a realtà nazionali ed europee. Ancora le reti stradali e ferroviarie devono essere interconnesse, attraverso talune stazioni ferroviarie che devono essere riqualificate per divenire centri intermodali passeggeri, così da dare risposta alle esigenze dei flussi pendolari, alleggerendo la pressione sulla viabilità di accesso alle città di servizio, ed alleggerendo la necessità di realizzarvi nuove aree/strutture di sosta. Le reti stradali e ferroviarie devono essere interconnesse con i nodi di trasporto, soprattutto aereo. Sotto questo aspetto gli aeroporti devono essere collegati con le linee ferroviarie, con le linee metro-tramviarie, e la stessa rete stradale deve essere riqualificata nell’avvicinamento del territorio alle stazioni ferroviarie, soprattutto quelle poste su linee ad alta velocità. In particolare, ove non esistessero collegamenti aerei con gli aeroporti di destinazione finale, e si dovesse transitare attraverso aeroporti di transito intermedi, a questi ultimi dovrebbero essere rapportate nuove linee TAV e/o collegati gli aeroporti di transito alle stazioni ferroviarie quando parte di un sistema ad alta velocità. Aree urbane ed intermodalità Partendo dalla predetta indicazione riferita alle aree extraurbane, occorre precisare che più specificamente nelle aree urbane, e nei sistemi urbani integrati policentrici, l’intermodalità riguarda i rapporti tra trasporto privato e trasporto collettivo; tra questi ultimi i rapporti di connessione/ integrazione sono nelle aree/strutture di sosta e di parcheggio, spesso necessarie per le categorie professionali che usano l’auto come strumento di lavoro, e da intendere come parte della rete di trasporto collettivo. Sempre nelle aree urbane deve essere posta attenzione nella complementarietà tra linee metro e linee di superficie e nella complementarietà tra metro, ferrovie e, come detto, nodi di trasporto, in particolare aereo. Ancora nelle aree urbane esiste un modo specifico , dato dai nostri piedi – modo iniziale e finale nei nostri percorsi: la distanza pedonale, per esempio, tra area di sosta e destinazione finale deve tener conto della dimensione della città e delle caratteristiche delle distinte aree urbane (aree di servizio, aree residenziali, etc.); ed ancora si deve tener conto che i percorsi pedonali si devono svolgere su marciapiedi di adeguata dimensione, spazio unicamente riservato ai pedoni, e quindi escluso dal transito di biciclette, monopattini elettrici e/o altro. Il marciapiede, oltre ad essere considerato spazio sociale, deve essere organizzato perché sia sicuro, confortevole e gradevole nella progettazione di aree pedonali e di una città più a misura di utenze deboli. Un aspetto importante dell’intermodalità deve essere quello di curare la continuità tra scale ed ambiti diversi: ad esempio, nel passaggio tra extraurbano e urbano. Questo aspetto determina l’esigenza di costruire dispositivi e spazi configurati per mediare tra le diverse scale e i diversi ambiti: ad esempio, i nodi delle reti di trasporto, in particolare delle reti ferroviarie, possono essere riconfigurati come spazi pubblici, multi-funzionali, spazialmente e funzionalmente integrati ed interagenti con il contesto. Alcune considerazioni riassuntive Il sistema dei trasporti deve essere inteso come elemento finalizzato alla progettazione del nuovo territorio – sistema urbano integrato policentrico, e persino delle nuove reti di città, e queste vanno costruite riqualificando preliminarmente le periferie. I cittadini di un comune compreso nel predetto sistema urbanizzato devono sentirsi cittadini dei centri abitati integrati, e molta attenzione deve essere rivolta alla progettazione del sistema dei servizi puntuali di uso collettivo e del sistema dei trasporti: questo, ricondotto ad essere integrato ed intermodale, deve caratterizzarsi in termini qualitativi nei tempi di viaggio, nella frequenza dei servizi e nei mezzi di trasporto sicuri e confortevoli, per ogni settore del sistema. La questione dell’accessibilità dei territori implica la centralità, nei processi di pianificazione, dei criteri dell’intermodalità, e dunque della sinergia, e non della competizione tra i diversi modi di trasporto, considerandone la funzione in relazione alla scala del movimento servito, e l’integrazione tra articolazione delle reti della mobilità e distribuzione dei servizi e delle funzioni nel territorio. È certamente condivisibile la realizzazione di linee ferroviarie ad alta velocità, di corridoi autostradali, di strutture portuali ed aeroportuali di livello nazionale e sovranazionale. E tuttavia si ritiene che lo stesso livello di attenzione non sia stato rivolto all’adeguamento del patrimonio infrastrutturale esistente, all’adeguamento del tessuto connettivo che, accanto ad una differente politica delle strutture di servizio, deve concorrere alla realizzazione di un sistema insediativo fondato sulla salvaguardia ed il rispetto dei contesti ambientali interessati, sulla valorizzazione e sul rafforzamento dell’esistente. È un problema di equilibri: le culture locali, lo stesso tessuto economico fondato sulle piccole-medie imprese, legato all’agricoltura, alla zootecnia, all’artigianato, alla produzione di beni di qualità riconosciute nel mondo, sono riferiti alla popolazione insediata, il cui sentire identitario è legato ai luoghi. Continuare a rendere marginali vaste aree del nostro Paese, rafforzando prevalentemente gli attrattori di interessi delle città <strong>maggio</strong>ri, assicurando collegamenti veloci – in particolare ferroviari – tra le suddette città, e trascurando il livello regionale e sub-regionale, avrà la conseguenza di perdurare nello spostamento delle popolazioni verso le <strong>maggio</strong>ri aree urbane, aggravandone peraltro i problemi, e lasciando le aree interne prive della salvaguardia assicurata dalle popolazioni attive nei predetti comparti economici. Le scelte fino ad ora adottate non hanno risolto le criticità del comparto infrastrutturale italiano, del complessivo sistema dei trasporti, e si traducono in un pesante fattore di crisi dell’attuale modello macroeconomico italiano. Se la riflessione si limita al comparto viario, la diffusa saturazione dei nodi e delle reti viarie, l’inadeguatezza della complessiva rete infrastrutturale, in particolare nel Centro-Sud e nelle Isole, costituiscono il limite principale di un’ipotesi di affidamento alle strade degli incrementi di traffico – in particolare mercantile – non assorbibili dagli altri modi di trasporto. Questi ultimi sono infatti pesantemente condizionati da carenze progettuali ed organizzative, e dall’assenza di una politica dei trasporti finalizzata a realizzare quel sistema integrato ed intermodale più volte indicato come obiettivo della programmazione, e mai realizzato. Alcune stime conducono a supporre che nel corrente decennio (2016/26) la mobilità dei passeggeri e delle merci richiederà nuovi investimenti infrastrutturali soprattutto nei nodi di interscambio. La pianificazione non dovrà più essere settoriale; dovrà avere una visione ben coordinata nel settore delle infrastrutture, favorendo logiche di coerenza programmatica a livello di sistema dei trasporti, anche attraverso interventi tesi al miglioramento della rete esistente. L’approccio alla pianificazione delle infrastrutture dei trasporti del futuro dovrà essere caratterizzato dalla valorizzazione/riqualificazione dell’esistente, intervenendo soprattutto sui piccoli “colli di bottiglia” e sugli aspetti tecnologici dei differenti settori del comparto infrastrutturale. Nell’immediato e nel futuro che ci attende un tema strategico per lo sviluppo socio-economico è la riqualificazione del patrimonio infrastrutturale esistente, che richiede quantomeno interventi di manutenzione straordinaria e di adeguamento. nn Infrastrutture&Mobilità 64 5/<strong>2024</strong> <strong>leStrade</strong> <strong>leStrade</strong> 5/<strong>2024</strong> 65