo la licenza per realizzare il bus Usa in Italia adattandolo alle normative vigenti: il Tubocar con motore Alfa 800 posteriore. Il bus autoportante attirò l’interesse pure dei fratelli ungheresi Uhri, che nel ‘48 lanciarono il Tr 3.5 con motore Raba, e dei tedeschi di Magirus e Kässbohrer nei ‘<strong>50</strong>. Ma questa è un’altra storia. lll 38 - <strong>Pullman</strong> <strong>maggio</strong> <strong>2024</strong> <strong>Pullman</strong> - 39